Rapporto Ecomafia 2002

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1 Rapporto Ecomafia 2002 Premessa Rapporto Ecomafia 2002 "Qualunque sia lo schieramento politico che governerà l Italia dopo le prossime elezioni politiche, troverà sul tavolo le proposte che abbiamo avanzato e sostenuto, invano, negli ultimi cinque anni, per difendere queste ricchezze dall'assalto di ecomafiosi ed ecocriminali". Si concludeva così il Rapporto Ecomafia presentato da Legambiente il 5 marzo del Le ricchezze a cui facevamo riferimento erano quelle naturali, storiche e culturali che rendono il nostro Paese davvero unico al mondo. Le proposte riguardavano l introduzione dei delitti contro l ambiente nel nostro Codice penale e il varo di nuovi, più efficaci, strumenti di repressione dell abusivismo edilizio. Lo schieramento politico che governa l Italia, com è noto, è cambiato dopo il voto del maggio scorso. E Legambiente è stata di parola: i disegni di legge che prevedono sanzioni più efficaci contro chi saccheggia il nostro patrimonio ambientale e che introducono procedure e risorse adeguate per contrastare l avanzata del cemento illegale, sono già stati presentati in Parlamento: primo firmatario Ermete Realacci. Non poteva, del resto, essere altrimenti. L impegno di Legambiente sul versante della lotta all ecomafia, e più in generale ai fenomeni d illegalità ambientale, ha due caratteristiche: la continuità e la coerenza. Ma è, soprattutto, la drammatica realtà delle cifre, delle storie di cronaca, delle denunce raccolte anche quest anno nella settima edizione del Rapporto Ecomafia che c impone di "ritornare sul luogo del delitto". Il nostro Paese è soggetto a una vera e propria rapina delle sue risorse più preziose, sistematica in alcune aree ma purtroppo assai diffusa sul territorio, che, vale la pena ribadirlo, condiziona gravemente e spesso inibisce nei fatti qualsiasi ipotesi di sviluppo economico sano e pulito. I numeri non lasciano molti margini di dubbio: nel 2001 gli illeciti ambientali accertati dalle forze dell ordine sono stati ; le persone denunciate sono e i sequestri effettuati 8.273; il 50,3% di questi illeciti si concentra nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia); la regione in cui si registra il maggior numero di infrazioni accertate è, ancora una volta, la Campania, con illeciti, seguita, quest anno, dalla Sicilia e dalla Calabria; la Campania è di nuovo la prima regione per quanto riguarda le infrazioni relative al ciclo del cemento, mentre la Sicilia occupa il primo posto per quanto riguarda gli illeciti riscontrati nel ciclo dei rifiuti; nel 2001, secondo i dati forniti dal Comando tutela patrimonio culturale dell Arma dei carabinieri, sono stati i furti di opere d arte e reperti archeologici denunciati in Italia; gli oggetti trafugati, le persone indagate e 147 quelle arrestate (il numero complessivo delle persone indagate o arrestate sale a se si tiene conto delle attività svolte in questo settore dalle altre forze dell ordine, in particolare dalla Guardia di finanza); la case abusive realizzate nel corso del 2001 sono state , per una superficie complessiva di oltre 3,8 milioni di metri quadrati e un valore immobiliare stimabile in milioni di euro;

2 il 53,6% delle nuove abitazioni illegali si concentra nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa; la Campania, con case abusive, conferma, purtroppo, il suo poco invidiabile primato anche in questo settore; il business potenziale dell ecomafia stimato da Legambiente per l anno 2001 è di milioni di euro, pari a miliardi di lire; i clan censiti in questo Rapporto sono 151. Il confronto con i dati relativi all anno 2000 offre diversi spunti di riflessione: cresce in maniera davvero significativa il numero delle persone denunciate (sono in più) e quello dei sequestri effettuati (che aumentano di oltre il 21% tra il 2000 e il 2001 e quasi raddoppiano rispetto al 1999); resta sostanzialmente stabile, invece, il numero di infrazioni accertate (con una flessione di appena l 1,5% rispetto al 2000); è la conferma di una tendenza già segnalata nei precedenti Rapporti: l attività delle forze dell ordine è sempre più orientata verso il controllo e la repressione di attività illecite con un maggiore impatto ambientale (dalla lavanderia e dalla piccola officina si è passati alla cava e alla discarica abusiva, solo per fare un esempio), che vedono coinvolte, in genere, più persone e comportano atti giudiziari di particolare rilievo, come i sequestri; si conferma la sovrapposizione, assai significativa, tra le aree dove sono più diffusi i fenomeni d illegalità ambientale e le regioni maggiormente soggette al potere delle organizzazioni mafiose; quando i clan controllano il territorio, insomma, il degrado ambientale, oltre a quello civile e sociale, è garantito; per quanto riguarda le singole regioni, sono da segnalare gli incrementi degli illeciti ambientali registrati in Sicilia, Puglia, Veneto, Marche e, soprattutto, Emilia Romagna; i dati relativi al furti di opere d arte e reperti archeologici, pur confermando una forte "attenzione" criminale, indicano nel 2001 una diminuzione del numero di furti e delle persone indagate o arrestate rispetto all anno precedente; aumentano, invece, in maniera rilevante il numero di reperti archeologici provenienti da scavi clandestini e recuperati, segno di un ancora più rafforzata efficienza nelle attività di prevenzione e repressione; s interrompe subito, purtroppo, il ciclo "virtuoso" che sembrava essersi avviato nell anno 2000 per quanto riguarda l abusivismo edilizio; vale la pena ricordare, infatti, che nel precedente Rapporto Ecomafia avevamo segnalato una brusca inversione di tendenza nella costruzione di nuove case illegali: erano state ben in meno rispetto al 1999, con una riduzione pari al 13,8% e punte fino al 15,7% nel Mezzogiorno; nel 2001, invece, la "ritirata" del cemento illegale si è fermata a uno scarso meno 2,3%; non siamo ancora all inversione di tendenza, che pure si è registrata in alcune realtà, ma l abusivismo edilizio sembra di nuovo attestato su valori che rimangono inaccettabili per un Paese civile; la netta flessione subita, invece, dalla demolizioni e il riemergere di ipotesi di condono, più o meno mascherato, non hanno certo giovato al ripristino della legalità; crescono ancora sia il business potenziale dell ecomafia (con un incremento del 4,5% rispetto al 2000), sia il numero di clan, che passano da 143 a 151: è la conferma dell interesse delle organizzazioni criminali verso i settori tradizionali dell ecomafia (cemento, rifiuti, racket degli animali) e della loro capacità di sfruttare nuove opportunità, dall emergenza "mucca pazza" alle bonifiche ambientali. L analisi dei dati forniti dalle forze dell ordine e di quelli elaborati dal Cresme sul versante dell abusivismo edilizio non esaurisce, come sempre, il lavoro di ricerca svolto da Legambiente. Anche in questo Rapporto Ecomafia, infatti, non mancano gli elementi, per così dire, di scenario, elaborati attraverso la lettura di atti e documenti istituzionali (come le Relazioni sulle attività della Direzione investigativa antimafia e dei Servizi di sicurezza e quella del ministero dell Interno sul fenomeno della criminalità organizzata); i dossier e le denunce presentate dai circoli e dalle strutture

3 regionali di Legambiente, nonché dalle altre associazioni ambientaliste; un ampia raccolta di articoli e inchieste pubblicate su quotidiani e periodici, locali e nazionali; l archivio informatico dell Ansa; gli atti giudiziari dei diversi procedimenti penali seguiti dai Centri di azione giuridica delle nostra associazione; le Relazioni svolte in occasione della recente inaugurazione dell anno giudiziario Sono numerose le indicazioni che emergono da questo lavoro di analisi. In particolare, per quanto riguarda il ciclo dei rifiuti, è opportuno segnalare: l esistenza di vere e proprie organizzazioni criminali dedite al traffico illecito di rifiuti, come dimostrano i risultati dell Operazione Greenland, realizzata dal Comando tutela ambiente dell Arma dei carabinieri; si tratta di associazioni a delinquere complesse, autonome rispetto alle stesse organizzazioni mafiose, prive di qualsiasi scrupolo verso l ambiente e la salute dei cittadini, che gestiscono quantitativi impressionanti di rifiuti speciali e pericolosi, nell ordine dei milioni di tonnellate; queste organizzazioni sono in grado di contaminare anche territori ritenuti, erroneamente, immuni: l Umbria, per esempio, è stata utilizzata sia come luogo di smaltimento che come crocevia dei traffici illeciti; il ricorso come "siti finali" delle attività di smaltimento illecito, accanto alle cave in disuso o ai greti di fiumi e torrenti, a vere e proprie aziende agricole, spesso compiacenti, che impiegano fanghi di depurazione altamente inquinanti e residui industriali pericolosi come "fertilizzanti": smaltimenti illeciti di questo tipo sono stati accertati dall Arma dei carabinieri in Umbria, Toscana, Lazio e Puglia; l esistenza, accanto alla tradizionali rotte Nord-Sud, di filiere di traffici di rifiuti che "puntano" sulla Sardegna, come emerge dagli atti della Commissione parlamentare d inchiesta sul ciclo dei rifiuti della scorsa legislatura e da alcuni sequestri operati dalla magistratura nel corso del 2001, in particolare a Porto Torres e Olbia; il grande numero di discariche abusive di rifiuti individuate anche quest anno in Puglia, frutto, sicuramente, di una più intensa attività di controllo da parte delle forze dell ordine ma anche di una costante pressione esercitata da trafficanti e smaltitori illeciti; l interesse manifestato dalle organizzazioni mafiose per gli appalti relativi ai nuovi impianti di smaltimento in corso di realizzazione, soprattutto nelle regioni meridionali, e l allarme relativo alle imminenti e auspicabili attività di bonifica, rilanciato nella Relazione sulla politica informativa e della sicurezza, per il primo semestre del 2001, curata dal Cesis. Non deve stupire l ampiezza e l estrema pericolosità, sotto tutti i profili, delle attività illecite riconducibili al ciclo dei rifiuti. Nel nostro Paese, secondo i dati elaborati dall Anpa e l Osservatorio nazionale sui rifiuti, spariscono ogni anno almeno 11,6 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, dagli inerti a quelli pericolosi: una vera e propria montagna di "monnezza", con una base di metri quadrati (più o meno tre campi di calcio uno accanto all altro), alta ben metri. Persino difficile da immaginare. Non ci vuole, invece, un eccessivo sforzo di fantasia per delineare quanto sta già avvenendo in un altro settore tradizionale dell ecomafia: il ciclo del cemento. Legambiente non può che condividere le preoccupazioni espresse dal Procuratore nazionale antimafia, Piero Luigi Vigna: "La questione degli appalti - ha dichiarato il Procuratore - è particolarmente delicata. L eliminazione del limite per i sub-appalti, soprattutto, apre la strada a molti illeciti". Non solo: esiste, secondo la nostra associazione, il pericolo che sotto il "cappello" del cosiddetto "general contractor" si possa nascondere il vero e proprio sistema imprenditoriale delle organizzazioni mafiose, che va dalla fornitura di materiali al nolo dei mezzi meccanici, fino alla gestione diretta dei lavori. Sono innumerevoli, del resto, le conferme raccolte in questo Rapporto, soprattutto sulla base del lavoro di analisi svolto dalla Direzione investigativa antimafia.

4 Vale la pena segnalare in questa sede anche altri elementi di preoccupazione, che vanno ben al di là del ruolo esercitato dai clan: quello che registriamo nel 2001, infatti, è un vero e proprio assalto al territorio, dalle coste ai fiumi. Un assalto che chiama in causa, accanto agli interessi mafiosi, fenomeni più diffusi d illegalità ambientale e scelte politico-amministrative a dir poco improvvide, che alimentano veri e propri saccheggi consumati o progettati con il crisma, formale, della legalità: il primo segnale d allarme riguarda fiumi e torrenti, nei quali riprendono, su larga scala, le attività di escavazione in alveo, abusive e non, di ghiaia e sabbia; Legambiente Veneto ha raccolto un dettagliato dossier sul "dragaggio" del Po, in cui vengono segnalati sia tutti gli episodi sospetti riscontrati dalla nostra associazione sia i risultati delle attività d indagine svolte in particolare dalla Guardia di finanza di Cremona e di Porto Levante e dal Corpo forestale dello Stato: nonostante l impegno profuso da queste strutture investigative, il fenomeno delle escavazioni selvagge, purtroppo, prosegue incontrastato e riguarderebbe anche l Adige; Legambiente Umbria ha denunciato, grazie all attività svolta dalle Guardie ecologiche volontarie, massicce attività di escavazione nell alveo di fiumi e torrenti "giustificate" con attività di manutenzione ordinaria e straordinaria; interventi che, guarda caso, vengono di nuovo autorizzati, dopo una lunga e salutare pausa, in concomitanza con l avvio dei lavori di ricostruzione post-terremoto; il sospetto, più che fondato, è che queste opere, che causano peraltro, rilevanti guasti ambientali, servano a mascherare un consistente traffico di materiali pregiati per l edilizia; infine, si moltiplicano in Calabria, nel corso del 2001, i sequestri di cave e impianti di lavorazione degli inerti realizzati, abusivamente, nell alveo di fiumi e torrenti; un capitolo a parte viene dedicato ai lavori dell Alta velocità, in corso, soprattutto, nell area del Mugello; qui, il 23 giugno del 2001 scattano, infatti, i sequestri dei cantieri disposti dalla magistratura fiorentina, anche a seguito degli esposti presentati da Legambiente e da altre associazioni e comitati locali; le accuse riguardano sia l interramento nelle cave di materiali inerti (il cosiddetto smarino) che andavano invece trattati come rifiuti, sia il drenaggio delle acque nelle galleria di Marzano; i cantieri sono stati successivamente dissequestrati ma l inchiesta, a tutt oggi, non è stata ancora archiviata, nonostante un intervento legislativo fortemente contestato dalla nostra associazione che ha "declassificato" terre e rocce da scavo, sottraendole, anche se inquinate, alla disciplina prevista del decreto Ronchi; al di là degli esiti giudiziari di questa vicenda, Legambiente denuncia, sulla base dei dati acquisiti dall Arpat (l Agenzia per l ambiente della Regione Toscana), il grave inquinamento in atto di diversi torrenti e corsi d acqua (Diaterna, Bagnone, Rovigo, Bagnoncino, Fosso del Mandrio, Fosso del Carlone), immediatamente a valle dei cantieri dell Alta velocità; un inquinamento causato dall immissione di fanghi che presentano, come nel caso registrato nell estate del 2001 sul torrente Diaterna, elevatissime presenze di idrocarburi; cresce la pressione edificatoria sulle coste delle regioni meridionali, in particolare la Puglia (a cominciare dal Salento) e la Sicilia, in cui si registra una decisa impennata delle infrazioni riscontrate dalle forze dell ordine nel ciclo del cemento (più 52% rispetto al 2000); si allungano i "tentacoli" della cosiddetta mafia invisibile: secondo il collaboratore di giustizia Angelo Siino, considerato l ex ministro dei Lavori pubblici di Totò Riina, "Cosa nostra continua a controllare gli appalti. Nulla è cambiato sotto il sole"; la stessa Direzione investigativa antimafia segnala, nella relazione trasmessa al Parlamento nell aprile 2001, come Cosa nostra abbia fatto "la precisa scelta di concentrare le proprie forze sul controllo degli appalti"; mentre in quella più recente, relativa alle attività svolte nel primo semestre 2001, disegna uno scenario ancora più inquietante: "L entità degli interessi per la costruzione del Ponte sullo Stretto e la particolarità dell opera sono tali da far ritenere possibile un intesa tra le famiglie reggine e Cosa nostra, in vista di una gestione non conflittuale delle opportunità di profitto che ne deriveranno"; vale la pena ricordare che si

5 sta parlando di un opera ancora sulla carta e che, secondo Legambiente, sulla carta deve restare, soprattutto per la sua mastodontica inutilità. La dimensione nazionale non esaurisce, anche quest anno, il quadro delle attività analizzate nel Rapporto Ecomafia. Si conferma, infatti, quella tendenza alla globalizzazione dei mercati illeciti già evidenziata nel precedente Rapporto, anche se non mancano alcune novità: accanto alle rotte tradizionali Nord-sud, si sono aggiunte, con particolare virulenza nel 2001, quelle Est-Ovest, per quanto riguarda i traffici illeciti di specie protette, come ha rivelato l inchiesta "Balkan birds", condotta dal Corpo forestale dello Stato di Vicenza e Padova; quelle da Ovest, soprattutto dagli Stati Uniti, verso il Sud Est asiatico e la Cina, per quanto riguarda improbabili attività di riciclaggio di rifiuti e componenti di computer, denunciate da alcune associazioni ambientaliste americane; quelle che dall Africa portano di nuovo, anche attraverso l Europa, verso la Cina, per quanto riguarda infine traffici di avorio; un importante indagine condotta dal Corpo forestale dello Stato, in particolare quello di Brescia, e coordinata dalla Procura di Milano ha consentito di individuare esportazioni non autorizzate di rifiuti, anche in questi caso da destinare al "riciclaggio", da alcuni porti italiani verso quello cinese di Hong Kong; tra le nuove frontiere dei traffici di prodotti derivati da specie protette figurerebbe (secondo quanto emerso nel maggio del 2001 durante una conferenza organizzata a Roma sempre dal Corpo forestale dello Stato), l import-export di caviale, venduto sul mercato nero a prezzi nove-dieci volte superiori rispetto a quello legale; le indagini condotte dal Comando tutela patrimonio culturale dell Arma dei carabinieri, in particolare la cosiddetta Operazione Pandora (37 persone arrestate e beni sequestrati per 35 milioni di euro, circa 70 miliardi di lire), confermano l esistenza di organizzazioni criminali specializzate in traffici internazionali di reperti archeologici, che possono avvalersi di sofisticate tecnologie e di un ramificato sistema di "commercializzazione": i reperti trafugati in Italia raggiungono, attraverso la Svizzera, paesi come l Inghilterra, gli Stati Uniti e il Giappone. Non sono mancati, fortunatamente, segnali diversi da quelli illustrati finora. Come l abbattimento del Villaggio Sindona, sull isola di Lampedusa, o quello, ancora più recente degli scheletri di Montecorice, nel parco del Cilento e Vallo di Diana, due degli ecomostri più volte denunciati da Legambiente. Oppure l approvazione, nell ultimo giorno utile della scorsa legislatura, del nuovo delitto di traffico illecito di rifiuti, scelto non a caso come distico iniziale di questo Rapporto e applicato, per la prima volta, durante la già citata Operazione Greenland. Ma è poco, davvero troppo poco di fronte alla gravità dei fenomeni misurati anche quest anno da Legambiente. Non solo: provvedimenti come la deregulation negli appalti pubblici, introdotta con la cosiddetta "Legge Obiettivo"; il condono dei reati ambientali inserito, di fatto, nella legge sull emersione del lavoro nero e quello ipotizzato in Sicilia per le case abusive non sanabili realizzate lungo le coste, sembrano andare nella direzione opposta a quella auspicabile. Conforta, invece, l orientamento assunto in Europa: il prossimo 8 aprile, in seduta plenaria, il Parlamento europeo comincerà l esame in prima lettura della proposta di Decisione quadro del Consiglio e della proposta di direttiva della Commissione, che prevedono entrambe l introduzione dei delitti contro l ambiente nel sistema penale dell Unione (crimini peraltro già inseriti nel cosiddetto mandato di cattura europeo). L auspicio è che questo orizzonte comunitario induca le forze politiche italiane, a cominciare da quelle dell attuale maggioranza, ad approvare in tempi rapidi quella riforma che è stata, purtroppo, affossata nella scorsa legislatura: una riforma grazie alla quale l Italia, che possiede il più grande patrimonio europeo di biodiversità, avrebbe potuto già oggi sanzionare, come meritano, i delitti contro l ambiente.

6 Due considerazioni conclusive. La prima: questo rapporto Ecomafia contiene una breve capitolo dedicato al decennale di Mani pulite, che è stato "celebrato" poco più di un mese fa. Abbiamo pensato di dare un piccolo contributo rileggendo dieci anni di cronache giudiziarie attraverso il "parametro", parzialissimo, degli arresti eseguiti per tangenti legate alla realizzazione di opere pubbliche (c è di tutto, dagli ospedali alle fognature, passando per le strade e le discariche). Vale la pena riassumerlo in un solo numero: oltre il 70% degli arresti eseguiti riguarda imprenditori, dirigenti d azienda, tecnici e funzionari pubblici, liberi professionisti. Un dato che dovrebbe far riflettere sulla "rappresentazione" tutta politica delle inchieste giudiziarie sulla corruzione, avviate dal febbraio 1992 in poi. La seconda: tra maggio e luglio il nostro Paese ricorderà il sacrificio di Giovanni Falcone, di sua moglie, Francesca Morvillo, di Paolo Borsellino, degli uomini e delle donne che li scortavano. Saranno trascorsi dieci anni dalla stragi mafiose, uno dei momenti più difficili affrontati dal nostro Paese dal dopoguerra a oggi. Allora, come fortunatamente capita a noi italiani, i cittadini, le istituzioni seppero reagire. Tra i fiori di quella "primavera" della legalità sbocciò Libera, l associazione delle associazioni contro le mafie, di cui fa parte anche Legambiente insieme a tantissime altre (oltre 800), che è presieduta da Luigi Ciotti. E per questa ragione che abbiamo deciso di presentare questo Rapporto anche sotto il segno, il simbolo di Libera. Ci è sembrato il modo migliore per onorare il ricordo di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino, di tutte le vittime di mafia. E, nei limiti delle nostre possibilità, di mantenerne vivo l impegno.

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