Crisi salariale: Dinamiche retributive e recessione italiana

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1 Crisi salariale: Dinamiche retributive e recessione italiana (1 febbraio 2013) L ISTAT ha recentemente comunicato i dati dell Indagine mensile sui Contratti collettivi e sulle retribuzioni contrattuali di dicembre , tracciando perciò anche il tasso medio di tutto lo scorso anno. Dalla fotografia ISTAT emerge che la crescita media annua effettiva delle retribuzioni contrattuali per dipendente (+1,5%) si è dimostrata la più bassa dal 1983 e, in rapporto all inflazione del 2012, conta la maggiore perdita annua di potere d acquisto dal Da un analisi appena più approfondita dei dati emergono anche altre evidenze. Nella crisi, le retribuzioni contrattuali non tengono più il passo con l inflazione. Osservando la variazione annua delle retribuzioni lorde contrattuali 2 dal 2008 a oggi, si denota una progressiva flessione degli aumenti effettivi dei salari contrattuali, dettata soprattutto dall esaurimento dei CCNL in essere. Nella prima fase della crisi ( ) ciò porta i salari a crescere più dell inflazione - sostenendo peraltro anche la domanda interna - mentre nell ultimo periodo si evidenzia il rallentamento della contrattazione in corrispondenza dell impatto della recessione su quantità e qualità dell occupazione e, di conseguenza, sul monte salari; anche a fronte di un incremento dei prezzi al consumo che riflette soprattutto il rincaro dei prodotti energetici e l aumento dell IVA e delle altre imposte indirette 3. Se si prende, infatti, come riferimento dell inflazione effettiva l Indice generale dei Prezzi al Consumo Armonizzato per i paesi europei (IPCA), si conta una continua perdita di potere d acquisto dal 2011, che - stando proprio alle previsioni ISTAT (Le prospettive per l economia italiana ) 4-1 ISTAT, Comunicato del 28 gennaio Nella definizione ISTAT/EUROSTAT: paga base da CCNL + indennità di contingenza + eventuali indennità di turno e scatti di anzianità). 3 ISTAT, Comunicato del 15 gennaio ISTAT, Comunicato del 5 novembre

2 potrebbe proseguire almeno fino al 2013, generando complessivamente una perdita di 4,2 punti percentuali. D altra parte, a dicembre 2012 risultavano in vigore 46 contratti, che regolano il trattamento economico di circa 9,4 milioni di dipendenti (per il 68,1% del monte retributivo complessivo) sulla base di un sostanziale superamento della riforma degli assetti contrattuali previsti dall Accordo separato del 2009 (prevedendo aumenti superiori alle previsioni dell indice dei prezzi al consumo al netto della componente energetica importata, sostenuti dalla corresponsione di elementi di garanzia retributiva in favore dei lavoratori che non beneficiano della contrattazione di secondo livello); mentre restano in attesa di rinnovo ancora 32 contratti - di cui 16 appartenenti alla Pubblica Amministrazione - relativi a circa 3,7 milioni di dipendenti (circa 3 milioni nel pubblico impiego), che rischiano di rimanere tali per effetto del blocco delle procedure contrattuali e negoziali relative al triennio (in ottemperanza alle disposizioni della Legge 122/2010 all art. 9 comma 7). Secondo le proiezioni ISTAT, la quota di CCNL in vigore, da gennaio 2013, in assenza di rinnovi, subirà una rilevante diminuzione (39,2%). Le retribuzioni di fatto vanno anche peggio. Un altro effetto collaterale della crisi si evince dal raffronto tra la dinamica delle retribuzioni lorde contrattuali e quella delle retribuzioni lorde di fatto 5, dall inizio della crisi a oggi: per effetto dell ondata di disoccupazione, inoccupazione e sottoccupazione (ricorso agli ammortizzatori sociali, aumento del part-time e riduzione di orari e straordinari) a cui ovviamente si collega una diffusa battuta d arresto della contrattazione salariale di secondo livello 6, i salari di fatto crescono - per la prima volta - meno di quelli contrattuali (in termini cumulati, nel periodo , rispettivamente +10,7% contro +13,0%), segnando un ritmo di crescita molto al di sotto dell inflazione effettiva dell arco temporale di riferimento (+14,4%), ovvero -3,7 punti percentuali in sei anni, di 5 Sempre nella definizione ISTAT/EUROSTAT: retribuzioni lorde contrattuali nazionali + straordinari + premi, indennità e gratifiche pagati con regolarità e non + contributi a piani di risparmio individuali + benefit e pagamenti in natura come auto aziendali o stock options, ecc. I Conti Nazionali da cui si calcola la retribuzione lorda di fatto si basano sulle Unità standard di lavoro equivalenti a un tempo pieno, depurando l occupazione dalle distorsioni legate agli orari e al part-time, al netto delle ore di Cassa integrazione guadagni. 6 Dall inedita inversione della tendenza fra dinamica delle retribuzioni di fatto e dinamica delle retribuzioni contrattuali si desume che, a fronte della crisi, l espansione della contrattazione aziendale e, in particolare, la diffusione delle voci retributive fissate in azienda aggiuntive rispetto al contratto nazionale non c è stata, nonostante gli incentivi di natura fiscale all erogazione di componenti salariali legate a incrementi di produttività previsti dal decreto legge 27 maggio 2008, n. 93 e dall assetto dell Accordo separato 2009 e malgrado l articolo 8 della legge 14 settembre 2011, n. 148, che ha stabilito che i contratti di secondo livello possano realizzare specifiche intese in deroga (es. mansioni e inquadramento), sia alle previsioni del contratto collettivo nazionale, sia alle disposizioni di legge con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati. Secondo i dati del sondaggio congiunturale sulle imprese industriali e dei servizi condotto dalla Banca d Italia nel 2011 e nel 2012, infatti, meno di un impresa su cinque sarebbe interessata all esercizio delle deroghe previste dal famigerato articolo 8 (comunque, più a quelle relative a turni e organizzazione del lavoro che a quelle relative al recesso dal rapporto di impiego). 2

3 cui -5,3 punti solo nel triennio La centralità del Contratto nazionale nella crisi. Allora, per le ragioni indicate, la modesta crescita dei salari registrata è stata sospinta prevalentemente dallo slittamento salariale dovuto alla differenza fra la crescita effettiva dei salari e il contributo degli aumenti definiti dai Contratti nazionali 7, nell Industria e nei servizi privati, soprattutto fino al Dal punto di vista statistico, poi, l ampiezza di tale slittamento salariale dipende da diversi fattori: i pagamenti una tantum previsti dai CCNL, che non entrano nelle statistiche sulle retribuzioni medie contrattuali; le componenti residue della retribuzione stabilite a livello aziendale, come i premi e i pagamenti per le ore di lavoro straordinario; gli effetti di ricomposizione della forza lavoro, che spingono verso l alto il livello medio del salario per effetto della riduzione dell incidenza dei profili professionali a più bassa retribuzione (in particolare giovani, precari e operai), su cui si è concentrata, soprattutto nel biennio , la contrazione dell occupazione dei settori privati dell economia (licenziamenti, CIG, mobilità, ecc.), dato anche il basso ricorso ai pensionamenti, soprattutto di impiegati e dirigenti, dati i costi e il nuovo quadro normativo imposto dalla riforma delle pensioni varata dal Ministro Fornero. Le retribuzioni di fatto crescono meno di quanto cresca la produttività. Focalizzando anche la variazione della produttività del lavoro 8 assieme alle dinamiche retributive reali nella crisi che stiamo attraversando si riesce a evidenziare come il processo di deflazione salariale - alla base della linea dell austerità e dell idea liberista di un recupero di competitività sul versante dei costi del lavoro - sia molto più avanzato di quanto si pensi. A fronte di un marcato calo dell occupazione del periodo (-5,7%), statisticamente, la produttività reale dell economia italiana nei sei anni considerati aumenta del 5,1% in ordine delle oscillazioni cicliche del PIL. Eppure, secondo la teoria economica se il tasso di crescita delle retribuzioni di fatto è pari a quello della produttività (e mai al di sotto dell inflazione) si ottiene l invarianza di lungo periodo delle quote distributive (del lavoro e del capitale) del prodotto nazionale, assicurando la massima crescita della 7 Slittamento salariale (o wage drift) è definito dalla differenza tra i salari effettivamente percepiti dai lavoratori e quelli stabiliti dalla contrattazione collettiva: può derivare dall inquadramento dei lavoratori secondo una qualifica superiore a quella prevista per contratto, o da pagamenti di lavoro straordinario, di premi di risultato, di premi speciali, o da altro tipo di elargizioni concesse dalle aziende. Può anche indicare il rinvio e frazionamento, secondo scadenze prestabilite, di un incremento salariale contrattato e già formalmente acquisito dai lavoratori (vedi pubblico impiego)

4 domanda interna compatibile con l assenza di pressioni sul saggio di profitto e sui prezzi; consentendo così di portare i risparmi ad eguagliare gli investimenti per conseguire il pieno impiego o il tasso di crescita desiderato (cosiddetta regola aurea delle politiche dei redditi). Negli anni di crisi, dunque, la forbice tra produttività e salari si allarga, accentuando il divario già affermato negli ultimi 30 anni - in tutte le economie industrializzate - determinando una delle principali cause alla radice delle disuguaglianze che hanno scatenato la crisi che stiamo attraversando. Tutto ciò, peraltro, si verifica in assenza di un sistema fiscale e di un sistema sociale in grado di compensare le perdite che avvengono nella distribuzione primaria del reddito nazionale. Anzi, l impatto dell inflazione si manifesta anche in termini di drenaggio fiscale (fiscal drag). Salari e, soprattutto, occupazione perduti nella crisi impediscono una ripresa della domanda aggregata e, quindi, l uscita dalla stessa crisi per l Italia. 4

5 Dinamiche salariali nella crisi Variazione percentuale media annua * 2013* Retribuzioni lorde contrattuali per dipendente 3,5 3,1 2,1 1,8 1,5 1,0 Retribuzioni lorde di fatto per unità standard di lavoro dipendente 3,4 1,8 2,3 1,3 0,9 1,0 Inflazione (Indice generale Prezzi al Consumo Armonizzato UE, IPCA) 3,5 0,7 1,7 2,9 3,3 2,3 Retribuzioni lorde di fatto reali -0,1 1,1 0,6-1,6-2,4-1,3 Produttività (PIL reale per Unità standard di lavoro) 1,9-0,7 3,1 1,6-0,8 0,0 Per memoria: PIL nominale 4,3-3,4 2,2 1,7-0,6 0,9 PIL reale 1,7-5,5 1,8 0,4-2,0-0,5 Occupazione (Unità standard di lavoro) -0,3-2,9-0,9 0,1-1,2-0,5 Fonte: elaborazioni su dati ISTAT (Datawarehouse I.Stat, Conti nazionali; Prospettive per l'economia italiana* di novembre 2012; Indagine sui Prezzi al consumo). La previsione di inflazione 2013 è OCSE (novembre 2012), in linea con la previsione ISTAT. 5

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