Dalla Terra alla Luna

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1 ISTITUTO DI ISTRUZIONE SUPERIORE ALDO MORO Liceo Scientifico Istituto Tecnico Via Gallo Pecca n. 4/ Rivarolo Canavese Tel Cod. Fiscale segreteria@istitutomoro.it Url: ANNO SCOLASTICO 2015/2016 ESAME DI STATO Andrea Dorin Classe 5^C Sezione Scientifica Dalla Terra alla Luna Una storia di uomini, scienza e ingegneria L astronauta Buzz Aldrin sul suolo lunare

2 Introduzione/riassunto Questo lavoro è nato dal personale desiderio di approfondire la storia di un avventura che mi ha sempre profondamente affascinato: lo sbarco sulla Luna del 20 luglio L argomento da trattare è molto ampio, per cui, dopo un riassunto riguardante il contesto storico, le vicissitudini e le personalità (solo alcune tra le tante) che hanno contribuito all impresa, mi soffermerò con più attenzione sull esperienza stessa della missione, sul successo ingegneristico che l ha permessa e sugli aspetti scientifici più importanti. La storia di questa impresa umana affonda le sue radici nell immaginario degli uomini, che nei secoli hanno sempre cercato di superare i propri limiti e le frontiere naturali che sbarravano loro la strada. Alcuni lo hanno fatto realmente, come Cristoforo Colombo, altri si sono limitati a usare l immaginazione, come Jules Verne nei suoi libri, tra i quali il celebre Dalla Terra alla Luna, un titolo divenuto best seller e che io, come omaggio, ho preso a prestito per nominare questa piccola opera. Introduction/abstract This work has its source in my personal desire to study in detail the story of an adventure that has ever fascinated me deeply: the landing on the Moon in July 20 th The topic is really broad, therefore after a brief overview about the historical contest, the events and people (only some of the many) who contributed to the achievement, I focus my attention on the mission, the engineering success and the more important scientific aspects. The history of that venture originates from the imagination of men, who over the centuries have always tried to overcome their limits and the natural borders that hindered their walk. While some people have really overcome their limits, like Cristoforo Colombo, other people have used the imagination, like Jules Verne did in his famous novel From the Earth to the Moon, a title which became a bestseller. I have borrowed this title as a tribute to him to title my humble school work. La Luna/The Moon 1

3 CAPITOLO 1 La storia che portò ad un impresa straordinaria 1.1 Situazione storica Saturn Il razzo V, Saturno il razzo V che portò l'uomo sulla Luna Gli anni della corsa alla Luna si inseriscono nel più vasto contesto storico della Guerra Fredda ( ), uno scenario nel quale il blocco dei paesi occidentali, capeggiati dagli Stati Uniti, si confrontò a livello politico, economico e ideologico con il rivale blocco comunista, guidato dall Unione Sovietica. In una tale situazione divenne un passo inevitabile la sfida anche sul piano tecnologico tra le due fazioni contendenti. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, tra i settori tecnologici più all avanguardia spiccava quello aereonautico, con lo sviluppo (principalmente in Germania) dei motori a reazione e dei missili teleguidati, capaci di trasportare bombe a centinaia di chilometri dal luogo di partenza. Queste tecnologie avevano ovviamente attirato l attenzione dei governi dei paesi vincitori, che presto si organizzarono per sfruttarle in ambito bellico e civile. Durante gli anni 50 si susseguirono esperimenti sia in USA che in URSS con i razzi V2, i primi veri missili della storia, sviluppati dall ingegnere tedesco Wernher von Braun durante la guerra. Il missile era il primo strumento concepito dall uomo capace di valicare la soglia della troposfera per spingersi oltre i confini della Terra, là dove nessuno si era mai potuto avventurare. Con il nobile obiettivo dell esplorazione e della ricerca scientifica il 2 aprile 1958 (quando peraltro la corsa all esplorazione spaziale era già iniziata) il presidente americano D. Eisenhower trasformò la NACA (un ente pubblico fondato nel 1915 per promuovere la ricerca aereonautica) in NASA (National Aeronautics and Space Administration). Il 4 ottobre 1957 segnò l inizio ufficiale della corsa allo spazio, con il lancio da parte dei sovietici dello Sputnik 1, il primo satellite artificiale in orbita intorno alla Terra. L evento suscitò subito grande apprensione negli Stati Uniti, la cui classe politica temette la crescita di prestigio dell URSS agli occhi del mondo e il sopravanzamento tecnologico sovietico sugli americani. Da questo momento vi fu un susseguirsi di imprese da ambo le parti per aggiudicarsi il primato nella tecnologia spaziale: il lancio dello sputnik 2 con a bordo la cagnolina Laika (3 novembre 1957), primo essere vivente ad essere entrato in orbita intorno al nostro pianeta; il lancio dell Explorer 1(31 gennaio 1958),il primo satellite americano progettato sotto la supervisione di James Van Allen, il fisico che scoprì grazie a tale 2

4 missione le fasce ricche di particelle cariche che circondano la Terra e che da lui prendono il nome; il volo suborbitale del primate Gordo, primo animale lanciato nello spazio dagli Stati Uniti (13 dicembre 1958); il lancio del Project SCORE americano (18 dicembre 1958), il primo satellite per le telecomunicazioni; ecc. Questi e altri successi spianarono la strada al lancio del primo uomo nello spazio: il 12 aprile 1961 il cosmonauta sovietico Jurij Gagarin divenne il primo essere umano ad abbandonare l atmosfera terrestre e ad orbitare intorno alla Terra per 88 minuti, godendo di un panorama precluso da sempre all umanità intera; divenne storica la sua frase: Da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere né confini. Il volo di Gagarin fu un evento epocale e ancora una volta i sovietici sorpresero gli americani nella competizione per lo spazio. Gli Stati Uniti risposero meno di un mese dopo all impresa russa: il 5 maggio 1961 l astronauta Alan Shepard, alloggiato nella capsula Freedom 7 (missione Mercury 3), riuscì a compiere un volo suborbitale raggiungendo un altezza si 186 km, senza avere la velocità sufficiente per entrare in orbita. Il volo durò 15 minuti e rispetto alla missione di Gagarin fu tecnologicamente meno significativa, ma con il superamento dei 100 km d altezza dal suolo (il confine tra il cielo e lo spazio) rappresentò per la NASA l inizio dei voli umani nello spazio. La sera stessa del lancio, il presidente degli Stati Uniti J.F. Kennedy ricevette dallo Space Task Group, un comitato destinato allo studio dei programmi spaziali, un documento che descriveva le linee guida di una missione umana sulla Luna. Tre settimane dopo, il 25 maggio 1961, in una famosa conferenza stampa a Washington, il giovane presidente annunciò alla nazione l inizio del programma spaziale Apollo: I believe that this nation should commit itself to achieving the goal, before this decade is out, of landing a man on the Moon and returning him safely to the Earth. No single space project in this period will be more impressive to mankind, or more important in the long-range exploration of space; and none will be so difficult or expensive to accomplish credo che questo paese debba impegnarsi a realizzare l'obiettivo, prima che finisca questo decennio, di far atterrare un uomo sulla Luna e farlo tornare sano e salvo sulla Terra. Non ci sarà in questo periodo nessun progetto spaziale più impressionante per l'umanità, o più importante nell'esplorazione a lungo raggio dello spazio; e nessuno sarà così difficile e costoso da realizzare J.F. Kennedy E pochi mesi dopo, il 12 settembre 1961, in un altro importante discorso, affermò: We choose to go to the Moon!... We choose to go to the Moon in this decade and do the other things, not because they are easy, but because they are hard; because that goal will serve to organize and measure the best of our energies and skills, because that challenge is one that we are willing to accept, one we are unwilling to postpone, and one we intend to win... Abbiamo scelto di andare sulla Luna!... Abbiamo scelto di andare sulla Luna in questo decennio e fare le altre cose, non perché sono facili, ma perché sono difficili; perché questo obiettivo servirà per organizzare e misurare il meglio delle nostre energie e competenze, perché questa è la sfida che siamo disposti ad accettare, quello che non siamo disposti a rimandare, l'obiettivo che abbiamo intenzione di vincere... J.F. Kennedy 3

5 Kennedy sapeva che stava chiedendo al Congresso americano (la camera dei rappresentanti politici) e al suo popolo uno stanziamento di fondi colossale per il programma spaziale (che raggiunse nel giro di dieci anni la cifra di 25 miliardi di dollari), ma ormai la strada era aperta e la meta delineata. 1.2 Le prime missioni nello spazio: il programma Mercury Il primo programma americano di esplorazione spaziale con equipaggio umano fu il progetto Mercury (dal nome del dio greco-romano del commercio e dei viaggi). Il programma venne lanciato il 26 novembre 1958 e aveva come obiettivo immettere in volo suborbitale e orbitale dei satelliti e successivamente una capsula con all interno un pilota. L organizzazione del programma prevedeva che la NASA avrebbe gestito la realizzazione delle navicelle, delle strutture di volo e di rientro, oltre a provvedere all addestramento degli astronauti; i lanci sarebbero stati effettuati da Cape Canaveral in Florida presso il J.F. Kennedy Space Center (nominato così dopo la morte del presidente Kennedy) con un razzo Redstone dell esercito e il suo derivato Atlas, mentre la U.S. Navy si sarebbe occupata di recuperare la capsula ammarata nell oceano dopo il rientro dallo spazio. Nel 1961 i primi sette astronauti ( i Magnifici Sette ), vestiti con attillate tute spaziali argentate, vennero scenograficamente presentati alla stampa; essi erano tutti piloti collaudatori d élite provenienti dai ranghi della U.S. Air Force. In totale furono eseguite 26 missioni, tre lanci fallirono e in 4 casi vi fu un successo solo parziale della missione; il programma (che si concluse il 12 giugno 1963) riuscì a portare in orbita i primi satelliti americani, permise ad Alan Shepard di raggiungere lo spazio e a John Glenn di essere il primo americano a rimanere in orbita intorno alla Terra. I Magnifici Sette Il razzo Redstone 1.3 I primi vettori Il razzo Redstone fu il primo missile balistico americano e venne adottato dalla NASA come primo vettore per i propri esperimenti. Il missile è un proiettile a propulsione autonoma, autoguidato o 4

6 teleguidato, capace di percorrere una traiettoria; tale apparecchio è dotato di una propulsione a razzo (endoreattore [1]) e può avere uno o più stadi, ovvero una o più riserve di combustibile con relativi motori annessi. Si definisce missile balistico un missile a medio-lungo raggio che percorre la maggior parte della sua traiettoria seguendo le leggi della balistica, cioè in assenza di propulsione e senza la possibilità di continue manovre correttive della rotta preimpostata. Il Redstone fu sviluppato per conto dell U.S. Army sotto la supervisione di Wernher von Braun, inventore del razzo V2; il missile americano fu concepito a partire dai progetti del V2 e il suo scopo era quello di trasportare su un obiettivo una testata esplosiva (generalmente nucleare). Esso venne lanciato per la prima volta il 20 agosto 1953: aveva una lunghezza di 21,03 metri, un diametro massimo di 1,78 metri e sviluppava una spinta di kgf (= N). Da questo razzo ne derivarono molti altri, tra i quali lo SM-65 Atlas, che fu utilizzato in ambito spaziale per la prima volta con il lancio del Project SCORE, il primo satellite per le telecomunicazioni. Esso, nelle prime versioni, aveva una lunghezza di 22,9 metri, un diametro di 3,05 metri e sviluppava una spinta di kgf (= N). La capsula progettata per le missioni Mercury era decisamente piccola (tanto che i primi astronauti che vi entrarono furono soprannominati carne in scatola ) poiché aveva dimensioni e pesi molto contenuti in funzione dei vettori usati (ancora relativamente piccoli rispetto a quelli successivi): altezza 3,51 metri, diametro 1,89 metri, volume 1,7 m³. Essa disponeva di un computer di bordo, ma era gestita completamente dal centro di controllo a terra. [1] Il funzionamento in linea generale dell endoreattore verrà affrontato nel capitolo sul Saturno V. 1.4 Lo studio su come raggiungere la Luna Lo studio sul modo di inviare un equipaggio umano sulla Luna fu svolto dallo Space Task Group, in collaborazione con altri ingegneri e tecnici della NASA; l idea cardine era quella di inviare un equipaggio di tre uomini alloggiati in una capsula sufficientemente grande da permettere loro di muoversi senza tute e di poter sopravvivere per almeno due settimane. La navicella doveva essere dotata di strumenti per volare nello spazio anche senza dipendere dal centro di controllo a terra, e doveva potersi posare sulla Luna e ripartire. Si procedette a perfezionare un progetto modulare: l equipaggio avrebbe viaggiato in un modulo di comando (CM, Command Module), l unica parte a tronco di cono che sarebbe rientrata sulla Terra; i motori, le riserve di ossigeno e le altre servitù sarebbero state collocate nel modulo di servizio (SM, Service Module) da sganciare prima del rientro a terra. Si pose fin da subito il problema del lancio, a proposito della scelta del lanciatore e dello svolgimento della missione; alcuni proposero di lanciare diverse sezioni del veicolo per farle poi congiungere con un appuntamento in orbita terrestre (EOR, Earth Orbit Rendezvous) prima di proseguire il viaggio verso la Luna. L altra idea era quella di realizzare un volo diretto Terra-Luna, 5

7 senza appuntamenti orbitali; quest ultimo piano richiedeva però la disponibilità di un vettore enorme e potente, dalle dimensioni sproporzionate rispetto alla minuscola capsula Apollo. Nel maggio 1961 Jim Webb, amministratore della NASA, presentò il progetto di questo razzo lunare denominato Nova : 110 metri d altezza, 15 metri di diametro, una capacità di carico di 180 tonnellate e la possibilità di sviluppare una spinta di 5 milioni di kgf (circa 49 milioni di Newton); questo razzo avrebbe avuto delle caratteristiche nettamente superiori a qualunque altro vettore mai costruito (se si pensa che nel 1961 il lanciatore più potente era l Atlas), ma successivamente venne realizzata una sua versione ridotta: il Saturno V. L uomo che permise di risolvere il dilemma su come effettuare il viaggio fu John Houbolt, un ingegnere della NASA a capo della divisione di meccanica teorica di Langley, in Virginia. Egli sviluppò la tecnica del congiungimento lunare, il Lunar Orbit Rendezvous (LOR): nel modulo di comando (CM) avrebbero viaggiato gli astronauti, nel modulo di sevizio (SM) sarebbero stati alloggiati i motori e i servizi, mentre un modulo lunare (LEM, Lunar Exploration Module) sarebbe servito per scendere sulla Luna. Tutti insieme sarebbero stati lanciati in orbita terrestre da un unico razzo e, da lì, il motore del terzo stadio si sarebbe acceso una seconda volta e li avrebbe spinti verso la Luna; poi esso si sarebbe sganciato appena il treno spaziale fosse entrato in orbita lunare. Successivamente due dei tre astronauti sarebbero passati dal CM al LEM e si sarebbero sganciati per scendere sulla superficie lunare, mentre il terzo sarebbe rimasto in orbita nel CM; dopo la permanenza sulla Luna, i due sarebbero risaliti sul LEM e solo una parte di esso (il modulo abitato, senza il motore principale e le zampe d atterraggio) sarebbe risalita in orbita per ricongiungersi al CM. Quindi, sganciato il LEM, la navicella avrebbe acceso il motore SPS (quello del modulo di servizio) per tornare sulla Terra; prima del rientro in atmosfera il CM avrebbe sganciato il SM e poi sarebbe ammarato nell oceano. Questo piano risultò essere la soluzione ottimale, poiché permetteva di alleggerire il più possibile il carico utile e di utilizzare un lanciatore grande metà del Nova, di risparmiare sulla protezione termica (che sarebbe stata applicata solo al modulo destinato al rientro) e di costruire un LEM ottimizzato per il volo lunare, senza bisogno di particolari protezioni (dato che la Luna è priva di atmosfera). 1.5 Il programma Gemini Dopo il discorso nel quale Kennedy aveva annunciato alla nazione il programma lunare (25 maggio 1961), alla NASA ci si rese conto che erano necessari progetti ben più ambiziosi del Mercury per portare l uomo sulla Luna: furono così avviati i programmi Apollo e Gemini. Con l inizio di questi due nuovi programmi si rese necessaria l assunzione di nuovi astronauti; così vennero indetti due nuovi bandi nel e furono selezionati 23 nuovi candidati (9+14), tra i quali i futuri uomini del primo sbarco sulla Luna: Neil Armstrong, Edwin Buzz Aldrin e Michael Collins. Gemini (ovvero gemelli, con riferimento alla costellazione e al fatto che la navicella ospitava due astronauti), benché fosse stato avviato successivamente rispetto al programma Apollo, fu concepito con lo scopo di sviluppare le tecniche e le tecnologie necessarie ai viaggi spaziali avanzati, impiegate poi nell altro programma. Le capsule costruite per questo programma erano esternamente simili alle Mercury, ma lo spazio interno era superiore del 50 % per poter ospitare due astronauti e permettere loro di aprire in volo il portello per uscire nello spazio. Alla costruzione di questa capsula contribuì particolarmente l astronauta Gus Grissom (tanto che gli altri astronauti chiamarono la Gemini Gusmobile ), il quale, al rientro dal suo volo nello spazio con la Mercury alla fine del luglio 1961, aveva rischiato la vita per l apertura errata e prematura del portellone dopo l ammaraggio nell oceano. Egli si sentiva probabilmente responsabile per l incidente, anche se rifiutava categoricamente le critiche di chi, nella NASA, pensava fosse stato lui ad aprire in modo maldestro il portellone, provocando l affondamento della navicella. A causa di questo evento il progetto del portello venne migliorato in modo che potesse aprirsi in pochi millisecondi in caso di emergenza. L interno dell astronave, come già detto, fu ampliato e reso un po più adatto alla conformazione fisica degli astronauti, anche se aumentò considerevolmente il numero degli interruttori e delle spie 6

8 (circa 220), posizionate praticamente ovunque (anche alle spalle dei piloti, che potevano azionarle osservandole con degli specchietti retrovisori). Nel frattempo (nel periodo che va dal 1958 al 1963) erano stati sviluppati dei nuovi lanciatori impiegati poi nel nuovo programma: il Titan I e il Titan II. Il secondo di questi due missili balistici (progettati sempre in ambito militare) venne scelto e adattato al lancio di capsule spaziali; esso si rivelò un vettore spaziale molto affidabile e utilizzava un nuovo propellente liquido non criogenico che poteva rimanere stivato nel missile, mentre per altri vettori precedenti, che utilizzavano l ossigeno liquido a bassa temperatura come ossidante nel carburante, era necessario conservare con accuratezza il propellente in un luogo a parte e rifornire rapidamente il missile al momento del lancio (con ovvi rischi d incidente e complicazioni nella manutenzione). I progetti per questo programma vennero avviati nel e il primo lancio senza equipaggio venne effettuato l 8 aprile 1964 (missione Gemini 1); a questo seguì un ulteriore lancio senza equipaggio per testare lo scudo termico (missione Gemini 2). Il 23 marzo 1965 ( a cinque giorni dalla prima storica passeggiata spaziale compiuta dal cosmonauta sovietico Aleksey Leonov), con il lancio della Gemini 3 con equipaggio umano a bordo, fu inaugurata una serie di 10 voli orbitali pilotati nei quali furono sperimentate le tecniche di congiungimento in orbita di due veicoli (rendezvous) e furono compiute le prime passeggiate spaziali americane (dette EVA, Extra Vehicular Activity), la prima delle quali fu compiuta dall astronauta Edward White durante la missione Gemini 4 nel luglio Ci furono due iniziali tentativi fallimentari di rendezvous tra navicella e uno stadio del razzo vettore (Gemini 4) o un satellite (Gemini 5), ma il primo ad avere successo avvenne il 15 dicembre 1965 tra le navette Gemini 6 e Gemini 7: l ottima manovrabilità dei veicoli (con la possibilità di variare la velocità di 3 centimetri al secondo) permise di modificare le traiettorie di avvicinamento in modo molto preciso e Gemini 6 riuscì ad avvicinarsi a 30 centimetri da Gemini 7, senza contatto. Nella successiva missione Gemini 8 (16 marzo 1966) venne compiuto il primo rendezvous con aggancio della storia: la navicella con equipaggio (il comandante era Neil Armstrong) si avvicinò ad un satellite lanciato appositamente per la missione (denominato Agena) e si agganciò ad esso in orbita intorno alla Terra; tale missione rischiò però di tramutarsi in tragedia allorché uno degli ugelli di controllo dell assetto del veicolo rimase bloccato in posizione aperta e la navicella iniziò a girare vorticosamente senza controllo: a quel punto (dopo lo sgancio dal satellite), al limite della perdita dei sensi e con il rischio di un cedimento strutturale, Armstrong riuscì a spegnere a uno a uno i motori di assetto e a far rientrare la capsula in atmosfera. Le successive 4 missioni (Gemini 9,10,11,12) perfezionarono le manovre di congiungimento in orbita (non senza errori o problemi tecnici risolti di volta in volta), dando un importante contributo alla corsa per la Luna. Il programma si concluse ufficialmente il 1 febbraio Nella foto a fianco: Neil Armstrong e David Scott a bordo della Gemini 8 appena messa in sicurezza dopo l ammaraggio d emergenza nell oceano Pacifico. 7

9 1.6 Il programma Apollo Il programma Apollo, varato nel 1961, iniziò veramente e si delineò come progetto lunare solo dopo il discorso di Kennedy del 25 maggio I primi lanci del programma avvennero tra il 1961 e il 1966, tutti senza equipaggio; il loro obiettivo era testare i razzi vettori e le apparecchiature, nonché immettere in orbita alcuni satelliti. Solo a partire dal 1967 iniziò la fase dei voli con equipaggio. Il 27 gennaio 1967 l astronauta Gus Grissom entrò nell abitacolo dell Apollo 1; rispetto alle capsule Mercury e Gemini lo spazio era decisamente aumentato: si poteva stare in piedi, erano presenti tre cuccette sostenute da montanti in mezzo alla capsula e tutto intorno agli astronauti, oltre alla strumentazione, c erano ben 5 finestrini. In questo spazio avrebbero dovuto poter vivere e lavorare tre persone per almeno due settimane, mangiando cibo disidratato da sacchetti di plastica e bevendo acqua sterile da flaconcini, dormendo legati sopra e sotto le cuccette, lavandosi con fazzoletti umidificati, urinando nello spazio attraverso un tubo flessibile e defecando dentro bustine di plastica appoggiate al sedere Il tutto in viaggio per la Luna. L Apollo era una vera astronave, dotata di computer con i quali l equipaggio poteva calcolare posizione e velocità, navigando anche autonomamente nello spazio per andare e tornare dalla Luna. Questo veicolo, con i suoi 2 milioni di pezzi, era il concentrato della migliore tecnologia americana: tutti i sistemi, dall impianto di condizionamento all elettronica, dalle batterie per l energia ai paracadute erano il meglio del meglio. Quella mattina del gennaio 1967 a Cape Canaveral Grissom entrò insieme ai suoi due compagni Edward White e Roger Chaffee nella capsula per effettuare il test plugs out : sostanzialmente si sarebbe simulato il funzionamento della navicella al decollo, prima di effettuarlo realmente. Alle gli astronauti furono chiusi nell abitacolo e i tecnici iniziarono a pomparvi dentro ossigeno puro a una pressione superiore a quella atmosferica: tale procedura era applicata per attenuare gli effetti di un eventuale fuga di ossigeno nello spazio e per tenere bloccato il portello che si apriva verso l interno. Il test però non riusciva a iniziare a causa di problemi con i sistemi di comunicazione. Alle dalla navicella giunse una comunicazione disperata: Fuoco in cabina! ; 17 secondi dopo fu lanciato l ultimo messaggio terminato con un grido di dolore: l aria satura di ossigeno aveva accelerato la propagazione delle fiamme e l elevata pressione aveva impedito di aprire il portello. I corpi dei tre astronauti furono ritrovati carbonizzati e l evento provocò sgomento in tutto il paese: era il più grave incidente nella corsa allo spazio mai avvenuto fino ad allora. La commissione d inchiesta istituita per il caso rilevò dei cavi scoperti che per un cortocircuito o una scintilla avevano innescato l incendio; immediatamente si procedette alla riprogettazione della capsula. EVA dell'astronauta David Scott durante la missione Apollo 9 Nei mesi successivi si lavorò alacremente per risolvere i vari problemi tecnici e per testare il nuovo lanciatore che avrebbe portato l uomo sulla Luna: il razzo Saturno V. Vennero eseguiti tre test senza piloti a bordo, il primo dei quali fu l Apollo 4, decollato il 9 novembre 1967 sul Saturno V con l obiettivo di rilevare diversi parametri utili alle missioni future, tra cui la resistenza dello scudo termico della capsula ad un rientro ad alta velocità; seguirono Apollo 5 (decollato il 22 gennaio 1968, doveva testare la manovrabilità del LEM in orbita terrestre) e Apollo 6, che fu lanciato il 4 aprile 1968 per l abilitazione finale del razzo Saturno V, il quale subì durante il decollo le cosiddette oscillazioni pogo: l erogazione del combustibile e la combustione nei motori a razzo non è perfettamente uniforme e si creano delle violente oscillazioni che, se entrano in risonanza con altre parti del razzo, possono compromettere l intera struttura. Nel 8

10 caso della missione Apollo 6 le oscillazioni pogo non furono così devastanti e, nonostante si fosse verificato un problema ad un motore, il razzo fu dichiarato idoneo per le missioni con equipaggio. L 11 ottobre 1968 finalmente venne lanciato l Apollo 7 con equipaggio a bordo: gli astronauti Walter Schirra, Donn Eisele e Walter Cunningham furono scelti per la missione che consisteva nell orbitare intorno alla Terra per 11 giorni testando le strumentazioni della navicella, la sua capacità di rendezvous in orbita e la resistenza dell equipaggio; fu un pieno successo. La successiva missione Apollo 8 fece storia: essa aveva come obiettivo allontanarsi dall orbita terrestre per entrare in quella lunare, orbitare per 20 ore intorno alla Luna e poi rientrare sulla Terra. I piloti dell equipaggio, formato dagli astronauti Lovell, Anders e Borman, decollarono il 21 dicembre 1968 e furono i primi esseri umani a vedere concretamente la faccia nascosta della Luna, sorvolandola nel silenzio profondo dello spazio (le comunicazioni radio con la Terra sono impossibili dal lato nascosto della Luna); durante il loro volo, nella notte della vigilia di Natale, in diretta televisiva con l intero pianeta, centinaia di milioni di persone videro le immagini sfocate dei tre astronauti che a km di distanza lessero i primi versetti sulla creazione del mondo tratti dalla Genesi; poi conclusero salutando: Dall equipaggio dell Apollo 8 intorno alla Luna, Dio benedica tutti voi sulla nostra cara vecchia Terra. Il rientro avvenne con successo il 27 dicembre La missione Apollo 9 partì il 3 marzo 1969, con a bordo gli astronauti McDivitt, Scott e Schweickart; essa servì per testare il Lunar Excursion Module (LEM) in orbita terrestre: McDivitt e Schweickart entrarono nel modulo lunare e lo pilotarono sganciandosi e allontanandosi di oltre 200 km (113 miglia nautiche per l esattezza, con 1 nautical mile = 1852 metri) dal modulo di comando. Con l operazione di rendezvous in orbita (riaggancio al CM) del LEM e la validazione degli ultimi elementi dell equipaggiamento per l allunaggio la missione fu considerata un successo. Apollo 10 decollò il 18 maggio 1969; l equipaggio era composto dagli astronauti Cernan, Stafford e Young. L obiettivo della missione era testare in orbita lunare il LEM: Stafford e Cernan sorvolarono la superficie lunare avvicinandosi a soli 15,6 km dal suolo e facendo numerose riprese del Mare della Tranquillità, il luogo che era stato scelto per il primo allunaggio. Durante il ritorno a Terra la navicella dell Apollo 10 raggiunse una velocità di 11,082 km/s nel rientro in atmosfera: ancora oggi è il record assoluto di velocità per un veicolo con equipaggio di rientro dallo spazio. Gli sfortunati astronauti dell Apollo 1, da sinistra a destra: Gus Grissom, Edward White e Roger Chaffee. L essere umano ha raggiunto la Luna anche grazie al loro sacrificio. 9

11 CAPITOLO 2 La missione Apollo Gli astronauti Gli astronauti che formarono l equipaggio della missione Apollo 11 furono: Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins. Neil Armstrong (Wapakoneta, 5 agosto 1930 Cincinnati, 25 agosto 2012) fu il comandante della missione e il primo uomo a mettere piede sulla Luna. Egli mostrò fin da piccolo una grande passione per il volo e partecipò come pilota da caccia alla guerra di Corea ( ) nei ranghi della U.S. Navy. Successivamente si laureò in ingegneria aereonautica e iniziò a lavorare come collaudatore di velivoli sperimentali (in particolare l aviorazzo X-15) alla Edwards Air Force Base in California per conto della NACA (divenuta dal 1958 NASA). Si candidò come astronauta nel 1962 e fu selezionato per partecipare alle missioni Gemini. Comandò la missione Gemini 8 (portandosi con sé un frammento del Flyer, l aereo dei fratelli Wright) e fece parte della riserva alla missione Gemini 11, svolgendo il ruolo di capsule comunicator (addetto alla comunicazione) dalla base a terra. Dopo l impresa lunare si congedò dalla NASA (1971) e si dedicò all insegnamento presso la facoltà d ingegneria aereospaziale dell università di Cincinnati fino al Collaborò in diversi consigli d amministrazione presso varie aziende e partecipò alle commissioni d inchiesta sugli eventi relativi alla missione Apollo 13 e quella dello Space Shuttle Challenger. Nella sua vita privata si sposò due volte ed ebbe 3 figli; fatta eccezione per alcuni spot pubblicitari, cercò sempre di vivere un esistenza fuori dai riflettori e fece molta beneficenza. Neil Armstrong si è spento il 25 agosto 2012, a 82 anni, fra la commozione di tutto il mondo. Buzz Aldrin nacque a Montclair il 20 gennaio 1930 come Edwin Eugene Aldrin, ma dal 1988 ha assunto come primo nome il suo storico soprannome Buzz ; egli fu il pilota del LEM Eagle e il secondo uomo a camminare sulla Luna. Aldrin studiò all accademia militare di West Point e partecipò alla guerra di Corea come pilota da caccia; successivamente ottenne un dottorato in astronautica al Massachusetts Institute of Technology. Fu selezionato come astronauta nel 1963 e partecipò alle missioni Gemini 12 e Apollo 11; dopo l avventura lunare di congedò dalla NASA (1971) e tornò a lavorare per l aereonautica militare. Nella sua vita ha partecipato a numerose manifestazioni, ha scritto un autobiografia ( Return to Earth ) e come i suo colleghi dell Apollo 11 ha ricevuto numerose onorificenze. Michael Collins (Roma, 31 ottobre 1930) fu il pilota del modulo di comando e servizio (CMS) della missione. Figlio di un diplomatico, si laureò all accademia di West Point divenendo pilota; fu selezionato per divenire astronauta nel Partecipò alle missioni Gemini 10 e Apollo 11; nella missione dell Apollo lui non toccò il suolo lunare, rimanendo in orbita in attesa del rendezvous del LEM al CMS. Dopo il rientro si congedò dalla NASA nel 1970 e scrisse un libro sulla sua esperienza ( Carryng the Fire ). Nella sua vita ha ricevuto numerose onorificenze e alla morte del collega Neil Armstrong lo ha ricordato con parole di profonda stima: Era il migliore, e mi mancherà terribilmente. 2.2 Prima della missione Dopo i successi ottenuti nelle precedenti quattro missioni con equipaggio, la NASA decise che l Apollo 11 sarebbe stata la missione del primo sbarco. Il ciclo di addestramento al quale furono sottoposti nei mesi antecedenti al lancio gli astronauti fu molto intenso, ma tutti notarono che i tre, nonostante il lavoro instancabile, non sembravano formare un equipaggio coeso e umanamente unito. Arrivavano ai simulatori separatamente, pranzavano a tavoli diversi e, secondo gli istruttori della NASA, sembravano comportarsi l un con l altro da amabili estranei. I tre non hanno mai smentito, ma nei libri che hanno pubblicato dopo la missione hanno scritto di essere stati semplicemente delle persone introverse messe sotto una grande pressione psicologica, intente esclusivamente ad addestrarsi al meglio per ogni singolo evento della missione. 10

12 Secondo una tradizione in voga presso la NASA, gli equipaggi destinati allo spazio potevano scegliere un nome alla propria navicella: Michael Collins diede il nome di Eagle ( Aquila ) al LEM con cui i suoi compagni sarebbero atterrati sulla superficie lunare, mentre il CSM fu denominato Columbia in ricordo della Columbiad, il gigantesco cannone che nel romanzo di Jules Verne spara la navicella verso la Luna. L equipaggio di riserva della missione, formato dagli astronauti Lovell, Anders e Haise, aveva il compito, insieme a un team di supporto formato da 9 membri (scienziati e ingegneri selezionati per la future missioni nello spazio), di comunicare attivamente con l equipaggio della missione, svolgendo simulazioni a terra per capire eventuali problemi durante lo svolgimento dell impresa e comunicare le possibili soluzioni. Gli astronauti dell Apollo 11, da sinistra a destra: Neil Armstrong, Michael Collins, Buzz Aldrin. 2.3 Il viaggio verso la Luna Alle prime luci dell alba del 16 luglio 1969, gli astronauti con indosso le loro tute bianche si diressero verso la sommità del complesso di lancio 39A del Kennedy Space Center per entrare nella capsula Apollo installata in cima al poderoso razzo Saturno V, alto 110,6 metri. Alle ore 9:32 locali (13:32:00 UTC, ovvero secondo il fuso orario di riferimento universale misurato con gli orologi atomici), dopo il conto alla rovescia, una luce accecante nascose i primi 60 metri della torre di lancio; la spinta generata dai cinque motori F-1 del primo stadio (S-IC) del Saturn V era talmente grande (circa 34,5 milioni di newton) che le vibrazioni del terreno erano chiaramente percepibili fino a 80 miglia di distanza (circa 130 km dalla rampa di lancio) e tutti i sismografi degli Stati Uniti continentali poterono avvertire un lieve sisma. Il mostruoso vettore iniziò lentamente ad alzarsi, impiegando 12 secondi per lasciare la torre di lancio e bruciando 15 tonnellate di carburante al secondo per spingere in cielo le sue quasi 3000 tonnellate (comprendenti per lo più carburante); a 130 metri di Il decollo del Saturno V 11

13 altezza il vettore iniziò una manovra di allineamento con la corretta traiettoria di volo per poi seguire un programma di beccheggio predefinito (oscillazione lungo l asse trasversale del veicolo), impostato in base all intensità dei venti della Florida in quel mese. Mentre il razzo saliva, l accelerazione continuava ad aumentare per due ragioni: la riduzione della massa del carburante e la resa migliore dei motori F-1 nell aria rarefatta dell alta atmosfera. Dopo 135 sec il motore centrale veniva spento e gli altri motori continuavano a funzionare fino all esaurimento del carburante o dell ossidante. Il primo stadio bruciò per 2 minuti e mezzo circa, portando il razzo a 68 Km di quota ed una velocità di 9920 Km/h, bruciando Kg di carburante; in questa fase gli astronauti sopportarono un accelerazione massima pari a quasi 4 g. Un milione di persone intorno alla base assistette al lancio, e centinaia di milioni lo videro in diretta televisiva in tutto il mondo. Dopo il distacco del primo stadio del Saturno V e dell interstadio (elemento strutturale di congiungimento tra due parti del razzo), che avvenne grazie alla spinta di otto piccoli retrorazzi, si accesero i 5 motori J-2 del secondo stadio (S-II) che bruciarono per 6 minuti e mezzo, portando il razzo a 176 Km di altitudine e a Km/h, velocità molto vicina a quella orbitale finale. Circa 38 secondi dopo l accensione del secondo stadio cambiò la modalità di guida del Saturno V: il computer di bordo passò dall esecuzione di una traiettoria programmata ad una modalità detta Iterative Guidance Mode, in cui valutava in tempo reale la migliore traiettoria verso il raggiungimento Distacco dell interstadio (fotografato durante il lancio dell Apollo 6) dell orbita (ottimizzata per l uso del carburante) e inviava di conseguenza segnali di controllo ai motori. In caso di malfunzionamento, l equipaggio era stato addestrato per prendere il controllo manuale del razzo. Cinque sensori posti nella parte bassa di entrambi i serbatoi dell S-II (il serbatoio dell idrogeno e quello dell ossigeno) venivano attivati durante il volo dell S-II: il loro scopo era determinare l esatto momento per lo spegnimento e la separazione dello stadio (che avveniva quando due di questi sensori rilevavano un basso livello di carburante o ossidante). Un secondo dopo lo spegnimento dei motori avveniva la separazione vera e propria, seguita dopo pochi secondi dall accensione del terzo stadio. Retrorazzi a carburante solido posizionati sull interstadio, spingevano indietro lo stadio ormai esaurito. L S-II, come già prima il primo stadio, proseguiva lungo una traiettoria balistica per poi precipitare nell Oceano. Avvenuto il distacco del secondo stadio si accese il terzo (S-IVB, la sigla indica quarto, ma in realtà era il terzo), il quale bruciò una prima volta per 2 minuti e mezzo circa, spegnendosi 11 minuti e 40 secondi dopo il lancio, quando il razzo si trovava in un orbita circolare (detta di parcheggio ) compresa tra i 183 e i 186 Km di altezza (dati NASA) con una velocità di 7790 m/s (28044 Km/h). L S-IVB rimase agganciato al CSM in attesa di essere riacceso dopo un orbita e mezzo per la TLI (Trans Lunar Injection): nel corso di questo periodo l equipaggio e il personale del Controllo Missione a terra (nella base di Houston) provvidero alla verifica di tutti i sistemi. Due ore e 44 minuti dopo il lancio il terzo stadio fu riacceso e sospinse la capsula Apollo verso la Luna, secondo la traiettoria prestabilita (Trans Lunar Injection). Durante il viaggio avvenne lo 12

14 sganciamento del CSM (modulo di comando unito a quello di servizio) dal terzo stadio: nella parte alta del S-IVB era custodito il LEM, per cui il CSM ruotò di 180 rispetto alla posizione iniziale e agganciò con la parte alta della CM il modulo lunare. Successivamente il treno lunare (CSM + LEM) si allontanò dall S-IVB (destinato a inserirsi in orbita solare). Le quattro fasi: Distacco dal terzo stadio Rotazione del CSM Aggancio del LEM Allontanamento dal terzo stadio La capsula dell Apollo 11 continuò il suo viaggio verso la Luna lungo km, girando lentamente, ma costantemente, su se stessa per poter distribuire il calore solare in modo uniforme 13

15 sulla superficie metallica, evitando che tra le parti in ombra e quelle illuminate si potesse formare una differenza di temperatura fino a 150 C, con possibili effetti devastanti sull integrità strutturale e sulla strumentazione di bordo. Durante il viaggio translunare fu trasmessa in tutto il mondo la prima diretta televisiva dall Apollo 11. Il 17 luglio venne acceso per tre secondi il motore del modulo di servizio per effettuare un correzione della traiettoria; erano previste altre correzioni durante il viaggio, ma il lancio era stato un tale successo che non furono necessarie. Il 18 luglio Armstrong e Aldrin indossarono le loro tute ed entrarono attraverso il tunnel di collegamento CM-LEM nel modulo lunare Eagle adeguatamente pressurizzato; da lì fu trasmessa la seconda diretta televisiva nella quale gli astronauti mostrarono l interno del LEM e la complessità della strumentazione. Dopo 2 ore trascorse nell Eagle i due uomini rientrarono nel Columbia per concedersi un po di riposo. Il 19 luglio l Apollo 11 giunse in prossimità della Luna e gli astronauti eseguirono l inserimento in orbita selenocentrica senza il supporto del centro di controllo a terra di Houston, poiché si trovavano sul lato nascosto del satellite e le comunicazioni erano interrotte (il periodo d interruzione dei contatti radio durava 34 minuti). Fu necessario accendere il motore di servizio per 357,5 secondi per inserirsi inizialmente in un orbita ellittica compresa tra le 69 e le 190 miglia nautiche (tra i 128 e i 352 km), poi, con un ulteriore accensione di 17 secondi la distanza orbitale si ridusse a un intervallo compreso tra le 62 e le 70,5 miglia nautiche ( km circa). L abbassamento dell orbita si rese necessario per giungere ad una distanza tale dalla superficie lunare da permettere al LEM di atterrare e successivamente riagganciarsi al CSM per il ritorno verso la Terra. 2.4 L allunaggio Alle UTC (14.27 a Houston) del 20 luglio iniziò la fase cruciale della missione: venne pressurizzata nuovamente la cabina dell Eagle e gli astronauti Armstrong e Aldrin vi presero posto per effettuare la loro straordinaria discesa lunare. Gli ultimi controlli della strumentazione durarono più di due ore e mezza, ma alla fine tutto risultò a posto; a 100 ore e 12 minuti dal decollo, durante la tredicesima rivoluzione intorno alla Luna (quando erano ancora sul lato nascosto), il LEM si sganciò dal CSM per iniziare la discesa Armstrong comunicò a Houston: Aquila [Eagle] ha messo le ali. Dopo un ultimo controllo visivo da parte di Collins (rimasto sul Columbia), che verificò come l esterno del LEM fosse nella configurazione opportuna per l atterraggio (con le 4 gambe dispiegate), Aldrin accese per 30 secondi il motore e iniziò la discesa motorizzata in un orbita più bassa. Il breve impulso dato dal Il LEM Eagle fotografato dal Columbia motore permise di passare da un orbita quasi circolare ( km sopra la superficie lunare) ad una fortemente ellittica compresa tra i 15 km (perilunio) e i 110 km (apolunio); questo passaggio permise di avvicinarsi alla superficie lunare con un piccolo dispendio di carburante. Poco dopo iniziò, a partire dal punto di perilunio, la fase di frenata: mentre il LEM volava ancora parallelo al terreno, il motore iniziò a rallentarlo da una velocità di 1695 m/s ad una di circa 150 m/s; nell eseguire ciò il radar d atterraggio agganciò il suolo e iniziò a trasmettere dati relativi all altitudine e alla velocità, cosicché gli astronauti potevano verificare se stavano percorrendo la giusta traiettoria impostata nel computer. Dopo 4 minuti dall inizio della 14

16 discesa motorizzata, il computer di bordo (tra i più all avanguardia dell epoca, con una memoria interna di appena 6 MB e un unità di calcolo da 2 MHz) comunicò: allarme Armstrong chiese spiegazioni al controllo missione e a Houston ci fu un attimo di panico, ma fortunatamente l ingegnere Stephen Bales, addetto al controllo missione, si ricordò che quell allarme, verificatosi durante una simulazione, indicava un sovraccarico di dati da elaborare per il computer (si scoprì in seguito che il radar di rendez-vous con il CM era rimasto acceso per sbaglio, fornendo dati inutili in quel momento). Consapevole che tale allarme non pregiudicava la missione, Bales diede il via libera per andare avanti e lo riconfermò per tutte le volte (ben 5) in cui venne segnalato un allarme a bordo. Successivamente, a un altitudine di circa 700 metri, iniziò la fase di puntamento vera e propria, nella quale gli astronauti cercarono di individuare la zona di atterraggio, orientandosi grazie a dei punti di riferimento al suolo che avevano imparato a memoria durante le simulazioni. Fasi di discesa del LEM. Durante questa fase, mentre gli astronauti osservavano l orizzonte lunare attraverso una scala graduata sul finestrino e controllavano i dati del computer, Armstrong si accorse che ciò che vedeva non corrispondeva alle previsioni: invece di osservare una liscia pianura priva di ostacoli, si stavano avvicinando ad una zona piena di massi e crateri, inadatta ad atterrare. A quel punto, compreso che il LEM era andato lungo (in gergo aeronautico: mancare il punto d atterraggio) e poiché ormai si trovavano a poche centinaia di metri dal suolo (circa 300 m), Armstrong disinserì il pilota automatico e prese il controllo manuale dell Eagle per farlo atterrare in un luogo sicuro; a Houston, intanto, il personale del controllo missione stimò, attraverso i computer, che il LEM era 6 km fuori bersaglio (con 10 km di errore la missione sarebbe stata automaticamente abortita). Nel frattempo l Eagle continuò la sua discesa: tra i 90 e i 60 metri dal suolo la velocità calò drasticamente, per poi aumentare rapidamente e diminuire ancora. Durante quei minuti il cuore di Neil Armstrong, noto per essere un uomo dal sangue freddo, superò i 150 battiti al minuto; ma, nonostante questo, con una calma sovraumana, l astronauta chiese al compagno Aldrin quanto combustibile restasse: 8 % fu la risposta, quasi nulla. A 30 metri dal suolo si accese una spia rossa: mancavano 90 secondi alla fine del carburante. A Houston iniziò il conto alla rovescia: nelle trasmissioni tra il centro di controllo e il LEM si udiva solo più la scansione del tempo, prima 60, poi 30 secondi Proprio a quel punto Armstrong riuscì a intravedere una piccola area priva di ostacoli: sarebbe atterrato lì. 15

17 30 piedi [10 metri circa], solleviamo polvere disse Aldrin alla radio; portalo giù, Neil, portalo giù pregavano tutti alla base in un silenzio surreale. Finalmente Aldrin: Luce di contatto Le zampe dell Eagle toccarono la superficie e Buzz si affrettò a spegnere il motore. Erano le ore 20:17:40 UTC (15:17:40 ora di Houston) e mancavano solo più dieci secondi prima della fine del carburante. Dopo un breve scambio di sguardi tra i due uomini, Armstrong comunicò al centro di controllo: Houston, Tranquillity Base here. The Eagle has landed Houston, qui Base della Tranquillità. L Aquila è atterrata La risposta ad Armstrong giunse dal futuro astronauta della missione Apollo 16 Charlie Duke, allora incaricato dei contatti con la missione: Roger vi riceviamo Qui abbiamo un gran numero di ragazzi che stavano diventando blu: adesso possono respirare di nuovo! Grazie tante. Alla base di Houston scoppiò una gioia immensa: dopo quasi un decennio di sforzi e sacrifici, due esseri umani erano atterrati sulla Luna. La notizia si diffuse rapidamente in mondovisione: fu una festa planetaria. Secondo il programma i due astronauti avrebbero dovuto riposare per un periodo di quattro ore prima di compiere la loro EVA (l attività extra veicolare) sulla superficie lunare: ma i due, desiderosi di uscire dal LEM, alle ore 22:12 UTC (17:12 a Houston) chiesero il permesso di anticipare la passeggiata lunare; poiché il medico a Terra che controllava i parametri vitali di Neil e Buzz disse che non c erano problemi, fu dato l OK ai preparativi per l attività. La preparazione all uscita dall Eagle durò più di quattro ore, ma alla fine, dopo qualche difficoltà ad uscire dal portello (a causa dell ingombro della tuta e dello zaino di supporto vitale), Neil iniziò a scendere i gradini del LEM, attivando la telecamera esterna che trasmetteva la diretta televisiva e commentando ciò che vedeva relativo alla superficie ( A grana fine, quasi come polvere ). Alle ore 02:56 UTC del 21 luglio 1969 (04:56 ora italiana, 21:56 del 20 luglio ora di Houston) Neil Armstrong compì il primo passo di un essere umano su un altro corpo celeste e disse: That's one small step for a man, one giant leap for mankind. Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande balzo per l umanità. In quel momento si stima che circa 600 milioni di persone nel mondo assistettero a quell evento epocale, forse il più grande avvenimento nella storia del genere umano dalla scoperta del fuoco. Circa venti minuti dopo uscì anche Buzz Aldrin, il quale commentò: Magnifica desolazione. I due uomini iniziarono subito a raccogliere campioni di rocce, scattando foto alla superficie tutto intorno e al LEM (per poter constatare come si era comportata la struttura del modulo a contatto con il terreno lunare). A circa mezzora dallo sbarco giunse una telefonata dal presidente Nixon, il quale si complimentò per il successo conseguito dai due coraggiosi astronauti, che nel frattempo avevano faticosamente piantato la bandiera americana, tenuta aperta da un asta orizzontale, in un mondo senz aria. Armstrong si prepara a compiere il primo passo sulla Luna. 16

18 Essi spostarono anche la telecamera esterna per poter inquadrare l Eagle, che si stagliava sull orizzonte lunare. Il lavoro principale dei due astronauti, oltre alla raccolta dei campioni, consisteva nel posizionare a un centinaio di metri dal modulo lunare un gruppo di strumenti (chiamato EASEP, ovvero Early Apollo Scientific Experiments Package) per eseguire esperimenti e rilevazioni scientifiche: un sismografo, un rilevatore di polveri, un foglio di alluminio per raccogliere le particelle provenienti dal Sole (recuperato per le analisi in laboratorio), un antenna radio per trasmettere i dati a terra e un riflettore di raggi laser (usato per misurare con accuratezza la distanza Terra-Luna). Armstrong e Aldrin saltellarono sulla superficie lunare (dove l accelerazione di gravità è 1,62 m/s 2, circa un sesto di quella terrestre) fino a una distanza di un centinaio di metri dal LEM, scattando foto e cercando di riconoscere i vari tipi di roccia presenti, grazie alla preparazione in geologia che avevano dovuto compiere durante l addestramento. Inoltre essi depositarono sul terreno dei medaglioni commemorativi con i nomi degli astronauti che avevano perso la vita nella tragedia dell Apollo 1 e in altri incidenti occorsi negli anni precedenti, più un disco in silicio contenente messaggi di saluto da 73 paesi diversi e i nomi dei dirigenti degli Stati Uniti e della NASA. Buzz Aldrin cammina sulla Luna Buzz Aldrin in piedi vicino alla bandiera americana Neil, nelle sue memorie, raccontò che durante l EVA, fermandosi per un istante ad osservare la Terra immersa nel nero dello spazio, alzò il pollice e nascose la sagoma del pianeta: disse che non si era mai sentito così piccolo davanti all immensità del cosmo. Dopo un ora e 33 minuti di attività extra veicolare Aldrin rientrò nel LEM, seguito 41 minuti dopo da Armstrong, il quale passò in tutto 2 ore e 31 minuti sulla superficie del satellite naturale. A destra: Armstrong, fotografato da Aldrin, lavora vicino alle zampe dell Eagle. 17

19 2.5 Il decollo dalla Luna e il ritorno sulla Terra Dopo la conclusione delle attività extra veicolari, Neil e Buzz, rientrati nel modulo pressurizzato, passarono un periodo di riposo, nel quale mangiarono e dormirono, prima di prepararsi al ritorno in orbita lunare per l appuntamento con il CM. In tutto questo tempo Collins era rimasto sul Columbia in orbita intorno alla Luna, godendo della solitudine più estrema mai provata da un uomo, poiché si trovava da solo a km dalla Madre Terra, culla della vita e del genere umano. Sul LEM furono caricati circa 21 kg (46 libbre, dati NASA) di materiale lunare, mentre gli zaini di supporto vitale, gli scarponi lunari e le attrezzature non più utili furono lasciati sul terreno Neil Armstrong all interno del LEM vicino al modulo, per alleggerire il carico da trasportare in orbita. Prima della partenza vennero immesse nel computer le coordinate precise del modulo lunare, affinché si potesse calcolare la traiettoria corretta per il rendezvous orbitale con il modulo di comando. Alle 17:53 UTC del 21 luglio i due astronauti decollarono dalla Luna dopo aver trascorso 21 ore e 36 minuti sulla sua superficie: la parte superiore del LEM (lo stadio di ascesa), con la cabina dove alloggiava l equipaggio, si alzò dal suolo lunare grazie al suo endoreattore, mentre lo stadio di discesa con le zampe d atterraggio (e relativo motore) rimase al suolo, fungendo da rampa di lancio. Su una delle zampe della parte del LEM abbandonata rimase una placca con il disegno dei due emisferi terrestri, accompagnato dalle firme degli astronauti e del presidente Nixon, oltre che da un iscrizione: Here men from planet Earth first set foot upon the Moon July 1969 A.D. We came in peace for all mankind [ Qui uomini dal pianeta Terra fecero il primo passo sulla Luna Luglio 1969 d.c. Siamo venuti in pace per tutta l'umanità ]. Una curiosità: prima del decollo, l interruttore che permetteva di gestire il sistema idraulico (che portava il carburante al motore) uscì di sede, rischiando di impedire la risalita in orbita dei due uomini; dopo alcune ore di lavoro, seguendo i consigli di Houston, i due riuscirono a risolvere il problema e, secondo i resoconti, ciò fu possibile grazie ad una penna di Aldrin con cui premettero il tasto uscito di sede. Dopo il decollo, entrarono dapprima in un orbita fortemente ellittica compresa tra i 20 km e i 100 km circa (11-55 miglia nautiche), poi in un orbita sempre più vicina a quella circolare del CM, compresa tra i 105 km e i 135 km circa (57-72 miglia nautiche). Quando si trovarono abbastanza vicini da pilotare a vista, il LEM si avvicinò al CM e riuscì a ricongiungersi (ore 17:35 del 21 luglio) ad esso dopo due tentativi, grazie alla perizia di Collins nel manovrare il Columbia per avvicinarsi senza urti all altro veicolo. Neil e Buzz rientrarono nel CM e quattro ore dopo l Eagle venne abbandonato in orbita lunare; sempre il 21 luglio, dopo 59 ore in orbita intorno alla Luna, il Columbia accese il motore per 2 minuti e mezzo e si inserì in una traiettoria Luna-Terra. Una seconda accensione del motore per circa 11 secondi si rese necessaria per una piccola correzione in volo; il viaggio di ritorno si svolse senza particolari problemi e 44 ore dopo aver lasciato l orbita selenocentrica iniziò la procedura di rientro: il SM (modulo di servizio) fu abbandonato prima del rientro (si sarebbe disintegrato in atmosfera prima di giungere a terra) e il CM, orientato con la base rivolta verso il basso per schermare al meglio il calore generato dall attrito con l aria, iniziò la rapida discesa verso l oceano Pacifico. L ammaraggio avvenne il 24 luglio alle ore 16:50:35 UTC a sud-est delle Hawaii, a circa 24 km dalla nave di recupero, la portaerei USS Hornet. Dopo essere stati tratti in salvo, i componenti dell equipaggio dell Apollo 11 passarono un breve periodo di quarantena, dopo il quale intrapresero diversi viaggi cerimoniali in tutti gli Stati Uniti, osannati e celebrati da folle di persone. Il CM ammarato nell oceano Pacifico 18

20 CAPITOLO 3 Gli aspetti scientifici basilari L allontanamento dalla Terra e l immissione di una navicella spaziale in orbita lunare ha richiesto studi accurati di astrodinamica, per consentire al mezzo di raggiungere l obiettivo in tempi brevi e con consumi di carburante accettabili. 3.1 Cos è un orbita e come funziona Si definisce orbita la traiettoria descritta dal moto di un corpo in movimento intorno a un altro corpo; il termine è particolarmente usato per indicare la traiettoria di un corpo animato da moto centrale, e quindi in astronomia con riferimento al moto dei pianeti intorno al Sole o dei satelliti intorno a un pianeta e in astronautica con riferimento al moto di satelliti artificiali terrestri e di veicoli spaziali in genere. A Giovanni Keplero è dovuta la precisazione della dinamica delle orbite planetarie, condensate nelle sue tre leggi del moto dei pianeti: 1) le orbite dei pianeti sono ellissi di cui il Sole occupa uno dei fuochi (1609); 2) i raggi vettori, r, che uniscono i pianeti al Sole descrivono aree uguali in tempi uguali (1609), quindi i pianeti non si muovono alla stessa velocità lungo tutta l orbita, ma sono più veloci quando sono più vicini al Sole (al perielio) e più lenti quando sono più lontani (all afelio); 3) i quadrati dei periodi di rivoluzione intorno al Sole sono proporzionali ai cubi dei semiassi maggiori, a, delle orbite (1619): Nella figura qui sopra è rappresentata un'orbita ellittica, con indicati i suoi parametri caratteristici: semiasse maggiore (a), semiasse minore (b), semi-distanza focale (c), eccentricità (e). Tra questi parametri esistono le relazioni seguenti: 19

21 La Terra ha un orbita ellittica intorno al Sole con un eccentricità molto piccola (0,0167), tanto che i due fuochi sono entrambi racchiusi nel volume della stella. Nel 1687 venne pubblicata l opera Philosophiae Naturalis Principia Mathematica nella quale Isaac Newton riuscì a spiegare come i corpi massivi (dalle mele ai pianeti) interagiscono tra di loro e formulò i principi della dinamica, interpretando in base ad essi le leggi di Keplero e deducendo che il Sole esercita su un pianeta una forza proporzionale alla massa del pianeta e inversamente proporzionale al quadrato della sua distanza dal Sole. Newton dedusse poi che tale forza F non si limita al Sole e ai pianeti e che due corpi qualsiasi si attirano reciprocamente con una forza proporzionale al prodotto delle masse m 1 e m 2 e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza r, secondo la legge della gravitazione universale: Con G = 6,674 x N m 2 kg 2 costante di gravitazione universale. Lo studio del moto di due punti materiali (punti ideali in cui si immagina concentrata tutta la massa di un corpo) isolati nello spazio e sottoposti pertanto solo alla reciproca attrazione newtoniana riconduce come caso particolare al moto ellittico descritto dalle leggi di Keplero. Se i due corpi hanno massa tra loro confrontabile, si studia il movimento dei due corpi intorno al comune centro di massa. Se uno dei due corpi ha massa molto maggiore dell altro, come nel caso di un pianeta T e un satellite artificiale (o una navicella spaziale) S, si può studiare il moto di S intorno a T e porre in T la massa totale del sistema, somma della massa M del pianeta e della massa m del satellite. L equazione del moto di S è in questo caso (tralascio la dimostrazione): Dove r è il raggio vettore che congiunge T a S. Newton riuscì a dimostrare con la sua teoria della gravitazione universale e con i dati astronomici in suo possesso che le orbite dei corpi celesti soggetti alla forza di gravità sono delle sezioni coniche, ipotizzando una propagazione istantanea di tale forza (alla fine del 1600 non era ancora stato concepito il concetto di campo gravitazionale, una perturbazione dello spazio, sede di forze, che si manifestano quando una massa esploratrice ne può subire l azione). All inizio del 1900 Albert Einstein fu in grado di dimostrare che la gravità è dovuta alla curvatura dello spazio-tempo (la struttura quadridimensionale teorica oggi accettata dell universo, formato dalle tre dimensioni spaziali e dal tempo), rendendo non più necessaria l'ipotesi di una gravità che si propaga istantaneamente. La teoria della relatività è molto più precisa nel descrivere la natura e nel prevedere il moto dei corpi celesti rispetto alla teoria newtoniana; ad esempio la teoria di Einstein descrive meglio il moto orbitale di Mercurio, poiché il pianeta, molto vicino al Sole, è soggetto ad un campo gravitazionale molto forte e percorre la sua orbita ad elevata velocità, facendo sì che i calcoli fatti secondo la teoria di Newton non spieghino in modo efficace la precessione del perielio dell orbita. Inoltre la Relatività generale spiega il fenomeno della deviazione della luce stellare (la luce è costituita da particelle dette quanti di luce o fotoni, prive di massa) in presenza di una fonte di attrazione gravitazionale lungo la traiettoria del raggio luminoso. Secondo Einstein le orbite seguono traiettorie geodetiche (usate nella geometria analitica, esse sono linee tracciate sopra una superficie e tali che in ogni loro punto la normale ad esse coincida con la normale alla superficie in quel punto; per esempio le geodetiche della superficie sferica sono le circonferenze massime) che si avvicinano di molto ai calcoli di Newton. Per questo motivo la legge di Newton è ancora utilizzata in molti contesti, poiché è una buona approssimazione ed è molto più facile da usare. 20

22 3.2 Il moto dei corpi orbitanti Un veicolo spaziale può entrare in orbita intorno a un corpo celeste solo se il lanciatore imprime ad esso una velocità sufficiente, detta prima velocità cosmica ; in particolare tale velocità è necessaria per inserirsi nell orbita più elementare: quella circolare. Modellizzando la situazione si deve porre l uguaglianza tra la forza di attrazione gravitazionale, che tende a far precipitare il veicolo, e la forza centrifuga (uguale in modulo alla forza centripeta e determinata dal moto circolare compiuto dal mezzo intorno alla sorgente gravitazionale), che tende ad allontanarlo dal corpo celeste: m è la massa del corpo in orbita, v la prima velocità cosmica, R la distanza dal centro del corpo celeste ed M la sua massa. Dalla precedente si ricava: Dove è la costante gravitazionale planetaria del corpo celeste. Se un veicolo spaziale teorico deve allontanarsi dall orbita terrestre necessita di una velocità minima iniziale (senza ulteriore propulsione) detta velocità di fuga (o seconda velocità cosmica ). Sulla superficie della Terra la velocità di fuga è pari a circa 11,2 km/s, mentre a 9000 km dalla superficie è circa 7,1 km/s: è possibile ottenere tale velocità con un'accelerazione continua dalla superficie fino a quell'altezza, oltre la quale l'oggetto si potrà allontanare indefinitamente dalla Terra anche senza propulsione. Per calcolare la velocità di fuga da una grande sorgente gravitazionale come un pianeta si utilizza la legge di conservazione dell energia meccanica: (1/2)mv 2 è l energia cinetica del corpo mentre -G(Mm/r) corrisponde alla sua energia potenziale gravitazionale. Risolvendo rispetto a v f si ha infine: La velocità di fuga è una limite teorico e una navicella spaziale non necessita di una tale velocità iniziale poiché essa non riceve solo un impulso iniziale ( ), ma riceve una spinta costante erogata dall apparato propulsivo. 21

23 3.3 Le tipologie di orbita Un orbita può essere circolare, ellittica, parabolica o iperbolica. L orbita si definisce circolare quando la sua eccentricità è uguale a 0 e i due fuochi coincidono. Quando l eccentricità è maggiore di 0, ma inferiore a 1, allora l orbita è ellittica. Se l eccentricità eguaglia e supera 1, allora l orbita si presenta aperta; in particolare con e=1 la traiettoria è parabolica, se e>1 allora è iperbolica. Durante la missione Apollo 11 la navicella si immise in un orbita lievemente ellittica intorno alla Terra (definita orbita di parcheggio), fece una volta e mezzo il giro del globo e poi, ad un punto dell orbita prestabilito, riaccese i motori del terzo stadio del razzo Saturno V e si spinse verso la Luna, immettendosi in un orbita ellittica selenocentrica. La manovra di fuga dalla Luna per il ritorno fu la stessa, ma a sospingere la navicella c era solo più il motore del modulo di servizio, più che sufficiente ad allontanarsi dalla gravità lunare. L intero viaggio, sia all andata che al ritorno, è facilmente descrivibile come un grande otto allungato. A sinistra: un disegno che rappresenta i vari tipi di orbita in funzione dell eccentricità. Sotto: un disegno che esemplifica il viaggio compiuto verso la Luna. 22

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