Programma Operativo Nazionale Città Metropolitane

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1 Programma Operativo Nazionale Città Metropolitane Documento di programma Agenzia per la Coesione Territoriale 16 febbraio

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3 Sommario Sommario... 3 SEZIONE 1. STRATEGIA PER IL CONTRIBUTO DEL PROGRAMMA OPERATIVO ALLA STRATEGIA DELL'UNIONE PER UNA CRESCITA INTELLIGENTE, SOSTENIBILE E INCLUSIVA E AL RAGGIUNGIMENTO DELLA COESIONE ECONOMICA, SOCIALE E TERRITORIALE Strategia per il contributo del programma operativo alla strategia dell'unione per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva e al raggiungimento della coesione economica, sociale e territoriale Descrizione della strategia del programma per contribuire alla realizzazione della strategia dell'unione per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva e per il conseguimento della coesione economica, sociale e territoriale Motivazione della scelta degli obiettivi tematici e delle corrispondenti priorità d'investimento con riguardo all'accordo di partenariato, sulla base dell'identificazione delle esigenze regionali e, se del caso, nazionali, comprese le esigenze relative alle sfide identificate nelle raccomandazioni pertinenti specifiche per ciascun paese adottate a norma dell'articolo 121, paragrafo 2, TFUE e delle raccomandazioni pertinenti del Consiglio adottate a norma dell'articolo 148, paragrafo 4, TFUE, tenendo conto della valutazione ex ante Motivazione della dotazione finanziaria SEZIONE 2. ASSI PRIORITARI A Descrizione degli assi prioritari diversi dall assistenza tecnica ASSE 1 AGENDA DIGITALE METROPOLITANA A.1 Asse prioritario A.2 Motivazione della definizione di un asse prioritario che riguarda più di una categoria di regioni, di un obiettivo tematico o di un Fondo A.3 Fondo, categoria di regioni e base di calcolo per il sostegno dell'unione A.4 Priorità d'investimento A.5 Obiettivi specifici corrispondenti alla priorità d'investimento e ai risultati attesi A.6 Azioni da sostenere nell ambito della priorità d investimento A.7 Innovazione sociale, cooperazione transnazionale e contributo agli obiettivi tematici A.8 Quadro di riferimento dell'efficacia dell'attuazione A.9 Categorie di operazione A.10 Sintesi dell'uso previsto dell'assistenza tecnica comprese, se necessario, azioni volte a rafforzare la capacità amministrativa delle autorità coinvolte nella gestione e nel controllo dei programmi e dei beneficiari ASSE 2 SOSTENIBILITÀ DEI SERVIZI E DELLA MOBILITÀ URBANA A.1 Asse prioritario Sostenibilità dei servizi pubblici e della mobilità urbana

4 2.A.2 Motivazione della definizione di un asse prioritario che riguarda più di una categoria di regioni, di un obiettivo tematico o di un Fondo A.3 Fondo, categoria di regioni e base di calcolo per il sostegno dell'unione A.4 Priorità d'investimento A.5 Obiettivi specifici corrispondenti alla priorità d'investimento e ai risultati attesi A.6 Azioni da sostenere nell ambito della priorità d investimento A.4 Priorità d'investimento A.5 Obiettivi specifici corrispondenti alla priorità d'investimento e ai risultati attesi A.6 Azioni da sostenere nell ambito della priorità d investimento Azione 2.2.3: Mobilità lenta A.7 Innovazione sociale, cooperazione transnazionale e contributo agli obiettivi tematici A.8 Quadro di riferimento dell'efficacia dell'attuazione A.9 Categorie di operazione A.10 Sintesi dell'uso previsto dell'assistenza tecnica comprese, se necessario, azioni volte a rafforzare la capacità amministrativa delle autorità coinvolte nella gestione e nel controllo dei programmi e dei beneficiari ASSE 3 SERVIZI PER L INCLUSIONE SOCIALE A.1. Asse prioritario Servizi per l inclusione sociale A.2 Motivazione della definizione di un asse prioritario che riguarda più di una categoria di regioni, di un obiettivo tematico o di un Fondo A.3 Fondo, categoria di regioni e base di calcolo per il sostegno dell'unione A.4 Priorità d'investimento A.5 Obiettivi specifici corrispondenti alla priorità d'investimento e ai risultati attesi A.6 Azioni da sostenere nell ambito della priorità d investimento A.4 Priorità d'investimento A.5 Obiettivi specifici corrispondenti alla priorità d'investimento e ai risultati attesi A.6 Azioni da sostenere nell ambito della priorità d investimento A.4 Priorità d'investimento A.5 Obiettivi specifici corrispondenti alla priorità d'investimento e ai risultati attesi A.6 Azioni da sostenere nell ambito della priorità d investimento A.7 Innovazione sociale, cooperazione transnazionale e contributo agli obiettivi tematici A.8 Quadro di riferimento dell'efficacia dell'attuazione A.9 Categorie di operazione A.10 Sintesi dell'uso previsto dell'assistenza tecnica comprese, se necessario, azioni volte a rafforzare la capacità amministrativa delle autorità coinvolte nella gestione e nel controllo dei programmi e dei beneficiari

5 ASSE 4 INFRASTRUTTURE PER L INCLUSIONE SOCIALE A.1 Asse prioritario Infrastrutture per l inclusione sociale A.2 Motivazione della definizione di un asse prioritario che riguarda più di una categoria di regioni, di un obiettivo tematico o di un Fondo (se del caso) A.3 Fondo, categoria di regioni e base di calcolo per il sostegno dell'unione A.4 Priorità d'investimento A.5 Obiettivi specifici corrispondenti alla priorità d'investimento e ai risultati attesi A.6 Azioni da sostenere nell ambito della priorità d investimento A.7 Innovazione sociale, cooperazione transnazionale e contributo agli obiettivi tematici A.8 Quadro di riferimento dell'efficacia dell'attuazione A.9 Categorie di operazione A.10 Sintesi dell'uso previsto dell'assistenza tecnica comprese, se necessario, azioni volte a rafforzare la capacità amministrativa delle autorità coinvolte nella gestione e nel controllo dei programmi e dei beneficiari B Descrizione degli assi prioritari per l assistenza Tecnica ASSE 5 ASSISTENZA TECNICA B.1 Asse prioritario B.2 Motivazione della definizione di un asse prioritario che riguarda più di una categoria di regioni B.3 Fondo e categoria di regioni B.4 Obiettivi specifici e risultati attesi B.5 Indicatori di risultato B.4 Obiettivi specifici e risultati attesi B.5 Indicatori di risultato B.6 Azioni da sostenere e previsione del loro contributo agli obiettivi specifici (per asse prioritario) B.7 Categorie di operazione (per asse prioritario) SEZIONE 3. PIANO DI FINANZIAMENTO Dotazione finanziaria a titolo di ciascun fondo e importi della riserva di efficacia dell'attuazione Dotazione finanziaria totale per fondo e cofinanziamento nazionale (in EUR) SEZIONE 4. APPROCCIO INTEGRATO ALLO SVILUPPO TERRITORIALE Sviluppo locale di tipo partecipativo Azioni integrate per lo sviluppo urbano sostenibile Investimenti territoriali integrati (ITI)

6 4.4 Modalità delle azioni interregionali e transnazionali, nell'ambito del programma operativo, con beneficiari situati in almeno un altro Stato membro Contributo delle azioni previste nell'ambito del programma alle strategie macroregionali e strategie relative ai bacini marittimi, subordinatamente alle esigenze delle aree interessate dal programma così come identificate dallo Stato membro SEZIONE 5. ESIGENZE SPECIFICHE DELLE ZONE GEOGRAFICHE PARTICOLARMENTE COLPITE DALLA POVERTÀ O DEI GRUPPI BERSAGLIO A PIÙ ALTO RISCHIO DI DISCRIMINAZIONE O ESCLUSIONE SOCIALE Zone geografiche particolarmente colpite dalla povertà o gruppi bersaglio a più alto rischio di discriminazione Strategia intesa a rispondere alle esigenze specifiche delle aree geografiche più colpite dalla povertà o dei gruppi bersaglio a maggior rischio di discriminazione o esclusione sociale e, se pertinente, contributo all'approccio integrato esposto nell'accordo di partenariato SEZIONE 6. ESIGENZE SPECIFICHE DELLE AREE GEOGRAFICHE AFFETTE DA SVANTAGGI NATURALI O DEMOGRAFICI GRAVI E PERMANENTI SEZIONE 7. AUTORITÀ E ORGANISMI RESPONSABILI DELLA GESTIONE FINANZIARIA, DEL CONTROLLO E DELL'AUDIT E RUOLO DEI PARTNER PERTINENTI Autorità e organismi pertinenti Coinvolgimento dei partner pertinenti Azioni adottate per associare i partner alla preparazione del programma operativo e loro ruolo nelle attività di esecuzione, sorveglianza e valutazione del programma Sovvenzioni globali (per il FSE, se del caso) Sostegno destinato allo sviluppo delle capacità (per il FSE, se del caso) SEZIONE 8. COORDINAMENTO TRA I FONDI, IL FEASR, IL FEAMP E ALTRI STRUMENTI DI FINANZIAMENTO DELL'UNIONE E NAZIONALI E CON LA BEI SEZIONE 9. CONDIZIONALITÀ EX ANTE Condizionalità ex ante Descrizione delle azioni volte a ottemperare alle condizionalità ex ante, degli organismi responsabili e calendario SEZIONE 10. RIDUZIONE DEGLI ONERI AMMINISTRATIVI PER I BENEFICIARI SEZIONE 11. PRINCIPI ORIZZONTALI Sviluppo sostenibile Pari opportunità e non discriminazione Parità tra uomini e donne SEZIONE 12. ELEMENTI DISTINTI Grandi progetti da attuare durante il periodo di programmazione Quadro di riferimento dell'efficienza dell'attuazione del programma operativo Partner pertinenti coinvolti nella preparazione del programma

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8 CCI 2014IT16M2OP004 Titolo Programma operativo nazionale Città metropolitane Versione 2 Primo anno 2014 Ultimo anno 2020 Ammissibile a partire da Ammissibile fino a Numero della decisione della CE Data della decisione della CE Numero della decisione di modifica dello SM Data della decisione di modifica dello SM Data di entrata in vigore della decisione di modifica dello SM Regioni NUTS oggetto del programma operativo ITC11 (Provincia di Torino), ITC33 (Genova), ITC4C (Milano), ITF33 (Napoli), ITF47 (Bari), ITF65 (Reggio di Calabria), ITG12 (Palermo), ITG13 (Messina), ITG17 (Catania), ITG27 (Cagliari), ITH35 (Venezia), ITH55 (Bologna), ITI14 (Firenze), ITI43 (Roma). 8

9 SEZIONE 1. STRATEGIA PER IL CONTRIBUTO DEL PROGRAMMA OPERATIVO ALLA STRATEGIA DELL'UNIONE PER UNA CRESCITA INTELLIGENTE, SOSTENIBILE E INCLUSIVA E AL RAGGIUNGIMENTO DELLA COESIONE ECONOMICA, SOCIALE E TERRITORIALE 1.1. Strategia per il contributo del programma operativo alla strategia dell'unione per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva e al raggiungimento della coesione economica, sociale e territoriale Descrizione della strategia del programma per contribuire alla realizzazione della strategia dell'unione per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva e per il conseguimento della coesione economica, sociale e territoriale Il Programma operativo nazionale plurifondo Città metropolitane (in seguito Programma o PON METRO ) si inserisce nel quadro dell Agenda urbana nazionale e delle strategie di sviluppo urbano sostenibile delineate nell Accordo di Partenariato per la programmazione (in seguito AP ) e in linea con gli obiettivi e le strategie della costituenda Agenda urbana europea, la quale identifica le aree urbane come territori chiave per cogliere le sfide di crescita intelligente, inclusiva e sostenibile proprie della Strategia Europa L intervento sulle città, scaturisce dal riconoscimento di alcune caratteristiche proprie del modello di sviluppo territoriale, che vede una crescente concentrazione nelle aree urbane di quote significative della popolazione (ad oggi circa il 70% del totale) e del sistema produttivo (ad oggi circa i due terzi del PIL è generato in ambito urbano), nonché configurazioni insediative sia in forma di grandi aree metropolitane, sia in reticolo di agglomerati urbani contigui sul piano territoriale e demografico, ma non per questo integrati funzionalmente fra loro. Le città in espansione, spesso incontrollata, inglobano dentro di sé grandi ricchezze ed opportunità (i.e. attrattori culturali, centri scientifici e produttivi, spazi di aggregazione sociale, etc.), cosi come territori di grande povertà materiale (i.e. quartieri periferici monofunzionali, spazi di risulta, assenza di aree verdi di qualità, etc.) e situazioni di precarietà sociale (i.e. marginalità estrema, segregazione spaziale e culturale delle minoranze sociali, etc.). Mentre in passato l attenzione verso le città si concentrava sulla risoluzione dei soli squilibri sul piano socioeconomico e ambientale fenomeni di esclusione sociale, difficoltà di accesso ai servizi per il welfare e la qualità della vita, crescenti forme di pressione sul capitale naturale la fase più recente, influenzata dal perseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020 e da quanto emerso dai tavoli nazionali di confronto (cfr. Sezione 4 e 7), attribuisce alle politiche urbane ulteriori ed ambiziosi compiti rispetto a quelli già praticati nei precedenti cicli di programmazione. Oggi si tratta di far convergere sulle città, tutte quelle politiche che si propongono di contrastare le ricadute sociali della crisi economica, di esplorare con maggiore efficacia il tema del cambiamento climatico, di accompagnare i processi di riforma e riorganizzazione istituzionale che si stanno compiendo negli Stati membri. In Italia il fenomeno metropolitano è diffuso sia a nord che a sud del paese essendo il territorio marcatamente policentrico: le agglomerazioni metropolitane sebbene quindi siano condizionate dalla presenza dei divari Regionali costituiscono degli asset rilevanti del sistema paese concentrandosi in esse 9

10 quote significative di servizi, attività e funzioni urbane superiori anche di rilevanza internazionale. Al contempo, in ragione delle dinamiche insediative e della densità demografica (le aree metropolitane hanno un peso demografico di circa il 14% dei residenti sul totale), in esse si concentrano squilibri ambientali e carenze infrastrutturali che agiscono negativamente sia sulla qualità della vita, sia sulla competitività dei sistemi produttivi. Tra questi fattori emergono in particolare le carenze nelle reti della mobilità sostenibile e delle innovazioni tecnologiche (particolarmente pronunciate nelle città del Mezzogiorno), così come il permanere di fenomeni di degrado ambientale e marginalità sociale soprattutto nelle periferie ed in contesti di cintura (ovvero nelle agglomerazioni insediative delle grandi città in espansione che inglobano vecchi borghi e trasformano aree verdi in periferia, il c.d. processo di metropolizzazione ). Rispetto a tale situazione di contesto, appare di grande rilevanza il processo di ridisegno istituzionale che si sta compiendo a livello nazionale in seguito all approvazione della legge Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni (D.L. 1212/2013, poi convertito in legge 56/2014), la quale prevede la creazione di 14 Città metropolitane sul territorio nazionale ed il rilancio della dimensione metropolitana come scala per la pianificazione e la gestione di servizi cruciali per lo sviluppo e la coesione territoriale.. Per fermare i processi di metropolizzazione favorendo il riuso e la riqualificazione del territorio già insediato, il Programma identifica i Comuni capoluogo delle 14 Città metropolitane come territori target prioritari cui dedicare uno specifico Programma operativo nazionale addizionale rispetto alle altre filiere di programmazione settoriali e regionali. Tali ambiti territoriali, cui viene chiesto di declinare in prima istanza l approccio place based, coincidono con le 10 Città metropolitane individuate con legge nazionale (Bari, Bologna, Genova, Firenze, Milano, Napoli, Reggio Calabria, Roma, Torino e Venezia), cui vanno ad aggiungersi le 4 Città metropolitane individuate dalle Regioni a statuto speciale (Cagliari, Catania, Messina, Palermo). In coerenza con quanto stabilito dall art. 7.4 del Reg. UE 1301/2013 ed incorporato nella declinazione strategica dell Agenda urbana nazionale dell Accordo di Partenariato, il Programma individua il Sindaco del Comune capoluogo della Città metropolitana come Autorità urbana e Organismo intermedio. Il focus territoriale del Programma si concentra sul territorio dei Comuni capoluogo per varie ragioni sia programmatiche, sia amministrative, ed in particolare: i) il PON METRO necessita di interlocutori istituzionali ben definiti, in grado di ottemperare alle normative di sana e buona gestione finanziaria, e che abbiano comprovata esperienza e competenza amministrativa nel governo del territorio; ii) i Sindaci dei comuni capoluogo rappresentano gli interlocutori più rappresentativi per avviare sperimentazioni di policy nel breve periodo e assicurare quella centralità necessaria sia ad estendere i servizi a scala metropolitana, che a garantire la leadership nei confronti del partenariato socio economico; iii) il PON METRO lavora nell ambito dei servizi e dunque il fulcro delle piattaforme informatiche deve forzatamente essere quello dei Comuni capoluoghi (per favorire riuso e interoperabilità) a scala maggiore; iv) i Comuni capoluogo sono i territori dove si concentrano i maggiori problemi di congestione e marginalità sociale (come emerge dai dati statistici illustrati successivamente). L individuazione delle sfide territoriali con cui il Programma intende confrontarsi, di seguito descritte, è avvenuta attraverso un percorso di confronto partenariale che ha visto la partecipazione dei Sindaci, dell Associazione nazionale dei Comuni Italiani (ANCI), delle Regioni interessate e delle Amministrazioni centrali competenti per materia, oltre alle parti economiche, sociali e ambientali (cfr. Sezione 7). Adottando una logica sperimentale sia nella costruzione del programma stesso che nel governo della sua attuazione, il PON METRO interviene in modo complementare ai Programmi operativi regionali per sostenere specifiche 10

11 e determinate azioni prioritarie che compongono una strategia nazionale unificante per i Comuni capoluogo delle 14 Città metropolitane, affrontando congiuntamente e in modo coordinato alcune delle sfide che interessano tali contesti territoriali. Sfide economiche Come indicato nell Accordo di Partenariato, il Programma non interviene in merito al terzo driver dell Agenda urbana, dedicato al rafforzamento della capacità delle città di attrarre segmenti di filiere produttive globali e favorire la crescita di servizi avanzati, perché la sua concezione strategica e progettuale prevede un diverso meccanismo di governance, fortemente radicato nella programmazione regionale e nelle strategie di specializzazione intelligente visto il ruolo delle città di motore di sviluppo territoriale, e pertanto non giustificherebbe il ricorso alla filiera decisionale adottata per il PON METRO. Di conseguenza, il Programma non interviene direttamente in relazione alle sfide economiche che interessano le grandi aree urbane, ma si concentra su alcune precondizioni di sviluppo che riguardano l Agenda digitale. Una sfida di ordine generale per l agenda digitale in Italia riguarda la necessità di colmare i gravi ritardi che sussistono rispetto ai paesi europei più attrezzati in questo senso per ciò che attiene sia i cittadini, sia le imprese. Come emerge dall ultimo rapporto della Commissione Europa sullo sviluppo digitale nei paesi membri (dati al 2013), in Italia la percentuale di popolazione che non ha mai avuto accesso al web è ancora del 34% contro una media europea del 20%. Dei cittadini attivi sul web, inoltre, solo il 21% usa abitualmente servizi di e government, a fronte di un target inizialmente posto al 50% per l anno 2015 dall Agenda digitale europea, peraltro prevedendo che almeno la metà di questi restituisse via web moduli compilati alla pubblica amministrazione. Vista la centralità degli enti locali nella gestione diretta di numerose autorizzazioni e servizi di interesse di cittadini e imprese, appare dunque imprescindibile per il PON METRO contribuire allo swith off analogico e alla diffusione del principio Digital First. In una prospettiva di rafforzamento e valorizzazione dei servizi di e government, sappiamo che le precondizioni strutturali nell accesso ad Internet non sono un nodo critico da sciogliere in quanto si osserva una situazione comparativa piuttosto confortante. Ovvero in Italia la banda larga fissa copre ormai il 99% delle abitazioni nelle aree urbane, una percentuale superiore alla media comunitaria che si attesta al 97%, mentre nelle principali aree metropolitane, dove l esclusione dalla banda larga può ormai considerarsi marginale, tende ad accrescersi la quota di abitazioni coperte da fibra ottica, anche se tuttora al di sotto della media comunitaria. Peraltro, è importante considerare che le 14 città metropolitane sono aree nere NGAN (Next Generation Access Networks) secondo il Ministero dello Sviluppo Economico (cfr. mappatura Infratel, 2014), cioè aree in cui sono presenti o verranno sviluppate a breve più reti di nuova generazione, per le quali la recente Strategia nazionale Banda Ultralarga prevede un modello di intervento senza il concorso diretto di finanziamenti pubblici, ma attraverso strumenti finanziari nazionali o regionali che facilitino l accesso al credito e mediante misure nazionali di defiscalizzazione degli investimenti che stimolino l intervento dei privati che in queste aree, dove esiste il miglior rapporto costi benefici, sono più interessati ad investire. Nelle principali aree metropolitane, inoltre, sono in crescita gli investimenti per l installazione di hot spot Wi Fi per facilitare l accesso mobile ad Internet per residenti e city users: tra queste, il risultato più significativo è stato conseguito a Milano, che ha già operativi 500 hot spot, oltre a Venezia e Torino con rispettivamente 220 e 80 punti di accesso. Alla luce di quanto illustrato, benché alcune aree urbane debbano potenziare le proprie infrastrutture digitali soprattutto in termini di capillarità delle reti fisse di ultima generazione (in particolare in relazione al 11

12 c.d. ultimo miglio ), la sfida progettuale per colmare i divari dovrà orientarsi sugli aspetti che riguardano più direttamente l offerta di servizi digitali e la domanda rispetto a questi espressa dalla popolazione. Sul piano dell offerta, la Strategia per la Crescita Digitale recentemente adottata dal Governo nazionale individua le modalità per stimolare la creazione e l offerta di servizi, attraverso un mix di strumenti: azioni infrastrutturali trasversali, piattaforme abilitanti volte, tra le altre cose, a digitalizzare i processi e integrare le pubbliche amministrazioni focalizzandosi su specifici settori (tra cui anagrafe, sanità, scuola) e programmi di accelerazione. Tra questi ultimi, il programma di accelerazione Smart Cities & Communities che, con il coordinamento dell Agenzia per l Italia Digitale (AgID), sostiene la creazione di una infrastruttura tecnologica immateriale comune per sostenere comunità intelligenti in ambiti strategici per le città attraverso la definizione di innovativi modelli di governance (c.d. Statuto delle città intelligenti ), di strumenti per il coinvolgimento dei privati negli investimenti (ad es. appalto pubblico pre commerciale), di piattaforme per la diffusione del riuso, nonché di linee guida per circoscrivere standard tecnici, tipologie di servizi, caratteristiche dei dati e delle procedure. Per quanto riguarda la domanda, la medesima Strategia nazionale assegna forte priorità all innalzamento delle competenze digitali, individuando un programma di accelerazione dedicato che sarà attuato in parallelo con l analoga iniziativa per le Smart Cities & Communities per mettere in campo azioni di formazione dedicate a cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni. In considerazione di quanto precede, pertanto, al fine di sfruttare le condizioni favorevoli e le possibili sinergie sistemiche, l ambito di intervento prioritario per il PON METRO si focalizza sull obiettivo di sostenere il potenziamento dell offerta di servizi digitali pienamente interpolabili da parte delle amministrazioni comunali nelle Città metropolitane, accrescendo la diffusione e qualità dei servizi erogati on line dalla pubblica amministrazione attraverso un deciso sostegno all implementazione del modello definito dalla strategia nazionale per la crescita digitale per una maggiore integrazione delle banche dati esistenti e l adozione di tecnologie più orientate al mobile Internet. La rilevanza per l Agenda Urbana e per il Programma degli aspetti qualitativi legati all offerta di servizi è ben evidenziata dai dati ISTAT relativi alla disponibilità on line di servizi accessibili dai siti web istituzionali. Considerando il livello più avanzato di accessibilità, ovvero la possibilità di avvio e conclusione per via telematica dell intero iter relativo al servizio richiesto, nel 2012 le città con popolazione superiore ai abitanti fanno segnare un valore relativo quasi triplo rispetto alla media nazionale (56,5 contro 18,9). Tuttavia, la medesima rilevazione dell ISTAT rivela come, tra le principali barriere all utilizzo delle Information and Communication Technology (ICT) nella PA, la mancanza di integrazione tra le banche dati e le applicazioni disponibili pesi per il 30,1%. Sotto il profilo territoriale, emergono importanti gap da colmare in due direzioni: a partire dalle esperienze pilota di alcuni grandi comuni, è necessario aumentare la diffusione di servizi digitali nelle cinture metropolitane e in aree funzionali rappresentative del fenomeno metropolitano; inoltre è necessario sostenere le aree metropolitane delle regioni meno sviluppate, che mostrano un livello di diffusione inferiore a quello delle altre categorie di regioni interessate dal Programma, per garantire un processo di convergenza e omogeneità su base nazionale. I contesti metropolitani si configurano come ambienti privilegiati per lo sviluppo di soluzioni intelligenti a supporto dei processi di innovazione, da un lato per la presenza di asset significativi sul piano infrastrutturale (ad esempio la diffusione della banda larga), dall altro per la propensione di una più ampia platea di cittadini e city users ad innescare forme di innovazione sociale fondate sullo scambio di 12

13 informazioni rilevanti per aumentare l efficienza dei servizi pubblici e la valorizzazione di specifiche risorse locali. Dalle esperienze in Italia e in Europa si evince come esistano già servizi e soluzioni tecnologicamente avanzate per le Smart City. Tuttavia, queste soluzioni presentano sovente alcune limitazioni: sono spesso introverse e verticali, non consentono il riuso di componenti comuni, e sono vendor lock in, per cui modifiche ed evoluzioni possono essere effettuate solo dal fornitore originale. Per superare tali limitazioni, è indispensabile organizzare un architettura orizzontale standard che si ponga come piattaforma abilitante per la crescita e diffusione di servizi intelligenti. Le Azioni integrate dovranno sviluppare modelli di integrazione dei dati che consentano di aggregare, trasformare e processare dati provenienti da fonti eterogenee distribuite non necessariamente connesse tra loro (ad esempio: sensori di varia natura, web of things, ecc.). Sarà utile istituire un tavolo di confronto con gli operatori economici per definire percorsi di standardizzazione o, almeno, modelli di comunicazione e compatibilità, interfacciandosi con i technical committee di standardizzazione anche internazionali che lavorano su tali temi. Le Azioni, inoltre, dovranno sviluppare modelli di integrazione partecipativi tipici del web 2.0 (smartness from people participation), per catturare tale intelligenza collettiva e coinvolgere il volontariato e il terzo settore. La strategia di intervento dovrà necessariamente trovare compimento attraverso un azione coordinata a scala nazionale che, oltre all Autorità di gestione e gli altri centri di competenza nazionale, vedrà il coinvolgimento delle Autorità urbane e degli uffici comunali di settore nella definizione di modalità comuni per effettuare l analisi dei fabbisogni prioritari, la progettazione condivisa e aperta di piattaforme tecnologiche di interoperabilità abilitanti per la gestione ed erogazione dei servizi (e government, monitoraggio ambientale, servizi sociali, ecc.), l individuazione di modelli di attuazione e di gestione sostenibili nel tempo, la scelta delle modalità per accompagnare efficacemente l adozione delle soluzioni a scala metropolitana. Tale approccio consentirà di massimizzare il valore aggiunto del programma, evitando l eccesso di iniziative sperimentali a vantaggio della standardizzazione dei modelli e delle progettualità locali. La strategia del Programma intende fare leva essenzialmente sull offerta di servizi, ma deve necessariamente assumere come sfondo di riferimento l obiettivo conclusivo di far crescere la domanda e l utilizzo dei servizi da parte del cittadino, per allineare le maggiori aree urbane del Paese al target identificato dall Agenda digitale europea. Come anticipato, l utilizzo da parte dei cittadini dei servizi digitali offerti dalla Pubblica Amministrazione risulta ancora piuttosto limitato. Con riferimento alla funzione di rango più elevato attualmente rilevata dal sistema statistico nazionale, ovvero la spedizione via web di moduli compilati della Pubblica Amministrazione, i dati relativi al 2013 evidenziano che a livello nazionale poco più di un cittadino su 10 (11,4%) tra quelli che hanno utilizzato Internet negli ultimi 3 mesi ha adoperato tale funzione. Lo stesso dato riferito ai Comuni centro dell area metropolitana mostra un valore lievemente più alto (12,7%), mentre le zone di periferia dell area metropolitana e le città medie (con popolazione superiore ai abitanti) sono sostanzialmente in linea con la media nazionale (rispettivamente 11,4% e 11,8%). Lo stesso dato, riletto in serie storica, evidenzia, peraltro, che negli ultimi cinque anni non si sono registrati significativi incrementi di utilizzo dei servizi: la media nazionale è passata dal 10,6% del 2008 all 11,4% del 2013; i Comuni centro dell area metropolitana dal 12,2% del 2008 al 12,7% del 2013, le zone di periferia dell area metropolitana dal 10,1% del 2008 all 11,4% del 2013, le città medie dall 11,3% del 2008 all 11,8% del

14 Ai fini dell identificazione della strategia del PON METRO sono state effettuate alcune analisi preliminari sulla possibile correlazione tra offerta e domanda, che consentono di identificare un discreto potenziale di successo in termini di incremento degli utilizzatori dei servizi digitali, fino al superamento del target del 50% dei cittadini individuato dall Agenda digitale europea, che può derivare dall azione congiunta del PON METRO e delle altre iniziative mobilitate dalla Strategia nazionale per la crescita digitale. Sfide climatiche e ambientali Le maggiori città italiane devono fare fronte a gravose sfide ambientali e alle collegate sfide climatiche. Questo avviene su molteplici profili, come del resto per tutte le grandi agglomerazioni: consumi energetici, flussi di mobilità, gestione dei rifiuti e delle risorse idriche, rumore e qualità dell aria, inquinamento luminoso, consumo di suolo, bonifiche di siti industriali dismessi, dissesto idrogeologico, rischio sismico, erosione costiera, ecc. Si tratta di questioni rilevanti, innanzitutto in termini di salubrità dell ambiente e salute dei cittadini, così come di impatto sul cambiamento climatico e, aspetto piuttosto cruciale in un contesto di crisi economica di lungo periodo, sui costi pubblici da sostenere per la gestione efficiente delle città. Per essere di qualche efficacia, la strategia del Programma si concentra, qui anche più che in altre aree tematiche, su poche questioni. L Accordo di Partenariato assegna al PON METRO il compito di contribuire a rispondere alle sfide legate a: la riduzione dei consumi energetici (o almeno di quelli legati ai servizi pubblici) e la gestione sostenibile dei flussi di mobilità. Tale focalizzazione discende dal ruolo preminente che gli enti locali hanno, nell ordinamento nazionale e di fatto, in relazione a questi due ambiti di policy, in quanto concreti titolari delle infrastrutture e dei servizi connessi. Naturalmente, l impostazione della strategia nazionale di policy più ampia non può trascurare le altre sfide ambientali e climatiche, che si rinvengono anche in programmi regionali o altri strumenti nazionali (ivi inclusi ad esempio il FSC o, per i privati, le regole e gli incentivi fiscali sulle ristrutturazioni o sulla rottamazione delle auto), a seconda delle specifiche filiere di governance interessate. Come evidenziato nel corso della consultazione pubblica in sede di Valutazione Ambientale Strategica, sarà fondamentale costituire momenti di confronto in ciascuna città dedicati a riconnettere nel tempo le azioni intraprese e i risultati conseguiti da tutte le parti e i soggetti attivi. Il fabbisogno legato alla riduzione dei consumi energetici necessari ai servizi pubblici è riconducibile a tre ambiti principali: l illuminazione artificiale delle strade e degli spazi pubblici; l utilizzo delle sedi di governo della città (il municipio, le sedi circoscrizionali) e di tutti i contenitori dedicati a funzioni di servizio al cittadino (scuole e asili, mercati, musei, edilizia residenziale pubblica, ecc.); il funzionamento dei servizi di trasporto collettivo. L illuminazione pubblica è l ambito nel quale appare possibile conseguire i maggiori risultati di risparmio, anche considerando i rilevanti costi di gestione del servizio erogato (pari a circa 465 milioni di euro nel 2012 per i 14 Comuni fonte Ministero dell Interno Certificati consuntivi di bilancio 2012) e la possibilità di attivare una leva finanziaria e meccanismi di finanziamento tramite terzi ed ESCO. Considerando i dati ISTAT 14

15 sulla consistenza dei corpi illuminanti nei 14 Comuni (Dati ambientali nelle città Ecomanagement, dati 2013) e un costo standard di circa 700 euro a lampada (che incorpora la sostituzione con LED e quota parte della realizzazione di un sistema di telegestione mediante regolatori di flusso), per sostituire interamente i punti luce attualmente ancora dotati di lampade ai vapori di mercurio sarebbero necessari circa 80 milioni di euro in totale, di cui circa 31 milioni di euro al Sud. Tale fabbisogno finanziario è compatibile con la disponibilità del PON METRO che pertanto ha attribuito una rilevante priorità al tema. Peraltro, Bari e Cagliari hanno già conseguito risultati importanti nella riconfigurazione delle propria impiantistica, mentre diverse città del Centro Nord hanno avviato autonome iniziative anche di recente, nel corso del 2014 con strumenti di finanziamento tramite terzi per il completamento dei propri piani di illuminazione pubblica, e pertanto non sembrano rientrare nel fabbisogno. Sarebbero quindi le città del Sud, innanzitutto, a richiedere un sostegno finanziario e, come meglio specificato in seguito, anche un accompagnamento tecnico e metodologico. Una migliore impiantistica e gestione dell illuminazione, peraltro, non riguarda solo i consumi energetici, ma consente risultati più ampi sull efficienza e utilità del servizio. Interpretando il principio di sinergia tra gli OT proprio delle Azioni integrate, esso si lega, ad esempio, alla la sicurezza degli spazi pubblici in aree di grave disagio socioeconomico e degrado (il Comune di Milano ha segnalato l importanza di tale aspetto emerso nel corso della progettazione delle proprie e autonome iniziative di efficientamento), la riduzione dell inquinamento luminoso attraverso modelli di regolazione automatica dell intensità luminosa (tema emerso chiaramente da numerose osservazioni ricevute in sede di consultazione VAS), la diminuzione dell incidentalità sulle reti di viabilità stradale durante la notte, l introduzione di forme intelligenti di gestione, monitoraggio e regolazione dei punti luci, oppure di utilizzo degli stessi come supporto per altra strumentazione e sensoristica propria del paradigma della smart city. Per le ragioni esposte, dunque, il tema dell illuminazione pubblica costituisce una priorità di intervento del PON METRO, con una focalizzazione sull efficientamento massivo degli impianti nelle città del Sud (eccetto Bari, per le motivazioni prima richiamate) e, laddove pertinente, su ulteriori sperimentazioni nelle città del Centro Nord e a Cagliari. L edilizia destinata ad uso pubblico è generalmente molto datata storicamente, costruita nel ventennio o nel primo dopoguerra con tecniche edilizie ormai superate, o nel corso degli anni settanta e ottanta del secolo scorso con soluzioni e materiali oggi non più adeguati. Purtroppo, al momento non si dispone di dati omogenei e direttamente riconducibili ai soli immobili di proprietà delle 14 Amministrazioni comunali interessate dal PON METRO e alla loro distribuzione per epoca di costruzione, attraverso i quali sarebbe stato possibile determinare un più preciso fabbisogno di intervento e il relativo costo. La puntuale ricognizione sul patrimonio edilizio delle pubbliche amministrazioni è un fatto piuttosto recente (la prima rilevazione sistematica dell Agenzia del Demanio, su dati 2011, è stata finalizzata nel gennaio 2014, cfr. indagine annuale Patrimonio della PA ), e sono in corso grandi sforzi al fine di omogenizzare l informazione disponibile. Anche la ricognizione svolta con le 14 Amministrazioni comunali in preparazione del PON METRO non è stata risolutiva. Nei loro PAES, che talvolta risalgono allo scorso decennio o si basano su informazioni rilevate in tale periodo, i Comuni non sempre dispongono di un audit energetico complessivo e, in ogni caso, l informazione non risulta sempre comparabile tra le diverse città e non consente pertanto di valorizzare un fabbisogno complessivo. Certamente il fabbisogno di intervento risulterebbe elevatissimo se si considerasse l intero patrimonio dei 14 enti locali. Questo vale sia tenendo conto dei soli immobili destinati a funzioni di governo, sia a maggior 15

16 ragione per l aggregato complessivo al lordo dell edilizia residenziale pubblica comunale (che tendenzialmente raddoppia le superfici calpestabili da considerare). Una stima preliminare può essere costruita a partire dalla già citata rilevazione Patrimonio della PA. Nel 2012, la superficie delle unità immobiliari (al netto dei terreni) degli enti locali ammonta a mq complessivi. Ipotizzando una proporzione che tiene conto del peso della popolazione (e trascura per semplicità le province o altri enti locali), a fronte di residenti nei 14 Comuni al 1 gennaio 2012, su residenti totali in Italia (DemoISTAT), si otterrebbe un peso pari a circa il 15%, quindi circa di mq. Applicando un costo standard di 1.229,00 euro/mq, che peraltro corrisponde ad una intensità di intervento elevata (deep renovation, vedi infra), si otterrebbe una stima di 45 miliardi di euro. Da tale analisi discendono due considerazioni: la prima è che certamente il Programma (né una unica iniziativa) non può avere l ambizione di risolvere l intera questione, ma limitarsi a svolgere una funzione di innesco. La seconda, che in parte discende dalla prima, è che attraverso il PON METRO, come richiamato dalle osservazioni ricevute dalla CE e in sede di consultazione VAS sul Programma stesso, dovrà innanzi tutto essere sostenuto un approfondimento conoscitivo a integrazione dei PAES, per poter procedere all individuazione più fine delle priorità d intervento. La strategia del Programma, dunque, ipotizza di adottare un approccio incrementale. Il Piano di Azione italiano per l Efficienza Energetica (PAEE) individua un modello idealtipico che può essere assunto come riferimento replicabile. Per gli immobili di proprietà delle Amministrazioni centrali, esso fissa un target di ulteriori immobili da trattare ogni anno dal 2014 a 2020 (pari al 3% del totale, per circa mq all anno) e stabilisce tre classi di intervento crescenti e potenziali impatti diversi: la riqualificazione degli impianti tecnici, ovvero riscaldamento, raffrescamento e illuminazione, per l 85% del target annuale in termini di superficie, con risparmi energetici nell ordine del 20/25%; interventi più complessi, relativi oltre che agli impianti, anche parzialmente all involucro (con la sostituzione degli infissi, la coibentazione del solaio di copertura, la coibentazione del solaio del piano terra, ecc.), per il 13% della superficie di intervento, con risparmi del 30/35%; la riqualificazione energetica complessiva (deep renovation), con interventi sull intero sistema edificio impianto, per una quota marginale del 2% della superficie target, in grado di assicurare un risparmio energetico considerevole nell ordine del 50%. La traslazione di un simile modello in alcune delle città considerate, in particolare nei casi in cui sia già stato assicurato il pieno efficientamento del sistema di pubblica illuminazione (in primis per alcune città del Regini più sviluppate), può a buon titolo essere considerata una seconda e robusta priorità del Programma in campo energetico. Infine, un fondamentale fabbisogno di carattere trasversale può essere individuato nella necessità e urgenza di un percorso di trasferimento di esperienza e buone pratiche in materia di sperimentazione di soluzioni innovative, anche in connessione a misure di Agenda digitale (OT 2) cruciali per il monitoraggio e la gestione intelligente degli impianti e degli edifici. In particolare, il finanziamento tramite terzi degli interventi di efficientamento energetico (legato sia all illuminazione stradale che agli edifici ad uso pubblico o di ERP), insieme alla loro conduzione attraverso società di servizi energetici (c.d. ESCO), non è ancora diventato una prassi utilizzata in via ordinaria dalle Amministrazioni locali. Le ragioni sono molteplici e legate da un lato alla disponibilità di know how tecnico 16

17 ed amministrativo adeguato sul versante della committenza pubblica, dall altro alle difficoltà, registrate soprattutto negli ultimi anni, da parte delle società di servizi di approvvigionarsi di capitale e di garantire la bancabilità delle operazioni attraverso la certezza dei ritorni finanziari previsti. Il caso dell efficientamento dell edilizia residenziale pubblica appare particolarmente complesso in tal senso, viste anche le prescrizioni dell Accordo di Partenariato ( Gli interventi sull edilizia residenziale pubblica saranno attuati prioritariamente attraverso strumenti finanziari che attivino capitali privati; in caso di intervento pubblico è necessario assicurare che i benefici finanziari dell intervento (riduzione dei costi della bolletta energetica dei singoli alloggi) siano destinati a copertura dei costi di investimento ), giustificando l accompagnamento di alcune sperimentazioni attraverso il PON METRO. La questione della rigenerazione delle aree urbane sul piano ambientale ed energetico si mostra ancora più problematica in relazione alle sfide legate alla mobilità urbana sostenibile e al trasporto pubblico. Il contesto italiano, visto dalla prospettiva delle maggiori aree urbane, presenta dei nodi legati a deficit strutturali ancora da colmare ma anche alcune linee tendenziali con cui le Città metropolitane e l azione del PON METRO dovranno confrontarsi. Un obiettivo di carattere generale appare la necessità di riequilibrare uno split modale per molte città ancora troppo incentrato sull uso del mezzo privato e sull impatto che questo genera per densità e vetustà del parco veicoli sull ambiente urbano. Il trasporto su strada è, infatti, il secondo più ampio settore per fonte di emissioni di gas ad effetto serra nell Unione. Numerose direttive sono state adottate per limitare l'inquinamento causato dal settore dei trasporti, ed in special modo dai veicoli, ad esempio fissando norme di emissione per diverse categorie di veicoli, come automobili, veicoli commerciali leggeri, autocarri, autobus e motocicli, nonché disciplinando la qualità del carburante e il relativo tenore di zolfo e piombo (cfr. Reg. (CE) n. 443/2009 del 23 aprile 2009). Il loro recepimento a livello nazionale, anche accompagnato da strumenti di incentivazione alla sostituzione dei veicoli, ha determinato cospicui benefici in termini di rinnovamento del parco mezzi e di riduzione delle emissioni complessive causate dal trasporto su strada. L effetto di tali misure emerge chiaramente dalle rilevazioni dell ISTAT. In termini di età media, nel 2013 in Italia il 23,3% delle auto circolanti ha meno di 5 anni, contro il 30,8% dell'europa; il 29,7% ha tra 5 e 10 anni (il 31,7% in Europa); il restante 47% ha più di 10 anni (mediamente in Europa, invece, solo 37,5% delle auto circolanti ha più di 10 anni). Nei capoluoghi delle RS le auto a più bassi standard emissivi erano più della metà già nel 2011 e raggiungono nel 2013 rispettivamente il 55,4 e il 59,2%, mentre nel Mezzogiorno nonostante la linearità del trend di crescita la quota è ancora del 42%, e, tra le città metropolitane, la soglia del 50% è stata superata, per la prima volta nel 2013, soltanto nel comune di Bari. Nel 2013, per il secondo anno consecutivo si riducono i tassi di motorizzazione nei capoluoghi di provincia, Torino è l'unica grande città a registrare nel 2013, rispetto al 2012, un aumento sia pur lieve (+0,4%) del numero di autovetture circolanti. In controtendenza con le città metropolitane delle RMS, Reggio Calabria e Catania con l 1,7% di incremento nel periodo sono le uniche città che hanno fatto registrare un incremento del numero di vetture. I dati sopra riportati seppur testimoniano una contrazione della motorizzazione privata, evidenziano come la mobilità italiana, maggiormente concentrata all interno delle aree metropolitane è una mobilità fortemente squilibrata, affidata quasi esclusivamente all auto, scelta ricorrente per il 59% delle persone contro una media europea del 35%. Uno squilibrio modale che è causa e conseguenza dell elevato numero di auto per abitante. Più di 60 autovetture ogni 100 abitanti a Roma o Torino, a fronte di una media europea che non arriva a 40: Londra 36, Berlino 35, Madrid 32. Gli effetti sono rilevanti: a Roma, ad 17

18 esempio, il costo della congestione supera i 2 miliardi di euro ogni anno: 1.005,91 euro per ogni automobilista; 722,75 euro per ogni utente del trasporto pubblico. Nelle cinque città più trafficate, il valore del tempo sprecato nel traffico è di oltre 5 miliardi di euro, una cifra sufficiente a realizzare qualunque investimento necessario per colmare ritardi e carenze del nostro sistema dei trasporti urbani. La consistenza del trasporto privato nelle grandi aree urbane riflette, almeno in parte, il diverso apporto del trasporto pubblico alla mobilità urbana nelle diverse città metropolitane. In questo senso si manifestano differenze molto pronunciate tra le diverse aree urbane, quale conseguenza di fattori non solo strutturali ma anche organizzativi e gestionali. I servizi di Car Sharing rappresentano una interessante soluzione di carattere organizzativo e gestionale che, seppur già presente nelle città italiane da diversi anni (la prima apparizione in Italia risale al 1998, nel pacchetto anti smog lanciato dal Ministero dell Ambiente), solo di recente si sta diffondendo in maniera rilevante principalmente attraverso l iniziativa privata. Si tratta di un trend di mercato internazionale, che pur non costituendo una priorità di intervento immediata per il PON METRO rappresenta sicuramente un area di interesse da monitorare nel tempo, ad esempio con riferimento alla promozione della mobilità elettrica oppure nel caso di eventuali fallimenti del mercato (al momento ipotizzabili nelle principali città del Sud). La preponderanza dell uso del veicolo privato, richiama la necessità un rafforzamento delle grandi infrastrutture sia per favorire lo shift modale verso forme di mobilità sostenibile, sia per incoraggiare l intermodalità di trasporto. Le grandi infrastrutture di trasporto collettivo rappresentano il driver preminente ai fini della transizione verso un modello di mobilità urbana e d area vasta sostenibile perché consentono di conseguire uno shift modale significativo e strutturale (e, in ultima istanza, un netto contenimento delle emissioni inquinanti e climalteranti). Tale ambito di attività, che prevede un ruolo preminente del CIPE e delle Regioni nell identificazione dei progetti di investimento, è chiaramente assegnato dall AP ad altre filiere di programmazione (Fondo Sviluppo e Coesione e Programmi FESR regionali). Nelle Città Metropolitane interessate dal Programma sono già effettivamente in corso o in programma significativi investimenti in tal senso, tra i quali ad esempio la Linea C della Metropolitana e l alta velocità Stazione Termini Aeroporto di Fiumicino (Roma); il completamento della Linea 1 e della Linea 6 della Metropolitana (Napoli), il potenziamento del nodo ferroviario e la metropolitana leggera automatica Mondello Svincolo Oreto (Palermo), il Passante ferroviario e la Linea 1 della Metropolitana (Torino), la Metrotranvia e la Nuova Stazione Ferroviaria (Bologna). Nel contesto più ampio appena descritto, a fronte di un fabbisogno elevato, il PON METRO deve necessariamente essere molto selettivo e focalizzarsi su alcune urgenze e su fattori abilitanti essenziali. Questa la motivazione di fondo per la scelta dei contenuti tematici del Programma e, insieme, il focus quasi esclusivo sui Comuni capoluogo. Naturalmente, le strategie di mobilità sostenibile definite nei Piani di settore (Piano Urbano della Mobilità, Piano Urbano del Traffico, Piani della Ciclabilità e Biciplan, ecc.) o in altri documenti assimilabili sono a loro volta frutto di un esercizio di raccordo con questioni e strumenti di rilevanza per l area vasta (ad es. i PUM sono per forza di cose coerenti e inquadrati all interno di Piani territoriali di coordinamento provinciali, o di Piani regionali per la qualità dell aria, e si parlano con le altre pianificazioni di settore definite a livello comunale). Gli effetti del PUM, e quindi della porzione di esso attuata con il PON METRO, sono rilevanti per territori più ampi innanzitutto in ragione del fatto che i tra i principali utilizzatori del trasporto pubblico sono i pendolari i cui spostamenti hanno origine al di fuori dei confini del capoluogo. In altri termini, agendo a scala comunale si ottengono benefici che vanno ben oltre. 18

19 Anche l integrazione con gli obiettivi dichiarati all interno dei Piani d'azione per l'energia sostenibile (PAES) risulta particolarmente determinante per poter verificare i target di raggiungimento in termini di riduzione delle emissioni inquinanti, per i quali, il settore dei trasporti rappresenta quasi sempre il settore maggiormente coinvolto. Sulla base delle considerazioni esposte, gli ambiti prioritari del tema Mobilità sostenibile che il PON Metro affronta sono: la promozione di soluzioni di governo intelligente del sistema della mobilità (c.d. intelligent transport systems o ITS). il rafforzamento del trasporto pubblico su gomma e il potenziamento delle infrastrutture dedicate (corsie preferenziali controllate telematicamente e hub intermodali). il sostegno alla mobilità ciclabile attraverso il riammagliamento delle infrastrutture dedicate (reti di piste ciclabili, ciclostazioni e nodi di intercambio). Sistemi intelligenti di trasporto. Il tema degli ITS emerge da più direzioni come netta priorità adatta a costituire un elemento unificante e nazionale per il PON METRO, sia come fattore di integrazione tra gli interventi per la mobilità sostenibile che, in senso più ampio, in relazione alla strategia di Agenda digitale perseguita dal Programma stesso. Peraltro, il Paese si è da poco dotato di un Piano d Azione Nazionale sui Sistemi Intelligenti di Trasporto (cfr. Decreto MIT del 1 febbraio 2013), in recepimento alla Direttiva europea 2010/40/UE sul Quadro generale per la diffusione dei Sistemi Intelligenti di Trasporto (ITS) nel settore del trasporto stradale e nelle interfacce con altri modi di trasporto. Nel corso della preparazione del Programma è stato condotto un accurato assessment sullo stato dell arte dei sistemi telematici a supporto del sistema dei trasporti nelle aree metropolitane italiane, che ha messo in evidenza quanto segue: Centrali di Controllo e Gestione del Traffico. Le città delle RS e delle RT, fatta eccezione per Venezia, hanno una Centrale Integrata di controllo e gestione della mobilità e del traffico che integra informazioni e dati provenienti dal servizio di TPL con quelle provenienti dai sistemi di rilevazione del traffico privato (intersezioni semaforiche, controllo accessi, ecc.). Di contro le città di Catania, Bari e Messina, attraverso l implementazione di progetti in corso già dotati di una adeguata copertura finanziaria, entro il 2016 si doteranno di una Centrale di Controllo del Traffico integrata. Le città che non sono dotate di una Centrale integrata (Venezia, Palermo, Bari e Reggio Calabria) presentano aree di controllo centralizzate per singoli sistemi ma che non sono interconnesse tra loro quali Gestione semaforica, Gestione controllo accessi e Gestione sistemi TPL effettuata dal Comune e/o dalle Aziende di Trasporto/Mobilità del Comune stesso. Gestione impianti semaforici. Gli impianti semaforici delle città delle RS e RT sono dotati per lo più di impianti centralizzati e attuati, mentre gli impianti presenti nelle città delle RMS sono governati quasi esclusivamente dai cosiddetti tempi fissi. Le città di Napoli, Palermo, Bari e Reggio Calabria non hanno un sistema di controllo remoto della diagnostica degli impianti semaforici. Il sistema di preferenziamento del TPL è presente in tutte le città metropolitane delle RS, oltre che Cagliari, nell ordine di circa il 20% degli impianti semaforici esistenti. Le altre città, non presentano tali sistemi, se non in misura comunque non significativa, per i comuni di Catania e Napoli. Tutte le città delle RS hanno, inoltre, predisposto una forte azione incentrata nella sostituzione delle lampade ad incandescenza a favore delle lampade a LED. Bologna, Venezia e Genova hanno completato il 19

20 processo di sostituzione. Torino e Roma stanno continuando nel processo di sostituzione che, a causa della numerosità delle lanterne, richiede un tempo maggiore (il parco lanterne dei due Comuni supera le 22mila unità). Delle città delle RMS solo Catania ha completato il processo di sostituzione mentre le altre città sono molto indietro. La medesima indagine ha riguardato inoltre le soluzioni adottate dalle città nei seguenti campi: infomobilità, controllo degli accessi, della sosta ed enforcement, bigliettazione elettronica (tema di competenza strettamente regionale in quanto funzionale ai flussi di spesa corrente a sostegno dei servizi di interesse pubblico), oltre a monitoraggio del TPL, dei Bus Turistici e della City Logistics. Lo stato dell arte delle tecnologie mette in luce una evidente differenza in termini di dotazioni e servizi tra le città delle RS (e in diversi casi RT) che hanno già sviluppato soluzioni integrate che forniscono servizi ai cittadini in modo efficiente e tangibile, seppur con delle azioni ancora da completare anche a causa delle dimensioni territoriali da coprire e/o per la mancanza di risorse dedicate e le città delle RMS dove la tecnologia è rappresentata, per lo più, da isolate sperimentazioni a supporto del sistema di trasporto locale. In linea con le disposizioni del Piano nazionale ITS e con la logica di standardizzazione e riuso che informano l intera strategia nazionale per l Agenda digitale, il Programma assume quindi come priorità trasversale a tutte le città metropolitane la promozione e piena operatività di centrali integrate di controllo del traffico, l implementazione di sistemi semaforici avanzati dotati di preferenziamento per il TPL (anche con la sostituzione del parco lampade ad incandescenza con impianti a LED, in raccordo con gli obiettivi in campo energetico) e il controllo dei passaggi non autorizzati nelle corsie preferenziali. Successivamente, secondo i fabbisogni specifici dei differenti contesti territoriali, il PON METRO darà sostegno al rafforzamento e/o all introduzione di ulteriori soluzioni ITS (congestion/pollution charge, tele controllo bus turistici, logistica urbana, infomobilità, ecc.). Trasporto pubblico, corsie preferenziali e nodi intermodali. Dal 2000 al 2013 solo nel biennio il trasporto pubblico ha visto crescere la propria quota modale in una fase di espansione della domanda di mobilità. Per tutti gli altri anni, la fetta di mercato del mezzo pubblico si allarga quando la torta complessiva (mercato della mobilità) si restringe; in altri termini, ripiegano i consumi di trasporto (per effetto di minori consumi generali e minore disponibilità di reddito per le famiglie) e i cittadini, per ragioni di risparmio, tendono a prendere un po di più un mezzo di trasporto pubblico. Quando la domanda risale, i cittadini tornano inevitabilmente a viaggiare in automobile, non essendo il trasporto pubblico percepito come alternativa strutturale per soddisfare i propri bisogni di mobilità. Le principali criticità legate al TPL sono legate ai seguenti indicatori: età dei veicoli, velocità media (a Roma di 15,4 km contro i 19 di Berlino e i 21 di Madrid), bassa diffusione di servizi informativi per gli utenti che rientrano anche nel basso indice di confort durante il viaggio con i mezzi pubblici (sia lato vettura che dalla parte delle strutture che ospitano gli utenti quali fermate, stazioni, ecc.) oltre che aspetti finanziari quali costi chilometrici di esercizio (oltre i 5 euro a km, ben superiori alla media europea), rapporto fra ricavi da biglietti e costi di esercizio, dove gli introiti della bigliettazione coprono poco più del 30% dei costi, contro una media europea di oltre il 50% e punte di eccellenza (Regno Unito) superiori all 80%. Venezia, con 706,8 passeggeri per abitante, è la città con la più alta domanda di trasporto pubblico, seguita da Milano (487,7) e Roma (436,0) secondo l Indagine ISTAT Dati ambientali nelle città (anno 2013). In termini di trend dei passeggeri trasportati è evidente una demarcazione tra città delle RS e RT e città delle RMS già visibile dalla differenza dei volumi che al sud sono nettamente inferiori alla media nazionale. Basti pensare che Napoli, Palermo e Bari presentano delle riduzioni percentuali superiori, in alcuni casi 20

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