Il trattamento delle fratture della testa dell'omero con endoprotesi cementate e non

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1 M. Nicolosi - R. Gambaretti - L. Broffoni Chirurgia della Spalla e del Gomito Istituto Ortopedico Galeazzi - Milano Il trattamento delle fratture della testa dell'omero con endoprotesi cementate e non Abstract Sono stati controllati i pazienti sottoposti ad intervento di endoprotesi di spalla per frattura della testa dell'omero. E' stato possibile rivedere solo 93 casi sui 148 pazienti operati dal 1991 al 21. La revisione della casistica ha permesso di evidenziare l'importanza fondamentale della ricostruzione delle tuberosità e della rieducazione. Si è anche notato come l'età del paziente e la gravità della frattura non condizionino il risultato. Gli esami radiografici non hanno messo in luce fenomeni di mobilizzazione degli impianti protesici. Si è assistito ad erosioni della glenoide solo quando concomitavano due fattori: la cattiva posizione della protesi e la ipomobilità della spalla. INTRODUZIONE La terapia delle fratture della testa dell'omero con endoprotesi è un trattamento ancora in fase di completa definizione. In questi ultimi anni si è assistito, dopo un iniziale entusiasmo e ottimismo, ad una revisione critica con successiva riduzione delle indicazioni. Lo scopo di questo lavoro è quello di portare un contributo sull'argomento, ponendo l'attenzione, oltre che sui meri risultati statistici, anche sui fattori prognostici che incidono sull'esito del trattamento così da trarne indicazioni sia sulla tecnica chirurgica che sulla opportunità dell'intervento. MATERIALE E METODI Lo studio interessa i pazienti operati dal gennaio 1991 sino a tutto il giugno del 21. Il follow-up è di 43,2 mesi con un range che va dai 6 mesi ai 1, anni. Nel periodo di tempo citato i pazienti sottoposti a intervento di protesizzazione sono stati 148. I pazienti sono stati sottoposti ad intervento chirurgico in media dopo 4, giorni ( range 2-18). Al momento della revisione 3 pazienti erano persi al controllo e 2 erano già deceduti per altre ragioni. Abbiamo quindi potuto controllare 93 soggetti. Di questi 74 erano femmine e 19 maschi. L'età media dei pazienti era di 7,2 anni. Il soggetto più giovane aveva 48 anni e il più anziano 91. La spalla destra era interessata 49 volte e 44 la sinistra. Abbiamo adoperato la classificazione di Neer secondo la quale 12 fratture erano del tipo a 2 frammenti, 28 fratture a 3 frammenti e 3 fratture a 4 frammenti. I primi casi ( 2) sono stati operati adoperando le protesi cementate di Neer. In seguito, ( 68 casi ) è stata adoperata la protesi modulare non cementata di Randelli. Per la valutazione dei risultati sono stati adoperati sia il Constant score che il Simple Shoulder Test. Il risultato medio del Constant score è stato di 62,4 ( range ). Il risultato medio del S.S.T. è stato di 6,8 ( range - 12 ). Per tutti i pazienti è stato ovviamente eseguito anche un esame radiografico che ci ha permesso di confrontare i dati clinici con quelli delle immagini

2 TECNICA CHIRURGICA I pazienti venivano posti nella posizione dell'astronauta. La via chirurgica è stata solitamente quella di Larghi con accesso all'articolazione attraverso la sezione del tendine del sottoscapolare. Nei casi in cui era presente una grave scomposizione delle tuberosità, con loro risalita e completo distacco dalla diafisi omerale, l'accesso all'articolazione è stato eseguito attraverso l'ampia breccia formatasi risparmiando così il tendine del sottoscapolare. Si è proceduto poi all'identificazione e all'isolamento delle tuberosità che sono state affidate a fili di sutura non riassorbibili. La testa omerale veniva quindi asportata e misurata per scegliere la corrispondente testa protesica. Il tempo successivo è consistito nella preparazione della diafisi omerale per effettuare l'impianto dello stelo protesico. Prima di procedere all'impianto definitivo è stato sempre eseguito un controllo ampliscopico con la protesi di prova e dopo aver eseguito una ricostruzione indicativa delle tuberosità. Un ulteriore controllo radiografico, con relativa documentazione del risultato ottenuto, è stato eseguito dopo l'impianto della protesi definitiva e dopo l'accurata ricostruzione, con filo non riassorbibile, delle tuberosità ottenuta sfruttando gli appositi fori protesici e, alla bisogna, praticando dei fori sulla diafisi omerale. Una cauta mobilizzazione passiva è stata sempre iniziata il più presto possibile. L'immobilizzazione in tutore è stata mantenuta per 4 settimane. Non sono mai state necessarie trasfusioni ematiche. RISULTATI I risultati che sono stati ottenuti con il Constant score assoluto sono cattivi in 63 casi e discreti in 3 casi (tabella 1). Per avere una valutazione più vicina alla realtà, avendo a che fare con una casistica composta da pazienti con età media di 7 anni, bisogna tuttavia adoperare il Constant tipizzato secondo le varie fasce di età (tabella 2) eccellenti 1-96 molto buoni 9-91 buoni 9-81 discreti 8-71 cattivi inf. a , 76, 72 67,8 6 64, 63,6 9,2 anni 1-6 a nni :61-7 a nni 71-8 anni 81-9 pazienti 11 pazienti 3 pazienti 46 pazienti 6 Tabella 1 Tabella 2 Analizzando i risultati per fascia di età si vede, in realtà, come questi siano molto più confortanti e rassicuranti dei primi. Abbiamo potuto registrare, infatti, valori molto vicini percentualmente al valore medio per fascia ella fascia di età che va dai 1 ai 6 anni ( 11 pazienti), l'84,3 % per i pazienti dai 61 ai 7 anni (3 casi), l'88,3% nella fascia dai 71 agli 8 anni ( 46 pazienti ) e il 91,1 % per quella dagli 81 ai 9 anni (6 pazienti ). I 2 casi di 48 e di 91 anni sono stati collocati nella fascia limitrofa per omogeneità ( non ci è sembrato opportuno creare ulteriori suddivisioni non significative da un punto di vista statistico ). La media dei valori ottenuti per l'elevazione della spalla è stata 112,6 ( i valori sono riassunti nella tabella 3 e 3 bis)

3 n. pazienti % , , , , , ELEVAZIONE Tab 3 Tab 3 bis I valori dell'extrarotazione e dell'intrarotazione sono esposti in dettaglio nelle tabelle 4, 4 bis e, bis n. pazienti % P= 1 1,1 P=2,4 P= P= P= P=1 3 3,2 Tab 4 (extrarotazione) P= P=2 P=4 P=6 P=8 P=1 Tab 4 bis ( extrarotazione) 4 39 n. pazienti % P= P=2 2 2, P=4 16,13 P= ,94 P= ,33 P=1 6 6,4 Tab ( intrarotazione) P= P=2 P=4 P=6 P=8 P=1 Tab bis ( intrarotazione) Il valore medio per quanto riguarda il parametro della forza è stato di 2,9 ( tabella 6 e 6 bis).

4 n. pazienti % P=1 14,22 P= ,2 P= P=4 19 2,6 P=6,43 P=8 2 2, P=1 P=2 P=3 P=4 P=6 P=8 P=1 Tab 6 ( forza) Tab 6 bis ( forza ) I risultati ottenuti pere quanto riguarda lo svolgimento delle attività quotidiane sono riassunte nellle tabelle 7 e 7 bis n. pazienti % P= P=2 P=4 P= ,71 P=8 38 4,86 P=1 19 2, P= P=2 P=4 P=6 P=8 P=1 Tab 7 ( attività quotidiane) Tab 7 bis ( attività quotidiane) I risultati ottenuti con il Simple Shoulder Test hanno evidenziato un valore medio di 6,8 ( range - 12) (tabelle 8 e 8 bis) S.S.T Tab 7 ( Simple Shoulder Test )

5 RIPOSO SONNO CAMICIA TESTA MONETA 1\2 KG 4 KG 1 KG L.AN SOT LAN SOP CONTROLATERALE ATTIVITA' Tab 7 bis ( Simple Shoulder Test) DISCUSSIONE La revisione della casistica è stata condotta con lo scopo di valutare le variabili, sia anamnestiche che chirurgiche, che contribuiscono al successo dell'intervento: età, sesso. tempo trascorso tra il momento della frattura e l'intervento chirurgico, via d'accesso, tipo di frattura, radiolucenza, cementazione o meno dell'impianto, erosione della glena, riabilitazione e motivazione dei pazienti. Come si può chiaramente notare dalla tabella 2, l'età non è un fattore prognostico sfavorevole anzi, con il suo avanzare, il valore percentuale migliora. Ciò è, naturalmente, dovuto al fatto che il valore medio del Constant ponderato ( tipizzato per fascia di età) si abbassa con l'aumentare dell'età e quindi i buoni risultati sono più raggiungibili oltre che più realistici. I risultati del constant tipizzato devono, a nostro avviso, servire a non ritenere che con i pazienti più anziani si abbiano i risultati peggiori. Neanche il sesso e il tempo trascorso tra il momento della frattura e quello dell'intervento chirurgico sono stati elementi prognostici che hanno influenzato il risultato finale. Nessuna differenza è stata notata tra l'accesso articolare attraverso il tendine del sottoscapolare o attraverso la breccia lasciata dalla scomposizione delle tuberosità. Un altro elemento prognostico che abbiamo preso in considerazione è il tipo di frattura. Contrariamente a quello che prima della nostra revisione pensavamo, abbiamo riscontrato come il tipo di frattura non incida in modo significativo sul risultato.( Fig 1 e Fig 2) I risultati si sono distribuiti uniformemente tra i vari tipi di frattura a 2, 3 o 4 frammenti. Abbiamo, infatti, notato, e più tardi torneremo sull'argomento, come anche una frattura a 2 frammenti, apparentemente semplice da affrontare chirurgicamente, possa esitare in risultati meno brillanti di una frattura a 4 frammenti, notevolmente scomposta, se non sono presenti i canoni di una buona ricostruzione chirurgica o di una buona rieducazione funzionale.. Fig 1. Fig. 2

6 Un elemento prognostico che si è, invece, rivelato decisivo sul risultato finale è stato quello della ricostruzione delle tuberosità. E' stata fatta molta attenzione alla posizione delle tuberosità durante l'osservazione e il controllo delle radiografie. La sede rilevata è stata confrontata con i valori del Constant score: i migliori risultati globali sono sempre stati associati ad una corretta posizione delle tuberosità. Non solo: senza quest'ultima non si è mai avuto nessun risultato soddisfacente per quanto riguarda la motilità della spalla sia in elevazione che in extrarotazione come in intrarotazione.( Fig. 3). Le stesse complicazioni ( importanti deficit di movimento senza per fortuna dolore) sono apparse quando abbiamo riscontrato il riassorbimento delle tuberosità. ( Fig 4) Fig. 3 Fig. 4 Altro fattore prognostico che abbiamo preso in considerazione è stata la radiolucenza. Quest'ultima però non ha mai trovato corrispondenza con la clinica. I pazienti, le cui radiografie mostravano fenomeni di radiolucenza, non presentavano, infatti, nessun segno clinico di dolore nè spontaneo nè durante il movimento della spalla. In nessun caso abbiamo riscontrato fenomeni di mobilizzazione dell'impianto protesico sia cementato che non cementato. Fig. dopo 1, anni Fig. Noi abbiamo adoperato sia impianti protesici cementati che non. Nessuna differenza è stata costatata tra i due tipi di protesi sia per quanto riguarda i dati radiografici che quelli clinici. Un altro elemento che abbiamo preso in considerazione è l'erosione della glenoide. Nella nostra casistica è apparsa solo 3 volte. Ciò che abbiamo potuto costatare è che l'erosione ossea si realizza solo in concomitanza di 2 fattori: la non corretta posizione della testa protesica rispetto alla glenoide e la scarsa motilità della spalla. Figg 6 e 7. Quando, infatti, la sfericità della testa protesica non coincide con la cavità glenoidea, la zona in cui si svolge il movimento tende a restringersi. Quando

7 a questa evenienza si associa anche la scarsa motilità della spalla, le forze di attrito si concentrano in una zona ancora più piccola e l'erosione ossea è inevitabile. Nei casi in cui, invece, sia presente solo una cattiva posizione della testa protesica rispetto alla glena o solo una scarsa motilità della spalla, non abbiamo mai osservato erosione ossea. Figg. 8 e 9 3 anni 7 anni 7 anni 4 anni Fig. 6 Fig. 7 Fig. 8 Fig.9 Ulteriore elemento di verifica è stata la rieducazione funzionale della spalla. Non sempre e per tutti i pazienti è stato possibile eseguire in maniera corretta la kinesiterapia. I pazienti, spesso anziani e con notevoli difficoltà logistiche, hanno, non raramente, eseguito pochi cicli di rieducazione: in questi casi, nonostante un buon posizionamento dell'impianto, i risultati per quanto riguarda la motilità della spalla ha dato valori deludenti sebbene i pazienti non lamentassero dolore e fossero soggettivamente contenti. Lo stesso si può dire per quanto attiene alla motivazione dei pazienti. L'esecuzione attenta, costante, puntigliosa, motivata degli esercizi di rieducazione ha sempre premiato, mentre l'atteggiamento contrario ha sempre prodotto scarsi risultati. Per concludere, dunque, vogliamo ribadire come gli elementi dai quali non si può prescindere per avere buoni risultati dal trattamento protesico delle fratture dell'estremo prossimale dell'omero siano l'accurata ricostruzione anatomica, con particolare riguardo per le tuberosità, e la rieducazione postoperatoria.

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