Giustizia & Sentenze Il commento alle principali sentenze

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1 Giustizia & Sentenze Il commento alle principali sentenze N Omessi versamenti. Ne risponde l amministratore di diritto Delegare a un terzo la gestione dell azienda non elide la responsabilità penale Categoria: Contenzioso Sottocategoria: Varie L amministratore di diritto è responsabile del reato di omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali anche quando abbia delegato ad altri la gestione dell azienda. Chi riveste formalmente la carica di amministratore ha l obbligo di vigilare sulla corretta gestione della società e sui versamenti delle ritenute secondo scadenze. Affinché l amministratore di diritto possa essere esentato da responsabilità rispetto all amministratore di fatto, non è sufficiente né la posizione di quest ultimo ai vertici dell azienda, né eventuali deleghe da parte dell amministratore di diritto, occorrendo, invece, che venga esclusa in capo a quest ultimo la titolarità dei poteri da intendersi in senso formale. È quanto afferma la Corte di Cassazione Terza Sezione Penale con la sentenza 27 marzo 2014 n Premessa Causa di non punibilità Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti si prefigge di garantire al lavoratore il diritto a una regolare posizione previdenziale, punendo penalmente il datore omettente. Ai sensi dell articolo 2 comma 1-bis del D.L. 463/1983, convertito in Legge n. 638/1983, l omissione contributiva è punibile con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino ad 1.032,91, salvo il caso in cui il datore provveda al versamento entro il termine di tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell avvenuto accertamento della violazione. 1

2 Per consolidato orientamento giurisprudenziale, il reato in questione si inquadra tra gli illeciti omissivi istantanei, il che vuol dire che si consuma nel momento in cui scade il termine utile per il versamento da parte del datore di lavoro, sicché la successiva corresponsione delle somme dovute, previsto dalla norma nei tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell avvenuto accertamento della violazione, realizza la causa di esclusione della punibilità di un fatto reato già perfezionatosi nei suoi elementi costitutivi. La natura di reato omissivo istantaneo si riflette ai fini dell applicazione delle eventuali cause estintive (indulto, amnistia, prescrizione, ecc.) e rende irrilevanti le successive vicende che possano avere impedito al reo di avvalersi della causa di non punibilità (si veda Cass., Sez. III pen., 14 dicembre 2010, Pratesi, che ha ritenuto irrilevante, per escludere la punibilità, la dichiarazione di fallimento intervenuta dopo l avvenuta consumazione del reato). Decorrenza del termine per il pagamento Secondo la Suprema Corte, la prova dell avvenuta comunicazione dell accertamento avente a oggetto l omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti deve avere carattere documentale. Essa può essere costituita anche dallo stesso verbale di accertamento, che attesti l immediata contestazione dell addebito al responsabile dell'omissione che sia presente, oppure dalla successiva comunicazione che non deve assumere i requisiti formali della notificazione. Non può detta prova invece, essere fondata esclusivamente su una deposizione testimoniale (cfr. Cass. n /2011). Nel caso non risulti certa e documentata la contestazione o la notifica dell'avvenuto accertamento delle violazioni, il termine di tre mesi concesso al datore di lavoro per provvedere al versamento dovuto che rende operante la causa di non punibilità prevista dall'articolo 2 della L. n. 638/1883 (come modificato dal D.Lgs. n. 211/1994) decorre dalla notifica del decreto di citazione per il giudizio o eventualmente dalla notifica dell avviso di cui all art. 515 bis c.p.p. (conclusione indagini preliminari). Con la notifica del decreto di citazione infatti, il datore conosce sicuramente l accertamento previdenziale svolto nei suoi confronti ed è così messo in grado di sanare le contestate violazioni (cfr. Cass. n /2007 n /2013). Sul punto le Sezioni Unite della Cassazione hanno però precisato che: nell'ipotesi in cui l esercizio dell'azione penale sia avvenuto prima che l imputato sia stato messo in condizione di fruire della causa di non punibilità o per l'omessa contestazione e notificazione dell'accertamento delle violazioni o per irregolarità della notificazione dell'accertamento, il giudice di merito deve verificare se l'imputato sia stato raggiunto in sede giudiziaria da un atto di contenuto equipollente all avviso dell ente previdenziale che gli abbia consentito, sul piano sostanziale, di esercitare la facoltà concessagli dalla 2

3 legge. (cfr. SS.UU. n. 1855/2011). Ne deriva che il decreto di citazione a giudizio è equivalente alla notifica dell avviso di accertamento solo se, al pari di qualsiasi altro atto processuale indirizzato all imputato, contenga gli elementi essenziali del predetto avviso (individuati nell indicazione del periodo di omesso versamento e dell'importo, della sede dell ente presso cui effettuare il versamento entro il termine di tre mesi concesso dalla legge). NON PUNIBILITÀ Pagamento del dovuto entro mesi L omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1 dell articolo 2 non è punibile se il datore provvede al versamento entro il termine di TRE MESI dalla contestazione o dalla notifica dell avvenuto accertamento della violazione. Omessa contestazione e notificazione dell'accertamento delle violazioni o irregolarità della sua notificazione In una siffatta ipotesi il datore di lavoro non è punibile perché non è stato messo nella condizione di avvalersi della causa di non punibilità (pagamento entro mesi). La causa di non punibilità è inoperante soltanto se il decreto di citazione a giudizio indica il periodo di omesso versamento, l importo e la sede dell ente presso il quale adempiere entro il termine di tre mesi. Queste indicazioni rendono il decreto di citazione equipollente all avviso non notificato, con la conseguenza che il reo è messo in condizione di sanare le contestate violazioni, nell'ipotesi in cui l esercizio dell'azione penale sia avvenuto prima che l imputato sia stato messo in condizione di fruire della causa di non punibilità. Delega a un terzo e mancanza di liquidità. La punibilità resta La giurisprudenza più recente della Suprema Corte esclude che possano essere fatte rientrare tra le cause di non punibilità: o l affidamento a terzi della gestione aziendale; o l assenza di liquidità, che sfocia nel fallimento. Cassazione Terza Sezione Penale, sentenza n /14 Responsabilità dell amministratore di diritto L amministratore di diritto è responsabile del reato di omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali anche quando abbia delegato ad altri la gestione dell azienda, poi fallita, disinteressandosi delle attività contabili. 3

4 Il caso La legale rappresentante di una SRL è stata condannata dalla Corte d appello di Brescia alla pena di giorni venticinque di reclusione giacché riconosciuta responsabile del reato di cui all articolo 2 della Legge n. 638/83. Investita dell esame della controversia, la Suprema Corte ha mantenuto fermo il verdetto sfavorevole alla ricorrente nonostante la difesa abbia lamentato la mancanza di prova circa la ricorrenza sia dell elemento oggettivo che soggettivo del reato. Dovere di vigilanza. L imputata, viste le gravi difficoltà economiche della sua ditta, ne aveva delegato la gestione a terzi (nella specie, un avvocato), disinteressandosi delle attività contabili (ivi compresi i versamenti delle ritenute previdenziali operate sugli stipendi dei dipendenti) convinta che fosse il gestore di fatto della società a dover rispondere delle incombenze; convinzione che però si è rilevata fatale. Osservazioni della SC La Suprema Corte ricorda che chi riveste formalmente la carica di amministratore è tenuto a vigilare, comunque, sulla corretta gestione della società e sui versamenti delle ritenute secondo scadenze. L amministratore di diritto di una società, rispetto all amministratore di fatto, è chiamato a rispondere del reato omissivo, quale diretto destinatario degli obblighi di legge, in quanto il fatto stesso della accettazione (o del mantenimento) della carica attribuisce anche specifici doveri, tra i quali quelli di vigilanza e di controllo, la cui violazione comporta una responsabilità penale diretta, che si concretizza sulla base della sola consapevolezza che da quella condotta emissiva possano scaturire gli eventi tipici del reato (dolo generico), ovvero l accettazione del rischio che questi si verifichino (dolo eventuale). Affinché quindi, l amministratore di diritto possa essere esentato da responsabilità rispetto all amministratore di fatto, non è sufficiente né la posizione di amministratore di fatto ai vertici dell azienda né eventuali deleghe da parte dell amministratore di diritto, occorrendo, invece, che venga esclusa in capo a quest ultimo la titolarità dei poteri da intendersi in senso formale. Nel caso in esame pertanto, bene ha fatto la Corte territoriale di Brescia a ritenere configurata, in capo alla ricorrente, una responsabilità diretta ex art. 40 c.p., anche a titolo di dolo eventuale, attesa l indubbia violazione di un dovere di vigilanza. 4

5 Cassazione Terza Sezione Penale, sentenza n. 3705/14 Difficoltà economiche Le difficoltà economiche dell azienda culminate nel fallimento, non escludono la responsabilità penale dell imprenditore che ha omesso di versare le ritenute previdenziali sulle retribuzioni erogate ai dipendenti. Quando l imprenditore, in presenza di una situazione economica difficile, decida di dare la preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti e di pretermettere il versamento delle ritenute, non può addurre a propria discolpa la crisi di liquidità, ricorrendo in ogni caso il dolo generico (elemento soggettivo del reato). Il caso I giudici con l ermellino hanno annullato la sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale di Brescia nei confronti del legale rappresentante di una società di persone accusato del reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali (articolo 2 comma 1-bis D.L. n. 463/1983). Secondo il giudice del merito difettava l'elemento soggettivo del reato poiché nel periodo in contestazione la società versava in gravi difficoltà finanziarie, poi culminate nel fallimento, intervenuto dopo l'omesso versamento. La Procura generale presso la Corte d appello di Brescia ha proposto ricorso per saltum evidenziando come il reato in questione per costante giurisprudenza di legittimità, sia caratterizzato da dolo generico e integrato dalla scelta consapevole di omettere i versamenti dovuti, essendo irrilevante che il sostituto attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte ai debiti ritenuti più urgenti. Investita dell esame della controversia, la Terza Sezione Penale del Palazzaccio ha appoggiato la linea dura della Procura, poiché rispondente all orientamento maggioritario formatosi in tema di omesso versamento di ritenute previdenziali (Sez. III, sentenze n /2011, n /2011, n /2011 e n /1999). Osservazione della SC La giurisprudenza maggioritaria ritiene configurabile il reato di cui all articolo 2 comma 1-bis D.L. n. 463/1983 anche nel caso in cui si accerti l esistenza del successivo stato di insolvenza dell imprenditore, in quanto è onere di quest'ultimo ripartire le risorse esistenti al momento di corrispondere le retribuzioni ai lavoratori dipendenti, in modo da poter adempiere all'obbligo di versamento delle ritenute, anche se ciò possa riflettersi sull'integrale pagamento delle retribuzioni medesime (Sez. III sentenze n /2007 e n /2001). A fronte della contestualità (e indefettibilità) del sorgere dell obbligazione di versamento con il fatto stesso del pagamento della retribuzione, manca ogni presupposto per invocare l impossibilità di adempiere l obbligazione 5

6 dovendo, la punibilità della condotta, essere individuata proprio nel mancato accantonamento delle somme dovute all INPS. Pertanto non si può ipotizzare l impossibilità di versamento per fatti sopravvenuti, come appunto una pretesa situazione di illiquidità della società rappresentata (cfr. Cass. Sez. III n /1995, con riferimento alle ritenute non versate dal sostituto d imposta ex art. 10-bis D.Lgs. n. 74/2000). Nel caso di specie, osserva la S.C., il giudice del merito ha escluso il dolo sul solo presupposto delle gravi difficoltà economiche comprovate dai procedimenti per decreto ingiuntivo e dai protesti subiti dalla società, senza esporre alcun altro elemento che potesse consentire di ritenere motivatamente escluso l elemento soggettivo del reato in capo al rappresentante legale. - Riproduzione riservata - 6