Corso di Radioastronomia 2

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1 Corso di Radioastronomia 2 Aniello (Daniele) Mennella Davide Maino Dipartimento di Fisica Seconda parte: emissioni da sorgenti diffuse

2 Parte 2 Lezione 5 Osservazioni di idrogeno molecolare mediante misure delle transizioni molecolari del CO

3 Il mezzo interstellare In astronomia, il mezzo interstellare (Inter Stellar Medium, ISM) è il materiale rarefatto costituito da gas e polvere che si trova tra le stelle all'interno di una galassia. L ISM contiene materia sia neutra che ionizzata. La parte neutra, costituita in gran parte da idrogeno, è in forma di idrogeno atomico (H) e molecolare (H2) L idrogeno in forma molecolare costituisce circa il 50% dell idrogeno neutro nel mezzo interstellare, sebbene sia confinato in una piccola frazione del volume totale, le cosiddette nubi molecolari Le nubi molecolari sono confinate nel piano galattico, in un disco di spessore di circa 100 pc. Esse rappresentano le culle della formazione stellare e giocano, pertanto, un ruolo cruciale nel ciclo vitale del mezzo interstellare Le Nubi Molecolari Giganti (Giant Molecular Clouds, GMC) sono le strutture auto-gravitanti più grandi e massive della Via Lattea e raggiungono masse dell ordine di 106 masse solari

4 Nubi molecolari giganti ~ ly Nebulosa Barnard 68

5 Nubi molecolari giganti Costellazione di Orione Nebulosa testa di cavallo

6 Come si può rilevare l idrogeno molecolare? La molecola di idrogeno è una molecola priva di momento di dipolo elettrico e, pertanto, risulta praticamente invisibile alla rilevazione diretta (a differenza dell idrogeno atomico che può essere rivelato mediante l emissione a 21 cm). È necessario, quindi, associare la presenza di idrogeno molecolare ad altre specie che siano in grado di emettere radiazione elettromagnetica e che siano correlate alla presenza di H2 Il tracciante principale dell idrogeno molecolare è il monossido di carbonio, CO, che è la specie più abbondante nelle nubi molecolari dopo l idrogeno. La molecola di CO è asimmetrica, pertanto dotata di momento di dipolo. Per questo motivo presenta delle transizioni rotazionali che determinano delle emissioni nel range delle microonde e che, pertanto, possono essere rilevate

7 Transizioni molecolari Consideriamo una molecola biatomica asimmetrica in rotazione. Poiché la molecola è asimmetrica, essa è dotata di un momento di dipolo la cui rotazione genera un emissione alla frequenza di rotazione Il momento angolare, L, è dato da, dove I è il momento di inerzia e ω la velocità angolare se consideriamo il raggio equivalente, re = ra+rb, possiamo scrivere L come: dove m = ma mb / (ma+mb) è la massa ridotta del sistema

8 Transizioni molecolari L energia cinetica rotazionale è data da: Se consideriamo ora la quantizzazione del momento angolare, otteniamo gli stati quantizzati dell energia, dati da

9 Transizioni molecolari Le transizioni permesse sono quello per cui ΔJ = ±1 a cui corrispondono differenze di energia Alla transizione J J-1 corrisponde l emissione di un fotone alla frequenza

10 Prime misure del CO (pubblicate nei primi anni 2000) La principale survey a grande scala di CO fino al 2014 è quella pubblicata da Dame et al nel 2001, effettuata con una serie di osservazioni da terra negli anni 80 mediante due telescopi millimetrici localizzati nei due emisferi Telescopio a onde mm di 1.2 m presso il CfA di Harvard Columbia Southern mm Telescope (1.2 m), Cerro Tololo, Cile

11 Distribuzione del CO nel piano galattico (Dame et al, 2001) L immagine mostra la distribuzione del CO nel piano galattico rilevata mediante la transizione J = 1 0 In aggiunta a questa survey esistono anche osservazioni limitate a regioni specifiche, come Orione e Monoceros Le osservazioni del satellite Planck sono state le prime a fornire una mappa a larga scala anche delle transizioni più alte (J = 2 1, J = 3 2) che consentono di sondare la presenza di nubi molecolari con condizioni di eccitazione più forti (dovute, ad esempio, alla presenza di gas più denso e/o più caldo)

12 Il satellite Planck Missione spaziale ESA Lancio: 14 maggio 2009 (Kourou, Guyana Francese) Termine operazioni: 23 ottobre 2013 Osservazioni dal punto Lagrangiano L2

13 Planck gli strumenti High Frequency Instrument Bolometri raffreddati a 0.1 K 6 canali di frequenze da 100 a 857 GHz

14 Planck gli strumenti Low Frequency Instrument radiometri raffreddati a 20 K 3 canali di frequenze da 30 a 70 GHz

15 Il cielo osservato da Planck

16

17 Transizioni osservabili da Planck (HFI) Bande spettrali dello strumento HFI

18 Transizioni osservabili da Planck (HFI) Le frequenze di HFI sono compatibili con le prime nove transizioni rotazionali del CO Soltanto le prime tre bande di frequenza, però, presentano un coefficiente di trasmissione e un livello di contaminazione da polveri tale da consentire l estrazione di queste linee In queste tre bande di frequenza è stato possibile estrarre il segnale delle transizioni J = 1 0, J = 2 1 e J = 3 2

19 Transizioni osservabili da Planck (HFI) Notiamo un particolare importante: il segnale che vogliamo misurare è una riga, su una banda molto stretta, mentre i rivelatori lavorano su una banda larga. La possibilità di effettuare questa misura risiede nel fatto che nelle nubi molecolari il segnale del CO è molto maggiore di quello del fondo cosmico e si può considerare, in prima approssimazione, l unico contributo. In realtà il segnale è anchecon contaminato termica Le frequenze di HFI sono compatibili le prime novedall emissione transizioni rotazionali del CO della polvere interstellare cheperò, va stimata e eliminata Soltanto le prime tre bande di frequenza, presentano un coefficiente di trasmissione e un livello di contaminazione da polveri tale da consentire l estrazione di queste linee In queste tre bande di frequenza è stato possibile estrarre il segnale delle transizioni J = 1 0, J = 2 1 e J = 3 2

20 Calibrazione del segnale del CO nelle mappe di Planck Unità di misura dell emissione CO Le mappe di Planck riportano un segnale in temperatura di brillanza, in unità di Kelvin, indicate con il simbolo KCMB L emissione del CO viene definita Velocity integrated emission. Questa definizione si riferisce al fatto che il movimento delle molecole nello spazio determina un allargamento della riga di emissione per effetto Doppler La misura riporta, di fatto, l integrale dell emissione su tutte le frequenze attorno alla frequenza di riposo. Le unità di misura, in questo caso, sarebbero K x Hz. Poiché c è una relazione diretta fra lo spostamento in frequenza e la velocità delle molecole, le unità in cui si esprime l emissione del CO sono K km s-1.

21 Calibrazione del segnale del CO nelle mappe di Planck Calibrazione instrument based Possiamo scrivere il contributo dell emissione di CO alla mappa misurata da un certo bolometro, b, come dove FCO,b rappresenta un fattore di conversione che è dato da: Dove Hν è la risposta in banda del bolometro, b RJ è la derivata rispetto alla temperatura della brillanza nell approssimazione di Rayleigh Jeans e b ν è la derivata della brillanza Dalla relazione di cui sopra è possibile calcolare i fattori di conversione conoscendo la risposta spettrale dello strumento e trascurando la larghezza delle righe del CO

22 Calibrazione del segnale del CO nelle mappe di Planck Calibrazione sky based Nel caso in cui la conoscenza della risposta in banda non sia sufficientemente solida (ad esempio se le bande sono state misurate con un passo in frequenza molto maggiore della larghezza della riga del CO, come nel caso di Planck), si può ricorrere a una calibrazione sfruttando zone note di emissione CO. In questo caso si sono osservate delle nubi molecolari ben caratterizzate da Dame et al, supponendo che l emissione fosse determinata solo dal CO e dalla polvere interstellare. A questo punto, se Mb è la mappa misurata dal bolometro b, possiamo scrivere l emissione in ciascun pixel come la combinazione lineare di emissione di CO e di polvere utilizzando i dati di Dame et al come modello dell emissione CO e la mappa a 545 GHz di Planck come modello dell emissione della polvere

23 Calibrazione del segnale del CO nelle mappe di Planck Calibrazione sky based Fattori di conversione (risultato del fit) Modello di CO (dati Dame et al, su alcune zone di nubi molecolari) Modello di polvere (dati Planck a 545 GHz)

24 Calibrazione del segnale del CO nelle mappe di Planck

25 Estrazione del segnale del CO dalle mappe di Planck Una volta calibrate le mappe l estrazione del segnale di CO è stata effettuata secondo tre approcci 1 Approccio a canale singolo (mappe di tipo 1), dove si analizza la mappa di ogni detector indipendentemente (frequenze diverse vengono utilizzate per righe diverse) 2 Approccio multi-canale (mappe di tipo 2), dove si utilizzano tutti i canali di frequenze per migliorare la rimozione degli altri segnali di foreground e della CMB (anche qui canali a frequenza diversa vengono utilizzati per estrarre righe diverse) 3 Approccio multi-riga (mappe di tipo 3), dove si considerano tutte le righe contemporaneamente in tutti i canali di frequenza

26 Mappe di CO di tipo 1 Per queste mappe si utilizzano solo le frequenze a 100, 217 e 353 GHz, nelle quali si può considerare trascurabile il contributo di sincrotrone e free-free. La mappa per il bolometro b, calibrata in unità di temperatura CMB, può essere scritta come: In linea di principio è possibile estrarre il segnale CO effettuando differenze fra mappe di diversi bolometri e risolvendo un sistema lineare, assumendo che il termine di polvere Fdust dipenda poco dal bolometro, L ipotesi che Fdust possa essere considerato costante fra vari bolometri alla stessa frequenza è ragionevole se pensiamo che la dipendenza dalla risposta spettrale è molto inferiore rispetto alla dipendenza del termine FCO (che è molto sensibile a variazioni della risposta su un intervallo stretto di frequenze)

27 Mappe di CO di tipo 1 Per le mappe di tipo 1 i segnali delle varie transizioni sono state estratte come segue: 1 Canale 100 GHz transizione J = Canale 217 GHz transizione J = Canale 353 GHz transizione J = 3 2 Nella pratica mappe finali sono state ottenute applicando un algoritmo di separazione delle componenti (non per semplice differenza) basato su ILC (internal linear combination) Questa tecnica di separazione delle componenti viene affrontata in dettaglio nella lezione sulla CMB

28 Mappe di CO di tipo 2 Per queste mappe si utilizzano tutte le frequenze da 70 a 353 GHz e descrivendo il segnale in modo più completo, ovvero includendo la componente di free-free (che viene tracciata dal canale a 70 GHz) In questo caso, la mappa finale, calibrata in unità di temperatura CMB, può essere scritta come: I dati dei vari di canali di frequenza sono stati processati in un algoritmo di separazione delle componenti (denominato ruler ) che effettua una regressione ai minimi quadrati dei coefficienti partendo da un modello parametrico delle emissioni galattiche In questo approccio i pesi delle varie transizioni sono dipendenti sia dalla frequenza che dalla posizione nel cielo Poiché il canale a 353 GHz viene utilizzato come tracciante della polvere, questo metodo è essenzialmente cieco alla transizione J = 3 2

29 Mappe di CO di tipo 3 In questo caso si assume che i rapporti fra le righe del CO, CO(2 1)/CO(1 0) e CO(3 2)/CO(1 0) non dipendano dalla zona di cielo osservata e siano noti (ovvero derivabili da nubi molecolari ben caratterizzate) La mappa finale, calibrata in unità di temperatura CMB, può essere scritta come: Anche per le mappe di tipo 3 necessitiamo di una fase di separazione delle componenti. I pesi relativi fra le varie transizioni vengono mantenuti costanti e fissati a valori calcolati analizzando porzioni di dati relativi a nubi molecolari note (es. Orione).

30 Transizione J = 1 0

31 Transizione J = 1 0 Notare che nelle mappe di tipo 2 il livello di rumore residuo è ridotto grazie alla migliore statistica derivante dall utilizzo di più canali di frequenza

32 Transizione J = 1 0 La mappa di tipo 3 è relativa solo alla transizione J = 1 0, in quanto le mappe relative alle altre transizioni si ottengono considerando il rapporto fisso ipotizzato fra le varie transizioni

33 Transizione J = 2 1

34 Transizione J = 3 2 Le mappe di tipo 2 sono cieche alla transizione J = 3 2, in quanto il canale a 353 GHz viene utilizzato come tracciante della polvere

35 Test di consistenza interna I grafici riportano la correlazione fra i diversi tipi di mappe. In pratica per ogni pixel si rappresenta sulle ascisse l emissione rilevata in un tipo di mappa e sulle ordinate l emissione rilevata nell altro tipo Si può notare il buon livello di correlazione fra i dati Si nota anche che la correlazione è migliore per la transizione 2 1 rispetto alla 1 0. Questo è dovuto al fatto che il livello di contaminazione residua da polvere nelle mappe di tipo 2 per la transizione 1 0 è superiore a quella ottenuta dai canali singoli (tipo 1)

36 Paragone con Dame et al

37 Paragone con Dame et al

38 Paragone con Dame et al

39 Paragone con Dame et al La corrispondenza visiva fra le mappe è buona Guardiamo ora che aspetto hanno i grafici di correlazione

40 Paragone con Dame et al

41 Paragone con Dame et al La correlazione per la mappa di tipo 1 è buona (pendenza 1.05), a parte la maggiore incertezza statistica intrinseca nel tipo di costruzione della mappa. Per la mappa di tipo 2 c è un eccesso (di circa il 20% per Taurus, e maggiore del 20% per Orione) dovuto presumibilmente a contaminazioni residue di segnale di polvere e/o di 13C. Per la mappa di tipo 3 si ha un risultato essenzialmente simile al tipo 1

42 Paragone con Dame et al Nel caso di Polaris l incertezza statistica fa sì che la correlazione con la mappa di tipo 1 abbia una pendenza di circa 1.1 (quindi peggiore che per Orione e Taurus) Questo è dovuto al fatto che Polaris è una sorgente molto più debole rispetto a Orione e Taurus e, pertanto, la misura risente maggiormente del rumore strumentale. Per gli altri tipi di mappe valgono le stesse considerazioni fatte per Orione e Taurus

43 Conclusioni I dati di Planck hanno fornito la prima mappa su tutto il cielo della distribuzione di idrogeno molecolare basata sulle transizioni rotazionali del CO (anche di ordine superiore al primo) Per la prima volta abbiamo informazioni non sulla transizione fondamentale ma anche sulle superiori, fino alla terza (J = 3 2) Sono state utilizzate tre tecniche per generare mappe dell emissione di CO: la prima risulta in generale la più rumorosa ma anche quella più immune da effetti sistematici e contaminazioni I confronti con i dati esistenti (Dame et al ma anche altre osservazioni su zone più ristrette del cielo) hanno consentito di testare la qualità dei dati e verificare la loro consistenza, così da permetterne l utilizzo anche in zone dove non esistono misure analoghe

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