IL CICLO AMBIENTE Materiali di approfondimento _ CAPITOLO 2

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1 IL CICLO AMBIENTE Materiali di approfondimento _ CAPITOLO 2

2 Indice Capitolo 2 I rifiuti: l altra faccia del benessere Cos è un rifiuto? I rifiuti all origine Il ciclo di vita dei prodotti 7 Riferimenti bibliografici 9 Riferimenti web 9 L'ITINHERARIO INVISIBILE Il Ciclo Ambiente Materiali di approfondimento tutti i diritti riservati Gruppo Hera Testi realizzati da: Catia Musolesi / Divisione Ambiente Hera S.p.A. Simona Nasolini e Sandra Vandelli per Anima Mundi, Nicoletta Borghini, Felicia Cannillo e Kristian Tazzari per Atlantide. Supervisione impianti: Andrea Carletti / Divisione Ambiente Hera S.p.A, Roberto Ravelli / Divisione Ambiente Hera S.p.A., Ruggero Panizzolo / Divisione Ambiente Hera S.p.A., Peppino Sassu / Divisione Ambiente Hera S.p.A, Michele Corli / Akron S.p.A, Luca Bussolari / Ecosfera s.r.l, Giuseppe Lazzazara / Recupera s.r.l. Supervisione testi: Ing. Claudio Galli, Direttore della Divisione Ambiente di Hera S.p.A. Coordinamento Redazionale: Catia Musolesi per Hera, Simona Nasolini e Daniele Vignatelli per Anima Mundi. Impaginazione: Simona Nasolini per Anima Mundi. Edizione giugno

3 Capitolo 2 i rifiuti: l altra faccia del benessere C o s è u n rif iu t o? Il ciclo naturale che regola la vita di tutti gli esseri viventi non prevede il concetto di rifiuto, poiché ciò che un qualsiasi organismo scarta non è un rifiuto ma una materia prima per qualcun altro. La natura opera quindi un continuo e completo riciclo di qualsiasi materiale, per il quale non esistono rifiuti ma solo risorse, in un sistema definito a ciclo chiuso, che ricicla e non distrugge. In un ecosistema naturale gli organismi viventi fanno parte di una rete molto complessa di relazioni: fra i produttori di sostanza organica (piante), i consumatori della stessa (animali) e i suoi decompositori (microrganismi) che si nutrono di organismi morti o di materiali biologici espulsi dai consumatori, trasformandoli in sostanze che vengono utilizzate nuovamente dai produttori per costruire altra materia vivente. Quello che non serve più a un organismo o quel che resta di lui è utile per altri: non si butta via nulla. Le attività gestite dall'uomo, invece, sono basate su un modello dove, come conseguenza di un prelievo massiccio di materia ed energia dall'ambiente per produrre beni di consumo, c è una altrettanta massiccia produzione di rifiuti che vengono poi scaricati nell'ambiente stesso. Inoltre, con la nascita dell industria chimica sono stati immessi sul mercato nuovi prodotti, sintetici, non biodegradabili, che la natura non è in grado di riciclare. L'umanità ha così aperto il ciclo chiuso della natura: estrae dalla terra le materie prime, le utilizza per costruire beni che poi, terminato il loro scopo, vengono eliminati e accumulati non reimpiegati. Ciclo naturale chiuso Ciclo artificiale aperto In questo sistema il rifiuto è un semplice scarto che, ponendosi al di fuori del ciclo della materia e dell'energia, rappresenta un serio problema per il Pianeta. Tale problema è aggravato dal fatto che negli ultimi anni la popolazione mondiale, che produce rifiuti, è notevolmente cresciuta. Anzi la crescita è stata addirittura esponenziale. Per far nascere i primi due miliardi di persone sono stati necessari 5000 anni. I due miliardi di persone successivi nacquero in circa 50 anni ( ). I due miliardi più recenti sono nati in 25 anni ( ). Ma i rifiuti che produciamo potrebbero essere trasformati in una preziosa e abbondante risorsa. 3

4 In sintesi: i rifiuti sono gli scarti delle merci prodotte, quando cessano di avere un valore d uso o quando questo non è ritenuto sufficiente a giustificarne il possesso o lo scambio. Più precisamente, il D.lgs. 152/2006 aggiornato con il Decreto Legislativo 16 gennaio 2008 n.4, definisce il rifiuto come "qualsiasi sostanza od oggetto ( ) di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi". Questa definizione ci dice quindi che qualsiasi merce è destinata, prima o poi, a trasformarsi in rifiuto, e che questa trasformazione dipende anche dalla volontà del consumatore I r if iu ti al l o r i g in e. Storicamente i rifiuti hanno cominciato a rappresentare un problema dall aggregazione di grandi collettività umane in spazi limitati (città, borghi, ecc.) ma in linea di massima, nelle varie epoche, i rifiuti urbani venivano confinati fuori dalle città, lontano alla vista degli abitanti, per eliminare i fastidi che la loro vicinanza poteva dare. I primi ad occuparsi della pulizia delle città furono gli antichi Greci: già Aristotele, nella Costituzione degli ateniesi, illustrava i doveri dei sorveglianti della città incaricati di verificare il lavoro degli spazzini, per impedire loro di gettare le immondizie vicino alle zone abitate. La prima forma di smaltimento dei rifiuti adottata dagli esseri umani, quindi, è stata la discarica, un modo per tenere ragionevolmente pulito il proprio ambiente di vita, di allontanare da sé e dalle proprie abitazioni che fossero caverne, palafitte, capanne o palazzi, gli scarti da essi stessi prodotti. I Romani, famosi per la realizzazione di imponenti opere idrauliche, furono i primi anche nella realizzazione di un servizio pubblico di raccolta e smaltimento dei rifiuti, e il loro modello urbano fu esportato in tutto l'impero. Nella grande e potente Roma ( abitanti ai tempi di Augusto) munditia (cioè pulizia, da cui deriva per opposizione il termine immondizia significando la negazione della pulizia) era la parola d ordine: un corpo di magistrati, gli edili, avevano tra i loro compiti quello di controllare la raccolta dei rifiuti urbani, mediante, abbiamo detto, discariche. Rudimentali discariche di rifiuti vari e indifferenziati tra i quali potevano trovarsi ed erano considerati indegni di miglior destino, i corpi dei gladiatori morti in combattimento e delle vittime delle belve nei circenses. Queste sorsero un po ovunque, insieme a discariche in qualche modo più evolute, di cui l esempio universalmente noto è quello del monte Testaccio, costituito proprio dall accumularsi e stratificarsi dei cocci (testi) depositati nei pressi del porto fluviale di Ripa Grande e del ponte Sublicio. In epoca medievale con un economia rurale di sussistenza, di rifiuti praticamente non se ne producevano, tutto veniva usto, riusato e riciclato fino all estremo. Solo verso la fine del Medioevo si diffuse l idea che una maggior attenzione all igiene urbana potesse ridurre gli effetti delle epidemie di peste e colera che stavano spopolando intere nazioni. Col Rinascimento, poi, si instaurò definitivamente una struttura urbana organizzata di pulizia e smaltimento dei rifiuti. Con la rivoluzione industriale iniziò lo sfruttamento Foto archivio Hera intensivo delle risorse e cominciarono ad accumularsi i 4

5 rifiuti delle prime fabbriche con conseguente impatto sull ambiente. Tuttavia, si può affermare che, fino al boom economico (anni 60-70), esisteva ancora una forte cultura del risparmio delle risorse per la quale ogni oggetto veniva riutilizzato il più possibile. Le ceneri industriali venivano usate per lavare i panni, i metalli erano pressoché inesistenti tra i rifiuti: quello che non si poteva riutilizzare veniva venduto al rottamaio, che lo recuperava e lo rivendeva. Il vetro era pressoché assente e così pure i tessuti, che venivano reimpiegati in mille modi. Carta e legno venivano bruciati, e, ovviamente, era entrata da poco in commercio la plastica (il premio Nobel Giulio Natta inventò nel 1954 il polipropilene, il primo materiale completamente sintetico). Il grande cambiamento, dunque, avviene nella seconda metà del 1900; la prima catena di montaggio inventata da Henry Ford (1914) avvia la cosiddetta produzione in serie che implica la standardizzazione del prodotto e il consumo di massa: il fordismo diventa un modello economico di accumulazione del capitale e sostiene il boom post bellico (epoca d oro del capitalismo organizzato). Con l avvento della società dei consumi l attenzione verso la conservazione e il riutilizzo dei beni va diminuendo: il sistema di produzione e di consumo delle merci, modellato sul principio "usa e getta", moltiplica su scala industriale la formazione dei rifiuti. Gli oggetti vengono difficilmente riparati, e sono comunque costruiti per durare poco ed essere rimpiazzati da altri modelli più innovativi, più pubblicizzati e quindi più desiderati (ricordiamo che già un secolo prima C. Marx parla di feticismo delle merci, Il Capitale, 1867). Parallelamente alla trasformazione della società e del mercato del consumo è cambiata la tipologia dei rifiuti: è scomparsa la cenere per lavare i panni (soppiantata da centinaia di possibili prodotti) e sono sopraggiunti diversi tipi di carta, metallo o vetro, ma soprattutto una grande quantità di materiali sintetici come la plastica. Con il termine plastica si intendono in realtà diversi polimeri (PS, PET, PVC, etc.) prodotti tutti per sintesi chimica dal petrolio; questo comporta, quindi, dal punto di vista ambientale molti svantaggi: l utilizzo di una risorsa non rinnovabile, il fatto che il suo ciclo rimane aperto (a differenza del vetro o del metallo che si riciclano sempre), inoltre, il suo recupero è piuttosto complesso e quindi energeticamente costoso. Nello studio di Luigi Castagna, Il pianeta in riserva, 2008, troviamo alcuni interessanti spunti di riflessione a partire dal fatto che oltre il 90% dei prodotti che troviamo nei supermercati contengono petrolio sottoforma di derivati chimici e/o di energia (ibidem, p.30). Le stime più attendibili sulla disponibilità originaria di petrolio indicano in circa 2200 miliardi di barili il petrolio tecnicamente sfruttabile: se fosse concentrato in un unico punto, potrebbe riempire il Lago di Ginevra, ma consumato a tutt oggi per la metà, di cui circa un quarto utilizzato solamente negli ultimi vent anni (ibidem, p.35). Il petrolio sfruttato fino ad oggi supera la cifra di 900 miliardi di barili, ciò significa che sono ancora estraibili miliardi di barili, ci stiamo avvicinando al picco, ossia alla metà del petrolio esistente. Secondo alcuni studi il picco sarà raggiunto nel , anche se non si hanno dati certi sulle riserve poiché sottoposti a segreto di Stato. Importante però dire che nel mondo ogni giorno consumiamo 87 milioni di barili di petrolio (pp.36-37). Castagna elabora le seguenti considerazioni generali sul petrolio (p.42): o si sta raggiungendo il massimo produttivo; o il suo prezzo è destinato ad aumentare per l aumento della domanda; o i suoi derivati (benzina, gasolio, cherosene) alimentano il 95% degli oltre 800 milioni di veicoli in circolazione e non esiste nessuna alternativa, almeno per i prossimi anni; 5

6 o la riduzione del consumo di petrolio si prevede per l effetto di una recessione mondiale piuttosto che come conseguenza di una diversificazione delle fonti energetiche. La società dei consumi, dunque, si trova ora ad affrontare le grandi sfide del ventunesimo secolo sia verso gli aspetti energetici-economici che verso quelli più strettamente ambientali come la gestione dei rifiuti e dell inquinamento. Con l enorme diffusione delle materie sintetiche, ad esempio, abbiamo completamente alterato il rapporto naturale tra organismi produttori e organismi distruttori di rifiuti oltre ad aver creato rifiuti difficilmente degradabili da parte di un qualunque fattore biologico in tempi compatibili con le nostre esigenze. Un sacchetto di plastica si fabbrica in un secondo, si usa per 20 minuti, e si degrada nell ambiente in anni (Vital Waste Graphics 2, programma delle Nazioni Unite per l Ambiente). Il risultato è una delle più gravi questioni ambientali che ci troviamo ad affrontare, di cui, si riassumono le 3 principali cause: o i rifiuti non sono più soltanto costituiti da materiali naturali ma sintetici o frammisti con sintetici; o gli oggetti non si utilizzano più fino alla fine del loro ciclo di vita; o la popolazione che produce rifiuti è destinata ad aumentare. Per quanto riguarda la gestione dei rifiuti in Italia, fu la Legge n. 103 del 29/03/1903 proposta dall allora Ministro dell Interno Giovanni Giolitti, a prevedere la municipalizzazione dei servizi pubblici, nata sul modello di quelle che operavano con successo in Austria e Francia, mentre la missione della pura e semplice raccolta dei rifiuti evolveva gradualmente in quella di garantire l igiene urbana in ogni suo aspetto. Ad assolvere tale compito erano schiere sempre più folte di netturbini fino a ben oltre la metà del ventesimo secolo definiti più sbrigativamente spazzini e considerati poco più che dei paria della società per la sporcizia del loro lavoro. Foto archivio Hera: Viene esteso a tutta la città il sistema di raccolta dei rifiuti con contenitori di lamiera zincata 6

7 Generalmente in Italia, fino alla fine degli anni sessanta, i rifiuti solidi urbani (RSU) vengono raccolti in modo indifferenziato e, per la maggior parte, smaltiti direttamente sul suolo, come ammassi incontrollati. In quegli anni alcune Aziende Municipalizzate iniziano a progettare i primi sistemi di raccolta stradale e i primi impianti per l incenerimento dei rifiuti: per esempio Bologna nel 1970 trasforma il sistema di raccolta dei rifiuti con l'introduzione di nuovi grandi contenitori stradali (i cassonetti), e inizia nel 1971 i lavori di costruzione di un inceneritore con 3 linee di smaltimento della potenzialità di 200 tonnellate al giorno ciascuna (l'impianto entra in funzione nel 1973 con due linee e la terza l'anno successivo). Ma solo nei primi anni 80 si inizia a parlare di regolamentazione dello smaltimento dei rifiuti e di riciclo. E si arriva così alla situazione attuale di cui tratteremo diffusamente nei paragrafi seguenti. Foto archivio FEA, Società del Gruppo Hera, inceneritore del Frullo: lavori di costruzione (1971) I l ci cl o d i v it a d ei p r o d o t ti. Cosa c entra il prodotto con il rifiuto? C entra, perché i rifiuti prima di essere tali sono beni, ovvero prodotti. E quanto vive un prodotto? In genere siamo abituati a pensare che la vita di un oggetto inizia nel momento in cui entra in casa nostra e finisce quando non serve più, e viene buttato come un rifiuto. Il ciclo di vita di un prodotto, in realtà, inizia molto prima, dalla sua progettazione, fase in cui vengono definite le sue caratteristiche a partire dalle normative vigenti e dalle esigenze del mercato, e realizzazione, in cui vengono impiegate materie prime ed energie che portano al prodotto finito. Una volta realizzato, l oggetto deve essere imballato e inviato nel luogo in cui sarà utilizzato. Durante la fase di distribuzione il prodotto viene trasportato, con conseguenti rischi legati alla pericolosità delle merci, alle emissioni dei carburanti e al traffico generato, e, infine, tenuto temporaneamente in negozi e magazzini. È solo a questo punto della sua vita che il prodotto entra in casa nostra, e il tempo in cui noi lo utilizziamo è sempre più breve; gli oggetti vengono infatti sostituiti con rapidità da nuovi modelli che a volte si differenziano solo per qualche modesta innovazione tecnica e stilistica. Ogni volta che buttiamo via un oggetto, per scelta o per 7

8 obbligo, produciamo un rifiuto. Da quel momento l oggetto scompare dalla nostra vista, ma la sua vita non è finita. Il processo di dismissione è piuttosto complesso: è legato alla tipologia di rifiuto, ai materiali di cui è composto e agli impianti di trattamento o smaltimento presenti sul territorio. Come si vede, quindi, il ciclo di vita di un prodotto è molto più del tempo che questo passa tra le nostre mani, e più i consumi aumentano, più si moltiplicano i rifiuti prodotti e maggiori sono le quantità di risorse ed energie utilizzate. Cosa si può fare per interrompere questo circolo? La parola chiave è indubbiamente prevenzione e riguarda tutti, dal produttore al consumatore. Il concetto di prevenzione costituisce anche il cuore del VI Programma d azione per l ambiente dell Unione Europea per gli anni e della nuova direttiva sui rifiuti (2008/98/CE del 19/11/2008) che prevede una disciplina finalizzata alla prevenzione nella produzione di rifiuti, ma anche al riutilizzo e al riciclaggio. Il rifiuto, infatti, rappresenta una perdita di risorse sia materiali che energetiche, perciò una buona gestione dei rifiuti comincia col prevenirli prima ancora che vengano generati. Un approccio sostenibile, quindi, alla gestione dei rifiuti non significa solo incentivare il recupero e il riciclaggio, ma anche promuovere la prevenzione della produzione, puntando cioè a ridurne quantità e nocività per l ambiente. Torneremo su questo importantissimo aspetto nell ultimo capitolo, dopo aver capito meglio la gestione dei rifiuti. 8

9 Riferimenti bibliografici AA.VV, Trash Edu.Manuale antispreco per trasformare i rifiuti in ricchezza, Federambiente, AA.VV, YouthXchange, kit didattico sul consumo responsabile, UNESCO UNEP, 2002 N. Armaroli, V. Balzani, Energia per l'astronave Terra, Zanichelli, A. Canevaro, La seconda vita delle cose. Percorsi di educazione ambientale, Erickson, R. Caruso e G. Pancaldi (a cura di), Itinerari. Viaggio nel mondo dei rifiuti, Federambiente, 2003 L. Castagna, Il pianeta in riserva. Analisi e prospettive della prossima crisi energetica. Pendragon, Chialab e Gruppo Fiori, Siamo tutti minatori, Gruppo Fiori, L. Morselli, R. Marassi, I rifiuti. La chimica, il ciclo di vita, la valorizzazione, lo smaltimento, il controllo ambientale, Franco Angeli Edizioni, 2003 E. Sori, Il rovescio della produzione: i rifiuti in età pre-industriale e paleotecnica, Il Mulino Editore, Riferimenti Web

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