Introduzione. Cesare Luporini
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- Carolina Coco
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1 Introduzione Negli scritti di Gramsci s incontrano molti temi che si possono dire filosofici nel senso che appartengono all ambito tradizionalmente riconosciuto della filosofia (gnoseologia, morale, logica ecc.). Ma l importanza filosofica di Gramsci non è connessa a questi temi particolari [...] Essa è piuttosto da ricercarsi nel livello in cui le diverse questioni s incontrano e tendono ad articolarsi, nell indirizzo e contenuto d insieme e nel metodo del suo pensiero. Cesare Luporini Come leggere i Quaderni del carcere? Come interpretare la ricerca filosofica in essi contenuta? È per tentare di dare una risposta a queste due domande che questo libro è stato scritto, nella convinzione che le esigenze alla base di entrambe siano non solo reali, ma anche non (o non del tutto) soddisfatte dal modo in cui solitamente lo studio dei Quaderni viene affrontato e, anche oggi, realizzato. Questo perché, se si vuole molto banalmente, ancora troppo spesso non si tiene nel debito conto la natura materiale di questa singolare opera che, al pari (in singolare sincronia) del Passagenwerk benjaminiano, o anche (si perdoni l anacronismo) dei manoscritti di Leonardo da Vinci, pone specifici problemi di lettura che vanno affrontati anzitutto al livello (che lo stesso Gramsci giudica vichianamente imprescindibile) della «filologia» come «espressione metodologica dell importanza dei fatti particolari intesi come individualità definite e precisate» [7,6; Q 856]. Con questo non si vuole sostenere che ogni interprete dei Quaderni del carcere debba farsi filologo, ma che ogni interpretazione che prescinda dalla consapevolezza non solo materiale, ma oserei dire sopratutto metodologica, dei risultati ai quali è faticosamente giunta negli anni la filologia gramsciana si condanna a rimanere più o meno alla superficie delle questioni, perché nello studio dei Quaderni tenderà fatalmente ad assumere come definitive tesi provvisorie, eventualmente contrapponendole in modo antinomico ad altre, altrettanto provvisorie e maturate in tempi differenti 1. È per questa ragione che la prima delle due domande formulate in apertura è rivolta ai Quaderni del carcere in quanto opera, alla loro pe- 1. Questa dimostrazione fu brillantemente condotta da Gianni Francioni in un saggio di critica di P. Anderson, Ambiguità di Gramsci, trad. it. Laterza, Roma-Bari Cfr. G. Francioni, Egemonia, società civile, Stato. Note per una lettura della teoria politica di Gramsci, in Id., L officina gramsciana. Ipotesi sulla struttura dei «Quaderni del carcere», Bibliopolis, Napoli 1984, pp
2 GRAMSCI E LA FILOSOFIA culiarità compositiva e formale 2, mentre la seconda ha il proprio oggetto nel modo in cui in essi viene affrontato e svolto il discorso filosofico. Non si tratta di stabilire priorità o propedeuticità, né di distinguere una prospettiva meramente formale da una contenutistica, ma di giungere a un discorso organico partendo ora da uno, ora dall altro versante, in un sistema di rimandi e implicazioni reciproche. A questa doppia prospettiva corrispondono le due parti in cui è diviso il lavoro, dedicate rispettivamente a illuminare la logica all opera nei Quaderni e le vicende che la dispiegano (e in parte progressivamente ridefiniscono) e il modo in cui essa si organizza in concreto nei diversi luoghi tematici dei Quaderni legati alla questione della filosofia. Mentre dunque nella Parte prima l accento batte sul modo in cui il pensiero si struttura nel suo stesso farsi temporale, nella Parte seconda lo sguardo tenta di mettere a fuoco il modo in cui, dallo svolgimento temporale, emergono un articolazione e una successione organizzata di temi secondo una concatenazione logica (e direi quasi sistematica) e non solo cronologica 3. Ho parlato sopra di questione della filosofia, e non semplicemente di marxismo o di filosofia della praxis, perché la filosofia della praxis che è la personalissima versione del marxismo che Gramsci elabora in carcere in discontinuità anche con il proprio stesso pensiero precedente 4 viene da lui pensata sempre secondo una prospettiva al contempo diretta e riflessa, nel senso che la filosofia della praxis, in quanto sia davvero ciò che pretende di essere una filosofia di nuovo tipo, va man mano delineata e articolata sempre, al contempo, come identità e come differenza: come un identità che si colloca per differenza in un contesto, quello della «filosofia intesa nel modo tradizionale», rispetto alla quale essa rappresenta la «morte» e il «capovolgimento» [1,132; Q 119], cioè una discontinuità radicale che lascia perciò stesso completamente aperta la questione di un nuovo, diverso modo di essere della filosofia (cioè anche della filosofia della praxis in quanto filosofia). Il problema della filosofia della praxis è pertanto, al contempo, 2. Su cui cfr. il bel saggio di R. Mordenti, «Quaderni del carcere» di A. Gramsci, in Letteratura italiana, Le opere, vol. IV/2, a cura di A. Asor Rosa, Einaudi, Torino 1996, pp Di «pensiero profondamente e organicamente sistematico» a proposito dei Quaderni ha parlato R. Finelli, Gramsci filosofo della prassi, in G. Baratta, G. Liguori (a cura di), Gramsci da un secolo all altro, Editori Riuniti, Roma 1999, pp , qui 195. Condivido questa osservazione. 4. Ho tentato di ricostruire la nascita e la progressiva articolazione di questo concetto nei Quaderni nel mio Filosofia della praxis, pubblicato (in forma di pre-print) in Isonomia. Rivista dell Istituto di filosofia di Urbino, 16
3 INTRODUZIONE anche il problema della filosofia dopo Marx, cioè del suo statuto nel mondo presente. Per questa ragione, il marxismo di Gramsci ha una componente di autoriflessività, cioè di riflessione sul proprio essere, che lo caratterizza in modo netto 5. Rispetto alle varie versioni della morte della filosofia nel passaggio alla scienza o all azione, Gramsci mantiene così una forte originalità: la filosofia continua a sussistere anche dopo Marx, anzi, nel mondo contemporaneo la questione della filosofia diventa cruciale proprio grazie alla critica di Marx a Hegel e all ideologia in genere. Avendo smascherato il carattere ideologico della filosofia, Marx non ne ha decretato la falsità e quindi la distruzione critica, ma ne ha piuttosto mostrato il legame con la realtà storica, evidenziandone quindi la politicità, l essere parte in gioco nel farsi del mondo storico. Questa dichiarazione critica segna per Gramsci un punto di non ritorno, ed è sulla capacità di porsi in relazione con gli effetti che essa non può non produrre sull autoconsapevolezza della filosofia (e del marxismo al suo interno) che si misura per lui, in generale, la vitalità di qualsiasi proposta filosofica. Il principale di questi effetti è evidentemente il rapporto con la politica: cosa vuole dire, per la filosofia, non solo essere, ma pensarsi come parte in causa ovvero, quando ciò non avvenga, cosa vuole dire negare questo livello di coinvolgimento radicale? L attenzione di Gramsci per il pragmatismo nelle sue varie manifestazioni, come per l attualismo gentiliano o per il pensiero di Bergson (ma la lista potrebbe estendersi a correnti da lui non prese in considerazione o non conosciute), sta tutta qui: nella presenza, in questi momenti teorici, di un intimo rapporto con la storia e la praxis, e sia pure in forme stravolte e mistificate. In questo quadro acquista tutto il suo valore la particolare attenzione accordata a Benedetto Croce, nel cui pensiero il rapporto con la politica, cioè il riconoscimento e la presa in carico del carattere ideologico della filosofia, attinge il culmine della sua elaborazione e al contempo della sua mistificazione, in un gioco consapevole e controllatissimo, che della profonda conoscenza del pensiero di Marx fa la premessa al suo stravolgimento consapevole e politicamente sovradeterminato Cfr. su ciò D. Losurdo, Antonio Gramsci dal liberalismo al comunismo critico, Gamberetti, Roma 1997, pp. 215 s. 6. Ha impostato secondo questa ipotesi ermeneutica la propria ricerca su Croce E. Agazzi, Il giovane Croce e il marxismo, vol. I, Einaudi, Torino Cfr. anche M. Abbate, La filosofia di Benedetto Croce e la crisi della società italiana, Einaudi, Torino 1966; M. Montanari, Saggio sulla filosofia politica di Benedetto Croce. La «Filosofia dello Spirito» come costruzione di un egemonia, Angeli, Milano 1987; cfr. ora M. Martelli, Etica e storia. Croce e Gramsci a confronto, La Città del Sole, Napoli
4 GRAMSCI E LA FILOSOFIA I Quaderni del carcere sono un opera stratificata, non solo dal punto di vista temporale, ma anche per i materiali e le motivazioni che vi confluiscono: basti dire che essi sono sia un bilancio e una sintesi critica delle riflessioni di tutto il quindicennio precedente, sia anche lo sviluppo di temi e problemi nuovi 7 ; sia il frutto di una ricerca disinteressata, sia anche, inscindibilmente, l ultima tappa di un itinerario all insegna del binomio filosofia e politica. Questa pluridimensionalità va tenuta nel debito conto. Troppo spesso si sono costruite fittizie opposizioni tra i Quaderni e gli scritti precedenti, quasi che l arresto e la sconfitta avessero indotto il segretario del Partito comunista d Italia a rivedere alcune sue posizioni teoriche e politiche di fondo. In realtà, tra le due fasi c è tanto di opposizione quanto di continuità, che non vanno se non in piccola parte cercate nelle circostanze dell arresto, ma si situano a livelli ideologico-teorici ben più profondi. È ben certo che, intraprendendo una ricerca «per l eternità», Gramsci nutrisse il proposito di fare i conti approfonditamente con la propria cultura precedente, estraendone gli elementi originali e permanenti (quegli elementi che lo mettessero in grado di capire la contemporaneità e di intervenire su di essa); ma è vero anche che questa stessa ricerca si snoda nel tempo, ha una storia, non è nel 1933 e nel 1934 quello che era nel 1929 e nel Insomma, la logica stessa della ricerca conduce Gramsci ad aprire nuovi problemi, a dichiararne altri insussistenti o a riprendere tal quali sue idee giovanili, innestandole nel tronco delle nuove meditazioni, a coniare termini-concetti nuovi, non riscontrabili prima del 1926, o a far confluire vecchi temi in nuovi raggruppamenti in una parola: a sviluppare creativamente i concetti di cui è in possesso all inizio del lavoro, nel Di questo ho tentato di dare conto, con rimandi, dove mi è parso opportuno, non solo all evoluzione interna ai Quaderni, ma anche al rapporto con gli scritti giornalistici e politici del periodo precedente. D altronde, se è vero che Gramsci non avrebbe mai scritto i Quaderni se non fosse stato incarcerato e se non avesse avuto chiara dinnanzi a sé, a un certo punto, la prospettiva di una lunghissima detenzione, è anche vero che, in un certo senso, i Quaderni Gramsci li ha scritti da sempre, ha cioè fin dall inizio della sua carriera come giornalista e politico avuto vivo il senso dell importanza della filosofia come luogo decisivo dello scontro politico. Certo, della filosofia il Gramsci degli anni torinesi non aveva ancora chiaro il carattere interiormente, strutturalmente politico 8 (e 7. Cfr. V. Gerratana, Prefazione all edizione critica dei Quaderni del carcere, p. XXIII. 8. «In quel tempo [torinese] il concetto di unità di teoria e pratica, di filosofia e politica non era chiaro in me ed io ero tendenzialmente piuttosto crociano» [10,I,11; Q 1233]. 18
5 INTRODUZIONE questo limite era un debito con Croce di cui si libererà solo più tardi, e solo grazie alla lezione del Lenin teorico e realizzatore dell egemonia nella realtà post-rivoluzionaria del e alle Tesi su Feuerbach), ma già allora la considerava essenzialmente come un movente concreto dell agire, cioè come un valore d uso. Nella filosofia il giovanissimo studente universitario cercava, come ricorda Annibale Pastore, ciò che spinge gli uomini ad agire 9, cioè il modo in cui l idea si fa prassi: l «idea-forza» di Fouillée e Guyau 10. Non erano idee peregrine: nientemeno che Benedetto Croce aveva concluso la sua Filosofia della pratica appellandosi alla «vita» (dunque all agire) come punto di riferimento costante della filosofia: «nessun sistema filosofico è definitivo, perché la Vita, essa, non è mai definitiva» 11. Rispetto a questa temperie, che risente ancora dei profondi rivolgimenti culturali tra i due secoli, all avvio del lavoro ai Quaderni nel 1929 Gramsci si trova in tutt altro luogo. Eppure è a quelle esperienze culturali che ritorna, per riprendere da capo il discorso sulla filosofia, impostandolo su nuove basi. Pur nella forte continuità tematica riscontrabile tra i Quaderni e gli scritti del , c è un innegabile discontinuità nel modo in cui tutte le categorie si organizzano attorno a due concetti prima assenti in Gramsci: l unità di filosofia e politica (come egli stesso afferma) e la traducibilità; concetti, questi, a loro volta dipendenti da un nuovo intendimento del concetto di praxis e, di conseguenza, della stessa idea di filosofia. Responsabili di questa discontinuità sono come tenterò di mostrare da una parte il rapporto creativo con gli ultimi scritti e le ultime prese di posizione pubbliche di Lenin, dall altra la lettura e la profonda e originale comprensione delle Tesi su Feuerbach di Karl Marx. 9. Cfr. A. Pastore, Gramsci tra i miei discepoli e Eccezionale studente, rispettivamente in Avanti! del 21 febbraio 1951 e del 3 gennaio Su Gramsci e Pastore cfr. D. Zucàro, Antonio Gramsci all Università di Torino , in Società, XIII, 6, 1957, pp , qui ; G. Mastroianni, Gramsci e Pastore, in Id., Vico e la rivoluzione. Gramsci e il diamat, ETS, Pisa 1979, pp , qui (contiene diverse ipotesi poco condivisibili). 10. Mi sono soffermato su questo punto nell Introduzione al volume, da me curato insieme a F. Consiglio, A. Gramsci, Filosofia e politica. Antologia dei «Quaderni del carcere», La Nuova Italia, Firenze 1997, pp. XLVIII ss. 11. B. Croce, Filosofia della pratica. Economica ed etica (1908), quinta edizione riveduta dall autore, Laterza, Bari 1945, p Sulla quale insiste con forza L. Paggi, Antonio Gramsci e il moderno principe. I. Nella crisi del socialismo italiano, Editori Riuniti, Roma 1970, pp. XV (dove i Quaderni vengono definiti una «autobiografia») e XXIX ss. 19
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