INTERVISTA A MICHEL PLON LA FORMAZIONE DELLO PSICANALISTA E IL MANIFESTE POUR LA PSYCHANALYSE

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1 1 INTERVISTA A MICHEL PLON LA FORMAZIONE DELLO PSICANALISTA E IL MANIFESTE POUR LA PSYCHANALYSE ALESSANDRA GUERRA: Quali sono i passaggi essenziali della formazione di uno psicanalista oggi? MICHEL PLON: Passaggio essenziale: c è da discutere la formulazione di questa domanda, soprattutto la parola passaggio. Diciamo che il passaggio primordiale che non si può evitare è l analisi personale. A partire da questo punto cosa vuol dire analisi personale? Vuol dire una, due, quante analisi? Dietro questa formulazione c è la questione della fine dell analisi. Da quale momento si può dire: Ho finito la mia analisi e posso diventare analista?. Le cose non stanno così. C è un momento dell analisi dove l analizzante sente, in accordo o senza accordo con il suo analista, che il suo desiderio è sufficientemente forte per provare ad andare avanti e passare dal lettino alla poltrona, ma questo non significa che la sua analisi è finita. Dirò in un certo modo che, come è stato detto l altra sera da te e da altre persone alla conferenza, che anche quando siamo analisti, siamo sempre analizzanti. Lacan diceva la stessa cosa, che continuava a farsi analizzare dai suoi pazienti e dal suo seminario. Questo mi pare un punto fondamentale che permette di marcare, di fare una frontiera tra la psicanalisi e tutti gli altri modi, poiché la psicanalisi scappa da tutti i meccanismi istituzionali formali per la questione della formazione. Ciò è molto difficile da spiegare, da far capire ad uno che non è analista e che è fuori dalla psicanalisi. La gente ti dice: Sì va bene, ma allora quel momento chi lo decide?. Lacan diceva: L analista si autorizza da se stesso poi ha aggiunto Con qualche altro. Lasciamo stare per un attimo questo qualche altro ; da sé stesso non significa l io psicologico, è un altra cosa, c è in sé stesso una divisione, non una rottura. Ad un certo punto un analizzante sente la possibilità di affrontare non solamente il fatto di essere analista, ma anche gli altri e dire Va bene, comincio a praticare come analista. Questo non significa: Sono analista che è una parola molto pretenziosa. Chi lo sa? 1

2 2 Tu puoi essere analista con un paziente, molto meno con un altro, assolutamente niente con un terzo: questa è l essenzialità della psicanalisi che non può fermarsi su definizioni definitive, chiuse. Nella pratica chi è analista? Quando uno diviene analista? Se seguiamo questa prospettiva vuol dire che seguiamo la prospettiva che ci ha lasciato Lacan, e questa prospettiva è stata in rottura assoluta con l IPA. Da dove viene l IPA? L IPA viene dal 1910, ma soprattutto l IPA nella sua forma moderna (dagli anni 30-40) viene dal 1920 dall Istituto di Berlino, viene da Eitingon principalmente e in maniera minore da Abraham. Freud ha acconsentito, perché nella sua situazione non poteva fare altro che consolidare, ma in questo consolidamento Eitingon e Abraham hanno formalizzato la formazione: in questo modo è diventata non la formazione dello psicanalista ma una formazione psicanalitica: sono cose differenti. La formazione psicanalitica è come una formazione professionale, la formazione del parrucchiere, la formazione dell ingegnere, ma si sente che non può andare bene per un analista, perché lo psicanalista potrebbe dire sono psicanalista definitivamente Non è abbastanza dire no alla formazione professionale perché siamo sempre sul punto di essere ripresi da una formazione definitiva. Dire no non significa che abbiamo un altra formazione definitiva ma che siamo nell incertezza permanente. La domanda è: Cosa sto facendo in quel momento. Capisci? Tutto questo concerne la formazione, e mi pare che parlare o discutere della formazione é già formazione. Formazione generalmente nelle altre correnti vuol dire associazione, adesso associazione non vuol dire cose molto importanti, perché le associazioni sono confuse su sull argomento della formazione. Parlare della formazione sul serio è già partecipare della formazione, vuol dire che la formazione è oggetto di discussione permanente, vuol dire che nessuno, se è rigoroso, possa dire: Io so che cosa è la formazione, io ho avuto una formazione. Non vuole dire niente. La formazione dell analista è un processo senza fine fino alla morte. Siamo analisti ogni giorno e siamo sempre nuovi analisti. Lacan ha detto: Non c è niente da trasmettere, c è da inventare. Ogni analista deve reinventare ogni giorno che cosa è la psicanalisi con ogni paziente, altrimenti vuol dire che applica delle formule. Lo psicanalista Pontalis, che è stato lacaniano ma ora è diventato altro, in un suo libro intitolato Tra il sogno e il dolore, ha scritto a proposito del dolore quando arriva un nuovo 2

3 3 paziente ma anche in ogni seduta; un nuovo paziente non è solamente una nuova persona, è una novità in sé stessa; anche se il paziente, cosa che accade sempre più raramente, conosce un po di psicanalisi, può arrivare con una concezione, con un modo di essere, di fare che ti disturba, che ti provoca un dolore perché sei nella tua poltrona e ti disturba nei confronti delle tue abitudini, spesso inconsce. Devi lasciare un paziente che è li da parecchi anni, tu hai le tue abitudini con quel paziente, l abitudine è pericolosa. L abitudine, come dice Lacan, è la cosa peggiore. Un nuovo paziente arriva, è sconcertato, parla, tu non sai. Bisogna ascoltare cosa sta dicendo, trovare dei punti di ancoraggio. Questo nuovo paziente, anche se non aveva mai sentito parlare dell analisi, sta facendo la tua formazione. Lui non sa niente ma sei tu che devi essere a terra per accogliere questa ricchezza che sta arrivando, per fare lavorare questa ricchezza. La formazione è un punto essenziale in tutta la storia della psicanalisi, ed è proprio su questo punto principalmente che ci sono state le scissioni, le rotture. Questo significa che non arriveremo mai ad una formula così definitiva. Va bene, noi sappiamo: Questa è la formazione, cinque anni di scuola poi hai un diploma ; è quello che stanno facendo sempre di più le istituzioni, le associazioni, anche se trovano nomi un po speciali: membro associato, membro titolare. Ci sono dei giurì che dicono: Sono passato bene, sono membro associato. E cosa vuol dire? Eh! Vuol dire che sono analista. Ah si?. Come si può dire: Io sono generale. Vedi, Alessandra, è molto difficile spiegare questa posizione instabile, che tutta la concezione empirico -positivista, tutto il modo del pensiero che domina la nostra società, rifiuta, non può capire e questo non solamente nel capitalismo neo - liberale, ma la dominava anche prima. Nel 1926, quando Freud scrive la Laienanalyse parla del modo di pensiero americano e dice che è incompatibile con il modo del pensiero psicanalitico. Qual è il modo di pensare americano, ma non solo americano ma quasi universale? E il modo dell efficacia, della valutazione, della misura. Foucault diceva: la misura è il punto di riferimento dell episteme moderna, misurare, calcolare, valutare. Freud l ha detto perfettamente. E interessante perché quanto diciamo nel Manifeste pour la psychanalyse Freud l ha detto nelle tre pagine della Laienanalyse; a questo proposito giova ricordare che Jones e Eitingon avevano fatto smarrire questo testo freudiano perché da un punto di vista politico troppo violento contro gli americani. La questione della formazione tocca tutto ciò, è centrale. 3

4 4 ALESSANDRA GUERRA: E possibile insegnare la psicanalisi all università? MICHEL PLON: Ah sì, interessante, perché è un punto che è stato un punto di differenza fra i sei che hanno scritto il Manifeste, non ti dirò i nomi. Per questo motivo abbiamo trattato la questione dell università in due pagine, perché c erano troppe differenze tra noi. Io ti posso dire unicamente la mia posizione. Anche se Lacan è andato all università con Leclaire a Parigi, anche se si è affidato a Miller per fare il dipartimento psicanalitico, io sono in disaccordo totale con questa direzione. Penso che Lacan si sia sbagliato, può darsi che si sia sbagliato per l età, desiderio di riconoscimento, forse desiderio di proteggere l analisi, trovare qualche garanzia esterna. Ma io penso che la psicanalisi non abbia niente a che fare con l università. Per questo sono radicale, non per una questione ideologica, ma per una questione strutturale. L università è quello che Lacan ha chiamato Discorso dell Università ovvero il discorso fondato sul sapere. L analista di fronte ai suoi analizzanti non ha nessun sapere. Lo psicanalista dopo ha un sapere da lavorare, ma sul momento della pratica, l essenza della pratica non ha un sapere, ha un sapere supposto dall analizzante: è l unico sapere. Se lo psicanalista pensa di avere un sapere non siamo più in analisi, siamo in coaching, in psicoterapia, quello che vuoi. Dunque il fatto di scrivere psicanalista dell università, quale sia l intenzione di colui che si inscrive nel Discorso dell Università, il più forte non è lui, è la struttura universitaria, la struttura del discorso universitario. Mettiamo da parte il fatto che l istituzione universitaria si chiede cosa sia la psicanalisi: non è una scienza, non è una disciplina letteraria, non è la storia, non è la sociologia e non capisce cosa sia: mettiamo da parte tutto ciò. Poniamo che l università dica: Va bene, Lei insegna la psicanalisi. Mi dà i programmi? Mi dice quando ci sono gli esami per i diplomi? Ma allora coloro che avranno questi diplomi cosa saranno? Psicanalisti? Psicologi? Psicoterapeuti? Chi può impedire a quelli che sono andati all università per quattro anni a lezione di psicanalisi di dire che sono psicanalisti? ALESSANDRA GUERRA: Hanno fatto un corso universitario di psicanalisi. 4

5 5 MICHEL PLON: Qual è la legge che dirà: No, no, no, voi non siete psicanalisti?. E se c è una legge, vuol dire che non saranno gli psicanalisti che riconoscono qualcuno come psicanalista, sarà lo Stato, un istituzione. Per me che un professore di letteratura faccia una incursione dicendo: Freud e Lacan sostengono questo, è interessante per la letteratura, ma questo non è insegnamento della psicanalisi. In molti dipartimenti di letteratura in America o francesi ci sono persone che parlano di Lacan e di Freud, ma non pretendono di formare psicanalisti. Molti conoscono la teoria psicanalitica ma non sono psicanalisti. Bisogna fare questa differenza fra conoscere la teoria psicanalitica e praticare la psicanalisi. Quando tu cominci a praticare sei sola, come sei sola con un rigore etico. Vai a trovare un supervisore, non per trovare delle ricette, ma per parlare, per lavorare perché incontri cose che non intendi, non ho detto che non capisci, ho detto non intendi. Sei sola e l analizzante è a te che sta parlando, pensando che tu sai tutto. L analizzante mi sta dicendo questo, cosa vuol dire? : sono due mondi. Questi due mondi, come gli altri mondi, come quello del capitalismo, hanno degli incroci, lo psicanalista si confronta con l università come istituzione, ma l università non entra nella sua formazione, c è un qui pro quo, un ambiguità. In Francia attualmente sempre di più gli psicanalisti cercano di essere professori universitari per poter mettere sul biglietto da visita professore di psicanalisi. Ma cosa vuol dire professore di psicanalisi? Scusa, è una forzatura. Chi è professore di psicanalisi? Né Freud né Lacan sono stati professori di psicanalisi. Non hanno mai voluto! ALESSANDRA GUERRA: Cosa ne pensa della passe? MICHEL PLON: La passe è stata inventata da Lacan, questo lo sai. Secondo me Lacan ha inventato la passe perché ha incontrato il problema della formazione e il problema della fine dell analisi, non per dire che la passe è la fine dell analisi, ma per cercare di capire cosa succede in questo momento preciso, cosa succede in un analizzante per dire che può provare a praticare come psicanalista, nessuno gli dà il permesso, nessuno glielo vieta, è sua responsabilità, è solo. C è questo momento di separazione tra l Io e il Lui. Lacan sentiva che il rischio di tornare indietro perché non capiamo cosa succede in quel momento preciso, da cui il rischio permanente di mettere criteri fuori dall analisi per regolare l analisi stessa. Da qui nasce l idea di far 5

6 6 lavorare gli analisti su quel passaggio, da quel momento lì c è il dispositif, il dispositivo della passe che ha inventato Lacan. Io penso che le difficoltà che quel dispositif ha incontrato non vengono tanto dal dispositivo che Lacan ha inventato, ma dall Ecole Freudienne. L Ecole Freudienne era composta da vecchi compagni di Lacan prima del 1964, ed è qui che tu incontri le abitudini, la pesantezza delle abitudini. Infatti i vecchi compagni più o meno sinceramente ritenevano di non potersi paragonare ai giovani, quindi sono stati distanti e hanno resistito a mettere in domanda la loro passe. Poi c è il problema della nominazione, ovvero diventare AE (Analyste de l Ecole). Non ho mai capito bene cosa volesse dire, perché è un modo di istituzionalizzare le istituzioni, non so se mi faccio ben capire, come un raddoppiamento. Naturalmente il titolo AE, anche con il massimo di sincerità e di buona volontà, è diventato un onore, una superiorità. Allora subito dopo la morte di Lacan alcune scuole e associazioni, rimanendo lacaniane o dicendosi tali, hanno rinunciato alla passe. Altre scuole o associazioni hanno voluto conservare la passe modificandola su quel punto o su quell altro. Da quel momento ci sono state ulteriori divisioni perché per certe scuole il fatto di essere AE ha dato alcuni privilegi, il titolo AE è stato la base di una gerarchia. Per esempio solo gli analisti AE possono fare questo e quell altro o essere questo, ma così facendo stai creando una piramide, una gerarchia e dunque quelli che non sono AE vogliono accedere agli stessi privilegi. Questo è classico, dai tempi dei Greci è la stessa cosa. Allora la passe diviene a poco a poco un tipo di esame, un tipo di concorso, e dove sono i risultati? Dove sono le pubblicazioni? All inizio Lacan voleva che quello che si diceva davanti al giurì della passe fosse pubblicato per capire dove è l analisi di ciascuno. Ma dove sono queste pubblicazioni? ALESSANDRA GUERRA: Non ci sono? MICHEL PLON: Quasi niente,quasi niente, diciamo, di importantissimo, che abbia fatto avanzare realmente la riflessione. Adesso c è una divisione dentro le scuole a proposito della passe. Ci sono le scuole che vogliono conservare la passe in modo molto rigido, altre che cercano di trovare, di accomodare, passano un tempo immenso a riflettere su questo tema perché non vogliono abbandonare il principio della ricerca. Non posso dire che non sono d accordo però la 6

7 7 questione, la domanda che mi faccio è il rapporto fra l energia spesa a riflettere su questo tema e i risultati. Per ora io non vedo niente, ma non è una critica, è un punto di vista; è vero che le scuole, le istituzioni che riflettono sulla passe, che cercano nuove formulazioni hanno il merito immenso di riflettere, e come dicevo prima parlare della formazione, riflettere sulla formazione fa parte della formazione. Riflettere sulla passe fa parte dell interrogazione permanente sul diventare analista, cosa vuol dire analista. Al contrario ci sono parecchie associazioni che fanno esami, concorsi istituzionalizzati. Ecco quello che posso dire sulla passe attualmente. ALESSANDRA GUERRA: Cosa ne pensa degli esami in un percorso di formazione psicanalitica? MICHEL PLON: Non è il problema degli esami, del concorso in sé stesso, perché uno psicanalista può dire: Io me ne frego degli esami, ma sono gli effetti che producono nella mente del soggetto. Non siamo dei. Non basta dire: Io cercherò di passare il concorso ma non avrà mai effetti su di me. Ma cosa ne sai? Cosa ne sai del tuo narcisismo? Cosa ne sai del tuo senso della rivalità, dell odio nei confronti dell altro che ce l ha fatta, che è riuscito? Siamo umani, non siamo dei, posto che gli dei esistano. Questo è l importante. Una persona dice: Io sono psicoterapeuta. Ma che sono psicoterapeuta lo dico per la legge, di fatto sono psicanalista ; ma cosa produce su lui stesso il fatto di potersi dire psicoterapeuta? C è l onore, c è la gloria di essere psicoterapeuta come un altro è medico. Sai, ritorniamo verso quella assimilazione della psicanalisi alla medicina e cose di questo tipo. ALESSANDRA GUERRA: Lo psicoterapeuta si forma con un percorso di studi universitario o parauniversitario della durata di quattro anni. MICHEL PLON: Perché quattro anni? ALESSANDRA GUERRA: Perché così ha stabilito lo Stato.. MICHEL PLON: Ma lo Stato è psicanalista? Lo Stato sa cos è la psicanalisi? Da quando? 7

8 8 Berlusconi sa cos è la psicanalisi? Sarcozy sa cos è la psicanalisi? Il ministro dell educazione o della sanità sa cos è la psicanalisi? Io non capisco perché quattro anni e non cinque o tre. Questo vuol dire sono riconosciuto come analista, ma da chi? Dalle istituzioni, dai professori, dalla giuria, non so, e cosa c entra con la psicanalisi? Se siamo d accordo con questa proposta allora bisogna rinunciare all essenziale della psicanalisi. Per me non c è compatibilità, anche se siamo in minoranza, anche se siamo soli, se vogliamo difendere la psicanalisi non c è altro modo di fare che questo. Ricordi cosa diceva Freud? Lasciare su una parola è lasciare sul tutto, era a proposito della sessualità infantile. Se dici altre parole che sessualità infantile di fatto stai lasciando tutto. Secondo me l unica cosa che c è è la guerra. Guerra cosa significa? Guerra significa che bisogna avere un armata tipo Manifesto, le firme, mobilitare la gente, spiegare, lottare per ottenere quello che sei, per ottenere il rispetto, il rispetto della differenza. Voi siete differenti, ammettiamolo. Non abbiamo niente da dirvi, sto parlando per lo Stato, Voi siete differenti: siete fuori dalla medicina, siete fuori dall università. Va bene! Sul punto fondamentale, voi esistete, io Stato non ho niente da dire, non è roba mia fare un intervento sulla modalità dei concorsi, degli esami, e si potranno avere come tutte le professioni negoziazioni, punti amministrativi, tasse professionali eccetera. Forse questa è un utopia, ma avanziamo con le utopie. Freud quando scrive nel 1900 L interpretazione dei sogni è un utopia, Freud quando scrive nel 1926 la Laienanalyse è un utopia. Sarà la disfatta contro gli americani, la disfatta fino al 1954 con Lacan. Immagina: se non ci fosse stato Lacan nel dove saremmo oggi? Chi saremmo? Io sarei un grande psicologo come facevo all inizio quando ho iniziato i miei studi in psicologia. Ho fatto della psicologia sociale che mi annoiava profondamente. Nello stesso tempo la psicanalisi non è una religione, non si può dire che non ci sono esami o concorsi per essere preti, non è la stessa cosa. Secondo me è una guerra. Non solo perché vai contro allo Stato, ma perché vai contro ciò che è stato perfettamente detto l altra sera, contro gli interessi, contro il neo-liberalismo, perché quello che facciamo tocca la vita personale, intima della persona, i suoi fantasmi, le sue ossessioni, tutto, la psicanalisi è una scuola di libertà, di indipendenza assoluta: il neo - liberalismo non vuole questo. Il neo - liberalismo vuole governare la tua vita intima, l educazione dei tuoi figli, il 8

9 9 modo di trattarli, la scuola, la sanità, per irreggimentare tutto, per avere i cittadini in ordine. Naturalmente è un utopia anche questa. Ma il neo-liberalismo arriverà, sarà una lotta permanente, ma qui siamo sul punto della politica. Marx diceva che la lotta di classe non ha fine. Sempre si ricomincia. C è soltanto Stalin che per aver detto è finita la lotta di classe sappiamo dov è arrivato. Dunque non c è fine: non c è fine della storia, non c è fine della lotta e non c è fine dell analisi. ALESSANDRA GUERRA: Non c è fine dell analisi? MICHEL PLON: E un punto teorico, non c è fine dell analisi in un certo senso. La fine dell analisi riguarda il momento in cui l analizzante arriva al punto della castrazione, in cui deve rinunciare a ciò che sognava di essere, lasciare le sue ambizioni, e nello stesso tempo realizza che l analista non è il soggetto supposto sapere, la fine del transfert ha a che vedere con la fine dell analisi. Ma essere analisti, quello non ha fine, è sempre una questione, è sempre una domanda. ALESSANDRA GUERRA: La fine dell analisi riguarda la fine del transfert? MICHEL PLON: Si. ALESSANDRA GUERRA: Ma secondo Lei è davvero possibile terminare il transfert? MICHEL PLON: Questa è una vera domanda. Penso di sì, dipende dal lavoro che si fa in analisi, dipende anche dall analista perché ci sono degli analisti che cercano di mantenere il transfert, è il problema tra l analista e l analizzante, altrimenti siamo nella prospettiva della psicoterapia che non è mai finita. Ritorno a vederla perché mi sono accorto che sogno sempre mia madre Ah si, allora ricominciamo. E come una droga, cos è la fine della droga? Qualcosa che ha a che vedere con la castrazione, è un lavoro. Se la psicanalisi dovesse diventare una droga, un alienazione, allora, secondo me, non sarebbe più psicanalisi. La psicanalisi deve condurre uno ad essere responsabile di sé stesso. Sono capace di questo, questo non sono capace di farlo, non sarò mai il genio che ho sognato di essere quando ero piccolo. Quando ero piccolo pensavo: scriverò dei libri, prenderò il premio 9

10 10 Nobel eccetera. Finalmente sono un giornalista, ma posso essere un buon giornalista, molto differente. ALESSANDRA GUERRA: Cosa significa per lei psicanalisi laica? MICHEL PLON: Per me tutto quello che vuol dire. ALESSANDRA GUERRA: C è distinzione tra psicanalisi e psicanalisi laica? MICHEL PLON: Per me analisi laica non vuol dire niente, non c è bisogno di quell aggettivo, è di troppo. C è la psicanalisi, poi ci sono altre cose, la psicoterapia, la psicologia. Se uno è psicanalista è laico. Nel tuo discorso laico, nella circostanza italiana laico vuol dire non iscritto nelle liste. Troviamo il problema che abbiamo incontrato: essere iscritto sulle liste vuol dire cercare una protezione, avere una garanzia. Immagina che la quasi totalità degli psicanalisti italiani avesse detto: Il governo ha fatto questa legge, per noi non vale niente, non ci iscriveremo su queste liste. Credi veramente che sarebbe potuto accadere quanto è accaduto, denunce e processi nei confronti degli psicanalisti non iscritti nelle liste? Dunque la libertà. Ad un certo momento i giovani tunisini hanno detto no, hanno fatto la guerra. Tra virgolette o no, poco importa: hanno rischiato la morte. Quelli dell Egitto, quelli della Siria, adesso anche. Fra di noi c è qualche leggera divisione su certi punti, per esempio sul rapporto da tenere con gli analisti che in questo momento in Francia si iscrivono nella degli psicoterapeuti: bisogna convincerli a non essere troppo arroganti, troppo duri, può darsi che bisognerà convincerli che occorre tornare indietro. Se prendi la storia della psicanalisi non c è in tutta la storia una scissione, una rottura per la quale dopo si è tornati indietro. Jung non è tornato indietro, Adler non è tornato indietro, Ferenczi non è tornato indietro, Rank non è tornato indietro. Quelli che vanno a iscriversi sulle liste (mi riferisco come per tutta questa intervista alla Francia) si stanno prendendo una responsabilità immensa e non se ne rendono conto, stanno scrivendo un momento essenziale della storia della psicanalisi, un momento 10

11 11 doloroso, tragico, ma non se ne rendono conto. Non so se tra vent anni ci saranno ancora psicanalisti. Non lo so. Può darsi che ci sarà della psicoterapia analitica, più o meno, ma quando tu leggi Lacan ti rendi conto del lavoro permanente che c è in questa pratica. Dunque nessuno ti obbliga a fare questo: chi te lo fa fare? ALESSANDRA GUERRA: Lei è uno degli autori del Manifeste pour la psychanalyse. Perché avete scritto il Manifeste? Plon: Eravamo una decina di persone, anche un po di più, quando il progetto di legge sulla lista degli psicoetrapeuti ha cominciato ad essere discusso in parlamento. In quel momento molti psicanalisti (dell IPA, dell SPP, lacaniani) hanno cominciato a riunirsi per dire che conveniva incontrare il Ministro per discutere e trovare un modo che fosse una protezione della psicanalisi. Noi ci siamo riuniti a quel punto per dire che questo non conveniva, bisognava dire no e tornare a Freud, a Lacan, a cosa hanno detto Freud e Lacan quando ci sono stati dei rischi di questo tipo, attacchi interni e esterni contro la psicanalisi. Abbiamo cominciato a fare riunioni in dieci, dodici colleghi poi a poco a poco alcuni colleghi sono andati via, hanno detto che eravamo troppo rigidi, siamo rimasti in sei e abbiamo fatto un seminario, una serata al mese con persone per discutere. Dopo un anno abbiamo deciso di lavorare insieme due o tre volte al mese per fare avanzare le idee, per discutere e abbiamo messo fine al seminario perché stava diventando un luogo di lamentele: Nella mia istituzione fanno così, cosa dovrei fare e così via, ma il seminario non era più un luogo di riflessione teorica. Allora abbiamo detto: La questione della legge è allo stesso tempo una questione psicanalitica e una questione politica. Bisogna riflettere sull articolazione tra le due. Così questo gruppetto ha continuato a lavorare, ad un certo momento c è stato Pier Bruno che ha detto: Siamo arrivati ad un certo punto del lavoro, perché non facciamo un libro? Cosa dici? Un libro?. Discussioni a non finire. Ci sono state due riunioni di discussione sulla questione se fare un libro. Abbiamo detto: Proviamo. Ma come facciamo? E meglio che ognuno scriva il suo capitolo, sarebbe meglio che ognuno prendesse una parte: scrive qualcosa poi lo fa circolare fra gli altri che fanno obiezioni, critiche, modifiche. 11

12 12 Così abbiamo fatto. A poco a poco i testi sono diventati più fini, più lavorati, più esigenti e anche lo stile di ognuno si è un po avvicinato a quello degli altri e siamo arrivati ad un manoscritto, rimaneva da cercare l editore. Abbiamo incontrato molti editori che hanno detto: Il libro è interessante ma. Noi non volevamo un editore specializzato in psicanalisi, c era l editore Hazan. Abbiamo detto: Andiamo a vedere, prendiamo un appuntamento, andiamo con il manoscritto. Abbiamo lasciato il manoscritto. Dieci giorni dopo Hazan ci ha chiamato, sono molto commosso, è stato un momento decisivo. Tu Hazan non lo conosci, Hazan ci ha convocati, siamo andati in un caffè vicino al suo ufficio, lui lavora in una piccola casa con due persone. Ha spiegato: Ci sono editori e editori, ci sono due tipi di editori che non hanno niente a che vedere l uno con l altro. Abbiamo visto il nostro manoscritto che era assolutamente pieno di annotazioni e Hazan ha detto: Ho letto, però lavoriamo. Dunque abbiamo lavorato con lui, ognuno ha preso il suo capitolo andando a parlargli. Poi abbiamo deciso il titolo, abbiamo deciso di non mettere i nomi in copertina perché era un gruppo. Ma succede ancora oggi fra noi che non abbiamo completamente realizzato di avere pubblicato il Manifeste. Si è basato su qualcosa che ha a che vedere con la psicanalisi, capisci, non c era un contratto, è un processo che si è fatto e io penso che noi volevamo dire questo l altra sera. L unica cosa che credo è che voi dovete scrivere sulla situazione italiana, sulla relazione tra la psicanalisi e la storia dell Italia, perché per esempio, molto prima dell affare Verdiglione negli anni 50 e anche prima, perché Weiss non ha avuto seguito, perché l IPA ha potuto prendere il potere in Italia. C è da tenere in conto il Vaticano, la forza della Chiesa nella storia italiana, tutta la storia italiana, per capire perché la psicanalisi fino agli anni 60 non è riuscita ad emergere; non bisogna fermarsi sulla storia italiana, ma è per capire la storia della psicanalisi. Sono stato innamorato dell Italia fino a un punto che non puoi immaginare. Quando avevo 25 anni. prima ho lavorato un po in Italia nel turismo, poi sono andato spesso in Italia, leggevo tutti i giornali italiani e tutta la letteratura politica italiana, ho tradotto alcuni libri su Machiavelli. Ho pensato molto alla storia italiana tra il 1945 e il 1989, dall inizio della guerra fredda alla caduta del Muro di Berlino: è una parentesi storica dell Italia molto particolare, un momento lungo durante il quale l Italia è stata il prolungamento mentale, ideologico e politico del Muro di Berlino. 12

13 13 Può darsi che un giorno scriverò un libro in francese su questo argomento. Sono convinto che voi dovete lavorare per scrivere una sorta di situazione della psicanalisi in Italia che prenda in considerazione tutta la storia dell Italia per capire. E vero? ALESSANDRA GUERRA: Verissimo. MICHEL PLON: Dovete scrivere una storia della psicanalisi integrata dentro la storia dell Italia, perché molta gente pensa che Francia e Italia siano la stessa cosa: assolutamente no! La mentalità francese, la cittadinanza della Francia, la storia della Francia è tutta un altra cosa. I francesi conoscono malissimo l Italia, conoscono il Vaticano, San Pietro, conoscono Venezia, ma la storia italiana, la letteratura italiana, la filosofia italiana non la conoscono, sono completamente ignoranti, anche la maggior parte dell intellighenzia. C è da scrivere, da lavorare molto per dare un affondo al vostro sforzo, perché non avete avuto un Lacan, non avete avuto un Foucault, dunque potete utilizzare questi autori, ma dovete trovare le vostre fonti. Bisogna leggere e rileggere tanto Croce, e Gobetti, autori che sono parte della storia italiana: non è importante se siamo d accordo o no con Croce e con Gobetti. ALESSANDRA GUERRA: Leggere, leggere, e pensare. Caro dottor Plon la ringrazio moltissimo per tutto quello che ha detto, per avere accettato di rilasciarmi questa intervista molto interessante. MICHEL PLON: No, io ti ho pregato, veramente, di lasciar stare la parola dottore, non puoi immaginare quanto mi arrabbio. ALESSANDRA GUERRA: No, se la fa arrabbiare assolutamente no. MICHEL PLON: Uso apposta una parola forte, che tu ti metta in testa, non voglio più sentire la parola dottore. ALESSANDRA GUERRA: Farò del mio meglio, promesso: Caro Michele, senza dottore. Grazie di tutto quello che ha detto. Parigi, 6 aprile

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