UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI LECCE. TRATTAMENTO DI RIFIUTI INDUSTRIALI Dalla Stabilizzazione/Solidificazione alla Vetrificazione

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI LECCE Corso Di Laurea Specialistica In Ingegneria Dei Materiali Tecnologia dei materiali ceramici Prof. A. Licciulli Studente: GiovanniTarantino Anno accademico 2005/06

2 INDICE 1 GENERALITÀ 2 2 PROCESSI DI STABILIZZAZIONE/SOLIDIFICAZIONE PROCESSI A BASE DI REAGENTI INORGANICI PROCESSI A BASE DI CEMENTO/SILICATI Processi di cementazione a base neutra Processi di cementazione a base acida PROCESSI DI CEMENTAZIONE A BASE DI CALCE PROCESSI DI CEMENTAZIONE A BASE DI ARGILLA INTERAZIONI DEL RIFIUTO I PARAMETRI DI PROCESSO PROCESSI A BASE DI REAGENTI ORGANICI ESEMPI DI RIFIUTI ATTI AL PROCESSO DI STABILIZZAZIONE/SOLIDIFICAZIONE _ 10 3 VETRIFICAZIONE FASI DEL PROCESSO [4] SCELTA DEI RIFIUTI FORMULAZIONE DI VETRI MODELLO MISCELE VETRIFICABILI E LORO COMPOSIZIONE FORNI FUSORI SISTEMI DI TRATTAMENTO DEI GAS 29 4 CONCLUSIONI 33 5 BIBLIOGRAFIA 34 1/34

3 1 GENERALITÀ I rifiuti sono oramai entrati in un ciclo produttivo che prevede un uso razionale delle risorse, con uno stimolo al recupero dei materiali e delle energie. Le diverse strategie impiegate sia a livello comunitario, che nazionale che locale portano a considerare il all interno del Ciclo di Vita dei prodotti, promuovendo tutte le azioni tendenti a ridurne l impatto ambientale, a prevenirne la produzione e tossicità e a valorizzare, secondo le specifiche peculiarità fisico-chimiche, il stesso. I rifiuti e l emergenza che spesso ne deriva per il loro mancato corretto smaltimento, rappresentano ormai un importante Indicatore Ambientale di riferimento per definire la qualità dell ambiente. Alla base di ogni strategia che riguardi l ambiente, dagli interventi di prevenzione, risanamento e di controllo ambientale, al campo della Education e della Formazione, vi deve essere la conoscenza dei meccanismi che regolano l interazione fra inquinamento ed i vari comparti ambientali e degli effetti che ne possono derivare. In questo approccio viene considerata la chimica dell ambiente come lo studio dei processi che intervengono nei vari comparti ambientali anche in relazione agli inquinanti che vi sono immessi e agli impatti provocati. Si tratta di analizzare e comprendere i vari aspetti della gestione dei rifiuti dalla loro produzione al loro totale dimessa. Ogni operazione necessità però di procedure di riferimento, validazione e certificazione dei risultati. Nel caso dei rifiuti tale procedura viene rigorosamente seguita considerando che qualsiasi operazione, dalla produzione all uso di tecnologie di trattamento comporta un interazione con diversi comparti ambientali e principalmente: l incenerimento con l atmosfera, la discarica con il suolo e l idrogeologia ed all interno dei vari comparti ambientali, con la biosfera.[1] Per questo motivo le tendenze comunitarie spingono verso nuove tipologie di approccio al problema rifiuti. In base al tipo di i trattamenti che possono essere impiegati vanno dall incenerimento o discarica, a processi più innovativi di inertizzazione vera e propria che possono portare nella migliore delle ipotesi anche a un totale riciclo dei materiali utilizzati o nel caso di materiali detti pericolosi ad una migliore messa in sicurezza nel tempo. Secondo il decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, che costituisce la norma quadro di riferimento in materia di rifiuti, il nuovo sistema di classificazione dei rifiuti si basa sulla loro origine (rifiuti urbani e rifiuti speciali) e sulla loro pericolosità (pericolosi e non pericolosi). Sono definiti rifiuti urbani: a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione; b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell'articolo 21, comma 2, lettera g) del decreto medesimo; c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade; d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua; e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali; f) i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), c) ed e). Vengono classificati come rifiuti speciali: a) i rifiuti da attività agricole e agro-industriali; 2/34

4 b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti pericolosi che derivano dalle attività di scavo; c) i rifiuti da lavorazioni industriali; d) i rifiuti da lavorazioni artigianali; e) i rifiuti da attività commerciali; f) i rifiuti da attività di servizio; g) i rifiuti derivanti dalle attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi; h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie; i) i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti; j) l) i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti.[2] L'inertizzazione dei rifiuti solidi pericolosi è considerata la strada tecnicamente migliore per prevenire il rilascio verso l'ambiente dei composti tossici-nocivi in essi contenuti. In questo modo, i residui vengono resi adatti alla posa in discariche convenzionali od eventualmente riciclati ad esempio come prodotti utili per l'edilizia o materiale di riporto per le costruzioni stradali. Sono oggi disponibili differenti processi chimico-fisici di inertizzazione, che consentono in una certa misura l'immobilizzazione delle sostanze inquinanti in essi contenute. Si tratta di processi di stabilizzazione-solidificazione con leganti idraulici a base di reagenti inorganici (cemento, calce, argilla, ecc.), stabilizzazione-solidificazione con reagenti organici (materie termoplastiche) e vetrificazione (trasformazione del tossico-nocivo in una massa solida vetrosa ed inerte) [3]. 2 PROCESSI DI STABILIZZAZIONE/SOLIDIFICAZIONE I processi di inertizzazione mediante stabilizzazione/solidificazione sono finalizzati a ridurre la mobilità degli inquinanti presenti nel, attraverso una duplice azione di fissazione chimica e strutturale del all interno di una matrice inerte. Essi constano di due fasi, così definite dall EPA (Environmental Protection Agency americana): per stabilizzazione s intende quell insieme di tecniche che è in grado di ridurre il potenziale pericoloso del attraverso la conversione dei contaminanti nella loro forma meno solubile, meno mobile e meno tossica; per solidificazione invece s intende quell insieme di tecniche che operano la trasformazione del in una massa solida ad alta integrità strutturale. Si ottiene così una riduzione sia della superficie di contatto tra il e le acque di percolazione sia della mobilità dell inquinante nel per effetto della sua fissazione (chimica e fisica) conferendo al prodotto quei requisiti di innocuizzazione desiderati. Tali processi possono trovare applicazione presso l industria nell ambito del ciclo produttivo e/o depurativo in cui è prodotto il, presso una piattaforma collettiva (cui conferiscono i propri rifiuti le diverse aziende) oppure direttamente nelle zone di discarica per trattare rifiuti freschi in arrivo e/o bonificare rifiuti già depositati in passato in condizioni non idonee. È importante rilevare che data la spiccata non specificità dei processi in questione si è in grado di raccogliere e trattare svariati tipi di rifiuti. In via del tutto generale, le fasi che caratterizzano un processo di stabilizzazione/ solidificazione sono le seguenti: classificazione iniziale, indispensabile per selezionare i rifiuti idonei al trattamento pretrattamento, che può essere costituito da vari tipi di processi sia fisici sia chimici. Tale fase, dipendendo dalla natura del, non è sempre indispensabile 3/34

5 miscelazione del con i reagenti, tramite reattori operanti sia in batch sia in continuo; sono proprio i reattivi impiegati a differenziare i vari processi smaltimento del, la cui destinazione finale è normalmente costituita da discarica controllata. Sono per cui i reattivi impiegati a determinare le caratteristiche dei processi e dei prodotti di inertizzazione. Una prima classificazione può essere fatta tra: reagenti inorganici a base di cemento/silicati, calce, argilla ecc.; reagenti organici a base di sostanze termoplastiche o polimeri. Questi ultimi richiedono tecnologie più sofisticate dei primi. Infatti nel caso delle sostanze termoplastiche è necessario portare il, addizionato ad asfalto o bitume, a temperature al di sopra dei 100 C per consentire la fusione degli additivi che raffreddando daranno origine ad una struttura solida in grado di imprigionare l inquinante con un meccanismo puramente fisico. Con i processi a base di polimeri organici si miscela al un monomero che, in presenza di un catalizzatore e ad una temperatura adeguata, polimerizza incapsulando nella struttura polimerica il. Da questa sommaria descrizione si può già intuire che i processi a base di reattivi organici, pur presentando grandi vantaggi quali l elevato rendimento di fissazione, le piccole quantità di reagenti richieste e l elevata densità del prodotto finale, trovano scarsa applicazione essenzialmente per motivi economici (i costi dei reagenti, delle apparecchiature e di energia sono maggiori di quelli relativi ai reagenti inorganici) e gestionali (necessità di impiegare manodopera specializzata). Nel seguito quindi saranno trattati i processi di cementazione (a base neutra o a base acida), cementazione a base di calce e cementazione a base di argilla che, grazie al basso costo dei reagenti, alla semplice tecnologia ampiamente applicata nel settore dell edilizia, ai contenuti costi di investimento e alla facile realizzazione e gestione degli impianti, rappresentano la maggior parte delle applicazioni su scala industriale. 2.1 PROCESSI A BASE DI REAGENTI INORGANICI Sono i sistemi più ricorrenti, e gli unici praticamente utilizzati su discreta scala fino ad oggi in Italia; si distinguono per l aggiunta al rispettivamente di: cemento/silicati calce argilla Le tecnologie che realizzano questi trattamenti a livello industriale sono estremamente semplici, in quanto basate su tradizionali operazioni di miscelazione, trasporto e pompaggio Processi a base di cemento/silicati Il trattamento di stabilizzazione/solidificazione a base di cemento/silicati utilizza il normale processo di presa del cemento come metodo per imprigionare il nella stessa matrice cementizia. L interpretazione del fenomeno di presa del cemento è identificabile in due stadi: nel primo si formerebbe uno strato gelatinoso e semipermeabile di silicato di calcio idrato sulla superficie dei grani di silicato di calcio; nel secondo, attraverso un meccanismo di tipo osmotico, a partire da tale strato si generano protuberanze fibrillari (tale effetto di rigonfiamento è dovuto alla soluzione della calce liberata dalla decomposizione dei silicati) che, aumentando rapidamente di numero e lunghezza, vanno a formare una vera e propria rete responsabile del fenomeno di presa. Nel momento in cui l idratazione del cemento avviene a contatto con il, l inquinante viene inglobato in questa rete di gel rigonfiati. Con questa tecnica si ottiene un prodotto monolitico, a basso rapporto area superficiale/volume e a bassa permeabilità. Vengono comunemente usati il cemento Portland nelle varie versioni a più o meno presa rapida e a più o meno alto contenuto di 4/34

6 allumina a seconda del da trattare, insieme a vari additivi fra cui le ceneri. La tecnica è adatta anche a trattare rifiuti con alto contenuto di acqua. Il processo presenta i seguenti vantaggi: il cemento e gli altri additivi sono facilmente disponibili a prezzi ragionevoli la tecnica per la lavorazione del cemento è ben sviluppata le apparecchiature necessarie sono facilmente disponibili il processo sopporta notevoli variazioni chimiche nel refluo da trattare si può intervenire sulla resistenza e sulla permeabilità del prodotto mediante variazioni delle dosi di cemento i prodotti di alcuni processi possono essere riciclati le proprietà fisiche del prodotto finale possono essere variate in funzione delle quantità di additivi aggiunti D altra parte i principali svantaggi sono: i prodotti a bassa resistenza possono essere attaccati dagli acidi, provocando il rilascio del materiale fissato possono essere necessari pretrattamenti, tipi di cemento speciali o additivi costosi quando nel sono presenti sostanze che agiscono sulla presa e sulla resistenza del cemento il cemento e gli additivi aumentano la massa del da smaltire A seconda del ph del al momento del dosaggio del reagente, i trattamenti di cementazione possono essere a base neutra e a base acida Processi di cementazione a base neutra In questi processi, al momento del dosaggio del reagente, il ph del è neutro (o basico). I processi chimico-fisici che possono intervenire tra i leganti utilizzati ed il sono i seguenti: Precipitazione: l aggiunta di cemento fa aumentare la concentrazione di ioni calcio, i quali formano con gli anioni presenti nel sali con bassa solubilità che precipitano facilmente favorendo così la solidificazione. L alcalinità dell ambiente favorisce anche la formazione e precipitazione di idrossidi insolubili di metalli pesanti. Complessazione: in condizioni di ph basico (come quelle che si creano per l addizione di cemento) si ha la possibilità che i composti idrati semplici formino complessi insolubili (soprattutto alluminati) capaci di legare nella formula numerosi anioni del tipo alogenuri, nitrati, permanganati, ecc. Inoltre il silicato tricalcico reagisce con ossidi ed idrossidi di metalli formando idrossidi complessi. In tal modo metalli come zinco, rame, cromo trivalente, ferro, nichel, manganese, arsenico vengono fissati dal silicato tricalcico. Adsorbimento: è un processo di importanza non trascurabile atteso il fatto che l idratazione del cemento si accompagna ad un notevole incremento della sua superficie specifica, che si trova in condizioni di attivazione per la presenza della silice. Questo fatto rende possibile il verificarsi di reazioni di adsorbimento che portano in genere alla formazione di composti meno solubili. Fissazione fisica: oltre ai meccanismi di natura chimica sopra citati, si verifica un intrappolamento fisico di tutte le sostanze (comprese quelle non reattive) all interno della matrice cementizia Processi di cementazione a base acida I Processi di cementazione a base acida sono caratterizzati da un valore di ph acido al momento dell aggiunta dei reattivi. Le fasi che caratterizzano il processo sono le seguenti: Acidificazione del fino a ph al fine di conseguire la solubilizzazione completa dei cationi metallici. Può essere utilizzato in questa fase un qualunque acido inorganico (solforico, cloridrico, nitrico); nella pratica vengono spesso usati rifiuti liquidi acidi. 5/34

7 Formazione dell acido silicico monomero, mediante aggiunta alla soluzione acida di scorie di altoforno (loppa) o di fonderia contenenti silicati e di altro acido di scarto per mantenere il ph in un campo compreso tra 1 e 2.5; tale campo di ph è indispensabile per mantenere stabile l acido silicico monomero, premessa per un efficace fissazione dell inquinante. Polimerizzazione dell acido silicico, per l effetto dell aggiunta di latte di calce o di soda. Durante la polimerizzazione il gruppo Si(OH) si deprotona legando nelle sue catene gli ioni dei metalli presenti. Cementazione per aggiunta di loppa e calce al polimero siliceo preformato e conseguente miglioramento delle caratteristiche del prodotto prima dello smaltimento in discarica controllata. La singolarità di questa tipologia di processo sta nel fatto che il ph al quale gli acidi silicici e i metalli interagiscono è inferiore al ph di precipitazione degli idrossidi degli stessi metalli; pertanto, quando aumenta il ph a causa della iniziale acidificazione, le strutture polimeriche possono interagire con i metalli prima che questi, precipitando come idrossidi, divengano non reattivi. Tale teoria è stata avvalorata da analisi spettrofotometriche che evidenziano la formazione di legami Si-O-Me al posto dei legami Si-O-Si Processi di cementazione a base di calce La calce, in combinazione con materiali pozzolanici, dà luogo ad una matrice di tipo cementizio capace di intrappolare il. Oltre alla calce quindi, è essenziale l uso nel processo di pozzolane che possono essere naturali (tufi vulcanici) o artificiali (argille cotte, scorie metallurgiche, ceneri volanti da combustibili vari, etc.). Le ceneri volanti, insieme con le polveri da fornace di cemento, sono gli additivi più usati per aumentare la resistenza del prodotto e per ridurre il rischio di rilascio degli inquinanti: entrambi sono residui di processo, sicché la loro utilizzazione nei trattamenti di inertizzazione rappresenta oltretutto un importante sistema di co-smaltimento. Per quanto riguarda il meccanismo della reazione calce-materiale pozzolanico, esistono diverse interpretazioni tra cui le più recenti è quella basata su un modello di tipo osmotico (del tutto analogo a quello descritto per la presa del cemento) che, attraverso reazioni tra la calce, l allumina e la silice, prevede la formazione di miscele di gel, responsabili del microincapsulamento dell inquinante. Il processo è idoneo a trattare anche materiale umido. Il prodotto può essere fatto indurire in loco o direttamente in discarica. I vantaggi e gli svantaggi sono del tutto analoghi a quelli dei processi a base di cemento Processi di cementazione a base di argilla Solo le argille che hanno alte capacità di scambio di cationi e un elevata superficie specifica sono adatte al trattamento dei rifiuti. Un esempio di queste tipologie di materiali argillosi sono: vermiculite e le montmorilloniti; in particolare, la bentonite, che appartiene alla famiglia delle montmorilloniti, è generalmente utilizzata (in aggiunta ad un legante, ad esempio cemento Portland) in quanto la sua capacità di scambiare cationi si traduce nel rilascio di ioni sodio e potassio in luogo dei quali possono essere fissati gli ioni tossici contenuti nel da trattare. Anche in questi processi, data la notevole affinità della bentonite nei confronti dell acqua, si forma un mezzo gelatinoso la cui proprietà legante nei confronti del è accresciuta dall azione del cemento. 6/34

8 I rifiuti sottoposti a questi trattamenti vengono convertiti in un materiale solido chimicamente e fisicamente stabile, con consistenza simile a quella del terreno, che è in grado di riassorbire acqua senza un apprezzabile rilascio Interazioni del Durante i processi di stabilizzazione/solidificazione avvengono diverse tipologie di interazioni con il : interazione -matrice, interazione di metalli pesanti ed interazione di sostanze organiche. Le sostanze presenti nel interagiscono con la matrice che le ingloba (il cemento) modificando il prodotto finale del processo. Si possono così distinguere i vari meccanismi di interazione: adsorbimento: gli inquinanti vengono adsorbiti dalle particelle cristalline impedendone il normale processo di idratazione complessazione: agenti complessanti reagiscono con gli ioni alluminato e ferrico mantenendoli in soluzione e ritardando così l idratazione precipitazione: la formazione di composti insolubili sulla superficie dei grani di cemento ostacola il trasporto di acqua, ritardando le reazioni di idratazione nucleazione: l adsorbimento delle sostanze inquinanti sui nuclei di idr di calcio ne impedisce la crescita e quindi favorisce la formazione di nuovi nuclei nella soluzione satura; un numero così elevato di nuclei, ovvero di siti disponibili per le reazioni di idratazione, porta, dopo il ritardo iniziale, ad una veloce idratazione del silicato tricalcico ed alla cristallizzazione dell idr di calcio stesso Risulta quindi che le varie sostanze interagiscono modificando la velocità del processo imponendo sul prodotto finale diverse caratteristiche di compattezza e resistenza. Per questo motivo vengono spesso impiegati additivi per avere un miglio controllo sul processo. I metalli pesanti tendono in genere a rallentare il fenomeno di presa del cemento intervenendo nell idratazione. La formazione di un rivestimento protettivo di precipitati di idrossidi gelatinosi attorno ai grani di cemento ne blocca l idratazione. L effetto ritardante di alcuni cationi metallici è stato classificato nell ordine Zn > Pb > Cu > Sn > Cd. Per il cromo sono molto importanti gli stati di ossidazione. Nello stato +3 l elemento è meno solubile, oltre ad essere meno tossico rispetto allo stato di ossidazione +6. Risulta pertanto opportuno procedere ad una preventiva riduzione del cromo esavalente. Tra i più comuni additivi utilizzati al fine di ridurre gli effetti negativi dei metalli polivalenti si hanno i silicati solubili, i solfuri, i materiali pozzolanici naturali (tufi vulcanici) o artificiali (argille cotte, polveri da fornace), alcune sostanze adsorbenti come resine a scambio ionico, argille, zeoliti, ecc.. L utilizzo dei silicati comporta una serie di vantaggi: abilità di fissare chimicamente in composti insolubili i metalli pesanti capacità di accelerare la gelificazione di rifiuti a basso contenuto solido con la conseguente possibilità di mantenere in sospensione tutte le sostanze non reattive mentre la miscela indurisce capacità di prevenire i fenomeni di inibizione dei processi di idratazione del cemento ad opera degli agenti ritardanti rimuovendo i metalli pesanti dalla soluzione prima che possano precipitare come idrossidi capacità di ridurre la permeabilità del prodotto solido finale capacità del prodotto finale di adsorbire gli ioni di metalli tossici provenienti dal dilavamento di materiale sovrastante non trattato 7/34

9 Il principale meccanismo di fissazione del solfuro di sodio consiste nella formazione di sali insolubili con molti metalli responsabili di interferenze negative con la matrice cementizia o comunque facilmente lisciviabili come il mercurio. Le interazioni di sostanze organiche rappresentano un problema per il processo di cementazione, in quanto la percentuale in peso di sostanza organica contenuta nel manufatto deve mantenersi entro limiti ristretti. Questo perché si verificano forti interazioni tra gli inquinanti organici ed i componenti la matrice cementizia, con conseguenze dirette sui fenomeni di presa e sulla resistenza meccanica. Tuttavia non è possibile generalizzare l efficacia dei processi di inertizzazione su tutti i tipi di sostanze organiche, in quanto l interazione con la matrice cementizia dipende dalla loro natura e dalla concentrazione cui sono presenti. Per utilizzare tali processi su rifiuti contaminati da composti organici bisogna impiegare particolari sostanze che, per le loro proprietà di assorbimento, sono in grado di trattenerli e attenuarne gli effetti negativi sui processi di idratazione. Vengono spesso impiegate alcuni tipi di argille come le montmorilloniti che, oltre a adsorbire in modo altamente efficace i componenti organici anche in presenza di grande varietà di metalli, interagiscono con il cemento provocando una diminuzione della permeabilità. Altri additivi idonei possono essere zeoliti, vermiculite, terre diatomee e polimeri organici I parametri di processo Le caratteristiche dei prodotti inertizzati dipendono fortemente dai parametri di processo. Alcuni parametri si riferiscono alla miscela appena preparata (consistenza, tempi di presa, contenuto d aria), altri sono invece in stretta relazione con le proprietà del manufatto finale (sviluppo di calore, espansione, deformabilità, ecc.). La consistenza dell impasto è direttamente collegata al contenuto d acqua presente ed in generale è auspicabile che il rapporto acqua/cemento sia basso. Questo accade poiché tanto più è alto questo rapporto, tanto più è basso il valore della resistenza meccanica del prodotto ottenuto. Il tempo di presa è un fattore rilevante sia ai fini della manipolazione della miscela cementizia, sia ai fini di una corretta previsione della consistenza del prodotto finale. Alcune sostanze quali i borati sono in grado di inibire completamente la presa mentre altre sono ritardanti che possono essere appositamente addizionate se il prodotto finale richiede trasferimenti o ulteriori manipolazioni. Il contenuto d aria nell impasto deve essere tale da garantire un certo volume di vuoti per conferire una buona resistenza meccanica del prodotto finale. Non deve essere però eccessivo potendo risultare deleterio a causa del rilascio di elementi inquinanti nell ambiente a seguito delle azioni liscivianti. Essendo le reazioni di idratazione di natura esotermica, nel corso della stagionatura dei manufatti si ha un innalzamento della temperatura che non dovrebbe superare certi limiti al fine di evitare la formazione di microfessurazioni dovute al ritiro del prodotto indurito, che fa seguito alla iniziale espansione dello stesso. 8/34

10 2.2 PROCESSI A BASE DI REAGENTI ORGANICI Un altra tipologia di inertizzazione è la stabilizzazione/solidificazione con reagenti organici (materie termoplastiche) originariamente sviluppata per trattare i rifiuti a basso livello di radioattività. Si fonda sull'impiego di leganti plastici, in particolare resine urea-formaldeide che a differenza dei leganti idraulici, non reagiscono chimicamente con il residuo, ma lo isolano, incapsulandolo nella matrice polimerica stabile. La SGE Environnement dispone di un processo Plastibloc che combina il riciclaggio delle materie termoplastiche e la stabilizzazione delle ceneri volanti. Queste ultime, contenute al 40-70% in peso, operano come rinforzanti in sostituzione dei normali riempitivi minerali. A seconda del tipo di reagente sono classificati in: Processo a base di sostanze termoplastiche. In questo processo si impiegano sostanze capaci di indurire o rammollire reversibilmente con la variazione di temperatura. Si tratta di sostanze organiche polimeriche dove è possibile distinguere: asfalto, bitume, paraffina, polietilene, polipropilene, nylon. In generale però risulta che i materiali usati più frequentemente sono asfalto e bitume. Processi a base di polimeri organici. Consistono nel miscelare al terreno contaminato un monomero (generalmente urea formaldeide, ma possono essere presenti anche poliestere, melemmina e resine fenoliche) che in presenza di un catalizzatore polimerizza, incapsulando nella matrice polimerica le sostanze inquinanti. Processi a base di composti macroincapsulati. Si arriva alla formazione di un prodotto finale costituito da una struttura composita di resine organiche. Generalmente le particelle di terreno contaminato vengono inglobate da resine termoindurenti ed incapsulate da resine termoplastiche. Vengono ad esempio resine polibutadieniche fuse che formano col terreno una miscela, la quale dopo raffreddamento viene ricoperta con PEAD fuso in modo da creare un involucro esterno di notevole resistenza. Questi processi fissano il materiale inquinante in modo fisico. La loro applicazione ai terreni contaminati, seppur potenzialmente efficace ha trovato fino a oggi limitate applicazioni in scala reale, a causa probabilmente degli elevati costi dei trattamenti, impiegati inizialmente per la messa in sicurezza di rifiuti a bassa radioattività [5]. 9/34

11 2.3 ESEMPI DI RIFIUTI ATTI AL PROCESSO DI STABILIZZAZIONE/SOLIDIFICAZIONE TIPICI RESIDUI INDUSTRIALI IDONEI AL TRATTAMENTO DI STABILIZZAZIONE/ SOLIDIFICAZIONE A BASE DI CEMENTO/SILICATI E CALCE Fanghi dalla neutralizzazione di bagni acidi di decapaggio Fanghi dal trattamento di bagni di sgrassaggio alcalini Lavorazione metalli Fanghi dal trattamento di bagni di fosfatazione Fanghi da chiarificazione acque da lavaggio Fanghi da abbattimento in cabina di verniciatura Fanghi dal trattamento di acque di lavaggio da processi di cromatura, Trattamenti superficiali nichelatura, ramatura Residui da rigenerazione resine Residui solidi da bagni di nitrurazione Trattamenti termici Residui solidi da bagni di cementazione Scorie di fusione Effluenti dalla flottazione di metalli Polveri da abbattimento fumi Industrie metallurgiche Centrali elettriche e impianti di incenerimento rifiuti Ceneri da combustione Scorie radioattive Polveri da trattamento fumi Fanghi da sedimentazione primaria Industria ceramica Fanghi da chiarificazione acque Polveri da abbattimento fumi Industrie fotografiche Bagni di sviluppo e stampa Residui da sedimentazione primaria Industrie tessili e tintorie Fanghi da impianti di depurazione Produzione acetilene Fanghi di idr di calce Industria estrattiva Scorie e fanghi di flottazione 10/34

12 3 VETRIFICAZIONE La vetrificazione può essere intesa come soluzione alla trasformazione di rifiuti in materiali inerti compatibili con l'ambiente ed eventualmente riciclabili. Rispetto ad altri trattamenti, esso presenta una serie di vantaggi: è versatile perché adatto ad un ampia gamma di rifiuti inorganici o con un certo contenuto organico, pericolosi e non, sotto forma di fanghi, polveri e solidi secchi. Costituisce una soluzione permanente per la eccezionale durevolezza dei prodotti vetrosi, legata alla loro resistenza al rilascio verso l'ambiente; consente sensibili riduzioni di volume; risponde alle direttive della Comunità Europea, che richiedono lo smaltimento finale attraverso attività di reimpiego e di riciclaggio. Questo processo, che ha raggiunto la piena maturità industriale nel settore nucleare, comincia ad affacciarsi anche per l'inertizzazione dei comuni rifiuti industriali. In diverse aziende nel mondo vengono trattati oltre 250 mila t/anno di residui dell'industria metallurgica, ceneri e scorie di combustori di rifiuti solidi urbani (RSU), materiali contenenti amianto e scarti di apparecchiature elettroniche. L utilizzo di questo tipo di tecnologie ha portato alla produzione, riciclando persino rifiuti tossico-nocivi, di prodotti con un certo valore commerciale come materiali da costruzione o altri usi industriali. Ad oggi la tecnologia di vetrificazione più utilizzata è quella con forno elettrico ad arco sommerso presa dall industria vetraria ed affermata nel campo nucleare, largamente impiegata anche per la vetrificazione dei rifiuti convenzionali. Quelle più innovative a induzione o mediante torcia al plasma sono svantaggiate da maggiori consumi energetici e costi di investimento elevati. Nei processi di vetrificazione viene imposto un apporto di calore esterno dal forno fino ad ottenere un bagno fuso, con temperature di circa C, nel quale il viene in parte degradato e in parte disciolto, diventandone così parte integrante. Molto spesso il da inertizzare viene addizionato e miscelato con minerali largamente disponibili, in grado di formare il vetro desiderato. Il processo deve inoltre limitare le quantità di residui secondari quali gas, polveri e fanghi mediante opportuni sistemi di trattamento. I principali parametri da controllare nella conduzione del processo di vetrificazione sono la temperatura del bagno e la formulazione della miscela in relazione alla successiva destinazione del prodotto. Deve essere corretto il tenore di SiO2 e Al2O3 e degli ossidi alcalini e alcalino-terrosi, mediante l aggiunta di rottami di vetro, dolomite ecc., per ottenere le migliori caratteristiche di fusibilità e lavorabilità. Un successivo raffreddamento porta ad omogeneizzare il liquido in tempi sufficienti per poi essere successivamente colato e portato a temperatura ambiente. Un raffreddamento veloce dà origine ad un solido completamente amorfo (vetro), mentre condizioni più lente o trattamenti successivi di rinvenimento a temperature intermedie consentono di ottenere una materiale caratterizzato dalla presenza di una o più fasi cristalline in una matrice amorfa. Ad esempio, dalle ceneri volanti si possono ottenere materiali vetro-ceramici con contenuti variabili di cristalli prevalentemente pirossenici. Il materiale vetrificato può presentarsi più o meno suddiviso e in forme diverse ottenendo grossi monoliti, schiume, fibre per tiratura, piastrelle per pressatura, lastre per colatura tra rulli, e granulati vari, mediante rapido raffreddamento con acqua, che favorisce la frantumazione per shock termico. I prodotti così ottenuti trovano varie applicazioni: sottofondi stradali, semilavorati per l'industria ceramica o inerti di rinforzo per materie plastiche. I prodotti possono inoltre essere utilizzati come isolanti elettrici, componenti di materiali da costruzione, materia prima per la produzione di piastrelle ceramiche per rivestimenti di interni ed esterni, lana di vetro come coibente, fertilizzanti in agricoltura (vetri al fosforo), ecc. 11/34

13 C è però da dire che la tecnologia di vetrificazione è gravata da complessità decisamente superiori ai trattamenti di inertizzazione mediante stabilizzazione-solidificazione, che impiegano attrezzature del tutto convenzionali e operano intorno alla temperatura ambiente. Per la sua natura di processo termico ad alta temperatura, la vetrificazione richiede più elevati costi di investimento, ammortamento e di esercizio degli impianti. La possibilità di riciclare i materiali vetrosi in manufatti utili con un certo valore commerciale rappresenta invece una condizione indispensabile per rendere competitivo questo trattamento. 3.1 FASI DEL PROCESSO [4] Il processo di vetrificazione è caratterizzato da più fasi. Si parte da un accurata scelta del da trattare, si effettua una successiva coltivazione, si frantuma il materiale, lo si porta a fusione e in fine si realizza lo stoccaggio del vetro ottenuto. La coltivazione delle varie tipologie di residui è finalizzata alla formulazione di miscele vetrificabili a costi molto contenuti in vista della produzione di vetri chimicamente stabili e dotati possibilmente di valore aggiunto. La coltivazione comprende varie operazioni: Una prima caratterizzazione del, mediante analisi chimiche, mineralogiche e misure delle loro proprietà termofisiche. Una successivo pretrattamento dei materiali grezzi in modo da renderli adatti a diventare materie prime per la successiva fusione. Una possibile cernita dei materiali non vetrificabili (metalli e plastiche) ed un lavaggio per eliminare eventuali sali solubili (es. cloruri). Se necessario inoltre anche operazioni di frantumazione, macinazione e vagliatura dei materiali, fino ad ottenere una granulometria inferiore a 1 mm, seguite da omogeneizzazione ed essiccazione, per ridurre l'umidità sotto il 10%. La formulazione della miscela vetrificabile deve prevedere l'impiego di vari tipi di rifiuti, escludendo per quanto possibile o limitando l'uso di additivi estranei (minerali, sabbia, ecc.). La sua preparazione comprende operazioni di pesata e mescolamento con stoccaggio finale delle miscela ottenuta. Il processo di fusione, a funzionamento continuo con infornaggio automatico della miscela vetrificabile, costituisce il cuore della tecnologia. Ad esso seguono le eventuali operazioni di ricottura per l'ottenimento di vetro-ceramiche e le lavorazioni di frittaggio, stampaggio, filatura ecc., a seconda della forma e della destinazione d'uso dei manufatti finali. Lo stoccaggio è l ultimo passaggio che identifica definitivamente il nuovo reimpiego del prodotto ottenuto Scelta dei rifiuti Il processo di vetrificazione è molto versatile rispetto alla scelta dei rifiuti. In generale vanno escluse le soluzioni più o meno concentrate per le quali sono disponibili tecnologie più adatte e consolidate. Sono invece accettabili i fanghi a limitato tenore d'acqua che devono essere essiccati e i residui solidi. In genere questi ultimi sono a base prevalentemente o completamente inorganica, come l'amianto e i suoi compositi, gli inerti delle lavorazione di feldspati e graniti. Particolarmente adatti sono i residui con un elevati tenori di SiO 2 ed eventualmente di B 2 O 3 per le loro qualità di ossidi formatori dei vetri. Anche il P 2 O 5 che, inducendo una maggiore solubilità in acqua, ne garantisce l'impiego come fertilizzante. Importante è anche la presenza di ossidi fondenti, quali Na 2 O, K 2 O, di stabilizzanti CaO, MgO, BaO, ecc. e di intermedi come Al 2 O 3, TiO 2, ecc. 12/34

14 prof. Antonio Licciulli Tabella 1 Esempi di composizione (% in peso) di rifiuti industriali adatti alla vetrificazione 13/34

15 prof. Antonio Licciulli La tab. 1 riporta le composizioni indicative di alcuni tra i residui industriali più significativi e adatti al trattamento. La pericolosità dell amianto ad esempio non è legata alla presenza di metalli pesanti, ma alla sua struttura fibrosa apportatrice di gravi danni per l'apparato respiratorio. In molti casi l'amianto è presente in compositi con gessi, cementi, elementi vari, ecc. utilizzati come materiali per l'edilizia. La composizione del tab. 1 è riferita all'eternit che contiene il 20% di amianto. L'estrazione e la lavorazione del piombo, zinco, rame e delle leghe ferrose producono enormi quantità di scorie e polveri. Questi residui, classificati come pericolosi, sono essenzialmente vetrosi a base di allumino-silicati di ferro, di calcio ed altri metalli pesanti. Nella produzione primaria dell'alluminio, mediante elettrolisi della criolite fusa, si generano scorie residue ricche di carbonio e fluoruri. Esse vengono classificate come pericolose a causa dei rischi di dispersione di significative quantità di cianuri nell'ambiente. Accanto ai rifiuti considerati pericolosi in base alla direttiva CEE 91/689, si considerano in tab. 1 anche materiali inerti della lavorazione dei feldspati, dei graniti e del vetro, che possono comunque partecipare ai processi di vetrificazione. L'uso del rottame di vetro è vantaggioso perché è ricco di silice e ossidi fondenti e si avvale di un sistema di raccolta ben organizzato. Alcuni fra i rifiuti considerati in tab. 1, quali ceneri e scorie dei processi termici, presentano anche contenuti più o meno significativi di carbonio. La loro combustione nel processo di vetrificazione comporta comunque un risparmio sul necessario apporto termico esterno di energia elettrica. Considerato infatti il potere calorifico del carbone di kj/kg e che l'ottenimento del vetro da una miscela vetrificabile richiede normalmente kcal/kg, ( kcal/kg per il riscaldamento da temperatura ambiente alla temperatura di fusione (1400 C) e kcal/kg per i cambiamenti di fase delle materie prime e per le reazione chimiche), si valuta che un tenore di carbonio nella miscela vetrificabile del 8-9% sia nominalmente sufficiente a bilanciare il processo. Pertanto, rifiuti che possono contenere anche il 15% di carbonio, come ad esempio le scorie di produzione dell'alluminio, sono adatti alla vetrificazione perché consentono di assicurare in pratica l'autosostentamento energetico del trattamento, sopperendo anche alle dispersioni termiche del forno. In generale, l'utilizzo di rifiuti a potere calorifico ancora maggiore (es. RSU), più adatti agli impianti di termoutilizzazione, viene invece escluso. Infatti la loro combustone completa comporterebbe un eccessivo dimensionamento del sistema di trattamento-gas Formulazione di vetri modello Centinaia di vetri e vetro-ceramici sono descritti in letteratura, noti in termini frazione in peso degli ossidi componenti e di temperatura di fusione. Un numero ristretto di queste composizioni di riferimento sono riassunte nelle tab. 2 e 3 rispettivamente per i vetri senza e con contenuto di boro. Alcune di esse vengono utilizzate in impianti di vetrificazione su scala reale per i residui nucleari (vetri N. 6, 8 e 10 in tab. 3) o in impianti pilota per rifiuti convenzionali (vetri N. 8 e 9 in tab. 2), mentre le altre derivano da studi in laboratorio. Come regola generale, i vetri con adeguate caratteristiche di inerzia chimica richiedono che il contenuto di SiO 2 sia maggiore del 30-35%; l' allumina (Al 2 O 3 ) può superare il 10-15%, gli ossidi alcalini (Na 2 O,K 2 O, Li 2 O) devono essere inferiori al 20% e quelli alcalino terrosi (CaO, MgO) sono in genere compresi fra il 5 e il 30%. Per ogni costituente principale sono in genere possibili modeste fluttuazioni (tipicamente 1-2 punti percentuali) a cui corrispondono variazioni tollerabili delle proprietà del fuso e del vetro prodotto. 14/34

16 In generale, questi materiali derivano da vetri convenzionali per compensazione parziale degli ossidi alcalino terrosi con metalli pesanti. Ad esempio quelli N 1 e 3 di tab. 2 provengono da un vetro ordinario contenente 40% SiO 2, 15% di Al 2 O 3, 10% di Na 2 O, 5% di MgO e 30% di CaO, in cui il contenuto di calcio è stato in parte sostituito da componenti specifici quali Fe 2 O 3, ZnO, PbO, CuO presenti nei residui di combustione, come pure in molti altri tipi di rifiuti [6]. Tabella 2 Composizioni di alcuni vetri di riferimento per la vetrificazione di rifiuti radioattivi e Convenzionali Vetro N Componenti Composizione (%in peso) SiO Al 2 O P 2 O CaO MgO BaO Na 2 O K2O TiO Fe 2 O Cr 2 O NiO ZnO PbO MnO CuO Cl SO Altri I vetri borosilicatici sono avvantaggiati da temperature di fusione inferiori ( C) rispetto ai precedenti, e pertanto più favorevoli in vista della fattibilità tecnica del processo. Tra di essi, le composizione di riferimento N. 1 e 2, a contenuto di Fe 2 O 3 inferiore al 1%, sono adatte alla fabbricazioni di fibre di vetro[7]. 15/34

17 Tabella 3 Composizioni di alcuni vetri di riferimento al boro per la vetrificazione di rifiuti radioattivi e convenzionali Vetro N Componenti Composizione (%in peso) SiO Al 2 O B 2 O CaO MgO BaO Li 2 O Na 2 O K 2 O TiO Fe 2 O ZnO ZrO PbO ThO P 2 O F Altri Anche il vetro N. 3 in tab. 2, equivalente alla composizione chimica dei basalti, consente la produzione di lana di roccia come isolante. Quello N. 5 è adatto per la produzione di vetro-schiuma per isolamenti, mentre il materiale N. 4, per successivo trattamento termico di rinvenimento assume le caratteristiche di un vetroceramica per materiali di rivestimento per esterni in edilizia. Il vetro N. 10 fonde a 1380 C e per il suo elevato tenore di fosforo e la sua caratteristica di degradarsi e sciogliersi progressivamente nel terreno e è stato proposto come fertilizzante minerale in agricoltura. La composizione del vetro N. 7 (tab. 2) è simile a quella usata nei primi esperimenti di vetrificazione di ceneri volanti derivate dagli elettrofiltri di un impianto di incenerimento tedesco. Essa è un compromesso fra diverse composizioni di vetri usati per la vetrificazione di materiali ad alto livello di radioattività in Francia, Giappone, Germania e USA. Il vetro N 6 presenta rispetto a quello precedente un più alto contenuto di metalli pesanti e minore in silice parzialmente sostituita da calcia e allumina. Esso è stato impiegato per la vetrificazione in laboratorio di polveri di elettrofiltro impiegando silice e carbonato sodico come additivi. Entrambi i materiali, ottenibili per fusione in crogiolo a 1400 C superano le prove standard di rilascio in acqua dei metalli pesanti. 16/34

18 3.1.3 Miscele vetrificabili e loro composizione Per ottenere un prodotto finale (vetro) di date composizioni e proprietà è indispensabile operare una miscelazione di un determinato numero e tipo di rifiuti. Ai fini della formulazione iniziale, occorre tenere conto dei processi chimico-fisici che accompagnano la fusione del bagno. Infatti alle elevate temperature è previsto in primo luogo il totale allontanamento dell'umidità e dell'acqua. Altre perdite in peso sono legate alla volatilizzazione di alcuni ossidi e metalli pesanti a più elevata tensione di vapore. Anche i carbonati vengono totalmente decomposti con liberazione di anidride carbonica e lo stesso vale per le sostanze organiche (espresse in forma di carbonio) eventualmente ossidate in misura completa. Figura 1 [8] Effetti della concentrazione dei componenti sulle perdite in peso di un vetro a 1300 C Gli effetti della concentrazione dei componenti sulla volatilità a 1300 C sono mostrati in fig. 1[8]. Aumentando il contenuto di Al 2 O 3 e/o SiO 2, diminuiscono le perdite in peso rispetto a una composizione centrale di riferimento, probabilmente perché questi ossidi formatori rendono meno mobili nel fuso i costituenti più volatili, come sodio e boro. In generale un aumento di viscosità comporta un aumento di volatilità e viceversa. Le perdite in peso vengono al contrario aumentate da addizioni di CaO, Na 2 O e B 2 O 3 [8]. Composizione della miscela Lo scopo di questo processo è quello di partire da numero di rifiuti (n rifiuti ), tab. 1, per ciascuno dei quali sono note le frazione in peso degli ossidi componenti (n ossidi ), e costruire una miscela che porterà alla formazione di un vetro di composizione nota. Per la legge di conservazione della massa tutti i costituenti iniziali del entreranno a far parte della composizione finale del vetro ottenuto. La frazione in peso nel vetro dell (indice K ) è calcolabile con l equazione (1): Nrifiuti vetro X K = i ( K, i ) (1) a X i = 1 17/34

19 in funzione delle frazioni in peso frazioni in peso note componenti la miscela. X K, i ) a i, dei vari rifiuti componenti la miscela e delle ( dello stesso di indice K in ciascuno dei rifiuti L obiettivo di una miscela ottimale è il calcolo delle frazioni in peso a i di ciascun nella miscela al fine di ottenere esattamente la composizione in ossidi del vetro, cioè il soddisfacimento delle seguenti equazioni: X X X vetro K = 2 vetro K = N vetro K = 1 ossidi = = = i N i i N N rifiuti rifiuti rifiuti Tenendo conto dei vincoli: 0 ai a i = 1 a i = 1 a i = 1... X X X ( K ( K = 1, i = 2, i ( K = N ossidi ) ), i 1 con 1 i ) (2) N rifiuti N rifiuti a i =1 i In genere, ai fini di una valutazione preliminare comunque significativa, è opportuno limitare il numero delle relazioni (2), facendo riferimento solo ai componenti più importanti in termini quantitativi, cioè SiO 2, Al 2 O 3 (eventualmente anche B 2 O 3 e P 2 O 5 ), gli ossidi alcalini (Li 2 O, Na 2 O, K 2 O) e quelli alcalino terrosi (MgO, CaO e BaO) raggruppati in base alla loro funzione nel vetro. La tab. 1 con le composizioni dei rifiuti viene pertanto semplificata come mostrato in tab. 4 In maniera analoga, la tab. 5 deriva da tab. 2 per quanto riguarda i vetri modello, ad eccezione del vetro N. 10 ricco di P 2 O 5, non ottenibile dai rifiuti che non contengono in pratica questo componente. E' possibile quindi procedere empiricamente, attribuendo tentativamente ai vari residui adeguati valori (eventualmente nulli) della loro frazione in peso nella miscela, in modo da avvicinare la composizione di un dato vetro di riferimento. Quest'ultima deve risultare comunque intermedia fra quelle di almeno due dei rifiuti miscelati per garantire una possibile soluzione. Il compito risulta in genere facilitato dalla disponibilità di residui ricchi di componenti specifici, come ad esempio gli ossidi alcalino-terrosi nei fanghi di calcinaio o di quelli formatori (SiO 2 e Al 2 O 3 ) negli inerti di lavorazione di graniti e feldspati, in modo che questi componenti possano essere aggiustati con addizioni moderate. 18/34

20 Un esempio, in accordo con le indicazione della Stazione Sperimentale del Vetro, è mostrato in tab. 6. Dalla miscela di compositi di amianto (50%), ceneri volanti di centrale (20%) e residui della lavorazione di feldspati (30%), si ottiene senza bisogno di ulteriori aggiunte il vetro N. 4 di tab. 5. La composizione dei compositi contenenti amianto deriva da quella di tab. 1 tenendo conto dell'evaporazione di acqua e della formazione di CO 2 (in totale 21,6% in peso). 19/34

21 prof. Antonio Licciulli Tabella 4Composizioni (% in peso) dei rifiuti industriali inorganici, in termini di principali componenti ossidici Tabella 5 Composizioni (% in peso) dei vetri modello di Tab. 3, in termini di principali componenti ossidici 20/34

22 Tabella 6 Composizione valutata per via empirica di una miscela di rifiuti per l'ottenimento del vetro 21/34

23 prof. Antonio Licciulli Il metodo empirico risulta essere eccessivamente lento per cui i successivi studi hanno portato alla formulazione di un algoritmo di calcolo automatico che velocizzasse il processo. Al fine di ottenere il valore di ai l algoritmo sfrutta la funzione scarto quadratico tra le frazioni in peso reali di ciascun nel vetro e quelle ottenute mescolando un certo numero di rifiuti. La funzione scarto quadratico relativa all di indice K è espressa da: S quad K N rifiuti (, ) 1 vetro = X K ai X K i i = Lo scarto quadratico complessivo per tutti gli ossidi sarà espresso perciò dall equazione: S quad TOT N = ossidi K 2 N rifiuti (, ) = 1 = 1 vetro X K a i X K i i 2 (3) (4) Le frazioni in massa a i di ciascun nella miscela sono le grandezze incognite e devono essere tali da minimizzare la funzione scarto quadratico totale S quad TOT = K N ossidi Nrifiuti vetro X K ai = 1 i = 1 X ( K, i ) 2 quad S TOT. S quad TOT = K N ossidi = 1 vetro X K N 1 i N i rifiuti rifiuti 1 a i = 1 1 a i = 1 X X ( K, i ( K, n rifiuti ) ) 2 + S quad TOT = K ossidi quad [ SK ( a = = = )] i 1, ai a 2,..., i Nrifiuti 1 N = 1 Pertanto, il problema di calcolo di un minimo vincolato per la funzione appena definita si può esprimere nel seguente modo: 22/34

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