Orientarsi nel mondo dell aiuto psicologico

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2 L autore Gabriele Lo Iacono, psicologo psicoterapeuta, ha 38 anni e vive a Trento. Esercita la libera professione principalmente come traduttore e autore di testi di psicologia. Inoltre dirige la rivista Tlön - Cultura dell apprendimento (scaricabile gratuitamente alla pagina e insegna presso le scuole di specializzazione in psicoterapia APC e SPC e il Master in Psicologia dell Emergenza dell Università di Padova. È consigliere della sezione trentina della Società Italiana di Psicologia dell Educazione e della Formazione/SIPEF. Orientarsi nel mondo dell aiuto psicologico 2005 Gabriele Lo Iacono gabloia@tin.it Internet 2

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5 ' La sofferenza è una componente della stragrande maggioranza dei problemi psicologici. La definizione stessa di disturbo mentale comprende la sofferenza: ciò che distingue un disturbo mentale da un momento difficile della vita è spesso proprio il grado in cui si soffre. Chiunque nel corso della sua vita può avere momenti di ansia, stress, depressione, cali di autostima, insicurezze, problemi psicosomatici, difficoltà sessuali e via dicendo ma se queste situazioni non creano un malessere di un certo rilievo o non interferiscono con l attività di una persona non si può parlare di disturbi mentali. In genere si decide di cercare aiuto proprio per cercare la soluzione a uno stato di sofferenza. Infatti due delle principali forze che nella vita ci spingono ad agire sono l evitamento della sofferenza e il suo corrispettivo positivo, la ricerca del piacere. A volte non si è in grado di identificare le cause della propria sofferenza o di eliminarle e, per evitare il patimento, ci si getta in una ricerca spasmodica di piacere come il sesso, l amore, il gioco, la droga o si cerca di ridurre la propria sensibilità, per esempio con l uso di alcol o psicofarmaci. Spesso il risultato è che al problema che procurava originariamente sofferenza se ne aggiunge uno nuovo: la dipendenza. Se è vero infatti che la nostra mente è fatta in modo da proteggerci dalla sofferenza eccessiva o inutile per esempio, gli episodi tropo spiacevoli a volte vengono esclusi dalla coscienza e dimenticati è anche vero che questi meccanismi di difesa non funzionano sempre a dovere. Oppure si può essere costretti a trascorrere gran parte della propria vita in situazioni che provocano continua sofferenza per esempio, in zone di guerra, povertà o in un ambiente familiare o di lavoro ostile o con una malattia cronica e così, se le cause della sofferenza non possono essere rimosse, si cerca un lenitivo o una distrazione. Dolore fisico e dolore morale Forse il prototipo della sofferenza è il dolore fisico, cioè il dolore localizzato in qualche zona del corpo. Molte persone sono costrette a convivere con qualche forma di dolore fisico intermittente o cronico, anche molto intenso: a un estremo di intensità troviamo situazioni come gli stati terminali dei malati di tumore, all altro troviamo situazioni più facilmente tollerabili come la cefalea. Il dolore fisico può diventare la principale preoccupazione della vita di una persona provocando altri problemi psicologici e relazionali. L espressione dolore fisico è, a ben vedere, un non senso: il dolore non è mai fisico (chi ha mai visto il dolore?) ma è sempre un fenomeno psicologico che può avere cause fisiche più o meno conosciute. Anche su questo piano esiste tutta una serie di situazioni intermedie con, a un estremo, un dolore a cui corrisponde un deterioramento 5

6 evidente di un tessuto corporeo per esempio, un osso spezzato o un tumore e all altro forme di dolore psicogeno, in cui cioè all esperienza di dolore non corrisponde nessun danno riconoscibile nel corpo della persona. Il dolore non è semplicemente un esperienza sensoriale che deriva direttamente dalla stimolazione dei recettori del dolore (nocicettori), bensì un fenomeno psicobiologico complesso influenzato da fattori psicologici e sociali. Stimolazioni dolorose della stessa intensità possono produrre diversi livelli di dolore a seconda dell attenzione che vi si presta, di come si valuta l esperienza, delle strategie mentali adoperate per modulare il dolore e dell esempio costituito dal comportamento di altre persone sottoposte a stimolazioni dolorose. Fra i mezzi per controllare il dolore ci sono attività mentali o di deviazione dell attenzione che riducono la coscienza delle sensazioni dolorose o ne alterano la valenza affettiva modificando il modo in cui esse vengono interpretate. Se è vero che la sofferenza è uno dei sintomi centrali di vari disturbi mentali e può accompagnare qualsiasi problema psicologico, è vero anche che alcuni disturbi mentali possono essere considerati stati di sofferenza pura. È chiaro che non si parla qui di una sofferenza localizzata in qualche regione del corpo ma di un malessere generale, uno stato di profonda insoddisfazione. In certi stati di depressione la persona sofferente si sente completamente abbattuta, disperata, senza vie di scampo, disgustata di sé e colpevole della rovina propria e altrui; così desidera morire per porre fine alla sua sofferenza. A volte questo stato depressione è causato da qualche episodio vissuto come perdita irreparabile di qualcosa di molto importante, per esempio il decesso di un familiare, l abbandono da parte della persona amata, una grave malattia propria o di un familiare, la presenza di un problema psicologico che sta condizionando pesantemente la propria vita, il pensionamento, la necessità di rinunciare a un progetto perseguito per molti anni della propria vita. Un'altra esperienza che spesso viene descritta da chi l ha provata come la peggiore della propria vita è l attacco di panico, cioè un episodio di ansia tanto intensa da essere vissuta come qualcosa che fa impazzire o come il momento della propria fine. L attacco di panico è scatenato il più delle volte da situazioni che non rappresentano un pericolo personale importante; nelle persone con agorafobia, per esempio, può essere sufficiente salire su un ascensore per avere un attacco di panico, mentre in quelle che soffrono di fobia sociale può essere sufficiente la prospettiva imminente e irrinunciabile di dover incontrare una certa persona o di dover tenere un discorso davanti a una platea. Naturalmente esistono anche situazioni di reale pericolo altrettanto e più angoscianti. Sofferenza utile o inutile; sofferenza normale o anormale Le nostre emozioni e i nostri stati d animo ci segnalano in che posizione ci troviamo (o, per la precisione, crediamo di trovarci) rispetto ai nostri obiettivi e ci spingono ad agire in modo da favorirne il raggiungimento. Le emozioni altro non fanno che tenerci informati sullo stato di successo o fallimento attuale e previsto nel raggiungere i nostri scopi. La loro espressione, invece, tiene informati gli altri su come ci stanno andando le cose. Le emozioni gradevoli ci dicono che stiamo andando bene e il successo si sta avvicinando; le emozioni come la paura e l ansia ci segnalano la previsione di un fallimento; la 6

7 tristezza ci ricorda che il fallimento è già avvenuto. La variegata molteplicità delle emozioni è dovuta all articolarsi delle varie valutazioni di successo o fallimento rispetto a scopi specifici: così la vergogna segnalerà un fallimento, ma relativo allo specifico scopo della buona immagine sociale, la colpa ci segnalerà che non abbiamo raggiunto lo scopo di essere come volevamo essere e così via. Per ogni emozione potremmo dunque definire a quale scopo o insieme di scopi attiene e se ci segnala il successo o il fallimento (Lorenzini e Sassaroli, 2000, p.15-16) La presenza di sofferenza non significa che la propria situazione sia in qualche senso anormale. La sofferenza infatti fa parte della vita e ogni tentativo di eliminare la normale sofferenza della vita è destinato a provocare problemi, se non ulteriore sofferenza. A questo proposito è interessante la definizione che Lorenzini e Sassaroli (ivi) danno di anormalità. Tutti noi proviamo stati d animo negativi - come potrebbero esserlo l angoscia e la disperazione - e non è l eccessiva intensità di questi d animo o la loro inadeguatezza a definire situazioni di anormalità. La sofferenza è patologica quando non viene utilizzata per cambiare. La capacità di cambiare, secondo gli autori, è il miglior indice di buona salute, e i modi per cambiare sono sostanzialmente due: cercare di perseguire in un modo diverso i propri scopi preclusi oppure rinunciarvi. Così non è affatto strano soffrire, anche intensamente, perché non ho potuto, non posso o non potrò ottenere qualcosa che per me è importante (per esempio, l amore di una certa persona, la salute, il successo in una certa attività) ma c è qualcosa che non funziona a dovere se con il tempo non riesco a trovare un modo per ottenere ciò a cui continuo ad aspirare o se continuo ad aspirare a ciò che non posso ottenere. In questi casi la sofferenza è inutile: continuo a patire ma senza trovare il modo di mettere a frutto questo segnale come se un allarme suonasse senza che nessuno lo potesse sentire. Spesso le persone sono consapevoli di trovarsi in una impasse: non vorrebbero agire in un certo modo, che magari giudicano stupido o sbagliato ma ciò nonostante non si sa perché continuano a farlo. Questo tipo di situazione è grossomodo ciò che si chiama nevrosi. Tutto sommato però la definizione di quali sofferenze possano essere considerate normali e quali nevrotiche (o magari psicotiche) è una questione che interessa prevalentemente gli specialisti. Se c è un modo per limitare le sofferenze, ben venga; poco importa il nome e la classificazione dei propri mali. Lo stesso vale per le considerazioni sulla normalità, intesa nel senso di frequenza, di una certa esperienza: che un problema psicologico sia un aspetto connaturato alla vita stessa - come la disperazione per la perdita di una persona amata, o la fatica e le incertezze legate alla realizzazione di un progetto ambito - o invece l esperienza di poche persone - come il fatto di avere un figlio che soffre di schizofrenia o il fatto di essere uomo e sentirsi donna - ha in fin dei conti poca importanza pratica. Ognuno di noi cerca di ridurre al minimo gli ostacoli alla sua realizzazione personale, al suo benessere e al mantenimento di uno stato di piena salute; è un obiettivo individuale suffragato dalla morale e dalle leggi. Allo stesso modo, non è mai sbagliato cercare una soluzione o un aiuto per i propri problemi psicologici; al contrario, capire in che modo i propri stati d animo e le proprie reazioni sono collegati con la situazione oggettiva che si sta vivendo è in genere molto utile. 7

8 Emozioni e problemi psicologici emozionali La sofferenza può essere vissuta in forma di emozioni diverse. Quando si parla di emozioni negative ci si riferisce proprio a emozioni o stati d animo spiacevoli. Molti problemi psicologici sono caratterizzati dalla prevalenza di alcune di queste emozioni negative. Si parla a questo proposito di problemi emozionali. Si può dire che una delle principali difficoltà vissute soggettivamente da chi ha problemi psicologici sia quella di mantenere la calma, la tranquillità e la padronanza di sé. I problemi emozionali non sono solo qualcosa che impedisce di vivere serenamente e di dedicarsi liberamente ai propri impegni e ai propri interessi, ma hanno la particolarità di essere come molti altri problemi psicologici potenzialmente contagiosi : per esempio, se un genitore ha preoccupazioni eccessive per la salute oppure ha una paura esagerata di qualcosa il giudizio degli altri, i topi, gli incidenti stradali, per citare tre delle mille paure diffuse rischia, con il suo esempio, i suoi racconti minacciosi e i suoi avvertimenti di trasmettere qualche problema analogo ai suoi figli o alle altre persone più vicine. Descriverò di seguito i più comuni problemi psicologici di carattere emozionale. Per mettere un po di ordine cercherò di evidenziarne gli aspetti distintivi anche se in realtà in genere questi problemi si presentano a gruppi e non uno alla volta. Purtroppo non potrò soffermarmi su tutte le emozioni negative che possono prendere il sopravvento nella vita di una persona. Ansia e paura L ansia è un emozione sgradevole che può essere definita come la sensazione di un pericolo imminente, l apprensione dovuta alla previsione di un possibile avvenimento nocivo. È analoga alla paura, essendo lo stato d animo che si prova quando si è in presenza di, o si immagina o prevede, qualcosa di cui si ha paura. D altra parte può esserci ansia senza paura: a volte, infatti, si può provare uno stato di generica apprensione, ci si sente sulle spine, tesi e agitati, ma non si teme niente di preciso. L ansia può essere evocata sia dalla presenza o dall idea di situazioni, persone, animali o oggetti che si considerano pericolosi, sia direttamente dall azione chimica di varie sostanze. La sensazione di ansia si può accompagnare a una serie di reazioni fisiche e mentali (vedi le tabelle 1.1, 1.2 e 1.3). La memoria e la capacità di pensare al futuro, ragionare e decidere peggiorano perché tutta l attenzione è attratta dall idea di pericolo. 8

9 Tabella 1.1 Alcuni dei sintomi fisici che possono essere associati all ansia Muscolari Cardiocircolatori Respiratori Gastrointestinali Sensoriali Genitali e urinari Sistema nervoso autonomo Dolori muscolari Intorpidimento degli arti Contratture Serie di contrazioni Digrignare i denti Voce tremante Tachicardia Palpitazioni Dolori al petto Polso irregolare Sensazione di svenimento Senso di oppressione o costrizione al petto Sensazione di aria insufficiente o di difficoltà a respirare Respirazione breve o irregolare Sospiri frequenti Difficoltà a deglutire Eruttazioni frequenti Sensazioni dolorose allo stomaco prima o dopo i pasti Bruciori di stomaco Senso di pienezza Nausea Vomito Sensazione di lavorio nello stomaco Diarrea Dimagrimento Costipazione Ronzio alle orecchie Visione confusa Vampate di caldo o senso di freddo Sensazioni di trafitture Minzione frequente Stimolo alla minzione Amenorrea Menorragia (mestruazione abbondante) Comparsa o aggravamento di frigidità Eiaculazione precoce Impossibilità o difficoltà a mantenere l erezione del pene Bocca secca Rossori Pallori Tendenza a sudare 9

10 Giramento di testa e vertigini Mal di testa Piloerezione Tabella 1.2 Alcuni dei sintomi psichici che possono essere associati all ansia Pensieri Senso di tensione Sonno Difficoltà cognitive Umore generale Preoccupazioni e paure Previsioni pessimistiche Fantasie, ricordi e immagini relativi a pericoli e insuccessi Stato d animo teso Senso di fatica e stanchezza Incapacità di rilassarsi Trasalimenti Facilità al pianto Senso di irrequietudine Difficoltà a addormentarsi Sonno agitato Riposo incompleto e senso di stanchezza al risveglio Incubi Terrore notturno Difficoltà a concentrarsi e mantenere l attenzione su un attività Ridotta capacità di memorizzare e ricordare Perdita di interessi Incapacità di divertirsi Tristezza Tabella 1.3 Alcuni comportamenti che possono indicare uno stato di ansia Posizione rigida; Torcere le mani, mordicchiare le dita, stringere o rigirare un oggetto in mano, ripetere dei tic; Camminare o muoversi con irrequietezza, tremori (per esempio, alle mani), fronte corrugata, viso tirato, muscolatura contratta, sospiri Le reazioni cognitive (cioè mentali) e fisiologiche che si accompagnano a uno stato di ansia intensa sono piuttosto spiacevoli e se sono frequenti tendono a interferire con lo svolgimento di una vita soddisfacente. L ansia ci spinge a non distrarci da un pericolo e a prendere le misure adeguate per salvaguardarci da esso. Dal punto di vista dell evoluzione animale, le reazioni fisiologiche che si accompagnano all ansia sono utili; aiutavano i nostri antenati a salvare la pelle quando si trovavano di fronte a un grave pericolo, per esempio un predatore, preparando l organismo a un azione energica necessaria per un aggressione o per la fuga (oppure li facevano apparire già morti e quindi poco appetitosi). 10

11 Molte persone che vivono l ansia come un problema specialmente quelle che hanno avuto un attacco di panico confondono i sintomi di ansia con i segni di qualche malattia; in altre parole, non sanno o non riescono a credere che tutto ciò che accade nel loro organismo quando provano ansia è una reazione normale, non dovuta a un malattia. In realtà può essere interessante e istruttivo soffermarsi sull utilità di molte di queste reazioni d ansia per la sopravvivenza di un animale minacciato. Per esempio, il cuore accelera la sua attività, fornendo più sangue al cervello e ai muscoli che così possono lavorare di più; le arterie e le vene sotto la cute si restringono e il tempo di coagulazione del sangue si abbrevia, allontanando il pericolo di un emorragia profusa in caso di ferita; la respirazione diventa più rapida e profonda, procurando più ossigeno a tutto il corpo; le mucose delle prime vie aeree si prosciugano, facilitando il tragitto dell aria verso i polmoni; la sudorazione aumenta, rinfrescando il corpo e rendendolo scivoloso e quindi più difficile da afferrare; molti muscoli si tendono con forza, preparandosi a un azione rapida e vigorosa. Le funzioni che potrebbero assorbire energie e disturbare questo stato di allerta, come il mangiare e digerire e la sessualità, sono invece rallentate e sospese. Lo stimolo alla minzione e alla defecazione serve a svuotare intestino e vescica, alleggerendo così il corpo. La difficoltà a ricordare aiuta a non distrarsi dal pericolo. Tuttavia, le reazioni di ansia non si scatenano soltanto quando la situazione minacciosa mette a repentaglio la nostra incolumità fisica, ma anche in una gran quantità di situazioni in cui la fonte di pericolo non può essere affrontata adeguatamente con un aggressione fisica o con una fuga. Si pensi per esempio a un esame o a una prestazione pubblica in campo scolastico, sportivo o lavorativo, oppure alla conversazione con un possibile partner sessuale molto attraente o con una persona di status molto elevato. In tutti questi casi il nostro obiettivo non è salvare la vita e non lo possiamo ottenere aggredendo o fuggendo. In ognuna di queste situazioni invece dobbiamo usare una serie di complicate abilità cognitive, emotive, sociali e comunicative per ottenere certi obiettivi o perlomeno per non fare qualcosa di grossolanamente inopportuno. Il pericolo in questi casi può essere una calo di autostima, la riduzione del proprio status sociale, la vanificazione di un lavoro faticoso, la perdita di un occasione buona e via dicendo. Disturbi psicofisiologici Nella tabella 1.1 è riportata una serie di reazioni fisiologiche che si possono accompagnare all ansia. Tali modificazioni sono una componente della reazione di stress (vedi ultimo paragrafo del capitolo quarto). Oltre a quelle elencate nella tabella ne esistono altre. Una o più di queste risposte possono diventare un problema in sé, senza che la persona che ne soffre sia necessariamente in grado di associarne la comparsa a particolari stati emotivi. Si tratta dei cosiddetti disturbi psicofisiologici, disturbi che non dipendono da un altro processo patologico in corso nell organismo ma rappresentano perlopiù risposte anomale del sistema neurovegetativo. Esempi di disturbi psicofisiologici sono la gastrite, le difficoltà di digestione, il mal di testa, l ipertensione arteriosa, l aritmia cardiaca, la sudorazione eccessiva delle mani, ma ne esiste veramente una gran quantità. A volte queste risposte favoriscono la comparsa di altre 11

12 malattie come l asma bronchiale, la cardiopatia ischemica o l artrite reumatoide o le aggravano. Problemi di ansia L ansia, di per sé, è un sentimento normale. Una certa dose di ansia accompagna ogni esperienza nuova. Quando non supera un certo livello di intensità è un emozione perfino utile: come si è detto, ci mette in condizioni psicologiche e fisiche migliori per prevenire i pericoli potenziali e neutralizzare quelli già presenti. Se non ci fosse rischieremmo di affrontare a cuor leggero situazioni potenzialmente dannose. Benché tutti provino ansia in varie circostanze della vita, per alcune persone questa emozione può diventare un problema importante ostacolando il raggiungimento degli obiettivi personali; per esempio, nel rapporto con le altre persone, nello studio o nel lavoro. Al di là delle considerazioni di Lorenzini e Sassaroli sopra riportate, l ansia viene considerata normale se: è una risposta a un pericolo reale la sua intensità è proporzionata all entità di tale pericolo scompare quando il pericolo cessa. In certe persone e in certe situazioni l ansia può diventare così intensa che invece di migliorare le capacità interferisce con esse. In particolare, la maggioranza delle situazioni della vita quotidiana che vengono vissute con ansia un discorso in pubblico, un corteggiamento, un esame non comportano un rischio che possa essere affrontato adeguatamente con una lotta o una fuga. Al contrario per cavarsela il meglio possibile è necessario utilizzare una serie di abilità mentali raffinate che peggiorano quando l ansia è eccessiva. Infatti, se è necessario poter ricordare bene un discorso già preparato, se è molto auspicabile poter contare sulla propria capacità di scegliere il modo migliore per esprimersi, ribattere i modo intelligente ai commenti altrui, analizzare una situazione al fine di escogitare rapidamente una soluzione a un problema appena creatosi e via dicendo, il fatto che la nostra mente sia concentrata soltanto sul pericolo e sulle peggiori conseguenze dei nostri eventuali errori non ci aiuta affatto. Molte persone che hanno problemi di ansia, come si vedrà di seguito, sono terrorizzate da cose che a uno sguardo più sereno e realistico appaiono del tutto innocue o costituiscono pericoli non gravi. Inoltre il loro stato di apprensione comincia ben prima di affrontare le situazioni temute e ha lunghi strascichi dopo l incontro. A volte lo stato di ansia è pressoché incessante, tanto che la vita stessa sembra diventare un inferno in cui le occasioni di piacere diventano sempre più rare. C è sempre qualcosa che mi preoccupa Chi soffre di ansia generalizzata non ha paura di un particolare genere di situazioni, persone, animali, oggetti o eventi come nelle fobie e in varie altre paure specifiche, piuttosto è quasi costantemente accompagnato da un certo senso di apprensione e preoccupazione difficilmente controllabile che riguarda tutto e niente. In 12

13 altre parole si passa costantemente da una preoccupazione all altra. Sembra veramente che la propria mente non possa fare a meno di andare sempre alla ricerca di qualche cosa che possa andare per il verso sbagliato: mi avranno dato il resto giusto? Aspetta che controllo... ma dove ho messo il portafoglio? Ah, eccolo qua. Un attimo, ma quanto avevo? Accidenti non me lo ricordo! Lo vedi, mi sta succedendo qualcosa: non mi ricordo mai le cose. Anche mia figlia è così; vuoi vedere che le ho trasmesso anche questo difetto? Poverina, che vita dura l aspetta! Speriamo che almeno lei trovi qualcuno che la capisca... Accidenti ma quante cose ho da fare ancora... Farò in tempo a fare la spesa? Non voglio arrivare anche oggi all ultimo momento in negozio, altrimenti il panettiere penserà che mi faccio troppo i comodi miei. Allora mi conviene prendere la macchina... Speriamo di trovare un parcheggio... Questo continuo lavorio mentale si può accompagnare ad altri sintomi come senso di stanchezza costante, irrequietezza, nervosismo, tensione muscolare, irritabilità, difficoltà a concentrarsi, vuoti di memoria, difficoltà nel sonno (per esempio, sonno non riposante o difficoltà a addormentarsi). Le persone che hanno solo questo tipo di problema psicologico non hanno invece violenti attacchi di ansia con sintomi fisiologici molto intensi e spaventosi, come avviene nel disturbo da attacchi di panico e come può avvenire nelle fobie (vedi sotto). È difficile bloccare tutte queste preoccupazioni assillanti; poco dopo avere scacciato un pensiero magari dopo aver pensato che è inutile preoccuparsi per una cosa del genere, che tanto ha poche probabilità di verificarsi ci si scopre alle prese con un altro timore. Questa tendenza a preoccuparsi non dà pace e se non viene curata o controllata efficacemente può accompagnare anche per tutta la vita, sebbene ci siano alti e bassi, con peggioramenti nei periodi di maggior stress, per esempio, in occasione di importanti cambiamenti o in periodi più impegnativi e faticosi. I temi delle preoccupazioni, come si è detto, sono i più vari. Gli adulti si preoccupano di tutto ciò che compete loro, come il lavoro, la gestione della casa, gli acquisti, le tasse, le bollette, l igiene, la salute propria e dei familiari, le possibili disgrazie, il successo e la popolarità propri e dei propri familiari, le faccende domestiche, la puntualità e via dicendo. I bambini e i ragazzi che hanno problemi di ansia generalizzata sono alle prese con incertezze e timori che riguardano le loro capacità, la qualità delle loro prestazioni a scuola, nello sport, nei confronti con i coetanei, l accettazione da parte degli altri, le possibili catastrofi e guerre. Il tipo di preoccupazioni varia in genere con l età (vedi per esempio Kendall e Di Pietro, 1995). A volte perdo il controllo e ho paura di impazzire o di morire Alcune persone provano almeno una volta nella vita uno stato di ansia molto molto intensa. Ognuno di noi sa cosa significhi provare terrore; chi non lo sa può provare a immaginare cosa si proverebbe, per esempio, se ci si trovasse intrappolati in mezzo alle fiamme nella propria abitazione. Probabilmente in una situazione simile l unico pensiero accanto a quello del pericolo del fuoco sarebbe quello di trovare immediatamente una via di fuga, non 13

14 importa quale. Una persona in condizioni così drammatiche non farebbe caso al fatto che il cuore batte all impazzata, il corpo suda e trema, la respirazione è molto irregolare, lo stomaco è chiuso e contratto e tutto l organismo è sottosopra (vedi la tabella 1.1). Non si meraviglierebbe certo del fatto che nella sua mente c è solo paura di morire una paura che fa impazzire, tanto che è meglio gettarsi dalla finestra piuttosto di restare in attesa della morte (capita che in queste circostanze le persone si gettino dal balcone trascurando il fatto che si trovano a un piano alto). La reazione descritta è una reazione di panico. Chi si è trovato in una situazione di questo tipo ed è sopravvissuto non si interroga certo sul perché avesse provato tanta paura. Se anche avesse percepito le reazioni fisiologiche associate all ansia le troverebbe giustificate, data la situazione. Ma l esperienza del panico può toccare anche persone che non hanno corso pericoli fisici di questo tipo. Un attacco di panico, nel linguaggio psichiatrico, è un periodo limitato (raramente supera i trenta minuti) di intensa ansia, apprensione, paura o terrore, spesso associati a sentimenti di morte imminente, che insorge improvvisamente, in assenza di rischi esterni per la propria vita. Durante questi attacchi compaiono vari sintomi fisici fra cui: palpitazioni o tachicardia, sudorazione intensa, tremore, difficoltà a respirare o sensazione di mancanza d aria, dolori o fastidi al torace, nausea o disturbi addominali, sensazione di sbandamento o svenimento, sensazione di irrealtà o di essere distaccati da se stessi, paura di perdere il controllo, di impazzire o di morire, formicolii, brividi o vampate di calore. Spesso durante questi episodi la persona ha un desiderio di fuggire urgentemente dal luogo in cui si trova. Gli attacchi di panico possono essere inaspettati, nel senso che la loro insorgenza non è associata a un certo fattore scatenante ma si manifesta in modo imprevisto. Nel disturbo di panico una persona ha attacchi di panico inaspettati e ricorrenti, ha molta paura di averne ancora e teme che siano segno di qualche brutta malattia oppure ha paura di ciò che potrebbe fare se si ripresentassero. Chi prova un attacco di panico si spaventa delle sue stesse reazioni. Durante l attacco di panico, al centro dell attenzione non c è un reale pericolo esterno come un incendio ma le proprie reazioni fisiologiche e la sensazione di avere perso il controllo sul proprio corpo e/o sulla propria mente, di impazzire o morire. Dopo l attacco resta la paura che l attacco si ripresenti. Questa paura porta a fare attenzione ai possibili segni premonitori, in genere sintomi provati durante il primo attacco o prima di esso. La ricerca di cause e spiegazioni per l episodio porta a convincersi di avere una malattia e a cercare l aiuto di medici, neurologi, psichiatri che in genere riconoscono l attacco di panico come tale, anche se magari parlano più genericamente di ansia, stress o esaurimento. Quando i sintomi premonitori vengono avvertiti di nuovo cosa che prima o poi avviene, dato che si tratta generalmente di normali sintomi di stress ci si spaventa a tal punto da provare un nuovo attacco di panico. Lo sviluppo di questa situazione può essere la fobia (vedi paragrafo seguente) Gli attacchi di panico non sono sempre inaspettati. Possono anche essere collegati a certe situazioni, nel senso che si manifestano più spesso - o regolarmente - quando ci si trova in una certa situazione, oppure quando si prevede di dovercisi trovare. Quando una persona con una fobia sa di dover affrontare l oggetto della sua fobia può avere un attacco di panico non appena entra in tale situazione, oppure anche prima, al solo pensiero di doverlo fare. Per esempio, una persona con la fobia degli aeroplani 14

15 potrebbe avere un attacco di panico ogni volta che si trova costretta a dover salire su un aeroplano. Ma vediamo che cos è una fobia. Ho il terrore di... Una fobia è una paura intensa e persistente di una certo tipo di situazioni, attività, animali o oggetti (l oggetto della fobia) accompagnata da 1) reazioni intense di ansia in previsione di un incontro con l oggetto della fobia o in sua effettiva presenza e 2) tentativi di evitare l oggetto della fobia. Perché si possa parlare di fobia, inoltre, 3) la paura e i tentativi di evitare le situazioni temute devono diventare un motivo di grave sofferenza, creando anche difficoltà e conflitti in famiglia, a scuola, sul lavoro o in altri contesti importanti della vita quotidiana. Il livello di ansia o paura di solito varia sia in funzione del grado di vicinanza nello spazio e nel tempo dell oggetto della fobia, sia in funzione della convinzione di poterlo controllare o di poterne fuggire; può comunque raggiungere l intensità di un vero e proprio attacco di panico. Spesso la fobia è proprio la conseguenza di un attacco di panico. Chi ha provato questa forma di terrore spesso descrive il panico come una delle più brutte esperienze della propria vita e nel tentativo di evitare assolutamente che la cosa si ripeta, incomincia a temere e a evitare le situazioni in cui l attacco si è presentato o, secondo le proprie previsioni, si potrebbe presentare. Vediamo nelle prossime sezioni alcune fobie. Sentirmi male in un posto insicuro (agorafobia) L agorafobia è un insieme di fobie. A volte chi soffre di attacchi di panico inaspettati incomincia a temere molti luoghi o situazioni in cui potrebbe essere difficile o imbarazzante allontanarsi o cercare aiuto nel caso in cui dovessero comparire sintomi di ansia o altri sintomi imbarazzanti o inabilitanti; questa condizione prende il nome di agorafobia. Molto spesso le situazioni e i luoghi temuti sono l essere fuori casa da soli, stare in casa da soli, l essere in mezzo alla folla o in una coda di persone, l essere su un ponte o il viaggiare in autobus, in treno o in automobile. Poco a poco le zone sicure diminuiscono e si restringono e ci si sente sempre più insicuri e vulnerabili. È come se venisse meno la fiducia nel proprio corpo, che potrebbe giocare brutti tiri da un momento all altro. La vita comincia allora ad apparire troppo difficile e priva di senso. Stare lontano da casa, da mamma e papà (ansia da separazione) Il disturbo d ansia da separazione è un problema di ansia che si presenta per la prima volta in bambini o adolescenti di età inferiore ai diciotto anni ma il più delle volte prima dell adolescenza. Le manifestazioni del disturbo sono simili a quelle dell agorafobia degli adulti ma l oggetto della paura è, per definizione, diverso; ciò che viene temuto dalle persone con questo disturbo è la separazione da casa o dai genitori (o dalle persone che ne svolgono le funzioni). Il disturbo interessa perlopiù bambini e adolescenti, anche se lo si può riscontrare, sia pure raramente, in adulti. 15

16 Spesso i bambini con questo disturbo vivono in famiglie molto unite e richiedono molte attenzioni. A volte si lamentano del fatto che nessuno li ama o si prende cura di loro; le loro richieste pressanti possono diventare motivo di frustrazione per i genitori. Talvolta vengono descritti come bambini particolarmente coscienziosi, accondiscendenti e desiderosi di piacere. A volte le difficoltà compaiono in seguito a un evento doloroso, come la morte di un parente o di un animale domestico, un trasloco, un cambiamento di scuola o di insegnante, la separazione dei genitori. Questa paura può manifestarsi in vari modi: malessere eccessivo e ricorrente, anche con sintomi fisici (analoghi all attacco di panico), in occasione di allontanamenti reali o solo previsti; preoccupazione esagerata e persistente per la possibilità di perdere i genitori o che accada loro qualcosa di brutto; preoccupazione spropositata e costante per la possibilità che accada qualche cosa che porti a una separazione dai genitori (per esempio, perdersi); tentativi di evitare situazioni di lontananza dai genitori, anche se si tratta semplicemente di andare a dormire; frequenti incubi sul tema della separazione. Secondo la psichiatria moderna, per poter parlare di disturbo d ansia da separazione è necessario che la paura si manifesti in vari modi (almeno tre di quelli elencati in una lista che ne comprende otto), che duri per almeno quattro settimane e che sia fonte di sofferenza oppure, in alternativa, che ostacoli le attività sociali o scolastiche (o eventualmente lavorative) della persona interessata. Fobie specifiche Si parla di fobia specifica quando la fobia riguarda un tipo di oggetti, animali, persone, luoghi, situazioni o eventi ben chiaro e definito. Esiste una grande varietà di fobie specifiche. La maggioranza di esse anche se non tutte rientra nella classificazione seguente: situazioni specifiche; per esempio, salire su autobus, treni, aerei, automobili, ascensori, oppure attraversare gallerie o ponti, o entrare in luoghi chiusi come negozi, magazzini, musei o chiese. Si tratta di fobie che spesso compaiono in seguito a uno o più attacchi di panico inaspettati. È il tipo di fobie per cui viene più spesso cercata una cura; elementi ambientali o naturali; per esempio, i temporali, l acqua alta o luoghi alti. Questo tipo di fobie compare in genere nell infanzia; sangue, iniezioni, ferite, interventi chirurgici, cure dentistiche. In genere in queste situazioni predominano sensazioni di debolezza, svenimenti, giramenti di testa e vertigini dovute perlopiù a un abbassamento di pressione e frequenza cardiaca successivo a un breve episodio iniziale di tachicardia; animali; per esempio, topi, scarafaggi, ragni, serpenti, farfalle, api, cani, ecc. Anche questo tipo di fobie in genere compare per la prima volta nell infanzia. La distinzione fra fobie e normali paure è piuttosto sfumata e riguarda sostanzialmente la gravità delle conseguenze di una paura. Perché una paura possa rappresentare realmente una grave fonte di sofferenza e possa interferire notevolmente 16

17 con i tentativi di condurre una vita normale, la paura deve essere forte e l oggetto della paura deve essere qualcosa che è possibile incontrare abbastanza frequentemente. Una persona che ha il terrore dei serpenti ma vive in un condominio piazzato nel bel mezzo di una metropoli avrà ben pochi motivi d ansia: tutt al più si impressionerà vedendo serpenti alla TV, o in libri e giornali, oppure eviterà di andare a fare scampagnate. Ma una persona che ha il terrore dei serpenti e vive in campagna svilupperà una vera e propria fobia che può rendere la vita piuttosto tormentata. Spesso la fobia compare dopo aver avuto un attacco di panico inaspettato in un certo luogo o in una certa situazione, che poi cominceranno ed essere temuti ed evitati. Chi ha avuto il primo attacco di panico in un supermercato, per esempio, può sviluppare una fobia per i negozi. Altre volte la fobia si sviluppa in seguito a un esperienza traumatica connessa all oggetto della fobia: chi è stato morso da un cane, per esempio, può sviluppare una fobia dei cani. Ma altre volte basta assistere alle manifestazioni di terrore di qualcun altro o a racconti e descrizioni impressionanti. Il rifiuto di andare a scuola. In alcuni bambini può presentarsi il rifiuto o la paura di andare a scuola. Al mattino, prima di uscire da casa, il bambino dice di stare male e lamenta, per esempio, nausea, mal di pancia o mal di testa. In genere questi disturbi svaniscono nel fine settimana o nei periodi di vacanza. Quando il bambino è a scuola viene preso da malinconia, nostalgia o disagio, spesso piange e vuole tornare a casa o vuole che sia presente la mamma o la persona che normalmente si occupa di lui. Oppure, quando è più grandicello, si preoccupa per quello che potrebbe succedere a lui o ai suoi genitori durante la separazione. In genere i problemi cominciano intorno ai tre anni, quando il bambino comincia ad andare all asilo, ma possono presentarsi anche dopo, alle elementari. In molti casi ci può essere un inserimento non difficoltoso, ma passato il primo periodo in cui il bambino ancora non si rende conto che dovrà stare tutti i giorni lontano dai genitori, compaiono le difficoltà e le angosce del primo inserimento. La paura insistente di andare a scuola può essere ricondotta all ansia da separazione, descritta sommariamente nella sezione Stare lontano da casa, da mamma e papà (ansia da separazione). Situazioni di ansia analoghe a quelle che si verificano per il recarsi a scuola si possono infatti presentare anche in alte occasioni di separazione, come il fatto di stare a casa di amici. A volte, a partire da questi problemi, il bambino comincia a perdere di fiducia in sé, e a piacersi di meno e il suo slancio verso l autonomia si affievolisce o si spegne. A volte i bambini che hanno questo tipo di difficoltà sviluppano una vera e propria sindrome depressiva. Negli adolescenti il desiderio forte e insistente di non andare a scuola può essere giustificato da malesseri e preoccupazioni di vario tipo. Può essere dovuto a paure connesse all allontanamento da casa o alla separazione dai genitori (come nell agorafobia o nell ansia da separazione) ma anche a mancanza di energia, sfiducia nelle proprie capacità di essere all altezza delle attività proposte, difficoltà a concentrarsi, seguire le lezioni e studiare e quindi timore di insuccessi. Altre volte, accanto a questi fattori o indipendentemente da essi, c è la paura di fare figuracce di fronte a qualcuno per motivi non necessariamente collegati alla preparazione scolastica; in altre parole si tratta dell ansia sociale, il problema descritto nel prossimo paragrafo e nella sezione Se ci sono altre persone non riesco a..., nel capitolo secondo. 17

18 Avere a che fare con altre persone La persona che ha un problema di fobia sociale, o ansia sociale, teme certe situazioni in cui deve interagire con altri individui che conosce poco o deve fare qualcosa di fronte a loro; in queste situazioni ha paura di fare una cattiva impressione (per esempio, di apparire stupidi, incapaci, deboli, pazzi ) dicendo o facendo qualcosa di imbarazzante o umiliante oppure lasciando in qualche modo trasparire la propria ansia (vedi anche, nel capitolo secondo, la sezione Se ci sono altre persone non riesco a... ). Le persone timide che hanno, cioè, un problema di ansia generalizzato a molte situazioni sociali si sentono sulle spine quando devono interagire con qualcuno. Chi non ha questo problema forse non se ne rende conto ma in una normale giornata le occasioni di interazione con gli altri sono molte. Per gli adulti può trattarsi di fare la spesa o altri acquisti, andare per uffici, rispondere al telefono, scambiare convenevoli con i vicini di casa, fare e ricevere visite, interagire con i colleghi e/o i clienti, parlare con gli insegnanti dei figli, andare dal medico, rilassarsi su una spiaggia, sostare con sconosciuti in luoghi pubblici (per esempio, mezzi di trasporto, palestre, sale di attesa), partecipare a cerimonie, spettacoli o eventi pubblici, usare toilette e via dicendo. Per bambini e ragazzi può trattarsi delle ore di lezione, l intervallo a scuola, il ritorno a casa da scuola, gli impegni programmati dai genitori (lezioni di musica, lingua straniera, catechismo, lo sport), le visite ai parenti, agli amici dei genitori, il gioco ai giardini pubblici o in altri luoghi dove i bambini giocano con i coetanei, ecc. Per una persona timida, o con problemi di ansia sociale, ognuno di questi impegni può diventare una preoccupazione, una difficile prova da affrontare con trepidazione. Costui affronterà anche il prossimo incontro in modo insoddisfacente. Ha paura di essere presa alla sprovvista; teme che dovrà fare o dire qualcosa e non ci riuscirà, lo farà in modo goffo, resterà impietrita davanti allo sguardo incredulo e sarcastico delle altre persone. Forse qualcuno chiederà se c è qualcosa che non va e allora potrà avverarsi la peggiore delle prospettive: avere una vera e propria crisi di ansia davanti agli altri, andare nel pallone, non capire più niente e desiderare soltanto di sprofondare, sparire, morire. La paura di affrontare una certa situazione sociale può scatenare un attacco di panico nell imminenza dell incontro o nel suo svolgersi. Avendo fatto queste previsioni pessimistiche e spaventose, quando ci si trova effettivamente a interagire con qualcun altro ci si sente tesi e contratti. Spesso si fa più attenzione ai propri pensieri e a tutto ciò che accade dentro di sé che a ciò che l altro dice o fa. A volte si tiene costantemente sotto controllo l impressione che si sta suscitando: Ecco, fin qui è andata bene. Oddio, però ora non so dove mettere le mani... ecco, mi ha guardato le mani, e ora?.... Quando si fa o si dice qualcosa di inadeguato ci si sente sprofondare e ci si insulta mentalmente. Tutto questo lavorio mentale naturalmente riduce la spontaneità e la presenza ; così è più facile avere effettivamente un atteggiamento innaturale o rigido e fare qualcosa di non adeguato alla situazione. L allontanamento da situazioni in cui ci si comporta in modo così insoddisfacente è una liberazione. Ma cessati l esame e il senso di apprensione, subentra una impietosa autocritica: non so stare con gli altri sono proprio stupido/a e incapace. La vita non mi riserverà niente di buono. Spesso il risultato di questa 18

19 continua alternanza di ansia e sensazioni di fallimento personale è la sindrome depressiva. Specialmente le persone che non hanno un partner fisso o amici intimi si sentono completamente sole e senza possibilità di stringere legami significativi. Ci si aspetta che le proprie soddisfazioni debbano provenire dal rapporto con gli altri, ma proprio il rapporto con gli altri è l aspetto più minaccioso e doloroso dell esistenza. Si è quindi in un impasse. Data l insoddisfazione di sé e per i rapporti con gli altri, le successive occasioni sociali vengono tendenzialmente evitate o affrontate senza un atteggiamento di apertura serena ai possibili sviluppi e senza fiducia nelle proprie capacità di fare qualcosa di appropriato alla situazione. La rinuncia e la sfiducia portano alla solitudine, all impoverimento delle relazioni e a una riduzione delle occasioni di gratificazione che potrebbero scaturire dagli incontri; e tutto ciò contribuisce alla depressione. Il problema dell ansia sociale può essere generalizzato, come nella timidezza esasperata, caso in cui diventa difficile avere a che fare praticamente con chiunque, oppure specifico e riguardare una o più situazioni abbastanza circoscritte (per esempio, tenere un discorso davanti a un gruppo di persone). Alcune persone concentrano i loro timori sociali su alcune eventualità specifiche: la paura di arrossire, di balbettare, di avere un vuoto di memoria, di avere tutti gli occhi puntati, di inciampare e cadere per terra, di trovarsi a tu per tu con una persona dell altro sesso che prova a intavolare una conversazione, magari in un piccolo locale (per esempio, lo scompartimento di un treno), e via dicendo. Le situazioni più temute possono essere suddivise in quattro categorie: discorsi e interazioni formali (per esempio, tenere un discorso in pubblico o una relazione di fronte a un gruppo di studio o di lavoro); discorsi e interazioni informali (per esempio, avvicinare potenziali partner, partecipare a una festa o rivolgere la parola a un estraneo); interazioni assertive cioè finalizzate all affermazione dei propri gusti, desideri, diritti o opinioni (per esempio, parlare con persone autorevoli, esprimere disaccordo o chiedere lo scontrino a un negoziante che non l ha consegnato, contrattare un onorario, chiedere un aumento al datore di lavoro, chiedere uno sconto, chiedere un risarcimento, ecc); essere osservati mentre si fa qualcosa (per esempio, mangiare o scrivere). Ma per altri diventa preoccupante quasi ogni incontro. Allora si può arrivare a evitare attività lavorative che implicano contatti con gli altri per paura di essere criticati, disapprovati o rifiutati non entrare in relazione con altre persone in generale a meno di non essere certi di piacere, essere inibiti persino nelle relazioni più intime per il timore di essere criticati, umiliati o ridicolizzati e a considerarsi assolutamente incapaci, inferiori agli altri e indegni. La paura generalizzata del contatto con gli alti spesso inizia nell infanzia, quando si manifesta con timidezza, isolamento e timore degli estranei e delle situazioni nuove. La timidezza è molto frequente nei bambini piccoli e, mentre di solito tende a ridursi con il passare degli anni, in alcune persone si acuisce nell adolescenza o nella prima età adulta, quando le relazioni sociali con persone nuove iniziano a diventare particolarmente importanti. Poi in età adulta tende a ridursi nuovamente. 19

20 Il blocco delle emozioni e la difficoltà a lasciarsi andare. Le persone timide si accorgono che la loro capacità di provare ed esprimere emozioni e stati d animo si riduce o si annulla in certe situazioni sociali, quando lo stato d animo predominante è quello di tensione, imbarazzo, inibizione. Una parte di sé resta spettatrice e giudice: continua a osservare e commentare le proprie azioni e a valutarne l adeguatezza e l effetto sugli altri. In tutto questo lavorio mentale si perdono i propri sentimenti e non si è più in grado di affezionarsi e di percepire i sentimenti altrui. La paura di non piacere porta a non rivelarsi o a farlo con eccessiva cautela. Lasciandosi andare ci si esporrebbe al giudizio altrui e si dà per scontato che tale giudizio non potrebbe essere che negativo. Così, l espressione dei propri sentimenti, gusti e desideri con i movimenti del viso e del resto del corpo, con certi toni di voce, con l abbandono al riso, con l irrigidirsi e il rilassarsi dei muscoli, con l avvicinamento, il contatto e il distanziarsi dagli altri diventano rigidi, coartati o bloccati. Il volto resta fermo o costretto in un espressione di circostanza, mentre possono rarefarsi certe espressioni come quelle di stupore, perplessità, gioia, abbandono, interesse e apprezzamento per qualcuno. Alcune delle manifestazioni più dirette dei propri stati d animo come il canto, il ballo, il contatto fisico vengono vissute come impossibili; se avvenissero scatenerebbero un incontrollabile tempesta di emozioni o per lo meno questa è più o meno la sensazione che si ha. Là dove esistono regole piuttosto chiare e precise su quale sia il comportamento adeguato alle circostanze si può avere facilmente un comportamento irreprensibile evitando di rivelarsi: basta fare quello che la situazione richiede e gli altri si aspettano. Quando esistono delle consuetudini, se io le seguo, non si può dedurre quasi niente di me. Io mi manifesto nelle mie scelte, cioè quando potrei fare o dire mille cose e ne faccio liberamente proprio una. In questi casi faccio pubblicamente qualcosa che non manifesta altro che i miei desideri, i miei interessi, i miei sentimenti, i miei gusti, le mie idee, i miei obiettivi personali. Un esempio tipico di situazioni in cui ci si rivela è quello dell avviare una conversazione o di contribuire a una conversazione con frasi che non sono risposte a domande. Quanto più ci si allontana dall ambito della propria facciata pubblica e si entra nella sfera personale, come quando si entra in confidenza con qualcuno, quanto più questo tipo di situazioni non strutturate tende ad aumentare. Non meraviglia quindi che il problema del non lasciarsi andare si manifesti in modo particolarmente evidente nell ambito dei rapporti sessuali, ambito in cui l atteggiamento da spettatore, la sensazione della necessità di conformarsi a regole o standard di buona prestazione, la tensione e la paura del giudizio tolgono di giocosità ai rapporti sessuali, impediscono di sintonizzarsi sul partner o interferiscono persino con le sensazioni di attrazione, desiderio, eccitamento e piacere o con le modificazioni fisiologiche che nell uomo e nella donna accompagnano queste fasi della risposta sessuale. Il blocco emotivo di una persona timida. Ecco la lettera di una ragazza timida. Sono una ragazza adolescente, studio. Mi piace uscire e stare in compagnia. Come ogni adolescente ho dei problemi, ma uno mi assilla in modo particolare: non riesco ad essere me stessa con gli altri! Sono timida di natura, ma la mia timidezza prende il sopravvento un po troppo spesso e in modo troppo evidente! È come se avessi paura degli altri, del loro giudizio, sono insicura, ho sempre paura di sbagliare di non essere 20

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