UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SIENA FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SIENA FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE IL RUOLO DEI MEDIA NEL GENOCIDIO RWANDESE Relatore: Chiar.mo Prof. MARCELLO FLORES D ARCAIS Tesi di Laurea di: VINCENZO TORSITANO Anno Accademico

2 Indice INTRODUZIONE 4 NOZIONE DI GENOCIDIO 7 I. STORIA, ORIGINI E FORMAZIONE IDENTITARIA 9 Politica di razza delle amministrazioni coloniali 9 Rivoluzione sociale del 59 e Indipendenza 12 Habyarimana al potere nel Accordi di Arusha 18 II. GENOCIDIO E ICTR 21 Il genocidio, tra disimpegno occidentale e fallimento delle missioni Peacekeeping ONU 21 Il Tribunale Penale Internazionale per il Rwanda 25 Epurazione razziale di Pauline Nyiramasuhuko e primi processi per Stupro 28 Tribunale tribale della GAÇAÇA 31 III. RUOLO DEI MEDIA NELLA CAMPAGNA GENOCIDARIA 33 Gli inni all odio di Radio Télévision Libre des Mille Collines 33 Timeline della campagna di comunicazione di RTLM 34 Tecniche comunicative e strategie persuasive 37 Sostegno e incitamento delle milizie 43 Ordini di cattura e accuse al contingente belga 45 2

3 Giornale: Kangura 47 Tecniche comunicative e strategie persuasive 47 Timeline della campagna di comunicazione di Kangura 49 Periodici a favore del RPF e altri periodici a vantaggio del M.R.N.D.. 55 Ordini di cattura e accuse al contingente belga 58 Processo Media dell odio 59 CONCLUSIONI 66 APPENDICE 68 BIBLIOGRAFIA 73 SITOGRAFIA 75 3

4 Introduzione Il XX secolo è stato definito "il secolo dei genocidi" o "il secolo dei totalitarismi" ed è in genere considerato come un periodo in cui la violenza, lo sterminio di massa e la guerra raggiungono livelli senza precedenti. Il secolo si apre all'insegna dell'etnocentrismo nazionalista e ormai tutti, dai nazionalisti ai socialisti, pensano in termini di "nazione", "etnia" e "diritto di autodeterminazione" dei popoli. Sin dai primi anni sono aperti fronti e focolai di guerra in ogni continente, specialmente in Africa; infatti, uno sguardo particolare è rivolto al grande continente africano, ricco di vegetazione, cultura, animali e risorse minerarie ma ricco soprattutto di popolazione, la stessa che venne qualche secolo prima deportata in America nello status di schiavi. L interesse cresce con gli anni e la volontà di conquistare nuove terre conferisce, ai ricchi e lontani Stati dell Europa, il potere di distruggere e conquistare qualsiasi territorio. Si tratta forse dei cent anni più cruenti della storia dell uomo: la terra viene inondata di violenza già nei primi anni con il genocidio armeno e poi, con la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, arrivano stragi, massacri, conquiste e violenze; il progresso tecnologico avanza e gli stermini corrono di pari passo alle bramosie di potere dei Capi di Stato e dei rivoluzionari. «Si ritiene che nel secolo passato siano vissuti sulla terra tra 12 e 15 miliardi di esseri umani e che i morti per guerra siano stati 100 milioni. È quindi probabile che nel secolo che ci siamo lasciati alle spalle circa l 1% di chi è vissuto allora abbia trovato una morte causata direttamente o indirettamente da avvenimenti bellici» 1. «La storia la scrivono i vincitori». Questa frase, citata da Göring durante il processo celebrato contro i crimini nazisti a Norimberga, è emblematica di come a volte la storiografia moderna tenda a celare e a non approfondire determinate vicende storiche, rispondendo alle logiche di potere dei gruppi dominanti. 1 Charles S. Maier, storico di Harvard 4

5 Uno dei capitoli più oscuri della storia dell umanità riguarda i fatti accaduti in Rwanda fra il 1991 e il Fra gli aspetti più rilevanti su cui è opportuno far luce, vi è certamente l insieme delle dinamiche che favorirono lo svilupparsi di azioni tanto estreme da essere considerate atti genocidari. Indagare sulle cause di quegli avvenimenti permette di intendere l essenza stessa di ciò che si verificò nella regione dei Grandi Laghi, e diventa importante soprattutto perché «quando c'è stato un genocidio ce ne può essere un altro in futuro, in qualunque momento, in qualunque luogo, se la causa rimane lì, ma non la si conosce» 2. Del genocidio rwandese si possono descrivere la fenomenologia, le dinamiche, ricercare analogie e soprattutto differenze ma le ragioni che portarono ad esso sono oscure ancora oggi, a distanza di oltre quindici anni, e rimane da capire come sia stato possibile che una stretta cerchia di nazionalisti estremisti sia riuscita ad organizzarsi in maniera tale da coinvolgere un intera comunità in un disegno talmente folle e vasto da voler completamente cancellare un etnia. Come nel resto del continente africano, anche in Rwanda proliferano sistemi politici autoritari caratterizzati da una grande propaganda di regime, fondata su ideologie diverse in base alle zone territoriali e soprattutto in base alle dominazioni. L idea di etnia è stata a lungo divulgata e strumentalizzata dai colonizzatori, poi esasperata fino al nazional-razzismo del partito unico al potere, M.R.N.D.. (Mouvement républicain national pour la démocratie et le développement), facente capo al Presidente Habyarimana, ed infine assimilata in modo perfetto dalla popolazione grazie ai media del potere. Ed è proprio sui media, quindi, che conviene concentrare l attenzione, esaminando la causa di tanta influenza che una radio, Radio delle mille colline (RTLM), e un giornale, Kangura, considerati di partito, ebbero sulla popolazione, portando al massacro più cruento della storia africana e della storia dell umanità. 2 Jean Hatzfeld, A colpi di machete, 2004, Milano, Bompiani. 5

6 Per certi versi le condizioni della guerra e della rivoluzione resero possibile agli assassini genocidari di conquistare il potere e concretizzare le loro politiche 3 ; l influenza dei media fu tale da spingere amici, parenti e connazionali ad uccidersi tra loro, spinti da differenze minime, se non insignificanti, prodotte dal colonialismo, sbandierate e ingigantite da RTLM e Kangura. Il presente lavoro si pone perciò l obiettivo di riportare, in nuce, le rappresentazioni interne al genocidio, dalla storia precoloniale a quella postcoloniale, le quali fanno chiaramente luce sugli antecedenti del genocidio e, attraverso lo studio di fonti indirette, quali saggi e ricerche sull argomento, ma soprattutto su fonti dirette, come articoli dell epoca, per quanto riguarda Kangura, e di trascrizioni delle trasmissione radiofoniche mandate in onda in quegli anni, analizzare il ruolo dei media per la messa in atto del piano genocidario. Dopo aver illustrato brevemente la nozione di genocidio, così come definita nella Convenzione delle Nazioni Unite sottoscritta nel 1948, si ripercorreranno, dal punto di vista puramente cronologico, le vicende che caratterizzarono il frangente storico qui preso in esame. Si passerà quindi alla trattazione del ruolo che i media citati ebbero nella campagna genocidaria rwandese analizzandone la strategia comunicativa, i metodi persuasivi e le tecniche di propaganda, al fine di verificare se il genocidio rwandese si sarebbe potuto realizzare anche senza un simile apporto mediatico. 3 Bruneteau, Bernard. Il secolo dei genocidi, 2005, Bologna - Il Mulino, p

7 Nozione di Genocidio La parola che riecheggia tra gli Stati civili, in Europa e negli Stati Uniti d America e soprattutto il marchio più temuto è genocidio. Il termine, fu coniato nel 1946 da Raphael Lemkin - giurista polacco di origine ebraica, studioso ed esperto del genocidio armeno - durante il processo di Norimberga per racchiudere in una sola parola le barbarie attuate contro gli ebrei nella II guerra mondiale. Il 9 dicembre 1948, in seguito al fenomeno dell Olocausto, le Nazioni Unite approvarono la Convenzione per la Prevenzione e la Repressione del Crimine di Genocidio. In tale convenzione, il genocidio viene definito crimine internazionale, che gli stati firmatari «si impegnano a combattere e punire», ed è inteso come: «ciascuno degli atti seguenti, commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale 4, etnico, razziale o religioso in quanto tale: (a) uccisione di membri del gruppo; (b) lesioni gravi all'integrità fisica o mentale di membri del gruppo; (c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; (d) misure miranti a impedire nascite all'interno del gruppo; (e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro» 5. 4 L URSS fece pressione perché la dicitura gruppo politico e culturale, prima presente, fosse cancellata per paura di essere incriminata per gli atti genocidari perpetrati all epoca di Stalin. 5 Art 2, Convenzione per la Prevenzione e la Repressione del Delitto di Genocidio. Da notare che la Convenzione non è stata applicata in Rwanda e i massacri terminarono solo nel luglio del 94 quando l FPR arrivò a Kigali, determinando così la caduta del regime che li aveva discriminati e uccisi. Tutto ciò avvenne sotto gli occhi dell Europa e degli Stati Uniti ma nessuno intervenì prima. 7

8 Negli anni successivi vengono presi sotto esame tutti gli atti di violenza di massa commessi prima della Grande Guerra così da valutare se fossero o meno atti genocidari quelli commessi in Anatolia, in Ucraina ed in altri Paesi. Ciò in base all articolo 4 della Convenzione, dove si stabilisce che «le persone che commettono il genocidio [ ] saranno punite, sia che rivestano la qualità di governanti costituzionalmente responsabili o che siano funzionari pubblici o individui privati», e che dovranno essere considerati personalmente e singolarmente responsabili del crimine stesso e pertanto sottoposti al giudizio del tribunale del luogo in cui è avvenuto il fatto oppure di un tribunale internazionale Mentre molti casi di violenza nei confronti di un determinato gruppo hanno avuto luogo in diversi momenti della storia, e anche dopo l effettiva entrata in vigore della convenzione, lo sviluppo sia locale sia internazionale del termine si è concentrato in due distinti periodi storici: il primo è compreso tra il momento della creazione del termine e il suo accoglimento all interno del diritto internazionale ( ); il secondo comprende invece gli anni in cui, attraverso la realizzazione di tribunali internazionali per il perseguimento del crimine di genocidio, il termine cominciò a venir effettivamente usato nella pratica legale ( ). Prevenire il genocidio, l altro obbligo centrale della convenzione, rimane una sfida aperta che nazioni e individui continuano a fronteggiare. Sorge quindi la domanda di quali circostanze, interne o esterne, consentano ad un - carnefice genocidario - di attuare ciò che è in potenza. 8

9 I. Storia, origini e formazione identitaria Politica di razza delle amministrazioni coloniali Tutti i paesi che oggi vengono etichettati come sud del mondo sono stati colonizzati dai paesi europei e dagli Stati Uniti, vittime di quella che Gayatri Spivak definisce «epistemic violence» 6, una violenta rottura operata sulla propria storia, sui valori, sulla cultura e sulle tradizioni, insomma su quel complesso sistema che prende parte in modo essenziale alla costruzione di una propria identità. In questi casi parliamo di un identità molto fragile, data la loro quasi abissale lontananza da quello che può essere definito come un continente culturalmente avanzato. «Alla base del genocidio in Rwanda c è, quindi, un discorso identitario di tipo essenzialista» 7, costruito dall epoca coloniale ed ulteriormente rafforzato dalle dinamiche politiche, economiche e culturali neocoloniali. Ciò che avvenne in Rwanda non fu solo violenza, ma essenzialmente una manipolazione ideologica dell identità e della razza; questo processo durò tanti anni da essere in grado, come vedremo, di costruire identità etniche così rigide e, tra loro intolleranti, da progettare e concretizzare la quasi-distruzione di una progenie. Posto nel cuore dell'africa equatoriale, fra elevate montagne, il Rwanda assume caratteri ben precisi sia per la sua particolare geografia, sia per la storia della sua occupazione umana; detto anche il Paese delle mille colline, per le 6 Gayatri Chakravorty Spivak, Critica della ragione postcoloniale, 2004, Roma, Meltemi. 7 Alessandro Corio, Precipitando nel presente, lineamenti di una critica postcoloniale al culturalismo. Università degli Studi di Padova, a.a. 05/06 9

10 splendide montagne ricche di vegetazione che rivestono l intera superficie, considerato addirittura il Tibet d Africa. Ciò che colpisce al primo impatto è la tipica struttura pre-coloniale di questa società, la quale era caratterizzata da una suddivisione in caste. «Uno dei primi esploratori del territorio fu il medico militare tedesco Richard Kandt che veniva nominato consigliere del Re (Mwami) dal governatore imperiale del Deutsch-Ost-Afrika, il Conte Gustav Adolph Graf von Goetzen. Secondo quest ultimo, la società rwandese era divisa in tre gruppi: i Tutsi, che erano pastori e che formavano la classe sociale superiore - 14% circa della popolazione - (da essa provenivano i leader politici), la maggioranza - 85%circa della popolazione - Hutu, in gran parte agricoltori e i Twa, una tribù appartenente ai pigmei che formava meno dell un per cento della popolazione». 8 Quest armonizzazione sociale è stata paragonata al sistema delle caste in India e, per quanto riguarda la divisione tra ricchi e servitori, alla società feudale del Medioevo europeo. La storia coloniale del Rwanda iniziò con la Conferenza di Berlino, 1986, dove le potenze coloniali europee si spartirono l intero continente africano. Il Rwanda venne assegnato ai tedeschi, ma la colonia non aveva grande importanza sia dal punto di vista strategico, sia dal punto di vista economico, al contrario, invece, di tutti i territori circostanti che offrivano una vasta gamma di possibilità di commercio. Il disinteresse fu tale che i tedeschi lo abbandonarono e, subito dopo la prima guerra mondiale, il territorio passò in mano al Belgio. A causa della quasi inutilità del territorio e principalmente del maggiore interesse delle potenze coloniali verso paesi più ricchi, l assetto sociale dei «banyarwanda» sopravvisse alla colonizzazione e, proprio grazie al governo indiretto del Belgio, la struttura venne rafforzata dato che il potere venne affidato 8 Melver Linda, A People betrayed: the role of the West in Rwanda s Genocide 2009, Londra, Zed Book; mio il corsivo. 10

11 ai tutsi, così come nell epoca precedente, e tale rimase fino alla metà del XX secolo. Gli hutu andavano quindi via via maturando un forte odio per la casta dei Tutsi, considerati superiori a causa della loro naturale nobiltà. «Erano gli anni che vedevano l affermazione dell ipotesi camitica, teoria che avrebbe fornito un quadro classificatorio generale e al cui interno venne elaborata l idea di una separazione irriducibile fra Hutu e Tutsi.[ ]Le politiche indigene condotte dai colonizzatori belgi con l appoggio dei missionari, tra gli anni Venti e Trenta, cristallizzarono i gruppi hutu e tutsi in classi sociali/etniche o etnie istituzionalizzando un sistema di disuguaglianze sul piano socio-culturale.[ ] Attraverso una serie di riforme imposte dai belgi l'istituto della regalità sacra venne completamente desacralizzato» 9. Nel 1936 il potere coloniale belga introdusse una distinzione pseudoscientifica per la popolazione con attribuzioni fisiognomiche e caratteriali: i tutsi alti, arroganti; gli hutu più piccoli, laboriosi, di indole pacifica; i twa, molto bassi. Successivamente venne imposta una carta di identità laddove, alla valutazione della statura e dei tratti somatici, si sovrapponevano notazioni di natura sociale, etnica ed economica. Alla fine degli anni `50, tutta l Africa lottava per l indipendenza, il Belgio fu indotto, a causa del suo scarso peso internazionale, a rinunciare al Congo, le cui ricchezze erano ambite da paesi più potenti, come Usa, Germania e Francia e che, per mantenere un minimo di controllo nel continente africano, doveva scegliere tra Rwanda e Burundi. La scelta fu il Rwanda e, mentre le altre colonie lottavano per l emancipazione, l amministrazione belga prese atto di ciò che aveva provocato la divisione operata nel 1936, convincendo gli hutu che il Rwanda non avrebbe mai potuto ottenere che un indipendenza fittizia, dal momento che la popolazione avrebbe continuato a essere comandata dai tutsi. 9 Michela Fusaschi, Hutu-Tutsi. Alle radici del genocidio ruandese. 2000, Torino: Bollati Boringhieri. 11

12 Fu allora che presero piede le leggi razziali vere e proprie, si istituì il numero chiuso nelle scuole, limitato al 9%, la presunta percentuale della popolazione tutsi rimasta nel paese. Lo stesso accadde nell amministrazione pubblica. I tutsi non avevano più diritto di andare a scuola, di insegnare, di lavorare. La persecuzione ebbe perciò inizio. Rivoluzione sociale del 59 e Indipendenza Subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, la società rwandese così come la società europea cambiò radicalmente. Il Rwanda divenne protettorato delle Nazioni Unite e l obiettivo principale era quello di avviare le trattative per l indipendenza. Il Belgio deteneva ancora il potere ma doveva, secondo gli accordi con le Nazioni Unite, cedere gradualmente le redini alla popolazione locale. Così nel 1952 i governatori belgi organizzarono una grande riforma amministrativa alla quale seguirono le prime elezioni a livello comunale. L introduzione di elezioni libere ebbe un significato ed una rilevanza psicologico politica molto importante, anche se i risultati delle elezioni non cambiarono nulla a livello politico, si aprirono possibilità alla popolazione di partecipare alla vita politica non indifferenti, in più, per la prima volta agli hutu fu concesso di accedere al potere politico. La chiesa aveva un forte impulso sull amministrazione europea, da aiuti e scolarizza i tutsi, fattore essenziale per l accesso alle cariche pubbliche. I missionari, in questa fase iniziale, fecero di tutto per assecondare i voleri dell amministrazione coloniale e decisero di creare classi diverse per hutu e tutsi. 12

13 «Ciò nonostante, però, cresce la presenza degli hutu nelle scuole dei missionari, che diventano il principale veicolo della cristianizzazione ma soprattutto rappresentano un pericolo per l amministrazione coloniale che guarda con preoccupazione all alfabetizzazione della massa dei contadini». 10 L élite tutsi si sentiva però minacciata di perdere il predominio politico e fece pressione agli amministratori belgi affinché ottenessero il prima possibile l indipendenza. In tal modo i Tutsi avrebbero fermato il processo di democratizzazione per mantenere il loro ruolo dominante. Inaspettatamente l amministrazione coloniale belga fece inversione di rotta dato il loro interesse ad accelerare la fase di cessione. «I tutsi vogliono l indipendenza quanto prima e tentano di sabotare gli amministratori belgi. A loro volta, i belgi, si trovano a dover affrontare una situazione completamente nuova, data la buona collaborazione avuta per anni con i capi locali». 11 Particolare importanza riveste un documento stilato da un gruppo di attivisti hutu guidati da Kayibanda nel 1957, che diverrà noto come Manifesto dei Bahutu (originariamente aveva il titolo francese Note sur l aspect social du problème racial indigène au Rwanda); secondo il documento la segregazione etnica sarebbe fonte di tutti i problemi sociali del Paese. Considerato come il fondamento politico per la futura Repubblica, verrà anche utilizzato nel 1994 per legittimare l eliminazione dei tutsi. Si trattava di un documento animato da forti sentimenti razzisti e con questo stesso scritto venne, per la prima volta, utilizzato dai rwandesi il termine razza per classificare hutu e tutsi Michela Fusaschi, Hutu-Tutsi. Alle radici del genocidio ruandese, Torino, Bollati Boringhieri, 2000, p Urundi Paul Harroy: governatore del Rwanda (1º marzo ) e Presidente generale ( gennaio 1962) 12 Michela Fusaschi, 2000, p

14 I firmatari del manifesto chiedevano più riforme, prima fra tutte quella di non considerare più i tutsi come una razza superiore a quella hutu. Seguirono altre richieste come l abolizione del lavoro forzato, il riconoscimento della proprietà privata, la creazione di aziende di credito, la promozione effettiva degli hutu alle funzioni pubbliche, la creazione di borse di studio e altri provvedimenti. Quella degli hutu, in questo momento, era una lotta anticolonialista non rivolta contro i belgi, ma verso i nemici tutsi i quali per troppi anni erano stati considerati di rango superiore. Nel 1959 gli hutu iniziarono le prime azioni di violenza con motivazione etnica, cominciarono a bruciare le case e ad ammazzare la gente; uccidevano non l uomo tutsi, ma il tutsi serpente, scarafaggio, animale impuro. Parlavano di disinfettare il paese. La guerra civile divenne quotidiana e le bande hutu si organizzavano in ronde per saccheggiare dovunque. Il 6 novembre sia a Ruhengeri che a Gisenyi si scontrarono tutsi e hutu e di conseguenza il Belgio dichiarò lo stato di guerra. Solo dopo più di tre settimane i governatori e le forze belga riuscirono a prendere di nuovo il controllo anche se da lì in avanti si sarebbero schierati a favore degli hutu. Nel 1961 altri scontri nella regione di Butare causarono circa 150 morti tutsi e 22 mila rifugiati. Il 25 settembre, sotto gli occhi delle Nazioni Unite, si tennero le elezioni per una commissione costituente dalle quali gli hutu uscirono come chiari vincitori. Il 1 luglio del 1962 venne proclamata la Repubblica del Rwanda e fu concessa formalmente l indipendenza, e Grègoire Kayibanda, proveniente dalla prefettura Gitarama nel sud del Rwanda, divenne il suo primo presidente. Forte della schiacciante vittoria il neo presidente affermò: «la democrazia ha sgominato il feudalesimo» 13. Nel frattempo però, la differenza tra hutu del sud e 13 Bruneteau, Bernard. 2005, Il secolo dei genocidi. Bologna - Il Mulino, p Il termine Democrazia, in questo caso, è chiaramente riferita alla nuova leadership hutu, mentre si parlava di Feudalesimo riguardo al governo tutsi. 14

15 hutu del nord si faceva sentire sempre di più, per questo motivo il governo Kayibanda non aveva basi solide per guidare a lungo la nazione. Habyarimana al potere nel 1973 Era il primo giorno di luglio del 1962 e, secondo il governatore belga Harroy, fu il trionfo di una rivoluzione «assistita». Le prime incursioni dei rifugiati tutsi causarono dure rappresaglie sulla popolazione interna dei tutsi, inoltre nell inverno del 63 gli esiliati, che nel frattempo si andavano organizzando in quello che più avanti sarà il FPR (Front patriotique rwandais conosciuti anche come Khmer noirs) 14, scagliarono le prime offensive militari in Burundi. I massacri, organizzati alla perfezione e condotti alla presenza dello stesso esercito coloniale belga, provocarono diverse migliaia di morti. L attacco ebbe delle conseguenze durissime: il governo Kayibanda colse l occasione per eliminare sia le frange interne dei tutsi sia la popolazione hutu contraria ad esso. Con il regime di Kayibanda, l appartenenza a un etnia diventò un elemento determinante della vita sociale nonché un fattore decisivo per l accesso all impiego, all educazione e ai posti amministrativi; ma tale politica non piacque agli hutu più moderati che iniziarono a cospirare contro il capo della prima Repubblica. Nel 1972 il Presidente Kayibanda si trovò ad affrontare una forte crisi. Per risollevare i propri consensi fece leva su un sentimento che andava sempre più consolidandosi all interno della società, ovvero il patriottismo malato che veniva inculcato a forza di menzogne; perciò decise di scaricare ogni 14 Le prime notizie certe risalgono al 74, quando viene formata la RANU (Rwandese Refugee Welfare Foundation); l FPR si formerà ufficialmente solo nel 1987, ma alcuni testimoni ascoltati dal Tribunale della Gaҁaҁa affermeranno di conoscerlo già dai primi anni

16 responsabilità su coloro che chiamava inyenzi: gli scarafaggi tutsi. Tra l ottobre 1972 ed il febbraio 1973 la repressione divenne asfissiante: si organizzarono comitati di controllo e gli individui tutsi non poterono più entrare all interno dei vari settori della pubblica amministrazione né della scuola né dell università. La strategia del governo, tuttavia, non ebbe successo; inoltre le differenze tra gli hutu del sud e quelli del nord si allargarono a dismisura, tanto da favorire, nelle elezioni che si svolsero nel luglio del 1973, il più alto ufficiale dell esercito, vale a dire il Generale Juvènal Habyarimana, originario del nord del Paese. La seconda Repubblica nacque quindi con un ulteriore ondata di violenze. Il neo-presidente fece sentire da subito il suo peso e cercò di mostrare un certo distacco rispetto al regime precedente, facendone imprigionare e lasciandone morire di fame e di sete tutte le più alte cariche, tra cui lo stesso Kayibanda; quest ultimo, in particolare, era considerato per certi versi moderato e quindi contrario alla strategia della nuova leadership. Ma la repressione e le discriminazioni continuarono anche con Habyarimana: infatti, dei settanta politici facenti parte del parlamento, solo due erano tutsi; tutti i prefetti appartenevano all etnia hutu e nell esercito un solo ufficiale era tutsi. Nel 75, il Presidente introdusse le prime misure restrittive sul piano politico e dichiarò illegali tutte le fazioni ed i gruppi che non appoggiavano le logiche del suo nuovo partito unitario M.R.N.D. (Mouvement Rèvolutionnaire National pour le Dèveloppement), il quale si configurava come un vero e proprio partito totalitario. L apparato organizzativo del Presidente aveva il preciso compito, da un lato, di controllare ogni singolo abitante delle regioni del Rwanda e, dall altro, di far partecipare tutti gli hutu alla vita politica di controllo. Nonostante tutto, è da sottolineare che il periodo tra il 1973 al 1980 non registrò fatti sanguinosi e che, anzi, il Generale riuscì a portare un po di pace e di stabilità nel paese, anche se le ferite del conflitto erano evidenti. Questo periodo di tregua scaturì in parte dalla vicinanza di Habyarimana a Monsignor Vincent Nsengyumava, il quale fu arcivescovo di Kigali dal 1976 al Egli 16

17 era non solo un amico del Presidente, ma anche membro del comitato del M.R.N.D. 15. Le condizioni della minoranza tutsi, ad ogni modo, continuarono sempre ad essere critiche e controverse, soprattutto dal punto di vista politico e governativo: «non fare politica e sarai lasciato in pace». 16 Il Regime Habyarimana, riuscendo a portare la pace tra hutu e tutsi, garantì al proprio Paese perfino il sostegno economico della comunità internazionale e naturalmente tutto ciò consentì la circolazione interna di enormi somme di denaro. Secondo i dati del World Bank Yearly Development Report, tra il 1976 e 1990 il Rwanda migliorò di 12 posti nel ranking mondiale. Nel 1991 il 22% del PIL arrivò da sussidi economici (in gran parte provenienti da Francia, Germania, Belgio, Svizzera, Canada e Stati Uniti) 17, aumentò anche la popolazione tanto che in quegli anni gli abitanti sotto i 20 anni arrivarono a superare il 57% del totale. Ma questo periodo era destinato a finire e ciò avvenne alla fine degli anni Ottanta, quando gli sforzi della popolazione furono vanificati dall improvviso innalzamento del prezzo del caffè; il Presidente, messo ormai alle strette, continuava la sua politica e, pur accorgendosi che il suo regime era quasi del tutto demolito, iniziò a piazzare spie ovunque, vietò a chiunque di cambiare casa senza permesso e senza mezzi termini obbligò chiunque ad iscriversi al suo partito. A causa della forte flessione economica il Generale dovette cedere alle pressioni degli Stati creditori che chiedevano un governo pluripartitico; così nel 1990, in seguito ad un incontro fra Habyarimana ed il presidente francese Mitterrand, si optò per la liberalizzazione politica del Rwanda. 15 Per questo motivo, forse, la Chiesa non si pronunciò più di tanto sul ruolo dei suoi vicari in Rwanda, anche perché furono tanti i parroci e i vescovi che entrarono a fare parte dei consigli di partito. Linden parla a proposito di Chiesa serva dello stato. 16 Prunier, Gérard. The Rwanda crisis, New York: Columbia University Press, Prunier, Gérard. 97, pp

18 Il tracollo dell economia portò così alla fine della seconda repubblica; tutto questo mentre altrove, nel 1989, crollavano il muro di Berlino e il Comunismo mondiale. Nonostante il disordine e l instabilità che si generarono a livello nazionale ed internazionale, la minoranza tutsi continuava a non trarre vantaggi dalla situazione generale, tanto che il 1 ottobre 1990 il Fronte Patriottico Rwandese, guidato dal generale Fred Rwigema, intraprese l azione che successivamente avrebbe portato all invasione del Rwanda. Nel frattempo il giornale estremista Kangura pubblicava «I dieci comandamenti degli hutu». E più che mai servivano degli accordi di pace per fermare le violenze. Accordi di Arusha Le azioni di guerriglia del RPF furono accompagnate da trasmissioni propagandistiche dall'uganda attraverso la stazione radio Radio Muhabura, le quali accusavano il governo di Kigali di genocidio. Di contro, il 5 ottobre Habyarimana pronunciò un discorso alla radio nazionale, in cui spiegava che il nemico aveva attaccato in forze la capitale, avvisava quindi di stare attenti ai guerriglieri tutsi e decretava lo stato d assedio. Tanti furono i tentativi di stabilire un cessate il fuoco nei mesi successivi; il primo ad avere un risultato almeno temporaneo fu quello firmato il 13 luglio 1992 ad Arusha, in Tanzania (da non confondere con gli accordi siglati nel 93) e poi ad Addis-Abeba (Etiopia). In questo periodo iniziarono le trattative per l acquisto di armi e, in particolare, partì dall istituto di credito francese Crédit Lyonnais l ennesimo contratto, da 6 milioni di dollari, per la fornitura di armi al Rwanda. Tale materiale bellico fu poi fornito da parte del produttore di armi sudafricano Armscor. La segnalazione di nuovi massacri di tutsi in alcune zone del paese spinse il RPF a lanciare un offensiva l'8 febbraio Presa in maniera definitiva 18

19 Ruhengeri, il RPF si preparò per la seconda volta, dopo un tentativo fallito alcuni mesi prima, a marciare verso la capitale. Durante la loro avanzata nel paese i ribelli seminarono il terrore nella popolazione hutu, massacrando e razziando i civili, e causando oltre 1 milione di profughi. Nel luglio 1993 riprese l'azione diplomatica cominciata un anno prima ad Arusha, e alla quale contribuirono attivamente, per la prima volta, Francia e Stati Uniti. Due importanti incontri avvenuti in Rwanda il 19 e il 25 luglio stabilirono le basi per una soluzione definitiva del conflitto, che fu firmata il 4 agosto 1993 ancora ad Arusha. Gli "Accordi di Arusha", tra l'altro, prevedevano: Che tutti i Tutsi rifugiati fuori dal Rwanda potessero ritornare in patria. Che una maggiore presenza dell'rpf nell'esercito venisse formalizzata. Che fossero ridotti i poteri del presidente del Rwanda, trasferendone gran parte al Governo transitorio, un organo che comprendeva molti rappresentanti dell'rpf. Che una delegazione internazionale aiutasse a comandare e vigilare lo Stato del Rwanda. La firma definitiva del protocollo da parte del presidente Habyarimana e dal leader del RPF Alexis Kanyarengwe avvenne il 3 ottobre Ma la maggioranza hutu, che vedeva l'azione del RPF non come un tentativo di ristabilire i diritti dei tutsi nel paese, bensì come un tentativo dei tutsi di tornare alla loro antica posizione di supremazia, provocò non pochi episodi di malcontento. Dai comunicati del FPR e dalle trasmissioni di Radio Mille Colline si aprirono le prime avvisaglie di un inaudita violenza, generata anche dal fatto 19

20 che sia il Fronte Patriottico sia i movimenti Akazu e Hutu Power erano ormai sul piede di guerra. Il potere del Generale Dallaire, Comandante della Missione delle Nazioni Unite per l Assistenza al Rwanda (MINUAR), venne progressivamente diminuito e la sua voce completamente ignorata e anche quando, nel gennaio del 94, si trovò di fronte al traffico illegale d armi proveniente dalla Francia, gli venne ordinato dal Consiglio di Sicurezza di non intervenire. L occidente restò immobile a guardare e se pure gli Stati Uniti avessero avuto una minima intenzione di intervenire, a far cambiare idea agli americani fu la vicenda del 3 e 4 ottobre, quando diciannove soldati statunitensi furono uccisi in Somalia nel corso della battaglia di Mogadiscio. L America rimase a tal punto sconvolta di fronte alle immagini che arrivavano dal corno d africa che si preferì non agire, anzi di non accettare che ciò che stava accadendo in Rwanda non era un vero e proprio genocidio, ed anche l Onu in questa fase non accennò a voler occuparsi attivamente delle vicende rwandesi. 20

21 II. Genocidio e ICTR Alla fine, noi ricorderemo non le parole dei nostri nemici, ma il silenzio dei nostri amici. Martin Luther King, Jr. Il genocidio, tra disimpegno occidentale e fallimento delle missioni Peacekeeping ONU La situazione precipitò quando Melchior Ndadaye, presidente hutu del vicino Burundi, venne ucciso il 21 ottobre del Per gli hutu questo fatto rappresentò un occasione formidabile per favorire e fomentare l isteria, ormai dilagante, contro i tutsi. L indomani Kigali venne invasa dalle truppe dell RPF e la reazione da parte degli hutu fu di chiedere l interruzione degli accordi di Arusha. Mentre Kagame, comandante supremo del RPF, e tutte le milizie tutsi furono accusate dell assassinio di Ndadaye, nello stesso momento Akazu e Pawa elaborarono un piano di autodifesa civile, in virtù del quale distribuirono armi ai civili e iniziarono con il loro addestramento. All inizio del 94 gli accordi di pace vennero fermati; con molta fatica, venne formato un governo di transizione, ma la fazione del presidente Habyarimana, l Hutu Power, rifiutò di riconoscere un governo allargato al FPR. Altri fondamentali avvenimenti ebbero luogo nello stesso mese: a Kigali la MINUAR intercettò un aereo cargo, partito da Châteroux (Francia) 18, carico di 18 Secondo Prunier Gerard Habyarimana aiutò la Francia in affari illegali, perciò Mitterand appoggerà il suo regime. 21

22 munizioni destinate alle F.A.R. (Forze Armate Rwandesi), controllate dal Presidente Habyarimana; RTLM iniziò, senza mezzi termini, ad inneggiare all odio; fonti segrete del Generale Dallaire lanciarono l allarme circa l avvio imminente di un genocidio e, come se non bastasse, venne assassinato il leader del PSD (Partito Social Democratico) Félicien Gatabatzi 19. La situazione divenne incontrollabile e fu allora che il ministro degli esteri belga Willy Claes, nel corso di una visita ufficiale in Rwanda, chiese a Boutros- Ghali, segretario generale delle Nazioni Unite, di ampliare la Missione MINUAR, invitandolo a procedere il prima possibile: «Se la situazione dovesse effettivamente degenerare[ ]sarebbe inaccettabile, per l opinione pubblica, che i caschi blu possano diventare testimoni passivi di un genocidio» 20. La MINUAR, nel novembre del 1993, contava 2548 uomini, anche se ne sarebbero serviti più di 8000 ma il mandato 21 era molto restrittivo, dal momento che l utilizzo delle armi era consentito solo per autodifesa, anche se «la MINUAR prenderà ogni azione per impedire ogni crimine contro l umanità» 22. Il 29 marzo la riunione tenutasi a Kigali presidiata dal Colonnello Bagosora, capo di stato maggiore delle F.A.R., alla quale parteciparono anche il presidente Habyarimana e la moglie, preparò e organizzò, sotto la responsabilità dell esercito, l eliminazione degli infiltrati e degli oppositori. Lo stesso Bagosora dichiarò, qualche giorno dopo l incontro, che gli accordi di Arusha non offrivano alcuna garanzia e accenno alla possibilità di sterminare i tutsi. La sera del 6 aprile 1994 in Rwanda giunse la notizia dell abbattimento dell aereo presidenziale su cui viaggiavano Habyarimana e il nuovo presidente del Burundi Cyprien. La notizia colpì la popolazione e le milizie hutu accusarono 19 Il capro espiatorio era sempre il FPR ma fu il Pawa a commettere l omicidio, perché Gatabatzi svelava il doppio gioco di Habyarimana. 20 Des Forges Alison, 1999, Aucun tèmoin ne doit survive. Le genocide au Rwanda, Karthala. Parigi p Resolution 872 (1993): 22 Des Forges, 1999, p

23 il FPR dell accaduto, ma stavolta i principali sospettati erano proprio gli estremisti hutu e tutti coloro i quali credevano che il presidente rwandese fosse sul punto di attuare gli accordi di pace. Persino sulla moglie Agathe vennero avanzate accuse, apparve strana la decisione di ritornare in Rwanda in automobile dal Burundi quando invece seguiva in aereo il marito in ogni incontro. I massacri iniziarono la notte stessa, la notizia dell attentato non era ancora stata data nemmeno in radio e già le prime barricate venivano alzate in strada a Kigali. Lo sterminio fu totale, furono presi di mira sia i tutsi sia gli hutu democratici e a pagare le conseguenze furono anche molti soldati del contingente ONU. La popolazione civile trovò rifugio in alcuni campi ONU, ma la parte più rilevante della MINUAR restò in disparte, mentre si consumava la carneficina. Fu imposto a queste forze di non intervenire, in quanto ciò avrebbe compromesso il loro mandato di monitoraggio. Intanto il FPR ingaggiò vari scontri a fuoco con la Guardia Presidenziale a Kigali e RTLM divulgò la notizia che il FPR e i caschi blu belga fossero i responsabili della morte del presidente Habyarimana. Significativa, a questo punto, la telefonata di un funzionario Usa al generale Dallaire, questo stralcio rappresenta l intero atteggiamento dell ONU ma soprattutto quello degli Stati Uniti che non interverranno né con le Nazioni Unite né da soli: «[ ] Generale, il mio governo sta prendendo seriamente in considerazione l opportunità di intervenire in Rwanda a difesa dei civili», spiegò il funzionario USA «[ ] secondo un nostro sondaggio spiegò l uomo a Dallaire il cittadino medio degli Stati Uniti considera la morte di un nostro soldato un fatto di gravità equivalente alla morte di rwandesi» 23. Nonostante tutto Bill Clinton scrisse, pochi anni dopo, queste parole: «Let us challenge ourselves to build a world in which no branch of humanity...is 23 Scaglione, D. Istruzioni per un genocidio: Rwanda: cronache di un massacro evitabile, 2010, Roma. P

24 again threatened with destruction...to strengthen our ability to prevent, and, if necessary, to stop genocide» 24. In 100 giorni morirono circa 800 mila persone, pari al 10% della popolazione. Venne stroncata la vita delle persone, ma anche la futura classe dirigente dell intero paese, in quanto nel giro di poche ore, dopo l assassinio di Habyarimana, furono uccisi tutti i candidati politici che avrebbero potuto essere posti alla guida di un governo provvisorio. «Nonostante i metodi agricoli, l'indice di produttività del genocidio in Rwanda ha superato quello industriale dei nazisti. È durato solo di meno» 25. Il genocidio non fu una guerra tribale caotica e non controllabile come veniva definito al tempo dai media internazionali, ma venne caratterizzata da un grande ordine e da una perfetta organizzazione: «From what he told me, they were capable of killing about 1,000 Tutsi every twenty minutes, so this was an extensive organization, and that was our undoing (Colonel Luc Marchal: Comandante del settore di Kigali per la MINUAR)». 26 RTLM rendeva pubblico quotidianamente quali persone dovevano essere uccise e dove questi abitavano, e i borgomastri (sindaci) che non si attennero agli ordini furono eliminati. Radio delle mille colline era diventata perciò uno strumento per dirigere l'omicidio di massa. Le squadre di morte furono appoggiate da numerosi volontari che, in compenso, ricevevano aiuti economici (cibo e birra). Quello del Rwanda fu il genocidio più organizzato della storia, ma potremmo definirlo anche come il genocidio dei poveri in quanto, a causa dell indisponibilità economica del Paese, non furono usate armi da fuoco, bensì armi bianche importate dall estero o fabbricate direttamente in loco, in 24 Text of Clinton's Rwandan Address, 25 marzo 1998, estratto dal sito internet del network statunitense CBS, disponibile all indirizzo web 25 Cartosio Manuela. La fatica ordinaria del genocidio. Il Manifesto 28/09/04 intervista a Jean Hatzfeld. 26 Video "Chronicle of a Genocide Foretold," scritto e diretto da Dani Lacourse e Yvan Patry 24

25 particolare le mazze chiodate prodotte in Cina e l ormai tristemente famoso machete. Si stima che l unica fabbrica rwandese capace di fabbricare questo strumento arrivò a vendere nel solo febbraio del 1994 il quantitativo venduto nell anno precedente 27. Alla luce di questo fatto appare paradossale che la stampa internazionale, un po per evitare di allarmare l opinione pubblica, un po per non ammettere i fatti che stavano accadendo, userà l immagine del machete come simbolo di un massacro tribale, frutto solo di odi atavici, che non poteva essere né evitato né tantomeno fermato. «Il mito delle tre razze divenuto, poi, ideologia di stato ebbe per effetto l occultamento delle vere dimensioni dei conflitti di potere, e soprattutto delle vere ragioni che lo scatenarono, le quali si preparavano già nel periodo coloniale» 28. Il Tribunale Penale Internazionale per il Rwanda Varie Organizzazioni non governative in Rwanda avevano documentato una storia di abusi dei diritti umani che indicavano chiaramente la propensione alla violenza, se non al genocidio. Queste violazioni occorsero dopo l'indipendenza. Il carattere sporadico dei massacri perpetrati, apparentemente in risposta agli attacchi RPF, a danno della popolazione tutsi (compresi il massacro del popolo tutsi-babogwe in gennaio e febbraio 1991, i massacri di tutsi nella zona di Kibuye nell'agosto del 1992 e le stragi di Bugesera nel marzo 1992); la firma di ripetuti accordi di cessate il fuoco fra le parti; le continue interferenze 27 Des Forges, Fusaschi, Michela. Hutu-Tutsi. Alle radici del genocidio ruandese. Torino: Bollati Boringhieri, 2000 p.121; mio il corsivo. 25

26 internazionali da parte di Francia e Stati Uniti; tutti questi elementi resero molto difficile l applicazione della Convenzione di New York del Le violazioni dei diritti umani in Rwanda sono state monitorate ampiamente dalle organizzazioni internazionali fin dall'inizio del conflitto nel Questi documenti hanno notevolmente aiutato le loro controparti internazionali nelle indagini e li hanno portati a scoprire numerose violazioni dei diritti umani. Gérard Prunier afferma che queste organizzazioni erano forti «and well organized [...] and their militants were taking personal risks in gathering what were soon to become very precise and damning reports on the situation in the country». 29 Non era, tuttavia, sempre facile da capire chi avesse commesso le uccisioni, se le F.A.R., il RPF, l'interahamwe (quest ultime erano le milizie più temute dell ex partito M.R.N.D.. poiché ricevettero un vero e proprio addestramento militare 30 ), le bande locali o anche singoli individui. Era necessaria un'analisi precisa degli omicidi, atta a rivelare modelli e nessi causali. La forza Onu non ha compiuto questo tipo di analisi, né la sede delle Nazioni Unite. La maggior parte delle nostre informazioni sulle violazioni dei diritti, sia allora come oggi, viene da organizzazioni per la tutela dei diritti umani e dagli atti delle testimonianze dell ICTR e della Gaҁaҁa. Nei casi del Rwanda e dell ex-jugoslavia, si è costituita una corte penale internazionale ad hoc. Almeno in questo, le iniziative della comunità internazionale si sono rivelate decisive: sono riuscite a non lasciare soli i sopravvissuti, tenendoli aggrappati all idea che un ordine morale e sociale, dopo la catastrofe, poteva esser ricostruito. Il Tribunale Penale Internazionale per il Rwanda (ICTR dall'inglese International Criminal Tribunal for Rwanda) venne 29 Prunier, G. 1997, Rwandan Crisis, p Des Forges, 1999, p

27 creato l'8 novembre 1994 con una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Obiettivo precipuo di questo Tribunale, e proposito delle misure da esso adottate, è stato quello di contribuire al processo di riconciliazione nazionale in Rwanda e di mantenere la pace all interno del suo territorio; il suo compito da allora è stato quindi giudicare i responsabili del genocidio rwandese e di altre gravi forme di violazioni dei diritti umani, commessi sul territorio rwandese o da cittadini rwandesi negli stati confinanti, dal 1 gennaio al 31 dicembre Il Tribunale, che ha sede nella città di Arusha (in Tanzania), è composto da "quattro camere": tre di primo grado e una per l'appello. I giudici provenivano, e provengono tuttora, da varie nazioni, in rappresentanza dei 5 continenti; Presidente del tribunale era il norvegese Erik Møse mentre non ne ha mai fatto parte alcun giudice rwandese. L'accusa è divisa in due sezioni: la "Sezione Investigativa", che ha raccolto prove e testimonianze in collaborazione con le associazioni presenti sul territorio, e la "Sezione Prosecutoria", che ha condotto l'accusa nel processo. Il Tribunale Penale Internazionale per il Rwanda (ICTR) (il cui primo processo si è tenuto nel gennaio 1997) ha una giurisdizione: ratione materiae: genocidio, crimini contro l umanità, violazione dell articolo 3 della Convenzione di Ginevra. ratione temporis: crimini commessi tra l 1 gennaio e il 31 dicembre ratione personae et ratione loci: crimini commessi da Rwandesi in Rwanda e in territorio degli stati vicini, ma anche di non-rwandesi per crimini commessi in Rwanda Sito ufficiale Tribunale internazionale per il Rwanda. 27

28 Il mandato del Tribunale è stato prorogato dal Consiglio di Sicurezza fino al dicembre L ICTR ha emesso diverse sentenze storiche, tra cui il primo caso di condanna di un Capo di Governo per il crimine di genocidio. Il principale imputato fu, infatti, Jean Kambanda, Direttore dell'unione delle Banche Popolari del Rwanda, vicepresidente del Movimento Democratico Repubblicano e primo ministro ad interim dal 9 aprile 1994, tre giorni dopo l incidente aereo del presidente Habyarimana. Egli venne accusato di genocidio, partecipazione morale alla programmazione del genocidio, incitamento diretto e pubblico a commettere il genocidio, complicità nel genocidio e crimini contro l umanità, assassinio e sterminio; attualmente sta scontando la sua condanna all ergastolo in Mali. Il processo è stato il primo esempio in cui una persona accusata per il crimine di genocidio abbia ammesso la propria colpevolezza di fronte ad un tribunale penale internazionale. Epurazione razziale di Pauline Nyiramasuhuko e primi processi per stupro «Sono stata stuprata anche più di dieci volte in un giorno [ ] vanno nei villaggi e rapiscono tutte le donne a partire dai 13 anni, e poi le portano nel proprio covo [ ] siamo state costrette a guardare mentre uccidevano quelle che pesavano meno di 50 chili [ ] ho visto queste donne agonizzare e non potevo fare nulla per loro. Una cosa orribile». È la drammatica testimonianza di una delle vittime, Theresita. Di testimonianze, simili a questa, ne esistono purtroppo tante. La violazione delle donne fa dello stupro la più grande arma di terrore soprattutto nell ambito di un genocidio, se si considera la violenza carnale come strumento di epurazione razziale in quanto, partendo proprio dal sangue, testimonia in toto le nefandezze di un genocidio. 28

29 Si calcola che nel corso del genocidio rwandese siano state violentate tra le e le donne, non solo come tradizionale bottino di guerra e come forma di umiliazione del nemico 32, ma come vero a proprio strumento di sterminio; uno sterminio che avrebbe prodotto effetti sia nell immediato, sia a posteriori, tramite la diffusione di terribili malattie, prima fra tutte l HIV. Il ruolo delle donne nel genocidio rwandese fu cruciale; dopo la moglie del presidente Habyarimana, Agathe 33, un altra donna, Pauline Nyiramasuhuko, fu nominata Ministro della Famiglia e per le Pari Opportunità, ma non verrà mai ricordata per le sue iniziative sociali. La ministra hutu organizzò una serie di squadre di criminali, tossicodipendenti, stupratori e soprattutto malati di AIDS, mandandoli a stuprare e uccidere le donne tutsi 34. Così come avvenne pochi anni dopo in Bosnia e in Algeria, dove i regimi favorivano e ordinavano gli stupri, anche in Rwanda, la gravidanza forzata era funzionale alla pulizia etnica ; inoltre, sulle donne in gravidanza furono effettuate violenze supplementari, quasi a marcare la loro responsabilità di generatrici della stirpe considerata nemica 35 - una sorta di frontiera tra misoginia e razzismo. Non solo, ma gli stupri di massa erano accompagnati anche da mutilazioni genitali, femminili e maschili, per assicurarsi di eliminare l etnia in toto. Le proporzioni di questa malefica campagna furono immani: si calcola che oggi più dei due terzi delle vittime siano sieropositive. Oltre all enorme numero delle donne stuprate si aggiunge una questione ancor più deplorevole: la nascita di più di bambini generati dalle violenze. Tutte queste vicende sono state recentemente portate alla ribalta da Peter Landesman, giornalista del New York Times, il quale ha compiuto un reportage sul Rwanda intervistando molte persone testimoni di atrocità inaudite. Rose, in particolare, racconta di essere stata stuprata dal figlio di Pauline, Shalom, il quale ripeteva di aver il consenso di sua madre per stuprare donne tutsi. «Che le guerre siano accompagnate dallo stupro non è certo una novità nella storia umana, però scoprire che la violenza sessuale è stata usata in modo 32 Di Palma Sara Valentina. Lo stupro come arma contro le donne: l ex Jugoslavia, il Rwanda e l area dei Grandi Laghi africani, in Marcello Flores (a cura di), Stupri di guerra. Milano: Franco Angeli, 2010, p Agathe Habyarimana costituì il partito estremista Hutu dell Akazu piccola casa. 34 Di Palma S. V., 2010, p Y. Mukagasana, La morte non mi ha voluta, 1995, p

30 sistematico in una guerra dei nostri giorni ad opera di una donna, mette la nostra società veramente a disagio» 36. Pauline Nyiramasuhuko fu processata dal Tribunale dell ONU con undici capi d'accusa, diventando la prima donna ad essere imputata di stupro come crimine contro l'umanità. Non ha mai dato cenni di pentimento né di rimorso per ciò che fece 37 ed oggi passa la sua vita regolarmente nella cella del carcere di Arusha, in Tanzania. Anche suo figlio Arsene Shalom Ntahobali, all epoca studente, è stato riconosciuto colpevole e condannato all ergastolo, mentre altri 4 funzionari a processo hanno avuto pene variabili dai 25 anni all ergastolo. 38 Un altro imputato eccellente è Jean-Paul Akayeshu, allora sindaco della città rwandese di Taba, condannato all'ergastolo per il massacro di 2000 tutsi rifugiati nel suo municipio, per lo stupro collettivo delle donne tutsi e per la partecipazione diretta a diversi omicidi; attualmente sta scontando la sua condanna in Mali. Il processo riguardante l ex sindaco è forse il più importante, essendo stato il primo in cui un tribunale sia stato chiamato a interpretare la definizione di genocidio così come definita nella Convenzione per la Prevenzione e la Repressione del Crimine di Genocidio (1948). La sentenza Akayeshu affermava anche che lo stupro e l aggressione sessuale costituiscono atti di genocidio nella misura in cui siano commessi con l intento di sterminare, in modo totale o parziale, un determinato gruppo di persone. Essa ha rivelato che, nel caso del Rwanda, l aggressione sessuale costituiva una parte integrante della strategia di annientamento del gruppo etnico dei tutsi e che lo stupro era sistematico e perpetrato solo sulle donne di etnia tutsi, manifestando quella specifica intenzionalità richiesta da tali azioni per poter essere considerate reato di genocidio. Insieme a quelli che saranno i processi per la ex-jugoslavia, la sentenza e tutto l iter giuridico decretarono un cambiamento nell approccio alla violenza sessuale all interno della legislazione internazionale, facendo in modo che andasse a costituire, di per sé, un crimine contro l umanità. 36 Federico Bastiani, giornalista freelance su Pauline Nyiramasuhuko:La donna dal triste primato, articolo, pubblicato il su 37 Pauline Nyiramasuhuko:La donna dal triste primato, articolo di F. Bastiani pubblicato il su 38 Edizione de La stampa, sezione estera del 24/06/2011. La notizia risale, infatti, a poco tempo fa. 30

31 Si legge infatti negli atti del suo processo: «Sexual violence was a step in the process of destruction of the Tutsi ethnic group destruction of the spirit, of the will to live, and of life itself».39 Durante l ICTR lo stupro venne ufficialmente criminalizzato con due disposizioni, la prima collegata al concetto di crimini contro l umanità, la seconda riferita invece ai crimini di guerra. Esso diventava un atto di genocidio perché, di fatto, si considerava tale tutto ciò che era volto a causare gravi lesioni mentali o fisiche ai membri di un gruppo specifico: le donne tutsi venivano appunto violentate esattamente a causa della loro identità etnica. Tribunale tribale della GAÇAÇA Pian piano il governo rwandese decise di svuotare le prigioni che, ormai sull orlo del tracollo e in condizioni insostenibili, contavano 120 mila persone accusate di genocidio: ci sarebbe voluto più di un secolo per giudicarli tutti. Per affrontare la questione delle migliaia di accusati ancora in attesa di essere giudicati da parte del sistema nazionale, e per riportare giustizia e riconciliazione nella società, il governo del Rwanda ripristinò il sistema giudiziario tradizionale chiamato Gaҁaҁa 40, divenuto pienamente operativo nel Nel corso degli anni, questi tribunali hanno consentito di far uscire dal carcere la maggior parte delle oltre centomila persone che erano ancora detenute dopo quasi dieci anni dal genocidio. Quattro anni dopo l introduzione della Gaҁaҁa, tuttavia, le carceri rwandesi detenevano ancora oltre persone, creando un sovraffollamento spaventoso. Spesso i prigionieri che confessavano facevano ritorno a casa senza ulteriori pene (come documentato in diverse testimonianze, ciò poteva far sì che assassini e vittime si trovassero sulla stessa 39 The Prosecutor v. Akayesu, Case No. ICTR-96-4-T, Judgement, 2 September 1998, para Letteralmente: tribunale sui prati dove tradizionalmente tutti gli abitanti dei villaggi si riunivano per risolvere le controversie. 31

32 strada) oppure venivano condannati allo svolgimento di attività coattive. Generalmente nelle assemblee Gaҁaҁa i sopravvissuti raccontano di essere a conoscenza delle violenze sessuali avvenute, ma le vittime prendono raramente la parola. Dal canto loro, i detenuti confessano di aver fatto parte di gruppi di Interahamwe che compivano gli stupri, pur negando la loro partecipazione attiva. 41 I processi sul prato avvenivano in presenza di buona parte della popolazione del villaggio, la quale fungeva da organo giudicante, e in luoghi aperti così che chiunque potesse assistere alle udienze. La Gaҁaҁa non costituisce un sistema giudiziario equo né conforme agli standard internazionali; il primo Pubblico Ministero presso l ICTR, Richard Goldstone, ha comunque affermato che nel caso del genocidio in Rwanda, dove il numero dei responsabili equivaleva a quello delle vittime, il sistema Gaҁaҁa ha svolto un compito utile. Inoltre, i processi Gaҁaҁa hanno contribuito a promuovere la riconciliazione, dando modo alle vittime di apprendere la verità sulla morte dei loro familiari e ai responsabili di confessare i propri crimini, mostrare pentimento e chiedere perdono di fronte alle loro stesse comunità. La giustizia si è sviluppata, quindi, lungo due filoni indipendenti: quello nazionale, concretizzatosi attraverso i tribunali Gaҁaҁa, e quello del tribunale internazionale di Arusha, dove sono finiti sotto processo una decina di ministri del governo estremista, a partire dal capo Kambanda, oltre a sindaci, giornalisti, imprenditori, speaker, religiosi, esponenti del clan Akazu. Ad Arusha è stato giudicato anche l'uomo più potente fra i responsabili del genocidio, il colonnello Bagosora, il quale fieramente affermava: «I m planning for apocalipse», egli fu l esecutore materiale della volontà di sterminio della frangia estrema. Nessun altro tribunale internazionale ha mai raggiunto risultati tanto eclatanti. 41 Francesca Polidori in Rwanda: etnografie del post genocidio di Michela Fusaschi, 2006, p

33 III. Ruolo dei Media nella Campagna Genocidaria Gli inni all odio di Radio Télévision Libre des Mille Collines Passiamo ora all argomento che costituisce lo specifico oggetto di studio del presente lavoro, vale a dire il ruolo che i media locali hanno avuto nella campagna genocidaria e nell acquisizione del consenso da parte di quasi la totalità della popolazione rwandese. Ogniqualvolta accadono eventi così terribili, come massacri, genocidi e guerre, ciò a cui si fa riferimento per chiarire tali avvenimenti è rappresentato dall ideologia che c è dietro e soprattutto dalla volontà degli individui che li hanno attuati. Per spiegare tutta la violenza del XX secolo, partendo dal genocidio armeno e arrivando a quello perpetrato dai nazisti a danno degli ebrei, ci si basa, quindi, sulla connotazione politica ed ideologica degli avvenimenti. Certo è che questa esercita senza ombra di dubbio un influenza enorme sul complesso processo di formazione di determinati atti di violenza; ed è forse la ragione intrinseca dell ideologia stessa che permette il far sì che tali comportamenti, sia che si tratti di genocidio sia che si tratti di altre forme di crudeltà, si concretizzino rendendo, così, effettivo ciò che all inizio era solo in potenza. Anche tutto quello che avvenne in Rwanda nel 1994 è il risultato di una campagna ideologica, ben costruita e portata alle estreme conseguenze utilizzando i poteri dei mezzi di comunicazione. Ne abbiamo avuto già qualche esempio negli anni Quaranta, quando il regime hitleriano usò i media ed 33

34 essenzialmente la radio per propagandare e attuare la volontà del III Reich. In Rwanda, pur essendo un paese molto arretrato e lontano dalla tecnologia occidentale, il medium venne strumentalizzato per acuire un senso di disprezzo nato con la colonizzazione tedesca ed esploso con quella belga. Usare la radio per arrivare a tutta la popolazione al fine di rinsaldare l identità politica: tale strategia era funzionale all aumento del consenso e dell autorità degli estremisti hutu. «Fu proprio l identità politica costruita in un lungo processo storico [ ] a rappresentare il contesto per la decisione politica di un élite che cerca nel genocidio la consacrazione permanente del potere» 42. Timeline della campagna di comunicazione di RTLM Nel 1990 la stazione radiofonica nazionale, Radio Rwanda, sotto l influenza del partito maggioritario, iniziò ad emettere trasmissioni inneggianti all odio contro i tutsi. In questo importante momento il ruolo dei media cominciò a delinearsi e a diventare cruciale nella radicalizzazione delle masse. Il primo speaker a dar vita alla persecuzione mediatica fu Ferdinand Nahimana, professore di storia e direttore dell ufficio d informazione statale Rwandese, il quale già dagli anni Settanta aveva iniziato la sua personale lotta con i tutsi. Egli, in un comunicato durato poco meno d un quarto d ora, trasmise una dichiarazione nella quale venivano fatti i nomi di presunti collaboratori del Fronte Patriottico di Paul Kagame 43 che dovevano essere uccisi; la trasmissione diede poi inizio ai terribili massacri di Bugesera nel 92. Pochi anni dopo Ferdinand Nahimana, alcolista e drogato, Joseph Serugendo (ex tecnico radiofonico e militante dell Interahamwe) e Felicién Kabuga, con l aiuto dei membri dell Akazu, fondarono la stazione radio RTLM, la ormai tristemente famosa Radio Télévison Libre des Milles 42 Marcello Flores, Tutta la violenza di un secolo, Feltrinelli 2005, p Paul Kagame condusse sin dai primi anni della sua creazione il FPR, ne era il capo di stato maggiore e nel 1994 quando lo stesso Fronte liberò Kigali egli divenne il presidente del Rwanda. 34

35 Collines. Il continente africano non disponeva di tecnologie all avanguardia, ma grazie alle amicizie europee di Serugendo le componenti dell apparato tecnico arrivarono dalla Germania. La stazione trasmise per la prima volta, col nome di RTLM, dopo l estate del 93: «L'unico rimedio è lo sterminio totale, ucciderli tutti, cancellarli totalmente» 44, mentre Kangura, il giornale estremista, aveva iniziato la propria campagna già tre anni prima. La realizzazione della radio, organizzata già in una riunione di partito del 91, arrivò subito dopo i primi accordi di Arusha, con i quali il M.R.N.D.. aveva perso il controllo 45 di Radio Rwanda. Nonostante gli accordi, tuttavia, M.R.N.D.. e C.D.R. limitarono la possibilità di fare propaganda per tutti gli altri partiti politici. I due moderatori più famosi della radio dell odio erano Georges Ruggiu 46 e Valèrie Bemeriki. Dal luglio del 93 Hassan Ngeze annunciava che la voce del popolo di maggioranza, ovverosia la voce degli hutu, era nata e che sarebbe stata trasmessa quindi da Kangura e dalla Radio delle Mille Colline. Simon Bikindi, il cantautore rwandese conosciuto in tutto il centro-africa iniziava a scrivere canzoni contro i tutsi e furono questi stessi brani ad accompagnare le uccisioni. Bisogna ricordare che RTLM nacque, sì, per inneggiare all odio razziale, ma in primis gli estremisti di Power-Powa volevano soprattutto contrastare Radio Muhabura, che dall Uganda trasmetteva per il FPR e rassicurava il popolo di Kagame. Vale la pena sottolineare, però, che la Radio tutsi non aveva mai inneggiato all odio anti-hutu Questa era la filosofia di RTLM e di tutti gli estremisti hutu. 45 L M.N.R.D perse il controllo dell emittente solo sulla carta dato che gli accordi non vennero mai rispettati 46 Italo belga senza alcuna esperienza in ambito giornalistico; unico non ruandese ed essere stato imputato di fronte all ICTR. 47 Chrétien, 98 p

36 La nascita della Radio delle Mille Colline avvenne come radio libera, ma in realtà così poi non fu, dato che tutto il regime si scomodava per la sua messa in onda e il clan Akazu ne deteneva il totale controllo. Radio Rwanda arrivò a cederle le sue frequenze, precisamente la 106 e la 94 da qui nacque lo slogan, poi ripetuto fino alla noia, «106 di simpatia» 48 ; il fatto che la radio nazionale avesse ceduto alcune frequenze voleva dire che RTLM sarebbe arrivata in ogni angolo del Paese e anche nel vicino Burundi. Qualche tempo dopo, inoltre, grazie all aiuto del ricco Felicién Kabuga, il quale era industriale e consulente finanziario di Habyarimana 49, la Radio riuscirà a trasmettere persino dai ripetitori del monte Muhe, i quali appartenevano anch essi a Radio Rwanda. Il regime cospirava contro i tutsi e nel frattempo favoriva sfacciatamente la Radio dell odio. Vennero decise le fasce orarie in cui trasmettere e, per non entrare in concorrenza con la Radio nazionale, inizialmente RTLM mandava in onda i propri programmi nei buchi, ma nel giro di pochi mesi la piccola radio iniziò a trasmettere e a concorrere con la radio sorella. Nell elenco degli azionisti erano presenti i nomi più noti della scena rwandese e persino il cantante, Simon Bikindi, nel suo piccolo partecipava alle sovvenzioni. Dopo un po iniziarono a distinguersi le figure all interno dell organico della Radio: Jean Baptiste Bamwanga, il quale prima di passare a RTLM, nel 1992 aveva emanato il proclama che ordinava, da Radio Rwanda, lo sterminio di Bugesera e nel 1994 sarebbe diventato ancora più famoso con gli ordini di cattura e l incitamento al genocidio; Jean Bosco Barayagwiza, fondatore del C.D.R.; Noel Hitimana, licenziato dall emittente nazionale divenne un famoso giornalista di RTLM. Il maggio del 94 divenne il mese più cruento della storia: i cadaveri delle vittime arrivavano ai laghi trasportati dalla corrente dei fiumi, l aria risultava irrespirabile e le falde acquifere erano ormai infette a causa delle salme in 48 Sembra una presa in giro invece ogni trasmissione, ogni singola parola era funzionale all intento finale. 49 Melver, Linda. A people betrayed: the role of the West in Rwanda s genocide. London : Zed books, 2009, p

37 decomposizione. Eppure il regime estremista continuava ostinatamente a considerarsi vittima dai microfoni dell emittente e sembrava che tutta la comunità, sebbene responsabile delle violenze, fosse in realtà tranquilla per quello che faceva. Tutto ciò sarebbe incomprensibile senza l azione di una propaganda strutturata e potente, ora volta non più solo a stigmatizzare i tutsi, ma anche a legittimarne lo sterminio. La potenza della comunicazione fu tale da indurre quasi inconsapevolmente la popolazione a macchiarsi di un crimine così orrendo quale è il genocidio. Vennero sfruttate tutte le debolezze del popolo hutu, la debolezza che sta in un continente come l Africa è la mancanza di cultura, l emittente fece leva su quest aspetto e da qui «l ignoranza genera paura e la paura genera odio» 50. Il 14 maggio Ananie Nkurunziza, giornalista agguerrita di RTLM, fece uso dell emittente per giustificare i massacri commessi dai simpatizzanti della sua stessa radio in nome di una guerra partigiana; nello stesso momento, però, addossò al FPR la responsabilità del massacro di Kibungo. Conscio del potere affabulatore e coercitivo di RTLM, il FPR iniziò allora a bombardare l emittente e i danni furono tali che si decise di fondere la Radio di regime con quella nazionale ed entrambe continuarono la propaganda anti-tutsi. Gli appelli si fecero via via più crudi e diretti; l invito che veniva lanciato era a riempire le fosse comuni ancora mezze vuote e persino di non risparmiare le donne né tantomeno i bambini, i quali rappresentavano la futura progenie nemica. Tecniche comunicative e strategie persuasive Il progetto di eliminazione totale dell etnia tutsi da parte della maggioranza hutu trapelava già dai discorsi pronunciati in precedenza dai leader di partito attraverso i media. «Basterebbe leggere alcuni dei periodici rwandesi pubblicati 50 Graziella Priulla, Raccontar guai, Rubbettino, Soveria Mannelli, p

38 dopo il 1990, o ascoltare la programmazione trasmessa da RTLM dopo l estate del 93 per assistere alla cronaca di un genocidio annunciato» 51. I rwandesi si accorsero fin dall inizio che non era una semplice radio a trasmettere, bensì un mezzo di comunicazione che da subito fu caratterizzato da un taglio politico filo-hutu. Non si sentivano più le trasmissioni divertenti di Radio Rwanda; il vento di modernità che la radio nazionale aveva cercato di portare nel Paese negli ultimi anni andava via via dissolvendosi lasciando spazio a comunicati politici dal sentore razzista e liberticida. RTLM, che arrivava in ogni angolo del piccolo Paese, diventò ben presto la fonte primaria per diffondere l odio razziale contro i tutsi, man mano che la strategia degli estremisti hutu iniziava a prendere piede e gettava l intera popolazione in un alone di insicurezza più che tangibile. Basata su un campione di trasmissioni registrate, singoli giornalisti, animati dal sentimento razzista, crearono una programmazione della stazione tale da contenere la maggior parte delle dichiarazioni incendiarie spesso seguita da interviste di personalità di spicco della stazione stessa o da funzionari governativi. Le notizie prendevano meno del 2 % del tempo di trasmissione, mentre le istruzioni e direttive emanate dalla stazione meno del 3 %. Tre quarti del tempo era usato per fare dichiarazioni incendiarie le quali venivano mandate in onda quando non c'erano più ospiti in studio. Il broadcast introdusse anche il concetto della partecipazione degli ascoltatori che potevano telefonare alla radio per esprimere le loro idee, salutare amici e parenti, dedicare delle canzoni. La partecipazione degli ascoltatori fu elevata e quindi determinante. Il target principale della RTLM erano i giovani, i dissoccupati e i criminali comuni, che ben presto si trasformarono in accaniti fans; conquistare il cuore dei giovani era vitale alla politica del regime dato che componevano la maggioranza delle milizie genocidarie. 51 Jean-Pierre Chrétien, Rwanda: propaganda di un genocidio in I media dell odio, reporters sans frontieres, EGA 98 p

39 La forza comunicativa dell emittente stava nel linguaggio strutturato ad hoc contro la popolazione nemica, i termini codificati racchiudevano in sé tutto il sentimento d odio che il regime voleva trasmettere per creare consenso: inkotanyi per il FPR, inyenzi, scarafaggi, per tutti i civili tutsi, assimilati sempre più spesso agli animali: «gli inkotanyi cominciano ad abbaiare» 52, e ibytso, cioè complici, riferito a tutti gli oppositori hutu, tutsi e persino ai belga della MINUAR; ogni comunicazione conteneva almeno uno dei termini sopra elencati. L'analisi del contenuto ha rivelato che ogni volta che la RPF avesse fatto progressi, il tenore delle trasmissioni sarebbe cambiato, diventando più estremo e più sfacciatamente ostile. Il livello di contenuti infiammatori iniziò a salire nel mese di gennaio 1994 ed è aumentò costantemente fino a marzo. Con l'assassinio di aprile il presidente Habyarimana, il livello raggiunse nuove vette e continuò a crescere costantemente fino a giugno quando divenne evidente che la RPF stava vincendo la guerra, ciononostante la radio incitava al massacro. Un altro importante mezzo di propaganda furono le manifestazioni pubbliche, gli incontri, organizzati dall Akazu e dalla Reseau Zero o meglio Network Zero, che venivano pubblicizzati dalla radio, nei quali le esortazioni alla violenza e alla partecipazione della maggioranza hutu non mancavano. La Reseau Zero era un associazione massonica segreta che voleva bloccare la democratizzazione ed accorpava tutti gli organi più estremisti, dal F.A.R. al C.D.R.. A quanto pare, il termine zero voleva indicare il numero dei tutsi che sarebbero dovuti sopravvivere dopo la loro azione. Lo stesso Reytjens, professore di Diritto e Politica africana, conferma l esistenza di queste vere e proprie squadre di morte. L associazione riteneva che «la democratizzazione rappresenta una minaccia mortale» RTLM broadcast, comunicazione del giugno 94 di Ananie Nkurunziza. 53 Reyntjens Filip, Evolution politique au Rwanda, 95 p

40 Ciò che fomentava l odio erano i discorsi, ben studiati, psicologicamente attraenti e velenosi dei membri del Network Zero, immediatamente precedenti a numerosi massacri di civili tutsi. Nel novembre del 92, il leader del M.R.N.D.., Leon Mugesera, esortò brutalmente la folla a prendere le armi contro i loro vicini tutsi nella piazza di Gisenyi: «Cosa aspettiamo a liberarci di queste famiglie? [ ] l errore fatale nel 59 è stato di lasciarli uscire [ ] dobbiamo agire, bisogna liquidarli tutti» 54. Il discorso fu poi trasmesso per radio e qualche giorno dopo, l allora ministro della giustizia, emanò un ordine di cattura nei confronti di Musegera, il quale, tuttavia, sfuggì misteriosamente all arresto. Ma le avvisaglie non partirono col discorso del vice presidente del MRDN; infatti già nel settembre del 92, la radio trasmetteva ripetutamente il memorandum del nemico del Paese, un vero e proprio elenco delle caratteristiche da prendere in considerazione per identificare il nemico tutsi. Se si analizzano a fondo gli avvenimenti accaduti sembra, anzi è certo, che la missiva inviata dall ex direttore dell ONIFOR al presidente Habyarimana, nell agosto del 92, con la quale avvertiva la presidenza e gli organi competenti della formazione di una società segreta, appunto la Reseau zero, non venne presa minimamente in considerazione. La stessa fu motivo di scherno da parte degli estremisti. Le parole che sancirono l inizio del genocidio e che nessuno inizialmente comprese fino in fondo, furono quelle che il 7 aprile 1994, vale a dire il giorno dopo l attentato ad Habyarimana, Jean Kambanda, Primo Ministro del governo provvisorio, pronunciò dopo aver radunato una folla hutu: «Il nemico usa la sua pistola, è necessario rispondere al fuoco, andate dietro la linea del fronte, trovate i loro complici. Sparare per uccidere! Ognuno deve avere la sua pistola, non abbiate paura di usarla». 54 Citato in Prunier, 09 p

41 Quello che poi sarà definito come genocidio iniziò nell aurora del 7 aprile; i massacri seguirono una doppia logica, da una parte politica e dall altra razzista. Ci troviamo al cospetto di una propaganda pensata e progettata nel dettaglio e non di fronte ad una strategia dettata dal semplice odio. Siamo davanti a un breviario dell odio distillato con cura da professionisti del mezzo audiovisivo: 55 Il est 16 h 22 à Kigali, dans le blindé de la RTLM. Sono le a kigali, nel bunker della RTLM Avis à tous les cafards qui nous écoutent. Avviso a tutti gli scarafaggi in ascolto. Le Rwanda appartient à ceux qui le défendent vraiment. Il Rwanda appartiene a coloro che lo difendono veramente. Et vous, les cafards, vous n ètes pas des Rwandais. E voi scarafaggi, voi non siete Rwandesi. Tous se sont maintenant levés pour combattre ces cafards : Tutti ora si sono sollevati per combattere questi scarafaggi : Nos militaires, la jeunesse, les vieux et meme le femmes. i nostri militari, I giovani, i vecchi e persino le donne. Les cafards n auront pas d issue. Gli scarafaggi non avranno scampo. Notre chance, c est que les Tutsi ne sont pas nombreux. La nostra fortuna, è che i Tutsi non sono numerosi. On les évaluait à 10% de la population. Ils ne sont plus que 8%. Avevamo stimato che fossero il 10% della popolazione. ora sono solo l 8%. Poi partiva il coro apparentemente gioviale dello speaker: Réjouissons-nous, mes amis, les cafards ont été exterminés. Rallegriamoci amici miei, scarafaggi sono stati sterminati. 55 Chrétien, 98 p

42 Réjouissons-nous, mes amis, Dieu n est jamais injuste. Rallegriamoci amici miei, Dio non è mai ingiusto. E si proseguiva con la legittimazione e la giustificazione degli stermini: Si nous exterminons les cafards définitivement, Se noi sterminiamo definitivamente gli scarafaggi, personne au monde ne viendra nous juger. Nessuno al mondo ci verrà a giudicare. 56 L atmosfera che gli incitatori-speaker di RTLM riuscivano a creare era tetra. Tutte le comunicazioni avevano il chiaro intento di favorire una guerra civile totale. Il broadcaster dava voce solo alla frangia più estrema del Pawa e sempre più la radio «assunse il compito dell appello al popolo» 57 per compiere le violenze. I giornalisti, che prima lavoravano a Radio Rwanda, diventarono anch essi militanti e ciò permise la massiccia partecipazione del popolo di Kambanda alle svariate mobilitazioni popolari proposte dalla Radio, dai cui microfoni ci si congratulava con gli hutu vicini al regime, si promettevano armi e viveri e si ordinava a tutti i contadini di avere una zappa e soprattutto un fucile. 58 Nel mese di giugno i due giornalisti, V. Bemeriki e G. Gahigi, i quali trasmettevano ormai da un furgone dotato di parabola per la trasmissione mobile, iniziarono a condannare ogni forma di negoziazione 59 con gli scarafaggi tutsi e, cogliendo l occasione, li coprirono ancora una volta di minacce, insulti e menzogne, arrivando ad accusarli poi anche di corruzione e di crimini contro lo Stato. 56 RTLM broadcast, trasmissione di domenica 19 giugno 1994, reperito in Arte canale francese. 57 Chrétien, 98 p RTLM broadcast, comunicazione del 13 maggio, citato in Chrétien, Non tutta la popolazione hutu era favorevole allo sterminio dei tutsi ma veniva ordinato loro di farlo, pena la sevizia e lo stesso assassinio. Verso gli ultimi giorni, quando i morti sfioravano gli 800mila, molti hutu si rifiutarono di compiere le violenze e pagarono con la morte e il carcere. Per i più moderati uccidere voleva dire sopravvivere. 42

43 A differenza dei supporti di stampa, la radio fu da subito, se pur due anni dopo Kangura, presente e attiva. Il potere della voce umana, ascoltata dalla Camera, quando i nastri di trasmissione erano mandati in onda sia in francese che in Kinyarwanda, raggiunse il 29% della popolazione che possedeva un apparecchio e aggiunse una dimensione al di là della qualità dell intrattenimento e del linguaggio per il messaggio trasmesso. Ma ciò che provocava la nevrosi della frangia estrema era l ossessione dell «infiltrazione» 60 del tutsi nella società: «i tutsi non vogliono sentir parlare di etnie [ ] questo discorso per loro è perdente [ ] si ostinano dunque a dire che il problema non esiste per infiltrarsi» 61. Attraverso un gioco di ripetizione, di bugie e false rappresentazioni della realtà e della paura, i media furono usati come mezzo per costruire costrutti morali e culturali che alla fine diventarono caratteristiche permanenti nella popolazione. Il carattere ridondante delle comunicazioni e delle dichiarazioni incendiarie contribuirono in modo significativo ad alimentare un clima di intolleranza e trasformò, inconsapevolmente, il popolo in agenti della distruzione della società rwandese. Sostegno e incitamento delle milizie Nulla fu lasciato al caso; persino l umore dei miliziani stava a cuore dell entourage del regime e di RTLM, tanto che Kantano Habimana, lo speaker più ascoltato e famoso di allora, prometteva decorazioni per le azioni di guerra e consigliava ai più giovani di usare la canapa indiana così da farli rallegrare: 60 M. Fusaschi, RTLM broadcast, comunicazione del 14 giugno di G. Gahigi, citato in Chrétien, 98 p

44 «Fumate pure questa piccola cosetta e all altro riservate una sorte terribile, che i fornitori vi approvvigionino in grande quantità, perché siate più accaniti nel combattere per il nostro caro paese» 62. Lo stesso Kantano, a genocidio iniziato, quando Kigali stava per essere presa, non nascondeva la sua gioia davanti agli stermini compiuti, anzi l esultazione per il successo della pulizia etnica era tale da essere ironica e soprattutto vendicativa. Aprendo la trasmissione intonando l ormai triste canto degli anni Settanta, il 2 luglio affermò: «Gli inyenzi-inkotanyi volevano fermare ogni forma di vita nel paese [ ] questa gente - come ha detto il mio amico Gahigi - sono dell Anticristo, sono gente molto malvagia. Non so come ma Dio ci aiuterà a sterminarli tutti. Ma continuiamo a sterminarli perché i nostri bambini non sentano più parlare di inkotanyi [ ] Sono stati massacrati. Venite a cantare: Venite cari amici, congratulazioni! Gli inkotanyi sono stati sterminati [ ] Dio è giusto» 63. A sterminio iniziato, le denunce da parte del governo di transizione contro la radio-trasmittente e contro le sue trasmissioni furono innumerevoli. Il ministro dell Informazione Faustin Rucogoza, moderato, si appellò più volte ai responsabili della stazione radiofonica per fermare i programmi che diffondevano l odio razziale. Ma nessuno rispose mai alle sue accuse, anche in considerazione del fatto che la stazione radio aveva dei patroni potenti (uno degli azionisti maggiori era il Presidente Habyarimana stesso, altri azionisti erano Thèoneste Bagosora e, come già detto, persino il cantante rwandese più famoso, Simon Bikindi, diede il suo appoggio). 62 RTLM broadcast, comunicazione del 28 maggio K. Habimana, citato in Chrétien, RTLM broadcast, 2 Luglio 1994, citato in: Chrétien, 98 p

45 Ordini di cattura e accuse al contingente belga Durante il genocidio, RTLM diventò lo strumento di comunicazione più importante in mano agli assassini; i suoi moderatori, informati direttamente dall Interahamwe, emettevano le liste delle persone che dovevano essere perseguitate e uccise. La radio accusava addirittura il contingente belga di aver ucciso il Presidente; l isteria di giustificare il regime era ormai incontrollabile: «Questi banditi belgi hanno commesso molte atrocità e meritano una punizione. Noi rwandesi non potremo mai dimenticare che questi banditi hanno ucciso il presidente da noi tutti amato. I belgi dalla pelle rossa si sono comportati come bestie. Dovrebbero pagare per i loro atti» 64. Le forze di pace monitorarono alcune di queste trasmissioni radiofoniche, ma fu difficile prenderle sul serio e considerarle autorevoli e credibili, perché erano così estreme da sembrare folli. 65 Il generale Romèo Dallaire, comandante dei caschi blu della MINUAR, all inizio del genocidio chiese parecchie volte alla sede centrale di New York l autorizzazione per distruggere i trasmettitori della stazione radio o per lo meno di fermarle in virtù del Patto Internazionale relativo ai diritti politici e civili 66. Le Nazioni Unite a loro volta, inviarono la richiesta agli Stati Uniti i quali, però, a causa dei costi troppo elevati per il volo dell aereo militare (stimato in dollari l ora) e con la scusante di non volere violare la sovranità nazionale del Rwanda, non appoggiarono la richiesta di distruzione. Il Pentagono non volle investire i fondi necessari all eliminazione dei trasmettitori nonostante ogni giorno fossero uccisi tra gli e i rwandesi RTLM broadcast, 26 Maggio Ananie Nkurunziza 65 Report del Segretario generale sulla situazione in Rwanda, S/1994/640, 31 Maggio 1994 (para. 11) p Si tratta del Patto adottato dall Assemblea generale delle ONU nella sua risoluzione 2200 del 16 dic 1966 ed entrato in vigore nel 76. Il Patto fu firmato e ratificato da Burundi, Jugoslavia e Rwanda. 67 Dallaire Romèo, Shake hands with the devil, The failure of humanity in Rwanda, Carroll & Graf Publishers, New York, 2003, p

46 Il genocidio del machete in Rwanda, solo all apparenza primitivo [ ] è insieme forma di un organizzazione sociale di una tecnologia che fonde tradizione il machete e innovazione la Radio Télévision Libre des Milles Collines [ ]. 68 Si tratta di una radio moderna, che ricerca una comunicazione interattiva toccando tutte le passioni che possono rafforzare i semplici slogan. Il tono beffardo dissimula appena, anzi tradisce, la virulenza trattenuta dagli ascoltatori militanti. Tribuna e eco di un genocidio seguito in diretta. 69 L esistenza di determinati avvenimenti così tragici rende ulteriormente improrogabile una riflessione su come si possano fermare determinati atteggiamenti o, nei casi analoghi al Rwanda, come si possa intervenire su aziende mediali e, soprattutto sulle emittenti radiofoniche 70, che concorrono a creare ideologie o episodi tendenti allo sterminio o all odio. Chi può dire ora, a più di quindici anni dai fatti rwandesi, se i massacri perpetrati in quella regione avrebbero avuto la stessa consistenza e ampiezza nel caso in cui fossero stati denunciati dalla comunità internazionale e quindi fermati. La parola genocidio è evitata tanto dai Paesi che lo commettono, quanto dalla comunità internazionale, che preferisce soprassedere per evitare di intervenire. Gli Stati Uniti furono tra i maggiori Paesi a non voler ammettere ciò che stava succedendo; in una conferenza stampa del 28 aprile una portavoce del Dipartimento di stato Christine Shelley, va ben oltre il ridicolo 71, Shelley: We have every reason to believe that act of genocide have occurred, il reporter Elsner chiese allora: 68 Marcello Flores, 2005 p Chrétien, 98 p La radio è, per definizione, più immediata di qualunque altro medium, il giornale, specialmente in Paesi arretrati quali in Rwanda, è destinato ad individui colti e scolarizzati e questa peculiarità appartiene più che altro ai ceti altolocati. 71 Daniele Scaglione, 2010 p

47 How many act of genocide does it take to make genocide?, la Sig.ra Shelley alle strette rispose: That s just not a question that I m in position to answer. 72 Giornale: Kangura La trattazione si rivolge ora verso il secondo mezzo di propaganda che influenzò i massacri del 1994, cioè il giornale noto come Kangura. Il titolo, che si può tradurre dal Kinyarwanda con «Sveglialo», era riferito all orgoglio hutu, il quale doveva essere, per l appunto, svegliato così da agire in modo deciso e violento nello scacciare il nemico tutsi. Verranno riportati stralci di articoli della rivista stessa, che è possibile pubblicare senza alcuna concessione dato che tutti i fondatori e gli scrittori della redazione, essendo stati accusati di genocidio, attualmente stanno scontando la loro pena all ergastolo e, di conseguenza, i diritti di copyright cessano di esistere. Tecniche comunicative e strategie persuasive Il giornale nacque qualche anno prima di RTLM, nel 1990, la sua propaganda fu spietata e colpì nel segno; anche se non del tutto, l odio degli hutu contro i tutsi partì proprio dalle parole e dalle vignette riportate negli articoli di questo giornale, rozzo nella manifattura e nell impaginazione, ma alquanto raffinato nelle tecniche di comunicazione. Kangura era redatto in kinyarwanda e in francese e, nonostante solo il 30% della popolazione rwandese sapesse leggere, il giornale riuscì a raggiungere tutta la popolazione, sia perché veniva declamato in 72 News service della Casa Bianca, 10 giugno 1994, l intervista è citata da A Problem from Hell di Samantha Power. 47

48 piazza sia perché vignette denigratorie contro tutsi e oppositori politici erano facilmente interpretabili; le illustrazioni, infatti, erano fatte in modo da essere comprensibili per chiunque, lo stile usato era ironico e satirico ma nascondeva un terribile piano di violenza. La strategia comunicativa fu determinante, se si considera che in un paese come il Rwanda, dove la maggior parte della popolazione non sapeva leggere né scrivere, era impensabile che la carta stampata avesse recitato un ruolo da protagonista nella persuasione alla violenza. L uso delle vignette e dei cartoon sopperì, quindi, alla mancanza di cultura e di istruzione della popolazione rwandese. Uno dei primi articoli apparsi sulla rivista indipendente riportava, anziché fatti di cronaca, la storia del Rwanda e della sua popolazione riletta secondo l ottica degli estremisti: «nella storia del Rwanda i primi arrivati furono i Batwa (Pigmoidi) che si consacrarono alla caccia e alla raccolta; in seguito sono arrivati i Bahutu(Bantu) che hanno abbattuto la foresta per coltivare e che hanno stabilito un'organizzazione sociale; infine sono venuti i Batutsi (Nilotici, Etiopi) che si sono dedicati all'allevamento. Perché si vuole cambiare la nostra storia? Chi ha il diritto di cambiare la storia del paese?» 73. Il riferimento agli hutu come coloro che disboscano la foresta ci fornisce la rappresentazione di un popolo che ha segnato in maniera simbolica ma decisiva la civilizzazione di un luogo in cui prima non si poteva vivere. L uomo hutu viene rappresentato come portatore di civiltà e di impegno per costruire una nazione. Quando invece ci si riferisce ai tutsi, se ne parla come di un popolo arrivato a posteriori, che dipenderebbe, quindi, per natura storica dagli hutu; da una rappresentazione così estrema deriva, così, che il tutsi non ha poteri né tantomeno può cambiare le sorti della nazione. L elemento possessivo è importante per spiegare il sentimento di patriottismo che sarà usato, dal potere 73 Passo tratto dal periodico estremista Kangura, del novembre Citato in Michela Fusaschi, 2000, 48

49 hutu e da tutti i media, per avvalorare le azioni contro la minoranza batutsi. Già dai primi articoli il giornale tracciava le sue linee guida, la filosofia predominante era l odio, l obiettivo era la distruzione totale. L influenza di Kangura fu tale da creare un vero e proprio vocabolario del genocidio. Erano presenti parole come kurimbura e gutsemba (al massacro!), gutsembatsemba (lo sterminio), Kumara (per mangiare), gutikiza e gusakumba (da pulire), kumarira kw'icumu (a lancia), gutema (per tagliare), altri legati al lavoro il quale era inteso dalla rivista come il modo e l approccio rivolto al genocidio stesso; i rwandesi erano per lo più contadini quindi la parola lavoro in qualche modo legittimava e dava un senso a ciò che stavano facendo. Furono introdotti termini come gukora (al lavoro!) che ormai era più uno slogan, ripreso persino da RTLM, ibikorwa (il lavoro), ancora ibikoresho (il lavoro), abakozi (i lavoratori) coloro che servivano il Paese, umuganda (lavoro comunale) la quale sanciva l utilità delle uccisioni; e parole per le pattuglie notturne, i Rondo, e la guerra popolare, intambara e y'abaturage. La strategia comunicativa della rivista, fatta di mezze verità, bugie e minacce, accrebbe il suo potere e la sua influenza tanto da creare una nuova e orrenda tendenza: fecero di tutto per considerare il massacro come dovere patriottico e lavoro. Nel 1994, i media usarono un linguaggio e degli strumenti con i quali convincere la popolazione a intraprendere azioni la cui violenza sarebbe servita come forma di autodifesa. Timeline della campagna di comunicazione di Kangura La rivista Kangura uscì per la prima volta a Kigali all inizio del 1990, in sostituzione di un vecchio giornale attivo dall 88, Kanguka, su idea di Madame Agathe Kanzinga, che può essere definita come la Lady Macbeth del Rwanda, e dell Akazu. Essa, in breve tempo, divenne lo strumento propagandistico più 49

50 efficace a disposizione degli estremisti, i quali potevano servirsi anche di altri organi come l Umrava Magazine, l Echo des milles collines e Kamarampaka. Durante l intero periodo della sua pubblicazione il giornale ha sempre rivangato la sua utilità sociale e di come esso fosse fonte di aggregazione e di riconciliazione; quasi in ogni articolo, infatti, erano presenti parole del genere: «Da quel momento, la verità predicata dal Kangura ha svolto un ruolo notevole nella riconciliazione di hutu e il ritorno di coloro che erano stati tratti in inganno. Oggi, fratelli hutu da parti diverse si incontrano, discutere e condividere un drink» 74. Inoltre, quasi come a voler giustificare e avvalorare il proprio compito all interno della società, ripeteva più volte che: «Kangura ha risparmiato gli sforzi e ha detto tutto: La storia ci ricompenserà [ ] abbiamo dimostrato coraggio e il tempo ci ricompenserà» 75. Kangura era sempre egregiamente informato ed in poco tempo divenne uno strumento informativo molto credibile. La sua forza stava nel fatto che i giornalisti, poiché in molti casi militavano nei partiti già da lungo tempo e, quindi, erano continuamente aggiornati su tutto ciò che avveniva nel paese, riversavano nelle pagine del giornale tutta l ideologia dei partiti. Il C.D.R. e il M.R.N.D.., inoltre, finanziavano tutta la redazione e questa assicurava la completa aderenza della linea editoriale a quella che era la loro filosofia politica. Potremmo paragonare l azione del giornale con il ruolo giocato in Germania dal movimento nazista attraverso il giornale Volkiscer Beobachter che, già dal marzo 1920, richiedeva una «soluzione finale» Kangura No. 54, gennaio 1994 scritto da Hassan Ngeze 75 ibidem 76 Chrétien, 98 p

51 Gli articoli di Kangura rimbalzavano di regione in regione e, persino durante i raduni dell Interahamwe, il tema centrale e la fonte di spunto per ogni manifestazione erano sempre forniti dalle notizie riportate sulla rivista; Kangura sapeva, quindi, chi doveva essere incarcerato o ucciso, chi perseguitato o corrotto. L editore e fondatore della rivista era Hassan Ngeze 77, il quale iniziò a scrivere subito dopo essere stato rilasciato dalla Corte di Sicurezza dello Stato, venne arrestato con l accusa di prendere i tutsi come capro espiatorio dell ingiustizia sociale, ma fu scarcerato qualche mese dopo. Egli, con i suoi articoli, era capace di mobilitare le masse contro i tutsi e soprattutto contro i fratelli hutu moderati facendo leva sul sentimento nazionalista insito nei Bahutu più estremisti. Da notare che l argomento principale del giornalismo rwandese e della rivista era rappresentato non tanto dalla politica (sebbene, come già detto, i finanziatori fossero d'accordo con M.R.N.D. e C.D.R. e godessero perfino del supporto del presidente Juvénal Habyarimana, nel loro obiettivo di attaccare o ridicolizzare i partiti di opposizione come il PL - Partito liberale - e P.S.D. - Partito Social Democratico -), quanto dalla propaganda etnica, se si considera che Kangura, così come RTLM, ha sempre insistito nel costruire un contesto razziale, che raffigurasse l'rpf e il gruppo etnico tutsi come un unico inscindibile insieme di uomini vili e traditori. Politicizzare la storia del Rwanda per renderla funzionale alla propria agenda, fatta di istigazioni alla violenza e di irritanti tensioni etniche in un paese già instabile, voleva dire cominciare una sorta di conto alla rovescia in vista di una deflagrazione che avrà nel 94 il suo picco maggiore. Ritornando a Ngeze, la sua pubblicazione più famosa fu l "Appello alla coscienza hutu", meglio conosciuto con il titolo del suo pezzo principale, «I dieci comandamenti hutu». Esso, pubblicato nel dicembre 1990, accusava i tutsi 77 Dichiarato colpevole e condannato all ergastolo per sobillazione al genocidio dalla Corte di Giustizia dell ICTR nel dicembre

52 di essere violenti e di utilizzare due armi particolari contro gli hutu: il denaro e le donne. Il contenuto dei comandamenti riportava quanto segue: «Ogni muhutu deve sapere che la donna tutsi ovunque sia, lavora al soldo della propria etnia. Di conseguenza compie tradimento il muhutu che sposa, fa sua concubina, segretaria o sua protetta una donna tutsi [ ] chi entra in società per affari con un batutsi, chi investe il proprio denaro o il denaro dello Stato in un impresa batutsi [ ]. Cessino i bahutu di avere pietà dei batutsi. [ ] I bahutu all interno del paese e all estero devono cercare costantemente amici e alleati per la causa hutu, a cominciare dai loro fratelli bantu. Devono costantemente contrastare la propaganda tutsi. I bahutu devono essere fermi e vigili contro il nemico comune tutsi. [ ] L ideologia hutu deve essere insegnata a tutti i mahutu e a tutti i livelli» 78. Gli hutu erano riusciti negli anni a creare e a legittimare un noi-hutu, che essi definivano nei termini di popolazione-nazione rwandese e che diveniva sempre più evidente. Era il gennaio del 92 e Hassan Ngeze veniva raffigurato come il cristo degli hutu perseguitato dal FPR, che in una didascalia 79 arrivava a dire: «Fate quel che volete. Uccidetemi [ ] quando il popolo maggioritario lo verrà a sapere, il Rwanda sarà ridotto in cenere» 80. Nello stesso mese venne riportato un articolo sconvolgente: fu pubblicato, infatti, un progetto di colonizzazione che, a detta dell autore, era stato scoperto nel Kivu il 6 agosto 62, il quale denotava la volontà dei tutsi di impadronirsi di tutta l Africa centrale con l aiuto dei tutsi del Burundi e del presidente Museveni; il ricorso alle fandonie era spesso usato, il motivo che spinse il direttore di Kangura a pubblicare l articolo era la volontà di rivangare stereotipi sociali premonarchici, una sorta di «protocollo dei savi di Sion» attribuito ai tutsi Citato in Jean-Pierre Chrétien, Rwanda: propaganda di un genocidio in I media dell odio, reporters sans frontieres, EGA 98, p Vedi Figura A in appendice. 80 Chrétien, 98 p Chrétien, 98 p

53 Nel 92 Ngeze continuava ad inneggiare al potere degli hutu sul Rwanda, ma questa volta si rivolge agli «Hutu di tutto il mondo» 82 : «Riscoprite la vostra etnia, perché sono i tutsi ad insegnarvi a misconoscerla. [ ] Sappiate che una minoranza superba e sanguinaria si aggira tra di voi per indebolirvi, dividervi, dominarvi e massacrarvi». Poco prima della nascita del partito estremista C.D.R., che successivamente avrebbe finanziato massicciamente la redazione, il giornale Kangura ne elogiò subito le qualità e soprattutto la necessità di una tale formazione, coniandone un nuovo titolo, dato che ancora non era stato ufficializzato: «La redazione di Kangura fa pubblicità per il PDR (partito democratico per la rivoluzione). Dopo aver osservato che la popolazione maggioritaria ha bisogno di un suo partito che la conduceva verso la vera democrazia e che crei uno spazio perché si esprimano coloro che non sanno dove farlo, noi chiediamo ai rwandesi di tutte le religioni di aderire al PDR. Il partito segue le idee del dottor G. Kaybanda, per difendere gli interessi del popolo maggioritario e le idee di Habyarimana. [ ] Così tutti avranno uno spazio per parlare e per non continuare a morire lentamente» 83. Nello stesso periodo le associazioni per i diritti umani e la stampa di opposizione denunciarono il coinvolgimento di Ngeze e Nahimana al massacro di Bugesera. Kangura prendeva di mira sia giornalisti democratici sia politici moderati; le vignette su di loro non si risparmiavano nelle pagine della rivista, che già dal 91 iniziò a bersagliare l ex prima ministra Agathe Uwilingiyimana, la quale verrà raffigurata nuda, e Faustin Twagiramungu, suo successore, anch esso nudo nel numero di luglio 84. I commenti erano molto eloquenti: «Vi maledico, voi 82 Chrétien, 98 p Chrétien, 98 p Vedi Figura C in appendice. 53

54 malfattori che volete tradire il Rwanda». Uwilingiyimana, odiata per aver messo fine al sistema delle quote della gente del nord nei concorsi pubblici per entrare nella scuola secondaria, venne uccisa il 7 aprile del 94 all indomani dell attentato ad Habyarimana. I segnali di una imminente catastrofe erano ormai vicini. Nel 1993 Kangura pubblicò un immagine denigratoria del presidente della prima repubblica Kayibanda, il quale era raffigurato vicino a una falce enorme che simboleggiava la naturale vocazione dell enorme potere degli hutu. Negli ultimi periodi infatti le vignette erano sempre più agguerrite e prendevano di mira sia uomini al potere sia politici deceduti anni prima. Il presidente Kayibanda venne considerato per certi versi moderato, ma ne venivano sempre sottolineate le sue ardenti bramosie di potere. Nello stesso anno il conflitto razziale fra hutu e tutsi, secondo Kangura, sarebbe stato inevitabile e doveva avere assoluta priorità. La storia del Rwanda veniva letta proprio come una continua lotta tra hutu e tutsi, e in ciò possiamo trovare dei parallelismi con l ideologia e la visione della storia dei nazionalsocialisti. Kangura smise di stampare sul territorio rwandese due mesi prima che iniziasse la fase finale del genocidio. Nell ultimo articolo 85, risalente alla seconda metà di febbraio, si annunciava che il RPF fosse pronto a scatenare disordini nella capitale attraverso le bande armate e gli hutu contrari al regime, quindi bisognava iniziare a sterminarli subito senza pietà. Il paradosso stava nel fatto che i disordini vennero scatenati dalla frangia opposta, il C.D.R., il quale stava iniziando ad isolare e ghettizzare Kigali. Uno degli ultimi articoli riprende un po quel filone profetico del giornale; apparve strano che nel luglio del 1993 Kangura 86 avvertiva la popolazione che un soldato avrebbe ucciso il presidente Habyarimana. Nel numero 55 del giornale avvertiva, invece, di un imminente guerra il mese dopo e screditava ancora una volta l RPF: 85 Vedi Figura B in appendice. 86 Vedi Figura C in appendice. 54

55 «chi sarà risparmiato dalla guerra di marzo? [ ] Se mai il FPR vincesse, a chi si rimetterà il popolo maggioritario? [ ] Tutti i bahutu del Rwanda, che siano i partiti cui appartengono, devono smetterla di giocare col fuoco e guardare oltre il loro naso! Essere numerosi non è sufficiente. Devono unirsi per contrastare i progetti dei loro nemici». Il giornale iniziò già dal mese di gennaio 1994 a preannunciare lo scenario finale: dissimulando a malapena l ipotesi e la volontà di un piano finale che portasse allo sterminio tutsi, senza mezzi termini esso avvertiva: «quello che non abbiamo ancora detto agli inyenzi e che se alzeranno ancora la testa non sarà più necessario battersi col nemico rimasto nella macchia. Cominceremo a fare un repulisti del nemico interno a partire da quelli che stanno nell edificio del CDN (il contingente del FPR a Kigali). [ ] Se per sbaglio riprendessero la guerra, non resterebbe più in Rwanda un solo icyitso» 87. Resta ancora da capire se i massacri erano già stati programmati tempo prima e se tutta la macchina genocidaria aveva già in mente una soluzione finale; sta di fatto che il giornale estremista annunciava già molti mesi prima ciò che sarebbe accaduto a distanza di pochi mesi. Periodici a favore del RPF e altri periodici a vantaggio del M.R.N.D.. La propaganda estremista di Kangura venne diffusa in Burundi dove si distribuim.r.n.d.va una copia internazionale della versione rwandese. La scelta di diffondere nello Stato vicino le copie del giornale estremista era atta a spaventare i tutsi lì rifugiati e gli stessi sostenitori del Fronte Patriottico Rwandese, il quale si organizzava e aveva il suo quartier generale proprio in Burundi e in Uganda. Inoltre molti dei comunicati diramati dagli organi ufficiali, 87 As a Result of Their Politics of Lies, the Inkotanyi Regret Having Started the War in: Kangura, No. 54, gennaio

56 come ad esempio quello del partito M.R.N.D. del presidente Habyarimana, riprendevano i discorsi di Kangura e li pubblicavano a loro volta. Ma Kangura era solo il più importante dei periodici pubblicati in quegli anni nel piccolo stato africano; tra il 91 e il 93 ne possiamo infatti contare otto, più o meno regolari nelle pubblicazioni: Umurwanashyaka, «il militante» quindicinale del M.R.N.D.., nel cui comitato troviamo G. Gahigi e come caporedattore Kantano Habimana. Il giornale cessò di esistere nel 93 con la fondazione di Radio mille colline. Interahamwe, «i combattenti solidali» che prendevano il nome dalla gioventù del M.N.R.D.. Diretto da Tatien Hahozayezu e da Valérie Bemeriki, viene fondato nel Intera, «Avanti», di proprietà di Ananie Nkurunziza, che aveva stretti legami con il fratello del presidente, perciò godeva di ampie libertà. Il giornale collaborava con RTLM e la stessa Nkurunziza diffondeva comunicati dai microfoni del bunker dell emittente. Impanda, «Eco della mille colline», fondato nel 1991 e vicino alla frangia più estremista hutu. Medaille Nyiramacibiri, quindicinale fondato nel 92 dalla corte presidenziale. Esso era il periodico più seguito dopo Kangura e rimase alla storia per la sua politica violenta anti-tutsi. Karampaka, «l ultima parola» anti monarchico, che prese infatti il nome dal referendum del 61 che sancì la fine della monarchia. Power-Pawa, «potere hutu», organo di propaganda del medesimo movimento, il cui fondatore fu Epa Habimana. Umuruwa, «Onestà» fondato nel maggio del 91 e diretto da J. Afrika. Quasi tutti questi periodici seguivano la linea di Kangura, ma non tutti uscivano regolarmente; si trattava perlopiù di piccoli periodici in altrettante piccole regioni, che possono essere visti come i tentacoli dello stesso Kangura. 56

57 D altra parte i partiti scelsero il quindicinale di Ngeze come organo istituzionale, quindi tutte le sovvenzioni erano destinate a quest ultimo. Conviene però concentrare l attenzione anche sulle testate giornalistiche pro-rpf. Esse non furono molte e non vennero distribuite in tutto il Rwanda per via del controllo totale che l Hutu Power ebbe dal 1992 al luglio 1994, ma cercarono di essere la voce intestina e segreta di tutti i tutsi perseguitati negli Stati vicini. Tra i più importanti ci furono: Buracyeye, Kanyarwanda, Kiberinka, Le Flambeau e Le Tribun du Peuple; tutti i loro fondatori e editori erano tutsi e membri del RPF. Questi giornali denunciarono il regime del M.R.N.D.. e le sue violazioni dei diritti umani, accusarono il presidente Habyarimana e tutta la frangia estremista hutu di non volere assolutamente la pace e chiesero incessantemente ai Paesi europei e agli Stati Uniti aiuti per fermare il massacro 88. Anche le redazioni di questi giornali scelsero di usare le stesse tecniche di Kangura raffigurando perciò M.R.N.D. C.D.R. in vignette satiriche che ne denotavano l illiceità e l aggressività e che, raffigurandoli come scimmie, ne volevano sottolineare la completa ignoranza. In questo modo, essi volevano quindi rappresentare le ragioni del conflitto dettate solo dalla stupidità dell uomo. I giornali tutsi pubblicarono interviste ai leader RPF e ne annunciavano le conquiste ma «non pubblicarono mai storie riguardo gli assassinii, ne riguardo le distruzioni e non usarono in nessun momento espressioni d odio verso la maggioranza hutu» 89, così come non fece mai neppure Radio Muhabura. Negli anni dal 91 al 94 le implicazioni tra carta stampata, radio e televisione estremista si fecero sempre più concrete e di conseguenza l intreccio 90 tra questi media si faceva sempre più intricato e funzionale alla lotta contro la stampa e le emittenti del RPF. 88 Le interrogazioni al Dipartimento di Stato U.S.A furono numerose, la moglie dell allora Presidente Bill Clinton, Hilary, insieme a Samantha Power condussero indagini sul ruolo della stampa in Rwanda e cercarono con esse di stimolare l opinione pubblica statunitense, ma il popolo americano era ancora sconvolto per le immagini dei loro soldati a Mogadiscio. Decisero quindi di non intervenire. 89 The media and the Rwanda genocide, Allan Thompson, London: Pluto Press, 2007 p Vedi Figura D in appendice. 57

58 Vediamo chiaramente come RTLM entri nelle logiche dei giornali, dal momento che molti giornalisti passarono dallo scrivere al parlare: Gaspard Gahigi, ad esempio, passò dal giornale Umurwanashyaka a RTLM e così fece anche Ananie Nkurunziza, che proveniva invece da Intera. L intreccio era talmente forte che lo stesso Kangura, nel marzo del 94, lanciò un sondaggio sulla popolarità dei giornalisti RTLM, chiedendo loro un giudizio scritto. 91 Ordini di cattura e accuse al contingente belga Kangura, così come RTLM, bersagliava sì i tutsi e gli oppositori politici hutu; poche settimane dopo l attentato ad Habyarimana Kangura pubblicò, su ordine delle milizie, gli ordini di cattura per tutsi ma soprattutto per tutti gli hutu che avessero nascosto i tutsi o proteggessero i nemici del regime. Le liste erano pubblicate riportando il nome, il cognome e l indirizzo dell indiziato, cosicché davvero tutta la popolazione avesse partecipato alla cattura e all assassinio dei dissidenti e di coloro i quali non erano ancora stati trovati dai combattenti solidali ovvero le milizie Interahamwe. Ai combattenti civili fu concessa ogni libertà d azione, lo stesso colonnello Bagosora incitava il popolo maggioritario ad attuare l epurazione etnica. Ma rivolgeva atti di accusa precisi persino contro il mandato delle nazioni unite; esso spiegava, inoltre, che se le truppe UN morivano era solo per colpa degli accordi di Arusha. Il contingente venne accusato di favorire l RPF 92 e tutti i tutsi, sono molte infatti i cartoon che ritraggono il contingente vicino al generale Kagame. Lo stesso generale Dallaire, su cui non mancavano le vignette, veniva definito assuefatto dell affetto delle donne tutsi, le femme fatales 93 descritte nei comandamenti hutu. Il giornale chiedeva quindi il rimpatrio delle truppe ormai inutili e nuovi fondi per creare il governo hutu: 91 Chrétien, 98 p Vedi Figura E in appendice. 93 Vedi Figura F in appendice. 58

59 «A parte il fatto che i soldati delle Nazioni Unite saranno uccisi a causa delle difficoltà derivanti dai mal concepiti accordi di Arusha, quest'anno è un male per le truppe delle Nazioni Unite di stanza in Rwanda. Sembra che dai fondi stanziati per i loro mantenimento ci si aspetta che rimangano in Rwanda per altri due anni [ ]Queste sono le previsioni di Kangura su ciò che accadrà: il rimpatrio delle truppe delle Nazioni Unite, perché sono inutili in Rwanda; lo stanziamento di ulteriori fondi per creare il governo; riduzione del periodo transitorio per le elezioni» 94. I massacri presi in esame non possono essere banalizzati ed etichettati come etnici, sminuendone in tal modo l entità e rischiando, così, di non comprendere a fondo ciò che rappresentò davvero quel periodo di violenze. Il genocidio rwandese non è stato studiato dettagliatamente dal punto di vista mediatico, altri furono gli aspetti su cui maggiormente gli studiosi si concentrarono; eppure esso fu l unico ad avere come energia generatrice d odio una radio ed un giornale, che insieme formavano un apparato mediatico organizzato alla perfezione. L analisi dei media dell odio serve ad approfondire la conoscenza di quelle che furono le ragioni principali che portarono alla quasi totale complicità, da parte della popolazione, nel programma di epurazione etnica messo a punto dal regime estremista hutu. La questione che colpisce è come questi media siano stati così minuziosamente organizzati e come, rispondendo alle logiche di regime, siano riusciti a creare un linguaggio funzionale a fomentare l odio etnico. L uso di caricature e vignette, unito ad articoli dal lessico mirato, ebbe un ampia eco tra la popolazione e fecero di Kangura il palcoscenico di un estremismo deciso a cancellare un intero popolo. Lo stesso intreccio di Kangura e RTLM era atto a soddisfare il bisogno di comunicazione di un così atroce delitto, e a creare il duplice linguaggio che condurrà alla catastrofe del luglio Where Will Another United Nations Contingent Come From After the One Deployed Now Goes Home Empty-Handed? In: Kangura, No. 56, Febbraio

60 Processo Media dell odio I mezzi di comunicazione di massa sono stati fra gli strumenti più importanti per la crescita del consenso e hanno alacremente contribuito alla propagazione del conflitto militare in tutto il Paese, provocando numerose violazioni dei diritti umani e partecipando, perciò, attivamente al genocidio perpetrato dagli hutu a danno dei tutsi. Anche il processo dell ICTR conferma l importanza strategica e ideologica dei media nei massacri; esso, infatti, da una parte ribadisce il potere dei mezzi di comunicazione e dall altra attribuisce loro responsabilità molto gravi non meno determinanti delle responsabilità degli stessi assassini. L esistenza e l attività di media dell odio solleva la questione se si debba tollerare la loro azione in nome della libertà di stampa e di opinione o se si debba, invece, disporre la chiusura di determinate testate giornalistiche o emittenti radiofoniche e imporre loro il silenzio. «Come decidere quando un opinione non è più tale, bensì copre l istigazione alla violenza e la manipolazione dei fatti? Quando la menzogna giornalistica diventa martellante propaganda, diretta al lavaggio del cervello di massa?» 95 Per capire quali sono i limiti del giornalismo, e quindi regolare sia la fruizione che la divulgazione, l Assemblea generale delle Nazioni Unite adottò una Convenzione contro le discriminazioni razziali nel 1969 e, qualche anno più tardi, nel 76, un Patto sui diritti civili e politici. La Convenzione e il Patto dell ONU vennero usate anni dopo nel processo che sancì l illegalità dei media rwandesi, ma non furono praticamente prese in considerazione nel momento in cui il fenomeno avveniva. Né si fece riferimento ad esse nel periodo precedente, per evitare che le parole e i discorsi dei gruppi estremisti comparissero sui giornali e in radio fomentando, così, l odio contro i tutsi e allargando ancor di più 95 Alberto Papuzzi, Professione giornalista. Le tecniche, i media, le regole, Donzelli, 2010, p

61 il distacco ideologico tra le due etnie tale da inabissare il parapetto delle differenze creatosi già cinquanta anni prima. «Senza armi da fuoco, machete o altri oggetti, voi avete provocato la morte di migliaia di civili innocenti» 96. Furono queste le parole con cui il giudice Navanathem Pilay (oggi presidente del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite) introdusse la sentenza del cosiddetto Media Trial, il processo che iniziò il 20 ottobre 2000 e si concluse il 3 dicembre Con esso, per la prima volta un Tribunale Internazionale riconobbe in sede giuridica le responsabilità oggettive dei media nel veicolare e strumentalizzare idee estremiste ed equiparò, per l entità delle condanne comminate, le responsabilità degli imputati a quelle degli organizzatori materiali del genocidio. Le registrazioni di RTLM sparirono nel nulla, privando la giustizia rwandese e a quella internazionale di importantissime prove per incriminare i colpevoli. Solo alcuni frammenti sono in mano della Corte Internazionale dei Crimini in Rwanda. Quattro erano gli imputati principali del processo: Hassan Ngeze, direttore e redattore del giornale Kangura; Ferdinand Nahimana, co-fondatore e speaker della Radio Télévision Libre des Mille Collines; Jean-Bosco Barayagwiza, leader della Coalition pour la Défense de la République (C.D.R.); Simon Bikindi, cantautore rwandese e speaker di RTLM, il quale scrisse numerose canzoni contro i tutsi. Le canzoni scritte da Bikindi vennero considerate nel processo come componente essenziale del piano del genocidio. Il processo a carico di George Ruggiu, l italo belga animatore di RTLM, è stato invece separato da quello principale, egli fece sparire tutte le registrazioni RTLM. Il 19 giugno 2003 Ngeze, Nahimana, Barayagwiza e Bikindi sono stati riconosciuti colpevoli di incitamento all odio razziale e al genocidio; inizialmente sono stati condannati tutti all ergastolo, ma negli anni successivi le loro pene hanno visto tutte una riduzione. Ruggiu è stato condannato nel luglio 96 Citato in Fonju Ndemesah, Fausta. La radio e il machete. IL ruolo dei media nel genocidio del Rwanda, Infinito Edizioni, Roma,

62 2000 a 12 anni di reclusione (con vive contestazioni in Rwanda) grazie alle informazioni su RTLM e il suo staff, salvo poi essere rilasciato anticipatamente, due anni e dieci mesi prima, dalle autorità italiane nel 2008; l odierno governo di Kagame sostiene ancora che l Italia sia colpevole di un complotto con il governo belga per liberare il prima possibile l unico bianco macchiatosi di genocidio in Rwanda. La Corte Suprema del Canada, poi, nel giugno 2005 ha stabilito che il rifugiato politico Léon Mugesera, giornalista di Kangura e animatore di RTLM, dovesse essere estradato in Rwanda per essere processato, essendo ritenuto colpevole di aver incitato all'odio razziale e al genocidio. Kabuga, creatore e primo finanziatore di Radio delle mille colline, nonché consulente finanziario dello stesso Habyarimana, invece, non è stato mai trovato. Dopo oltre quindici anni, egli risulta ancora latitante, sulla sua testa pende una taglia di 5 milioni di dollari ed è considerato da Forbes e dall Interpol uno dei dieci ricercati più pericolosi nel mondo. Tuttora si pensa sia in Kenya. Il cosiddetto processo ai media dell odio può essere considerato il primo caso, dai tempi di Norimberga 97, in cui un «discorso dell odio» viene perseguito in un contesto di giustizia internazionale. È un dato di fatto che questo tipo di discorso e di propaganda, portato avanti dai media del Paese, contribuì significativamente a rendere possibile un contesto genocidario: «the power of the media to create and destroy fundamental human values comes with great responsibility. Those who control such media are accountable for its consequences» 98. Tre furono i capi d imputazione per Nahimana, Barayaqwiza e Ngeze: genocidio, incitamento al genocidio e crimini contro l umanità. 97 A Norimberga venne processato, con lo stesso capo d imputazione, Julius Streicher, editore del settimanale violentemente antisemita Der Stürmer e considerato quindi uno dei principali istigatori all odio razziale verso il popolo ebraico. 98 The Prosecutor v. Ferdinand Nahimana, Jean-Bosco Barayagwiza and Hassan Ngeze, Case No. ICTR T, Judgment, 3 December 2003, para

63 Ngeze venne giudicato anche in relazione alla pubblicazione della rivista Kangura, da lui fondata, gestita ed edita, tra il 1990 e il 1995, prima in Rwanda e poi in Kenya. Sulle pagine di questa rivista, fortissima era la campagna contro le donne tutsi, continuamente ritratte come femmes fatales e considerate «i seducenti agenti» del nemico. «I dieci comandamenti degli hutu», pubblicati sulla rivista nel dicembre del 1990, mettevano in guardia gli uomini hutu dai pericoli di queste donne e accusavano di tradimento chiunque avesse osato sposarne una. La continua persecuzione mediatica e i continui insulti non facevano che creare negli hutu un sentimento di odio fortissimo, e le vignette, che lo stesso Ngeze commentava e pubblicava, furono forse il mezzo più spicciolo per confondere la popolazione e veicolare le idee di sterminio proprie del regime. La Corte d Appello decise comunque infine di assolvere Ngeze dall accusa di genocidio in relazione al suo ruolo all interno della rivista: pur concordando sul fatto che Kangura contribuì allo sterminio accrescendo il clima di violenza e odio, infatti, non ritenne che all attività della rivista fosse imputabile l accusa di aver provocato o quanto meno di aver contributo in modo sostanziale al genocidio, mancando delle prove concrete che dimostrassero in modo inequivocabile la colpa della rivista stessa. Questo fatto provocò non poche polemiche, dal momento che appare palese la responsabilità di tutta la redazione se si considerano gli articoli e il lessico accuratamente studiato. Il ruolo dei media nel 1994 fu essenziale: fu lo stesso Nahimana, in un intervista alla radio del 25 aprile 1994, quindi al culmine del genocidio, a sottolineare come la guerra dei media, dei giornali e delle radio possa essere considerata il completamento insostituibile dei proiettili. Nel pronunciare la sentenza contro di lui, il giudice Pillay non ebbe dubbi: «You were fully aware 63

64 of the power of words, and you use the radio the medium of communication with the widest public reach to disseminate hatred and violence» 99. Le diverse Corti rimasero concordi su alcuni aspetti riguardanti l accusa di crimini contro l umanità, ma giudicarono inutile decidere se il semplice «discorso dell odio», che comunque in sé non incitava alla violenza, fosse da ritenersi di una gravità equivalente a quella degli altri crimini contro l umanità. La Corte d Appello ritenne che fosse l effetto cumulativo di tutti gli atti sottostanti alla persecuzione a dover raggiungere un livello di gravità pari a quello per gli altri crimini contro l umanità. Ovviamente, così agendo, non si voleva in nessun modo togliere importanza a questo contesto di espressioni d odio, che anzi in questo caso venivano accompagnate da una massiccia campagna di persecuzione caratterizzata dalla violenza e dalla distruzione delle proprietà. Diventa importante a questo punto capire la differenza che intercorre tra «espressioni d odio» e incitamento al genocidio. La Corte d Appello stabilì che il secondo deve essere caratterizzato da qualcosa di più che un vago o indiretto suggerimento a compiere questo crimine; quest ultimo può essere preceduto o accompagnato da «espressioni d odio», ma solo l incitamento pubblico e diretto poteva ricadere sotto la giurisdizione del Tribunale. A seconda dei Paesi che si prendono in considerazione si hanno legislazioni diverse, che di volta in volta privilegiano l uno o l altro di questi due elementi. Un gruppo, che potremmo identificare con quei Paesi che seguono un tipo di dottrina analoga a quella degli Stati Uniti, assegna la priorità alla libertà d espressione, anche quando quest ultima rischia di essere intrisa d odio. A fronte di un interpretazione così estensiva del principio di libertà, troviamo quei Paesi, come il Canada o gran parte degli Stati europei, che attribuiscono una maggior importanza alla protezione della dignità e dell uguaglianza di tutti coloro che possono essere attaccati da eventuali espressioni d odio. La legge 99 The Prosecutor v. Ferdinand Nahimana, Jean-Bosco Barayagwiza and Hassan Ngeze, Case No. ICTR T, Summary, 3 December 2003, para. V. 64

65 internazionale preferisce questo secondo approccio e tale orientamento giuridico è ben deducibile dall analisi dell intera attività dell ICTR. Il teatro dei media, insomma, di fronte alla tragedia e alla sua progettazione, ha giocato un ruolo di incitamento, ha usato tutte le proprie doti per arrivare all obiettivo, ha dettato ordini e deciso i contenuti da condividere, i termini da usare e le definizioni da dare. Il ruolo dei media è stato quello di costruire la memoria collettiva rendendola funzionale allo sterminio, fornendo le chiavi di lettura per interpretare un conflitto progettato per un solo scopo, che non garantiva sicurezza né libertà. RTLM accresceva solo le differenze e l isterismo, fomentando dubbi e dissenso, sfruttando quel discorso di odio sociale avviato già anni prima; Kangura accresceva l aggressività dell estremismo hutu e conseguenzialmente, forse in maniera quasi inconsapevole, anche quello della fazione contraria. La radio, in primis, e Kangura, in secundis, aumentarono il senso di paura, il senso di pericolo e il senso di urgenza dando luogo alla necessità di un'azione degli ascoltatori. Gli elementi che notevolmente amplificarono l'impatto delle trasmissioni RTLM e gli articoli di Kangura furono aumentati dal disprezzo viscerale che usciva delle frequenze, segnalato inconfutabilmente dalle risate e dai ghigni cattivi degli speaker e dalle parole che trapelavano dalle parole di Ngeze The prosecutor v. Ferdinand Nahimana, Jean-Bosco Barayagwiza, Hassan Ngeze case no. ictr t - 3 December Erik Møse 65

66 Conclusioni Conflitto intertribale, Consueta guerra interetnica, Tribù nutrite da un antico odio : queste le parole usate dalla stampa internazionale nel 1994 per descrivere il genocidio che stava avvenendo. Gli inviati sul luogo avrebbero dovuto compiere, però, un passo in più, inserendo gli avvenimenti in un contesto che, silentemente, era ormai noto a politici e a capi di governo che avrebbero potuto intervenire. Oggi sappiamo che fu ben altro a scatenare quegli eventi, nessuno mai accennò al ruolo dei paesi coloniali nella costruzione delle loro identità, così come nessuno mai accennò all influenza Ugandese e Congolese e all influenza determinante dei media dell odio usati dalla frangia estrema. La stampa internazionale avrebbe dovuto informare l opinione pubblica su ciò che davvero stava accadendo nel centro-africa; CNN e CBS, così come le televisioni italiane ed europee, parlavano dei fatti rwandesi descrivendoli come scontri tribali, lontani quindi dalla società civile. In questo modo i governi non si adoperarono né per fermare i massacri né tantomeno per porre fine alle trasmissioni di RTLM e alle pubblicazioni di Kangura. Infatti, se l organo teorico di diffusione delle idee dei genocidari fu la rivista Kangura, la fonte principale della propaganda di massa nei confronti della popolazione fu Radio Mille Collines, presto detta Radio Machete. Entrambi i media per anni caricarono d odio il popolo hutu, arrivando negli ultimi mesi a inneggiare al genocidio vero e proprio; eppure la campagna mediatica rwandese non venne fermata poiché si preferì un interpretazione eccessivamente estensiva della libertà d espressione, senza tener conto dei limiti etici da questa contemplati. Persino durante i processi dell ICTR venne invocata, dagli avvocati degli animatori di RTLM e dai giornalisti di Kangura, la libertà di pensiero e d espressione come arma di difesa. 66

67 Seppure traumatizzata dalla violenza delle immagini nel 1994, la popolazione del mondo intero si adagiò sui più comuni stereotipi che non furono solo semplicistici ma addirittura erronei e molto pericolosi. Vani, se pur esigui, furono i tentativi delle associazioni dei diritti umani per riportare le coscienze di tutti alla realtà dei fatti; il discorso mediatico internazionale intorno al Rwanda presentò gli eventi come un mero conflitto tribale, violenze fomentate dall odio atavico che univano quei popoli rafforzando la rappresentazione, ben nota, di continente selvaggio e disgraziato. Dall analisi della struttura mediatica e dalla sua precisa organizzazione nel tessuto sociale rwandese, si evince che tutto fu ideato in funzione di una propaganda atta a coinvolgere un intera popolazione nel compiere azioni definite poi genocidarie. Sia RTLM sia Kangura utilizzarono un preciso apparato comunicativo complesso ed articolato funzionale alla diffusione delle idee del partito al potere. Nulla era lasciato al caso, ogni trasmissione radiofonica ed ogni articolo di giornale era costruito in modo tale da colpire la minoranza tutsi e di conseguenza accrescere il sentimento d odio del popolo maggioritario. RTLM, ad esempio, adottò il ruolo di emittente vicina al popolo, la radio libera popolare, la quale avvertiva tutti gli hutu di ogni pericolo e diffidava di chiunque fosse stato contrario al regime. Kangura invece era il giornale per la popolazione edotta, ma non rinunciava all uso della satira per divulgare, anche fra le classi meno istruite, le idee politiche del governo e per accrescere il clima di terrore, già presente, contro gli oppositori. Assodato che quella tra tutsi e hutu non era una reale differenza etnica, l intreccio simbiotico dei due media analizzati, il lessico usato e la ridondanza degli ordini furono la causa di un genocidio di portata devastante; è incredibile constatare che una ristretta cerchia di comunicatori, in un Paese così arretrato, riuscì ad utilizzare tecniche persuasive tanto innovative da colpire nel profondo la coscienza di un intero popolo e renderlo colpevole di un così efferato delitto. 67

68 Appendice Figura A: Copertina di Kangura n. 54, gennaio 1994 R.P.F. Soldato, a sinistra: «Stiamo per ucciderti, qualunque cosa accada. Non sei il primo e non sarai l'ultimo. Chi ti ha detto di combatterci facendo voi di te stesso il portavoce degli hutu?». Soldato, medio (con gli occhiali): «Perché continui a mettere i gruppi etnici gli uni contro gli altri? Ripeti che tu e il C.D.R. siete vigili. Stiamo per ucciderti, qualunque cosa accada. Chiama Ikinani per venire in tuo soccorso. Ci occuperemo di quelli che si presentano come estremisti hutu». Ngeze (seduto, al centro): «Fate quel che volete. Uccidetemi ma quando il popolo maggioritario lo verrà a sapere, il Rwanda sarà ridotto in cenere». 68

69 Figura B: Copertina di Kangura n. 57, febbraio 1994 In seguito ai disordini all interno della capitale Kigali viene dato l ordine di attaccare lo scarafaggio tutsi. Nella vignetta della prima pagina è presente l ennesima rappresentazione dei tutsi come topi o scarafaggi, e gli hutu devono colpirli a morte con le mazze chiodate fatte importare apposta. 69

70 Figura C: Copertina di Kangura n. 46, luglio La profezia è riportata, nel riquadro di destra, nell immagine della bara con la fotografia di Habyarimana. - Nel riquadro di sinistra vengono rappresentati nudi l ex prima ministra Agathe Uwilingiyimana e Faustin Twagiramungu, suo successore. 70

71 Figura D: Vignetta riportata all interno di Kangura n.46, luglio 1993 La vignetta rappresenta l intreccio tra RTLM e Kangura. Sono seduti l uno vicino all altro, infatti, giornalisti del periodico estremista e gli speaker più famosi dell epoca. Figura E: Vignetta riportata all interno di Kangura n. 55, gennaio 1994 Soldato belga della MINUAR: «Sei hutu o tutsi?» Paul Kagame (dal RPF): «Questa è un hutu». Il "popolo maggioranza : «Noi siamo rwandesi!» Il contingente belga veniva anche in questo modo schernito, proprio perché aveva al suo comando il generale tutsi Paul Kagame. 71

72 Figura F: Vignetta riportata all interno di Kangura n. 56, febbraio 1994 «Il generale Dallaire e gli uomini del suo esercito sono caduti nella trappola delle femmes fatales tutsi». Le figure A, B, C e D riportate in questa appendice sono tratte dal sito internet: mentre le figure E ed F sono prese dal sito internet: 72

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