massimo rizzante il piccolo scriba e il grande artista per giorgio griffa archivio di saggi 9

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1 massimo rizzante il piccolo scriba e il grande artista per giorgio griffa archivio di saggi 9

2 IL PICCOLO SCRIBA E IL GRANDE ARTISTA PER GIORGIO GRIFFA 2013 Massimo Rizzante

3 Quando, sul finire degli anni Sessanta, Griffa inizia il suo viaggio artistico, il disamore per la pittura è ormai dichiarato: pop-art, neo-dada, assemblaggio, happening, body-art, etc. La lingua della pittura sembra perdersi in una babele di linguaggi. E balbetta. Griffa ricomincia da capo. Dal colore. Dai segni più semplici: punti, linee su tele, che ben presto si liberano dei loro telai. Osservo Orizzontale del 1970, un piccolo acrilico in cui sono disposte quattro serie di brevi linee colorate, e Obliquo azzurro del 1976, un altro acrilico di modeste dimensioni su cui sono pennellate due serie di linee oblique azzurre poste all interno di uno spazio creato da altre linee più grandi, che assomigliano alle righe di una pagina di quaderno. Mi rivedo immediatamente su un banco di scuola a copiare per ore delle asticelle. Ricordo la difficoltà di restare entro i bordi, il fruscio della manica del mio grembiule 3

4 nero mentre la mano procede lentamente da sinistra verso destra, dall alto verso il basso, lo sguardo fin troppo vigile della maestra, i cui stinchi assomigliano tanto alle mie asticelle. Sono all alba del mio apprendistato, agli esordi, ma traccio i primi segni nel mondo. Qualche volta mi fermo. Ricomincio. Non so se andare avanti. La stessa sensazione l avrò più tardi, quando scriverò le mie prime parole. Mi fermo. Ricomincio. Non so più cosa dire. Ho scritto un pensiero. E adesso? Che cosa c è prima e dopo quel pensiero? Un universo di nonpensiero che si difende dai miei assalti? Un abisso misterioso e impensato? Ebbene tra le mie asticelle infantili e l opera adulta e matura di Griffa c è la stessa idea del pensiero come movimento, tragitto, viaggio infinito, e del segno non come un mezzo per dire o rappresentare qualcosa, ma come gesto della mano. Tracciando alcune linee si crea uno spazio. Così le parole creano luoghi da esplorare. E tutt intorno alle linee e alle parole, tutt intorno a questi atolli emersi e visibili, un oceano invisibile e impensabile. C è la stessa assenza di grandi progetti, di grandi significati, di utopie. I bambini come i grandi artisti, a differenza dei giovani, non sono né avanguardisti né rivoluzionari. Amano ripetere, creare con poco, non sanno che cos è la povertà: sono arcirealisti. E non smettono di stupirsi di fronte a ciò che nel mutare si conserva. Il piccolo scriba e il grande artista hanno inoltre questo in comune: non si sentono artefici, non conoscono gerarchie. Essi stessi sono tutt uno con la loro mano e con i loro materiali. Sono un precipitato di concentrazione e devozione. Sono mezzi. Non han- 4

5 no bisogno di fini, ed essendo loro stessi strumenti non compiono ricerche specialistiche sugli strumenti che adottano. Ciò che conta per loro non è tanto l opera in sé, quanto l opera in fieri, mai finita, sempre ripetibile e sempre diversa, numerabile ma mai classificabile. Nel corso dei decenni successivi la pittura di Griffa andrà di ciclo in ciclo arricchendosi dal punto di vista cromatico e segnico, come, ad esempio si può vedere in Rosso bianco azzurro blu del 1987 o in Tre linee con arabesco n. 144 del 1991 o nel bellissimo Un po di rosso del Ma non credo si possa parlare di evoluzione. In arte, e soprattutto nell arte di Griffa, non c è progresso. Ci sono scoperte di possibilità. Ricordo che, stanco di disegnare asticelle, incominciavo, preso dalla noia o da un ritmo naturale che veniva dal corpo, a tracciare ghirigori sempre uguali che finivano inevitabilmente per rendere la pagina del mio quaderno un campo di forze contrapposte, ma entrambe sottomesse a un unico cerimoniale. In fondo il piccolo scriba sperimentava senza saperlo ciò che il grande artista Griffa, facendo coesistere sulla stessa tela linee e arabeschi, scopre come la possibilità delle possibilità: la sintesi più semplice possibile della razionalità e della fantasia umane che congiunge l Occidente e l Oriente, la costruzione della realtà e il suo ornamento, la vita pratica e la vita contemplativa, sintesi, che non sarebbe tale se non sprigionasse in ogni tela, come in un racconto di Italo Calvino, tutta la sua riconoscenza e il suo essere debitrice «a quello che non c è di quello che c è». 5

6 Biografia Giorgio Griffa nasce a Torino nel 1936, dove vive. Inizia a dipingere molto presto, da bambino. Nel 1958 si laurea in Giurisprudenza e si avvia all attività di avvocato. Dal 1960 al 1963 segue le lezioni di Filippo Scroppo, pittore astrattista che ha preso parte all avventura del MAC. Negli anni successivi intraprende un percorso artistico che, evitando la via dell astrattismo, lo porterà a comporre il ciclo di opere Quasi un dipinto, una serie di lavori non rappresentativi nei quali si precisa la scelta del non finito e che espone alla Galleria Martano di Torino nel Nel 1969 inizia la sua collaborazione con la Galleria Sperone di Torino e nel 1970 espone nelle Gallerie di Ileana Sonnabend a Parigi e a New York. All inizio degli anni Settanta si avvicina all Arte Povera. Tra il 1973 e il 1975 esegue quasi esclusivamente linee orrizontali, composte da una linea continua che si ripete. Molti critici, malgrado le forti reticenze dell artista, hanno visto in questo lavori un adesione di Griffa alla corrente della Pittura analitica o Pittura-Pittura. Negli anni successivi, sulla sua tela appaiono sequenze di segni differenti: dà vita al ciclo delle Connessioni o Contaminazioni. Nello stesso giro d anni si apre per l artista una fase di ripensamento della tradizione pittorica. Nel 1979 dipinge il trittico intitolato Riflessione, composto da tre grandi tele dedicate rispettivamente a Matisse, Klee e Yves Klein. Il trittico è esposto nel 1980 a Torino e a Milano. Nel corso degli anni Ottanta il suo lavoro si sviluppa sul solco tracciato dal ciclo Contaminazioni. Negli anni Novanta l arte di Giorgio Griffa si nutre di nuova linfa: nasce il ciclo Tre linee con arabesco. Ogni opera, tela, disegno, acquarello, incisione, mantiene, fra gli altri segni, una cifra costante: tre linee e un arabesco. Queste opere, inoltre, sono numerate (1, 2, 3, etc.) secondo l ordine in cui sono eseguite. In un altro ciclo degli anni Novanta, intitolato Numerazioni, i numeri indicano l ordine cronologico con cui sono tracciati i segni e i colori che formano ogni singola opera. I diversi cicli, dagli anni Settanta in poi, non seguono alcun progresso o sviluppo, ma rappresentano aspetti diversi di uno stesso divenire dell artista e perciò possono intrecciarsi tra di loro, convivere o 6

7 restare sospesi per poi riaffacciarsi molto tempo dopo. È il caso del ciclo Alter ego, nato nei primi anni del XXI secolo, che riprende la riflessione sulla tradizione avviata dall artista negli anni Settanta del Novecento. Nel ciclo si trovano ogni volta riferimenti a Piero della Francesca, Tintoretto, Beuys, Merz Anche uno degli ultimi cicli, intitolato dall artista Sezione aurea (in relazione a quel rapporto matematico e geometrico fra grandezze diseguali che si può esprimere solo attraverso un numero irrazionale infinito e che in arte è stato colto per secoli come ideale di bellezza e armonia), riprende una grande opera del 1980, Dioniso, esposta alla Biennale di Venezia di quell anno. Conferma ulteriore di come l arte sia concepita da Giorgio Griffa come una continua ripresa di possibilità in continuo divenire, qualcosa di non finito e infinito che attraversa lo spazio finito di ogni opera. 7

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