Definizione della variabile c 2 Distribuzione della variabile c 2

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1 Definizione della variabile c Distribuzione della variabile c In queste definizioni ho N variabili indipendenti, nessun vincolo e quindi N coincide con i gradi di libertà

2 In un sistema fisico dove il numero di gradi di libertà è legato al numero di vincoli (ricordatevi Il fattore N-1 nella deviazione standard) allora vale la solita definizione: gradi di libertà (n) = numero misure indipendenti (N) numero di vincoli (c) Valgono le seguenti affermazioni n= N - C 3) Per valori di n > la distribuzione assume il valore massimo in corrispondenza di n-

3 In figura sono mostrate le f (c ) per = 1,,3,4,6,9 (in questa figura i grado di libertà sono indicate come ). Si osservi che per la funzione f (c ) decresce in modo monotono al crescere del valore di c. Inoltre per = 1 è divergente per c 0 e per = diventa la funzione esponenziale negativa c

4 c i1, N x ) x i ha come funzione di distribuzione la f n c ) con n = N-1 gradi di libertà. Infatti il valore medio è calcolato dai dati e quindi è un vincolo.

5 Risulta che il c è un indicatore dell accordo fra i valori osservati ed i valore attesi. Se c 0 l accordo è perfetto ma è una situazione irrealistica poiché sarebbe assente l errore statistico. Se l accordo è buono (ovvero il valore osservato è entro una deviazione standard dal valore atteso ) allora c N

6 Test del c per la verifica di una distribuzione attesa (cap. 11 Cannelli) Si supponga di avere un campione x 1,x, x N di N variabili casuali e ci si ponga il problema di trovare la distribuzione di probabilità da cui proviene. Il test del c è uno dei test di verifica di ipotesi di distribuzione attesa. Questo test può essere applicato sia ad una distribuzione discreta sia ad una distribuzione continua. Si supponga che gli N valori della variabile possano essere divisi in n intervalli o classi mutuamente esclusivi in ciascuno dei quali cada un numero f ( = 1,.. n) di valori. Vale la relazione : n f N 1 Siano p le probabilità, calcolate sulla base della distribuzione ipotizzata, assegnate al -esimo intervallo. Si noti che la variabile f è una variabile binomiale con valore atteso Np e varianza Np (1- p ). Infatti f indica la misura del numero di volte in cui x i cade nell intervallo -esimo. In termini binomiali ho N tentativi e p probabilità di successo. Esempio: Tiro un dado equiprobabile a 6 facce. La probabilità di avere 1 è p =1/6. Facendo N=60 tiri mi aspetto di ottenere Np = 10 volte la faccia 1. Il valore che osservo tirando effettivamente il dado 60 volte è f che, il più delle volte, è diverso da 10. Riassumendo: Np è il valore atteso f è il risultato della misura!

7 Per controllare se l insieme delle probabilità teoriche p è compatibile con l insieme delle frequenze osservate f, si costruisce la variabile (introdotta nel 1900 da K.Pearson) chiamata c. A priori non è il c precedentemente definito, infatti bisogna dimostrarlo!! c 1, n f Np ) f Valore Atteso ) Np 1, n Valore Atteso La variabile c così definita ha una funzione di distribuzione f n (c ) a n = n-1 gradi di libertà perché nel calcolo statistico viene usato N = f (=1,.. n) come vincolo. Si tratta di giustificare la definizione della 1, n come una variabile c definita nei lucidi precedenti. f Np ) All aumentare di N, è possibile suddividere il campo di variabilità della variabile casuale in un numero di intervalli abbastanza grandi in modo che la probabilità p associata al generico di questi sia piccola (p << 1). Cosi la variabile binomiale f tende ad assumere il comportamento di una poissoniana con media e varianza Np. In altre parole si dimostra che questo c è sostanzialmente identico al c dei lucidi precedenti con questo ragionamento: aumentando il numero di misure, per mantenere finito il prodotto Np, la probabilità p deve ridursi sempre di più (il passo della distribuzione deve diventare sempre più piccolo) quindi si arriva alle ipotesi per cui una binomiale può essere approssimata ad un Poissoniana e quindi alla relazione = Np Np

8 Generalmente, una indicazione di massima suggerisce che la scelta degli intervalli in cui raggruppare i valori sia fatta in modo tale che in ciascun intervallo non cadano meno di 5 valori ATTESI Quindi, il test del c su una distribuzione statistica ha senso solo se il numero di conteggi attesi in un una cella sia abbastanza grande. In generale, se ci sono pochi conteggi attesi non è formalmente corretto fare il test del c

9

10 In questa figura con n=10 gradi di libertà si è ottenuto un c 0 = 16. Guardando le tavole di c questo significa che, se la distribuzione ipotizzata è quella vera, esiste il P n (c >c 0) =10% di probabilità di osservare una distribuzione sperimentale meno compatibile di quella ottenuta effettivamente. Convenzionalmente si pone la soglia di accettazione al 5%. In altre parole dato un esperimento che segue la distribuzione statistica ipotizzata allora facendo 100 esperimenti che producono 100 distribuzioni statistiche sperimentali, in 5 casi rigetterò (erroneamente) l ipotesi (giusta).

11 Si è convenuto che la soglia di accettazione sia il 5% ovvero: Si accetta l ipotesi che la distribuzione osservata sia compatibile con la distribuzione attesa se P n (c >c 0) 5%. Si rigetta l ipotesi se P n (c >c 0) < 5% Il calcolo di P n (c >c 0) si ottiene dalle tabelle in fondo al libro (pg. 409 (AIV) per il c e pg 410 (AV) per il c ridotto del Cannelli oppure tabella D pag 95 del Taylor). Ricordate che La ragione per cui si calcola il c ridotto è solo di comodità in quando la tabella risulta essere più compatta

12 Riassunto l test del c per una distribuzione procede con questi passaggi: 1. Si ipotizza una distribuzione F(x) per una certa variabile aleatoria x che viene più volte misurata.. I parametri della distribuzione F(x) possono essere a loro volta ipotizzati o estratti dai dati sperimentali (questo andrà a modifica il numero di gradi di libertà finali) 3. Si calcola il c come spiegato nei lucidi precedenti, un c piccolo implica una migliore compatibilità, viceversa un c elevato suggerisce che la distribuzione ipotizzata F(x) non segua l andamento sperimentale e quindi non descriva correttamente i dati sperimentali. Come quantificare questo? Quanto "elevato" deve essere di c calcolato (piccolo e grande non vogliono dire nulla)? 4a. Se la distribuzione ipotizzata F(x) descrive correttamente i dati, il c calcolato si deve distribuire come la distribuzione di c mostrata all inizio di questi lucidi (tenendo conto dei gradi di libertà). Con questa assunzione si calcola la probabilità di ottenere un c del c osservato (si può usare il c o il c ridotto sulla base delle tabelle disponibili). Ad esempio se questa probabilità è pari a 0.05 allora ho il 5% di probabilità che la distribuzione ipotizzata descriva correttamente i dati. In altra parole se la distribuzione ipotizzata F(x) descrive correttamente i dati, facendo 100 misure, 7 darebbero un c uguale o superiore a quello da noi trovato. Quindi 5 volte su 100 affermerei (erroneamente) che la distribuzione ipotizzata NON descrive correttamente i dati. 5. Il test del c consente di escludere delle ipotesi, ma non di verificarle.

13 NOTE Importanti: Sia P n (c >c 0) la probabilità di ottenere un c del c osservato Allora P n (c >c 0) rappresenta la probabilità di rigettare erroneamente una ipotesi corretta Una soglia di accettazione molto piccola per P n (c >c 0) (es. P n (c >c 0) > 1 %) è meno soggetta ad errori (in altre parole è meno probabile rigettare una ipotesi corretta) ma significa accettare anche c alti, quindi accettare anche possibili ipotesi sbagliate (cioè si è meno restrittivi) Il test del c consente di escludere delle ipotesi, ma non di verificarle. Se ipotizzo una F(x) e ottengo P n (c >c 0) < 5 % escludo F(x) che non passa il test. Se ipotizzo una F(x) e ottengo P n (c >c 0) > 5 %, F(x) passa il test ma nulla esclude che anche un'altra distribuzione G(x) possa passare il test del c. In questo caso entrambe F(x) e G(x) sarebbero compatibili con i dati.

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