LA MADONNA DI SOLAROLO

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1 LA MADONNA DI SOLAROLO N ELLA NUOVA, molto felice, sistemazione delle sculture del Museo del Bargello è stata esposta una Madonnina in marmo della fine del quattrocento che non è se non una libera copia della Madonna di Solarolo. quale manca il leggerissimo festone lumeggiato d'oro del marmo. Anche la cornice è precisa, ma, cosa di grande importanza, in luogo della mensola attuale vi si trova un gradino e una sottostante gocciola riccamente scolpiti, i quali FIRENZE, MUSEO NAZIONALE - SCUOLA FIORENTINA FINE SEC. xv: COPIA IN MARMO DELLA MADONNA DI SOLAROLO FORLI', CHIESA DI S. BIAGIO - F. DI SIMONE : MONUMENTO A BARBARA MANFREDI (Fot. Alinari) Si sa come dalle opere dei migliori maestri si togliessero copie e stampi per immagini commerciali e popolari, le quali altre volte si trovavano in tutti i tabernacoli di campagna e presso le più modeste famiglie e oggi sono ricercate per i Musei. Della Madonna di Solarolo non credo si conoscano altre riproduzioni oltre questa e lo stucco del Victoria & Albert Museum. Questo la riproduce nelle dimensioni originali e con tutta esattezza, tranne nel fondo, nel completano e rendono mirabilmente armonico il monumentale tabernacolo. Certamente in simile modo giunse nei dominii dei Manfredi anche l'opera marmorea, poichè nello stucco di Londra si vede ricalcata precisamente fin la parte greggia del fa!ìtigio incompleto. Non si sa se la scultura fiorentina venisse acquistata da Astorre Manfredi proprio per abbellire la rocca di Solarolo o se fosse un dono, ad esempio della Repubblica 7 49

2 Fiorentina, che il signore di Faenza avesse avuto opportunità di collocare in quella sede. Certo si è che quando Solarolo nel 1529 divenne proprietà di Isabella d' Este, questa Madonna c'era ; e quando nel 1532 la Marchesa di non fiorentini, ma di uno stile rinascimentale più classicheggiante e grave, tale tuttavia da poter appartenere anche al primo quarto del Cinquecento, ossia all'epoca di Isabella e del rimodernamento della rocca. Molto tempo FIRENZE, CHIESA DI s. CROCE - DESIDERIO : MONUMENTO A CARLO MARSUPPINI (Fot. Alinari). Mantova mise mano a rifare la rocca per opera dell'architetto Battista Covo, essa non volle che detta scultura fosse altrimenti rimossa dalla camera detta "Belladonna" mentre il suo commissano proponeva di trasportarla nella chiesetta del paese. Aveva essa ancora il suo gradino e la sua gocciola originari i? oppure questi erano già stati sostituiti dalla pesante mensola attuale? Questa è di marmo non apuano e di caratteri LONDRA, VICTORIA & ALBERT MUSEUM : ISTUCCO DELLA MADONNA DI SOLAROLO REPLICA IN dopo la demolizione di essa, questa bellissima opera d'arte fu rinvenuta in un ambiente ridotto a fienile insieme ad altri frammenti marmorei che andarono a far da paracarri; chi sa che tra essi non vi fossero anche i resti dell'antica gocciola. La Madonna fu allora collocata sopra il balcone del municipio e solo nel secolo scorso venne ritirata in un salone di esso. Essa fu attribuita lungamente a Donatello, poi a Desiderio da Settignano e al Rossellino e 5

3 REGGIO EMlLIA, PALAZZO DEL COMUNE: LA MADONNA DI SOLAROLO

4 da ultimo fu fatta scendere allivello di un Francesco di Simone Ferrucci, gustoso intagliatore di ornati, ma debole e impersonale scultore di figure, cui si debbono sontuosi mausolei e portali sviluppanti concetti del Desiderio e del Verrocchio. Dopo questo giudizio di alta auto- di modellato, con uno spirito di vitalità in ogni parte, quali solo un grandissimo artista può rendere dopo matura preparazione. I tipi, le forme, i dettagli, il gusto degli ornamenti delicatissimi del fondo, tutto indica lo stile di Desiderio da Settignano e, ritengo, anche l'esecuzione. FIRENZE, MUSEO NAZIONALE - LA MADONNA COL FIGLIO ANTONIO ROSSELLINO: rità la Madonna di Solarolo è stata relegata tra le opere d'importanza secondaria e da allora poco studiata direttamente. Ma a chi si reca a vederla essa appare ben superiore a quanto risulta nelle riproduzioni fotografiche, dove la superficie troppo lucida prende riflessi che ne alterano le forme del volto e l'espressione. Bisogna osservarla direttamente variando punti di vista e effetti di luce e accarezzandone il rilievo. Tanto la Madonna che il Bambino sono costruiti con conoscenza anatomica sicura e acquistata sul vero; trattati con un sentimento dei piani, con una morbidezza FIRENZE, CHIESA DI S. CROCE - ANTONIO ROSSELLINO : LA MADONNA COL BAMBINO (Fot. Alinari) Antonio Rossellino nelle sue prime opere parte effettivamente da questi tipi, ma non vi manifesta ancora l'ampiezza e la sicurezza di qu.esta scultura; in esse non si trova questo spirito, questa nervosità dinamica, che sprizzano dalle carni solide, dalle mani che palpano, dai capelli che svolazzano, dalle pieghe che vestono, dai veli che accarezzano, tutte caratteristiche che imparentano strettamente questa Madonna con i noti busti, con i noti rilievi di Desiderio. Le analoghe sculture del Rossellino sono più raccolte, più pacate, forse anche più religiose e nello stesso tempo più avanzate di tecnica. 52

5 Gli elementi decorativi del tabernacolo, compresa la gocciola con quelle chimere, sono poi tipici dell'arte di Desiderio; ma nelle sue più grandiose opere, il mau.soleo Marsuppini e il Tabernacolo di S. Lorenzo, essi appaiono lavorati col trapano con tecnica ispirata a quella del basso impero. Il tabernacolo di Solarolo non ha questa tecnica; ma ciò può dipendere ta.nto dal diverso effetto cercato dall'artista per diverso luogo, quanto dalla abitudine tecnica dei garzoni che l'hanno eseguito tra i quali poteva anche trovarsi Francesco di Simone Ferrucci, che ripetè altrove simili ornamenti. Può darsi anche che quest' opera alla morte di Desiderio non fosse terminata, come darebbe a credere il fastigio rimasto greggio dove le cornucopie dovrebbero appoggiare sulla cornice ; nel quale caso si può lasciare alla acutezza di altri studiosi il decidere se anche il gruppo centrale possa essere stato rifinito e lustrato un po' troppo da qualche seguace delicato ma di minor polso. La copia del Bargello deriva probabilmente dal calco e non ha più a che fare colla scuola di Desiderio. Essa sembra eseguita varii decenni più tlrdi da qualche artista derivato del Verrocchio, da qualcuno della bottega di Francesco di Simone, alla cui tecnica gonfia e inorganica corrisponde effettivamente questa scultura quando si metta in rapporto con le Madonne dei Mausolei di Forlì, di Bologna, di Montefiorentino. CARLO GAMBA LA CROCIFISSIONE DI S. DOMENICO MAGGIORE IN NAPOLI R ARISSIMO ESEMPIO della pittura duecentesca in Campania è la tavola raffigurante la Crocifissione, conservata al culto col titolo del Il Crocifisso che parlò a S. Tommaso d'aquino", sull'altare del Cappellone detto, appunto, del Crocifisso, nel maggior tempio domenicano di Napoli (fig. 1). Il recente restauro, che l'ha restituita alla forma e alla deliziosa armonia cromatica originarie, mi permette ora di tentarne l'illustrazione in modo più completo e preciso che non si potesse innanzi, avendola ricordata soltanto il Toesca, e avendone dato la Signora Sandberg -Vavalà una brevissima descrizione, non molto esatta (1). La composizione della scena rivela, al primo sguardo, i caratteri tipici dell'iconografia bizantina nella cosidetta Il seconda età d'oro" di quell'arte (X-XIII secc.). La Vergine e il S. Giovanni Evangelista gementi ai lati del Cristo morto che pende dalla croce, le mezzefigure dei due angeli volanti sopra di essa, e sotto il suo piede il teschio di Adamo, creduto sepolto sul Golgota, sono gli elementi essenziali e quasi sempre costanti nello schema più semplice di questa figurazione, diffuso sopratutto nelle opere d'arte minore (2). Ma la sagoma della tavola ha il lato superiore trilobato come una finestrella romanica: un vero unicum, finora, che, però, ci riporta a un motivo diffuso nelle iconostasi, nei cibori, negli amboni, e talora ripetuto nella incorniciatura di pitture nostrane del Duecento. E la grossa cornice di stucco dorato, intercalata di bolloni a rilievo, come quelle della pala toscana di Vico l'abate e della Virgo Regina di Amalfi, che si conserva nella Pinacoteca di Napoli (3), ambedue opere del pieno Duecento; la presenza delle due figurine di frati domenicani inginocchiati e oranti ai lati del ceppo della croce (4) ; il maturo carattere gotico delle scritte latine ; e perfino i tipici grafismi gotici e l'errore di trascrizione nel secondo dei due monogrammi greci indicanti la Vergine (5), ci chiariscono subito non soltanto che il dipinto è opera d'un pittore bizantineggiante, e non già bizantino; ma che egli dovette ispirarsi direttamente ad altri esemplari bizantineggianti nostrani, meglio 53