La cultura figurativa lucana del primo Seicento vanta, oltre ai fecondi Giovanni De
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1 a cura di Rossella Villani Giovanni Donato Oppido La cultura figurativa lucana del primo Seicento vanta, oltre ai fecondi Giovanni De Gregorio e Pietro Antonio Ferro, il materano Giovanni Donato Oppido, la cui attività si svolge dal 1601 al 1634 tra Matera e alcune città della Puglia, quali Corato, Altamura, Barletta, Castellaneta e Francavilla Fontana. La sua prima formazione avviene sulle opere del concittadino Domizio Persio, con uno sporadico allargamento di orizzonti su stampe di matrice tosco-romana. In una fase matura il suo stile si attesta sul pietismo controriformato del De Gregorio, ma privo dell icasticità dell immagine, dell espressionismo tenero e sincero, della patina vibrante e veritiera che caratterizzano l arte del Petrafisianus. L Oppido mostra piuttosto di orientarsi verso un accademismo devozionale e di maniera, derivato dal Santafede e dall Azzolino, freddo, scevro da qualsiasi interpolazione personale o intenzione estetica. Le sue uniche opere firmate sono: l Incoronazione della Vergine fra i SS. Pietro e Paolo nella chiesetta di S. Pietro Barisano a Matera, datata 1601; la Pietà nella chiesa del Monte a Corato, del 1614; l Annunciazione nella chiesa dell Annunziata ad Altamura, datata 1622; la Glorificazione d S. Carlo Borromeo, nel duomo di Matera datata 1627; la Madonna e Santi nella chiesa del Carmine ad Altamura, del 1632 e, infine, la Madonna della Consolazione nella chiesa di S. Vito sempre ad Altamura, datata A questi dipinti se ne aggiungono altri, sparsi sempre tra Matera e le vicine cittadine pugliesi, dove noto doveva essere il pittore materano. La sua prima opera firmata, l Incoronazione della Vergine tra i SS. Pietro e Paolo in S. Pietro Barisano a Matera, trafugata nel 1967, è in parte esemplata su una stampa tratta da un invenzione di Federico Zuccari 1. Essa mostra, in alto, Gesù che incorona la Vergine; in basso le figure dei due Santi, ritratte in primo piano sullo sfondo di un paesaggio che si perde in lontananza. Consueta l iconografia, così come sterile risulta l impronta stilistica della prima opera certa di Giovanni Donato Oppido che non indulge a particolari descrittivi, né a canoni estetici, ma
2 2 Matera. Chiesa di San Rocco, Il Perdono d Assisi. (foto S.B.A.S. - Matera) rimane ancorato a una visione meramente contenutistica dell opera a carattere sacro. Secondo Cetty Muscolino Nell impostazione delle figure dei santi, nei loro tratti fisionomici, emergono chiaramente i ricordi della pala dell altare maggiore della Cattedrale di Matera 2. Infatti per la studiosa la cona materna, che oggi sappiamo essere un lavoro giovanile di Fabrizio Santafede 3, rimase sempre un importante termine di riferimento per l artista, soprattutto quando si troverà ad eseguire la pala di S. Carlo Borromeo per la cattedrale. A distanza di tredici anni, nel 1614, il pittore firma una Pietà nella chiesa dei Cappuccini a Corato, in Puglia. Qui è evidente l intensificarsi dell interesse, da parte dell Oppido, per le tematiche d ordine estetico provenienti dall ambiente romano che egli rielabora però, secondo la Calò Mariani in
3 termini sostanzialmente meridionali 4. Sulla scia della Pietà di Corato, affine alla Pietà di Otto Van Veen del Museo di Friburgo, la Grelle attribuisce a Giovanni Donato Oppido: il Perdono d Assisi nella chiesa di S. Rocco a Matera e il Cristo deposto nella chiesa di S. Domenico pure a Matera, databili a poco dopo il dipinto di Corato. Il Perdono d Assisi raffigura, al centro della tela, la Madonna e il Cristo accompagnati, in alto, da una miriade di angeli in volo Matera. Chiesa S. Domenico, Cristo deposto. (foto S.B.A.S. - Matera) che si dispongono circolarmente attorno alla luce irradiante dalla colomba; mentre in basso, affianco alla Vergine, S. Francesco protende la mano a ricevere da Gesù l indulgenza della porziuncola, per intercessione di Maria. Nella tela, dall impianto compositivo armonico e perfetto, spicca il cromatismo incentrato sul contrasto rosa-verde, accompagnato a sprazzi di giallo dorato e a macchie di grigio. Cromatismo che gioca tra l altro con i richiami simmetrici e formali del dipinto: mentre la Vergine indossa la veste rosa e il mantello verde, Cristo è avvolto da una tunica verde e da una accartocciato mantello rosa; gli angeli invece, dai riccioli ramati, alternano negli abiti, il giallo ora al verde, ora al rosa, in una serie continua di corrispondenze e richiami. Sfugge a questo equilibrio di linee e colori S. Francesco che, ricoperto dal bruno saio, quasi si mimetizza con il contorno oscuro del dipinto. L altro dipinto materano, raffigurante il Cristo deposto, si impone anch esso per il cromatismo squillante, in mirabile contrasto con la rigidità delle espressioni dei personaggi, congelati in un astraente dolore. Al centro della composizione la Madonna, trafitta da sette spade, mostra in lacrime il corpo di Gesù, deposto innanzi a lei, alla sua destra S. Giovanni e la Maddalena piangono il Cristo, alla sua sinistra un personaggio attempato reca un calice. 3
4 4 Nel 1622 Giovanni Donato Oppido dipinge l Annunciazione nella chiesa dell Annunziata ad Altamura. Qui, a detta della Muscolino 5, il linguaggio del pittore si puntualizza verso una sempre maggiore propensione ad impostazioni di tipo classico, alla ricerca del particolare amorosamente descritto, ad un addolcimento dei tipi femminili che sempre poi caratterizzeranno i suoi dipinti. Subito dopo egli replica il medesimo soggetto nella chiesa di S. Rocco a Matera. Per la Muscolino sia l Annunciazione di Altamura che quella di Matera ricordano, nel virtuosismo del panneggio dell Angelo annunciante sospeso in volo la linea sinuosa dell Annunciazione realizzata dal gallipolino Gian Domenico Catalano, Matera. Cattedrale, la Glorificazione di San Carlo Borromeo e Santi (foto S.B.A.S. - Matera) altro pittore di formazione napoletana, attivissimo nel Salento fra la fine del 500 e gli inizi del 600. Sempre all inizio del terzo decennio l Oppido realizza ancora a Matera, nella chiesa di S. Domenico, il Miracolo di Soriano. Un opera che, ancora una volta, si pone nella scia della tradizione controriformata, con i suoi riferimenti al Danona e alla pittura napoletana di fine Cinquecento. A figure astratte e congelate è assegnato il compito di veicolare il messaggio sacro, in un atmosfera grigia e del tutto priva di partecipazione emotiva. Nel 1627 il pittore materano sigla il suo capolavoro, la pala con la Glorificazione di S. Carlo Borromeo ed episodi della sua vita. Il dipinto è inserito in una maestosa intelaiatura lignea con due colonne con capitelli corinzi e una fastosa trabeazione ed è accompagnato, in basso, da una predella suddivisa in sei riquadri narranti i miracoli del Santo. La tela è spartita in due registri: nel superiore S. Carlo nelle vesti cardinalizie purpuree, è inginocchiato ai piedi della Vergine e del Bambino, mentre tuttattorno molteplici angeli musici fanno festa; nell inferiore S. Francesco d Assisi, S. Stefano, S. Pietro, S. Paolo, S. Leonardo e S. Benedetto, in piedi, sullo sfondo di un paesaggio tenebroso, in voga nella pittura del ,
5 Matera. Chiesa S. Domenico, Apparizione del Crocifisso a S. Domenico. (foto S.B.A.S. - Matera) assistono alla glorificazione. I riquadri della predella rappresentano rispettivamente, a partire da sinistra: S. Carlo e gli appestati; S. Carlo che libera un indemoniato; S. Carlo che sfugge miracolosamente all attentato organizzato nel 1569 dalla Congregazione degli Umiliati; l elemosina di S. Carlo; S. Carlo che salva due giovani che stanno per annegare; S Carlo che salva un bambino che sta per annegare. L opera spicca per la sua vivacità cromatica ma anche per l evidenza plastica di cui sono dotate le figure. I personaggi pur privi di intensità espressiva, si impongono per la varietà delle loro fisionomie e dei loro attributi e, nell insieme, formano un tuttuno omogeneo e armonico che molto ha in comune con la pala dell altare maggiore eseguita in età giovanile dal famoso napoletano Fabrizio Santafede. Oltre ai prestiti dal Santafede, tra cui il S. Pietro, la Muscolino 6 evidenzia i ricordi del Danona e del gallipolino Gian Domenico Catalano, soprattutto nelle figure allungate e monumentali dei Santi, mentre i tipi degli angeli sono esemplati su quelli del Borghese nell Immacolata di Lauria. Successivamente Giovanni Donato Oppido eseguirebbe un altra tela nella chiesa di S. Domenico a Matera, l Apparizione del Crocifisso a S. Domenico. L opera si impone per la semplicità di linee, il rigore delle forme, l esiguità della tavolozza, l armonia della composizione, caratteri questi che domineranno la pittura dell Oppido da questo momento in poi, ma di cui già avevamo avuto un saggio nel Perdono d Assisi. In primo piano l imponente S. Domenico, con tunica bianca e mantello marrone, indica alcuni libri ben rilegati, poggiati in terra, e volge il viso verso il Crocifisso che, in posizione arretrata e rialzata rispetto al Santo domina la scena. Quest ultimo inquadrato in un architettura di linee e forme geometriche -i gradini e la base di una possente colonna- è inserito tra due finestre che mostrano ampi squarci di paesaggio: da una parte un convenzionale paese in lontananza appena visibile nel grigiore dei 5
6 monti e del cielo, dall altra un minuscolo spaccato dei tetti di Roma, al di sopra dei quali svetta la cupola di S. Pietro. Dietro il Santo è un tavolo ricoperto da un drappo rosa, colore caro al pittore materano, con su un libro aperto e un calamaio. Tra il Crocifisso e S. Domenico corre la scritta: BENE SCRIPSISTI DE ME TOMA. L armonia di forme e il rigore compositivo osservati in quest opera si affinano ulteriormente in un altra tela dipinta dal pittore nella stessa chiesa: l Estasi di S. Caterina da Siena. All interno di un ampio edificio, scandito dall elegante fusto di colonna marmorea che separa l impiantito in primo piano contrassegnato da ampi riquadri, dal mirabile incastro di architetture retrostante i gradini, il profilo di un altare, la balaustra, l arcata, la sagoma di una porta- S. Caterina, inginocchiata con le mani aperte e coronata di spine, volge lo sguardo in alto, verso l immagine del Crocifisso circondata da un alone luminoso e da una corona di nubi. Al di sotto dell Apparizione una finestra rettangolare inquadra la città di Siena, mentre ai piedi della Santa è il ritratto di profilo di una suora, committente del dipinto. Per Vittorio Savona 7 il dipinto in questione può essere accostato all Annunciazione nella chiesa di S. Rocco a Matera, ove ricorrono l identico impiantito, il paesaggio con veduta urbana e il gusto per la natura morta (il libro e il giglio posati sul pavimento). Nella seconda metà del terzo decennio andrebbe pure collocata, per Anna Grelle 8, la Deposizione e i SS. Rocco e Francesco nell ospedale civico di Castellaneta. Nel quarto decennio Giovanni Donato Oppido firma soltanto due opere, entrambe in territorio pugliese: la Madonna e SS. nella chiesa del Carmine ad Altamura del 1632 e la Madonna della Consolazione nella chiesa di S. Vito sempre ad Altamura del Nel corpus dell artista materano, ancora piuttosto esiguo al momento, la Muscolino inserirebbe ancora la Pietà nella chiesa di S. Maria della Croce di Francavilla Fontana e S. Agata tra S. Vincenzo Ferreri e S. Francesca Romana nella chiesa materana di S. Lucia alla Fontana 9, mentre la Gelao il dipinto con S. Carlo ed episodi della sua vita e miracoli nella chiesa del Santo Sepolcro a Barletta, databile al secondo decennio 10. NOTE: 6 1 A. GRELLE IUSCO, Arte in Basilicata. Catalogo della Mostra, 1981, p C. MUSCOLINO, Giovanni Donato Oppido, Glorificazione di S. Carlo Borromeo, in AA.VV. L Antico Nascosto Catalogo della Mostra della S.B.A.S. Matera, 1987, p G. PREVITALI, La cona grande della Cattedrale di Matera e la giovinezza di Fabrizio Santafede, in Scritti in oore di Ottavio molisani, Catania, 1982, pp M.S. CALO, La Pittura del Cinquecento e del primo Seicento in Terra di Bari, 1969, p Cfr. C. MUSCOLINO, 1987, p IBIDEM. 7 V. SAVONA, Estasi di S. Caterina da Siena, Giovanni Donato Oppido, in AA. VV. Restauri in Basilicata , Catalogo della S.B.A.S. di Matera, 1998, pp
7 8 Cfr. A. GRELLE IUSCO, 1981, pp Cfr. C. MUSCOLINO, 1986, pp C. GELAO, Confraternite, arte e devozione in Puglia. Catalogo della mostra di Bari, 1994, pp. 119 e BIBLIOGRAFIA: M.S. CALO, La Pittura del Cinquecento e del primo Seicento in Terra di Bari, 1969; A.GRELLE IUSCO, Arte in Basilicata. Catalogo della Mostra, 1981, p ; G. PREVITALI, La cona grande della Cattedrale di Matera e la giovinezza di Fabrizio Santafede, in Scritti in oore di Ottavio molisani, Catania, 1982, pp ; C. MUSCOLINO, Giovanni Donato Oppido, Glorificazione di S. Carlo Borromeo, in AA.VV. L Antico Nascosto Catalogo della Mostra della S.B.A.S. Matera, 1987, pp ; C. GELAO, Confraternite, arte e devozione in Puglia. Catalogo della mostra di Bari, 1994; V. M. REGINA, Giovanni Donato Oppido. Il Perdono d Assisi, in AA.VV. Restauri in Basilicata Catalogo della S.B.A.S. di Matera, 1995, pp ; V. SAVONA, Estasi di S. Caterina da Siena, Giovanni Donato Oppido, in AA. VV. Restauri in Basilicata , Catalogo della S.B.A.S. di Matera, 1998, pp ; M. FRANCIONE, Giovanni Donato Oppido (1627) Glorificazione di San Carlo Borromeo e Santi, in AA.VV. Cultura artistica della Basilicata. Opere scelte, Catalogo della S.B.A.S. di Matera, pp ; A.GRELLE IUSCO, Arte in Basilicata. Catalogo della Mostra. Aggiornamenti all edizione del 1981, 2001, p Copyright: Regione Basilicata
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