SCUOLA MEDIA Pellegrino da San Daniele (San Daniele d.f.) e SCUOLA MEDIA Aldo Moro e la sua scorta (Ragogna) Speciale

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1 SCUOLA MEDIA Pellegrino da San Daniele (San Daniele d.f.) e SCUOLA MEDIA Aldo Moro e la sua scorta (Ragogna) VIAGGIO DI ISTRUZIONE CLASSI SECONDE Anno scolastico Speciale ALCUNE ISOLE DELLA LAGUNA DI VENEZIA Fascicoletto realizzato con la partecipazione della classe 2 A di S. Daniele

2 ISTITUTO OMNICOMPRENSIVO STATALE DI SAN DANIELE DEL FRIULI Sezioni Associate: Scuole Secondarie di I grado Aldo Moro e la Sua Scorta di Ragogna e Pellegrino da S.D. di San Daniele del Friuli Istituto Statale d Istruzione Superiore Vincenzo Manzini di San Daniele del Friuli Piazza IV Novembre SAN DANIELE DEL FRIULI (prov. di Udine) Telefono n Fax n udis01200e@istruzione.it sito: C.F CLASSI SECONDE SCUOLA SECONDARIA di I grado San Daniele + Ragogna VISITA DI ISTRUZIONE: ISOLE DELLA LAGUNA VENETA Murano, Burano e Torcello Mercoledì 4 Aprile 2012 Mezzo di trasporto Autopullman GT e da Venezia - Portegrandi in motonave Partenza ore 7,30 dalla sede scolastica (7,30 dalla sede scolastica di Ragogna) Rientro ore 19,00 ca. c/o sede scolastica (19,00 ca. alla sede scolastica di Ragogna) Arrivo a Portegrandi ore 10,00 ca. Salita a bordo della motonave e partenza per l Isola di Murano. E probabilmente l isola della laguna più nota in assoluto per la produzione del vetro soffiato, cristalli e Programma conterie. Visita di una bottega di un maestro artigiano vetraio. Il viaggio in laguna continua con la visita dell Isola di Torcello. E tra le mete turistiche più frequentate e luogo celebrato da letterati e viaggiatori romantici di ogni tempo. Suggestiva la sua piazza, di forma irregolare e motivazioni didattiche: disseminata da resti marmorei. La Cattedrale, risalente al sec.vii e rifatta nel XI, è il maggior monumento di architettura ravennate promuovere la scoperta di un esistente in laguna. Un lungo portico corre sulla sua fronte e la collega alla chiesa di Santa Fosca, eretta nel sec.xi-xii, a pianta centrale, territorio marino, sotto i dall elegante portico perimetrale e dalla movimentata volumetria. diversi aspetti - antropico, culturale, artistico, geografico e storico - visita della Cattedrale. Pranzo al sacco a bordo della motonave. Si riprende il viaggio alle Isole della Laguna con la visita dell Isola di Burano. Sembra che l isola sia stata abitata sin dai tempi delle invasioni barbariche. La produzione tipica locale è il merletto ad ago, con il cosiddetto punto in aria. Viene comunque usato anche il tombolo. Le case dell isola sono tradizionalmente dipinte a colori vivaci e fino a vent anni fa si stendevano le reti ad asciugare. Burano è stata molto amata da pittori ed artisti in genere.

3 TORCELLO Posizione geografica Piccolo centro, frazione del comune di Venezia, ubicato sull isola omonima nella parte più settentrionale della laguna, Torcello si trova a nord di Burano, ed è delimitata da una zona di barene, a sud-ovest dal canale dei Borgognoni e dal canale di Burano, a sud-est dal canale di Sant Antonio e a nord dal canale di Torcello. A nord e a est confina con le paludi della Rosa e della Centrega. Giungere all'isola del Torcello è un'esperienza affascinante. Il silenzio delle acque immerge in un clima che ci distacca dal rumore delle città e ci proietta in un tempo lontano. Già a distanza il punto di riferimento che orienta la navigazione verso l isola è una torre campanaria che svetta verso il cielo sulla linea piatta dell orizzonte lagunare. Avvicinandosi, la sua sagoma e quella dei due edifici di culto risultano l'unico segno di intervento umano in mezzo alla flora dell'isola. E pensare che in questo lembo di terra, dove sono rimaste solo poche decine di abitanti, affondano le radici della storia di Venezia: il suo primo splendore e la sua potenza, la sua prima sede episcopale, le sue prime fabbriche, il porto, i commerci. Torcello, Venezia: due destini completamente differenti eppure il loro legame rimane indissolubile, allora come adesso. La sua storia Pare derivi il suo nome latino, Turricellum, dalla cerchia di mura intervallata da torri, o meglio dal nome della torre di guardia più importante della città Fu uno dei più antichi insediamenti della laguna: molto probabilmente l'isola di Torcello a Venezia fu abitata in epoca romana, per lo meno nell età imperiale, quando qui sorgevano alcune fra le ville di Altino, ricordate dai famosi versi del poeta Marziale. Durante gli scavi compiuti negli anni Sessanta del XX secolo, è stata infatti rivelata l'esistenza di resti di abitazioni di tipo romano (probabilmente il luogo di villeggiatura della nobiltà). Tra il V e VI secolo d.c divenne rifugio dei superstiti di Altino, scampati agli Unni e alle numerose invasioni barbariche. Un'iscrizione epigrafica rinvenuta all interno dell edificio sacro ricorda, inoltre, che nel 639, per conto dell esarca di Ravenna Isaac (durante il vescovado di Mauro che a causa delle invasioni longobarde aveva guidato gli abitanti della vicina Altino sull'isola),venne innalzata la basilica. Torcello fu, a partire dall VIII secolo, sede vescovile e centro amministrativo delle varie isole che la circondano divenendo, come testimoniano i suoi monumenti, principale centro dell estuario. L isola, infatti, formava, assieme alle vicine Mazzorbo, Burano, Ammiana e Costanziaco, una delle maggiori isole commercianti nel Mar Adriatico: ebbe, così, il privilegio di diventare fin da subito un centro popoloso e attivo.

4 Monumenti e luoghi d interesse La cattedrale di Santa Maria Assunta Simbolo di antichità e fede, un luogo dell'anima posto in un isola dove la natura gioca un ruolo fondamentale: è sicuramente una meta da visitare perché rappresenta il lato più intimo di Venezia e per certi versi il suo inizio. Eretta originariamente nel VI secolo (la prima fabbrica è del 639 della quale resta la parte inferiore della facciata), ripresa poi tra l 864 e l 867 di cui rimangono soltanto alcuni elementi, ristrutturata infine nel 1008 circa nella forma attuale, quando venne costruito un maestoso campanile, è intitolata a Maria, Madre di Dio, da qui il nome di Basilica di Santa Maria Assunta; ed è proprio l immagine della Vergine, avvolta dall oro del mosaico duecentesco, ad accogliere dall abside centrale il fedele al suo ingresso nella chiesa. L esterno (preceduto da un portico quattrocentesco) è caratterizzato da forme semplici, finestroni con imposte formate da lastre di pietra. L interno, a tre navate su colonne dai capitelli corinzi, è chiuso da un presbiterio sopraelevato su una cripta del IX secolo. Perfino il magnifico pavimento, composto da tessere policrome che costruiscono un prezioso gioco di losanghe, di ruote, di petali, di complicati intrecci geometrici, sembra un pregiatissimo tappeto steso in omaggio alla solennità e alla sacralità del luogo. Ma è soprattutto dalla bellezza dei mosaici (che ricoprono le pareti) che traspare la densità del messaggio di fede che ci hanno lasciato gli artisti e gli artigiani che operarono in questo luogo e che ci hanno lasciato uno dei più importanti monumenti dell arte veneto-bizantina : il famosissimo mosaico del Giudizio Universale (XII-XIII), posto sulla controfacciata della Basilica di Santa Maria Assunta, articolandosi come un racconto visivo su fasce che procedono dall alto in basso, è sovrapposto alla Storia dell Apoteosi di Cristo, entrambi pregevoli opere di scuola veneto-bizantina. La decorazione prosegue nel catino absidale dove, su fondo oro, è raffigurata una Madonna con Bambino tra i dodici apostoli, del XIII secolo. Nella navata mediana si trovano una tribuna rifatta

5 nel XII secolo con materiale di recupero, una iconostasi con bellissime transenne del XI secolo e con, nell architrave, le figure della Vergine e degli Apostoli, dipinte agli inizi del XV secolo. La struttura stessa dell edificio ci racconta di un legame indissolubile con la chiesa orientale: il presbiterio è separato da un iconostasi, che divide e separa il luogo in cui il sacerdote celebra. Vi sono raffigurati gli apostoli e al centro la Vergine con Bambino; al di sopra si innalza il grande crocifisso ligneo quattrocentesco. Di pregevole fattura sono i preziosi plutei marmorei che arricchiscono in basso la struttura dell iconostasi con le finissime rappresentazioni di animali biblici, come i leoni e i pavoni. Il Giudizio Universale (approfondimento) Il Mosaico Giudizio Universale (XII XIII sec.) è un'opera maestosa, quasi accecante nella sua composizione di mosaici dorati e, nondimeno, permeata da una grande spiritualità. Difficile, anche per chi è lontano dal suo messaggio di fede, limitarsi ad osservare: la sua narrazione è un qualcosa di magnetico ed estremamente affascinante. Nel maestoso mosaico della controfacciata, risalente ai secoli XI e XII, è raffigurato il ritorno glorioso di Cristo alla fine dei tempi: egli sconfigge la morte e spezza le porte degli inferi, chiamando a sé i giusti. E un monito per i fedeli, nel momento in cui escono dalla chiesa, a ricordare nelle opere quotidiane la fine che attende tutti gli uomini. La scena del Mosaico di Torcello è divisa in fasce e raffigura il mistero della morte di Cristo e della sua Resurrezione, rappresentata, secondo la tradizione bizantina, dalla discesa agli Inferi. Il messaggio di questo grandioso impianto musivo è estremamente denso, e ogni particolare meriterebbe un analisi approfondita, partendo dalle Scritture. In particolare il volto di Cristo vittorioso sul male e sulla morte, che calpesta il diavolo e le porte spezzate degli inferi, è di una bellezza struggente. Il suo sguardo non è rivolto verso le altre scene, ma guarda verso l Eterno. Nella fascia sottostante Cristo è rappresentato nella mistica mandorla, che indica la natura divina nascosta in un guscio corporeo; lo sostengono due serafini con le ali tempestate di occhi, perché essi sono i più vicini alla sapienza di Dio. Più in basso vediamo i morti, ancora avvolti dalle bende funebri, che escono dai sepolcri e dalle gole delle belve, mentre due angeli richiamano alla vita quanti morirono nel mare, elemento fondamentale nel contesto di un isola come Torcello. Al di sotto ammiriamo la scena della pesa delle anime: mentre un angelo pone sulla bilancia il bene e il male commessi dalla persona giudicata, i diavoli con lunghe pertiche cercano di far pendere il piatto dalla loro parte. Al di sopra del portale, incorniciata nello spazio della lunetta, appare un altra immagine della Vergine: è ancora una volta Maria che intercede per l'umanità nell'ora del Giudizio, e che accompagna tutti noi con la sua preghiera nel momento in cui, usciti dalla Basilica, entriamo nel mondo della fragilità e della tentazione. Come è stato ripetutamente sottolineato dalla critica, il mosaico rappresenta un irrisolto problema sia per la datazione sia per lo stile, che pare ripetere i moduli ravennati. Mentre conserva una linea di scuola veneziano-bizantina l incendio del Giudizio universale che occupa tutta la prete di fondo. Un trionfo di particolari, di situazioni, di volti, che seguono fedelmente il dettato dell Apocalisse di San Giovanni, il testo forse più misterioso ed inquietante della tradizione cristiana, intorno al quale si succedono sempre nuove interpretazioni.

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7 La chiesa di S. Fosca, chiesa a croce greca che, come testimoniano in generale le rare chiese, è sintomo del dominio culturale che subì Venezia fra il IX e XII secolo. E una costruzione romanica dell XI secolo a pianta centrale, circondata all esterno da un portico ad arcate su colonne che racchiude anche la bella abside a due ordini di arcatelle cieche. L interno a croce greca, con alto tamburo su cui si innesta la cupola, custodisce una statua lignea del XV secolo raffigurante S. Fosca giacente. Sulla stessa piazza si trovano anche i due palazzi dell Archivio e del Consiglio, costruzioni trecentesche in cui è ospitato il Museo dell Estuario. Un tempo sede del palazzo del consiglio dell'isola, l'attuale Museo di Torcello custodisce una preziosa collezione di opere antiche (suppellettili sacre, opere di oreficeria veneziana dell XI secolo, codici e statuti relativi a Torcello) e di reperti archeologici (rilievi, bronzetti, ceramiche e altro) i quali in buona parte furono ritrovati sul luogo (da Altino e dalla Laguna), testimoniando così l'importanza storica del sito. Il Museo di Torcello ad ogni modo raccoglie anche collezioni private e generose donazioni che ne fanno oggi un percorso ricco ed emozionante in alcune delle civiltà più influenti della storia. Due sono le sezioni, una medievale e moderna e l'altra archeologica: mentre la prima presenta reperti paleocristiani e medievali, quasi interamente provenienti da Torcello e dalle isole limitrofe, nella sezione archeologica (ricavata nel palazzo dell'archivio nel 1990) figurano oltre a pezzi rinvenuti tra la laguna e la terraferma veneta anche materiali di varia provenienza (persino delle statuette egizie) che vanno a coprire un arco di tempo che va dal paleolitico al tardo impero romano. Si possono, dunque, ammirare splendidi ritrovamenti di epoca romana, frammenti di mosaici provenienti da Ravenna, il sarcofago con scultura lignea medievale di S. Fosca (XV secolo), la ricostruzione (con le formelle che si sono riuscite a recuperare) della pala d'altare in argento dorato (XIII sec.) che si trovava dentro alla Basilica di Santa Maria Assunta e una miriade di oggetti antichissimi appartenenti alle più svariate epoche e culture. Si tenga presente che l'isola di Torcello, in principio luogo di villeggiatura della nobiltà romana, fino al XV secolo era assai fiorente grazie all'artigianato e al commercio e che raggiunse i abitanti. Il museo si trova in una posizione altamente suggestiva separato da un prato dalla Basilica e dalla chiesa di Santa Fosca, con di fronte quello che viene comunemente definito il trono di Attila, ma che più probabilmente era il seggio dei tribuni (cioè i magistrati incaricati di amministrare la giustizia) dell'isola. Per raggiungere il centro vitale dell isole si oltrepassa il famoso Ponte del Diavolo, caratterizzato dalla sua forma che è priva di parapetti.

8 BURANO Posizione geografica Burano sorge nella Laguna Veneta settentrionale, a nord-est di Murano, ed è a questa collegata tramite il percorso navigabile canale Bisatto-canale Carbonera-scomenzera San Giacomo. Attorno si estendono alcune formazioni palustri, in particolare la palude di Santa Caterina, a sud-ovest, e la palude di Burano, a sud est. A nord è lambita dal canale dei Borgognoni-canale di Burano, con cui si raggiunte Treporti (a sud) e Torcello (a nord). Subito ad ovest si trova invece Mazzorbo, alla quale è unita tramite un ponte. È costituita da quattro isole separate da tre canali interni, che sono il rio Pontinello, il rio Giudecca e il rio Terranova. Analogamente a Venezia, è divisa in cinque sestieri, distinti appunto dai suddetti canali. Origini e storia Il suo nome deriverebbe da Boreana, uno dei quartieri della città romana di Altino, o forse una delle sue porte (quella posta a Nord-Est, da dove giungeva la bora). Burano fu infatti fondata, come le altre isole vicine, dagli abitanti di questo centro stabilitisi in laguna per sfuggire alle invasioni barbariche, in particolare agli Unni di Attila e ai Longobardi. Si può arrivare a Burano con mezzi privati e con mezzi pubblici.

9 Attività predominante Il merletto di Burano è uno dei più rinomati merletti al mondo, di tradizione plurisecolare e specifico dell'isola di Burano, nella laguna di Venezia, ove ha sede un celebre museo del merletto. La storia del merletto della piccola isola Burano si perde nella notte dei tempi ed è legata a congetture o leggende. Per alcuni la tipica lavorazione buranella sarebbe connessa alla tradizione marinaresca degli abitanti della piccola isola, legati alla pesca e di conseguenza alla fabbricazione e alla riparazione in loco delle reti. Le prime testimonianze della fioritura del commercio di merletti veneziani risalgono alla fine del XV secolo, accompagnate e seguite da un vero e proprio boom editoriale in Europa ed in Italia - specialmente a Venezia - che vide la pubblicazione di centinaia di libri, detti modellari, di disegni per merletti e ricami, ideati dai maggiori incisori e tipografi del tempo. Una forte spinta alla diffusione di questo tipo di artigianato venne dato dalla dogaressa Morosina Morosini, che alla fine del XVI secolo creò un laboratorio a Venezia, nel quale trovarono impiego 130 merlettaie. Alla sua morte il laboratorio venne chiuso, ma l'arte del merletto continuò ad essere coltivata. Vista la forte richiesta, si studiò di organizzare la produzione e la commercializzazione del merletto veneziano: la Corporazione dei Merciai se ne assunse la prerogativa, organizzando il lavoro nelle case, negli orfanotrofi, nei conventi, negli ospizi, nelle isole, divenendo così nel secolo XVII (epoca del boom del merletto in Europa) una delle corporazioni più ricche di Venezia. Col passare degli anni il merletto di Burano acquisì fama internazionale. Merce rara e preziosa, entrò a far parte del corredo di varie famiglie europee di primaria importanza: all'incoronazione di Riccardo III d'inghilterra (22 giugno 1483) la regina Anna indossò un ricco mantello ornato di merletti di Burano; allo stesso modo acquistarono merletti vari membri della famiglia Tudor, Caterina de' Medici, Bianca Cappello e diversi altri ancora. Proprio per opera di Caterina de' Medici e - in anni successivi - del ministro Colbert, alcune merlettaie si trasferirono in Francia: in pochi anni, le merlettaie buranelle divennero oltre 200, insegnando la loro arte alle colleghe francesi: il giorno della sua incoronazione (14 maggio 1643) Luigi XIV indossò un collare di merletto opera delle merlettaie buranelle, che avevano impiegato due anni per terminarlo. Nel 1665 il punto in aria - tipico della lavorazione di Burano - divenne point de France, iniziando così una fortissima concorrenza col prodotto di Burano. A questo si aggiunsero dei pesanti dazi all'importazione, che pur causando dei danni commerciali non impedirono al merletto di Burano di prosperare: agli inizi del Settecento nel laboratorio veneziano "Ranieri e Gabrielli" trovavano impiego circa 600 merlettaie. Ma la fine della Repubblica di Venezia (1797) coincise con l'inizio di una lenta crisi: la produzione del merletto divenne un'attività esclusivamente familiare, e il numero di merlettaie iniziò a decadere, fino a far correre il rischio di esaurire questa tipica produzione plurisecolare. Alla fine del 1800 si decise di cercare di rivitalizzare l'antica tradizione del merletto di Burano, con lo scopo principale di alleviare le tristi condizioni economiche dell'isola. Venne quindi chiesto ad un'anziana merlettaia - detta Cencia Scarpariola - rimasta ultima depositaria di tutti i segreti dell'arte, di tramandarli alla maestra elementare Anna Bellorio d'este, che a sua volta li passò alle figlie e ad un gruppo di ragazze. Fu così che presso l'antico palazzo del podestà nacque la Scuola del merletto di Burano, che grazie alle numerose commesse internazionali fece nuovamente rifiorire il lavoro e il commercio. Nel 1875 la Scuola del merletto contava già oltre 100 allieve. Nella scuola si lavorava per sei ore al giorno d'inverno, sette in estate. Si veniva ammesse a 12 anni, dopo sei anni di istruzione fornita a casa. A 18 anni si passava nel gruppo delle lavoranti esperte fino al matrimonio, dopo il quale si tornava a lavorare a casa. Secondo un elenco dei lavoranti a cottimo del 1876, le merlettaie erano suddivise per operazioni: Ordidura, Rete, Guipure, Rilievo e Ripieni, Stelle, Piccò, Staccatura, Pulitura, Unioni. Nel 1901, i gruppi di lavoro risultano sette: Ordidura, Rete, Guipure, Rilievo, Pulitura, Ripassatura. La settima fase - Unioni - veniva eseguita sempre a domicilio, dalle migliori lavoranti di ciascuna fase. La produzione della scuola continuò a crescere fino alla prima guerra mondiale e si mantenne alta

10 fino agli anni '30 del XX secolo, per poi decrescere lentamente nei decenni successivi. La scuola del merletto fu chiusa definitivamente nel La produzione continuò privatamente, grazie anche alla nascita di una serie di negozi locali. Attualmente l'estrema difficoltà tecnica dei pezzi più pregiati, e la loro lunga o lunghissima gestazione (per creare una grande tovaglia fittamente ricamata serve il lavoro di dieci merlettaie per tre anni), hanno da un lato fatto lievitare enormemente i prezzi, dall'altro favorito la ricerca di una tecnica di lavorazione più sbrigativa e veloce, a scapito della qualità. Nel 1978 gli enti pubblici veneziani (Comune, Provincia, Camera di Commercio, Ente per il Turismo, Azienda Autonoma di soggiorno) si unirono in un "Consorzio per i merletti di Burano", allo scopo di rilanciare e riqualificare l'arte del merletto. Nella sede dell'antica scuola venne quindi creato nel 1981 il Museo del merletto, presso il quale sono stati organizzati vari corsi di formazione professionale ed importanti mostre storiche. Presso il Museo del merletto di Burano sono esposti oltre duecento esemplari unici della collezione della scuola, eseguiti fra il XVI e il XX secolo. Il museo conserva inoltre l'archivio della scuola e altri documenti ed opere d'arte relative alla lavorazione del merletto a Venezia. Fra gli esemplari esposti, si segnalano soprattutto (un colletto, 2 ventagli 1 centrotavola, uan grande tovaglia). All'interno del Museo è possibile vedere all'opera delle merlettaie, acquistando direttamente dei merletti da esse prodotti, accompagnati da certificato di autenticità. La tecnica che caratterizzò la scuola del merletto di Venezia e di Burano fu il punto in aria, eseguito con l'utilizzo di solo ago e filo, senza alcun supporto. Nei secoli si utilizzarono vari punti, alcuni di essi inventati proprio dalle merlettaie buranelle. Fra di essi, si ricordano il punto Venezia (così chiamato perché ricorda i ponti della città), il punto Burano (rete eseguita con filo sottilissimo, che ricorda le reti dei pescatori dell'isola), il punto ago, il punto rosa, il punto cappa, eccetera. Tipica del merletto di Burano è la lavorazione rigorosamente ad ago: i merletti originali di Burano si distinguono per l'estrema complessità del disegno e della tecnica esecutiva, l'utilizzo di fili (di cotone, lino, seta, dorati o argentati) molto sottili, e di conseguenza una lavorazione estremamente lunga, per la quale è d'obbligo uno studio ed un'applicazione spesso pluridecennale. Questo è il motivo per cui i prezzi dei merletti di Burano possono arrivare a migliaia o addirittura decine di migliaia di Euro per singolo manufatto, così come si è sviluppato un commercio di falsi merletti di Burano venduti a prezzi più bassi, distinguibili però per la qualità, assai distante dagli originali. Il desiderio di difendersi dai falsi merletti di Burano spinse a suo tempo il Consorzio per i merletti di Burano a chiedere una legge regionale per l'istituzione di un marchio di garanzia, ma la proposta non ha avuto seguito. La lavorazione a fuselli, molto più veloce e tecnicamente meno impegnativa, divenne invece tipica - nell'ambito della laguna di Venezia - dei merletti di Pellestrina. La pesca di Burano Gli squeri erano e sono i "piccoli" cantieri di Burano, dove inizialmente venivano costruiti solo alcuni tipi di barche come i "bragossi" e i "sandali", che servivano ai buranelli per la pesca. Successivamente, gli isolani avendo la necessità di spostarsi verso Venezia e le altre isole per il loro commercio, idearono le "càorline", le "battelle" e i "cofani": mezzi "veloci" in cui potevano salire poche persone. Fu quindi la volta delle barche per trasportare carichi più pesanti come i "burci" e le "babbee", in grado uscire in mare. Le tecniche di pesca più diffuse nella laguna veneta erano quella con le reti e quella a strascico, eseguita con l'ausilio della "tartana", della "grànsega", della "baicolèra"... Dalle barche si pescava con la "togna", cioè la lenza arrotolata su di un pezzo di legno o di sughero. Per pescare di notte si utilizzava una fiaccola di canne, la "fàgia", da cui deriva il nome di una tecnica di pesca tuttora usata e chiamata "fagiarotto" per la quale si utilizza la fiocina.oggi alcune tecniche di pesca sono cambiate e i pescatori sono molto meno numerosi rispetto agli anni passati. Esiste tuttora la cooperativa dei pescatori dell'isola che riunisce la categoria come associazione

11 Monumenti da visitare Oltre all'attuale Duomo di San Martino, in ogni quartiere di Burano erano state erette delle chiese e i rispettivi monasteri. Una delle più antiche era la chiesa e il monastero di San Mauro, dedicate appunto al martire: eretti tra l'888 e il 912, all'epoca del doge Pietro Tribuno; nel 1347 fu eretta la chiesa e il monastero dei SS. Cipriano e Cornelio; nel 1488 la chiesa e il monastero di San Vito ed infine, nel 1533 la chiesa delle Capuccine e il monastero di Santa Maria delle Grazie. Le prime furono tutte demolite, mentre l'ultima, dopo essere stata sconsacrata e restaurata è diventata oggi la sede del Consiglio di Quartiere di Burano. Dopo il 1000, chiesa parrocchiale di Burano divenne quella di San Martino, vescovo di Tours. Rifabbricata più volte, prese le sembianze attuali tra il 1500 e il 1600 e fu consacrata il 29 ottobre del 1645 dall'allora vescovo di Torcello Marco Antonio Martinengo. Nel corso dei secoli subì diversi restauri: nel 1867 fu rinnovata la pericolante navata centrale, conservando però l'antica architettura. Nel 1874 fu la volta delle navate laterali e la crociera centrale del transetto. Nel maggio 1913, un incendio distrusse il soffitto della navata principale: in tale occasione andò distrutto anche l'organo, che nell'ottobre dello stesso anno fu sostituito con l'attuale, forte di più di 2000 canne, prodotto dalla ditta Mascioni di Cuvio; quello precedente era opera del Callido, costruito nel 1767 ed era considerato tra i migliori capolavori organari delle chiese del periodo della Serenissima. Vista dall'esterno, la chiesa manca di ingresso principale, infatti si entra lateralmente da una porta rinascimentale, vicina alla Cappella di Santa Barbara. L'entrata è costituita da un vasto atrio, che ospita una statua della Madonna, attribuita a Girolamo Bonazza, vissuto nel XVIII secolo. L'interno, in stile lombardo-barocco, si presenta a croce latina, con tre navate terminanti a cappella, divise da pilastri neoclassici che sostengono archi a pieno sesto e finiscono in capitelli in stile corinzio. La pavimentazione, a pietre quadrate rosse e bianche, è tipica degli edifici sacri. La navata centrale, presbiterio e coro compresi, è lunga circa 47 metri e mostra un soffitto a botte, eccetto la parte centrale, la cui volta è a crociera. A capo della navata centrale si trova l'altare maggiore, adorno di sei eleganti colonnine di marmo rosso di Francia e di altre quattro di marmo orientale antico. Costruito nel 1673, ha forma di grande tabernacolo di stile barocco, sulla cui sommità è posta la statua bronzea del "Cristo Risorto". Ai lati si trovano le statue di Sant'Albano e di San Martino, entrambe opere di Girolamo Bonazza. Tour delle Opere Partendo dall'ingresso, a destra, troviamo il dipinto raffigurante un "Miracolo di S. Antonio", della scuola veneta del XVII secolo. L'altare seguente è dedicato per l'appunto a Sant'Antonio da Padova. La pala, raffigurante il Santo in preghiera e che accoglie fra le braccia il Bambino Gesù, è opera di Alessandro Pomi di Mestre ed è stata inaugurata il 14 Ottobre Appena più avanti, sopra il confessionale, vi è "L'adorazione dei pastori", tela dipinta nel 1732 da Francesco Fontebasso, allievo di Sebastiano Ricci. Il secondo altare che incontriamo, in stile neoclassico, è dedicato a San Giuseppe e contiene una statua del santo in legno di Val Gardena: i due angeli in preghiera impugnano gli strumenti di lavoro tipici del falegname. Salendo qualche gradino, ci si trova nella cappella laterale di destra: qui viene conservata l'eucarestia nel tabernacolo, la cui porticina, opera dello scultore buranello Remigio Barbaro, raffigura Gesù nell'atto di dare la comunione eucaristica ad alcuni fanciulli in barca. La pala dell'altare, dove Gesù offre il proprio cuore all'amore dei fedeli,

12 è un'opera del 1944 di Gino Borsato. A destra dell'altare tre stupendi dipinti del secolo XV, opera di Giovanni Mansueti, attribuiti anche a Vittore Carpaccio e a Gentile Bellini. Raffigurano la "Fuga in Egitto", l'"adorazione dei Magi", lo "Sposalizio della Vergine Maria" e l'"assunzione della Vergine" di scuola veneta, sec. XVIII; quindi l'icona di "Madonna di Kazan", sec. XIX. A sinistra dell'altare vi è una porta che conduce alla sacrestia, dove sono conservati "L'Addolorata", di Nicola Grassi, sec. XVIII e il "Cristo Sorretto da un Angelo" attribuito ad Antonio Zanchi, sec. XVIII. Con lo sguardo rivolto all'altare maggiore, a sinistra si trova la tela con "San Marco in Trono tra i Santi Vito, Benedetto, Nicola e Lorenzo Martire"; essa proviene dalla distrutta chiesa di San Vito e fu eseguita da Girolamo da Santa Croce, nel 1541, come sta scritto sul secondo gradino del trono. Ai lati del presbiterio si possono ammirare due angeli cero fori, in legno, della fine del XVII secolo. Il coro ligneo, su entrambi i lati dell'altare, proviene da una chiesa di Torcello, oggi distrutta. Spostiamo ora nella cappella laterale sinistra, dedicata ai santi martiri Albano, Domenico e Orso, patroni di Burano e festeggiati il 21 Giugno di ogni anno. L'altare contenente l'urna con i corpi dei tre santi è un dono votivo costruito nel L' 8 giugno di quell'anno, infatti, Venezia e le zone limitrofe furono invase dalla peste, per la quale morirono migliaia di persone. Il 20 ottobre, il Senato della Serenissima Repubblica fece voto di edificare un tempio a Maria, qualora Venezia fosse stata liberata dalla pestilenza. Così avvenne e fu costruita la Basilica della Madonna della Salute, su progetto di Baldassarre Longhena. Secondo la tradizione furono invece i tre santi a difendere la diocesi di Torcello dall'epidemia: ciò avvenne su invocazione del vescovo torcellano Marco Zen, e dal parroco di San Martino, Giuseppe Tagliapietra. La popolazione rispose entusiasticamente all'appello del proprio pastore, promettendo la costruzione di un altare. Tale voto fu mantenuto non appena passò il pericolo della peste. La pala che adorna l'altare, opera di Bernardino Prudenti (sec. XVII), rappresentante Sant'Albano tra San Domenico e Sant'Orso, con la sua data di creazione (1638) prova che non passò molto tempo tra il voto e la sua realizzazione. Scrive il Verghetti in un opera del 1896: "Dal secolo XI al giorno d'oggi sono continui i benefici che i buranelli sperimentano per intercessione del loro S. Albano: naufragi scampati (come testimonia il quadro di Girolamo Brusaferro (1684 ca ) alla sinistra dell'altare. Assieme ai Ss. Albano Domenico e Orso, c'è anche San Lorenzo Giustiniano, primo patriarca di Venezia ), turbini dissipati, malattie fugate, disgrazie di ogni genere allontanate, senza dire delle molteplici grazie spirituali avute". Una lapide, sopra la porta a sinistra del centro della chiesa, ricorda, non ultima in ordine di tempo, la protezione dei Santi, durante la prima guerra mondiale ( ). Sotto la mensa dell'altare è situato un sarcofago di marmo su cui sarebbero arrivati i corpi dei tre santi, come si vede nel quadro intitolato "Il Miracolo dei Ragazzi che Traggono a Terra il Sarcofago" di Antonio Zanchi (1690). In quest'opera viene ritratta l'intera piazza di Burano (la quale è stata dedicata a Baldassarre Galuppi, detto "Il Buranello"), con la chiesa, non ancora come l'attuale, gli edifici dell'epoca, la colonna con il leone di San Marco e il pilone portabandiera, qui a Burano chiamato "standardo". Sempre in questa cappella, a destra dell'altare, è possibile ammirare "Il Martirio di Sant'Albano", di scuola veneta sec. XVII. Nel proseguire verso l'entrata, si incontra l'altare della Madonna del Rosario, sopra al quale primeggiano la statua della Vergine e i due angioletti in preghiera, opera dello scultore Vincenzo Cadorin eseguita nel 1917 in ricordo della prima guerra mondiale. Un mosaico moderno orna la nicchia e le colonnne, i capitelli e i marmi a disegni geometrici della mensa rendono quest'altare il più bello della chiesa. Poco più avanti è possibile ammirare la "Crocifissione" (1725), opera giovanile di Giambattista Tiepolo ( ): Cristo crocifisso al centro, tra i due malfattori, e il drammatico gruppo delle donne ai piedi della croce. Curiosa è la presenza nell'angolo inferiore a sinistra, dentro ad una cornice, del ritratto del committente, probabilmente uno speziale dell'isola. Il campanile storto La migliore posizione per ammirare il campanil storto è il ponte di Terranova. Costruito nel XVII secolo, ha una forma quadrata e caratteristiche architettoniche rinascimentali e neoclassiche. Ha subito vari restauri nel corso dei secoli, soprattutto nella parte alta, dalla cella

13 campanaria in su. Tra queste opere di manutenzione nota è quella realizzata su progetto del Tiralli, avvenuta tra il 1703 e il L altezza del campanile è di 53 m e poggia su una base con lato di 6.20m. A causa di un cedimento del terreno è inclinato sull asse di 1,83m. La cima del campanile è sempre stata sormontata da un angelo, caduto nel 1867 durante un temporale; al suo posto ora vi è una croce di ferro. I colori di Burano Tutti i visitatori di Burano rimangono affascinati dai mille colori delle case che si riflettono nelle acque verdi dei canali, dal Campanile storto, dalla tranquillità e dalla calma con cui le anziane signore ricamano con il loro tombolo mentre, tra di loro, ridono e chiacchierano nei campielli. Sembra di essere in paradiso, bambini che sfrecciano liberi con la loro bicicletta, balconi variopinti dai fiori più belli, pescatori che issano il pesce fresco appena pescato dalle loro tipiche imbarcazioni. Appena si scende dal vaporetto, ci si trova in un verde prato dove è posta una solenne scultura dell artista buranello Remigio barbaro, poi proseguendo ci si immerge nelle rive che portano alla via principale, Arrivati nella Piazza Galuppi, l unica dell isola, alla fine della Piazza si nota la Chiesa di San Martino Vescovo. Tra le viuzze di Burano si possono ammirare i vari capitelli posti all entrata delle calli fino ad arrivare alla casa più famosa dell isola: la Casa di Bepi dipinta con l utilizzo di tutti i colori. Le abitazioni tipiche dell isola sono per lo più di forma quadrata e si dividono in due, tre piani. I colori diversi delle case, che oggi sono diventati la caratteristica principale dell isola, una volta servivano a delimitare le proprietà. Esiste tuttavia una leggenda legata al carattere variopinto dell isola, la quale narra che erano i pescatori a dipingere la propria casa, al fine di riconoscerla da lontano durante i lunghi periodi di assenza dovuti alla pesca.

14 MURANO Posizione geografica Murano è un'isola della Laguna veneta, situata a nord-est di Venezia, lungo il canale dei Mariani. Come la stessa Venezia, nella realtà è composta da sette isole minori, di cui due di origine artificiale (Sacca Serenella e Sacca San Mattia),divise da canali e collegate tra loro da ponti. E' totalmente urbanizzata e, con circa abitanti, risulta essere uno dei centri più popolosi della Laguna. La località è nota in tutto il mondo per la lavorazione del vetro. Storia e origini Secondo la tradizione, il toponimo deriverebbe da Ammuriana, una delle porte della città madre: il nome antico le venne dato dai primi rifugiati provenienti da Altino. Anticamente Murano contava numerose ville con orti e giardini, palazzi, chiese e monasteri oggi purtroppo andati distrutti. Murano raggiunse il massimo splendore durante il XVI secolo e disponeva di un consiglio chiamato arengo e di un proprio podestà a partire dal Le famiglie originarie di Murano erano iscritte in un libro d'oro che ne garantiva dei privilegi. L'isola è però nominata per la prima volta solo nell'840 (Murano fu uno dei tanti centri fondati dai profughi durante le invasioni barbariche), quando nel Pactum Lotharii si ricorda anche Amorianas. Se ne accenna poco dopo in Costantino Porfirogenito e Giovanni Diacono, mentre si elencano almeno dieci muranesi nella lista delle decime di Pietro II Orseolo (X-XI sec.) I documenti dei secoli XI e XII la descrivono come località di transito per il flusso migratorio proveniente da Torcello ed Equilio e diretto verso la nascente Venezia. Dal punto di vista civile la città era retta da un gastaldo ducale mentre a livello religioso faceva capo alla chiesa matrice dei Santi Maria e Donato (metà del X secolo), a sua volta sottoposta nella diocesi di Torcello. Più tardi le si aggiunsero le pievi di San Salvatore, San Martino e Santo Stefano. La città da sempre inserita nella Venezia marittima, ebbe una certa autonomia sino al 1171, quando fu unita al sestiere di Santa Croce. Dal 1275 fu invece retta da un proprio podestà; ebbe pure il privilegio di potersi dare delle leggi, garantite da un Maggior Consiglio formato da un discreto numero di nobili muranesi (circa cinquecento) e presieduto da un Podestà, e di coniare una propria moneta (l'osella). Anticamente le isole vicino a Murano erano due, S. Michele appunto e S. Cristoforo, che furono congiunte nel 1837 per poter avere un terreno sufficiente all'uso di cimitero. A S. Michele vennero

15 ospitati nel 1822 Silvio Pellico (l'autore de Le mie prigioni ) e Pietro Maroncelli prima di essere entrambi incarcerati allo Spielberg. Oltre la cinta di mura perimetrali si può ammirare la Chiesa di S. Michele, progettata da Mauro Codussi (1469), mentre il campanile è gotico. Poco prima di arrivare a Murano si vede sulla destra San Michele in Isola, che è il cimitero di Venezia dal Nel cimitero sono sepolti artisti famosi (quali Ezra Pound, Igor Stravinskij,ecc). Nel '400 il convento di S. Michele divenne un importante centro di studi dove venivano riversate le conoscenze geografiche dell'epoca, una National Geographic ante litteram. Per opera del monaco camaldolese Fra' Mauro, tra il 1450 e il 1459 venne realizzato un famoso mappamondo. Tale planisfero, (oggi conservato nella Biblioteca Nazionale Marciana), indicò con 40 anni di anticipo che l'africa era circumnavigabile. Re Alfonso V di Portogallo si convinse ad appoggiare la spedizione di Vasco da Gama nel 1498 solo dopo aver consultato alcune carte di Fra' Mauro. L'autonomia dell'isola, ora come comune, fu confermata sotto Napoleone, il quale però ne depauperò e demoli' moltissimi conventi e chiese (oggi se ne contano solo tre), e sotto gli Austriaci. L'istituzione, che comprendeva anche Sant'Erasmo e le Vignole, fu soppressa nel 1923 e il territorio integrato a quello di Venezia. La Voce di Murano era la gazzetta ufficiale dell'isola. Murano ha sempre goduto di una relativa indipendenza da Venezia, fu infatti Comune autonomo fino al Attività principale: l'arte del vetro L'attività principale di murano consiste nella produzione di vetro artistico, (Murano viene chiamata anche isola del vetro), notevole risulta l'indotto derivato dal turismo. L'industria del vetro fu portata a Murano nel 1291 per decreto del Maggior Consiglio per due motivi: evitare i continui incendi che succedevano in città provocati dalle vetrerie (incendi che divenivano particolarmente gravi perché all'epoca le costruzioni erano principalmente in legno) e i segreti della lavorazione venivano gelosamente tramandati di padre in figlio, e la Serenissima vietava l'espatrio ai maestri vetrai di Murano per garantirsene il monopolio. Tuttavia, documenti e reperti antichi testimoniano che l'industria si fosse radicata nell'isola già da tempo. Concentrare le vetrerie a Murano servì alla Serenissima, gelosa di un'arte che l'aveva resa celebre in tutto il mondo sin dalle origini, a controllarne meglio l'attività. I mastri vetrai erano obbligati a vivere sull'isola e non potevano lasciare Venezia senza un permesso speciale. Molti tuttavia riuscirono a fuggire, esportando all'estero le loro celebri tecniche. La più importante crisi che colpì l'industria fu quella del XV secolo, quando si cominciò la fabbricazione dei cristalli di Boemia, forse ispirati agli stessi vetri di Murano. Venezia ne uscì, specie da quando il vetro fu utilizzato per la realizzazione di lampadari, tutt'oggi tra i manufatti più noti di Murano. Appena scesi a Murano ci si rende subito conto che quest'isola vive intorno alla produzione artistica del vetro. Sono infatti numerosi i negozi e le fabbriche con fornaci disseminate un po' ovunque. Alcune di esse offrono delle dimostrazioni su come si producono dei piccoli animali. Una miscela di sabbia silicea, ossidi e carbonati ecco da cosa è formato il vetro e ne esistono di tantissimi tipi diversi in base al loro uso. Per la creazione e la lavorazione manuale del vetro il tutto esige caratteristiche molto particolari e Murano con i suoi mille anni di esperienza e tradizione vetraria ha portato queste caratteristiche ai massimi livelli così da creare un vetro lavorabile, di una qualità eccellente, stabile e brillante nei colori.

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17 Monumenti da visitare Basilica dei Santi Maria e Donato La Chiesa nacque probabilmente nel VII secolo, originariamente dedicata a Maria. Nel 1125, dopo la conquista di Cefalonia, vi furono collocate le spoglie di San Donato; assunse così il nome attuale. Successivi restauri l'hanno trasformata sensibilmente, presenta tre navate che convergono nell'abside. Museo del vetro Sito all'interno di Palazzo Giustinian, si può trovare una collezione prestigiosa di vetri artistici risalenti ad epoche in cui la lavorazione del vetro iniziava ad affermarsi. Faro di Murano Il faro di Murano è una costruzione cilindrica in marmo d'istria molto importante nonostante la sua posizione alquanto interna rispetto al mare: il fascio di luce infatti, potenziato da un ingegnoso gioco di specchi, punta diretto al centro della Bocca di Porto del Lido, agevolando il rientro delle navi durante la notte. Durante l'alto medioevo, il faro si ergeva sotto forma di torre in legno, non troppo alta, alla cui sommità venivano accesi dei fuochi; la luce prodotta dal fuoco veniva riflessa mediante un gioco di specchi, così secondo una tecnica adottata addirittura dai Romani veniva illuminata la Laguna. N.B.: alcune immagini presenti sul fascicolo sono state tratte dalla rete.

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