PARERE N. 1 IL CONCORSO DI PERSONE NEL REATO PROPRIO

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1 Il Concorso di persone nel reato proprio 21 Ma l a i k a Bi a n c h i PARERE N. 1 IL CONCORSO DI PERSONE NEL REATO PROPRIO La traccia Tizia, segretaria neo-assunta presso un associazione di volontariato, ha il compito di portare una busta contenente 1000 euro alla scuola A, un istituto pubblico elementare, situato in una zona disagiata della capitale e conosciuto in quanto frequentato da bambini provenienti da famiglie che versano in serie difficoltà economiche, e di consegnarla a Caia. Il denaro raccolto, infatti, è destinato all acquisto di libri scolastici da donare agli allievi bisognosi. Quando Tizia e Caia si incontrano, si riconoscono subito come vecchie compagne di classe. Tizia si ricorda di aver letto sul giornale il nome di Caia, in quanto conosciuta nell ambiente per il fatto di prestare da molti anni servizio volontario come tuttofare presso la scuola A. Tizia non sa, invece, che nell ultimo anno Caia è assunta presso la scuola in qualità di insegnante, in quanto, trovandosi in serie difficoltà economiche, ha deciso di far uso del suo titolo di studio. Il denaro contenuto nella busta, infatti, è destinato, in particolare, ad aiutare i bambini della classe in cui Caia insegna. Le due iniziano a discorrere fra loro e dopo essersi confidate i reciproci problemi, soprattutto di carattere economico, decidono di impossessarsi del denaro contenuto nella busta, tenendosi ciascuna 500 euro. Il candidato, premessi brevi cenni sulla disciplina del concorso di persone nel reato proprio, rediga parere motivato circa gli eventuali profili di penale responsabilità a carico di Tizia e Caia. LE NORME DI RIFERIMENTO Art. 110 c.p. Art. 117 c.p. Art. 646 c.p. Art. 314 c.p.

2 22 parte prima / pareri DI DIRITTO penale BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE A. Mo r o, Sul fondamento della responsabilità giuridica dell estraneo che partecipi ai reati propri, in Giur. it., 1948, IV, 25; T. Pa d o v a n i, Le ipotesi speciali di concorso nel reato, Milano, 1973; A. Pa g l i a r o, Brevi note sul concorso dei privati nel delitto di peculato, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1964, 707. MASSIME GIURISPRUDENZIALI Cass., Sez. V, 24 giugno 1996, Battaglia. Quando l extraneus sia consapevole della qualità dell intraneus egli risponde, comunque, del reato proprio, anche se la sua condotta non costituirebbe di per sé reato; pertanto, i compartecipi, che non hanno la qualifica di pubblico ufficiale, rispondono di concorso nel delitto di falso ideologico a norma degli artt. 110 e 479 c.p. e, non essendo applicabile l art. 117 c.p., non hanno diritto alla riduzione di pena ivi prevista. Cass., Sez. V, 11 maggio 1983, Pagani. L ipotesi prevista dall art. 117 c.p. è solo quella in cui il fatto costituisce comunque reato per l estraneo, anche in mancanza della qualità rivestita dall autore principale. Quando, invece, l azione del concorrente non qualificato è di per sé lecita trova applicazione la norma generale sul concorso di cui all art. 110 c.p. Cass., Sez. I, 23 settembre 2008, L., n Ai fini dell applicabilità dell art. 117 c.p., che disciplina il mutamento del titolo del reato per taluno dei concorrenti, è necessario che il fatto commesso dall estraneo costituisca comunque reato anche in mancanza della qualifica rivestita dall autore principale. Ne consegue che, quando l azione del concorrente è di per sé lecita e la sua illiceità dipende dalla qualità personale di altro concorrente, trova applicazione la norma generale sul concorso di persone, di cui all art. 110 c.p. (Fattispecie relativa a falsità materiale in atto pubblico consistita nella sostituzione, in un verbale, degli estremi identificativi di una autovettura, operata da un ufficiale dei carabinieri in concorso con un privato cittadino). Cass., Sez. I, 15 ottobre 1971, Kalmetta. La diminuzione di pena, prevista dall art. 117 c.p. per colui, nei confronti del quale sia mutato il titolo del reato per le condizioni o le qualità personali di un concorrente, può trovare applicazione solo quando la qualità del concorrente, che fa mutare il titolo del reato, sia ignorata dal concorrente. Cass., Sez. V, 22 giugno 1978, n. 8135, Parisi. Il concorso dell estraneo nel reato proprio non costituisce una deroga al principio della unicità del reato accolto nell art. 110 c.p. Tale principio, infatti, non viene meno per la pluralità dei concorrenti, né per la diversa posizione e valutazione di

3 IL CONCORSO DI PERSONE NEL REATO PROPRIO 23 alcuni di essi ed è in armonia con la unicità ed indivisibilità eziologia delle singole condotte di fronte all evento, e cioè il principio di causalità. Invero, tutti coloro che concorrono nel reato ne sono autori, apparendo il reato stesso come il risultato unitario di una pluralità di azioni, posto a carico di ognuno di essi per l intero, come accade mutatis mutandis nel diritto civile per la responsabilità solidale. Pertanto il concorso dell estraneo nel reato proprio non può considerarsi mediato o accessorio rispetto a quello del soggetto qualificato, con la conseguenza che il venir meno del reato per quest ultimo, qualunque ne sia la ragione, e quindi anche per estinzione conseguente alla morte, non esclude la sussistenza del reato per il concorrente estraneo. Cass., Sez. I, 30 luglio 1981, n. 7624, Cementino. L estensione ai concorrenti del titolo di reato proprio, che riguardi soltanto taluno di essi, prescinde dalla maggior gravità di tale reato e trova fondamento nella necessità di evitare nel quadro della concezione unitaria del reato concorsuale che alcuni siano puniti per un reato ed altri per un diverso titolo unicamente perché abbiano interferito particolari qualità di un concorrente o particolari rapporti di costui con la persona offesa. Cass., Sez. III, 11 febbraio 1992, Fabbri. La qualità di pubblico ufficiale deve essere attribuita a tutti gli insegnanti di scuole statali, in quanto essi esercitano una funzione disciplinata da norme di diritto pubblico e caratterizzata dalla manifestazione della volontà della Pubblica Amministrazione e dal suo svolgersi attraverso atti autoritativi e certificativi. Cass., Sez. II, 17 dicembre 2003, n. 3924, C. In tema di appropriazione indebita, ai fini della ricorrenza della circostanza aggravante comune della prestazione d opera è sufficiente l esistenza di qualsiasi rapporto, anche di mero fatto, da cui sia derivato, in capo all agente, il possesso della cosa e che ne abbia consentito una più facile appropriazione, in virtù della particolare fiducia in lui riposta. Il parere Il concorso di persone nel reato proprio individua l ipotesi in cui un soggetto, privo della qualità personale (cd. extraneus), concorra nella commissione di un reato che è realizzabile soltanto da un soggetto che riveste una determinata qualifica (cd. intraneus). Questa particolare tipologia di concorso trova la sua disciplina sia nell art. 110 c.p., sia nell art. 117 c.p. Dottrina e giurisprudenza, infatti, ritengono che già sulla base dei principi generali di cui all art. 110 c.p., l extraneus possa concorrere in un reato proprio laddove la sua partecipazione sia dolosa, ossia laddove egli sia a conoscenza della qualificazione soggettiva dell intraneus, e ciò, sia nel caso in cui il comportamento dell estraneo, se posto in essere senza la compartecipazione dell intraneus, risulti penalmente irrilevante, sia nell ipotesi in cui esso integrerebbe, comunque, una

4 24 parte prima / pareri DI DIRITTO penale fattispecie di reato comune (Fiandaca-Musco). Sul punto, la suprema corte ha, infatti, affermato che: Quando l extraneus sia consapevole della qualità dell intraneus egli risponde, comunque, del reato proprio, anche se la sua condotta non costituirebbe di per sé reato; pertanto, i compartecipi, che non hanno la qualifica di pubblico ufficiale, rispondono di concorso nel delitto di falso ideologico a norma degli artt. 110 e 479 c.p. e, non essendo applicabile l art. 117 c.p., non hanno diritto alla riduzione di pena ivi prevista (Cass., Sez. V, 24 giugno 1996, Battaglia) Si applicherebbe, invece, l art. 117 c.p. solo nel caso in cui il comportamento posto in essere dall extraneus costituirebbe comunque reato, anche in mancanza della qualifica rivestita dal concorrente, e sempre che egli agisca ignorando la qualifica posseduta dall intraneus. La norma, in realtà, non dice esplicitamente che l extraneus è responsabile per il reato proprio seppur inconsapevole della qualifica dell intraneus, ma la dottrina deduce tale estensione punitiva anche dalla lettera dell art cod. nav., ai sensi del quale: Fuori dal caso regolato dall art. 117 c.p., quando per l esistenza di un reato previsto dal presente codice è richiesta una particolare qualità personale, coloro che sono concorsi nel reato ne rispondono se hanno avuto conoscenza della qualità personale inerente al colpevole. È evidente come dalla lettera della norma si evinca che l applicazione dell art. 117 c.p. non presuppone che l estraneo sia consapevole di concorrere alla commissione di un reato proprio. La dottrina critica fortemente questa norma e la considera un espressione di responsabilità oggettiva fondata sul versari in re illicita. Parte della dottrina, inoltre, ha affermato che, in ossequio al principio di colpevolezza, come riletto dalle sentenze 364/88 e 1085/88, l art. 117 c.p. debba essere interpretato in conformità alla Costituzione e debba pertanto essere inteso nel senso che l estraneo possa rispondere di concorso nel reato proprio solo qualora l ignoranza o l errore sulla qualifica soggettiva dell intraneus sia dovuta a colpa (Marinucci-Dolcini). L art. 117 c.p. prevede, poi, l applicabilità di una circostanza attenuante facoltativa nel caso in cui il reato proprio di cui rispondono i concorrenti estranei sia più grave di quello comune. Dottrina e giurisprudenza si sono interrogate circa l applicabilità di questa circostanza, ossia se essa sia a favore di tutti i soggetti non qualificati oppure solo di coloro che abbiano ignorato la qualifica soggettiva dell intraneus. La giurisprudenza maggioritaria propende per questa seconda opzione: La diminuzione di pena, prevista dall art. 117 c.p. per colui, nei confronti del quale sia mutato il titolo del reato per le condizioni o le qualità personali di un concorrente, può trovare applicazione solo quando la qualità del concorrente, che fa mutare il titolo del reato, sia ignorata dal concorrente (Cass., Sez. I, 15 ottobre 1971, Kalmetta). Questa premessa di carattere generale ci fornisce una base importante per prospettare una soluzione al caso di specie. Analizziamo dapprima separatamente i comportamenti posti in essere da Tizia e Caia. Tizia dispone del denaro affidatole dall associazione in ragione del servizio che vi svolge in qualità di segretaria. Essa, invece di consegnare il denaro contenuto nella busta al beneficiario, ossia alla scuola, se ne appropria, o meglio, si appropria della metà della somma totale.

5 IL CONCORSO DI PERSONE NEL REATO PROPRIO 25 Valutiamo, ora, se la condotta posta in essere da Tizia possa integrare gli estremi del reato di appropriazione indebita. L art. 646 c.p. incrimina la condotta di chi per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso. A quest ultimo requisito, ossia al presupposto possessorio, viene attribuito un significato più ampio rispetto a quello proprio del diritto civile: il soggetto deve, infatti, esercitare sulla cosa un potere che esula dalla diretta sfera di vigilanza di chi ha su di essa un potere giuridico maggiore; egli deve, in altri termini, poter esercitare sulla cosa un potere di autonoma signoria. La condotta incriminata, poi, deve consistere nell appropriazione, ossia nel comportarsi nei confronti della cosa come se ne avesse la proprietà: l agente che prima possedeva la cosa per un titolo diverso dalla proprietà, ora ne dispone uti dominus, come se ne fosse proprietario. Quanto all elemento soggettivo del reato, è richiesto il dolo specifico, ossia la coscienza e volontà di appropriarsi del denaro o della cosa mobile altrui, di cui si ha il possesso sulla base di un determinato titolo, al fine di procurare un ingiusto profitto a sé o ad altri. Ora, nella vicenda prospettata è evidente che Tizia avesse il possesso del denaro contenuto nella busta, nel senso attribuito dalla norma, in quanto la donna, sulla base del contratto di dipendenza stipulato con l associazione e del particolare ruolo fiduciario che rivestiva in qualità di segretaria, aveva sul denaro una signoria autonoma che esercitava al di fuori della diretta vigilanza del datore di lavoro. È, inoltre, indubbio che Tizia, trattenendo per sé parte del denaro contenuto nella busta, se ne sia appropriata, in quanto, invece di consegnarlo alla scuola cui era destinato per aiutare i bambini non abbienti, ne ha disposto uti dominus. Infine, appare chiaro che Tizia abbia agito con il dolo richiesto dal delitto di cui all art. 646 c.p., in quanto sapeva che il denaro contenuto nella busta era interamente destinato alla scuola cui doveva essere consegnato, e, nonostante ciò, ha voluto impossessarsene al fine di appianare parte delle proprie difficoltà economiche. Sulla base di tutte queste considerazioni si può concludere che il comportamento posto in essere da Tizia integri gli estremi sia oggettivi che soggettivi del delitto di appropriazione indebita. Analizziamo ora la condotta posta in essere da Caia. A quest ultima, insegnante presso la scuola A., è stata consegnata una busta contenente 1000 euro, donate da un associazione di volontariato alla scuola al fine di acquistare libri scolastici per i bambini non abbienti della classe in cui la donna insegna. Caia, invece di destinare la somma ricevuta allo scopo benefico per cui era stata raccolta dall associazione, trattiene per sé metà del valore totale del denaro consegnatole. Il comportamento posto in essere da Caia è strutturalmente identico a quello realizzato da Tizia: entrambe hanno, infatti, il possesso del denaro in ragione del servizio che prestano, l una presso l associazione e l altra presso la scuola, ed entrambe, invece di destinarlo all uso prestabilito, se ne appropriano. La differenza fra i due comportamenti è da ritrovarsi nella qualifica soggettiva di Caia: essa, infatti, svolgendo la professione di insegnante presso una scuola pubblica, riveste la qualifica di pubblico ufficiale (art. 357 c.p.), e ciò secondo una giurisprudenza ormai consolidata, secondo cui: La qualità di pubblico ufficiale deve essere attribuita a tutti gli insegnanti di scuole statali, in quanto essi

6 26 parte prima / pareri DI DIRITTO penale esercitano una funzione disciplinata da norme di diritto pubblico e caratterizzata dalla manifestazione della volontà della Pubblica Amministrazione e dal suo svolgersi attraverso atti autoritativi e certificativi (Cass., Sez. III, 11 febbraio 1992, Fabbri). Ora, il reato di appropriazione indebita se commesso da un pubblico ufficiale integra, sempre che sussistano gli altri requisiti, gli estremi del delitto di peculato, come disciplinato dall art. 314 c.p.. Quest ultima fattispecie delittuosa, infatti, configura un reato proprio in quanto non può essere commesso da chiunque ma solo da un soggetto che riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio. Inoltre, a differenza del delitto di appropriazione indebita, non si pone a tutela del patrimonio ma della pubblica amministrazione, o meglio, secondo la dottrina prevalente e la giurisprudenza maggioritaria: il reato di peculato ha natura plurioffensiva. Esso, infatti, tutela non solo la legalità, efficienza, probità ed imparzialità dell attività della pubblica amministrazione, ma altresì il patrimonio della stessa pubblica amministrazione o di terzi (Cass., Sez. VI, 10 giugno 1993, RV , Frolla). Come per il delitto di appropriazione indebita, la condotta consiste nell appropriarsi del denaro o di altra cosa mobile altrui, agendo nei confronti di essa uti dominus, alterando, così, l originaria destinazione del bene a finalità pubbliche. Tanto premesso, sembra evidente che il comportamento posto in essere da Caia integri gli estremi del delitto di peculato. Analizzate le condotte delle due donne singolarmente, occorre a questo punto valutarle in una prospettiva concorsuale, in quanto Tizia e Caia non hanno agito individualmente ma hanno realizzato in comune un medesimo reato, decidendo, insieme, di non far avere il contenuto della busta di cui avevano il possesso al legittimo destinatario, ma di spartirsi il denaro in essa contenuto. La condotta posta in essere dalle due donne integra, infatti, i quattro requisiti strutturali del concorso di persone nel reato: pluralità di agenti; realizzazione della fattispecie oggettiva di un reato; contributo di ciascun concorrente al reato comune; coscienza e volontà del fatto criminoso e volontà di concorrere con altri alla realizzazione della fattispecie di reato. A questo punto, per determinare la penale responsabilità di Tizia e Caia e le conseguenze sanzionatorie in cui possano incorrere, bisogna verificare quale fattispecie di reato abbiano concorso a realizzare le due donne, ossia se si tratti di un concorso in appropriazione indebita oppure di un concorso in peculato e, in quest ultima ipotesi, se si tratti di un concorso ai sensi dell art. 110 c.p. o dell art. 117 c.p. Ora, siamo in presenza di un concorso fra un soggetto non qualificato, Tizia, e un soggetto che possiede la qualifica di pubblico ufficiale, Caia, in una situazione in cui il comportamento posto in essere da quest ultima integra gli estremi di un reato proprio, ossia il peculato. Abbiamo appurato che la condotta realizzata da Tizia configura comunque un reato, ossia il delitto di appropriazione indebita, indipendentemente dall intervento di Caia. Abbiamo, inoltre, verificato che entrambe hanno agito dolosamente: Tizia con la coscienza e volontà di realizzare il reato comune di appropriazione indebita e Caia con la coscienza e volontà di commettere il delitto di peculato, consapevole della propria qualifica di pubblico

7 IL CONCORSO DI PERSONE NEL REATO PROPRIO 27 ufficiale. Abbiamo anche appurato che entrambe hanno agito con la coscienza e volontà di concorrere nella commissione del reato. Dal caso prospettato si evince, infine, che Tizia non fosse a conoscenza della qualifica soggettiva rivestita da Caia in quanto convinta che quest ultima svolgesse ancora servizio presso la scuola come volontaria e non come insegnante. Sulla base di queste considerazioni fattuali e dell inquadramento giuridico formulato in premessa, possiamo concludere che la vicenda prospettata integri, in tutti i suoi elementi, i presupposti di un concorso di persone nel reato proprio, ossia nel delitto di peculato, nell ipotesi disciplinata dall art. 117 c.p.. Riteniamo, pertanto, che Tizia e Caia potranno rispondere, in concorso, del delitto di cui all art. 314 c.p.. Per quanto riguarda l eventuale applicazione della diminuzione di pena prevista dall art. 117 c.p. a favore di Tizia, soggetto extraneus, bisognerà valutare, innanzitutto, quale dei due reati sia più grave in concreto, tenendo pertanto conto anche delle circostanze aggravanti comuni applicabili. Ora, a Tizia potrebbe essere contestata l aggravante dell aver commesso il fatto abusando della prestazione d opera, contemplata nell art. 61, n. 11), c.p. tra le circostanze aggravanti comuni ed espressamente richiamata dall art. 646, terzo comma, c.p. La donna, infatti, era in possesso del denaro in ragione del servizio svolto presso l associazione e della conseguente fiducia riposta in lei dal datore di lavoro, e, come dichiara la giurisprudenza: In tema di appropriazione indebita, ai fini della ricorrenza della circostanza aggravante comune della prestazione d opera è sufficiente l esistenza di qualsiasi rapporto, anche di mero fatto, da cui sia derivato, in capo all agente, il possesso della cosa e che ne abbia consentito una più facile appropriazione, in virtù della particolare fiducia in lui riposta (Cass., Sez. II, 17 dicembre 2003, C., n. 392). Ebbene, anche qualora venisse contestata a Tizia tale aggravante, il reato aggravato di appropriazione indebita risulterebbe comunque punito meno severamente del delitto di peculato, di cui la donna dovrà rispondere in ragione della qualifica rivestita dalla concorrente Caia. La corte potrà pertanto diminuire la pena a favore di Tizia, come previsto dall art. 117 c.p., tenendo conto del fatto che la donna, al momento della commissione del reato, non era a conoscenza della qualifica soggettiva di pubblico ufficiale rivestita da Caia, elemento che ha implicato la diversa qualificazione giuridica del fatto nel più grave reato di peculato.

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