GENERALITÀ

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1 PROCESSO E SANZIONI (PARTE PRIMA) PROF. GUIDO BEVILACQUA

2 Indice 1 GENERALITÀ REGOLE DI COMPETENZA E REGOLE DI RITO NEI GIUDIZI IN MATERIA DI PROPRIETÀ INDUSTRIALE ONERI DI PROVA E REGOLE SPECIALI NELLA FASE ISTRUTTORIA. LA DISCIPLINA COMUNE 10 4 ONERI DI PROVA NEL GIUDIZIO DI NULLITÀ O DECADENZA DI MARCHI ONERI DI PROVA NEL GIUDIZIO DI NULLITÀ O DECADENZA DI BREVETTI LA RIVENDICA DEI TITOLI DI PROPRIETÀ INDUSTRIALE. LA DISCIPLINA COMUNE LA RIVENDICA DEI TITOLI DI PROPRIETÀ INDUSTRIALE. LE REGOLE DEI MARCHI LA RIVENDICA DEI TITOLI DI PROPRIETÀ INDUSTRIALE. LE REGOLE DELLE INVENZIONI 18 9 IL GIUDIZIO DI NULLITÀ O DECADENZA. LA LEGITTIMAZIONE ATTIVA. L ARBITRATO EFFICACIA DELLA SENTENZA DI NULLITÀ O DECADENZA IL GIUDIZIO DI CONTRAFFAZIONE LE MISURE CAUTELARI di 27

3 1 Generalità Il Codice della Proprietà Industriale presenta, nel suo capo terzo (artt. da 117 a 146), le regole della tutela giudiziaria dei diritti di proprietà industriale. La sezione prima di questo capo è dedicata alle disposizioni processuali, che riguardano sia i giudizi avanti il giudice ordinario, sia le norme di procedura avanti la Commissione dei ricorsi. La sezione seconda, molto breve, detta alcune misure contro gli atti di pirateria, definiti come contraffazioni e usurpazioni di altrui diritti di proprietà industriale realizzate dolosamente in modo sistematico. Le regole del giudizio ordinario, delle misure cautelari e delle sanzioni per la contraffazione o violazione del diritto sono tendenzialmente identiche per tutti i diritti di proprietà industriale (siano essi titolati, cioè attribuiti da brevetto o da registrazione, o non titolati, cioè sorti per effetto di un fatto costitutivo diverso). Non mancano tuttavia regole di dettaglio poste solo per le invenzioni o per i marchi. Le regole processuali del brevetto italiano valgono anche per il brevetto europeo, o, meglio, per la frazione italiana del brevetto europeo, in quanto la Convenzione di Monaco rinvia, per la disciplina del processo e delle sanzioni, ai diritti nazionali. Le regole della tutela giudiziaria dei titoli (marchi; disegni e modelli) comunitari sono dettate direttamente dal diritto comunitario, ma presentano ampi rinvii al diritto nazionale dei titoli corrispondenti. Parzialmente diverse da quelle del processo su diritti di proprietà industriale, ma comunque molto simili sono le regole del processo e delle sanzioni, cautelari e definitive, per gli atti di concorrenza sleale. 3 di 27

4 2 Regole di competenza e regole di rito nei giudizi in materia di proprietà industriale Per tutte le azioni in materia di proprietà industriale l art. 120 c.p.i., radica la competenza davanti all autorità giudiziaria ordinaria del luogo di residenza o domicilio del convenuto; se questo è sconosciuto, o se il convenuto non ha domicilio in Italia è competente il foro del domicilio dell attore; se né l attore né il convenuto hanno domicilio in Italia, è competente il foro di Roma. Ai fini della determinazione della competenza per territorio assume rilievo l indicazione di domicilio effettuata con la domanda di brevetto o di registrazione, annotata sulla corrispondente raccolta dei titoli di proprietà industriale. Chi si vale di un mandatario abilitato per la presentazione della domanda sottoscrive di solito la cd. lettera d incarico, che contiene anche una elezione di domicilio presso il mandatario stesso; questo domicilio viene poi annotato sul brevetto o sulla registrazione, e quindi viene a determinare la competenza per territorio. Per i giudizi di contraffazione e di violazione di un diritto di proprietà industriale, il VI comma dell art. 120 consente all attore di scegliere il foro del luogo in cui è stato commesso il fatto che egli assume lesivo del proprio diritto (e, cioè, la fabbricazione, l uso o la vendita del bene prodotto in violazione del diritto); per questa via nel caso in cui il prodotto diffuso dal contraffattore sia distribuito o sia oggetto di pubblicità su tutto il territorio nazionale, l attore può scegliere il foro tra tutti i fori competenti. Quando il prodotto che integra la contraffazione sia fabbricato da un soggetto e distribuito da un altro, il produttore può essere convenuto nel foro del distributore soltanto a norma dell art. 33 c.p.c., e dunque soltanto se viene convenuto in giudizio anche il distributore. Il d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168 (in attuazione della Legge 12 dicembre 2002, n. 273, varata anche su sollecitazione comunitaria) ha concentrato, tramite regole speciali di competenza territoriale le cause in materia di proprietà industriale presso un numero assai ristretto di sedi giudiziarie. Il decreto sopra indicato ha istituito, presso i Tribunali e le Corti d Appello di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia dodici Sezioni Specializzate per la trattazione delle cause in materia di proprietà industriale. La competenza di queste Sezioni Specializzate, quale risulta dalle norme sopra indicate e dall art. 134 c.p.i., comprende non solo tutte le liti in materia di proprietà industriale (incluse le lite tra datore di lavoro ed inventore, in precedenza attribuite al giudice di lavoro), ma anche quelle in materia di concorrenza sleale (salvo quelle che non interferiscono neppure indirettamente con l esercizio dei 4 di 27

5 diritti di proprietà industriale ) e diritto antitrust (nazionale e comunitario; ma solo per le controversie afferenti all esercizio di diritti di proprietà industriale ), nonché in materia di diritto d autore. Le Sezioni Specializzate giudicano sempre in composizione collegiale. L art. 134 c.p.i. diceva applicabili a tutte le liti attribuite alla competenza delle Sezioni Specializzate il rito speciale creato dal d.lgs 5/2003 (cd. rito societario). Questa norma è stata però dichiarata costituzionalmente illegittima (Corte Cost. 17 maggio 2007 n. 170), e quindi il rito ordinario è tornato ad essere integralmente applicabile alle liti in tema di proprietà industriale ed intellettuale. Sui descritti antecedenti storico-normativi s innesta ora l operazione approdata alla conversione con modificazioni, da parte della L. 24 marzo 2012 n. 27, dell art. 2, D.L. 24 gennaio 2012, n. 1 e dal legislatore propagandata come volta all istituzione dei Tribunali delle Imprese. Le sezioni specializzate in materia d impresa sono state istituite presso i Tribunali e le Corti d Appello con sede nel capoluogo di ogni regione, eccetto la Valle d Aosta, per la quale sono competenti le sezioni specializzate presso il Tribunale e la Corte d Appello di Torino. A tal proposito giova ricordare che : 1) per i territori ricompresi nei distretti di Corte d Appello di Bari, Lecce, Taranto (Sezione distaccata) è competente il Tribunale delle Imprese di Bari; 2) per i territori ricompresi nei distretti di Corte d Appello di Bologna ed Ancona è competente il Tribunale delle Imprese di Bologna; 3) per i territori ricompresi nei distretti di Corte d Appello di Catania, Messina, Reggio Calabria e Catanzaro è competente il Tribunale delle Imprese di Catania; 4) per i territori ricompresi nei distretti di Corte d Appello di Firenze e Perugia è competente il Tribunale delle Imprese di Firenze; 5) per i territori ricompresi nei distretti di Corte d Appello di Genova è competente il Tribunale delle Imprese di Genova; 6) per i territori ricompresi nei distretti di Corte d Appello di Milano e Brescia è competente il Tribunale delle Imprese di Milano; 7) per i territori ricompresi nei distretti di Corte d Appello di Napoli, Salerno e Campobasso è competente il Tribunale delle Imprese di Napoli; 8) per i territori ricompresi nei distretti di Corte d Appello di Palermo e Caltanissetta è competente il Tribunale delle Imprese di Palermo; 9) per i territori ricompresi nei distretti di Corte d Appello di Roma, L Aquila, Cagliari e Sassari (Sezione distaccata) è competente il Tribunale delle Imprese di Roma; 10) per i territori ricompresi nei distretti di Corte d Appello di Torino è competente il Tribunale delle Imprese di Torino; 11) per i territori ricompresi nei distretti di Corte d Appello di Trieste è competente il 5 di 27

6 Tribunale delle Imprese di Trieste; 12) per i territori ricompresi nei distretti di Corte d Appello di Venezia, Trento e Bolzano (Sezione distaccata) è competente il Tribunale delle Imprese di Venezia. La competenza in materia di proprietà industriale (in senso lato) delle sezioni specializzate in materia d impresa coincide con quella che l art. 134 c.p.i., come sostituito dalla L. 23 luglio 2009, n. 99, al quale il nuovo art. 3, comma 1, lett. a), D.lgs. n. 168/2003 appunto rinvia, attribuiva alle vecchie sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale, comprendendo quindi: a) i procedimenti giudiziari in tema di proprietà industriale (in senso stretto), vale a dire giusto quanto previsto dall art. 1 c.p.i. quelli concernenti marchi (registrati o di fatto), altri segni distintivi, tipici (come la ditta, la ragione sociale, la denominazione sociale, l insegna e l emblema) ed atipici, indicazioni geografiche, denominazione d origine, disegni, modelli, invenzioni, modelli di utilità, topografie dei prodotti a semiconduttori, informazioni aziendali riservate e nuove varietà vegetali; b) i procedimenti giudiziari concernenti fattispecie di concorrenza sleale interferenti, sia pure indirettamente, con l esercizio dei diritti di proprietà industriale, escluse dunque le fattispecie di concorrenza sleale cd. pura, con tutte le difficoltà che si frappongono ad una precisa distinzione delle prime dalle seconde, stante la genericità del concetto di interferenza, per di più indiretta, cui ha fatto ricorso il legislatore e che la Corte di Cassazione ha cercato di precisare affermando che si ha interferenza tra fattispecie di concorrenza sleale e tutela della proprietà industriale sia nei casi in cui la domanda di concorrenza sleale si presenta come accessoria a quella di tutela della proprietà industriale, sia in quelli in cui ai fini della decisione sulla domanda di repressione della concorrenza sleale o di risarcimento dei danni da concorrenza sleale debba incidentalmente verificarsi se i comportamenti che la parte assume di concorrenza sleale interferiscano con un diritto di esclusiva, sicché la competenza delle sezioni specializzate va negata nei soli casi in cui la denunciata condotta concorrenziale non interferisca con la tutela della proprietà industriale, non richieda cioè neanche indirettamente l accertamento dell esistenza di un diritto di proprietà industriale ; c) i procedimenti giudiziari relativi alle violazioni della cd. normativa antitrust italiana ed europea afferenti all esercizio dei diritti di proprietà industriale, ovviamente se rientranti nella sfera della giurisdizione ordinaria; d) le controversie concernenti le invenzioni dei lavoratori dipendenti e dei ricercatori delle università e degli Enti pubblici di ricerca di cui agli artt. 64 e 65 c.p.i.; e) le controversie in tema di indennità di espropriazione per scopi di pubblica utilità dei diritti di proprietà industriale, sempreché ovviamente devolute al giudice ordinario, e dunque probabilmente escluse quelle concernenti l indennità di espropriazione delle invenzioni industriali, che, giusto quanto disposto dall art. 133, comma I, lettera h) del codice del processo amministrativo approvato 6 di 27

7 con il d.lgs. 2 luglio 2010 n. 104, dovrebbero ricadere nell orbita della giurisdizione esclusiva dei tribunali amministrativi regionali e del Consiglio di Stato; f) le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti del Consiglio dell ordine dei consulenti in proprietà industriale incidenti sui diritti soggetti, ad esempio, quelli di natura disciplinare; g) le controversie <<in generale in materie che presentano ragioni di connessione, anche improprie con quelle di competenza delle sezioni specializzate>>. Quest ultimo gruppo di controversie attribuite già alle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale ed ora alle sezioni specializzate in materia di impresa merita qualche più specifica considerazione. La relativa previsione considerata anche la sua collocazione, per così dire, topografica nell ambito dell art. 134, comma I, lettera a), c.p.i. potrebbe invero essere interpretata come volta ad attrarre nella competenza delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale le cause che, pur non rientrando di per sé nella competenza per materia di tali sezioni, presentano ragioni di connessione, anche (oggettiva) impropria, con cause invece di competenza di tali articolazioni organizzative della giurisdizione ordinaria in quanto rientranti nell orbita dei procedimenti in materia di proprietà industriale, compresi quelli concernenti fattispecie di concorrenza sleale o violazioni della disciplina antitrust, nazionale o comunitaria, interferenti con l esercizio di diritti di proprietà industriale, precedentemente indicati alle lettere a), b) e c). Ma la sua formulazione letterale, considerata unitamente a quanto si è detto in ordine alla sua collocazione topografica, sembra autorizzarne una lettura diversa e per certi versi ben più ampia, giacché fa riferimento ai procedimenti <<in materie che presentano ragioni di connessione, anche impropria con quelle>> (e cioè con le materie) di competenza delle suddette sezioni specializzate, non già ai procedimenti che presentano ragioni di connessione, anche impropria, con quelli rientranti nella competenza per materia di tali sezioni, così lasciando abbastanza chiaramente trasparire l intenzione del legislatore di incidere direttamente sulla competenza delle sezioni specializzate in modo tale da estenderla ai procedimenti in materie connesse, anche in senso improprio, con la materia della proprietà industriale, a prescindere dalla loro connessione con altri procedimenti pendenti; ed il sospetto è ora rafforzato dal testo del nuovo terzo comma dell art. 3, d.lgs. n. 168/2003, che dispone l attrazione alla competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa delle cause e dei procedimenti che presentano ragioni di connessione con quelli che rientrano direttamente nell ambito di tale competenza in forza dei precedenti due commi del medesimo articolo, e che sarebbe, almeno in parte, inutile se la <<connessione>> cui fa riferimento 7 di 27

8 la previsione di cui all art. 134, comma 1, lettera a), c.p.i. dovesse intendersi come connessione tra procedimenti e non già tra materie. Pare allora plausibile concludere che: il rinvio dell art. 3, comma 1, lettera a) D.L. n. 1/2012, come convertito dalla L. n. 27/2012, all art. 134 c.p.i., vale ad attribuire alla competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa (così come attribuiva alla competenza delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale) anche le controversie in materie connesse, anche in senso improprio, con le (sole) materie rientranti nella competenza più propriamente industrialistica di dette sezioni; il terzo comma del predetto art. 3, invece, attribuisce alla competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa tutti i procedimenti, in qualsivoglia materia, connessi in senso proprio (cioè per il titolo e/o per l oggetto) con procedimenti rientranti nella competenza per materia delle medesime sezioni, compresi quelli che vi rientrano per connessione, anche impropria, delle relative materie con quelle comprese nella competenza in tema di proprietà industriale in senso stretto attribuita a dette sezioni. Il problema pare allora quello di stabilire quali siano le <<materie>> che presentano ragioni di connessione, anche impropria, con la materia della proprietà industriale. Le nuove sezioni specializzate in materia di impresa sono destinate ad assorbire anche le <<controversie in materia di diritto d autore>>, che già il precedente art. 3, d.lgs. n. 168/2003 attribuiva alle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale e che devono ritenersi comprensive di tutte le azioni che hanno per oggetto l accertamento o si fondano sull esistenza di diritti morali e patrimoniali, sulle opere protette dagli artt. da 2575 a 2583 cod. civ. e dalla fondamentale, anche se più volte modificata, L. 22 aprile 1941, n. 633, cioè sulle opere dell ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia la forma di espressione, nonché sui programmi per elaboratore e sulle banche di dati che per la scelta o la disposizione del materiale costituiscono una creazione intellettuale dell autore, purché, ovviamente, rientranti nell orbita della giurisdizione ordinaria. Posta la presumibile intenzione del legislatore di far riferimento alla nostrana accezione della materia del diritto d autore, è però prevedibile che verrà a riproporsi in relazione alle sezioni specializzate in materia di impresa il problema dell estensione della competenza delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale ai cc.dd. diritti connessi al diritto d autore o, più precisamente, di quei diritti che non rientrano tra quelli sulle opere dell ingegno di cui agli artt. 1 e 2, L. n. 633/1941 e tuttavia pure sono considerati a livello internazionale come oggetto della tutela riservata alla proprietà intellettuale; problema, 8 di 27

9 questo, la cui soluzione dipende soprattutto dall individuazione della portata della previsione contenuta nell art. 134, comma 1, lettera a) c.p.i. in ordine alla competenza di tali sezioni sulle materie connesse e che dunque pare, alla stregua di quel che s è sommariamente detto in precedenza, che debba essere risolto negativamente. Opportunamente il D.L. n. 1/212, come risultante dalla legge di conversione n. 27/2012, ha incluso nella competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa tutte le controversie in tema di violazioni della normativa a tutela della concorrenza e del mercato, cioè della cd. normativa antitrust, interna o comunitaria, anche se non afferenti all esercizio dei diritti di proprietà industriale, in tal modo risolvendo il problema dell individuazione delle fattispecie concernenti le violazioni di tale normativa invece afferenti all esercizio dei diritti di proprietà industriale che erano le sole attribuite dall art. 134 c.p.i. alla competenza delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale. Conseguentemente ha modificato il secondo comma dell art. 33 L. 10 ottobre 1990, n. 287, che attribuiva alla Corte d Appello quale giudice di primo ed unico grado di merito la competenza sulle azioni di nullità e di risarcimento del danno e le domande cautelari fondate sulla violazione delle disposizioni della stessa legge nazionale concernenti la tutela della concorrenza e del mercato che costituiscono l ossatura fondamentale della normativa italiana antitrust, nonché secondo quanto ormai pacifico in giurisprudenza - le azioni di risarcimento del danno o di ripetizione dell indebito (e le correlative azioni cautelari) esercitate dai consumatori nei confronti degli imprenditori responsabili della violazione di tali disposizioni. E rimasta ferma invece la giurisdizione esclusiva dei tribunali amministrativi regionali e del Consiglio di Stato sulle controversie aventi ad oggetto i provvedimenti, anche di carattere sanzionatorio, purché non inerenti ai rapporti di impiego privatizzati, adottati dall Autorità garante della concorrenza del mercato. 9 di 27

10 3 Oneri di prova e regole speciali nella fase istruttoria. La disciplina comune Una copia dell atto introduttivo di ogni giudizio civile in materia di proprietà industriale deve essere inviata all Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (art. 122, comma VI, c.p.i.). Nei giudizi di nullità, l onere di provare la nullità o la decadenza del titolo di proprietà industriale incombe in ogni caso a chi impugna il titolo (art. 121, c.p.i.). In realtà non sempre le cause di nullità o decadenza si fondano su fatti suscettibili di prova. Si pongono quindi nella pratica alcuni problemi, diversi per i diversi diritti di proprietà industriale. Nei giudizi di contraffazione, la posizione processuale del titolare di un brevetto o di una registrazione è notevolmente avvantaggiata dal fatto che egli dà la prova della titolarità del diritto a cui difesa agisce (e quindi della propria legittimazione attiva) molto facilmente, e cioè esibendo in giudizio il titolo stesso (o una sua copia). Inoltre, egli può valersi della regola posta dall art. 121, comma I, c.p.i., la quale detta per brevetti e registrazioni una presunzione di validità, per cui chi agisce per contraffazione non ha l onere di provare la validità del proprio titolo. Questa presunzione di validità non ha alcuna reale giustificazione, data l assenza di esame preventivo, ed i giudici saggiamente cercano in qualche modo di depotenziarla (ad esempio, negando che essa basti a legittimare la concessione di provvedimenti cautelari). Si dice a volte, in giurisprudenza, che la presunzione di validità dei titoli nazionali è una presunzione debole (quindi, viene infirmata da una prova anche non piena dell invalidità del titolo), mentre la presunzione di validità del brevetto europeo e dei titoli comunitari (marchi e modelli e disegni) è una presunzione forte (dato, appunto, che il loro rilascio avviene su esame preventivo). Anche per i titoli nazionali, comunque, la presunzione di validità ha notevole rilievo, perché impone al giudice di ritenere la validità del titolo ogni volta che manchi del tutto la prova della invalidità. Molto diversa, e molto meno facile, è la posizione del titolare di un diritto non titolato che lamenti la violazione del proprio diritto. Egli deve evidenziare la propria legittimazione ad agire, e deve dar prova del proprio diritto dimostrando l esistenza, nel caso, di un fatto costitutivo ben più complesso (l uso qualificato, per i segni distintivi non registrati; i presupposti ex art. 29 c.p.i. per le indicazioni geografiche; i presupposti ex art. 98 c.p.i., per le informazioni segrete); e questa prova può risultare non agevole, e comunque dispendiosa in termini di attività istruttoria da svolgere. 10 di 27

11 L art c.p.i. detta alcune regole processuali speciali. La parte che abbia fornito seri indizi della fondatezza delle proprie domande può ottenere che il giudice ordini alla controparte la esibizione di documenti o la comunicazione di informazioni che confermino (o smentiscano) tali indizi. Inoltre il giudice può ordinare al convenuto per contraffazione di fornire gli elementi per l identificazione dei soggetti implicati nella produzione e distribuzione dei prodotti o dei servizi che costituiscono la contraffazione. Nell assumere i provvedimenti indicati, il giudice deve adottare le misure idonee a proteggere le informazioni riservate di chi li subisce (ad esempio, affidando ad un consulente il compito di effettuare una preselezione della documentazione da esibire). Va segnalato che le misure di cui alla norma in esame possono essere disposte soltanto a carico del contraffattore, e non anche a carico del titolare del diritto (ad esempio, a sostegno di eccezioni difensive della controparte). Queste regole vorrebbero venire incontro alle difficoltà, spesso insormontabili, di ricostruire l intera attività contraffattoria e la sua organizzazione. Esse si pongono nel solco di istituti generali (interrogatorio ed esibizione di documenti, regolati, rispettivamente, dagli artt. 117 e 230 c.p.c., e 210), cui sembrano aggiungere un mero rafforzamento specifico, e, forse, la previsione di un ordine del giudice all intimato di fornire informazioni circa i terzi coinvolti nella contraffazione. Ma hanno di fatto un efficacia modesta perché non sono assistite da alcuna seria sanzione; la norma si limita infatti a prevedere che il giudice possa desumere elementi di prova non solo dalla ottemperanza ai propri ordini, ma anche dal rifiuto ingiustificato di ottemperanza. 11 di 27

12 4 Oneri di prova nel giudizio di nullità o decadenza di marchi L onere di provare la nullità o la decadenza del titolo di proprietà industriale incombe in ogni caso a chi impugna il titolo (art. 121, c.p.i.). Non sempre le cause di nullità e decadenza si fondano su fatti suscettibili di prova. In materia di marchi, il fatto che il segno non rientri tra quelli di cui all art. 7 c.p.i., per esempio, non richiede una prova, così come non la richiede l eventuale contrarietà del segno alla legge, all ordine pubblico o al buon costume. In linea di massima non avrà bisogno di prova neppure la mancanza di capacità distintiva del segno, vale a dire la sua natura di denominazione generica o di indicazione descrittiva. Solo ove si tratti di denominazione nota soltanto a determinati ambiti specialistici, sarà onere dell attore in nullità dar prova di questa situazione; e qualcosa di analogo si verifica quando si chieda la nullità per mancanza di capacità distintiva di una denominazione generica straniera, dato che in questo caso incomberà sull attore dimostrare che la denominazione stessa è conosciuta nel suo significato proprio a gran parte del pubblico italiano. Ove poi il convenuto, vale a dire il titolare del segno, ritenga di poter evitare la declaratoria di nullità sulla base dell art. 13, commi II e III, c.p.i., incomberà su di lui l onere di provare l avvenuta riabilitazione del suo marchio, intervenuta prima o dopo la registrazione. Un vero onere di prova sussiste, invece, in caso di nullità del marchio per mancanza di nullità. Sarà dunque onere dell attore, in questo caso, dar prova di un preuso generalizzato (vale a dire un preuso che comporti notorietà non puramente locale) o di una registrazione precedente di un segno uguale o simile. A quest ultimo proposito ci si può chiedere se l onere della prova a carico dell attore concerna soltanto la sussistenza della propria preregistrazione, o si estenda alla perdurante validità del segno invocato come anteriorità invalidante al momento della proposizione della domanda di nullità. Infatti il marchio registrato anteriore è causa di nullità di quello successivo solo se al momento della proposizione, appunto, della domanda di nullità di quest ultimo esso non sia scaduto da oltre due anni o possa considerarsi decaduto per non uso (art. 12, comma I, lettera h, c.p.i.). La seconda soluzione sembra preferibile non solo per il contesto legislativo di sostanziale favore per il titolare del marchio, ma anche perché il titolare del segno anteriore che impugni per nullità quello successivo ha evidentemente ben maggiore facilità a dimostrare il perdurante uso del primo, di quanto non ne avrebbe il convenuto a dimostrare il non uso. 12 di 27

13 Spetta poi sicuramente all attore dimostrare che il marchio è stato domandato in mala fede, o che esso è in contrasto con l art. 10, comma I, c.p.i. Del pari spetta all attore dimostrare che un marchio è decettivo, mostrando come il prodotto rivendicato non presenti le qualità in qualche modo promesse dal marchio stesso, o che il marchio è usato in modo decettivo, ai fini della decadenza di cui all art. 14, comma II, lettera a). Spetterà ancora all attore provare le fattispecie di cui all art. 8, commi II e III mentre non dovrebbe aver bisogno di prova quella dell art. 8, comma III, riguardante i segni notori, la cui notorietà dovrebbe essere appunto, per definizione, fatto notorio. L ultima proposizione del I comma dell art. 121, c.p.i., dispone un temperamento al rigore di quanto previsto dalla prima proposizione dello stesso comma. In relazione alla decadenza per non uso, infatti, questa norma dispone che la prova del non uso, che incomberebbe, ai sensi della prima proposizione sull attore, può essere fornita con qualsiasi mezzo, comprese le presunzioni semplici. La ragionevolezza di questo temperamento risulta evidentissimo se solo si pensi alla difficoltà, o addirittura impossibilità, per il terzo, di dar prova piena del fatto che il marchio che egli impugna non è mai stato usato in nessun tempo ed in nessun luogo; e, per contro, alla facilità per il titolare di dar prova dell avvenuto uso. In base a questa norma, chi impugna un marchio sostenendone la decadenza per non uso potrà contentarsi, ad esempio, di chiamare degli operatori del settore a testimoniare di non aver mai sentito parlare del marchio in questione, e con ciò raggiungere una presunzione ragionevole, sufficiente a spostare sul titolare del marchio l onere probatorio. 13 di 27

14 5 Oneri di prova nel giudizio di nullità o decadenza di brevetti Nel giudizio di nullità di un brevetto per invenzione non sussiste in capo all attore un onere di prova in senso tecnico se l attore afferma che il trovato coperto dal brevetto non è considerato invenzione ai sensi dell art. 45, c.p.i., o se afferma che l invenzione manca di industrialità o di liceità. Neppure sussiste un onere di prova in caso di nullità per carenza di descrizione (art. 76, comma I, lettera b), o per modifica della domanda all interno della procedura di rilascio in termini tali da estendere il contenuto della domanda iniziale (art. 76, comma I, lettera c). Si avrà invece un vero onere di prova quando la nullità del brevetto sia chiesta per mancanza di novità. L attore, in questo caso, dovrà provare l esistenza di una anteriorità distruttiva della novità, o di un fatto che integri predivulgazione dell invenzione. In caso di mancanza di originalità dell invenzione brevettata, l attore avrà l onere di provare gli elementi di fatto che conducono, appunto, ad escludere l originalità. Dovrà quindi dar prova dello stato della tecnica (da cui, secondo la sua domanda, l invenzione deriverebbe in modo evidente), e di tutti quegli altri elementi fattuali che potrebbero avere un ruolo come indizio di evidenza (la presenza di licenze a basso costo). Di contro, il titolare avrà l onere di prova degli indizi di non evidenza (ad esempio, il pregiudizio tecnico). Se invece l attore afferma l avvenuta decadenza del brevetto, dovrà dar prova del mancato pagamento della tassa. Anche la prova del non uso dell invenzione, ove si chieda declaratoria di decadenza per non uso, incomberebbe sull attore; sarebbe tuttavia ragionevole data l enorme difficoltà di dar prova piena del fatto che l invenzione non è mai stata usata in nessun tempo ed in nessun luogo, e, per contro, la facilità per il titolare di dar prova del proprio uso, ammettere la prova del non uso anche tramite presunzioni semplici. 14 di 27

15 6 La rivendica dei titoli di proprietà industriale. La disciplina comune La domanda di brevetto o di registrazione di un diritto di proprietà industriale può essere depositata solo dall avente diritto. L individuazione dell avente diritto è da svolgere in termini diversi per i diversi diritti di proprietà industriale. L Ufficio, però, non ha, di regola (esistono tuttavia alcune limitate eccezioni: ad esempio quella prevista dalla seconda parte del II comma dell art. 8, c.p.i.) il potere di controllare se il richiedente è il titolare del diritto corrispondente; infatti, secondo l art. 119, comma I, c.p.i., dinnanzi l Ufficio si presume che il richiedente sia titolare del diritto alla registrazione oppure al brevetto e sia legittimato ad esercitarlo. Ogni questione circa la spettanza del diritto al titolo è di competenza del giudice ordinario. E così avviene anche nei paesi con esame, perché i problemi della titolarità del diritto di proprietà industriale attengono di solito al diritto dei contratti o al diritto successorio, che sono estranei alla qualificazione tecnica dell Ufficio. Se il richiedente è un non avente diritto al brevetto o alla registrazione, l avente diritto può fare accertare la propria titolarità dal giudice, in un giudizio di cognizione ordinaria. L art. 118 c.p.i., disciplina poi i diritti spettanti a chi abbia ottenuto, con sentenza passata in giudicato, il riconoscimento della propria titolarità. La disciplina vigente considera il richiedente non avente diritto come privo ab initio di diritti su un brevetto o una registrazione di spettanza altrui; e i diritti del vero titolare sono delineati in modo diverso, a seconda che la procedura di brevettazione o di registrazione si sia già esaurita con il rilascio del titolo al non avente diritto, o sia ancora pendente. Dal momento che il giudizio civile (nei suoi vari gradi) normalmente durerà più che la procedura di rilascio, e dato che l Ufficio (a differenza di quanto previsto dalla C.B.E.) non può sospendere la procedura di rilascio in attesa dell esito del giudizio sulla titolarità del diritto, sarà normale che l avente diritto ottenga il riconoscimento della propria titolarità dopo che l usurpatore ha già conseguito il brevetto o la registrazione. In questo caso, l avente diritto può ottenere il trasferimento a proprio nome del titolo, con effetto dalla data di deposito della domanda (e questa è la rivendica), o chiederne la dichiarazione di nullità. Nel caso in cui l avente diritto consegua il giudicato sull accertamento della sua titolarità quando il rilascio del titolo a favore dell usurpatore non è ancora avvenuto, la sua posizione è un pò 15 di 27

16 più felice. Egli, infatti, può, entro tre mesi dal giudicato, assumere a proprio nome la domanda dell usurpatore con effetto ex tunc, o chiederne il rigetto; ma può anche depositare una nuova domanda di brevetto o di registrazione. Questa possibilità è disciplinata diversamente per i diversi titoli di proprietà industriale. Diversamente regolata, in rapporto ai diversi tipi di titoli, è anche la possibilità di far valere la nullità del titolo conseguito dal non avente. 16 di 27

17 7 La rivendica dei titoli di proprietà industriale. Le regole dei marchi L avente diritto al titolo è da individuare secondo regole diverse per i diversi titoli. In materia di marchi, rilevano qui le regole che pongono limiti alla possibilità di registrare come marchi certi segni, o, per altro verso, pongono limiti alla legittimazione a registrarli. Si tratta dei casi dei ritratti e nomi di persone di cui all art. 8, comma I II, c.p.i.; dei segni notori di cui al comma III dello stesso articolo; dei segni oggetto di altrui diritti di cui all art. 14, comma I, lettera c; del preutente con notorietà generale; e, probabilmente, del titolare del marchio che gode di rinomanza, in ordine alla registrazione del marchio per prodotti non affini a quelli di cui alla registrazione originaria ed all uso che ha determinato la rinomanza. Nei casi appena indicati, il segno non può essere registrato da chiunque, ma può esserlo da determinati soggetti. L avente diritto ove venga riconosciuto tale con sentenza passata in giudicato dopo che il titolo sia stato rilasciato al non avente diritto potrà far valere la nullità del titolo o chiederne l attribuzione a se stesso. In materia di marchi (e forse anche in materia di disegni e modelli), l avente diritto può anche (dopo aver ottenuto il trasferimento a proprio nome della registrazione del non avente diritto) depositare per lo stesso segno una nuova domanda di registrazione diversa da quella dell usurpatore. Ad esempio, ove il non avente diritto abbia illegittimamente registrato un segno contenente un ritratto altrui, l avente diritto potrà sempre depositare una nuova domanda di registrazione per un altro segno che contenga esso pure il proprio ritratto. Infatti, una domanda di registrazione di marchio non incontra alcun limite nella esistenza di una precedente registrazione di cui sia titolare lo stesso depositante. Se il segno oggetto della nuova domanda di registrazione è sostanzialmente identico a quello della prima domanda, la nuova domanda avrà effetto dalla data di deposito della prima. Se, invece, il segno oggetto della seconda domanda è sostanzialmente diverso da quello della prima, la nuova domanda dell avente diritto avrà effetti dalla propria data. Nel caso, invece, in cui l avente diritto ottenga il riconoscimento del proprio diritto prima che il titolo sia stato rilasciato all usurpatore, egli potrà presentare una nuova domanda e la prima cessa di avere effetti. Infine la nullità della registrazione del marchio (e del disegno o modello) del non avente diritto è una nullità relativa, che può essere fatta valere solo dall avente diritto. 17 di 27

18 8 La rivendica dei titoli di proprietà industriale. Le regole delle invenzioni Per le invenzioni (ed i titoli analoghi: nuove varietà vegetali, modelli di utilità, topografie) l avente diritto è sempre solo l inventore (o chi da lui abbia acquistato il diritto). Per questi titoli, la disciplina vigente delinea i poteri dell avente diritto in modo molto meno confortante che per i marchi, perché entrano in gioco gli affidamenti dei terzi in ordine alla domanda del non avente diritto. Nel caso in cui l avente diritto ottenga il riconoscimento del proprio diritto dopo il rilascio del brevetto all usurpatore, egli non potrà depositare una nuova domanda di brevetto, perché la prima domanda (anche se ancora segreta; ed anche se titolare ne è ora lui stesso) costituisce anteriorità distruttiva della novità dell invenzione di cui alla seconda domanda. Pertanto, l avente diritto ottiene soddisfazione solo nel caso in cui l usurpatore abbia redatto la domanda in termini corretti, così che la rivendica del titolo può soddisfare il suo interesse. Se, invece, la domanda non è stata redatta dall usurpatore in termini adeguati, l avente diritto può sottrarre il titolo all usurpatore (facendone valere la nullità), ma non può creare a proprio favore una propria privativa tramite una nuova domanda. Questa regola finisce quindi col far gravare sull avente diritto i tempi del giudizio civile. L avente diritto potrà invece depositare una nuova domanda se il brevetto non è stato ancora rilasciato all usurpatore, e, di conseguenza, la prima domanda cessa di avere effetti. In questo caso, se il contenuto della nuova domanda non eccede quello della domanda dell usurpatore, la nuova domanda avrà effetto dalla data di deposito della prima. Se, invece, il contenuto della domanda dell avente diritto eccede quello della domanda dell usurpatore, tale eccedenza sarà tutelabile solo se può essere qualificata come distinta invenzione, e può quindi essere oggetto di una domanda divisionale. In tal caso, l eccedenza sarà coperta da un secondo titolo che prenderà data dalla data di deposito della domanda divisionale. Se, invece, l eccedenza non è qualificabile come distinta invenzione, e non può quindi essere oggetto di una domanda divisionale, essa rimarrà intutelabile (salva l applicabilità, ove ne ricorrano i presupposti dell art. 47, comma I, c.p.i., che consente al vero inventore di depositare una nuova domanda di brevetto entro sei mesi dal deposito di una domanda altrui che sia frutto di abuso evidente a suo danno). 18 di 27

19 Come ben si vede anche quando l usurpatore non abbia ancora conseguito il titolo, la posizione dell avente diritto può risultare gravemente pregiudicata dall usurpazione subita. L avente diritto, infatti, potrà correggere la domanda, riscrivendo le rivendicazioni e/o la descrizione, e questo è senza dubbio un potere di grande rilievo, ma il contenuto della domanda dell usurpatore condiziona sempre l estensione del titolo dell avente diritto; non sempre, inoltre, la parte sfuggita alla domanda dell usurpatore può dar vita ad una o più domande divisionali. Deve dirsi, infine, che se l avente diritto non utilizza nessuna delle facoltà a lui concesse dalla normativa appena illustrata, la nullità del brevetto rilasciato al non avente diritto può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse dopo due anni dalla pubblicazione del rilascio stesso. 19 di 27

20 9 Il giudizio di nullità o decadenza. La legittimazione attiva. L arbitrato Il controllo della validità di un titolo di proprietà industriale da parte del giudice ordinario è, nel nostro sistema, il solo controllo, puramente eventuale, della presenza dei requisiti di brevettazione o registrazione. Un controllo eventuale della validità dei titoli già rilasciati è previsto anche dai sistemi con esame preventivo, i quali poi si differenziano a seconda che tale controllo sia affidato al giudice ordinario o ad un giudice speciale. Il giudice italiano, secondo le regole di competenza può giudicare della validità della frazione italiana di un brevetto europeo. Le regole del giudizio di nullità valgono anche per il giudizio di decadenza. La competenza per territorio è fissata dalle regole già esaminate. La legittimazione all azione di nullità è attribuita a chiunque vi abbia interesse; e l interesse ad agire compete certamente a qualunque concorrente del titolare (basterebbe una situazione di concorrenza potenziale), al cessionario ed al licenziatario del diritto stesso. La giurisprudenza intende con larghezza l interesse all azione di nullità, ravvisandolo sulla sola base dell affermazione, resa dall attore, che egli trova un ostacolo alla propria attività nell esistenza del titolo altrui. In linea di massima deve riconoscersi la legittimazione attiva anche alle associazioni professionali di categoria; e probabilmente, almeno in alcuni casi (ad esempio, per la dichiarazione di nullità di un marchio decettivo), anche alle associazioni di consumatori. I commi II e III dell art. 122, c.p.i., precisano che in materia di marchi e di disegni e modelli la legittimazione a far valere alcune cause di nullità (si tratta delle cc.dd. nullità relative) è attribuita solo a determinati soggetti. Oltre quanto è stato già detto a proposito della legittimazione a far valere la nullità del titolo conseguito dal non avente diritto (legittimazione sempre relativa per i marchi, disegni e modelli. Per gli altri titoli, in una prima fase relativa, in una seconda assoluta), in ordine ai marchi, le ipotesi di nullità relativa sono quelle in cui la nullità è provocata dall esistenza di un diritto di marchio anteriore altrui; dal fatto che l uso del marchio costituirebbe violazione di un diritto di autore, di proprietà industriale o di altro diritto esclusivo di terzi; dal fatto che il marchio costituisce violazione del diritto altrui al nome o al ritratto. In ordine a disegni e modelli, si ha nullità relativa quando la registrazione è nulla per la preesistenza di un diritto anteriore altrui sullo stesso disegno o modello. 20 di 27

21 È possibile, e frequente, che la questione di nullità venga sollevata (in via di mera eccezione, o di domanda riconvenzionale) da chi sia stato convenuto (ad esempio per contraffazione) dal titolare del diritto. La domanda di nullità può essere proposta anche se il titolo è ancora allo stato di domanda, perché il brevetto o la registrazione non è stato ancora rilasciato. In questo caso, però, il giudice non può pronunciare la sentenza prima del rilascio (secondo la giurisprudenza prevalente, il giudice sarebbe carente di giurisdizione rispetto alla domanda di nullità di un titolo non ancora rilasciato); l Ufficio dovrà accelerare la procedura di rilascio, esaminando la domanda con precedenza rispetto a quelle depositate anteriormente (art. 120, comma I, c.p.i.). La legge riconosce la legittimazione all azione di nullità del titolo anche al pubblico ministero (art. 122, comma I, c.p.i.), quale portatore dell interesse collettivo all eliminazione dei titoli invalidi; non risulta però che il pubblico ministero si sia mai valso di tale potere. Il pubblico ministero può anche intervenire nei giudizi di nullità promossi da privati, ma la legge espressamente dice che questo intervento non è necessario. La sua assenza, quindi, non ha alcun effetto invalidante sulla eventuale sentenza di nullità. L esistenza di questo meccanismo di protezione dell interesse pubblico induce a negare che il giudice possa rilevare d ufficio la nullità. Il giudizio di nullità deve svolgersi nel contraddittorio di tutti coloro che risultano annotati sulla Raccolta dei titoli di proprietà industriale quali aventi diritto al titolo stesso; quindi non solo il titolare, o i contitolari, ma anche i licenziatari attuali che abbiano trascritto il proprio contratto di licenza. Molto si è discusso della possibilità di transigere la questione di nullità di un titolo di proprietà industriale, o di rimetterne la cognizione ad un giudizio arbitrale. Il problema nasce se si ritiene che la nullità del titolo sia questione di interesse pubblico (tale idea viene desunta dalla legittimazione del p.m. alla domanda di nullità), quindi non sottraibile alla cognizione del giudice ordinario. La giurisprudenza più recente sembra però orientata a ritenere che la conoscibilità della questione di nullità da parte del giudice in via meramente incidentale possa giustificare la conoscibilità di essa, quanto meno in via incidentale, anche all interno di un arbitrato rituale; possa giustificare anche la piena deferibilità in arbitrato irrituale, la piena rinunziabilità e la piena transigibilità. Una conferma in tal senso viene sia dalla norma che dice non necessari l intervento del p.m. nei giudizi di nullità promossi da parte privata, sia dal nuovo testo dell art. 134, comma II, 21 di 27

22 c.p.i., che dice applicabili, all arbitrato su diritti di proprietà industriale, gli artt. 35 e 36 del d.lgs. 5/ di 27

23 10 Efficacia della sentenza di nullità o decadenza La sentenza che accoglie una domanda (anche riconvenzionale) di nullità di un titolo di proprietà industriale ha sempre efficacia erga omnes ed è oggetto di pubblicità mediante annotazione sulla Raccolta dei brevetti. L efficacia erga omnes (assoluta) è disposta espressamente dall art. 123 c.p.i.; la norma deroga alla previsione generale dell art cod. civ., per la quale il giudicato civile ha effetti solo tra le parti, ed i loro eredi ed aventi causa. La sentenza di nullità è retroattiva. Una norma speciale in materia di brevetti per invenzioni (art. 77 c.p.i.) limita in due sensi gli effetti di tale retroattività. Essa, infatti, tiene fermi gli atti, già compiuti, di esecuzione di sentenze di contraffazione passate in giudicato, e di contratti, già eseguiti, aventi ad oggetto l invenzione; salva, in questo secondo caso la possibilità di un equo rimborso degli importi versati in esecuzione del contratto. La regola sembra sicuramente applicabile per analogia a modelli di utilità, topografie e novità vegetali; forse anche a marchi e disegni e modelli. Anche la sentenza che dichiara la decadenza di un titolo di proprietà industriale ha efficacia erga omnes, ma la sua retroattività non giunge fino alla data di rilascio del brevetto, in quanto si ferma al momento in cui si è verificata la causa di decadenza (momento che, di regola, è successivo alla data di deposito della domanda di brevetto). Va detto infine che se il giudice rigetta la domanda di nullità (sia attore un privato o il p.m.), non si forma un giudicato sulla validità del titolo; si forma un giudicato, sempre efficace solo inter partes, soltanto sull inesistenza dei motivi di nullità che sono stati evocati in giudizio. Se, invece, la questione di nullità entra in giudizio tramite una mera eccezione, il giudice conoscerà la questione di nullità solo in via incidentale, e non in via principale. Il giudice che accolga tale eccezione non potrà, quindi, emettere una dichiarazione di nullità del titolo; potrà solo rigettare la domanda dell attore. Tale sentenza ha effetto solo inter partes, e non è oggetto di pubblicità. Non dovrebbe essere necessaria, quindi, la chiamata in giudizio di tutti gli aventi diritto sul titolo. Anche il giudizio di nullità parziale di un titolo di proprietà industriale è, a tutti gli effetti, un giudizio di nullità; varranno quindi le regole degli artt Alla sentenza di nullità parziale la legge attribuisce esplicitamente efficacia erga omnes. E ciò la differenzia da una sentenza che, 23 di 27

24 interpretando il titolo stesso, gli attribuisca una estensione più limitata o comunque diversa da quella affermata dal suo titolare; tale sentenza, infatti, fa stato solo tra le parti. 24 di 27

25 11 Il giudizio di contraffazione Il titolare di un diritto di proprietà industriale è legittimato ad agire contro il terzo che stia violando il suo diritto (si parla di contraffazione in caso di violazione di un diritto titolato, cioè brevetto o registrazione. In caso di diritto non titolato si parla di violazione del diritto stesso), per ottenere dal giudice la condanna del convenuto o l irrogazione a suo carico delle sanzioni previste dalla legge. La legittimazione attiva alla difesa del diritto viene concessa, nel nostro sistema, non solo al titolare del diritto, ma anche (se si stratta di brevetti o di registrazioni) al licenziatario con esclusiva. La legittimazione all azione del licenziatario senza esclusiva è a volte contestata, ma prevalentemente ammessa (in alcuni sistemi stranieri è senz altro negata); ma è certo che il licenziatario senza esclusiva possa intervenire ad adiuvandum nel giudizio promosso dal titolare. Analogo intervento sembra consentito (in materia di marchi) al distributore del prodotto. La legittimazione attiva di un fallimento (nella cui massa si trovi un diritto di proprietà industriale è generalmente sicura; sempre che, ovviamente, non si sia verificata una causa di decadenza (per cessazione dell impresa o per non uso del diritto). Il titolare (o licenziatario) del diritto ha anche accesso a particolari misure cautelari (descrizione, sequestro e inibitoria), per evitare che la lentezza del giudizio torni a suo danno. Le stesse sanzioni e le stesse misure cautelari sono fruibili anche da parte del titolare di una domanda di brevetto o di registrazione; perché si ottenga una sentenza di contraffazione occorre però che il rilascio del titolo sopravvenga in corso di causa. La legittimazione passiva spetta non solo a chi abbia realizzato i prodotti o apposto i segni in violazione del diritto altrui, ma anche a chiunque intervenga nella distribuzione dei prodotti stessi. Se l autore della contraffazione ha ottenuto un proprio titolo di proprietà industriale (brevetto o registrazione), invalido perché conseguito in violazione di un diritto altrui precedente, può essere convenuto in contraffazione anche il licenziatario del titolo contraffattorio. Il giudizio di contraffazione, e quello avente ad oggetto la violazione di un diritto non titolato, è affidato alla giurisdizione del giudice ordinario. La competenza per territorio è fissata dalle regole già esaminate. Le regole di competenza fissate per il giudizio di merito valgono anche per le misure cautelari. Secondo l art. 669-ter cod. proc. civ., infatti, il giudice competente per tali misure è il giudice competente a conoscere del merito 25 di 27

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