Giustizia & Sentenze Il commento alle principali sentenze
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1 Giustizia & Sentenze Il commento alle principali sentenze N Omessa IVA. Cause di non punibilità L errore del commercialista esclude il dolo. In caso di crisi è, invece, fondamentale offrire prove concrete Categoria: Contenzioso Sottocategoria: Processo tributario Nel mese di gennaio sono state pubblicate due importanti sentenze di legittimità, che hanno affrontato il tema della responsabilità penale dell imprenditore che non ha versato l IVA, esposta in dichiarazione, entro il termine per il versamento dell acconto inerente al periodo d imposta successivo, per un ammontare superiore a 50 mila euro per ciascun periodo d imposta. Ad avviso della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, il reato di omesso versamento dell IVA non si configura nel caso in cui il contribuente abbia superato la soglia di punibilità penale (euro 50 mila) a causa di un errore del commercialista (sentenza 22 gennaio 2014 n. 2882), mentre può sperare di uscire indenne dal processo penale il legale, rappresentante dell azienda in crisi, che dimostra l impossibilità incolpevole di pagare l IVA a debito (21 gennaio 2014 n. 2614). Premessa Il 2014 si è aperto con la pubblicazione di due importanti sentenze di legittimità sul tema della responsabilità penale del contribuente che non versa l IVA esposta in dichiarazione, entro il termine per il versamento dell acconto inerente al periodo d imposta successivo, per un ammontare superiore a 50 mila euro per ciascun periodo d imposta. In un primo caso la Corte di Cassazione ha annullato la condanna emessa dal giudice del merito a carico di un imprenditore che ha superato la soglia di punibilità, prevista dall art ter del D.Lgs. n. 74/2000, a causa di un errore del commercialista. In un secondo caso il Giudice di legittimità ha confermato la condanna inflitta nel merito, al legale rappresentante di un azienda in crisi, ma sulla considerazione che l imputato non aveva dimostrato l impossibilità incolpevole di pagare l IVA a debito. 1
2 Prima di entrare nel merito delle due vicende giudiziarie in argomento, è il caso di soffermarsi sugli elementi costitutivi del reato di omesso versamento dell IVA. Brevi cenni sul reato di omesso versamento dell IVA Il comma 7 dell art. 35 del D.L. n. 223/2006, convertito in L. n. 248/2006, ha introdotto nell ordinamento penale tributario la fattispecie di omesso versamento di IVA aggiungendo l art ter al D.Lgs. n. 74/2000. Tale norma punisce con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versi l IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale entro il termine per il versamento dell acconto inerente al periodo d imposta successivo, per un ammontare superiore a 50 mila euro per ciascun periodo d imposta. Presentazione della dichiarazione annuale Come si evince dal tenore letterale della disposizione di legge, ai fini dell integrazione del delitto in esame, è necessaria la presentazione della dichiarazione annuale (in caso contrario si potrebbe configurare il diverso reato di omessa dichiarazione, ex art. 5, D.Lgs., n. 74 del 2000). Momento consumativo Poiché si tratta di un reato omissivo istantaneo sottoposto all adempimento di un obbligo entro un termine, è a tale momento che bisogna fare riferimento per determinare il fatto consumativo (cfr. Cass. Sez. III pen. n /2013). Il momento consumativo del reato coincide con lo scadere del termine del 27 dicembre, fissato dall art. 6 comma 1 della L. n. 405 del 1990 per il versamento dell acconto IVA inerente al periodo d imposta successivo. L eventuale tardivo versamento dell IVA a debito, non esonera dalla responsabilità penale perché il reato si è già consumato allo spirare del termine appena precisato. Omissioni di versamento riguardanti i debiti IVA del 2005 È bene, infine, segnalare che l art ter è entrato in vigore il 4 luglio del La norma trova quindi applicazione per tutti i reati di omesso versamento dell'iva esposta dichiarazione, consumati entro il 27 dicembre del 2006 con riferimento all'anno 2005 (così, Cass. pen. n /2012). A tal proposito, le Sezioni Unite Penali della Cassazione hanno precisato che l applicabilità dell art ter alle omissioni dei versamenti IVA per l'anno 2005, non comporta violazione del principio dell irretroattività della norma penale (cfr. Cass. SS.UU. pen. sentenza n /2013). Il soggetto che aveva omesso i versamenti periodici per il 2005 nel termine previsto dalla legge tributaria (e che vi aveva persistito nel primo semestre 2006) avrebbe avuto ancora, fino al 27 dicembre 2006, la possibilità di assumere le proprie determinazioni in ordine 2
3 all effettuazione di un versamento dei debiti che, in relazione al quantum risultante dalla dichiarazione annuale, da lui stesso presentata, mantenesse l omissione non oltre la soglia dei 50 mila euro, di cui all art. 10 ter del D.Lgs. n. 74/2000 (cfr. Cass. sez. III pen. n. 3639/2014). Notifica avviso di accertamento non rilevante ai fini della configurabilità del reato Dalla giurisprudenza di legittimità si apprende che, ai fini del reato di omesso versamento dell IVA, la notifica dell avviso di accertamento tributario non conta, giacché il reato si consuma quando l omesso versamento di quanto dovuto in base alla dichiarazione annuale, si protrae fino allo scadere del 27 dicembre dell anno successivo al periodo d imposta di riferimento. Con la sentenza 8 luglio 2013, n , la Corte di Cassazione Terza Sezione Penale afferma precisamente che ai fini del perfezionamento del modello legale del reato di cui all'art. 10 ter d.lgs 74/00, non è affatto richiesta la notifica dell'avviso di accertamento dell infrazione in quanto il reato di omesso versamento dell'iva si consuma nel momento in cui scade il termine previsto dalla legge per il versamento dell'acconto relativo al periodo di imposta successivo. OMESSO versamento dell IVA Art. 10 ter D.Lgs. 74/2000 Reato proprio del soggetto passivo IVA Si configura quando l IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale con saldo debitorio superiore ai , non è stata versata entro il termine per il versamento dell'acconto inerente al periodo d'imposta successivo (la condotta penalmente rilevante, non è l omissione del versamento periodico nel termine previsto dalla normativa tributaria, ma il mancato versamento dell IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale nel maggiore termine, stabilito per il versamento dell acconto relativo al periodo d imposta dell anno successivo, ossia il 27 dicembre dell anno successivo al periodo d imposta di riferimento). Per l integrazione del reato è sufficiente, sotto il profilo soggettivo, un dolo generico, ossia la consapevolezza dell omesso versamento nel termine stabilito dalla legge. La pena prevista è la RECLUSIONE da 6 mesi a due anni. 3
4 Il soggetto passivo IVA che non versa l imposta esposta in dichiarazione nel termine di legge per un importo inferiore a 50 euro ossia non superiore alla soglia di punibilità penale, di cui all art ter del D.Lgs. n. 74 del non realizza alcun reato, ma è passibile di una sanzione amministrativa. Ciò che assume rilevanza penale, è la circostanza che la dichiarazione annuale indichi un debito IVA superiore a 50 mila euro, e che il relativo versamento non sia stato effettuato nel termine stabilito per il versamento dell acconto relativo al periodo d imposta dell anno successivo. La S.C. prende atto dell errore del professionista e annulla la condanna a carico dell imprenditore Sentenza 22 gennaio 2014 n errore del commercialista Con la sentenza 22 gennaio 2014 n , la Suprema Corte di Cassazione ha affermato che, non c'è reato se l imprenditore, per un errore del professionista, non ha utilizzato un credito d imposta che gli avrebbe permesso di far scendere il versamento omesso, sotto la soglia di punibilità (50 mila euro) fissata dall art ter del D.Lgs. 74/2000. Alla luce di tale principio di diritto, la Terza Sezione Penale ha accolto il ricorso proposto dal rappresentante legale di una società, condannato dalla Corte d Appello di L Aquila alla pena di quattro mesi di reclusione, per non aver versato l IVA per circa ,00 euro. La difesa Il contribuente si era difeso, sostenendo che il superamento della soglia di 50 mila euro di cui all art ter del D.Lgs. n. 74 del 2000, era dipeso unicamente da un errore del commercialista, il quale non aveva portato correttamente in compensazione un credito IVA di euro che la società deteneva per il medesimo periodo di imposta. Infatti, se il commercialista avesse compensato detto credito con l'iva a debito (nella specie invece il credito IVA era stato utilizzato per compensare le imposte dirette), l omesso versamento sarebbe sceso sotto la soglia di punibilità penale. Il professionista aveva testimoniato ai giudici la propria responsabilità, mentre dopo il ricevimento della cartella esattoriale il medesimo aveva provveduto alla presentazione di una dichiarazione integrativa, eseguendo il pagamento degli importi delle imposte sui redditi, erroneamente compensate. La tesi dell errore materiale convince la Cassazione La tesi dell errore materiale del commercialista non ha convinto la Corte territoriale, la quale non ha ritenuto provata la circostanza che l'imputato avesse realmente indicato al commercialista di utilizzare il credito per compensare l'iva, e non le imposte dirette. Ebbene, investita dell esame della controversia la Terza Sezione Penale del Palazzaccio, ha annullato il verdetto del giudice abruzzese, rinviando per un nuovo esame alla Corte d Appello di Perugia. 4
5 È stata sottovalutata la testimonianza del commercialista I supremi giudici hanno ritenuto fondato il motivo di ricorso con cui l imputato ha evidenziato l assenza dell'elemento psicologico del reato. Ciò perché la soglia di punibilità è stata superata (per poco più di mille euro peraltro) per un errore tecnico, sicché l omissione non è stata sorretta da coscienza e volontà. Ad avviso della S.C., il giudice dell appello ha trascurato del tutto la testimonianza del commercialista, che ha ammesso l errore. Il professionista, infatti, aveva dichiarato: che il proprio ufficio per errore aveva generato una delega in compensazione utilizzando i euro del credito relativo all'anno precedente per pagare imposte dirette relative al 2004, e che nella relazione si affermava l'intenzione della società di utilizzare il credito indicato in dichiarazione per compensare il debito IVA scaturente dalle dichiarazioni mensili dell'anno Agli Ermellini questa circostanza è parsa senz'altro decisiva perché finalizzata a escludere l'elemento psicologico del reato in questione, che è costituito dalla coscienza e volontà dell'agente di sottrarsi all'adempimento dell'obbligazione tributaria entro la scadenza del termine per il versamento dell'acconto, relativo al periodo di imposta dell'anno successivo. La S.C. apre alle aziende in crisi? Sentenza 21 gennaio 2014 n crisi di liquidità Con la seconda delle due sentenze in rassegna, sembra, invece, che la S.C. abbia aperto alla non perseguibilità penale di quei contribuenti che non pagano l IVA per effetto della crisi economica. Precisamente la sentenza 21 gennaio 2014 n sembrerebbe escludere il reato di omesso versamento dell IVA quando sussiste la prova della reale impossibilità incolpevole all adempimento. La Terza Sezione Penale del Palazzaccio ha affrontato il caso di un legale rappresentate di società condannato dalla Corte d appello di Milano, per il reato di omesso versamento dell IVA. Con il ricorso per Cassazione, l imputato ha lamentato l assenza dell elemento soggettivo del reato, poiché l omesso adempimento dell obbligazione fiscale era direttamente riconducibile a un periodo di crisi economica dell impresa. Il caso La società ometteva di versare l imposta sul valore aggiunto, relativa all anno 2005, per un importo superiore alla soglia di punibilità prevista dalla normativa penale tributaria. Sia in primo che in secondo grado il legale rappresentante veniva condannato. In particolare, il giudice dell appello aveva ritenuto sussistente l elemento soggettivo del reato di omesso versamento, nonostante l impresa versasse in 5
6 uno stato di crisi economica. Infatti, ad avviso del medesimo giudice, il soggetto passivo dell imposta ha solo l obbligo di versare l IVA, mentre, nella specie, vi era stata destinazione a scopi diversi degli importi dovuti. Osservazioni della S.C. Purtroppo per il contribuente, la Suprema Corte ha confermato il verdetto della Corte d Appello. Gli Ermellini spiegano che la deduzione riguardante la crisi economica è stata generica, in quanto del tutto sguarnita di indicazioni specifiche e concrete atte a ravvisare una reale impossibilità incolpevole all adempimento. Per la commissione del reato è sufficiente la coscienza e volontà di non versare all'erario le ritenute effettuate nel periodo considerato - si legge nelle motivazioni della sentenza in rassegna. Tale coscienza e volontà devono investire anche la soglia di 50 mila euro, che è un elemento costitutivo del fatto, contribuendo a definirne il disvalore. La prova del dolo è insita in genere nella presentazione della dichiarazione annuale, dalla quale emerge quanto è dovuto a titolo di imposta, e che deve quindi essere saldato, o almeno contenuto non oltre la predetta soglia di punibilità, entro il termine lungo previsto. Il debito verso il Fisco inerente ai versamenti IVA, spiega ancora la S.C., è collegato al compimento delle operazioni imponibili. Ogni qualvolta il soggetto d'imposta compie tali operazioni riscuote già (dall'acquirente del bene o del servizio) l'iva dovuta e deve, quindi, tenerla accantonata per l'erario. Non può, pertanto, essere invocata, per escludere la colpevolezza, la crisi di liquidità del soggetto attivo al momento della scadenza del termine lungo, ove non si dimostri che la stessa non dipenda dalla scelta di non far debitamente fronte all esigenza predetta (per l'esclusione del rilievo scriminante d impreviste difficoltà economiche in sé considerate, in riferimento alla parallela norma dell'art bis, vedi Sez. 3, sentenza n del 01/12/2010, dep. 2011, Provenzale). C è spazio per una prova rigorosa In conclusione, la S.C., in linea di principio, esclude valore esimente alla crisi di liquidità nei reati in materia di riscossione dei tributi, salva la fornitura di una prova molto rigorosa circa la reale ed effettiva impossibilità all'adempimento, assolutamente incolpevole, ottenuta attraverso una dimostrazione puntuale delle cause di tale impossibilità, della loro imprevedibilità e tendenziale inevitabilità non lasciata ad affermazioni generiche e indimostrate (crisi di liquidità e/o economica del settore). 6
7 Dalla sentenza 2614/2014 si possono allora trarre interessanti spunti per la difesa del contribuente, perché il reato potrebbe essere escluso dalla dimostrazione, in concreto, della crisi di liquidità e dalla prova che il mancato accantonamento dell imposta dipende da fattori estranei alla volontà del contribuente (per esempio, dal mancato incasso). In particolare la difesa del contribuente potrebbe tentare di dimostrare: a) sul fronte dell obbligo di accontamento, che l incasso dell IVA non è automatico rispetto all emissione del documento fiscale e quindi che l omesso versamento sia conseguenza (in tutto i in parte) di mancati incassi. Spesso, infatti, soprattutto a causa del particolare momento economico, non sempre all emissione del documento contabile segue il pagamento. In queste ipotesi, è veramente difficoltoso ipotizzare un accantonamento da parte del soggetto d imposta; b) sulla fronte della crisi di liquidità, che il mancato pagamento sia dipeso realmente dall impossibilità incolpevole di effettuarlo in un contesto, soprattutto dove è forte la crisi economica. È bene evidenziare che la sentenza 2614/2014 rappresenta una prima apertura della Suprema Corte sul tema in trattazione. Di conseguenza, non si può parlare di un deciso cambio di rotta rispetto al passato. Tanto più che, con l ancor più recente sentenza n. 3639/2014 (pubblicata il 27 gennaio), la Terza Sezione Penale del Palazzaccio è tornata a porre l accento sull obbligo di accontamento che incombe sul soggetto passivo IVA. L imprenditore, si afferma in sentenza, ha l obbligo di accantonare l IVA incassata per far fronte all obbligazione fiscale. L imposta incassata deve essere versata all Erario e non può essere utilizzata per far fronte ad altre esigenze aziendali. - Riproduzione riservata - 7
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