I COLORI ARALDICI DEL REGGIO PORTONE VICEREALE DI NAPOLI

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1 VINCENZO AMOROSI I COLORI ARALDICI DEL REGGIO PORTONE VICEREALE DI NAPOLI Nel 1540 don Pedro di Toledo, Vicerè di Napoli, nell ambito del grande piano di risanamento della città che aveva concepito, fece costruire al termine della strada che porta il suo nome, un palazzo-fortezza su disegno di Ferdinando Manlio, collegato tramite un ponte (che esiste ancora oggi benché trasformato) al più munito e sicuro Castelnuovo. In seguito nel 1602, demolendo uno delle due torri, alla sede iniziale fu affiancato, su disegno di Domenico Fontana, un nuovo e più ampio edificio, l attuale Palazzo Reale. La situazione rimase immutata fino al XIX secolo quando un incendio distrusse il palazzo vicereale più antico, i cui resti furono demoliti; ritengo che in questa occasione gli arredi superstiti furono venduti ed il portale principale del Palazzo fu acquistato e collocato in vico Spezzano, dove si trova tuttora. I battenti sono dunque una testimonianza storica oltre che artistica, di eccezionale importanza. Essi sono rivestiti in lamine di acciaio e suddivisi in scomparti da fascette armate di chiodi a testa quadrangolare e mostrano nei riquadri superiori le colonne con il nastro attorcigliato e svolazzante recante la scritta plus ultra che furono l insegna araldica di Carlo V Imperatore, fiancheggiate da due scudi ovali senza insegne, uno poggiato su un corpo d aquila bicipite, l altro circondato da nastri. È assai probabile che entrambi recassero le insegne araldiche imperiali. Nei riquadri immediatamente inferiori ritroviamo simmetricamente disposti ancora due stemmi senza insegne, sormontati da un cappello cardinalizio; al centro di tutti i restanti riquadri, delineati dalle fascette ornate di chiodi, si trova un cestino a corpo sferico con manico semicircolare avente alla base piccoli nodi. E questo l emblema dei Pacecco Marchesi di Vigliena, e poiché il cardinale Pietro Pacecco (Pedro Pacheco Ladrón de Guevara) nel 1553 e il 1555 fu Vicerè di Napoli, in lui va identificato il committente del portale del Palazzo. In un articolo su Napoli Nobilissima Antonio Maresca di Serracapriola ricorda che Gaetano Filangieri, Principe di Satriano, propose di acquistare e sostituire il portale per collocarlo nel Museo Industriale da lui fondato (oggi museo Filangieri) ottenendo un rifiuto dai proprietari del palazzo di vico Spezzano (eredi del duca Carmine Maria Muscettola dei principi Leporano e duca di Spezzano). Un rifiuto che si è ripetuto di recente, quando si è ventilato di trasferire il portale in un altra sede, prima del recente restauro finanziato dagli Amici dei Musei di Napoli e dai Condomini del palazzo di vico Spezzano 5.( Giancarlo Alisio). Questo è quanto si legge in un quadro didascalico affisso a fianco ad una lapide di marmo nell androne del palazzo poc anzi citato. Trattasi di un breve cenno storico sulle vicende del portone ad opera del prof. Giancarlo Alisio ( ), ordinario di Storia dell Architettura nell Università di Napoli. Di origine piemontese, colto e raffinato, è stato autore di numerose pubblicazioni su architetti e ingegneri dell'ottocento, sull'urbanistica e l'architettura dei secoli XVIII e XIX, con particolare riferimento ai problemi relativi alla città di Napoli. Col tempo il professore era divenuto un partenopeo doc, che amava Napoli e

2 soffriva a vederla ogni giorno decadere, non solo nell aspetto urbanistico, ma anche nei rapporti sociali, dominati da sciatteria e cattivo gusto. Esteta ed amante del bello, aveva radunato negli anni una ricca e qualificata collezione di dipinti, principalmente vedute e panorami oramai scomparsi, che facevano della Campania la capitale indiscussa della bellezza. Sono oltre cento opere d arte dal valore venale di svariati milioni di euro che Alisio amava più di ogni cosa; eppure, alcuni anni fa, volle donare la propria raccolta alla sua città, affinché venisse goduta liberamente da tutti. Sistemata in sette sale nel museo di San Martino, veniva illustrata amorevolmente, ogni fine settimana, dall illustre professore ai visitatori occasionali dell ex Certosa. Battente sinistro del portone con scudo ovale poggiato sull aquila bicipite Battente destro del portone con scudo ovale adornato da nastri Personalmente visitai per caso questo androne del Palazzo Muscettola di Spezzano in vico Spezzano, 5, accompagnato da un caro amico, Giovanni Ariano, uno scultore che aveva nei paraggi il suo laboratorio di artista. Giovanni conosceva la mia passione araldica e mi suggerì di dare degna conoscenza a questa preziosità partenopea, caduta in un ineffabile dimenticatoio culturale. La zona di ubicazione del condominio in oggetto si trova a Montesanto in Napoli nel quartiere conosciuto come e Ventaglieri (via Ventaglieri). Una costruzione anonima collocata a metà strada di un vico nei pressi del meraviglioso e più conosciuto Palazzo Spinelli di Tarsia. Varcai così l ingresso del numero civico 5, difeso da un orrendo manufatto in ferro battuto e vetri, sempre chiuso. I due battenti del portone della reggia vicereale mi apparvero incernierati ai rispettivi sostegni interni in tutta la loro bellezza. Gli ovali degli stemmi in rilievo attirarono la mia attenzione, la classica raffigurazione araldica in attesa degli scudi solleticarono la mia curiosità, necessitava assolutamente, per completezza di argomentazione, dare una connotazione specifica dei colori a detti stemmi. D altronde la sapiente analisi del prof. Alisio favoriva e favorisce nell immediato un simpatico lavoro di ricerca. Incominciamo dalle colonne impresse in rilievo, prive nella realtà visiva del colore argento, come pure le loro basi e capitelli d oro. Esse raffigurano le Colonne d Ercole simbolo dello stretto di Gibilterra. Non sono però cimate dalle corone imperiale e reale, ma conservano nel verso gli svolazzi della scritta: la prima PLVS, la seconda VLTRA. Alla base di queste colonne manca anche l ondato. Passiamo allo scudo ovale accollato all aquila bicipite. Non si notano figure araldiche in rilievo, ma sicuramente è l arma imperiale di Carlo V, (Carlo I come re di Spagna), dove nello scudo cromatico a noi conosciuto compaiono gli scudi di Castiglia, Leon, Regni di Napoli e Sicilia, Ungheria, Austria e Borgogna, insieme alla seconda linea borgognona: Brabante, Liburgo e Tirolo.

3 E cosa poteva recare lo scudo ovale con i bordi a mo di cartiglio adornato da nastri svolazzanti e nappe? Secondo il mio parere poteva esserci dipinta la Croce di Borgogna, ma è una mia supposizione. Passiamo al galero in rilievo che timbra l altro scudo ovale e cartigliato. L Alisio lo identifica come cardinalizio, ma in effetti è un cappello arcivescovile privo della croce astile, l appartenenza ce lo suggerisce il simbolo in rilievo che notiamo nel riquadro affianco. Tuttavia ritroviamo questo segno araldico raffigurato in modo ripetitivo su tutta la superficie del portone, alludendo con certezza all autore della committenza. Trattasi di una caldaia manicata recante sei serpi con le teste uscenti da essa, tre per lato. A notarlo bene è un segno precisissimo, sia nel motivo geometrico che adorna la base della caldera, sia nella postura delle serpi. Galero arcivescovile Chiodatura a forma di giglio rovesciato Particolare dell usciolo sul battente destro

4 E questa l emblema della famiglia Pacheco, per cui lo stemma arcivescovile è di Pedro Pacheco Ladròn de Guevara, nominato Vicerè di Napoli da Carlo I nel 1553, sua quindi la committenza del portone che abbelliva l ingresso dell antica reggia vicereale di Napoli. Il cardinale Pedro Pacheco e Guevara nacque a La Puebla de Montalbàn, Toledo, il 29 giugno del Era figlio di Alonso Tellez Giron, Signore della Puebla de Montalbàn e di Marina Velez de Guevara, nipote di Don Giovanni Pacheco marchese di Villena. Dopo gli studi svolti nell Università di Salamanca divenne cappellano reale di Carlo V nel 1518 e ministro degli esteri di Granada e Vallaloid, quest ultima capitale politica, finanziaria e giudiziaria della parte spagnola dell impero di Carlo I di Spagna, V del Sacro Romano Impero. Questa cittadina della Castiglia è nota poiché in essa nel 1506 vi morì Cristoforo Colombo e nel 1515 Ettore Fieramosca. Divenuto cameriere privato di Papa Adriano VI, il Pacheco fu nominato cardinale il 16 dicembre 1545 da Papa Paolo III, al secolo Alessandro Farnese. Partecipò poi al Concilio di Trento nel 1551 diventando estremo assertore della dottrina dell Immacolata Concezione. Il 13 giugno del 1553 fu nominato Vicerè di Napoli da Carlo I, confermato in carica poi da suo figlio Filippo II, quando ebbe il Regno di Napoli in occasione delle nozze con Maria Tudor. Nel maggio del 1555 si recò a Roma in missione diplomatica come inviato dell Imperatore presso il nuovo Papa Paolo IV, ossia Gian Pietro Carafa, quest ultimo contrario al possesso spagnolo di Napoli. Filippo II, alleato della Francia, utilizzò il cardinale Pacheco come mitigatore della belligeranza innescata con la Santa Sede. L Arma del Cardinale Pedro Pacheco è un inquartato, in esso si ravvedono in parte le armi del nonno, del padre e della madre.

5 Arma: Inquartato. Nel 1 di argento a due caldaie d oro poste l una sull altra, dentate in fascia di rosso e d oro, recanti tre serpenti dello stesso uscenti dalla maniglia di cui uno rivoltato, posti su ciascun lato della caldaia (arma Pacheco). Nel 2 semipartito troncato (a) di Castiglia, (b) di Leon, (c) d oro a tre punte di rosso accollate e moventi dalla punta (arma Tellez Giron raffigurata in parte, infatti manca la bordura scaccata d oro e di rosso di quattro file caricata di Portogallo, nei punti del capo. nei fianchi ed in punta). Nel 3 di nero alla banda d oro, caricata al centro da uno scudo di rosso alla croce fogliata di argento, e da 9 cunei di azzurro, posti sopra lo scudo e 2-2 sotto lo scudo, nel verso della fascia. Il tutto alla bordura di argento, caricata di Portogallo nei punti del capo, nei fianchi ed in punta (arma Pacheco, ramo Acuna de Valencia). Nel 4 inquartato, al I e IV d oro a tre bande di rosso, cucite da una cotissa di argento, caricata da tre mosche di ermellino di nero, poste in banda; nel II e III di rosso, a 5 foglie di pioppo d argento, poste (arma Guevara). Pacheco Telez Giron Acuna Guevara Nell araldica spagnola diverse famiglie nobili come: Gusman, Lara, Pacheco, Capua alzano quale insegna la caldaia con serpi poste in numero e posizioni diverse. E il de pennon y calderas un simbolo di dignità conferito da Alfonso X il Saggio, Re di Castiglia, alle famiglie più ricche che al tempo delle lotte contro i Mori avevano la possibilità di fornire come aiuto al sovrano una intera caldaia colma di monete. Interessante infine la relazione dell intervento di restauro operato sul portone da parte della RESART s.a.s. Napoli Sovrintendenza BB. AA.SS. che si legge sul citato quadro didascalico posto nell androne del Palazzo Muscettola trascritta dall ing. Ettore de la Gennelais. STATO DI CONSERVAZIONE Il lato in ferro battuto del portone (mt x 4.35) era ricoperto completamente da tre strati di vernice a smalto intervallati da strati di stucco bianco, usato per ricoprire gli avvallamenti e le lacune di superficie. Il rivestimento mancava di numerosi chiodi - forgiati a forma di giglio rovesciato soprattutto nella parte inferiore del manufatto, con conseguente indebolimento del legno di supporto; inoltre la mancanza dei chiodi aveva indebolito anche la lamiera, favorendone il rigonfiamento ed il distacco. Le lamiere concave (gli stemmi) erano stati deformati da urti. METODOLOGIA ED INTERVENTO L intervento è stato eseguito utilizzando, in prima fase, solvente per smalti di tipo forte diluito con percentuale di benzolo su riquadri di circa 50 cmq. al fine di rimuovere la vernice per strati. La rimozione è avvenuto anche meccanicamente con utilizzo di bisturi nelle lacune e negli interstizi dove gli strati di stucco avevano aderito. A rimozione avvenuta si è proceduto al lavaggio di tutta la superficie ferrosa, con spazzole di saggina e diluente al nitro, per eliminare ogni residuo di ruggine e smalto. Con interventi meccanici sono stati rimodellati nella originale forma gli stemmi e le lastre di metallo, per il fissaggio delle quali è stato necessario alla fusione - attraverso un calco di 170 nuovi chiodi a giglio (prima del restauro erano 54). L intervento sulla parte in ferro è terminato con l applicazione di cera vergine diluita con essenza di trementina, passata a pennello. Per quanto riguarda il retro della porta in legno di castagno le operazioni sono iniziate con la pulizia della superficie eseguita con decapant neutro e diluente nitro asportando lo sporco con lama d acciaio fine. Gli interventi di falegnameria sono stati mirati alla conservazione dell originale costruzione eseguita con telai intervallati da elementi a X. Sono stati rimossi diversi elementi applicati nel tempo per risolvere problemi come la chiusura dell usciolo, o il bloccaggio degli antichi serramenti di legno. Le integrazioni sono state eseguite con legno stagionato della stessa essenza

6 dell originale. Anche per il retro l intervento di protezione finale è stato eseguito con cera vergine diluita con essenza di trementina. Leggendo la procedura di restauro viene il dubbio se gli stemmi in origine fossero dipinti con i colori araldici spettanti. A noi appassionati piace questa supposizione anche se non esistono, a mio avviso, documentazioni di archivio atti a confutare questa tesi. D altronde è stato questo il mio modesto intento, ossia colorare almeno con l immaginazione un meraviglioso e poco conosciuto Portone Vicereale.

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