Le proprietà meccaniche dei materiali dei materiali
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- Marcellino Castellani
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1 Le proprietà meccaniche dei materiali dei materiali 1
2 L eterno rapporto di causa ed effetto "Se vuoi conoscere le cause create nel passato, guarda gli effetti che si manifestano nel presente. Se vuoi conoscere gli effetti che si manifestano nel futuro, guarda le cause che vengono create nel presente 2
3 Lo sforzo e la deformazione L effetto dell applicazione di forze sui materiali è di indurre deformazioni transitorie e/o permanenti Il comportamento meccanico di un materiale è descritto mediante relazioni tra carichi applicati e deformazioni La determinazione delle distribuzioni degli sforzi e delle deformazioni derivanti da carichi esterni applicati permette di dimensionare le parti in fase di progettazione 3
4 La rappresentazione sforzo/deformazione 4
5 La resistenza meccanica La resistenza meccanica è il massimo sforzo che un generico materiale, sotto forma di provino, è in grado di sopportare prima della rottura. La resistenza meccanica dei materiali ai vari tipi di sollecitazione può essere misurata con prove specifiche di compressione, trazione, flessione, taglio e torsione e pertanto si parlerà rispettivamente di resistenza a compressione, resistenza a trazione... 5
6 Analisi meccaniche sui materiali Le proprietà meccaniche vengono determinate in prove di laboratorio Le prove meccaniche si differenziano in base alla sollecitazione applicata. Il carico applicato può essere: Trazione Flessione Compressione Taglio Torsione Rispetto al tempo la distribuzione della sollecitazione applicata può essere: Istantanea Continua Alternata Prove meccaniche effettuate ad alta temperatura consentono di apprezzare le proprietà termostrutturali 6
7 Prove di trazione Sono le prove più comunemente utilizzate per determinare le proprietà meccaniche quali modulo elastico, resistenza, allungamento a rottura, tenacità Si applica una deformazione controllata ad un provino a osso di cane (una traversa è fissa, l altra mobile) Si misura la risposta del campione in termini di forza 7
8 Sistema di misura e geometria del provino Lo sforzo e la deformazione si calcolano da: Allungamento del provino Forza del provino 8
9 Il modulo elastico o di Young Young modulus La deformazione elastica è la deformazione reversibile indotta da uno sforzo esterno agente sul materiale Quando la forza agente viene annullata, si azzera anche la deformazione La proporzionalità tra σ ed ε è chiamata legge di Hooke La rigidità (stiffness) di un materiale è legata alla forza dei legami interni al materiale Bulk modulus Shear modulus 9
10 Rappresentazione grafica Il modulo è dato dalla pendenza della retta nel campo elastico σ σ e α ε e ε 10
11 Rappresentazione del legame e della forza in termini fisici e meccanici 11
12 La legge di Hooke 12
13 Forza e energia potenziale in una molecola biatomica 13
14 Oscillazioni, espansione e fusione Gli atomi oscillano intorno ad una distanza media che aumenta con l ampiezza dell oscillazione ossia al crescere della temperatura Il coefficiente di dilatazione lineare è definito come (CTE) dove: α =dl/l*dt dl = variazione di lunghezza l = lunghezza totale dt = variazione di temperatura 14
15 Interpretazione atomica della legge di Hooke Lo sforzo è proporzionale all allungamento σ = Eε = EΔa 0 /a 0 a 0 Δa 0 F = σ a 0 2 = KΔa 0 Dal confronto E = K/a 0 15
16 Rigidità del legame 16
17 Elasticità e modulo di Young Tipo di legame Costante di elasticità K (N/m) Modulo di Young (GPa) Covalente metallico ionico Legame idrogeno Van der Waals 0,
18 La rigidità specifica 18
19 Carico di snervamento Il valore della tensione in corrispondenza della quale il materiale inizia a deformarsi plasticamente, passando da un comportamento elastico reversibile ad un comportamento plastico caratterizzato da deformazioni irreversibili che non cessano al venir meno della causa sollecitante Il limite apparente di elasticità o carico di snervamento è quello che induce 0.2% di deformazione permanente 19
20 Modulo di Poisson ν In campo elastico, applicando una tensione monoassiale longitudinale, oltre alla deformazione longitudinale imposta, si verifica una contrazione trasversale ad essa proporzionale, misurabile dalla variazione del diametro del provino. La costante di proporzionalità tra le deformazioni è il coefficiente di Poisson (valore positivo) che può essere valutato misurando la deformazione trasversale e utilizzando la relazione Se il comportamento è isotropo, detto z l asse di trazione, il modulo di Poisson è definito: Per un materiale ideale dovrebbe essere ν=0.5 Nei materiali più comunemente 0.25< ν<0.4 20
21 Duttilità e fragilità La duttilità definisce la capacità del materiale di deformarsi (allungamento percentuale) prima della rottura La duttilità può anche essere determinata dalla riduzione di sezione (strizione) del provino Per la conservazione del volume infatti vale A*L=cost 21
22 Materiali duttili In un materiale duttile lo sforzo cresce fino a raggiungere un valore massimo Successivamente lo sforzo comincia a diminuire per effetto dello scorrimento plastico Il valore massimo dello sforzo è detto resistenza a trazione o modulo di rottura MOR Nei materiali metallici la duttilità è legata al movimento delle dislocazioni Nelle materie plastiche, la deformazione plastica è legata allo scorrimento delle catene polimeriche 22
23 Fragilità e duttilità Raggiunto il limite della deformazione elastica, un materiale si può comportare in due modi: Il campione si rompe Il campione continua a deformarsi, e la deformazione resta anche dopo che la forza agente viene annullata I due tipi di comportamento definiscono la fragilità e la duttilità di un campione I materiali duttili presentano comportamento simile a trazione e a compressione Per i materiali fragili la rottura è innescata in punti di difetti. I materiali fragili resistono molto meglio a compressione, dal momento che la compressione tende a chiudere il difetto, e non ad ampliarlo Fragilità e duttilità dipendono anche dalla temperatura 23
24 Materiali fragili Nei materiali fragili, l impossibilità degli atomi di scorrere provoca la rottura catastrofica del materiale quando la forza applicata supera la forza di legame La resistenza dovrebbe essere quindi proporzionale al modulo elastico Ciò si verifica solo in parte, dal momento che i materiali fragili sono molto sensibili alle proprietà superficiali (cricche) 24
25 Strizione Quando la sezione del provino non si riduce in modo costante si entra nel campo di strizione, L allungamento non è più omogeneo (uniforme su tutta la lunghezza) 25
26 Sforzo reale e deformazione reale Per motivi pratici, lo sforzo e la deformazione si calcolano come mostrato in precedenza Lo sforzo che agisce realmente sul provino è σ r σ i 26
27 Influenza della struttura Per strutture cristalline CFC rimangono duttili anche a basse temperature Invece le strutture CCC ed EC presentano una netta transizione tra comportamento duttile e comportamento fragile abbassando la T di prova Lo stesso comportamento viene evidenziato da polimeri e ceramici 27
28 Resilienza o tenacità Capacità di un materiale di immagazzinare energia nel campo elasto-plastico prima di arrivare a rottura La tenacità è pari all area sottostante la curva σ/ε La resilienza dipende da resistenza e duttilità σ Alta resistenza, bassa duttilità, bassa resilienza media resistenza, media duttilità, alta resilienza bassa resistenza, alta duttilità, bassa resilienza ε 28
29 Tenacità a confronto 29
30 La resistenza a flessione Per i materiali fragili si preferisce calcolare le proprietà meccaniche attraverso prove di flessione Infatti in prove di trazione la notevole sensibilità dei materiali ai difetti fa si che la rottura possa avvenire in corrispondenza dei morsetti di prova Nella prova a flessione l assenza di ammorsaggi permette di ottenere risultati più significativi Spessore 30
31 Diagramma delle tensioni nel test a flessione La tensione media su una sezione è nulla poichè la compressione e la trazione si bilanciano - Compressione F Spessore 0 Trazione + 31
32 La durezza La durezza si definisce come la resistenza di un materiale alla deformazione plastica localizzata Per determinare la durezza si usa un penetratore (fatto di un materiale molto più duro del materiale da testare) Dall area o l impronta del penetratore sulla superficie del materiale se ne determina la durezza Le prove di durezza sono di diversi tipi: Brinell Vickers Knoop Rockwell I risultati ottenuti seguendo le diverse procedure non possono essere confrontati 32
33 La durezza e la SCALA DI MOHS La durezza è una misura che indica la resistenza ad essere scalfito. Nella scala di Mohs, composta da dieci minerali; ogni elemento scalfisce i precedenti e viene scalfito dai successivi TENERI (si scalfiscono con l'unghia) 1 Talco 2 Gesso SEMI DURI (si rigano con una punta d'acciaio) 3 Calcite 4 Fluorite 5 Apatite DURI (non si rigano con la punta di acciaio) 6 Ortoclasio 7 Quarzo 8 Topazio 9 Corindone 10 Diamante (Carborundum) 33
34 La durezza di Brinell (UNI ) La prova di Brinell consiste nel far penetrare una sfera di acciaio molto duro di diametro "D" mediante applicazione di un carico "F", e nel misurare il diametro "d" dell'impronta lasciata dal penetratore sulla superficie del pezzo, dopo avere tolto il penetratore. I valori normati di F e di D sono F = N (=3000 kgf) D = 10 mm σ max =1/3 HB ] 34
35 Durezza Vickers (UNI ) Il penetratore Vickers è costituito da una piramide retta, a base quadrata, di diamante, con l'angolo al vertice (angolo fra due facce opposte) di 136 La prova si svolge applicando un carico di 294 N ( = 30 kgf) per s 35
36 Prove di impatto Nelle prove di impatto un provino viene portato a rottura sotto l urto di una massa in caduta libera pendolare Le prove di impatto permettono di ricavare la tenacità (energia assorbita a frattura) di un materiale La prova di impatto, in cui la forza è applicata a velocità elevatissime, accentua il carattere fragile di un materiale Le prove sono condotte seguendo due tipologie di prova: Charpy Izod Le prove vengono anche condotte in presenza di intaglio per determinare la sensibilità dal materiale 36
37 Prove Izod e Charpy W=P(h-h ) R=W/S La resistenza si può calcolare per unità di lunghezza ( in corrispondenza dell intaglio) o di area (superficie del campione all intaglio) 37
38 Analisi delle curve σ/ε 38
39 Quesito tipo 39
40 La fatica I test a fatica studiano il comportamento meccanico di materiali soggetti a cicli di carico al di sotto del limite di rottura Resistenza a fatica: livello di carico a cui il materiale cede ad un determinato numero di cicli La fatica è la causa più importante di cedimento nei metalli Per un acciaio il limite di resistenza a fatica per N= (Limite di fatica) si ottiene al 40-50% della resistenza a trazione 40
41 Prove di fatica Vengono eseguite su uno strumento, detto macchina di Moore (flessione rotante) Nel caso in cui lo sforzo medio sia nullo (-σ f <σ< σ f ) si determina per ogni valore di σ f il numero di cicli N f perché il provino si rompa La tensione è quella nel punto più sollecitato (la tensione media sulla sezione è nulla) 41
42 Curva di Wohler Riportando il numero lo sforzo in funzione del numero di cicli si determina la curva di fatica La resistenza a fatica va calcolata in corrispondenza di un certo numero di cicli (σ f (N f )) Campo di resistenza quasi statica (N f <10 3 ): la σ f raggiunge valori prossimi a quelli della resistenza a rottura Limite di fatica: è il tratto orizzontale, anche per N il materiale non si rompe (generalmente per σ f < σ r ) N f =K σ f -m 42
43 Parametri importanti I principali fattori che influenzano la vita a fatica: Fattori legati all'applicazione del carico entità della tensione alternata, presenza di una tensione media, tipo di sollecitazione (normale-tangenziale, sollecitazione mono/ bi/tri-assiale), gradiente della tensione Fattori legati alla resistenza e allo stato del materiale caratteristiche meccaniche, temperatura, corrosione, tensioni residue Fattori legati alla geometria dell'elemento forma, dimensioni, finitura superficiale 43
44 Il creep Per effetto di un carico applicato costante, il materiale può continuare a deformarsi anche per tempi molto lunghi Il comportamento è più accentuato alle alte temperature (per i metalli a T>0.4Tf, per i polimeri a tutte le temperature) Il fenomeno di creep è legato a fenomeni di scorrimento nei metalli e di deformazione viscosa nei polimeri Nelle prove di creep si applica uno sforzo costante al provino e se ne misura la deformazione nel tempo Aumentando la deformazione, si misura la diminuzione di modulo elastico 44
45 Curve di creep Il comportamento di un materiale a creep si può descrivere individuando tre distinte zone nel diagramma tempodeformazione: Creep primario: la velocità di creep diminuisce nel tempo Creep secondario: la velocità di creep si mantiene costante Creep terziario: la velocità di creep aumenta nel tempo Deformazione tempo 45
46 Stress relaxation Applicando una deformazione costante al materiale, si misura il decadimento della forza necessaria a mantenere tale deformazione costante σ T t 46
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