Il romanzo del Sei nazioni 2013 CENERENTOLA NON ABITA PIU QUI

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2 Il romanzo del Sei nazioni 2013 CENERENTOLA NON ABITA PIU QUI Della stessa collana LA STORIA DEL SEI NAZIONI AZZURRO Ideazione e coordinamento editoriale: Stefano Tamburini Con il contributo di: Alessandro Cecioni e Fabrizio Zupo Copertina e progetto grafico: Federico Deidda Realizzazione tecnica: Fabio Di Donna Foto: Ansa, Archivio Corbis e La Presse Finegil Editoriale Spa Direttore Editoriale: Luigi Vicinanza Gruppo Editoriale L Espresso, via Cristoforo Colombo, Roma Tutti i diritti di Copyright sono riservati. Ogni violazione sarà perseguita a termini di legge Finito di realizzare il 28 gennaio 2014

3 Il romanzo del Sei nazioni La nazionale di rugby e le sue avventure nel torneo più bello del mondo 2013 Cenerentola non abita più qui a cura di Stefano Tamburini

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5 INTRODUZIONE Non più ospiti ma protagonisti Quando un giorno l Italia vincerà il Sei nazioni di rugby per capire come possa essere accaduto bisognerà tornare al 2013, l anno in cui ha smesso di essere una squadra poco più che ospite di un Cinque nazioni allargato, quella che fa numero, quella che ogni tanto vince qualcosa ma tanto si sa che non è pericolosa più di tanto. Potranno dire, quel giorno di gloria e di inni alla gioia, che l Italia partecipò per la prima volta al Sei nazioni che era l anno 2000 ma poi ha cominciato a giocarlo davvero nel 2013: due vittorie e, soprattutto, quella sfiorata (almeno il pari sfiorato) nel tempio londinese di Twickenham con le facce degli spettatori impietriti, un silenzio irreale e una touche come rifugio per chiudere frettolosamente e anche ignobilmente, secondo i codici del grande rugby una partita che avrebbe potuto trasformarsi in un incubo. E poi i giornali inglesi che il giorno dopo titolavano Italiani vincitori morali. Ci sono cose, nello sport in genere e soprattutto in questo sport, che talvolta valgono quasi, come e talvolta più di una vittoria. Le abbiamo assaporate quella di Twickenham certo lo è in questo cammino che ogni anno è un po un romanzo e ve lo abbiamo voluto raccontare proprio come se lo fosse davvero, utilizzando le parole di quei giorni, senza cambiar niente. Certo, il finale lo conoscete già ma ripercorrere giorno dopo giorno le emozioni attraverso le parole di chi le ha vissute in diretta e le ha trasferite sul giornale di carta e sul sito web renderà questo racconto ancor più immerso nelle circostanze. Sembrerà di rivivere attimo per attimo e gustarselo di nuovo, questo romanzo che ha degli autori, certo, ma che in realtà finisce ogni volta per scriversi da solo. Di fatto è il Sei nazioni 5

6 che ogni anno scrive pagine dolci e amare, che hanno un fascino tutto loro, per certi versi inspiegabile. Non basta dire che questo è il torneo più bello del mondo, non basta dire che ha avvicinato al rugby appassionati di altri sport e che il Sei nazioni è qualcosa che va anche oltre il rugby. Il romanzo del Sei nazioni 2013 ci racconta anche di tre partite casalinghe degli azzurri con lo stadio Olimpico di Roma strapieno, quasi esaurito, cosa che non riesce più da tempo neanche per i derby del calcio fra Lazio e Roma. Ci racconta di un grande teatro dei sogni, quello dei sei stadi che ospitano sfide che possono ogni volta diventar leggendarie. C era un prima con un attore che sul palcoscenico era con gli altri ma era come se non ci fosse, sembrava che fosse lì per caso. Poi a un certo punto è andato al centro della scena e ha cominciato a recitare. Poi, certo, gli altri sono lì da tempo e di quei legni del palcoscenico conoscono ogni piega. Ma sanno che prima o poi certo non nel 2014 ma neanche chissà quando dovranno fare i conti anche con quelli che erano lì, innocui quasi come soprammobili. Rigodiamoci quel momento, anzi quei momenti. Dolci e amari, ma stavolta finalmente più veri. (s.t.) 6

7 PRIMA PARTE La partenza che fa sognare 7

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9 GIOVEDÌ 31 GENNAIO Avvicinamento con speranza Mancano pochi giorni al debutto azzurro, allo stadio Olimpico contro i francesi. Ci giochiamo anche la coppa Garibaldi, il trofeo che ogni anno viene consegnato alla fine di questa sfida fra cugini al di qua e al di là delle Alpi. Si comincia all Olimpico, è l anno delle tre partite in casa e c è grande fiducia. Ci sarà anche una grande festa, con tutti gli ex azzurri a bordo campo. 9

10 IL CT AZZURRO JACQUES BRUNEL 10

11 L Italia stavolta vuol stupire Domenica il debutto con la Francia: l obiettivo è giocarsela alla pari con tutti di Fabrizio Zupo Sarà il 2013 l anno della svolta del rugby azzurro? Domenica all Olimpico, 24 ore dopo Galles-Irlanda e Inghilterra-Scozia che dopodomani danno il via al Sei nazioni, l Italia misurerà le proprie ambizioni contro i bleus. E francese è il ct Jacques Brunel che ha cambiato mentalità degli azzurri con la parola d ordine osare, facendoli giocare alla pari con quelli dell emisfero Sud. Una vittoria non basta. Ora l Italia vuol stupire e la solita vittoria sulla Scozia scaccia-cucchiaio di legno non basta. Nove vittorie (8 in casa) e un pari esterno su 65 incontri distesi su 13 edizioni seppur poche hanno tenuto vivo l entusiasmo per il rugby con 85 anni di storia ma scoperta recente del grande pubblico. Fluttuare fra quinto e sesto posto, con un piccolo acuto al quarto nel 2007 quando siamo stati in gioco per il titolo, non può essere un obiettivo. Il pubblico c è e se risponde così quando gli azzurri perdono, che succederà quando Parisse e compagni faranno della vittoria un possibile compagno di strada? La regola del 3. Il torneo sportivo più antico al mondo quando è nell anno con il 3 finale, fa i conti con la sua storia perché un altra decade inizia. Il A 190 anni dal 1823 quando questo gioco venne concepito nel collegio di Rugby nelle Midlands inglesi, a 130 da quando l International championship è cominciato nel 1883; a soli a 20 da quando c è una vera coppa da alzare e, non solo i giornali, hanno iniziato a stilare la classifica ufficiale che, in caso di parità, dica chi l ha spuntata eliminando gli ex-aequo dall albo d oro. Come nel caso limite del 1973 quando il Cinque nazioni con partite pari da disputare permise con due vittorie a testa l ex-aequo collettivo. La svolta del Ma dal 2000 il torneo, nato quando i nonni dei nonni di questa generazione di giocatori hanno disputato la 11

12 prima partita, si chiama Sei nazioni. Perché c è l Italia e domenica l azzurro colorerà gli spalti dell Olimpico di Roma coi suoi 60mila e rotti spettatori capaci di sfrattare il calcio della capitale al venerdì. Con Totti e De Rossi testimonial dell evento. Un altro record mai immaginato nel 2000 quando anche il Flaminio con i suoi 20mila posti sembrava troppo. La svolta nel 2007 con la prima vittoria esterna in Scozia, il glamour dei Bergamasco brothers e l accorgersi di uno sport che si gode mischiati con i tifosi avversari, nei giorni del calcio squassato dall omicidio Raciti e dalla Juve in B per infamia sportiva. Rugby mania. Da lì il boom. E se nel 2012 la Fir ha incassato con due match 4,1 milioni di euro, Roma città ne ha raccolti 20 dall indotto. Il Sei nazioni è lo spin-off di successo di un serial che in 130 anni e 112 edizioni s è fermato solo al passaggio della Storia : stop nei due lustri delle Guerre mondiali; ritardi nel 2001 per l epidemia di afta epizootica. Mai completato nel 1972 dopo i morti del 30 gennaio a Derry quando i militari inglesi spararono alla folla lasciando 14 giovani a terra: la Bloody Sunday bloody cantata dagli U2. Scozia e Galles che con l Irlanda dividono il gaelico come lingua, avevano però i propri giovani nell esercito britannico e non vollero giocare a Dublino. Ma qual è il fascino del rugby? Ci aiuta Willie McBride, ex capitano dei Lions: «Il rugby è trenta persone che rincorrono un sacco di vento». 12

13 Lo show rude che dà lezioni al calcio di Stefano Tamburini Non è per caso che si riempie uno stadio come l Olimpico di Roma. Il principale ingrediente dell insalata di passione che coccola questo show chiamato rugby si chiama educazione. Parte tutto da qui, dalle fondamenta: in campo ci si picchia ma sempre dentro il recinto delle regole e poi alla fine sono solo strette di mano. Lo insegnano fin da piccoli a fare il terzo tempo (mangiare e bere con l avversario dopo la sfida) e lo sanno fin dall inizio i ragazzi che si avvicinano a questa disciplina che chi ha vinto fa il corridoio a ridosso dell uscita per applaudire chi ha perso. E non ci sono simulatori, nel caso pagherebbero dazio prima di tutto ai propri sostenitori. Educazione, dicevamo. E anche rispetto. Per tutti, a partire dall arbitro. Anche se si pensa che abbia sbagliato finisce lì, non vedrete mai le sceneggiate dei calciatori. Perché qui l arbitro non fa parte della partita: è al servizio della sfida e gli vengono offerti tutti gli strumenti per sbagliare il meno possibile. In alto, in regìa, c è un altro arbitro e se il collega in campo chiede aiuto, quello guarda i replay e poi gli dice cosa fare, senza segreti. Dopo, anche nei pochi casi che restano dubbi, si va avanti. Nel calcio no, continuano a dirci che non si può e che gli errori dell arbitro sono come quelli di un portiere. No, la colossale bugia sta tutta qui: il gioco è fra le due squadre, tutto il resto dovrebbe incidere il meno possibile. Lo show rude che si gioca con la palla ovale ce lo dimostra ogni volta. Non ci sono curve e barriere a dividere, la sfida si vive fianco a fianco, nessuno osa fischiare un inno. E si può gioiosamente bere birra, prima, durante e dopo. Dunque non è solo perché il difensore più estremo qui ha il 15 sulle spalle e non il numero 1 che i due sport sono agli antipodi. Ci si può entusiasmare per entrambi, specie quando gli interpreti sono di prim ordine. Ma uno solo, quello con la palla che ruzzola male, può offrire a quello che razzola peggio ciò che non sa trovare da solo: educazione e rispetto. Cioè il meglio. 13

14 Brunel ci crede: vogliamo creare entusiasmo Il ct azzurro: saremo maturi quando vincere non sarà più considerata un impresa di Fabrizio Zupo Quattro chiacchiere con Jacques Brunel, uomo del sud-ovest della Francia, legato alla terra e al vino che produce personalmente. Quell area dove il rugby dei bleus pesca i suoi talenti migliori e l Italia i suoi ct da Villepreux a Fourcade, da Coste a Berbizier, da Brunel che ha voluto con sé il vice Berot. Ma quali sentimenti si provano a giocare contro la Francia da ct azzurro? Per uno che è un uomo del sud come George Coste (nel 1997 battè a Grenoble la Francia del Grand chelem guidata da Villepreux, l uomo che l aveva consigliato a Dondi); come Berbizier che pareggiò un tempo a Parigi nel 2006 ma poi perse entrambe le occasioni contro i bleus di Laporte (il pack azzurro messo sotto dalla mischia allenata da lui, come il suo vice Berot che ha dichiarato tutta la sua emozione per l evento). È un sentimento che può travolgere o che si riesce a tenere a bada? «Sarà una partita diversa da quella dell anno scorso ma ugualmente difficile per noi. Stiamo crescendo, ma potremo dire di essere maturi quando battere la Francia non sarà più vista come impresa, ma come normale possibilità». Cosa si aspetta? «Punteremo a vincere il maggior numero di gare possibili, obiettivo normale per chi fa sport professionistico. Ma le vittorie arrivano in rapporto a quello che si fa vedere sul campo e questa per me è la cosa più importante. Nello scorso Sei nazioni e in novembre abbiamo fatto vedere di essere sulla strada giusta, sarà fondamentale confermarsi in una competizione lunga e difficile come il Torneo, un appuntamento che non ha pari». Q ual è la foto migliore, quella più a fuoco, della Nazionale italiana? 14

15 «Stiamo ancora cercando la partita di riferimento, la continuità lungo gli 80 minuti e lungo tutto il Torneo. È qualcosa che puntiamo ad ottenere». Francesco Minto: exploit personale o il frutto del sistema delle franchige che aiutano i giovani, anche solo permit player, di confrontarsi con l alto livello e crescere? «Minto è un ragazzo serio, gran lavoratore, sicuramente il confrontarsi costantemente con un livello di gioco superiore a quello a cui era abituato, come il Pro12, lo ha aiutato a raggiungere gli attuali livelli. Non è il solo, ci sono tanti ragazzi che dovrebbero trovare maggiore spazio in squadra per poter ritagliarsi lo spazio in Nazionale: penso ai vari Morisi, Esposito, Pratichetti che hanno bisogno di trovare maggiore spazio e più minuti». E più in generale, quanto è aumentata la concorrenza interna fra gli azzurri? Ricordo al proposito che Berbizier si lamentava di non aver scelte nei diversi ruoli. «Abbiamo una buona profondità in diversi ruoli, penso ai centri e alle terze e prime linee. In altri, come in seconda linea, la coperta è più corta». La recente vittoria della Benetton contro gli O spreys, è indice dello stato di salute pure della Nazionale? «È importante che sia Benetton sia Zebre siano competitive e i giocatori abbiano la giusta attitudine alla vittoria. Treviso l ha trovata, le Zebre sono sulla strada buona». Vista da fuori, secondo lei il pubblico italiano cosa cerca dal rugby? Un semplice risultato sportivo, delle vittorie? O solo lo spettacolo? «L atmosfera e l affetto che si respirano intorno alla squadra sono incredibili, credo che lo spirito che questa squadra sa dimostrare sul campo, la voglia di crescere e lottare, entusiasmi il pubblico». 15

16 L ingresso degli azzurri nel torneo Così 15 anni fa l Italia riuscì a farsi dire sì dai maestri di Alessandro Cecioni Quindici anni fa un gallese aprì la porta del torneo sportivo più antico del mondo all Italia, la fece entrare dove l ultimo cambiamento l ingresso della Francia - era avvenuto 90 anni prima; dove i maestri inglesi, i sacerdoti della purezza della pallaovale, continuavano, e continuano, a dare più importanza alla Triple Crown, al battere tutte le altre anglosassoni, invece che alla vittoria del Torneo. Per aprire quella porta ci sono voluti anni di preparazione, una volontà di ferro e il coraggio di un gruppo di atleti, tecnici e dirigenti. Come andò lo racconta uno dei protagonisti, Giancarlo Dondi, oggi presidente onorario della Fir: «Certo che mi ricordo quel giorno, ha segnato la storia del rugby italiano, è indimenticabile». Dondi quel 16 gennaio 1998 era presidente della Federugby da due anni, lo sarebbe restato per altri 14, un monarca. L Irb, l International rugby board, il governo mondiale della pallaovale, è riunito a Parigi, nella sede della Federazione francese. Manca poco all inizio del Cinque nazioni All ordine del giorno c è l ampliamento del torneo all Italia. «Mi aveva chiamato Vernon Pugh, il presidente dell Irb, un paio di mesi prima. Sì, mi pare fosse stata la fine di novembre. Mi dice: Ci siamo, alla prossima riunione propongo il vostro ingresso nel Torneo. Io gli chiedo: ma quand è? E lui: A gennaio. Non facemmo ferie di Natale, ci mettemmo al lavoro come matti per preparare il dossier, la brochure, un filmato che illustrasse lo sviluppo che aveva avuto il nostro rugby negli ultimi anni. Eravamo a una svolta della storia del nostro sport, non potevamo mancare l occasione». Come stava andando il rugby italiano se n erano accorti già da alcuni anni. Fra il 1995 e 16

17 il 1997 la nostra nazionale aveva battuto tre volte l Irlanda, una a Dublino, e nel 1997, a Grenoble, nel primo test match giocato con la Francia, nella finale di Coppa Europa, l aveva battuta 40 a 32. Nella coppa del mondo del 1995 eravamo andati fuori al primo turno dopo aver battuto l Argentina e perso di poco con l Inghilterra (20-27). «La svolta era arrivata nel Fino ad allora la Federazione metteva il grosso delle sue risorse nell attività di base, alla nazionale andava poco. Capimmo che occorreva puntare sul vertice per trascinare la base: istituimmo le borse di studio (rimborsi per i giocatori della nazionale che lavoravano o studiavano) e puntammo su tecnici di valore. Prima Bertrand Fourcade, poi Georges Coste. La nazionale decollò e con lei il sogno di entrare nel tempio del rugby, il Cinque nazioni». Da una parte i risultati sul campo, dall altra i rapporti personali, la via diplomatica. «Ero entrato nell Irb al posto del mio predecessore, Maurizio Mondelli, e avevo subito legato con Vernon Pugh dice ancora Dondi il problema era dimostrare, sul campo e con la politica sportiva, che eravamo affidabili, non i soliti italiani, come dicevano gli inglesi». E veniamo al 16 gennaio di 15 anni fa. «Arriviamo, facciamo la nostra presentazione per una quarantina di minuti, poi ci fanno uscire. Aspettate fuori che decidiamo, ci dice Pugh. Dopo due ore e mezzo la porta si apre e lui ci viene incontro: Benvenuti. Mi vengono ancora i brividi. La vuol sapere una cosa? Quando al Flaminio, due anni dopo (il 5 febbraio 2000), nel primo torneo alla prima partita abbiamo battuto la Scozia campione in carica (34-20) il più felice era lui, Vernon Pugh, seduto accanto a me. Anche lui, come noi, aveva vinto la sua scommessa». 17

18 Parisse: noi, a viso aperto «Brunel ci chiede di osare di più e abbiamo già dimostrato di poterlo fare» di Alessandro Cecioni A settembre farà 30 anni, da 25 corre sui campi di rugby, da 11 veste la maglia della nazionale, esordio contro gli All Blacks, per iniziare bene. Nato in Argentina da genitori italiani, («aquilani», ci tiene a sottolineare), è figlio d arte. Suo padre, Sergio come lui, nel 1967 vinse lo scudetto con L Aquila Rugby, poi nel 1970 l Alitalia lo spostò in Argentina dove si trasferì con la moglie Carmela. E lì nel 1983 è nato Sergio. Tornato all Aquila di recente? Dopo il terremoto? «Sono tornato e questa settimana dovevo andare a trovare mio nipote Giovanni, gioca nelle giovanili dell Aquila, numero 8 come me. A scuola aveva detto di essere mio parente, non ci credevano. Devo andare di persona per confermarlo, ma non c è stato proprio tempo. Andrò prima della fine del Sei Nazioni». Che significa essere il capitano di una squadra di rugby, della nazionale? «Significa doversi prendere delle responsabilità durante la partita, fare delle scelte, anche decisive. Il capitano è il punto di riferimento di tutta la squadra e l unico che può parlare con l arbitro, e, soprattutto, è l unico che viene ascoltato dall arbitro. È un ruolo delicato, bisogna esercitarlo mettendo la minor pressione possibile all arbitro sia che la squadra stia vincendo sia che sia sotto. Stessa cosa con i compagni, devo essere il loro sprone e il loro aiuto. Prima, durante e dopo la gara». Cosa ci dobbiamo aspettare dall Italia in questo Sei nazioni? Q uali sono gli obiettivi? «Dire se possiamo vincere una, due o tre partite non è possibile. Nessuno in un torneo come il Sei nazioni lo può dire prima. Quello che posso dire è che siamo pronti a continuare sulla strada che abbiamo intrapreso a novembre. Contro Nuova Zelanda, Australia e Tonga abbiamo mostrato che siamo capaci di imporre un nostro gioco, di metterci al pari di squadre come All Blacks e Wallabies. 18

19 Vogliamo farlo anche in questo Sei nazioni». Giochiamo tre partite in casa, la prima contro la Francia, battuta l ultima volta che l abbiamo incontrata in Italia. «La Francia nei test di novembre ha dimostrato di essere la squadra più in forma dell emisfero nord. Ha vinto tutti gli incontri. È vero, due anni fa l abbiamo battuta e questo ha fatto scattare nella loro testa un segnale d allarme: l Italia non è la squadra debole di cui ti sbarazzi facilmente, no, contro di noi si può perdere. Noi li affronteremo con la massima concentrazione. Sarà un bel match». Poi andiamo in Scozia. «Ecco la Scozia è più simile a noi come squadra. A novembre ha fatto male, ha perso anche contro Tonga che noi abbiamo battuto, e gli scozzesi sono la formazione che abbiamo sconfitto di più in questi anni. Ma vincere a Murrayfield non sarà affatto facile. L ultima vittoria, unica, su quel campo risale al 2007, è passato molto tempo. Ce la giocheremo ma sarà, prevedo, un match molto duro, molto chiuso». Dicevamo che l Italia affronta questo Sei nazioni con l intenzione di continuare sulla strada di novembre. Cosa è cambiato in questa squadra con l arrivo di Jacques Brunel al posto di Nick Mallett? «Nick e Jacques hanno due visioni diverse del gioco. Una più anglosassone, l altra francese. Brunel chiede di osare di più, di dare più movimento al gioco, per essere più aggressivi. Contro Australia e Nuova Zelanda abbiamo dimostrato che siamo in grado di farlo, nonostante la differenza che c è fra noi e loro. Questo è quello che è cambiato: facciamo più gioco, sfruttiamo più le nostre caratteristiche offensive. Jacques ha dato una visione più ambiziosa: imporre qualcosa all avversario, creare più situazioni di pericolo». All O limpico si prevedono 180mila spettatori in tre partite. «Giocare davanti a 60mila persone è fantastico e in campo si sente l apporto dei tuoi sostenitori. La gente ci apprezza, ci sostiene, possiamo contare su di loro. Ci auguriamo che ci siano tre esauriti e di ripagare con match bellissimi la passione di chi ci segue». 19

20 L Italia al bivio: solo applausi o protagonista? La parola d ordine del ct Brunel è «equilibrio»: osare molto senza prendere troppi rischi di Fabrizio Zupo Ci sono quattro picchi di impegno massimo in una normale stagione di rugby in cui essere al clou della forma. E non è semplice, si fanno delle scelte. Domenica per gli azzurri inizia il più bello. Ma l Italia di picchi ne vive tre (gli altri sono il tour di giugno e i test a novembre) e non il quarto perché purtroppo né i club in passato e né le franchigie adesso sono mai passate ai quarti dell Heinken Cup: la Champions ovale che in parte oscura il successo del Sei nazioni con tutto esaurito negli stadi e record d ascolto televisivi. C è pure l Amlin Cup ma meno decisiva. Calendario intenso. È come se nel calcio, gli azzurri di Cesare Prandelli dovessero giocare tutti gli anni un campionato europeo nel bel mezzo del calendario serie A e finali di coppe. Nell era pro, questi conti il rugby li deve fare. Negli anni scorsi in paesi come l Inghilterra si è arrivati allo scontro al calor bianco fra club e federazione della rosa. Delle sei nazioni del torneo, la Francia (3 club), l Irlanda (2) e l Inghilterra (3) sono interessate alla coppe e devono gestire i giocatori in condominio Nazionale-Club (che ha in libro paga l atleta) armonizzandone il rendimento. Italia, Galles e Scozia sono fuori e questo può essere un piccolo vantaggio specie per gli azzurri che giocano tre turni su cinque in casa, davanti a un pubblico da brividi come quello dello stadio Olimpico di Roma e dove nessuno impone più voragini di punti. Le incognite. Ma il ct Jacques Brunel che nazionale servirà a tavola? Qual è la foto dello stato di salute azzurra più a fuoco di questo primo anno di gestione? L Italia del debutto romano sotto la neve all Olimpico frenata dalla la paura di vincere contro un Inghilterra salvata dal vecchio Hodgson che sul 20

21 lento retropassaggio di Bortolami su Masi ha pressato e stoppato l estremo trovando sul rimbalzo la meta spacca partita? L Italia deludente nello stadio del ghiaccio di Parigi o nel nuovo Aviva stadium di Dublino? L Italia che dà tutta la paga ad avversari più debole come negli Usa e in Canada? O quella del primo tempo contro gli All Blacks a Roma per non dire dell ultima a Firenze contro l Australia con Barnes che spedisce la palla sugli spalti per far suonare la sirena andando poi a congratularsi con il coraggioso Orquera? L equilibrio, parola d ordine di Brunel insieme con Osare (dopo lo spiritu di Berbizier) si è visto solo a sprazzi fra mischia e trequarti lì al Franchi. Molto di più la voglia di osare fuori dal piano di battaglia studiato a tavolino. Garantita la difesa, quel pizzico di iniziativa personale che strappa il copione e mette dubbi all avversario. Speranze da Treviso. Secondo noi la foto più a fuoco speriamo è quella dell ultima meta vincente della Benetton (al cui pack manca solo capitan Parisse per confondersi con i titolari di Brunel) agli Ospreys (ultimo recente turno di Heineken). Non solo perché s è trattato di una rimonta a partita già chiusa con due mete uscite dal cilindro, non solo per il killing instict, non solo per la freddezza di Minto in quell ultimo passaggio dietro la schiena a Pratichetti che ha marcato allo scadere. Ma perché è arrivata in questo momento così a ridosso dei Sei nazioni quando il ritmo delle gambe è a regime (gli Ospreys sono mezzo Galles). I successi sono tutti belli ma a inizio stagione sono diversi: i big club con la testa a primavera partono a ritmo blando. I protagonisti dei test di novembre (Minto, Ghiraldini, Sgarbi) sono sembrati volare in Celtic nei match di dicembre e gennaio. Volare sulle ali di quell esperienza portandola dall azzurro alla franchigia e ora speriamo anche nel volo di ritorno. Con maggiore consapevolezza. 21

22 I 31 convocati per la prima sfida con la Francia Robert Barbieri (27) flanker Valerio Bernabò (19) seconda linea Tommaso Benvenuti (23) centro-ala Tobias Botes (8) med mischia/ala Kristopher Burton (18) estremo/apertura Paolo Buso (1) estremo/apertura Gonzalo Canale (77) centro/ala/estremo Martin Castrogiovanni (91) pilone Lorenzo Cittadini (16) pilone Alberto De Marchi (4) pilone Paul Derbyshire (16) lanker/n. 8 Simone Favaro (16) flanker Joshua Furno (6) seconda linea Gonzalo Garcia (25) centro Quintin Geldenhuys (33) seconda linea Leonardo Ghiraldini (48) tallonatore Davide Giazzon (5) tallonatore Edoardo Gori (19) mediano di mischia Tommaso Iannone (1) mediano d apertura Andrea Lo Cicero (98) pilone Andrea Masi (72) utility back Luke McKlean (41) estremo Andrea Minto (2) flanker/seconda linea Luciano Orquera (29) apertura Antonio Pavanello (13) seconda linea Michele Rizzo (5) pilone Alberto Sgarbi (23) centro/estremo Giovanbattista Venditti (9) ala Manoa Vosawai (10) n. 8/flanker Alessandro Zanni (69) flanker/n. 8 22

23 Mathieu, il gigante fragile Ecco i primi avversari La storia di Bastereaud, il 25enne di talento che promette e per ora non mantiene di Alessandro Cecioni Quando Philip Saint-André, il tecnico della Francia, ha letto la lista dei convocati per questo Sei nazioni che i francesi affrontano da grandi favoriti, la sorpresa è stata lui: Mathieu Bastareaud, tre-quarti centro del Tolone, 25 anni il prossimo settembre, origini in Guadalupe, nero come la paura che incute, sulla carta uno fra i tre-quarti più forti al mondo. Perché allora la sorpresa? Perché Mathieu è il classico caso del campione potenziale che si autodistrugge, che promette e non mantiene, che illude chi ha fiducia in lui. Storia quasi incredibile la sua. Bernard Laporte, allora tecnico della Francia, lo nota nelle selezioni giovanili e ne rimane colpito. Mathieu è un concentrato di potenza, velocità e muscoli, un cubo all apparenza inarrestabile: 1,83 di altezza per 115 chili di peso. Impressionante quando si lancia contro le linee arretrate avversarie, un po meno quando, placcato, perché tutti possono essere placcati, deve passare il pallone. Ecco, lì, la tecnica non è delle migliori. Ma Laporte non si fa scrupoli a convocarlo, è il 2007, per una tournée in Nuova Zelanda. Il ragazzo ha solo 18 anni e non è ancora professionista. Caso più unico che raro. «È un ragazzo con un avvenire, ha la maturità di un venticinquenne e tutte le qualità per diventare un giocatore di alto livello», dice Laporte ai giornalisti che stupiti della scelta gli chiedono lumi. Sulla maturità, vedremo, il tecnico si sbaglia. Mathieu si infortuna a un ginocchio prima del tour e resta a casa. A settembre Coppa del mondo in Francia e lui non c è. Per vederlo con i bleus bisogna aspettare il 2009, Sei nazioni, tre sostituzioni, nessuna meta. Il 2009 è l anno buio di Mathieu. Va in Nuova Zelanda con la Francia a giugno. Una sera arriva in albergo con il viso ridotto a una maschera di sangue: «Mi hanno aggredito dei tifosi degli All 23

24 Blacks». Incredibile per vari motivi, primo fra tutti perché in Nuova Zelanda il rugby è una religione e gli avversari sono più che rispettati e poi perché le aggressioni a Wellington si contano su una mano nell arco dei decenni. Possibile? No, tutto falso, il ragazzone si è inventato tutto, prova a rimediare («sono caduto per le scale perché ero ubriaco»), poi la verità si fa strada, rissa, da ubriaco, con alcuni compagni di squadra. Federazione francese in grande imbarazzo, lui che tenta il suicidio. Ma nel 2010 rieccolo in nazionale, segna due mete nel Sei nazioni con la Scozia. Poi buio, niente mondiale in Nuova Zelanda, niente Torneo 2012, torna con l Italia nella Francia superfavorita. «Ha recuperato velocità e forza», dice Saint- André augurandosi, dopo Laporte e Lievremont, di non essere il terzo tecnico di Francia a essere ingannato dal campione non ancora sbocciato. 24

25 Nigel Owens, l arbitro gay e il coming-out Nigel Owens è l arbitro di Italia-Francia e ha debuttato nel Sei nazioni nel 2007 in Inghilterra-Italia a Twickenham. È stato giudice di linea alla finale del Mondiale in Nuova Zelanda. Gallese, 41 anni, nato a 10 chilometri da Llanelli, città tempio del rugby del Principato, quella degli Scarlets, uno fra i pochi club con lo scalpo degli All Blacks. Ha provato a giocare a 16 anni ma ha seguito subito il consiglio dell allenatore che l ha bollato come inadatto e si è buttato nell arbitraggio. Debutto internazionale nel 2001 ma Owens ha fatto parlare di sé nell aprile 2007 subito dopo la promozione al Mondiale di Francia. Il primo arbitro del rugby a dichiararsi gay (un altro gallese, il giocatore Gareth Thomas l ha poi seguito) ammettendo di avere sempre esitato a rivelarlo perché temeva per la sua carriera: «Fossi stato un giocatore forse sarebbe stato più facile per me. I tifosi li amano per quello che fanno in campo. Voglio dire, già di loro gli arbitri non sono certo popolari...». Lavora come presentatore televisivo e partecipa a sit-comedy gallesi. I guardalinee di domenica sono Barnes (Inghilterra) e Hodges (Galles). Tmo: Simmonds (Galles). 25

26 LE AVVERSARIE/IRLANDA Re d Europa coi club la vecchia guardia non brilla nel Torneo di Fabrizio Zupo Irlanda re di coppa. Sì la generazione di Brian O Driscoll ama vincere l Heineken Cup, la Champions ovale, con il proprio club-franchigia più del Sei nazioni con la maglia del Trifoglio e, badate bene, qui la dicotomia Federazione-club non esiste: le quattro province ovali dell isola verde da cui pesca il ct Declan Kidney fanno capo a Dublino. Ed è per questo che nei giorni scorsi quando Jonathan Sexton, l apertura titolare di Leinster e Irlanda, ha annunciato di voler andare allo Stade Français di Parigi (ingaggio sopra il mezzo milione di euro) ha sconvolto il sistema che, dal 2000, garantisce risultati prima dimenticati. Nel biennio i verdi persero tre volte contro gli azzurri: non è più successo. Un inizio di fuga che allinea i talenti irlandesi a quelli inglesi, italiani, neozelandesi e gallesi nel preferire i ricchi contratti francesi. La generazione-franchigia (nata per raggruppare le forze e giocare un campionato celtico a livello di quelli inglesi e francesi) ha fatto incetta di titoli con l exploit nel 2012 di vedere Leinster Dublino campione in finale contro l Ulster di Belfast: tre coppe in quattro anni a cui si aggiungono le due del Munster. In tutta questa gloria, solo un titolo del Sei nazioni centrato nel Altre volte sfiorato all ultimo turno che casca spesso a Roma a San Patrizio e, pure stavolta, gli irlandesi vorrebbero festeggiare sotto casa del papa. Ora che le carriere di O Driscoll (dopo nove anni lascia la fascia di capitano a Jamie Heaslip) e soci vanno sfumando, è difficile sapere come vivranno l ultimo atto prima del cambio generazionale. Sei della rosa hanno saltato i test di novembre, e un leader come Paul O Connell è fuori per infortunio. Per contro il ct ha chiamato ben 11 Wolfhounds (cani-lupo): gli emergenti che hanno perso venerdì scorso con i 26

27 Saxons inglesi. Fra i promossi il centro del Connacht Dave McSharry e l apertura dell Ulster Paddy Jackson, mentre l ala castiga-azzurri Andrew Trimble (Ulster) è stata esclusa. L appetito aumenta con i risultati: primo turno in salita domani a Cardiff co il Galles, poi riceverà l Inghilterra e sarà tempo di tirar le somme. Se andrà male la testa potrebbe volare già ai quarti di Heineken (Munster, Ulster) e al tour dei Lions. LA RO SA Avanti: Healy, R. Best, Ross, McCarthy, D. Ryan, O Mahony, O Brien, Heaslip (capitano), Cronin, Kilcoyne, Fitzpatrick, O Callaghan, Henry, Ferris, Sherry, Tuohy. Trequarti: Kearney, Gilroy, O Driscoll, D Arcy, Zebo, Sexton, Murray, Reddan, O Gara, Earls, Cave, McFadden, McSharry, Jackson. 27

28 LE AVVERSARIE/INGHILTERRA Rifondata e vincente Dopo il ko agli All Blacks punta ad alzare il trofeo di Fabrizio Zupo Mai incarico a interim è stato più felice e sta pure lanciando la tendenza altrove: Stuart Lancaster, ormai ex ct inglese a cottimo (segue anche l Inghilterra A), non ha più problemi da quando in novembre ha rovinato la festa di un anno irripetibile degli invincibili All Blacks di Richie McCaw colpiti a Twickenham prima dalla perizia balistica del giovane Owen Farrell (il padre Andy assistant coach di Lancaster e già in Nazionale sino al 2007) e poi affondati al tentativo di rimonta con le mete di Barritt, Ashton e quella d intercetto del samoano Manu Tuilagi. Non servono i bookmaker che la danno vincente, per dire che l Inghilterra questo Sei nazioni può solo perderlo. Rifondata dopo il deludente Mondiale 2011, condito da festini alcolici e scandali da gossip, l Inghilterra è arrivata seconda nel 2012 cedendo solo al Galles, ma stentando con l Italia all esordio dell Olimpico sotto la neve (ci mise una pezza Hodgson stoppando un rinvio di Masi e schiacciando, l aiutò Brunel sperimentando un cambio di mediani a metà ripresa). Lancaster ha accelerato il ricambio e i suoi problemi sono solo due. Le polemiche degli esclusi che l accusano dipreferire la legione straniera (i troppi eleggibili in rosa) in una nazione con mezzo milione di praticanti. Una diatriba che sembrava dieci anni fa appannaggio solo degli azzurri. Ci sono poi gli infortuni: Alex Corbisiero, pilone italo-inglese, è tornato al club per i primi due turni sostituito da Thomas dal Sale Shark e alla vigilia perde Manusamoa detto Manu Tuilagi che non scenderà in campo domani contro la Scozia per la partita valida pure per la Calcutta cup. Ma vediamo le scelte principali: il ct ha chiamato 33 giocatori fra cui i debuttanti Billy Twelvetrees (proprio al posto di Tuilagi) e Calum Clark. In tutto sette cambi rispetto al 2012: il 28

29 centro Twelvetrees è stato premiato per la sua forma impressionante con Gloucester, mentre per Clark scende in seconda squadra Mouritz Botha. Joe Launchbury (altro finalista al Mondiale Under 20 che ruba il posto a Tom Palmer), Tom Young (il tallonatore nato trequarti centro e fratello del mediano Ben), Mako Vunipola e Freddie Burns sono stati promossi sul campo dopo i test di novembre. LA RO SA Avanti: Clark, Corbisiero, Cole, Croft, Hartley, Haskell, Johnson, Launchbury, Lawes, Marler, Morgan, Parling, Robshaw (cap), Vunipola, Waldrom, Wilson, Wood, T.Youngs. Trequarti: Ashton, Barritt, Brown, Burns, Care, Dickson, Farrell, Flood, Foden, Goode, Joseph, Strettle, Tuilagi, Twelvetrees, B.Youngs. Ultimi cambi: Thomas per Corbisiero, Tuilagi fuori per infortunio alla caviglia. 29

30 LE AVVERSARIE/SCO ZIA Dopo il novembre nero il nuovo ct Johnson si riaffida a Kelly Brown di Fabrizio Zupo Difficile ricordare un testacoda del genere. Nelle 11 partite giocate nel 2012 la Scozia allenata sino alle spontanee dimissioni di novembre dall inglese Andy Robinson infila di seguito cinque sconfitte al Sei nazioni con cucchiaio di legno guadagnato a Roma (ma mezza nazionale con la maglia della franchigia Edinburgo va subito dopo in semifinale di Heineken Cup) poi si presenta nell emisfero Sud per i test match di giugno calando un tris in trasferta. Batte infatti in due settimane Australia, Figi e Samoa risalendo il ranking, causando l invidia e le mire di molti (l allenatore della mischia, l italiano Massimo Cuttitta riceve offerte dall Irlanda). Poi a novembre al Murrayfield si spegne la luce: Nuova Zelanda passa a rullo, sotto di 10 punti col Sudafrica ma perde anche con Tonga arrivata al tour in Europa con le spese di viaggio risolte grazie a uno sponsor di maglia bresciano e considerata la cenerentola (tanto che l Italia batte gli isolani ma viene sommersa di critiche). Un tonfo, giù al 12º posto nel ranking tanto da spingere su pure l Italia al 10º dove non si affacciava da un lustro. Robinson non aspetta di essere cacciato, e la federazione scozzese (l unica con l Italia a non aver vinto un Sei nazioni) sbanda e non sa che fare. Nick Mallett, ex ct azzurro, dopo aver presentato il curriculum per l Inghilterra ci riprova con il XV del Cardo. Ma anche in questo caso viene scelto l interim: contratto di 14 settimane, lo spazio del torneo, a Scott Johnson (con l inglese Dean Ryan prelevato dalla panchina di Gloucester come assistente). Nonostante il novembre nero Johnson ha scelto di tenere il flanker Kelly Brown come capitano, ma nominerà anche due vice-capitani per avere un gruppo di leader in campo. Intanto ha anche scremato il gruppo portandolo da 35 a 27 in 30

31 vista della trasferta di domani a Twickenham (resta a casa Chris Fusaro di origini venete). Il bilancio contro gli azzurri è di 12 vinte e 7 perse. Nel 2007 la prima sconfitta a Murrayfield (tre mete nei primi sette minuti) lanciò la rugby mania in Italia. Come noi la Scozia non ha squadre impegnate nelle coppe di primavera ed è concentrata solo sul Sei nazioni. Battere la Scozia resta l obiettivo minimo dell Italia fin dalla partita d esordio nel 2000, vinta al Flaminio. LA RO SA Avanti: Dickinson, Grant, Hall, MacArthur, Ford, E.Murray, Cross, Low, Kellock, Gray, Hamilton, Gilchrist, Brown (capitano), Harley, Wilson, Beattie, Denton, Vernon, Strokosoch. Trequarti: Murchie, Hogg, Maitland, Seymour, S.Lamont, Visser, Evans,Scott, Dunbar, Horne, Weir, Jackson, Heathcote, Pyrgos, Kennedy, Laidlaw. Curiosità: debutta Sean Maitland, ala ed estremo, neozelandese ma di padre samoano e madre scozzese. 31

32 LE AVVERSARIE/GALLES Il Grande Slam 2012 poi la discesa lenta sino al tonfo con Samoa di Fabrizio Zupo Che succede al Galles? Si può sfiorare la finale mondiale 2011 di Auckland perdendo di un punto contro la Francia dopo aver giocato in 14 per un ora senza capitan Warburton e tre mesi dopo alzare la coppa del Sei nazioni 2012 con tanto di Grande slam e poi festeggiare battendo i Barbarians di Mallett al Millenium Stadium e, dopo tutto questo bendidio (che ha fatto pensare a miti come Gareth Edwards a proposito il 27 gennaio di 40 anni fa protagonista della meta e della partita del secolo vinta dai Barbarians sugli All Blacks che il grande Galles era tornato) spegnere la luce di colpo. E del tutto. Da allora solo ko: tre in Australia (anche se l ultimo solo di un punto) e quattro a Cardiff in venti giorni contro Argentina, Samoa (come nel 1991 uno shock), Nuova Zelanda e Australia. Certo gli amanti delle statistiche si attaccano al fatto che cinque partite di seguito in casa, il Galles non le perde dal Ma anche i record negativi sono fatti per essere battuti. Le prime due partite dei rossi sono domani contro l Irlanda e sabato 9 a Parigi con les bleus. Vincerle significherebbe essere in corsa per il bis dello slam, perderle concentrarsi su altro. Rispetto agli avversari, il principato ha un vantaggio: le franchigie gallesi sono fuori dalla Heineken cup, come le scozzesi e le italiane e possono quindi pensare solo al Sei nazioni. Dan Biggar, apertura degli Ospreys ha vinto la sfida su James Hook, collega di ruolo in forze al Perpignan. Più importante è che Adam Jones ha risposto presente, come i centri Jonathan Davies (mitica omonimia) e Jamie Roberts. Il Galles vive un altro tipo di turbativa. I Lions: è infatti Warren Gatland, il ct gallese a essere stato scelto come selezionatore. E questo ruolo super partes l ha costretto alla licenza dalla panchina scarlatta. L incarico a interim è cascato sul vice, l ex 32

33 mediano di mischia Rob Howley capitano del Galles del Mondiale di casa nel 1999, ma alla prima reponsabilità diretta (7 sconfitte su 7). Gatland ha già annunciato di voler vincere la serie del tour, anche rinunciando a selezionare giocatori da tutte e quattro nazionali coinvolte (la Scozia potrebbe non avere alcun Lions) e questa sirena richiama più del Sei nazioni. LA RO SA Avanti: Jenkins, Rees, Jones, Coombs, Evans, Shingler, Warburton (cap), Faletau, Owens, James, Mitchell, Kohn e Tipuric. Sono della rosa anche: Andrews, Bevington, Hibbard, R.Jones, King, Turnbull, Navidi, Pretorius. Trequarti: Halfpenny; Cuthbert, Jonathan Davies, J.Roberts, North; Biggar, Phillips; L. Williams, Hook, S. Williams. Nella rosa anche Knoyle, Walker, Byrne. 33

34 34

35 VENERDÌ 1 FEBBRAIO Il momento delle scelte Due giorni al debutto, è il momento delle grandi scelte. Il ct Jacques Brunel ha scelto i quindici che affronteranno la Francia nella sfida inaugurale del torneo. 35

36 GIOVANBATTISTA VENDITTI 36

37 Ecco il XV azzurro anti-francia Luke McLean, Tobias Botes e Simone Favaro sono le tre novità, rispetto al test-match di novembre con l Australia, nella formazione che l Italia schiererà domenica a Roma contro la Francia nella prima giornata del Sei nazioni. Il ct Jacques Brunel ha ufficializzato il XV per il turneo inaugurale del torneo. Nello schieramento dell Italia, il triangolo allargato vede le conferme di Andrea Masi a estremo e Giovanbattista Venditti all ala destra, con McLean che sul lato sinistro del campo prende il posto dell infortunato Mirco Bergamasco. Confermata la coppia di centri della Benetton Treviso Alberto Sgarbi-Tommaso Benvenuti, mentre in mediana Brunel rinnova la fiducia a Luciano Orquera ma affida a Botes la maglia numero nove di mediano di mischia con Ugo Gori che rientrato con il gruppo negli ultimi giorni parte della panchina. In terza linea, Sergio Parisse a numero otto è capitano degli azzurri per la quarantaquattresima volta in carriera, mentre Favaro fa il proprio esordio da titolare allo Stadio Olimpico e Alessandro Zanni gioca il suo quarantacinquesimo test-match consecutivo. Nessuna novità tra i primi cinque uomini, con Francesco Minto e Quintin Geldenhuys che conservano il posto in seconda linea, il vice-capitano Leonardo Ghiraldini che avvicina il traguardo dei cinquanta caps partendo tallonatore titolare e la coppia di piloni veterani con Martin Castrogiovanni sul lato destro della prima linea. Andrea Lo Cicero che festeggia la sua novantanovesima apparizione in azzurro a sinistra. Gli otto uomini della panchina sono il tallonatore Davide Giazzon, il pilone sinistro Alberto De Marchi pronto alla prima uscita di carriera nel Sei nazioni, Lorenzo Cittadini quale pilone destro, Antonio Pavanello seconda linea, Paul Derbyshire flanker, una seconda mediana formata da Gori, Kristopher e Burton e Gonzalo Canale come utility back. 37

38 Italia e Francia si affrontano per la trentaquattresima volta e il bilancio è ampiamente favorevole agli ospiti, vittoriosi in trentadue occasioni contro le due affermazioni degli Azzurri l ultima delle quali nel 2011 al Flaminio. La formazione dell Italia: 15 Andrea Masi, 14 Giovanbattista Venditti, 13 Tommaso Benvenuti, 12 Alberto Sgarbi, 11 Luke McLean, 10 Luciano Orquera, 9 Tobias Botes, 8 Sergio Parisse, 7 Simone Favaro, 6 Alessandro Zanni, 5 Francesco Minto, 4 Quintin Geldenhuys, 3 Martin Castrogiovanni, 2 Leonardo Ghiraldini, 1 Andrea Lo Cicero. A disposizione: 16 Davide Giazzon, 17 Alberto De Marchi, 18 Lorenzo Cittadini, 19 Antonio Pavanello, 20 Paul Edward Derbushire, 21 Edoardo Gori, 22 Kristopher Burton, 23 Gonzalo Canale. 38

39 Brunel: «Abbiamo lo spirito giusto» «Siamo ancora convinti di essere sulla strada giusta, e che abbiamo la capacità non solo di sfidare la Francia, ma di imporle qualcosa. Non so se vinceremo, ma se avremo questo spirito domenica possiamo batterli». Il ct dell Italrubgy, Jacques Brunel, a due giorni dalla sfida di esordio nel Sei nazioni con la Francia, non si dà sconfitto in partenza. Due anni fa, al Flaminio, gli azzurri si imposero a sorpresa contro i Coqs, ma il tecnico preferisce non pensarci troppo. «Io non ho mai parlato di due anni fa rileva il ct -. I giocatori hanno conosciuto questo periodo ma da allora sia la Francia che l Italia hanno cambiato gruppo, staff, obiettivi. Sicuramente sarà un ricordo importante per qualche giocatore, ma dobbiamo cercare di non pensarci troppo. I francesi ci pensano ancora? Ne hanno parlato di più che noi perché sarà la loro prima volta a Roma dopo quella sconfitta e avranno la voglia di rivincita». Tra le principali novità nella formazione annunciata oggi c è Tobias Botes al posto di Edoardo Gori: «Abbiamo preferito chi fisicamente sta meglio in questo momento spiega Brunel -. A novembre Gori era avanti, ma ora è un po in ritardo sul piano fisico, dopo un infortunio, e ho preferito di mettere Botes. Chi vincerà il Sei nazioni? Tutti, ma gli italiani non ancora. Vediamo». 39

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41 SABATO 2 FEBBRAIO Grande attesa per la festa degli ex Ultimo collaudo per gli azzurri allo stadio Olimpico di Roma in vista della sfida di domani contro la Francia. Ma c è anche grande attesa per la cerimonia di consegna dei caps a tutti gli ex azzurri, cerimonia che precederà di poche ore la partita ma che avrà un grande valore simbolico. 41

42 L ALLENAMENTO DEGLI AZZURRI PRIMA DI ITALIA-FRANCIA 42

43 Domani la consegna dei caps Una cerimonia senza precedenti nella storia del rugby italiano, un omaggio che la Fir vuole rendere a tutti coloro che hanno indossato la maglia azzurra negli anni pionieristici del movimento italiano e in quelli che hanno reso possibile l ingresso dell Italia nell elite del rugby internazionale. Domani mattina, alle 10, il salone d onore del Coni accoglierà circa quattrocento azzurri, di tutte le età e provenienti da ogni angolo del Paese, e spetterà al presidente federale Alfredo Gavazzi affiancato dal presidente onorario Giancarlo Dondi e dal vice-presidente vicario Nino Saccà consegnare a tutti loro il cap azzurro con il rispettivo numero di matricola: una tradizione di lungo corso tra le home unions, inaugurata a sua volta dalla Fir nel recente passato con la consegna dei primi caps la scorsa estate, in occasione della partenza per il tour estivo nelle Americhe, agli atleti convocati dal ct Brunel. Tra due giorni toccherà invece a quasi quattrocento dei 627 giocatori ad aver vestito l azzurro dal 1929 a oggi, farsi calcare in testa il segno d appartenenza alla ristretta cerchia di atleti ad aver rappresentato la Nazionale in un test-match ufficiale, mentre saranno una ventina i caps ritirati per conto di Azzurri non più in vita. «Il cap ha dichiarato Gavazzi è uno fra i simboli del mondo del rugby ed è per me motivo di grande orgoglio poter annoverare anche l Italia tra i Paesi che celebrano questo rito. Abbiamo istituito di recente la consegna del cap, adesso vogliamo regalare un momento indimenticabile a tutti coloro che hanno avuto l onore di vestire la maglia della nostra Nazionale, offrendo loro un riconoscimento ancor più importante della maglia stessa, un segno d appartenenza alla ristretta elite di coloro che hanno giocato al più alto livello». «La partita con la Francia ha aggiunto il massimo dirigente federale rappresenta uno fra gli appuntamenti storici del 43

44 nostro rugby, una delle rivalità più sentite, e pertanto ci è parso il momento ideale per far respirare l atmosfera del Sei nazioni a chi, avendo vissuto negli anni pionieristici o di sviluppo, non ha avuto la possibilità di farlo. Prima del calcio d inizio, infatti, tutti i giocatori insigniti nel corso della mattinata di domenica del cap ufficiale saranno a bordo campo per cantare insieme con gli Azzurri sul campo l inno nazionale. Sarà un momento estremamente toccante per tutti, un abbraccio ideale tra gli atleti del passato e quelli di oggi secondo quel senso della tradizione tipico del nostro splendido sport». 44

45 L Italia si prepara al gran giorno di Fabrizio Zupo Un vero allenamento più che la solita rifinitura quello andato in scena questa mattina allo Stadio Olimpico per la Nazionale di rugby che domani alle 16 affronta la Francia per il match d esordio del Torneo delle Sei nazioni valido anche per il trofeo Garibaldi in palio ogni anno fra le due compagini latine. Dopo la conferenza stampa di ieri, il ct Jacques Brunel ha lasciato il microfono a capitan Sergio Parisse, l uomo che l ultima volta a Roma aveva sollevato la scultura a forma di G scolpita nel 2007 da Jean Pierre Rives, una fra le terze linee più grandi in tutta la storia del rugby. Oggi i francesi vengono per far capire che fu un incidente: skipper di giornata la seconda linea Pascal Pape cui il ct Saint André ha affidato la fascia di capitano preferendolo al flanker rientrante Thierry Dusuatoir. Gli intrecci. Pape è compagno di squadra nello Stade Français di Sergio Parisse, i due capitani hanno giocato venerdì scorso assieme interrompendo come tutti gli internazionali in forze al club parigino il raduno con la Nazionale. Due giorni fa scherzando Parisse aveva detto «Sono contento di giocare contro Pascal, sarà la prima volta che lo vedo in faccia. In genere gli sto dietro le chiappe». E ieri ha precisato «Sono contento per Pascal perché è un bravo ragazzo e a novembre ha giocato molto bene ma in campo sarà solo un francese in più e io penso alla mia squadra». Rispetto a quella vittoria del 2011 come sono cambiate le aspettative? «Sono cambiate molto, come sono cambiate le domande che ci fanno tutti ora. Allora tutti parlavano già della sfida successiva con la Scozia quale obiettivo minimo per salvare la stagione, dando scontata una batosta con la Francia. Invece abbiamo vinto contro di loro e perso poi a Edimburgo. Siamo una squadra in crescita, detto questo sappiamo che la Francia è più forte». Meglio il terreno pesante. Oggi giornata di pioggia, meglio 45

46 per l Italia il terreno pesante? «Fino a sei-sette anni fa avrei detto di sì, per rallentare il gioco. Oggi se la palla è più veloce è meglio anche per noi. Pioggia o non pioggia cercheremo il nostro gioco». Come a certificare: l Italia non è più forte solo in mischia ma anche nel gioco aperto. È questa l eredità dei test di novembre, dell osare di Brunel? «Novembre conclude Parisse ci ha lasciato molte certezze. Un modo di giocare che diverte di più anche a noi. In queste due settimane di raduno, in allenamento ci siamo ritrovati, anche se io ho dovuto star via tre giorni con il club, e per come ci siamo allenati, posso dire che siamo in forma e pronti». La festa con gli ex azzurri. Domani l inizio sarà strano, con tutti gli ex nazionali attorno a cantar l inno, oltre quattrocento arrivati in città per la consegna del cap (il berretto) azzurro: evento cui il Sunday Times ha dedicato mezza pagina seguito dal francese L Equipe. «È un iniziativa molto bella dice Parisse molti di loro non hanno avuto la possibilità di giocare in uno stadio così bello. In squadra ne abbiamo parlato anche se stiamo concentrando i nostri pensieri solo sulla partita». Il gm troiani in doppia veste. Fra gli ex in campo a cantare prima di risalire in tribuna a fianco di Brunel, anche l aquilano Gino Troiani, il general manager: «Voglio ringraziare l ex presidente Giancarlo Dondi (presente alla conferenza stampa per presentare il nuovo sponsor Peugeot, ndr) perché è stato lui ha dare il via a questa tradizione, una fra le più antiche del rugby. Molti miei ex compagni mi hanno chiamato in questi giorni per ringraziare. Molti mi hanno detto Sarà come esordire di nuovo». La formazione. Questo il XV azzurro:15 Masi, 14 Venditti, 13 Benvenuti, 12 Sgarbi, 11 McLean, 10 Orquera, 9 Botes, 8 Parisse, 7 Favaro, 6 Zanni, 5 Minto, 4 Geldenhuys, 3 Castrogiovanni, 2 Ghiraldini, 1 Lo Cicero. A disposizione: 16 Giazzon, 17 De Marchi, 18 Cittadini, 19 Pavanello, 20 Derbushire, 21 Gori, 22 Burton, 23 Canale. 46

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