FALLIMENTO DI S.R.L. E AZIONE DI RESPONSABILITA EX ART C.C. - Trib. Salerno, Sez. I, commento e testo-fabrizio DE FABRITIIS
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1 FALLIMENTO DI S.R.L. E AZIONE DI RESPONSABILITA EX ART C.C. - Trib. Salerno, Sez. I, commento e testo-fabrizio DE FABRITIIS P&D.IT L azione di responsabilità di cui all art c.c. esercitata dal curatore fallimentare può essere esercitata anche oltre il termine prescrizionale quinquennale se le condotte oggetto di accertamento giudiziale, come quelle di bancarotta rilevate nel caso analizzato dal tribunale di Salerno, integrano reati per cui è previsto un termine prescrizionale più lungo (art comma 3 c.c.). La sentenza, inoltre, offre lo spunto per una riflessione, in tema di s.r.l., sulla disciplina dell azione di responsabilità ex art c.c. e sulla legittimazione del curatore fallimentare ad esercitare tale azione in nome del ceto creditorio ai sensi dell art. 146 L.F. Il caso di specie prende le mosse dal fallimento di una s.r.l. e dalla successiva azione di responsabilità promossa ai sensi dell art c.c. da parte del curatore fallimentare nei confronti dell amministratore e, poi, liquidatore della s.r.l. La curatela chiede al collegio di affermare la responsabilità dell amministratore e di condannarlo al risarcimento del danno. L amministratore si costituisce eccependo la prescrizione dell azione di responsabilità e, nel merito, contestando i comportamenti illeciti descritti nell atto di citazione. Il convenuto, inoltre, afferma che la curatela aveva l obbligo di provare specificamente il quantum richiesto. Il collegio salernitano, prima di respingere l eccezione sollevata dal convenuto e condannarlo al risarcimento del danno, premette alcune interessanti considerazioni di carattere generale circa la responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali e il momento dal quale inizia a decorrere il relativo termine di prescrizione. Per quanto attiene al primo dei due punti sopra menzionata il Tribunale ricorda come la responsabilità degli amministratori deriva dal duplice presupposto a) dell inosservanza degli obblighi inerenti la conservazione del patrimonio e b) della conseguente inadeguatezza del patrimonio sociale a far fronte alla soddisfazione del ceto creditorio. Quindi è necessaria sia l insufficienza del patrimonio sociale a coprire le obbligazioni contratte che la riferibilità di tale situazione economica alla gestione degli amministratori. Quest ultimi, infatti, possono essere ritenuti causalmente responsabilità sia per aver posto violato specifiche disposizioni di legge mirate alla conservazione del patrimonio sociale (es. artt. 2446, 2447, 2486 comma 1, c.c.) sia per la violazione dell art c.c. che impone agli amministratori di utilizzare la diligenza richiesta dalla natura dell incarico e dalle loro specifiche competenze nell esecuzione del loro incarico e quindi, in definitiva, nella gestione della società. Dopo aver posto queste premesse il collegio afferma, nel solco della giurisprudenza prevalente, la natura aquiliana della responsabilità con tutte le conseguenze che ne seguono in tema di onere probatorio a carico della curatela fallimentare promotrice dell azione nel caso di specie.
2 Il punto nodale della sentenza in esame riguarda però il momento da cui inizia a decorrere la prescrizione quinquennale (art c.c.) dell azione ex art c.c. L amministratore convenuto sostiene che gli atti di mala gestio contestategli dal fallimento sono stati compiuti nell anno 2000 e, quindi, oltre un quinquennio prima dell atto di citazione notificato in data 24 luglio Di diverso avviso è tuttavia l organo giudicante che non concorda con la tesi difensiva esposta dal convenuto per i diversi motivi. In primo luogo il collegio ritiene erronea l individuazione effettuata dall ex amministratore del momento da cui far iniziare a decorre il termine prescrizionale. Infatti, come affermato ripetutamente dalla Suprema Corte di Cassazione 1, il suddetto termine inizia a decorrere non da quando il patrimonio sociale è diventato insufficiente a soddisfare i creditori, ma da quando questa incapienza patrimoniale è divenuta oggettivamente conoscibile da parte dei creditori. Quindi, in teoria, vista la non coincidenza tra insufficienza patrimoniale ed insolvenza, tale situazione patrimoniale può esteriorizzarsi in diversi momenti della vita sociale anche prima del fallimento. Da ciò ne consegue che è possibile dimostrare la conoscenza da parte dei creditori della situazione patrimoniale sociale anche prima della dichiarazione di fallimento. Tuttavia, come sottolinea il tribunale, l onere di tale prova ricade sull amministratore o sul sindaco che la eccepisce. Nel caso di specie, nonostante l eccezione sollevata in comparsa di costituzione, il convenuto non ha offerto prova che tale situazione fosse nota al ceto creditorio già nel Anzi il collegio, concordando con quanto allegato dalla curatela, ha ritenuto che il primo documento dal quale si poteva oggettivamente rilevare il dissesto economico della società fosse il bilancio del 2003 (peraltro l unico bilancio ufficiale mai redatto e depositato). Alla luce di tali evidenze probatorie l eccezione di prescrizione sollevata dal convenuto risulta priva di fondamento in quanto l azione ex art c.c. è stata proposta entro il quinquennio da quando i creditori hanno avuto contezza dell insufficienza patrimoniale. Inoltre la corte sottolinea che, nel caso di specie, il termine prescrizionale non potrebbe comunque considerarsi spirato anche nel caso fosse stata provata la tesi sostenuta dal convenuto posto che i fatti allegati in giudizio integrano le ipotesi di reato di cui agli artt. 216, 219 e 223 del R.D. 16 marzo 1942, n.267 e sono quindi sottoposti a prescrizione quindicennale. Infatti ai sensi dell art comma 3, c.c. se il fatto e considerato dalla legge come reato e per il reato e stabilita una prescrizione più lunga questa si applica all azione civile. Per supportare questa conclusione il collegio da atto di come nel corso del 2007 fosse stata emessa sentenza ai sensi dell art. 444 c.p.p. nei confronti del convenuto avente oggetto le stesse 1 Cfr. Cass. n. 9619/2009, Cass. n /2008, Cass. n /2008, Cass. n. 941/2005, Cass. n /2004, Cass. n /2002.
3 condotte distrattive oggetto dell azione di responsabilità promossa dal curatore. Il tribunale, pur ricordando che tale tipologia di sentenza non possiede i caratteri della sentenza di condanna, evidenzia come nondimeno, secondo giurisprudenza costante della Suprema Corte di Cassazione, essa possa costituire argomento di prova valutabile ai sensi dell art. 116 c.p.c. Superata tale eccezionale processuale il collegio giudicante entra nel merito della vicenda, ricostruendo ed analizzando le diverse condotte contrarie ai doveri di diligenza e conservazione del patrimonio tenute da parte del convenuto. Dalla ricostruzione fattuale emerge chiaramente la sussistenza del nesso causale tra le condotte dell ex amministratore e il dissesto patrimoniale, pertanto la corte condanna quest ultimo a risarcire, in via equitativa stante l impossibilità di ricostruire la contabilità attraverso la lettura delle scarne e lacunose scritture contabili, il danno provocato alla società. La motivazione e le conclusioni della sentenza del tribunale di Salerno sono logiche, lineari e sicuramente da condividere. Va rilevato peraltro che un tema molto interessante, e tutt ora oggetto di discussione, che non viene trattato in sentenza data la cronologia dei fatti oggetto del contendere, è l attribuzione in capo al curatore fallimentare di una società a responsabilità limitata della legittimazione ad esercitare, in nome del ceto creditorio, l azione ex art c.c. La condotta dell amministratore e poi liquidatore della società fallita rientrando, come sopra ricordato, nella disciplina pre-riforma del 2003 (entrata in vigore il ) ove era espressamente previsto tramite richiamo del vecchio art c.c agli articoli c.c. l azione dei creditori sociali non ha posto alcun problema interpretativo al collegio salernitano. Ben diverso sarebbe stato se le condotte fossero state attuate dopo il Come è ben noto il legislatore nella stesura del nuovo articolo 2476 c.c. ha omesso qualsiasi richiamo all art c.c. La giurisprudenza maggioritaria ormai ritiene che il silenzio del legislatore sul punto non sia indice della sua volontà di privare i creditori sociali di tale strumento di tutela ma sia piuttosto interpretabile come una svista nel coordinamento della riforma in tema di s.r.l. L analisi dei motivi a sostegno di questa interpretazione sono stati ampiamente dibattuti sia dalla giurisprudenza che dalla dottrina, per cui riteniamo più interessante concentrare la nostra attenzione sulla legittimazione del curatore fallimentare di s.r.l. ad esercitare detta azione. Infatti il riformato testo dell art. 146 L.F. non effettua più l espresso riferimento agli articoli c.c. Il nuovo testo, adattato alla suddetta riforma societaria, prevede che Sono esercitate dal curatore, previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori: a) le azioni di responsabilità contro gli amministratori, i componenti degli organi di controllo, i direttori generali e i liquidatori; b) l'azione di responsabilità contro i soci della società a responsabilità limitata, nei casi previsti dall'art. 2476, comma 7, c.c.. Come si evince chiaramente dal testo parrebbe essere scomparsa la responsabilità degli organi di gestione nei confronti dei creditori sociali non essendo più specificamente richiamata. In realtà, parte della giurisprudenza 2 ritiene 2 Cfr. Trib. Milano, Sez. VIII,
4 che l ampiezza della dicitura di cui al punto a) le azioni di responsabilità (al plurale) non possa che ricomprendere tutte le azioni di responsabilità esperibili durante la vita della società. L interpretazione estensiva giurisprudenziale poc anzi menzionata in tema di azione ex art c.c. dei creditori sociali di s.r.l. e il testo del riformato art. 146 L.F. che ricomprende tutte le azioni di responsabilità autorizzano, di conseguenza, a ritenere sussistente in capo al curatore fallimentare la legittimazione ad esercitare l azione dei creditori sociali nei confronti degli organi gestori e di controllo. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SALERNO. Prima Sezione Civile Il Tribunale di Salerno - Prima Sezione Civile - riunito in camera di consiglio nelle persone dei magistrati. Dott. ssa Giulia Carleo - Presidente Dott.ssa Antonella Di Stasi - Giudice Rel. Dott. Giuseppe Fortunato - Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento civile di 1grado, iscritto a ruolo il , al n RG. anno 2006, discusso all'udienza collegiale del TRA CURATELA DEL FALLIMENTO A & B SRL, in liquidazione, in persona del Curatore avv. Amelia Fiore, rappresentata e difesa in forza di provvedimento autorizzativo del GD dr. Jachia, dall'avv. Gustavo de Dominicis, presso il cui studio elettivamente domicilia in Salerno alla via Velia. n. 34. ATTRICE E B.A., rappresento e difeso dall'avv arturo Vassallo,presso il cui studio elettivamente domicilia in Montecorvino rovella al viale della Repubblica n.25 in virtu di mandato apposto a margine dell comparsa di costituzione CONVENUTO Avente ad oggetto RESPONSABILITA AMMINISTRATORE DI SOCIETA e discussa all'udienza collegiale del , sulle CONCLUSIONI di cui all'istanza di fissazione di udienza ed alla memoria ex articolo 10 D.Lgs. n. 5 del 2003,que da intendersi richiamate e trascritte Svolgimento del processo - Motivi della decisione Con atto di citazione notificato in date la Curatela del Fallimento A&B Sri conveniva in giudizio B.A. per sentirne affermare la responsabilita nella qualita di amministore e successivamente di liquidatore della fallita società ex articolo 2394 c.c. per aver omesso di assumere i provvedimenti resi necessari dall'azzeramento del capitale sociale e per aver continuato l'attività nonostante l'irreversibile crisi della società e per sentirlo condannare al risarcimento dei danni.
5 Il convenuto, contestava la domanda eccependo la prescrizione dell' azione di responsabilità, contestando nel merito i comportamenti illegittimi allegati in citazione e allegando che parte attrice aveva l'onere di provare specificamente il quantum del risarcimento richiesto; concludeva, quindi, per il rigetto della domanda. La fase istruttoria si realizzava a mezzo delle produzioni documentali delle parti e con disposizione ed espletamento di consulenza tecnica d'ufficio ad opera della dott. ssa G.N.. Vanno premesse alcune considerazioni di carattere generale. La responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali è sottoposta al duplice presupposto dell'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale ed alla conseguente insufficienza del patrimonio sociale alla soddisfazione delle ragioni dei creditori. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, l'insufficienza del patrimonio sociale si identifica con quella situazione patrimoniale nella quale le passività eccedono sulle attività e che rappresenta un'incapacità più grave e definitiva di quella insita nello stato di insolvenza (Cfr Cass. 09/9619, Cass. 08/20476, Cass. 79/4415). Il pregiudizio patrimoniale subito dai creditori deve essere riferibile cansalmente alla violazione da parte degli amministratori di determinati canoni di condotta imposti a salvaguardia del patrimonio della società (Cfr Cass 00/15487). Tale evenienza si verifica non soltanto in caso di inosservanza di obblighi specifici direttamente o indirettamente finalizzati alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale (ad es. prescrizioni di cui agli artt e 2447 c.c., obbligo ex articolo 2486 comma 1 c.c., limitazioni di cui all'articolo 2357 e ss c.c.), ma anche in caso di violazione del dovere, previsto dall'articolo 2392 comma 1 c.c., di gestire con diligenza l'impresa sociale, in considerazione del fatto che ogni atto di disposizione del patrimonio sociale é suscettibile di essere valutato sotto l'aspetto del pregiudizio al patrimonio della società (Cfr Cass. 09/18231: Nell'azione di responsabilità promossa dalla curatela fallimentare della società fallita nei confronti degli ex amministratori ed ex sindaci la "mala gestio" va valutata secondo il criterio della diligenza dovuta dal mandatario, anche indipendentemente dalla violazione di specifiche disposizioni di legge o di singole clausole statutarie). Secondo la giurisprudenza prevalente l'azione di responsabilità esperibile dai creditori ha natura aquiliana e si configura, quindi, come responsabilità da fatto illecito di cui all'articolo 2043 c.c. (Cfr Cass. 07/13765, Cass. 98/10488). Quanto al riparto dell'onere probatorio, in tema di azione di responsabilità promossa dal curatore fallimentare contro gli ex amministratori e sindaci della società fallita compete a chi agisce dare la prova dell'esistenza del danno, e del fatto che esso sia stato causato dal comportamento illecito di un determinato soggetto, potendosi configurare un'inversione dell'onere della prova solo quando l'assoluta mancanza ovvero l'irregolare tenuta delle scritture contabili rendano impossibile al curatore fornire la prova del predetto nesso di causalità; in questo caso, infatti, la citata condotta, integrando la violazione,
6 di specifici obblighi di legge in capo agli amministratori, è di per sé idonea a tradursi in un pregiudizio per il patrimonio (Cfr Cass. Cassazione civile, sez. I, 04/04/2011, n. 7606). L'azione dei creditori sociali si prescrive in cinque anni a norma dell'articolo 2947 c.c. Qualora sia stata promossa razione penale per bancarotta nei confronti degli amministratori di una società soggetta a procedura concorsuale e sia stata esperita azione di responsabilità contro tali organi, ai sensi degli art e 2394 c.c. per gli stessi fatti, il termine di prescrizione più lungo, previsto per l'azione di danno derivante da reato opera anche agli effetti delle azioni di responsabilità ai sensi dei citati art e 2394 c.c.. Il termine di prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui il patrimonio sociale è risultato insufficiente al soddisfacimento dei creditori, e cioè dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, secondo la regola generale di cui all'articolo 2935 c.c. Secondo la pacifica e condivisibile giurisprudenza della Suprema Corte, la decorrenza della prescrizione coincide con il momento in cui la situazione di insufficienza patrimoniale è divenuta oggettivamente conoscibile da parte dei creditori (Cfr Cass. 09/9619, Cass. 08/20476, Cass. 08/21131, Cass. 05/941, Cass. 04/20637, Cass. 02/98115, Cass. 00/15497, Cass. 98/5287). Inoltre poiché l'insufficienza patrimoniale non coincide con l'insolvenza, la sua esteriorizzazione può avvenire (a) prima della dichiarazione di fallimento, ad esempio attraverso il deposito di un bilancio (cfr Cass.09/8516, Cass. 08/20476), la chiusura della sede e l'assenza di cespiti suscettibili di espropriazione forzata (Cfr Cass. 09/8516), la presentazione della proposta di concordato preventivo (Cfr Cass. 02/9815) o il tentativo di composizione delle pendenze mediante un concordato stragiudiziale (Cfr Cass. 98/5287), (b) nel contesto della dichiarazione di fallimento, ove la sentenza rilevi lo sbilanciamento patrimoniale negativo, (c) durante la procedura fallimentare qualora lo sbilancio emerga a seguito della valutazione dell'attivo e durante le operazioni di liquidazione. L'onere della prova in merito alla circostanza che l'insufficienza del patrimonio si è manifestata ed è divenuta conoscibile prima della dichiarazione di fallimento grava sull'amministratore o sul sindaco che eccepisca la prescrizione (Cfr Cass. 10/17121, Cass. 05/941, Cass. 04/20637). Tanto premesso in termini generali, nella specie l'azione è stata tempestivamente proposta. Risulta, infatti, infondata l'azione di prescrizione sollevata dal convenuto. Il fallimento della A&B veniva dichiarato con sentenza n. 4 del dal Tribunale di Salerno. Il convenuto ha dedotto che i presunti atti di "mala gestio" allegati dalla Curatela sarebbe stati compiuti nell'anno 2000 con l'esercizio 2000 e, quindi, oltre un quinquennio prima dell'esercizio della presente azione introdotta con atto di citazione notificato in data La situazione di insufficienza patrimoniale, però, si rendeva oggettivamente conoscibile solo con la pubblicazione del bilancio di esercizio chiuso al (cfr artt 2478 bis c.c. e 2435 c.c.) che, come
7 rilevato dal ctu, è l'unico bilancio ufficiale, completo anche di ricevuta rilasciata dalla C.C.I.A.A. di Salerno attestante 1 'avvenuto deposito presso la stessa. Va richiamata la giurisprudenza di legittimità citata (Cass. 09/9619, Cass. 08/20476 e che afferma che "non possono sussistere dubbi circa l'idoneità di un bilancio di esercizio, che segnali una situazione patrimoniale in negativo, a costituire il modo con cui lo stato di incapienza diventi manifesto. E' noto che il bilancio ha natura pubblica e, a seguito del deposito, consente ai terzi di conoscere la consistenza patrimoniale della società. Altrettanto indubbia è la sua opponibilità erga omnes e la capacità di operatori, anche non particolarmente qualificati, di leggerlo adeguatamente (o comunque di evincerne uno sbilancio del patrimonio netto)". Rispetto al deposito del bilancio di esercizio chiuso al , l'azione proposta è certamente tempestiva in quanto intervenuta nel quinquennio successivo ex articolo 2947 comma 1 c.c.. Peraltro, nella specie, trova applicazione il termine prescrizionale più lungo di cui all'articolo 2947 comma secondo, in quanto i fatti allegati in giudizio integrano le ipotesi di reato di cui agli artt. 216, 219 e 223 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, termine di durata quindicennale. L'eccezione di prescrizione, pertanto, va rigetatta. L'azione nel merito è fondata. La documentazione prodotta e le risultanze della ctu, del tutto condivisibili in quanto correttamente ed esaurientemente motivate, evidenziano una costante erosione del patrimonio netto della società A & B srl (avente quale oggetto sociale la produzione e lavorazione di materassi, cuscini, coperte, trapunte, tesarti, poltrone, divani, imbottiti per abbigliamento e arredamenti, molle, materassi, reti e strutture molleggianti) a partire dall'esercizio I dati di bilancio evidenziano una situazione di costante "deficit" per la società a partire, infatti, dall'esercizio 2000, anno nel quale si è verificata la perdita più consistente che ha determinato una riduzione contabile del patrimonio netto che scende al di sotto di oltre 1/3 del capitale sociale, fino ad arrivare a fine 2004 ad una perdita complessiva pari ad Euro ,00. Tale dato oggettivo evidenzia l' insufficienza del patrimonio sociale che si identifica, come detto, con quella situazione patrimoniale nella quale le passività eccedono sulle àttività rappresentando un'incapacità più grave e definitiva di quella insita nello stato di insolvenza e che costituisce uno dei presupposti per l'accertamento della responsabilità ex articolo 2394 c.c. Sussiste altresì il presupposto della condotta illegittima di B.A. che dal al era amministratore in carica della A&B srl e dal al ricopriva la carica di liquidatore. Va, innanzitutto, tenuto nel debito conto la sentenza ex articolo 444 c.p.c. emessa in data nei confronti di B.A. in ordine all'imputazione di bancarotta per distrazione aggravata.
8 Tale sentenza non possiede i caratteri della sentenza di condanna, in quanto non presuppone né l'accertamento della sussistenza del fatto reato né la sua riferibilità ad un determinato soggetto, ma. si fonda sulla ricognizione dell'accordo intervenuto tra le parti sul merito del processo e sulla pena da applicare (Cfr. Cass. S.U e Cass. S.U , Cass. S.U ). Nondimeno, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, essa può costituire un argomento di prova valutabile ai sensi dell'articolo 116 c.p.c. e desumibile dal fatto storico della pronuncia della sentenza ex articolo 444 c.p.p. e del suo presupposto, ossia dell'accordo intervenuto tra le parti per l'applicazione della pena da loro richiesta (Cfr. Cass n. 9358; Cass n. 3626; Cass n. 6863; Cass n. 6218; Cass n. 5784; Cass n. 9976). In particolare, secondo la Suprema Corte (cfr Cassazione civile, sez. lav., 09/03/2009, n. 5637) la sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., costituisce indiscutibile elemento di prova per il giudice di merito il quale, ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l'imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilità, ed il giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione, cosicchè detto riconoscimento, pur non essendo oggetto di statuizione assistita dall'efficacia del giudicato, ben può essere utilizzato come prova nei giudizi civili (cfr anche Cass., n. 4193/2003 e Cass. n /2007). Tale sentenza ha ad oggetto proprio le condotte distrattive poste a fondamento del presente giudizio di responsabilità civile. Le condotte distrattive, inoltre, trovano riscontro nelle relazioni redatte in data e dal dott. W.I. nominato ctu dal Giudice Delegato nella procedura fallimentare e nelle risultanze della ctu espletata nel presente giudizio ad opera della dott.ssa G.N.. Le condotte del B. tenute in violazione degli obblighi di conservazione del capitale sociale e di gestire con diligenza l'impresa sociale vanno determinale come segue. Innanzitutto, va rilevato che, nonostante la situazione di "deficit" della società a partire dall'anno 2000 e con costante evoluzione in negativo, l'amministratore convenuto non adottava alcun provvedimento atto a ripianare la situazione. Va evidenziato anche che, pur avendo l'assemblea dei soci del fatto espresso richiamo al dettato dell'articolo 2447 del codice civile al fine di fronteggiare le perdite accumulate, non si ha traccia di interventi indirizzati al risanamento del patrimonio aziendale con evidente violazione dei doveri imposti agli amministratori dal disposto dell'articolo 2447 c.c. in tema di perdite del capitale sociale al di sotto del limite legale. Inoltre, il convenuto poneva in essere le seguenti condotte contrarie ai doveri di diligenza e conservazione del patrimonio sociale proprio in coincidenza temporale con la perdita di esercizio più consistente verificatasi nell'esercizio 2000: a) dall'analisi dei dati contabili evincibili dal libro giornale della società fallita, emerge che veniva annotato in contabilità al merci in giacenza per complessive L mentre al termine
9 dell'esercizio tale importo veniva completamente azzerato e, quindi, la commercializzazione da parte dell'amministratore di tali merci ad un valore irrisorio o senza fatturazione, con evidente volontà di distrarre il capitale sociale; b) dall'analisi dei dati contabili evincibili dal libro giornale della società fallita, emerge che in data veniva annotato "sopravvenienze passive straordinarie a Cassa L ; tale annotazione risulta priva di motivazione gestionale ed evidenzia una volontà distrattiva finalizzata alla sottrazione dalla disponibilità della società della predetta somma a fronte di consistenti debiti verso gli istituti di credito e verso i fornitori il cui totale ammontava a complessive L ; c) in data la A&B srl, a mezzo del legale rappresentante B.A., stipulava scrittura privata di affitto di azienda con la GIB srl per la durata di anni sei a decorrere dal 1 marzo 2000 e con un canone annuo complessivo di L oltre Iva da pagarsi in rate semestrali anticipate il 1 settembre ed il 1 marzo di ogni anno; con l'affitto si trasferivano anche i macchinari, arredamento, attrezzi di ogni genere, mobili e quant'altro esistente nei locali dell'azienda, ivi compreso il marchio e l'insegna ed il benefìcio di utilizzazione della facoltà di acquistare beni e servizi per cessione all'esportazione, nonché genericamente le rimanenze di materie prime e prodotti finiti in giacenza al ; d)il canone di affitto veniva percepito solo con riferimento alla prima animalità, e quindi, l'amministratore non provvedeva con evidente negligenza gestionale alla riscossione dei canoni di locazione per un importo complessivo pari a L (Euro ,00); e) i rapporti commerciali intercorsi tra le due società evidenziano numerosi pagamenti effettuati per cassa con comistenti movimentazioni in denaro intercorse tra le due società (fatture di vendita n e 48 del 2000, fatture n. 1 e 2 del 20019), che non trovano riscontro nelle relative fatturazioni e che comprovano la volontà di distrarre liquidità dalla società A&B a favore della GIB srl a scapito dei creditori sociali; f) alla luce della verifica del libro giornale, il rapporto tra le "rimanenze di magazzino" alla data del e quelle trasferite con le vendite alla GIB srl evidenzia l'esistenza di merci in magazzino non vendute alla GIB srl né rinvenute al momento dell 'inventario dell'ufficio fallimentare per un valore totale dì L e, quindi, la commercializzazione da parte dell'amministratore di tali merci ad un valore irrisorio o senza fatturazione, con evidente volontà di distrarre il capitale sociale; g) alla luce del confronto tra l'inventario dei "macchinari e beni mobili" ricompresi nell'affitto di azienda e relative fatture di vendita e quello svolto dall'ufficio fallimentare, emerge che nella vendita alla GIB rientravano solo i macchinari tipici per lo svolgimento dell'attività aziendale e non invece l'arredamento e l'attrezzatura di ufficio e che quanto rinvenuto in sede di inventario dall'ufficio fallimentare evidenzia il mancato rinvenimento di tutti i beni elencati dalla società fallita al momento dell'affitto di azienda, con evidente volontà di distrazione; h) le scritture contabili della società veniva tenute in maniera imparziale e lacunosa tanto da non consentire una esaustiva ricostruzione delle operazioni intraprese dàlia società fallita dalla data della sua
10 costituzione fino alla data di dichiarazione di fallimento (cfr par. 6.2 della relazione redatta dal ctu dott.ssa G.N.). Non può dubitarsi della sussistenza del nesso di causalità tra le condotte in oggetto ed il danno accertato, evincibile dalla contestualità fra le stesse e il consistente detrimento del capitale sociale e fronte di una imponente situazione debitoria. Il danno va quantificato in via equitativa, in mancanza di prova di un maggior pregiudizio, nella differenza tra l'attivo ed il passivo, dovendosi ritenere che la parte del capitale sociale perduto sia eziologicamente imputabile alle singole e specifiche condotte dell'amministratore, secondo le regole sul nesso di causalità materiale. Va fatto riferimento una valutazione equitativa del danno, a seguito della impossibilità, per la tenuta lacunosa ed imparziale delle scritture contabili, di ricostruire i dati contabili in modo analitico ed individuare e quantificare specificamente le conseguenze dannose dei singoli atti illegittimi (cfr. Cassazione civile, sez. I, 15 febbraio 2005, n. 3032; Cassazione civile, sez. I, 06/12/2000, n , Cass. 98/3483). Pertanto, il danno va quantificato in Euro ,00. Al pagamento di tale somma in favore della Curatèla va, quindi condannato il convenuto, quale amministratore e successivamente liquidatore della società fallita. Le spese processuali, liquidate quanto al compenso professionale per il difensore della parte vittoriosa ai sensi dell'articolo 2225 c.c. e tenuto conto dell'attività difensiva svolta, seguono la soccombenza e vanno poste a carico del convenuto unitamente a quelle di ctu, nella misura già liquidata. P.Q.M. il Tribunale di Salerno Prima Sezione Civile definitivamente pronunziando sulla domanda proposta dalla Curatela del Fallimento A&B srl in liquidazione, in persona del curatore avv. Amelia Fiore nei confronti di B.A. con atto di citazione notificato in data uditi i procuratori delle partì, ogni altra istanza, difesa, eccezione e deduzione respinta, cosi provvede: 1) condanna B.A. al pagamento in favore dalla Curatela del Fallimento A&B srl in liquidazione, in persona del curatore avv. Amelia Fiore, a titolo di risarcimento danni e per la causale di cui alla parte motiva, della somma di Euro ,00, oltre interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza al soddisfo ; 2) condanna B.A. al pagamento in favore dalla Curatela del Fallimento A&B srl in liquidazione, in persona del curatore avv. Amelia Fiore delle spese processuali che liquida in complessivi di Euro 5518,00 di cui Euro 1.118,00 per esborsi ed Euro 4400,00 per competenze, oltre Iva e Cassa, come per legge;
11 3) pone a definitivo carico di B.A. le spese di ctu nella misura già liquidata in atti, con conseguente condanna del predetto al rimborso in favore della parte attrice delle somme anticipate in via provvisoria al ctu.
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