Problematiche connesse alle ricerche di idrocarburi nello Stretto di Sicilia

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1 Problematiche connesse alle ricerche di idrocarburi nello Stretto di Sicilia Documento redatto in occasione dell Audizione presso la Commissione Territorio, ambiente e beni ambientali del Senato della Repubblica 2 luglio 2013 Foto dalla spedizione ROV estate 2012 (Banco Avventura e Banco di Graham) Greenpece/ISPRA AUDIZIONE IN MERITO ALL'AFFARE ASSEGNATO RELATIVO ALLE PROBLEMATICHE AMBIENTALI CONNESSE ALLA PROSPEZIONE, RICERCA, COLTIVAZIONE ED ESTRAZIONE DI IDROCARBURI LIQUIDI IN MARE, ANCHE CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE CONSEGUENZE SULLE COSTE NAZIONALI Roma, 1 luglio

2 Premessa Lo Stretto, o Canale, di Sicilia è oggetto di un numero notevole di richieste di esplorazione per la ricerca di idrocarburi. Sono ben undici i permessi per cercare petrolio già concessi e diciotto quelli in via di valutazione, oltre alle quattro piattaforme già attive. Tali attività costituiscono una seria minaccia per le attività di pesca, oltre che per l ambiente e altre attività economiche come ad esempio il turismo. Greenpeace ha concentrato le sue attività sullo Stretto di Sicilia anche per la sua elevata valenza ambientale: una panoramica generale è disponibile nel rapporto di Greenpeace Meglio l oro blu dell oro nero 1 Mappa delle attività petrolifere in Sicilia. Rosso: attività estrattiva Giallo: permesso di ricerca accordato Verde: permesso di ricerca richiesto 1. Biodiversità nello Stretto di Sicilia Il Mar Mediterraneo, è un hot spot mondiale di biodiversità marina: anche la sua superficie è meno dell 1% del totale dei mari del Pianeta, nel Mediterraneo è presente c.a. il 10% della diversità biologica marina nota. Lo Stretto di Sicilia, a cavallo tra il Mediterraneo occidentale e quello orientale, è un hot spot di diversità biologica nel Mediterraneo. La sua posizione di cerniera tra oriente e occidente fa si che nell area si rinvenga una mescolanza di elementi floro-faunistici particolarmente elevata. Tale peculiarità è stata riconosciuta dalla Convenzione di Barcellona: come si rileva dalla figura a fianco 2 tutto lo Stretto di Sicilia è stato proposto dal Protocollo ASPIM per l inclusione nell istituenda rete di aree marine protette d altura

3 Ciononostante, gli Studi di Impatto Ambientale (SIA) presentati dalle imprese abbondano di riferimenti a una povertà dell area: sono affermazioni incompatibili, oltre che con le informazioni note, soprattutto con la millenaria persistenza di una florida attività di pesca nello Stretto di Sicilia. Per contrastare queste assurdità, e per mostrare a tutti la ricchezza della biodiversità dell area, nell estate 2012 Greenpeace ha finanziato una breve attività di prospezione con ROV (Remotely operated (under water) vehicle: veicolo filoguidato subacqueo dotato di foto e video camere) e grazie alla disponibilità dell imbarcazione Astrea e dei tecnici di ISPRA in soli due giorni di operazioni (sette immersioni ROV) nell area del Banco Avventura e del Banco di Graham sono state identificate (solo dalle riprese effettuate) ben 96 specie differenti 3 : spiccano, nel Banco di Graham, tutte e quattro le specie di corallo nero note nel Mediterraneo. Altre informazioni sulla diversità biologica dello Stretto di Sicilia derivano dalle attività di pesca: limitatamente alla diversità biologica delle specie ittiche (commerciali e non) ricercatori siciliani hano realizzato una prima mappa che individua le aree con diversità biologica (per le sole specie ittiche demersali, cioè dei fondali!) maggiore o minore della media (si veda figura sotto). In rosso, aree a diversità biologica delle specie ittiche di fondale maggiore della media. In verde, aree con diversità biologice delle specie ittiche inferiori alla media. Fonte: Garofalo G., Fiorentino F., Gristina M., Cusumano S., Sinacori S. (2007) Stability of spatial pattern of fish species diversity in the Strait of Sicily (central Mediterranean). Hydrobiologia, 580: ) 2. Biodiversità e risorse alieutiche nello Stretto di Sicilia L elevata diversità biologica dello Stretto di Sicilia ha ovvie implicazioni con l abbondanza e diversità delle risorse ittiche e non è certo per caso che le attività di pesca sono da secoli una componente importante delle economie locali. In particolare, lo Stretto di Sicilia è noto per la ricchezza dei popolamenti delle specie pelagiche (dai grandi pelagici come tonno rosso e pesce spada fino alle acciughe e sardine) e per le risorse demersali (cioè dei fondali). Per queste ultime, sono poi note ormai le aree di cruciale importanza per le fasi di riproduzione (spawning) e accrescimento dei giovanili (nursery). Di seguito, una selezione (gambero, nasello, mostella, triglia) della cartografia definita da alcuni lavori scientifici

4 a) Aree di spawning e nursery del gambero bianco (o rosa) Parapenaeus longirostris. Fonte: Fortibuoni, T., Bahri, T., Camilleri, M., Garofalo, G., Gristina, M., and Fiorentino, F. (in press). Nursery and spawning areas of deep-water rose shrimp, Parapenaeus longirostris (Decapoda: Penaeidae), in the Strait of Sicily. Journal of Crustacean Biology. DOI: / b) Aree con una costante presenza di giovanili (nursery) di nasello e mostella) Sicily Sicily m 100 m m 100 m m 500 m 36 Persistence index Persistence index Nasello (Merluccius merluccius) Mostella (Phycis blennoides) 16 Fonte: Fiorentino F., G. Garofalo, A. De Santi,G. Bono, G.B. Giusto, G. Norrito, 2003, Spatio-Temporal Distribution of Recruits (0 group) of Merluccius merluccius and Phycis blennoides (Pisces; Gadiformes) in the Strait of Sicily (Central Mediterranean). Hydrobiologia, 503: c) Aree di spawning (deposizione uova) e nursery (alimentazione esemplari giovanili) della triglia di fango (Mullus surmuletus) nello Stretto di Sicilia. Garofalo G., F. Fiorentino, G. Bono, S. Gancitano, G. Norrito, Localisation of spawning and nursery areas of Red mullet (Mullus barbatus, Linnaeus) in the Italian side of the Strait of Sicily (Central Mediterranean). In: Nishida T., Kaiola P.J., Hollingworth C.E. (eds.) Aree di spawning (primavera) Aree di nursery (estate/autunno) 4

5 Riguardo poi ai piccoli pelagici, molte delle istanze presentate ricadono interamente nell area di alimentazione e riproduzione dell acciuga (Engraulis encrasicolus), una risorsa fondamentale della pesca siciliana. E noto da tempo infatti che per quanto concerne la biologia riproduttiva dell acciuga è stato possibile formulare la seguente ipotesi: da alcuni lavori sono state individuate nel periodo estivo le aree di alimentazione e di riproduzione tra Sciacca e Licata e un area di nursery vicino Capo Passero; le acciughe trovano le migliori condizioni ambientali per alimentarsi e riprodursi nell area tra Sciacca e Licata, mentre l AIS trasporta le larve nell area di nursery vicino a Capo Passero 4 dove l AIS è la corrente (Atlantic Ionian Stream) che viaggia parallelamente alla costa siciliana in direzione ovest-est, verso il Mar Ionio. Come vedemo, nessuna delle istanze presentate valuta in alcun modo gli effetti delle attività petrolifere su aree così delicate da un punto di vista ambientale e socioeconomico. 3. Economie a confronto: petrolio e pesca nello Stretto di Sicilia La produzione delle quattro piattaforme attive nel Canale di Sicilia, nel 2011, è stata di circa tonnellate: solo lo 0,46% delle migliaia di tonnellate consumate nel 2011 in Italia (si veda il rapporto di Greenpeace alla nota 1). Secondo il Ministero dello Sviluppo Economico, a fine 2011 la stima delle riserve recuperabili nell area (quella che è definita zona C ), è di 5.456,6 migliaia di tonnellate di olio greggio, quanto basterebbe a coprire il nostro fabbisogno nazionale di petrolio per neanche un mese e supposto che potessimo estrarre tutto il petrolio disponibile insieme. Tra l altro, questa stima è miracolosamente in aumento: nel 2010 le riserve recuperabili in zona C erano di migliaia di tonnellate in meno! Non perché le ricerche abbiano portato alla scoperta di nuovi giacimenti - le riserve certe non sono variate di molto - ma per un notevole aumento delle risorse probabili. In altre parole, giacimenti prima considerati marginali sono adesso diventati economicamente sfruttabili (o presunti tali) solo grazie all aumento dei prezzi del petrolio. Questo conferma che il rischio di trivellazione per i mari siciliani aumenta (si cerca petrolio in aree marginali, più profonde e rischiose) man mano che le risorse convenzionali di petrolio diminuiscono e che i prezzi e la domanda aumentano. D altra parte, la pesca in Sicilia, e in particolare nello Stretto di Sicilia, è un attività economica di ben altro peso economico e sociale. La flotta siciliana è composta da battelli, pari al 23,1% del totale nazionale. Nel 2010, la Sicilia risulta anche la regione con il maggior numero di addetti nel settore della pesca, dando lavoro a imbarcati, più di 1/4 (26,5 per cento) dell equipaggio dell intera flotta da pesca nazionale. In particolare, nello Stretto di Sicilia operano alcune tra le maggiori marinerie presenti sul territorio siciliano, in ordine di consistenza: Mazara del Vallo, Sciacca, Porto Palo, Trapani, Scoglitti e Marsala. Nel 2010, secondo le indagini condotte dall Irepa, il numero di battelli era pari a unità. Confrontando questo dato con quello regionale la flotta operante nel Canale rappresenta circa il 41% di quella della Sicilia (quindi, il 9,4% della pesca nazionale!) 5. Esistono molte aree nel mondo in cui la Pesca è in conflitto con l espandersi delle attività petrolifere. Ad esempio, in Norvegia, nel 2009 l espansione verso nord (Isole Lofoten) delle ricerche petrolifere ha suscitato una reazione decisa dei pescatori. Kristoffersen Arne, rappresentante della Norwegian Coastal Fishermen Union, esprimendo una posizione sulla coesistenza tra petrolio e pesca ha dichiarato 6 che: 4 Bonanno et al Fonte IREPA, vedi

6 Sulla base dell attuale esperienza, e considerando l attuale livello delle tecnologie, riteniamo che ci siano troppe incertezze sull impatto delle attività di pesca e l ambiente per permettere all industria petrolifera di accedere a uno degli ecosistemi più ricchi al mondo, una vera culla di molti importanti stock ittici. Aprire queste aree adesso alle attività petrolifere sarebbe prendere un rischio non necessario sia per l approvvigionamento alimentare che per l ambiente. Quindi, la Norwegian Coastal Fishermen Union chiede che le zone libere dal petrolio restino tali anche dopo il 2010 e fino a quando la tecnologia e l esperienza ci dimostrino che l industria petrolifera può installarsi senza alcun impatto negativo sulla pesca e sugli stock. Rigettiamo anche ogni accordo che consenta all industria petrolifera di comprarsi l accesso in queste are mediante compensazioni economiche. Alla luce di quello che è successo nel Golfo del Messico, con l esplosione della Deepwater Horizon, ma anche, più modestamente, dei recenti incredibili episodi di inquinamento petrolifero a Gela è assolutamente evidente che l industria petrolifera, oggi, non è minimamente in grado di fornire in alcun modo le succitate garanzie di sicurezza. Inoltre, la logica della proliferazione delle trivelle nello Stretto di Sicilia condanna il nostro Paese a dipendere dai combustibili fossili con effetti sul clima che stanno già arrecando danni anche in Italia. A titolo di esempio, solo per la produzione agricola la Coldiretti stima i danni da eventi eccezionali come siccità e alluvioni, nel 2012, a oltre 3 miliardi di euro 7. Puntare sulla decarbonizzazione della nostra economica (a cominciare da misure immediate di incremento dell efficienza dei veicoli), come peraltro più volte sottolineato dal Ministro dell Ambiente anche nel corso della sua Relazione Programmatica a questa Commissione, avrebbe l effetto di stimolare economia e innovazione. 5. I vizi procedurali della VIA delle ricerche di idrocarburi offshore Il processo di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) delle istanze per le ricerche e successivo sfruttamento di eventuali giaciementi di idrocarburi è viziato nella forma e nella sostanza, essendo indebitamente suddiviso in tre tronconi separati che valutano rispettivamente le esplorazioni sismiche (airguns), le trivellazioni esplorative e infine l apertura di pozzi per uso estrattivo commerciale (coltivazione). Tutto ciò ha l ovvio obbiettivo di minimizzare i rischi da valutare e di facilitare la progressione dell istanza, al punto che (in modo discutibile) il recente articolo 35 del decreto Cresci Italia (poi convertito nella Legge n. 234 del 7 agosto 2012) stabilisce di fare salvi non solo i procedimenti concessori in corso, ma anche i procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi che siano stati avviati al 29 giugno 2010 : si crea cioè un nesso relazionale tra procedimenti che dovrebbero essere (ma evidentemente non sono) assolutamente indipendenti! Dal punto di vista sostanziale, è chiaro che c è una grande differenza tra i rischi (comunque gravemente sottostimati) delle prospezioni sismiche e quelli delle attività di estrazione commerciale degli idrocarburi. Il combinato disposto del meccanismo attuale prevede dunque, di fatto, una rapida autorizzazione (spesso su basi discutibili: si veda sotto) delle prospezioni sismiche e quindi una sostanziale ineluttabilità delle autorizzazioni successive (trivellazioni esplorative e coltivazione). D altra parte, che senso avrebbe autorizzare un attività esplorativa, comunque non a rischio zero, se poi la coltivazione di idrocarburi non dovesse essere possibile per ragioni ambientali (o altro)? La situazione è così paradossale che spesso sono le stesse aziende proponenti a rendersene conto e a inserire spesso, ad esempio, cenni sulle attività di perforazione nella 7 6

7 documentazione relativa alle istanze di richiesta di prospezione sismica. E probabile che le aziende si rendono perfettamente conto dell irregolarità di questa procedura, poiché è acclarato che, per garantire quelli che da copiosa giurisprudenza comunitaria sono stati definiti gli effetti utili della Direttiva 85/337/CEE (come modificata) sulla Valutazione di Impatto Ambientale, è inibito sia ai Proponenti che alle Autorità competenti provvedere al frazionamento artificioso delle opere e/o dei progetti sottoposti a valutazione. Ciò, proprio perché una operazione di questo tipo impedisce la considerazione dell impatto complessivo e la scrivente associazione sta valutando la possibilità di intervenire nelle sedi appropriate contro questi gravi vizi procedurali. 6. Gli Studi di Impatto Ambientale (SIA) presentati dalle imprese Greenpeace ha avuto modo di studiare con attenzione la documentazione presentata dalle aziende proponenti istanza di ricerca o sfruttamento di idrocarburi nell area dello Stretto di Sicilia. Al quadro desolante di minimizzazione dei gravi rischi che accompagnano i progetti di proliferazione di trivelle nell area si affiancano imprecisioni di gravità tale da mettere in dubbio non solo le capacità degli estensori degli Studi di Impatto Ambientale (SIA) presentati dalle imprese, ma anche quelle dei membri della Commissione di Valutazione dell Impatto Ambientale (VIA) presso il Ministero dell Ambiente. Greenpeace, ed altre associazioni, hanno più volte sollevato la questione della scarsa attenzione (con qualche dubbio sulla competenza) della Commissione VIA, e francamente alcuni esempi, di cui si riferisce qui sotto, lasciano supporre che come minimo i SIA non vengano letti (e valutati) con attenzione. A) L istanza d347 C.R-. NP, presentata dalla Società Northern Petroleum (UK) ha avuto una valutazione positiva nonostante, tra le altre carenze del SIA, i dati mareometrici che avrebbero dovuto caratterizzare lo Stretto di Sicilia siano attribuiti a una boa piazzata al largo di Monopoli (provincia di Bari). Questo errore marchiano (e una certa confusione sulle sigle utilizzate per individuare la concessione ) lasciano intendere che il proponente (che ha infatti presentato istanze anche in aree al largo delle coste pugliesi) altro non ha fatto che un copia e incolla tra i diversi SIA, con una elaborazione spesso acritica di dati superficiali. Tutto ciò non ci ha sorpreso affatto, visto che già nell istanza a suo tempo presentata dalla S. Leon Energy per ricerche di idrocarburi al largo della costa tra Sciacca e Selinunte si trovava scritto, tra l altro, che il porto operativo più vicino era quello di Ancona! Evidentemente, il proponente confidava nella scarsa attenzione del valutatore. B) In una serie di istanze, per esplorazioni sismiche ma anche per trivellazioni esplorative, presentate da ENI, si afferma che nell area interessata (sostanzialmente il Golfo di Gela e dintorni) non sono tuttavia segnalate rotte migratorie di uccelli, tra l Africa e l Europa. Questa conclusione è dedotta da una cartina estremamente semplificata (forse anche datata) utilizzata a fini presumibilmente didattici dal Parco del Conero che mostra una sola rotta migratoria (da Capo Bonn a Trapani). Documenti ben più seri e approfonditi, come ad esempio il Piano Faunistico e Venatorio della Regione Siciliana 8 descrivono almeno quattro rotte principali di cui una che attraversa la zona interessata da molti progetti di estrazione (al largo del Golfo di Gela). Qui sotto la cartina utilizzata nel SIA di ENI e, dopo, quella tratta dal Piano Funistico della Regione Siciliana: le differenze nel dettaglio sono palesi. L incompetenza (se non la malafede) degli estensori del SIA è palese. 8 REGIONE-SICILIANA.pdf 7

8 Cartina utilizzata da ENI per vari SIA Estratto (pag. 110) dal Piano Faunistico e Venatorio della Regione Siciliana 8

9 C) Altrettanto grave, ai fini di una corretta valutazione dei rischi, è l approssimazione con cui, nei SIA prodotti dall ENI, è descritto il quadro della dinamica delle correnti marine presenti nello Stretto di Sicilia. Viene infatti fornita una descrizione sommaria che prevede la presenza di tre strati (acque superficiali, intermedie e profonde) quando è noto (e confermato poi dai dati del monitoraggio presentato da ENI) che il terzo strato, quello delle acque profonde, non è affatto presente nello Stretto di Sicilia, a causa della soglia invalicabile costituita dai bassi fondali dell area. E ovvio che, nel caso di incidente, una modellizzazione scorretta delle correnti porta a decisioni e valutazioni aberranti. D altra parte, è bene sottolineare che nella sua recente istanza di trivellazione esplorativa per il pozzo VELA1, al largo delle coste di Licata (AG), ENI ha semplicemente deciso di escludere a priori che ci possa essere un qualche incidente rilevante del tipo successo nel Golfo del Messico proprio durante una trivellazione esplorativa. E chiaro che questi incidenti sono relativamente rari (e ci mancherebbe!) ma è ovvio che ENI non ha nessuna idea di come operare se dovessero succedere. ENI sostiene infatti di affidarsi ai suoi propri standard di elevata qualità e alla competenza dei suoi tecnici. ENI non è nemmeno in grado di specificare quale impianto dovrebbe effettuare la trivellazione in questione ma indica come probabile la piattaforma Scarabeo 9, di proprietà della SAIPEM. La stessa SAIPEM è proprietaria della Scarabeo 8, che il 4 settembre 2012, mentre perforava il campo Salina nel Mare di Barends (Norvegia) si inclinava pericolosamente (per fortuna senza conseguenze gravi) di 7 gradi. A seguito dell incidente, e di un inchiesta specifica, l Autorità di controllo norvegese (Petroleum Safety Authority) ordinava alla sussidiaria norvegese di Saipem SpA Norwegian 9 di: D) rivedere il modo in cui la compagnia assicura la gestione dei processi, così come la conformità ai propri requisiti, relativamente al personale e all esperienza, e applicare misure basate su tale revisione; E) applicare misure che garantiscano la gestione di processi e conformità con i requisiti relativi alla salute, sicurezza e l ambiente, nella compagnia in generale. In altre parole, ENI non pare in grado di far rispettare a SAIPEM i requisiti di sicurezza che nel SIA vengono reclamizzati come pressoché infallibili e sembra che nemmeno il personale di SAIPEM abbia le necessarie caratteristiche per poter escludere che non ci siano incidenti. D altra parte, a Gela abbiamo da poco assistito all incredibile rilascio di petrolio da un impianto appena revisionato: un rilascio che ENI non ha mai identificato. L allarme è stato infatti lanciato da cittadini allarmati per la marea nera. F) I SIA presentati dalle imprese per giustificare le istanze di prospezione sismica minimizzano sistematicamente i rischi dell uso di sistemi (airguns) che producono in pratica esplosioni a catena. L uso di esplosivi per le attività di pesca è giustamente vietato in ogni Paese civile, ma i proponenti le istanze affermano la totale innocuità degli airguns. Tuttavia, gli effetti di queste attività sono purtroppo ormai noti su una gamma ampia di organismi marini: cetacei, tartarughe marine, pesci, molluschi 10. Per i pesci, oltre a una letteratura scientifica ormai sempre più corposa è sufficiente McCauley, et al (Robert D. McCauley, Jane Fewtrell, Alec J. Duncan, Curt Jenner, Micheline-Nicole Jenner, John D. Penrose, Robert I.T. Prince, Anita Adhitya, Julie Murdoch, Kathryn McCabe, Centre for Marine Science and Technology, Curtin University of Technology), Marine seismic surveys: analysis and propagation of air-gun signals; and effects of air-gun exposure on humpback whales, sea turtles, fishes and squid Prepared for Australian Petroleum Production Exploration Association. 9

10 ricordare che le lamentele, più volte ripetute, dei pescatori sulla riduzione delle catture a seguito delle attività degli airguns sono state definitivamente confermate da uno studio specifico 11 che ha dimostrato che le catture di merluzzo e eglefino (haddock) si riducevano fino a 18 miglia nautiche (oltre 35 km) dall area delle esplosioni. La riduzione dell abbondanza dei pesci, definita tramite una mappatura acustica (sonar) arrivava al 64%. Le catture nell area dei test sismici si sono ridotte del 68%, e del 45-50% in quelle circostanti. A cinque giorni dai test, gli stock erano ancora significativamente meno abbondanti. Gli effetti riferiti dagli autori appena citati si riferiscono a esemplari adulti (anzi: l allontanamento dall area dei test sismici era più evidente per gli esemplari di maggiori dimensioni) ma notoriamente questi test provocano danni diretti alle larve dei pesci 12 : l impatto di queste esplosioni sulle larve delle acciughe (vedi sopra al punto 2) sarebbe quindi devastante. Relativamente agli altri organismi, le maggiori preoccupazioni sono per specie in condizioni critiche quali le tartarughe marine (la specie più abbondante nello Stretto di Sicilia è la Caretta caretta) e i cetacei. Come peraltro riferito da ENI del SIA relativo all istanza di esplorazioni sismiche d28 G.R-AG (al largo di Gela) gli spiaggiamenti di cetacei lungo la costa siciliana dello Stretto di Sicilia (fonte Banca dati spiaggiamenti, evidenziano la presenza di non meno di undici specie di cetacei, con una prevalenza di stenella (Stenella coeruleoalba) e tursiope (Tursiops truncatus), oltre a capodoglio (Physeter macrocephalus), zifio (Ziphius cavirostris), steno (Steno bredanensis) e altre specie. Tuttavia, le maggiori preoccupazioni sono per la rotta di migrazione della balenottera comune (Balaenoptera physalus) che connette il Santuario dei cetacei del Mar Ligure (che è la principale area di alimentazione estiva per questa specie) con l area intorno a Lampedusa. ISPRA conferma che in questa zona delle Isole Pelagie, è segnalata un importante zona di alimentazione invernale per questa specie 13. Nonostante tutte queste evidenze, l innocuità degli airguns è sempre data per scontata, al punto da non richiedere nemmeno uno specifico monitoraggio nel corso del test sismico. L unica cautela che si ritiene utile è quella di sospendere i test se sono presenti cetacei a meno di 500 metri di distanza: una precauzione davvero ridicola considerato il fatto che alterazioni comportamentali sono state osservate a 2,5 km per la balena grigia (Eschrichtius robustus), 4,5 km per la megattera (Megaptera novaeangliae), 8 km per la balena della Groenlandia (Balaena mysticetus), 14. G) L elenco delle affermazioni errate nei SIA raggiunge l apice quando essi trattano delle attività di pesca. La citata istanza della S.Leon Energy (che sembra rigettata) sosteneva l assidua presenza della sola flotta di Scoglitti in un area prospiciente il porto di Sciacca. Anche i SIA presentati da ENI per le istanze d28 e d33 G.R-.AG ignorano l esistenza della pesca a strascico e sostengono che i tramagli catturano i piccoli pelagici. Notevole anche il disinteresse di ENI per la pesca a strascico 15 nell istanza 11 Engås, A., Løkkeborg, S., Ona, E. and Soldal, A.V. (1996). Effects of seismic shooting on local abundance and catch rates of cod (Gadus Morhua) and haddock (Melanogrammus aeglefinus). Can. J. Fish. Aquat. Sc. 53(10): Dalen, J., Knutsen, G.M., Scaring effects in fish and harmful effects on eggs, larvae and fry by offshore seismic explorations. In: Merklinger, H.M. (Ed.), Progress in Underwater Acoustics. Plenum Publishing Corporation, New York, pp Richardson, Greene, Malme, Thomson (1995). Marine Mammals and Noise. Academic Press, 576p. Si veda anche al riferimento alla nota n Che sia tratti di pesca a strascico è una nostra deduzione: il SIA parla solo di attività di pesca di cui non pare in grado di comprendere le caratteristiche. 10

11 G.R.14.AG relativa alla trivellazione del pozzo esplorativo VELA1: si afferma candidamente che nell area sono stimate annualmente tra e battute di pesca ma non c è nessuna valutazione seria degli effetti delle attività di prospezione e coltivazione di idrocarburi su queste operazioni. Non è dunque un caso che, ad esempio, nei SIA presentati da ENI per le istanze d28 G.R-.AG e d33 G.R-.AG, il Capitolo 5 sulla Stima degli impatti (al punto 5.5.6), in un testo assai snello di 20 righe scarse che tratta di tutti gli impatti socio-economici dedichi alla pesca meno di 3 righe. 7. Le proposte di Greenpeace Nel corso della campagna U mani nun si spirtusa, Greenpeace (con la fattiva collaborazione di comitati locali e associazioni, in particolare del settore della Pesca) ha lanciato un appello (Allegato) al Ministro dell Ambiente per avviare un percorso serio di tutela del Canale di Sicilia. L appello è stato firmato da una cinquantina di sindaci siciliani, dalla Regione Siciliana e da altri Amministratori Locali, da esponenti politici, inclusi membri del Parlamento, da Associazioni (di imprenditori, ecc), da personalità della cultura e da oltre cittadini. L appello chiede, in breve di attivare immediatamente due percorsi distinti: - la realizzazione immediata di Siti di Interesse Comunitario (SIC) ai sensi della direttiva Habitat 92/43/CEE, per tutelare aree marine di rilevante pregio ambientale, che sono presenti nelle acque territoriali nel Canale di Sicilia, entro il limite delle 12 miglia nautiche (acque territoriali) e, - l attivazione di un processo che consenta la rapida istituzione anche nel Canale di Sicilia di una Zona di Protezione Ecologica (ZPE), già istituita nel Mar Ligure e nel Mar Tirreno, per applicare a quest importante area marina le norme dell ordinamento italiano e comunitario, in materia di protezione ambientale. Greenpeace ha inoltre presentato al pubblico e, in particolare, agli organi istituzionali (Presidenza, Assessorato Ambiente, Commissione Ambiente dell ARS) della Regione Siciliana una proposta di Piano Blu 16 per un governo della risorsa mare che garantisca allo Stretto di Sicilia un futuro migliore della prospettiva della corsa all oro nero. Greenpeace ritiene tuttavia che la tutela delle risorse dello Stretto di Sicilia non sia una responsabilità limitata alle sole istituzioni preposte alla difesa dell Ambiente. E ovvio che le risorse ittiche, ad esempio, sono in serio pericolo. Le prospezioni minacciano aree delicate per i cicli vitali di importanti stock ittici quali il nasello, l acciuga, il gambero bianco e altre. E quindi urgente adottare provvedimenti come la creazione di Zone di Tutela Biologica (ZTB) per proteggere tali aree. Ad esempio, la mega concessione di quasi kmq che accorpa le istanze d347c.r-n.p, d29 G.R-N.P e d 30 G.R-N.P dista meno di 5 km dalla ZTB A istituita nel D.A. della Regione Sicilia n 103 del 21 aprile 2006 all Articolo 5 (assieme a un altra area, la c.d. ZTB B, più a est) per la tutela delle nursery di nasello. La stessa concessione include una delle nursery del gambero bianco (area al largo di Capo Rossello) oltre ad insistere nella citata area di alimentazione e nutrizione delle acciughe. Greenpeace ritiene che la minaccia delle prospezioni petrolifere deve trasformarsi in un opportunità di tutela e gestione razionale, per proteggere non solo le risorse naturali e l ambiente ma anche le comunità costiere siciliane, la loro economia e il loro patrimonio di cultura del mare

12 Allegato APPELLO PER FERMARE LE PERFORAZIONI IN MARE E CHIEDERE UN EFFICACE PROTEZIONE DELL AMBIENTE MARINO NEL CANALE DI SICILIA Noi, Siciliani, Amministratori, Responsabili di associazioni e di organizzazioni professionali della Sicilia e cittadini del mare, coscienti delle minacce che gravano sull ecosistema marino e sulle economie che da esso dipendono, firmiamo questo appello a testimonianza del Nostro impegno contro le perforazioni in mare e per chiedere, assieme a Greenpeace, al Ministro dell Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare di proteggere in modo efficace il Canale di Sicilia e gli ecosistemi marini di tutte le nostre coste. Considerando : Il grave rischio per l ecosistema marino e per le economie che da esso dipendono rappresentato dalla ricerca e dallo sfruttamento di idrocarburi in mare; l assenza di misure efficaci che permettano di proteggere coste e ecosistemi chiave del Canale di Sicilia, come i banchi d alto mare, e di tutelare quindi dalle minacce delle perforazioni off-shore risorse che sono strategiche per le comunità locali; l impatto che l utilizzo e il trasporto di petrolio stanno già avendo sul nostro mare, ci appelliamo al Ministro dell Ambiente e della Tutela del Territorio affinché si impegni ad agire in maniera rapida, coraggiosa e incisiva per: 1. il blocco immediato di ogni processo di autorizzazione per progetti di ricerca e perforazione off-shore, che mettono a serio rischio la biodiversità e le attività economiche del Canale di Sicilia; 2. la definizione di Siti di Interesse Comunitario (SIC) ai sensi della direttiva Habitat 92/43/CEE, per tutelare aree marine di rilevante pregio ambientale, che sono presenti nelle acque territoriali nel Canale di Sicilia, in un processo concordato e partecipativo con le comunità locali; 3. la rapida istituzione anche nel Canale di Sicilia di una Zona di Protezione Ecologica (ZPE), già istituita nel Mar Ligure e nel Mar Tirreno, che permetta di applicare a quest importante area marina le norme dell ordinamento italiano, e del Diritto dell Unione Europea, in materia di protezione degli ecosistemi marini, comprese quelle relative ai SIC; 4. lo sviluppo una volta definita la ZPE nel Canale di Sicilia di misure di prevenzione, monitoraggio, controllo e repressione dell inquinamento marino in generale e in particolare di quello che deriva dal trasporto di idrocarburi. 12

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