LRCW 4 Late Roman Coarse Wares, Cooking Wares and Amphorae in the Mediterranean
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1 LRCW 4 Late Roman Coarse Wares, Cooking Wares and Amphorae in the Mediterranean Archaeology and archaeometry The Mediterranean: a market without frontiers Edited by Natalia Poulou-Papadimitriou, Eleni Nodarou and Vassilis Kilikoglou Volume I BAR International Series 2616 (I) 2014
2 Published by Archaeopress Publishers of Briish Archaeological Reports Gordon House 276 Banbury Road Oxford OX2 7ED England BAR S2616 (I) LRCW 4 Late Roman Coarse Wares, Cooking Wares and Amphorae in the Mediterranean: Archaeology and archaeometry. The Mediterranean: a market without froniers. Volume I. Archaeopress and the individual authors 2014 Cover illustraion: Early Byzanine amphora from Pseira, Crete (photo by C. Papanikolopoulos; graphic design by K. Peppas). ISBN (complete set of two volumes) (this volume) (volume II) Printed in England by Informaion Press, Oxford All BAR itles are available from: Hadrian Books Ltd 122 Banbury Road Oxford OX2 7BP England The current BAR catalogue with details of all itles in print, prices and means of payment is available free from Hadrian Books or may be downloaded from
3 LA CERAMICA COMUNE, LA CERAMICA DA CUCINA LOCALE E IMPORTATA, E LE ANFORE DALLO SCAVO DI VIA BOLIVIA, AQUILEIA (UDINE-ITALIA) ALICE CEAZZI 1, ALESSANDRO DEL BRUSCO 2 1 University of Trieste, via Val Maggia, 3 - Roma; alice.ceazzi@gmail.com 2 University of Trieste, via Leonardo da Vinci, 8 Labico (Roma); adelbrusco@gmail.com This contribution concerns ceramic classes dating from the 2nd century BC to the 6th - 7th centuries AD discovered in the via Bolivia s excavation at Aquileia by the University of Trieste. The pottery examined comprises coarse wares, coarse cooking wares, imported African and Eastern or Aegean cooking wares and amphorae. Regarding the coarse wares, the most common types are jugs, bottles, grater bowls, dishes and they are compared to those already widely identified in the Cisalpine area and several Italian sites. Coarse cooking wares are directly related to the raw materials found throughout the Cisalpine plain and in the mountain sites of Friuli Venezia Giulia region. Among the imported cooking wares there is a large number of African origin present in a wide range of forms, specimens of Eastern Aegean production identified on the basis of excavations in the Athenian Agora, in Paphos, Knossos and more recently in sites of the eastern Adriatic. With regard to shipping containers, the African amphorae production is the most prominent, followed by Eastern and Italic production; Spanish productions are less attested and the Gallic amphorae are virtually absent. KEYWORDS: AQUILEIA, COARSE WARE, COOKING WARE, AMPHORAE Il presente contributo si basa sulle tesi di Specializzazione in Archeologia Classica degli scriventi, discusse presso l Università degli Studi di Trieste nel Entrambe le tesi avevano come oggetto di indagine i materiali ceramici rinvenuti nello scavo della Scuola di Specializzazione in Archeologia dell Università degli Studi di Trieste sito in via Bolivia (Fig. 2), loc. Monastero ad Aquileia, (Ceazzi e Del Brusco 2007); il contesto di scavo ha interessato l angolo NE di una domus, già in parte indagata dalla stessa Università di Trieste dal 1995 al 2000 (Medri 2000), prospiciente su un incrocio stradale costituito da un cardo e un decumanus minori della città antica, su cui affacciavano lungo il versante a E altre strutture, presumibilmente di tipo commerciale. Il materiale ceramico esaminato è relativo alle campagne di scavo effettuate dal 2002 al 2004 dove sono state riconosciute in via preliminare una fase di vita compresa tra il III e il V sec. d.c. (periodo I), una fase di abbandono del sito avvenuta tra il V e il VII d.c. (periodo II), una fase intermedia dal VII all XI secolo (periodo III) e una fase compresa tra il XII e l età moderna (periodo IV) caratterizzata dalla presenza di numerose fosse; l epoca contemporanea vede l utilizzo del suolo a scopo agricolo e per le prime indagini sulla città antica. Pur essendo il materiale ceramico in corso di revisione assieme ai ritrovamenti effettuati durante i successivi interventi del , si riportano in questa sede alcune considerazioni e aggiornamenti sulle ceramiche comuni da mensa e da dispensa (prettamente locali), delle ceramiche da fuoco (locali e di importazione), e delle anfore provenienti da queste prime campagne. Ceramica comune da mensa e dispensa La ceramica comune da mensa e dispensa, dall impasto depurato, è presente con 895 frammenti. Sono state rinvenute tutte le forme funzionali da mensa e dispensa sebbene con una percentuale dei frammenti diagnostici molto più bassa rispetto al totale anche a causa dell alta frammentarietà degli esemplari. Il materiale esaminato mette in luce una continuità morfologica dei tipi comune dal I secolo a.c. La maggior parte delle bottiglie infatti (38 frr.) mostra un imboccatura con orlo indistinto (Fig. 4, n. 1-3) o con un semplice orlo verticale estroflesso, mentre una variante presenta l orlo verticale a ciotola facilmente riferibile alle anfore di produzione istriana Dressel 6B (Fig. 4, n. 4-6 ). Tra le brocche (38 frr.) gli esemplari mostrano un orlo genericamente verticale oppure ad anello che trova confronto con le anfore di piccole dimensioni ben presenti in tutta l Italia e soprattutto nella parte centrale della penisola nei contesti di I - III sec. d.c. (Fig. 4, n. 7-9). Appartengono genericamente ad anforette con orlo verticale 4 orli (Fig. 4, n ) mentre le olle figurano con 8 frammenti che trovano confronto con esemplari ben attestati ad Aquileia e databili in contesti di IV V sec. d.c. (Fig. 4, n.12-13). Le stoviglie per la tavola come piatti e coppe restituiscono rispettivamente 8 e 2 frammenti, tra cui un piatto con orlo a tesa che sembra imitare tipologie in sigillata africana (Fig. 4, n.14). 943
4 LRCW4 I catini presentano la variabilità più cospicua di tipi, a cui sono riferiti 14 orli, molti dei quali sono abbastanza frequenti nel territorio e nei contesti tardi (Fig. 4, n ) mentre le ciotole-grattugia, forma indispensabile per la preparazione dei cibi ben attestata in tutta l Europa centrale e nel nord Italia sono presenti con soli 5 orli (Fig. 4, n. 22). Si evidenzia invece nel contesto la cospicua presenza dei cosiddetti vasi a listello, contenitore utilizzato per lavorare prodotti semicotti o cotti utilizzando dei pestelli (Olcese 1993, 308), a cui appartengono 24 orli che trovano confronti puntuali ad Aquileia (Aquileia 1991), attestato dal III-IV d.c. maggiormente in siti costieri piuttosto che nell entroterra come Concordia Sagittaria (Di Filippo Balestrazzi 1988), Ravenna (Bermond Montanari 1983), Luni, a Ventimiglia/ Albintimiliun fino alla fine del VII d.c. (Olcese 1993, ), e nei contesti tardi di Ostia (Ostia IV) e Roma (Whitehouse et al. 1982; e.g. 1985); se ne riscontra invece, nonostante la vicinanza, l assenza a Trieste (Fig. 4, n ; fig. 5, n. 1-4). Ceramica grezza All interno della ceramica grezza, ormai ben conosciuta grazie ai molteplici ritrovamenti nel territorio friulano (Cagnana et al. 2010), sono stati isolati 88 orli, la maggior parte dei quali rinvenuti nella fase di abbandono del contesto tra il V e il VII d.c. (37 nel periodo II) e nella fase intermedia (30 nel periodo III). Questi manufatti ceramici sono caratterizzati da un impasto compatto, granuloso o ruvido, con inclusi di calcare e materiale quarzifero visibili ad occhio nudo sia in superficie che in sezione (Fig. 3); sebbene si tratti di forme non strettamente destinate alla presentazione dei cibi, pure molte di esse presentano come decorazioni superficiali delle incisioni o impressioni pre-cottura, le più frequenti delle quali sono a pettine, a dente di lupo e a riquadri, con l orlo a volte digitalato. Alcune di queste forme confermano la presenza e la diffusione di tipi già riscontrati nel medio e basso Friuli; i confronti infatti risultano diretti con materiali rinvenuti sia in pianura che nei siti montani. Tra le forme più comuni sono riconoscibili infatti i cosiddetti tegami a dente rientrante di Ibligo Invillino (Bierbrauer 1987, tipo Id), presenti nel contesto in varie misure con 10 orli (Fig. 5, n. 5); afferenti a questo gruppo sono alcune terrine (6 orli) dal caratteristico bordo ingrossato e leggermente appiattito superiormente, semplice o associato a una fascia di righe orizzontali (Fig. 5, n. 6), particolarmente presenti nel sito di Castelraimondo (Cividini 2010, gruppo A.1, 1) dove è possibile evidenziare la medesima cronologia della fase di rinvenimento; tra queste, si evidenzia un esemplare fittamente decorato, contraddistinto da piccole impressioni digitalate sull orlo leggermente estroflesso e da una fascia esterna a denti di lupo immediatamente al di sotto dell orlo, sottolineata da 2 righe parallele (Fig. 5, n. 7); un altro esempio simile, con un profilo completamente ricostruito, è caratterizzato da una rifinitura a pettine verticale su tutta la vasca (Fig. 5, n. 8). Le forme più attestate nel contesto aquileiese sono però le olle: dalle olle a orlo estroflesso di spessore più o meno ampio, in massima parte prive di decorazioni o in qualche caso rifinite al di sotto dell orlo con fasce di righe parallele o a onde/denti di lupo, o con con decorazioni a pettine orizzontali e verticali incrociate (Fig. 5, n. 9-14), alle cosiddette olle con orlo svasato e piccolo dente interno (Fig. 5, n. 15; fig. 6, n. 1-15), dove l orlo estroflesso viene appiattito superiormente o lateralmente, rendendolo più spesso e ricavando sezioni a mandorla o triangolari dove è possibile definire l incavo interno, più o meno evidenziato, utile alla sistemazione del coperchio. Nella sintassi decorativa di queste forme si inseriscono alcuni esemplari che, oltre alle caratteristiche onde disegnate sul corpo del vaso, mostrano anche impressioni a mandorla disposte in diagonale, come nel caso di un olla ad orlo svasato con gradino all interno e un olla con orlo verticale modanato all esterno (Fig. 6, n ); un olla situliforme, ad orlo verticale leggermente estroflesso con la spalla carenata presenta invece una teoria di X immediatamente al di sotto della carenatura (Fig. 6, n. 14). Ceramica africana da cucina Dei 114 frammenti schedati, 53 sono stati identificati con forme ampiamente conosciute nel Mediterraneo; le stesse tipologie sono in parte attestate nel territorio circostante la città fermo restando che l emporio aquileiese restituisce una varietà di forme e tipi più ampia con un ventaglio cronologico che va dall inizio alla fine della produzione. Tra i piatti/coperchi, si rileva la presenza di quasi tutte le tipologie, dalle più antiche (Ostia III, 332 con 2 orli) di II sec. d.c., proseguendo con le tipologie di metà III d.c. (Ostia I, 18 e 20, rispettivamente con 2 e con 4 orli); delle tipologie la cui presenza è ascrivibile da dopo il II d.c. fino alla fine del IV - inizio V sec. d.c. (Ostia I, 17 con 2 orli, Ostia I, 261 con 5 orli, Ostia I, 262 con 3 orli e Ostia I, 264 con 1 orlo), le attestazioni risultano più frequenti nel territorio: assieme ad Aquileia, dove i piatti Ostia I, 261 e 262 sono già documentati (Aquileia 1994), sono infatti tipi attestati nel porto di Trieste (Maselli Scotti et al. 2004; Zulini 2007), mentre alcuni tipi (Ostia I, 17) riportano testimonianze lungo la costa istriana (Vidrih Perko e Pavletic 2000) e in territorio veneto a Concordia (Di Filippo Balestrazzi 1988), o limitatamente all entroterra friulano (Strazzulla 1979; Cividini 1997; Maggi 2001 per Ostia I, 261 e 262). Le tipologie con una cronologia attestata tra la fine del IV e gli inizi del V sec. d.c. (Ostia IV, 59 con 1 orlo, 60 con 4 orli e 61 con 1 orlo), confermano la presenza nei porti di Aquileia e Trieste con l unica eccezione del piatto Ostia IV, 60, attestato anche a Hrušica (Vidrih Perko 1992a). Il gruppo delle scodelle restituisce 14 frammenti significativi, pertinenti a 3 esemplari (Ostia I, 15 con 2 orli, Lamboglia 9A con 5 orli e 2 fondi, e la scodella Ostia IV, 1 con 2 orli e 3 fondi) dove le tipologie 944
5 CEAZZI-DEL BRUSCO comprese tra il II e la fine del IV/inizi V sec. d.c. sono, come per i piatti/coperchi, già ampiamente documentati sia ad Aquileia (Novak 1980; Aquileia 1991; e.g. 1994) che a Trieste, insieme occasionalmente ad altri siti costieri come Concordia, Brioni (Vidrih Perko e Pavletic 2000), dell entroterra friulano; la scodella Ostia IV, 1, la cui cronologia è compresa tra la fine del IV e l inizio del V sec. d.c., è documentata solamente nel nostro contesto. L altro gruppo significativo, con 10 esemplari identificati, è quello dei tegami, dove sono documentate solo nel nostro contesto forme genericamente attestate tra il I e il II sec. d.c. (Ostia II, 306 con 1 orlo e Ostia III, 568 con 1 orlo), mentre le forme con una cronologia compresa tra il II e la fine del IV/inizi V sec. d.c. (Lamboglia 10A con 7 orli e 2 fondi, e Lamboglia 10B con 1 orlo e 2 fondi) confermano l ampia diffusione nel territorio con Joannis (Strazzulla 1979), e le stesse Aquileia e Trieste; le presenze poi documentate a Loron (Loron 2001) sulla costa, proseguendo fino a Lubljana (Vidrih Perko 1992b), dimostrano la consistente diffusione del tegame Lamboglia 10A anche in territorio istriano. Il gruppo delle casseruole riporta invece le presenze meno significative (Ostia III, 324 con 1 orlo e Ostia III, 267 con 2 orli), pur confermando la presenza di queste pentole nel territorio. La ceramica comune di produzione orientale Un altra classe di stoviglie importate per la mensa e per la cottura dei cibi presente nel contesto è la cosiddetta ceramica di produzione orientale, proveniente dalla zona a nord di Efeso (Pavolini e Coletti 1996, ). Questo tipo di ceramica è attestata nel Mediterraneo occidentale come dimostrano i rinvenimenti nelle Terme del Nuotatore di Ostia, datati dal I al IV sec. d.c., mentre ad Aquileia, l importazione di questo materiale è collocabile tra la fine del I ed il III sec. d.c. Tra i 78 frammenti, riconosciuti grazie al caratteristico impasto depurato, ben cotto, con fratture nette di colore dall arancio nocciola al grigio violaceo, in cui la superficie esterna si presenta solitamente di colore bruno nero e la superficie interna rosso violacea, 25 di questi hanno permesso di riconoscere nel contesto prevalentemente forme per la cottura del cibo, pur facendo parte nel repertorio della classe anche forme da tavola come brocche trilobate e boccalini a collarino. Le forme più rappresentate risultano le casseruole con 10 esemplari: di queste 6 esemplari (Hayes 1983, Knossos Cooking pot C type 2, fig. 5/58 e fig. 7/81 89, type 3, fig. 7/87 e fig. 7/90, type 4, fig. 6/67-71), risultano già documentati tra il I e il IV d.c. sia ad Aquileia (Mandruzzato, Tiussi e Degrassi 2000) che a Tergeste in piazza Barbacan (Maselli Scotti et al. 2004) con episodi di prolungamento temporale fino al VII d.c. riscontrati nella stessa Trieste (Riccobono 2007); altri 3 orli corrispondono a tipi già attestati lungo la costa istriana (Istenič e Schneider 2000, fig. 2, n. 2 e fig. 4, n. 5) tra il III e il V sec. d.c. e di cui uno rinvenuto anche a Trieste; l ultimo orlo viene differenziato da altri di fattura simile (Robinson 1959; Hayes 1983; Hayes e Neuru 1991) in quanto presenta una presa a nastro orizzontale invece che verticale (Fig. 6, n. 16). I frammenti rinvenuti pertinenti alle olle sono scarsi e non identificati: dei 3 orli, due mostrano un orlo verticale a sezione triangolare e uno è caratterizzato dall orlo orizzontale a sezione quadrangolare con gradino interno per l appoggio del coperchio (Fig. 6, n ). Anche i tegami sono rappresentati in maniera esigua: gli unici 2 orli, identificati con i tipi Agora G 112 e M 355 (Robinson 1959), sono datati rispettivamente alla fine del II d.c. e tra il IV e il VI d.c. Dei 4 esemplari di coperchi presenti, solo due sono stati identificati (Hayes e Neuru 1991, Paphos cooking pot, fig. 30/3 e Istenič e Schneider 2000, fig. 5, n. 1), dove il rinvenimento istriano è datato tra il III e il IV d.c. sulla base dei materiali rinvenuti in associazione; gli esemplari non identificati sono entrambi caratterizzati dall orlo a mandorla (Fig. 6, n. 19). La forma della brocca è testimoniata da un unico orlo non identificato (Fig. 6, n. 20) e ipoteticamente datato tra il I e il II d.c. sulla base di confronti morfologici provenienti da contesti corinzi (Warner Slane 1986, fig. 6, nn ); un fondo di unguentario conferma inoltre la presenza di queste forme all interno della produzione (Camilli 1999, 8 9). Anfore Il contesto restituisce un alto quantitativo di frammenti d anfora (5443). Sono presenti quasi tutte le produzioni del Mediterraneo, dalle africane, le più consistenti, alle orientali di provenienza egea e siro-palestinese ed egiziana, alle italiche prodotte lungo il Mar Adriatico, nel centro Italia e lungo la dorsale calabro-peloritana, fino alle spagnole e le galliche dalla presenza solo accennata. La maggior parte dei contenitori da trasporto africani rinvenuti (3060 frammenti in totale) si riferisce alle forme comuni del medio e basso impero: è confermata la presenza delle anfore olearie Africana piccola e Grande databili tra la fine del II e il IV d.c. con 38 frammenti, e dell anfora Tripolitana II (fine I-fine IV d.c.) e Tripolitana III fra la seconda metà del II e il IV d.c. con 5 e 8 orli rispettivamente; è attestata anche la presenza con 2 orli delle imitazioni africane delle anfore ispaniche Almagro 51C (Bonifay 2004, 151) circolanti tra la metà del III e l inizio del IV d.c. Assieme a questi esemplari si uniscono 114 orli relativi alla Keay XXV-Africana III, databile tra la fine del III ed la metà del V sec. d.c. (Bonifay 2004, 119). Tra i contenitori della tarda antichità si riconoscono genericamente 114 frammenti complessivi riferibili indicativamente agli spatheia Keay XXVI, databili tra il V ed il VII sec. d.c., mentre altre tipologie 945
6 LRCW4 cronologicamente coerenti restituiscono poche attestazioni, come la Keay XXXV, del V d.c., con 13 orli e forse un fondo (Bonifay 2004, ), ma anche la Keay XXXVI (3 orli), la Keay XLI e Keay XLII, entrambe con 1 solo orlo, la Keay LXII (Bonifay 2004, tipo 46) con 6 frammenti che seguono l evoluzione del tipo (varianti A ed E) dalla prima metà del IV all inizio del VII d.c. Si riconoscono anche 1 orlo di Keay LVI, variante prodotta tra la fine del V e l inizio del VI d.c. (Bonifay 2004, 135) e di Keay LXXXV, databile tra il V e il VI d.c. Tra le tipologie sicuramente residue si riconoscono 2 orli di Ostia XXIII/LIX (fine I d.c.), 17 frammenti pertinenti alle imitazioni di Dressel 2/4 Schone Mau XXXV di inizio I-metà II d.c., e Dressel 30 (22 frr.). La stessa consistente diffusione ad Aquileia si evidenzia, per l epoca tardo antica, anche relativamente ai contenitori di origine egeo orientale (1180 frammenti): i tipi più attestati sono le anfore presenti in tutto il Mediterraneo tra il IV e il VI d.c. come il contenitore a fondo piatto LRA 1 con 303 frammenti, le anfore vinarie LRA 2 con 215 frammenti e l anfora a bottiglia LRA 3 con 280 frammenti, prodotta in Turchia; sono documentati anche altri contenitori vinari come la LRA 4 e 6 con 246 frammenti complessivi, diffuse anch esse nel Mediterraneo tra il IV e il IV d.c., l anfora egiziana LRA 7 con 15 frammenti, attestata non troppo diffusamente tra il I e il III d.c., e 2 frammenti di Kapitän II, attestata nel Mediterraneo orientale dalla fine del II al VII d.c. Si segnala anche la presenza, residuale e in bassissime percentuali, di altre tipologie di contenitori per il trasporto del vino di provenienza microasiatica: l anfora rodia Camulodunum 184, diffusa tra il I e il II d.c., è presente con 7 frammenti, mentre la Knossos 19, conosciuta tra il II e il III d.c. con una sola ansa; l anfora della Cirenaica MRA 8 compare con un singolo orlo mentre l anfora Mau XXVII-XXVIII-MRA 4 con 2 frammenti e la Mau XXXVIII con 8 frammenti; anche le anfore egee per il trasporto del vino Cretese 1-Agorà G197 e 4-Dressel 43, circolanti nel Mediterraneo tra il I e il II sec. d.c. sono scarsamente attestate, rispettivamente con 3 e 7 frammenti; l anfora Cretese 2, diffusa fino al III d.c. restituisce 3 soli frammenti. I contenitori da trasporto di produzione italica e, più nello specifico, adriatica seguono le anfore africane e orientali con 944 frammenti. Di questi la maggior parte figurano come residui nel contesto essendo pertinenti a tipologie di epoca repubblicana o primo imperiale. Sono infatti presenti, tra le produzioni tirreniche, le anfore per il commercio del vino di tipologia grecoitalica, diffusa in tutto il Mediterraneo tra la metà del III al II a.c. (2 frammenti), la Dressel 1A con 1 orlo e la Dressel 2/4 con 9 frammenti; è documentato anche il commercio dell allume con l arrivo dell anfora liparota Richborough 527 (6 frammenti), presente nel Mediterraneo occidentale tra il I e il III d.c. Ad Aquileia non mancano le anfore di produzione adriatica Lamboglia 2 e Dressel 6A, che trasportano il vino italico nelle province dal II a.c. al I d.c. presenti con 393 frammenti complessivi; il trasporto dell olio è poi documentato da 19 frammenti di anfore Dressel 6B che, uniti al resto dei frammenti fanno sì che la produzione adriatica ammonti a 693 frammenti complessivi. In mezzo a questo quantitativo si segnala anche la presenza di 30 tappi d anfora, di impasto prevalentemente adriatico, maggiormente attestati nel periodo II con 17 esemplari: di questi 21 sono realizzati a stampo con motivi decorativi riferibili a ipotetici simboli e sigle il significato dei quali rimane per ora sconosciuto (Fig. 7, n.1-12). Il passaggio della commercializzazione nel II d.c. del vino in anfore di dimensioni minori di produzione centro italica è testimoniato da un esigua presenza, residuale anch essa, dell anfora di Spello Ostia II, 521/Ostia III, con 8 frammenti, mentre la quasi contemporanea anfora di Forlimpopoli Ostia I, /Ostia IV, si distingue con 45 frammenti complessivi; altre tipologie di presunta produzione centro italica, relative al commercio dell olio o di conserve di pesce, diffuse tra i primi secoli dell impero e l inizio dell epoca tardo antica restituiscono invece scarse attestazioni come l anfora a imbuto e la Grado 1 (Auriemma 2000), entrambe con 1 orlo, mentre la cosiddetta anforetta tardo antica si distingue con 11 frammenti, probabilmente per il prolungarsi della produzione fino al IV d.c. (Carre e Pesavento Mattioli 2003). Una presenza consistente nella tarda antichità si riferisce alle anfore a fondo piatto di origine calabro peloritana Keay LII e affini, presenti nel nostro contesto con 172 frammenti, che si collocano cronologicamente tra l inizio del IV e la fine del VI / inizio del VII sec. d.c. Tra gli esemplari riconducibili alla forma Keay LII, si segnala la presenza di un orlo con impasto verosimilmente africano (Fig. 7, n. 13). Comunemente la piccola anfora a fondo piatto Keay LII è definita come afferente a produzioni italiche collocabili tra il Bruttium e la fascia appenninica meridionale (Calabria e Sicilia), ma non si può escludere una produzione africana che rientrerebbe nella consuetudine del tardo antico di produrre contenitori di piccole dimensioni con caratteristiche molto comuni tra loro. Tra le ultime produzioni attestate nel contesto sono quella spagnola (52 frammenti in totale), che offre presenze minime di anfore Dressel 20 e Dressel 23 (22 frammenti in totale), in accordo con la distribuzione monopolizzata dell olio da parte delle anfore africane; il commercio del garum spagnolo tra il III e il V d.c. nelle anfore betiche e lusitane è invece documentato dalla presenza di 1 orlo di Almagro 51 A-B e di 7 frammenti di Almagro 51C, mentre sicuramente residui sono 2 frammenti di Dressel 7/11, 1 fondo di Beltran I-Dressel 8 e 2 frammenti di Beltran IIA-Pelichet
7 CEAZZI-DEL BRUSCO Residue sono anche le esigue presenze di anfore tipo Haltern 70 (4 frammenti), Dressel 2/4 (1 orlo) e Dressel 28 (1 ansa), testimoni del commercio del vino spagnolo nel corso dei primi tre secoli dell impero. L ultima produzione attestata è quella della Gallia Narbonense con 2 frammenti dell anfora vinaria a fondo piatto Pelichet 47, attestata nel nord-italia e nell Europa continentale tra il I e il III d.c. Nei periodi II e III si nota la cospicua presenza residuale di anfore adriatiche di epoca repubblicana, primo e medio imperiale accanto a materiale cronologicamente coerente come le anfore Keay LII (per le produzioni italiche), i contenitori cilindrici di medie dimensioni (Keay XXV) e le anfore di produzione egeo orientale LRA 1 e LRA 2. E in corso di studio se la grande quantità di materiale residuale possa essere connessa con l ininterrotta attività agricola, che può aver intaccato e sconvolto le stratificazioni più profonde, o se il materiale sia stato scaricato volutamente per procedere alla chiusura e all obliterazione di determinate aree che, già alla fine del III/ inizi del IV d.c., potevano essere non più utilizzate o almeno defunzionalizzate; la vicinanza del porto fluviale e la presenza di strutture commerciali, potrebbe aver favorito l utilizzo di materiale abbandonato all interno dei magazzini di stoccaggio o di taberne. BIIBLIOGRAFIA Aquileia 1991 = Verzar-Bass, M. (ed.), Scavi ad Aquileia I. L area ad est del Foro. Rapporto degli scavi Roma, Quasar. Aquileia 1994 = Verzar-Bass, M. (ed.), Scavi ad Aquileia I. L area ad est del Foro. 2. Rapporto degli scavi Roma, Quasar. Auriemma, R Le anfore del relitto di Grado e il loro contenuto. Mélanges de l Ecole Française de Rome. Antiquité 112, Bermond Montanari, G Ravenna e il porto di Classe. Venti anni di ricerche archeologiche tra Ravenna e Classe. Bologna, University Press. Bierbrauer, V Invillino. Ibligo in Fiaul I. Die römische Siedlung und das spätantik - frühmittelalterliche Castrum. Münchner Beiträge zur Vor- und Frühgeschichte 33. München, Beck. Bonifay, M Études sur la céramique romaine tardive d Afrique. British Archaeological Reports, International Series Oxford, Archaeopress. Carre, M. B. e Pesavento Mattioli S Tentativo di classificazione delle anfore olearie adriatiche. Aquileia Nostra, 74, Ceazzi, A. e Del Brusco, A Lo scavo della Scuola di specializzazione in Archeologia dell Università di Trieste, Rapporto preliminare sulla ceramica (campagne ). Archeografo Triestino, ser. IV, 67, Cagnana, A., Gavagnin, S., Gonella, G. e Roascio, S Late Antique and Early Medieval Pottery assemblages from archaeological sites of the alpine zone of Western Friuli (Carnia district-udine-italy). In Menchelli, S., Santoro, S., Pasquinucci, M. e Guiducci, G. (eds.), LRCW3. Coarse wares, cooking wares and amphorae in the Mediterranean. Comparison between western and eastern Mediterranean. British Archaeological Reports International Series 2185, Oxford, Archaeopress. Camilli, A Ampullae. Balsamari ceramici di età ellenistica e romana. Roma, Palombi. Cividini, T Presenze romane nel territorio del Medio Friuli. 1. Sedegliano. Udine. Cividini, T Ceramica grezza di epoca tardo antica e altomedievale dal sito di Castelraimondo (Forgaria, Udine). Le forme aperte. In LRCW3, Di Filippo Balestrazzi, E. (ed.), Concordia Sagittaria: quartiere NW. Relazione preliminare delle campagne Quaderni di Archeologia del Veneto 4, Hayes, J. W The Villa Dionysos excavation, Knossos: the pottery. The Annual of the British School at Athens 78, Hayes, J. W. e Neuru, L. L Paphos, 3. The Hellenistic and Roman pottery. Nicosia, Department of Antiquities. Istenič, J. e Schneider, G Aegean Cooking Ware in the Eastern Adriatic. Rei Cretariae Romanae Fautorum Acta 36, Keay, S. J Late Roman amphorae in the western Mediterranean. A typology and economic study. The Catalan evidence. British Archaeological Reports, International Series 196. Oxford, Archaeopress. Loron 2001= Tassaux, F., Matijasic, R., Kovacic, V. (ed.) Loron (Croatie). Un grand centre de production d amphores à huile istriennes (I er IV e s.p.c.). Bordeaux, Ausonius. Maggi, P Presenze romane nel territorio del medio Friuli, 8. Rivignano. Udine. Mandruzzato, L., Tiussi, C. e Degrassi, V Appunti sull instrumentum d importazione greca ed orientale ad Aquileia. Rei Cretariae Romanae Fautorum acta 36, Maselli Scotti, F., Degrassi, V., Mandruzzato, L., Mian, G., Provenzale, V., Riccobono, D. e Tiussi, C La domus di piazza Barbacan (Trieste): le fasi e i materiali. Atti e Memorie della Società Istriana di archeologia e storia patria 104, Medri, M Scavo delle insulae dei quartieri nord di Aquileia. Campagne Rapporto preliminare. Aquileia Nostra, 71,
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9 CEAZZI-DEL BRUSCO Fig. 1. Il sito di Aquileia in Italia. Fig. 2. Lo scavo di via Bolivia (fino al 2004). Fig. 3. Ceramica grezza locale: gli impasti. 949
10 LRCW4 Fig. 4. Ceramica comune da mensa e dispensa: bottiglie (1-6); brocche (7-9); olle (12-13); piatti (14); bacini (15-21); ciotole-grattugia (22); vasi a listello (23-25) 950
11 CEAZZI-DEL BRUSCO Fig. 5. Ceramica da dispensa: vasi a listello (1-4). Ceramica grezza locale: tegami (5-8); olle (9-14). 951
12 LRCW4 Fig. 6. Ceramica grezza locale: olle (1-15). Ceramica comune di produzione orientale: olle (16-18); coperchi (19); brocche (20). 952
13 CEAZZI-DEL BRUSCO Fig. 7. Anfore: tappi d anfora (1-12); orlo di anfora Keay LII con impasto africano (13). 953
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