SPUNTI DI RIFLESSIONE PER UNA NUOVA LEGISLAZIONE PER IL 3 SETTORE

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1 SPUNTI DI RIFLESSIONE PER UNA NUOVA LEGISLAZIONE PER IL 3 SETTORE Premessa Si condivide l esigenza di una revisione organica della legislazione riguardante il terzo settore. Si è prodotta, infatti, nel passato ventennio, attraverso una legislazione a canne d organo, una disorganica stratificazione legislativa che da un lato alimenta contraddizioni negli assetti e complica la vita dei soggetti interessati (es. normativa delle leggi 266 e 383 sulle attività commerciali delle OdV e delle APS e dlgs 155 sull impresa sociale), dall altro determina nella disciplina rigidità scarsamente compatibili con gli elementi di flessibilità ed innovazione intimamente connessi alla natura del Terzo Settore. Nello stesso tempo, questa legislazione disordinata non è efficace rispetto alla necessità di prevenire gli abusi. L esigenza di organicità, tuttavia, non può essere declinata in termini di negazione delle specificità che continuano indubbiamente a caratterizzare le diverse esperienze ricomprese nel Terzo Settore. Queste vanno, peraltro, riconosciute con riferimento non alla tipologia di attività, ma allo scopo costitutivo ed alle modalità attraverso le quali esso viene perseguito. In particolare per l associazionismo, occorre contrastare una deriva di omologazione verso l impresa commerciale che comprometterebbe i valori partecipativi inerenti la libera associazione di persone e l alimentazione del capitale sociale attraverso la produzione di relazioni interpersonali e comunitarie: aiutare se stessi ed aiutare gli altri. Non è la natura della prestazione del servizio che caratterizza queste esperienze, ma il modo in cui le attività vengono svolte. La riforma del Libro I del Codice Civile Sono evidenti le relazioni tra il progetto di riforma del libro I del C.C. (A.C. 1090) e la ipotizzata revisione organica; c è quindi, un esigenza di procedere di pari passo. Rispetto alla p.d.l. Vietti restano sostanzialmente confermate, nel merito, le osservazioni e i rilievi critici formulati nel 2007 dal Forum a proposito dell analogo d.d.l. governativo. Ciò con particolare riguardo all attenuazione del principio generale del voto per testa affermato dalle leggi n. 266 e 383 (v. art. 4, c1, lett. b) dell atto Camera n. 1090), ma più in generale, al suo disegno di fondo, di avvicinamento e sovrapposizione, tra soggetti profit e no profit. Per questo secondo aspetto, vedi nel nuovo testo, art. 6, c. 1 per le associazioni riconosciute e le fondazioni, ma anche la sostanziale assimilazione della disciplina delle associazioni non riconosciute a quella delle associazioni riconosciute nel caso di associazioni con fine pubblico e collettivo (art. 5, c.2, lett. a) del nuovo testo). Desta, inoltre, non poche perplessità la rigida separazione tra enti con fine pubblico o collettivo ed enti che svolgono attività solo in favore degli associati (art. 2, c. 1, lett. c).

2 E una rigidità non comprensibile alla luce dei processi in corso di contaminazione reciproca tra associazionismo di volontariato ed associazionismo di promozione sociale. L armonizzazione delle leggi speciali E opportuno che una legislazione organica del 3 settore integri la caratterizzazione in negativo (assenza di fini di lucro) che attualmente si presenta come l elemento unificante delle specifiche norme di settore, con una esplicita definizione in positivo dei connotati comuni alle varie tipologie. Ciò anche per contrastare una tendenza diffusa ad assumere il riferimento dell assenza del fine di lucro solo per usufruire dei connessi benefici fiscali nello svolgimento di attività rivolte a scopi che hanno poco da spartire con le finalità di carattere collettivo e di solidarietà proprie del 3 settore. Non è evidentemente in discussione il riferimento all assenza di fini di lucro che va anzi meglio ancora declinata come divieto di distribuire anche indirettamente utili, rafforzando ad esempio le prescrizioni previste in proposito dal recente dlgs n Ma va esplicitato meglio lo scopo costitutivo unificante le diverse tipologie. Appare condivisibile, pertanto, la definizione proposta dall Agenzia delle Onlus per il terzo settore: soggetti giuridici privati costituiti per finalità di solidarietà sociale che svolgono, senza fini di lucro, attività congruenti alle finalità costitutive. Si ritiene opportuno precisare a tale proposito che nelle finalità di solidarietà sociale saranno ricomprese non solo le attività di solidarietà in senso stretto, ossia quelle rivolte a terzi, ma anche le attività di mutuo aiuto per il sostegno a bisogni o comunque per scopi, socialmente rilevanti (ad esempio, associazioni di mutuo aiuto tra genitori rispetto a problemi educativi dei figli o per particolari condizioni di disabilità presenti nel nucleo familiare). In questo modo, il concetto di Terzo Settore viene distinto da quello più ampio di Enti no-profit e risulta riferirsi ad un ambito più ristretto e meglio definito di quello caratterizzato unicamente dall assenza di scopo di lucro. Conseguentemente, sarà necessario distinguere, nell ambito della normativa generale sugli enti no-profit, quella propria del 3 settore. A sua volta, quest ultima, dovrà articolarsi tra una normativa comune ai diversi settori e quella specifica connessa ai distinti scopi costitutivi e modalità di intervento. In questo senso si condivide la proposta dell Agenzia delle Onlus volta a prevedere uno statuto generale che comprenda principi e regole comuni alle diverse tipologie e statuti speciali distinti secondo le stesse. Nello statuto generale, dovranno collocarsi le regole in materia di governance, di controllo, i profili partecipativi, il coinvolgimento dei soggetti ed interessi interferenti le attività legate alla finalità di solidarietà sociale. Dovranno trovare trattazione omogenea negli statuti specifici afferenti l associazionismo, le norme volte a fissare le condizioni per l esercizio dell attività di impresa.

3 Rapporti fra terzo settore ed istituzioni pubbliche E necessario mettere ordine nell enorme frammentazione delle discipline che regolano la materia, ripartite tra leggi nazionali, leggi di settore, leggi regionali. Lo stesso vale per quanto riguarda la formazione e la tenuta dei registri. Si condivide l esigenza di una normativa quadro nazionale che stabilisca i criteri di definizione delle tipologia dei rapporti tra terzo settore e istituzioni pubbliche, avendo riguardo non tanto alla forma che assumono tali rapporti, ma alle diverse tipologie di attività e contenuti delle relazioni pubblico-privato dagli stessi configurate (autorizzazione, accreditamento, affidamento di servizi). 5X1000 La recente bocciatura dell emendamento concernente la conferma del 5X1000 per l anno finanziario 2010 (redditi 2009) conferma l urgente necessità di una legge di definitiva stabilizzazione dell istituto. Copertura finanziaria La legge auspicata dovrebbe rendere esigibili tutte le risorse corrispondenti al 5X1000 in via definitiva e piena, senza la necessità di una specifica copertura finanziaria da determinarsi anno per anno. Questo deve essere l obiettivo proprio della legge; in vista dello stesso, si potrebbe procedere, in relazione alle difficoltà della finanza pubblica, elevando gradualmente l attuale copertura (v. legge n. 133/08) fino al raggiungimento, entro 3 anni, della disponibilità piena e definitiva. Si condivide, ai fini della determinazione del monte contributivo di riferimento, la formulazione proposta all art. 1, c. 1 del d.d.l. bipartisan A.S. n che, a differenza delle leggi sinora emanate, fa riferimento non solo all Irpef, ma anche alle imposte sostitutive di cui alle leggi n. 388/2000 n. 244/2007. Soggetti beneficiari E opportuna una restrizione, in coerenza con la definizione in positivo del 3 Settore (soggetti giuridici privati costituiti per finalità di carattere sociale) proposta dall Agenzia per le Onlus. In linea di principio, non appare possibile escludere, tra le finalità della raccolta, quelle del finanziamento della ricerca scientifica, dell università e della ricerca sanitaria anche se con dpcm andrebbero meglio e più rigorosamente precisati i possibili destinatari interessati alle predette finalità. Va semplificata la procedura di ammissione dei soggetti interessati al beneficio, con particolare riguardo alla documentazione che deve accompagnare la domanda di ammissione. Tale obbligo potrebbe essere escluso per i soggetti già iscritti in registri tenuti dalle pubbliche amministrazioni. Razionalizzazione dei riparti e corresponsione La procedura di corresponsione attuale va semplificata, riducendo il numero degli enti pubblici coinvolti nel procedimento ed i relativi passaggi (Agenzie Entrate, Ragioneria, Ministeri competenti) per rendere la procedura stessa praticabile entro i tempi imposti annualmente dalle norme della Contabilità dello Stato.

4 Si condivide la proposta delle Agenzia per le Onlus tesa ad evitare la polverizzazione dei riparti attraverso l introduzione di un tetto minimo di euro da concordare, con la Consulta del Volontariato ed il Forum del 3 Settore, sotto il quale la somma non viene assegnata e rientra nel fondo relativo alle scelte non espresse. Non si condivide invece l ipotesi dell introduzione di un tetto massimo oltre il quale i relativi destinatari non possono accedere al fondo delle scelte non espresse. Rendicontazione Si condivide l opportunità che la rendicontazione economica sia accompagnata da una comunicazione sociale finalizzata a favorire la trasparenza delle gestioni per i cittadini che hanno effettuato le scelte. Circa la rendicontazione in senso stretto, si esprime l opinione che i modelli relativi dovrebbero essere differenziati per dimensione degli importi da rendicontare. Va accolta con favore la proposta dell Agenzia per le Onlus di un sito istituzionale per la pubblicazione dei bilanci dei soggetti destinatari di importi superiori ad una soglia prefissata. I profili fiscali della nuova legislazione Nel ribadire la funzione primaria che il diritto tributario può svolgere nell ambito del complessivo ripensamento, anche in termini giuridici, del ruolo del terzo settore, si conferma la centralità del sistema delle esenzioni e delle agevolazioni fiscali. Si potrebbe quindi ipotizzare di prevedere un autonoma categoria di enti del terzo settore o enti non lucrativi, definita in una nuova lettera del primo comma dell art. 73 del TUIR, attraverso l identificazione di finalità istituzionali: o di forte impatto e utilità sociale; o di stretta derivazione costituzionale; valorizzando la ragione costitutiva dell ente, a prescindere: o dalla forma giuridica; o dall attività (commerciale o non commerciale) svolta. Da tale impostazione, che privilegerebbe lo scopo costitutivo dell ente, cioè la ragione ultima che vincola la ricchezza, discenderebbe quindi l irrilevanza: o del tipo di attività svolta; o della forma giuridica assunta; o della distinzione tra enti con scopo rivolto all esterno e enti con scopo rivolto all interno, ai soli associati o partecipanti. Le ipotizzate innovazioni, che dovrebbero altresì comportare un sistema diversificato di aliquote d imposta, renderebbero necessaria l introduzione di un articolato sistema di cautele e limiti, accompagnato da un efficace modello di controlli. In particolare dovrebbero essere previsti e, ove già esistenti, mantenuti: o l obbligo di iscrizione degli enti in appositi registri, albi o anagrafi;

5 o per gli enti che producono un risultato economico, il divieto di distribuzione di utili, sia diretta che indiretta; o l obbligo di devoluzione del patrimonio, in caso di scioglimento dell ente, ad altri enti appartenenti al terzo settore; o per gli enti che producono un risultato economico, l obbligo di vincolare a riserva una parte degli utili, con divieto di distribuzione e impossibilità di affrancamento delle riserve per successive distribuzioni o, comunque, per destinazioni estranee alle finalità statutarie; o il divieto di cumulo di cariche all interno del medesimo soggetto o della federazione cui l ente accede, da parte di eventuali consiglieri di amministrazione, o figure ad essi assimilabili; o l obbligo di tenuta delle scritture contabili; o l obbligo di redazione del bilancio o del rendiconto; o l obbligo di presentazione delle dichiarazioni fiscali; o l obbligo di controllo dei conti da parte degli organi di revisione; o una specifica disciplina riguardante le consulenze e le spese pubblicitarie. Da ultimo, le agevolazioni fiscali potrebbero essere così classificate: dirette: esenzione da alcune imposte dirette e indirette, in riferimento alle attività economiche svolte dall ente non a fini lucrativi; indirette: riduzione dell imponibile o dell imposta in capo al donante, e eventuali agevolazioni in capo all ente donatario. La normativa specifica del volontariato C è l esigenza di manutenzione di una legge (la 266) pensata chiaramente con riferimento a modelli di attività propri di un volontariato piccolo e diffuso. Non è casuale, in tale contesto, il mancato riconoscimento delle reti di volontariato ad esempio nella previsione del registro e la circostanza che c è nella legge un unico richiamo alle federazioni di volontariato (art. 12). Questo modello di riferimento spiega in particolare la rigidità di alcune norme, come quella sulla gratuità delle cariche elettive. Il carattere di gratuità dell azione volontaria deve restare connotato distintivo del volontariato. Esso discende dalla natura non prestazionale ma relazionale dell azione volontaria. E questa dimensione immateriale della prestazione volontaria che porta al dono come ricerca della relazione con l altro. C è quindi un aspetto economico della gratuità che è fuori discussione e che si esprime nella rigida differenza tra scambio relazionale e scambio tra equivalenti che caratterizza il lavoro retribuito, retribuzione contro prestazione. Ma l elemento economico della gratuità non va esasperato perché non esaurisce la specificità dell azione volontaria.

6 Anche sotto questo aspetto, c è l esigenza di un adeguamento della legge n. 266 agli sviluppi di un organizzazione strutturata del volontariato che ha prodotto in particolare relazioni stabili tra volontariato e istituzioni. In questo senso, un intervento manutentivo della legge 266 richiede: 1. Il riconoscimento esplicito dei soggetti di coordinamento delle organizzazioni di volontariato come previste dalla legge e l istituzione di un apposito albo nazionale; 2. L attenuazione del principio della gratuità delle cariche elettive per le grandi reti nazionali (si può assumere il parametro quantitativo dell art. 12 della legge), eventualmente demandando ad apposito decreto ministeriale le modalità ed i limiti del superamento dell attuale divieto; 3. La previsione dei rimborsi delle spese effettivamente sostenute dal volontario non come possibilità, ma come vero e proprio diritto soggettivo, eventualmente rinunciabile. Ciò per non allontanare da questa esperienza in modo discriminatorio le persone meno abbienti e non per questo meno interessate ad una pratica di impegno etico e civile; 4. L obbligo già previsto dalla legge di una regolazione delle modalità e dei limiti dei rimborsi, va interpretato nel senso di una maggiore responsabilizzazione delle associazioni nella vigilanza sul rispetto del principio di gratuità. Ciò renderebbe possibile una semplificazione amministrativa dell attuale normativa fiscale secondo la quale ogni singola spesa deve essere accompagnata dalla relativa documentazione giustificativa che la raccordi alla prestazione del volontario. Anche a tale riguardo, si potrebbe far riferimento ad un apposita regolamentazione ministeriale per la determinazione di modalità e limiti. Un secondo rilevante aspetto che va affrontato in sede di verifica ed eventuale modifica della legge 266, è quello relativo al sistema di finanziamento dei CSV da parte delle fondazioni di origine bancaria. E fuori discussione la conferma dell obbligo di finanziamento previsto dall art. 15. Occorre, tuttavia, in sede regolamentare e quindi provvedendo ad ampie integrazioni e modifiche del vigente decreto ministeriale del 97: a) precisare meglio i criteri di determinazione delle risorse vincolate; b) un chiarimento sui rispettivi ruoli dei Coge e dei CSV. La funzione di indirizzo dei primi deve essere circoscritta ai criteri di istituzione dei centri e non deve interagire con gli indirizzi strategici operativi dei CSV. Nel contempo va rafforzata in capo ai Coge la funzione di controllo ed il relativo potere sanzionatorio previsti alle lettere f) e g) dell art, 2, comma 6 del decreto; c) va allargata la durata in carica dei Coge e definito un termine di durata delle gestioni dei CSV (o perlomeno introdotto a carico di questi ultimi un obbligo di periodica rendicontazione sociale);

7 d) va introdotto un limite alla reiterazione degli incarichi esecutivi nei CSV. Si conferma, infine, la necessità, anche nel quadro delle innovazioni di sussidiarietà verticale introdotte dall art. 117 della Costituzione, di una legge quadro nazionale sul volontariato. La competenza dello stato in materia discende, in particolare, dagli artt. 2, 4 e 18 della Carta Costituzionale.

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