LE PRODUZIONI CERAMICHE DELLA BASSA VALLE DELL'ARNO

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1 LE PRODUZIONI CERAMICHE DELLA BASSA VALLE DELL'ARNO Il Dipartimento di Scienze Storiche del Mondo Antico, Università di Pisa, effettua dal 1980 ricerche archeologico-topografiche relative a Pisa e nell'ager Pisanus (grosso modo compreso fra la bassa Versilia a nord, il fiume Fine a sud e probabilmente il fiume Era ad est). Tali indagini, integrate da analisi geo-morfologiche e articolate in saggi di scavo, in ricognizioni di superficie e in recupero di materiali inediti, permettono di individuare, in prospettiva diacronica, molte peculiarità della bassa valle dell'arno, delineandone aspetti del paesaggio, del popolamento e delle attività produttive, dalla preistoria all'età medievale (sintesi in PASQUINUCCI-MENCHELLI 1993). In particolare, per quanto riguarda la produzione ceramica, le analisi mineropetrografiche effettuate da T. Mannoni hanno permesso di individuare manifatture locali databili dall'età arcaica a tutto il tardo antico; ceramiche pisane medievali (maiolica arcaica, vasellame acromo, anfore) erano da tempo note grazie agli studi di L. Tongiorgi (1964), G. Berti e L. Tongiorgi (1977) e di T. Mannoni (1975). La vocazione della bassa valle dell'arno all'artigianato ceramico, ovviamente, aveva i suoi presupposti nella consistente presenza delle materie prime necessarie: ricchi giacimenti di argilla alluvionale, disponibilità di legname così abbondante da essere citata dalle fonti antiche (Strabene V, 2, 5), numerosi fiumi (Arno, Auser, Auserculus, Fine) che, oltre a fornire l'acqua indispensabile al processo produttivo, garantivano una rapida commercializzazione del vasellame finito. Per alcune delle classi ceramiche (terra sigillata italica/tardo italica, anfore Dressel 2-4, ceramica acroma medievale) i dati emersi dalle analisi mineropetrografiche hanno trovato precisa conferma sul terreno con l'individuazione di fornaci e/o scarichi di fornace (cfr. oltre), ma va sottolineato che le manifatture al momento individuate nel corso delle ricognizioni archeologico-topografiche sono poche, soprattutto in rapporto al volume di produzione che le analisi archeometriche sembrerebbero delineare. Questa aporia può trovare una verosimile soluzione ipotizzando che le officine urbane siano state obliterate dalla completa stratificazione, su Pisa antica, della città moderna. Per quanto riguarda il territorio, è possibile che i resti di molte manifatture non siano più leggibili sulla superficie topografica, poiché la aree più adatte all'artigianato ceramico, cioè quelle ubicate in prossimità dei corsi d'acqua, dall'età antica ad oggi hanno subito notevoli modificazioni di ordine geomorfologico, e soprattutto l'accumulo di consistenti depositi alluvionali (FEDERICI- MAZZANTI 1989). In questa sede si presenta, in rapida sintesi, un quadro delle principali produzioni ceramiche della bassa valle dell'arno, individuate, come detto sopra, grazie alle analisi minero-petrografiche di T. Mannoni. Per tali analisi, e per la descrizione macroscopica delle paste ceramiche si rimanda alle seguenti pubblicazioni: Coltano 1986; Vecchiano 1988; PASQUINUCCI-STORTI 1989; D'AMBROSIO-MANNONI-SFRECOLA 1989; MENCHELLI 1990; MENCHELLI [205] È certo che le attività manifatturiere nella bassa valle dell'arno dovettero essere già ben avviate nel VI sec. a.c., quando ebbe inizio una produzione locale di di

2 bucchero; i dati archeometrici, peraltro, trovano riscontro nelle recenti indagini di archeologia urbana, che sempre più chiaramente connotano Pisa città etrusca (BRUNI-PASQUINUCCI-MENCHELLI 1993).[206] Quello pisano è bucchero transizionale di buon livello tecnico, databile al VI-V sec. a.c-, rappresentato soprattutto da coppe con orlo rientrante (Tav. II, n. 1); le analisi minero-petrografiche fanno riferimento all'area di S. Giuliano e al bacino del Bientina (PASQUINUCCI-STORTI 1989, p. 21). Sempre su base archeometrica è stata individuata una produzione di bucchero le cui componenti provengono dalla pianura costiera compresa fra i Monti Pisani e le Alpi Apuane (MANNONI 1990, p. 256, gruppo 2). Risulta inoltre che, fra il VII e il III sec. a.c., nella fascia costiera dell'etruria settentrionale vennero prodotte anfore vinarie etrusche, in particolare di forma PY 3a e PY 4a (MENCHELLI , nota 50 e bibl. ivi cit.). [207] Tav. II Il vasellame prodotto: alcune forme. 1) bucchero; 2-4) ceramica a scisti microclastici; 5-7) ceramica a vernice nera; 8-16) vasi potori a pareti sottili.

3 Un'officina per anfore di età arcaica, peraltro, è stata di recente individuata nel centro di Pisa (Scavi Soprintendenza Archeologica della Toscana, Scuola Normale Superiore, Pisa, primavera 1994). Allo stesso lungo periodo, dal VII sec. all'età della romanizzazione, si data la ceramica a scisti microclastici, vasellame di impasto generalmente arancione, caratterizzato da inclusi scistosi di colore variabile, a seconda della cottura, da rosso a grigio. Si tratta soprattutto di grossi contenitori (dolii e olle con i relativi coperchi: Tav. II, nn. 2-3) impiegati per la conservazione e la cottura di derrate alimentari, ma sono attestate anche forme più fini, imitanti prototipi in bucchero e, in prosieguo di tempo, in ceramica a vernice nera (skiphoi, coppe - Tav. II, n. 4 -, olpai). L'area di distribuzione di questa classe ceramica fu relativamente ampia, interessando la fascia costiera compresa fra la Versilia e la Maremma, l Isola d'elba e il Valdarno interno (bibl. in PASQUINUCCI-STORTI 1989, p. 27). Le analisi archeometriche effettuate su esemplari rinvenuti a Genova attestano che, almeno nel V sec. a.c., il vasellame pisano a scisti microclastici era inserito anche nei circuiti commerciali che dall'etruria meridionale giungevano sulle coste liguri e provenzali (MILANESE-MANNONI 1984, pp ). Quando, nel III sec. a.c., era ben avviata la produzione locale di ceramica a vernice nera, Pisa, come civitas foederata, con gran parte della bassa valle dell'arno, era già pienamente inserita nell'orbita politica ed economica di Roma te (PASQUINUCCI 1992). Le produzioni locali, individuate con analisi chimiche (VON SCHNURBEIN 1982, p. 18) e minero-petrografiche (con particolare riguardo all'area del Bientina: PASQUINUCCI-STORTI 1989, p. 48; BIANCHINI 1994) rientrano, come è ovvio, per caratteristiche tecniche e morfologiche, nelle serie tipiche dell'etruria settentrionale o, più latamente, nella Campana B. Per il III sec. sono attestate soprattutto coppe emisferiche con orlo ingrossato e arrotondato o a mandorla (Morel 2636 b1; 2538 f1 - Tav. II, n. 5 -; 2565 a1), mentre nel II sec. a.c. è precipua la produzione di coppe con pareti inclinate e orlo a becco (2653 b1 -Tav. II, n. 6 -; 2653 d1). La ceramica a vernice nera di III-II sec. a.c. è di buon livello qualitativo, con vernici lucide, coprenti, che spesso richiamano le produzioni volterrane; molto netto risulta dunque lo scadimento che si registrò nel corso del I sec. a.c.: le vernici diventarono opache, sottili, facili a scrostarsi, spesso con chiazze rossastre. A questa fase finale della ceramica a vernice nera si affiancarono i primi esemplari, o i primi esperimenti, di terra sigillata italica (forme Tav. 11, n. 7 -; 2271 a): la continuità di produzione fra le due classi è indiziata anche dalle forti affinità che presentano alcune delle loro paste ceramiche (MENCHELLI in Coltano 1986, p. 130). Le analisi minero-petrografiche hanno individuato manifatture di ceramica a pareti sottili nella bassa valle dell'arno, e in particolare nel bacino del Bientina (PASQUINUCCI-STORTI 1989, p. 60) e nell'area dei Monti Pisani (MENCHELLI 1990, p.427,3). La produzione era già avviata nel corso del II-I sec. a.c., come dimostrano le attestazioni del bicchiere ovoide forma Ricci 1/7 (Tav. II, n. 8), ma è certo che l'espansione manifatturiera si registrò dall'età augustea al I sec. d.c., con la diffusione dei bicchieri 1/61 (n. 9) e 1/103 (n. 10), e delle coppe 2/249, 2/214, 2/404 (nn ). Nel II sec. d.c. continuarono ad essere prodotte le coppe con pareti inclinate verso l'esterno 2/244 (Tav. II, n. 14), e sino al III sec. i boccalini a collarino 1/122 (n. 15). Si datano a partire dall'età flavia coppe con orlo sagomato, sottolineato da due

4 solcature, e pareti a carena arrotondata (n. 16), forse derivanti dalla forma Marbini LIV, e ben attestate anche a Luni (Luni II, p. 147, tipo e).[208] La pasta ceramica delle pareti sottili pisane è, generalmente, abbastanza compatta e depurata, di colore variabile da beige-rosato a rosso chiaro; esiste comunque una varietà più corrente, granulosa e con inclusioni evidenti, che spesso è difficile, se non impossibile, distinguere dal vasellame di uso comune. Le decorazioni attestate sono a sabbiatura, a rotella, a ragnatela; negli esemplari di età augustea-i sec. d.c sono molto frequenti ingobbio e vernice rossi o rosso-violacei. Si può inoltre attribuire al bacino dell'arno, se non a quello del Reno, la produzione di pareti sottili a pasta grigia (MENCHELLI 1990, p. 427, 4), di solito considerate esclusivamente padane, e adriatiche in particolare, ma che le analisi archeometriche vanno rivelando di varia provenienza, anche nord-africana (MENCHELLI 1990, p. 427, 5). Al momento non disponiamo di dati relativi alla commercializzazione del vasellame pisano a pareti sottili, ma è possibile che nella bassa valle dell'arno vadano ubicate alcune delle manifatture genericamente definite centro-italiche o etrusche (RICCI 1985, pp ), i cui vasetti potori (molti dei quali con forme attestate nelle produzioni pisane) risultano ampiamente diffusi in Italia e nel Mediterraneo. Le analisi archeometriche potranno dunque fornire decisivi elementi a proposito dell'effettiva circolazione di questo vasellame che, probabilmente, nel I sec. a.c.-i sec. d.c., doveva essere inserito nei medesimi circuiti commerciali della terra sigillata; un legame fra le due classi, peraltro, era costituito dalla produzione, tipicamente pisana, della c.d. terra sigillata a pareti sottili. La terra sigillata è la classe ceramica pisana meglio nota e la cui vasta commercializzazione (nel bacino del Mediterraneo, sulle coste atlantiche e, soprattutto, nei castra del limes germanico) è ormai accertata. I dati delle analisi minero-petrografiche, supportati dal rinvenimento di fornaci e/o scarichi di fornaci (in Pisa, via S. Zeno e via S. Stefano; nel territorio, a Isola di Migliarino e alla foce del Fine (MENCHELLI 1992; MENCHELLI 1994; CHERUBINI-DEL Rio, in questo volume) e integrati dallo studio delle marche di fabbrica, hanno permesso di ricostruire molteplici aspetti di questa produzione. Innanzitutto emerge l'attività svolta dagli Ateii che, con una solida organizzazione gestita mediante schiavi grecanici ben presto affrancati, riuscirono a controllare la produzione di terra sigillata pisana dal 20 a.c. alla metà del I sec. d.c. (senza considerare la "casa madre di Arezzo", e le succursali di Lione, e, forse, di Grange). Va sottolineato che le analisi minero-petrografiche, e il rinvenimento di scarichi di fornace, hanno permesso di attribuire all'ambito pisano la produzione dei c.d. tardo ateiani, cioè Cn. Ateius M(ahes), Cn. Ateius Ar(retinus) e Cn. Atelus Ar(rretinus) o A(maranti), in precedenza ritenuti operanti esclusivamente in filiari ateiane ubicate in Campania, così come il vasaio che firmava Mari, ugualmente ritenuto campano e attestato anche nello scarico di Isola di Migliarino (MENCHELLI 1992). In alcuni degli scarichi di fornace al momento individuati il vasellame ateiano risulta associato a quello dei vasai tardo italici (L. Rasinius Pisanus, C.P.P., S. Murrius Festus, S. Murrius P(), S. Murrius T(), L. Nonius Florus), e le analisi archeometriche indicano infatti una forte affinità, se non coincidenza fra le due classi. (MANNONI in Vecchiano 1988, p. 99). Questa continuità di produzione è esemplificata in alcune forme tipicamente pisane, databili dall'età tiberiana alla fine del secolo (coppa PucciXIX (Tav. III, n.

5 17), e XXXVII (n. 18) e tazza XXXIX (n. 19)), che sono bollate sia dagli ateiani, sia dai tardo italici e non presentano (nelle vernici, nelle decorazioni e nelle dimensioni) differenze tali da poterne distinguere la fase cronologica. [209] Tav. III Il vasellame prodotto: alcune forme ) terra sigillata italica; 20-30) vasellame di uso comune. Una rottura nell'ambito produttivo pisano dovette registrarsi intorno all'età domizianea, con l'avvio della produzione del vasellame decorato a rilievo: e nette differenziazioni si registrarono allora anche nel vasellame liscio, rappresentato da grandi piatti e coppe, probabilmente varianti delle forme Pucci X e XIX. La pasta ceramica che, di solito, nella fase precedente presentava un colore variabile da beige rosato a rosso chiaro, con vernice lucida rosso scuro o rosso corallo, nella tardo italica, sia liscia che decorata, diventò generalmente arancione, con vernice sottile ed opaca dello stesso colore. Quelle che erano le caratteristiche tecniche della sigillata più povera, talvolta difficilmente distinguibile dal vasellame comune verniciato, divennero usuali nella produzione più tarda, in particolare in quella decorata. Anche per la tardo italica decorata le analisi archeometriche indicano comunque un'area di provenienza non dissimile da quella della sigillata ateiana e tardo italica liscia (per queste problematiche MENCHELLI 1992; MENCHELLI 1994).

6 Per quanto riguarda la ceramica di uso comune, accanto a consistenti importazioni dall'area campano-laziale e nord africana, sono state individuate numerose produzioni locali; le analisi minero-petrografiche hanno anche permesso di circoscrivere ulteriormente alcune aree di provenienza, ad esempio quella delle colline livornesi (MENCHELLI 1990, p. 428, 17). Nel vasellame da fuoco la forma maggiormente attestata è l'olla a corpo globulare; gli esemplari con orlo a mandorla, verticale o leggermente svasato, si datano, generalmente, al periodo tardo-repubblicano (Tav. III, n. 20), mentre le olle con orlo estroflesso più o meno ingrossato e arrotondato (n. 21) presentano un lunghissimo periodo d'uso, almeno dal II sec. a.c. al tardo-antico. Nel I-III sec. d.c. vennero prodotte pentole con orlo a tesa orrizzontale (Tav. III, n. 22) o inclinata verso l'esterno (n. 23). Molto comuni in età imperiale erano anche gli esemplari con parete verticale ed orlo ingrossato, che imitavano pentole di produzione africana (ad esempio Atlante I, tav. CVII). Nella prima età imperiale nella bassa valle dell'arno venivano prodotti tegami a parete inclinata, con solcatura sull'orlo interno (n. 24), e molto diffusi erano le riproduzioni locali di tipi caratteristici della ceramica a vernice rossa interna (GOUDINEAU 1970, tav. I, 15; II, 29) e africana (Atlante I, tav. CVI, 10-11). I piatti/coperchi e i coperchi presentano notevoli varietà tipologiche (orli più o meno ingrossati ed estroflessi), ed una uguale tendenza imitativa nei confronti degli esemplari africani. Il vasellame da mensa era manufatto con paste ceramiche depurate; in particolare, le coppe e i piatti nella prima età imperiale erano spesso rivestiti da una vernice rossastra non molto diversa da quella della terra sigillata più scadente (cfr. sopra); come già detto, in alcuni casi risulta labile anche la distinzione tra i vasetti potori in ceramica comune e quelli a pareti sottili. Molto diffuse sono le brocche a corpo piriforme, con orlo svasato, sagomato e ansa a nastro impostata su di esso, attestate dall'età tardo-repubblicana al IV sec. d.c. (Tav. III, n. 25), mentre a partire dal II sec. d.c. diventarono comuni gli orli complanari (n. 26). Fra il vasellame per usi vari si possono ricordare i bacini con orlo estroflesso, a labbro arrotondato (n. 27), mentre assai interessante risulta l'individuazione di una produzione locale di vasi a listello (n. 28).[211] È ancora tutto da studiare la problematica relativa alla commercializzazione della ceramica comune della bassa valle dell'arno: la diffusione, almeno in ambito regionale, è al momento dimostrata dalla presenza nella villa di Settefinestre di ceramiche manufatte con gabbri provenienti dalle colline livornesi (Settefinestre 1985, p.331, n.20). Nella bassa valle dell'arno venne prodotto anche vasellame da mensa in ceramica cotta a riduzione, la c.d. grigia; dal VI al III sec. a.c., e oltre, si data la grigia pisana caratterizzata da una pasta ceramica non particolarmente depurata, granulosa, talvolta con le superfici lucidate a stecca, imitante prototipi in bucchero e, in seguito, in vernice nera (Tav. III, n. 29). Risultano poi prodotte nell'ager Pisanus meridionale, a partire dal I sec. d.c., tazzine tronco-coniche e brocche con orlo ingrossato e anse a nastro impostate su di esso (Tav. III, n. 30), caratterizzate da corpo ceramico-depurato e superfici talvolta polite o rivestite da ingobbio nerastro: si tratta della c.d. grigia imperiale, di cui sono peraltro noti diversi centri di produzione (nord Africa: RATTI SQUELLATI 1987, p. 480; MENCHELLI 1990, p. 408; Gallia: OLCESE 1989 pp ).

7 Per quanto riguarda laproduzione di anfore, le analisi minero-petrografi-che hanno evidenziato manifatture locali di contenitori vinari che, senza soluzione di continuità, si succedettero dall'età etrusca (cfr. sopra) per tutta l'anti-chità, sino al medioevo. Al momento sono state individuate anfore greco-italiche di III sec. a.c., manufatte con argille provenienti dalla pianura costiera compresa fra i Monti Pisani e le Alpi Apuane (STORTI 1990, p. 236); nella bassa valle dell'arno vennero poi prodotte anfore greco-italiche databili al II sec. a.c.: si tratta di esemplari con orlo inclinato a sezione triangolare (Tav. IV, n. 31) che, ad esempio trovano confronto nelle anfore del relitto Chretienne C (JONCHERAY 1975, fig. 34). Dalle analisi minero-petrografiche risultano poi manufatte localmente fore Dressel 1B, con orlo a fascia verticale (Tav. IV, n. 32) o inclinata (n. 33), mentre la produzione pisana di anfore Dressel 2-4 è accertata non solo su base archeometrica (D'AMBROSIO-MANNONI-SFRECOLA 1989), ma anche archeologica (individuazione di fornaci: MENCHELLI ; ESPOSITO 1992). Queste anfore presentano nette differenziazioni dimensionali, nonché numerose varietà tipologiche (orli appena rilevati oppure ad anello (n. 34) o lenticolari (n. 35); anse a doppio bastoncello o pseudo bifide) e tecniche (utilizzazione di diverse terre alluvionali, oppure derivanti da marne). [212] Tav. IV Le anfore prodotte: Alcune forme. 31) greco-italica; 32-33) Dressel 1; 34-35) Dressel 2-4; 36) Ostia II, Fig. 521; 37) Ostia IV, 279. L abbondante produzione delle anfore Dressel 2-4 costituisce un ulteriore indizio dell'espansione produttiva pisana registratasi, nel corso del I sec. d.c., nell'ambito dell'artigianato ceramico (cfr. sopra, terra sigillata); ed è verosimile che un incremento si fosse registrato anche nella viticultura, grazie alle sistemazioni agrarie di età triumvirale-augustea (MENCHELLI ). Alle Dressel 2-4 locali, sul finire del I sec. d.c., si affiancarono le anforette vinarie di forma Ostia II, fig. 521=0stia III,p. 632, fig. 40, (Tav. IV, n. 36), di cui sono note manifatture in Umbria, ma che ripetute analisi minero-petrografiche riferiscono anche all'ambito produttivo della piana terminate dell'arno (MENCHELLI in Coltano 1986, p. 172 ; MENCHELLI in Vecchiano 1988, p. 139; PASQUINUCCI-STORTI 1989, p. 114).

8 Altre analisi archeometriche (PAGELLA 1990, p. 255, impasto 29), e il rinvenimento di scarichi di fornace, hanno permesso di attribuire all'ambito nordetrusco anche la manifattura di anforette vinarie, databili al I-III sec. d.c., in precedenza ritenute esclusivamente adriatiche (forma Ostia IV, : c.d. anfora di Forlimpopoli e forma Ostia I, 452/Ostia IV, 442), così come sono risultate prodotte nell'intero bacino dell'arno le c.d. anfore di Empoli (forma Ostia IV, 279) (Tav. IV, n. 37), contenitori che circolarono dalla fine del II al V sec. d.c., con diffusione anche interregionale e interprovinciale (sintesi in MENCHELLI ). Va sottolineato che le analisi archeometriche sono particolarmente utili per la classificazione delle anforette vinarie di età imperiale: lo studio delle paste ceramiche, infatti, viene ad essere uno strumento indispensabile per l'individuazione delle diverse aree di produzione, data l'assenza pressoché totale di bolli, e la notevole similitudine morfologica fra contenitori manufatti in aree geografiche traforo lontane. È interessante notare che la produzione di vino, e di contenitori vinari, nella bassa valle dell'arno è attestata anche per l'epoca medievale: al momento non disponiamo di documentazione relativa al VI-VII sec. d.c., ma è certo che le anforette rinvenute nelle stratigrafie urbane di VIII-X sec. conservano indubbi elementi di tradizione tardo-antica, sia morfologici (piccole dimensioni, anse a nastro, fondo piano), sia tecnici (uso del tornio veloce, utilizzazione dei giacimenti di argilla già sfruttati in età romana) (MENCHELLI 1993), e ciò documenta che, con tutta probabilità, in ambito pisano non dovette registrarsi un netto iato produttivo fra le manifatture ceramiche tardo-antiche e quelle alto-medievali. [213] SARA MENCHELLI Bibliografia Atlante I = Atlante delle forme ceramiche I. Ceramica fine romana nel bacino mediterraneo (medio e tardo impero), EAA, suppl., Roma G. BERTI, L. TONGIORGI, 1977, Ceramica pisana. Secoli XIII-XV, Pisa, Pacini. S. BIANCHINI, 1994, La ceramica a vernice nera da Lucca, Rivista di Studi Liguri, c.d.s. S. BRUNI, M. PASQUINUCCI, S. MENCHELLI, 1993, Pisa da città etrusca a colonia romana, Atti Convegno Ciudad romana, Tarragona settembre 1993, in corso di stampa. Coltano 1986 = AA.VV., Terre e paduli. Reperti, documenti, immagini per la storia di Coltano, Pontedera, Bandecchi e Vivaldi. B. D'AMBROSIO, T. MANNONI, S. SFRECOLA, 1989, La provenienza delle anfore romane di alcuni contesti italiani: possibilità e limiti del metodo mineralogico, in Amphores romaines et histoire économique, Atti Coll. Siena 1986, Roma 1989, pp A.M. ESPOSITO, 1992, Presenze etrusche nel territorio Livornese. I Seminario Storia del Territorio Livornese, Livorno, Assessorato Cultura della Provincia, pp F. PAGELLA, 1990, Contenitori da trasporto, in Archeologia urbana a Fiesole, Lo scavo di via Marini-via Portiglani, Firenze, Giunti, pp P.R. FEDERICI, R. MAZZANTI, 1989, The Pisa Plain (Italy) and its Hydrological Hazards, Suppl. Geogr. Fis. Dinam. Quat., 2. CH. GOUDINEAU, 1970, Note sur la ceramique à engobe interne rouge-pompeien (pompeianisch-roten Platten), MEFR, 82, pp

9 J.P. JONCHERAY, 1975, L'epave C de la Chretienne, CAS, 1 suppl. Luni 11= Scavi di Luni. Relazione delle campagne di scavo , a cura di A. Frova, Roma 1977, L'Erma di Bretschneider. T. MANNONI, 1975, La ceramica medievale a Genova e nella Liguria, Bordighera- Genova, Istituto di Studi Liguri. T. MANNONI, 1990, Dove sono stati prodotti gli oggetti di ceramica trovati a Bora dei Frati? Risposte di carattere petrografico, in Etruscorum ante quam Ligurum. La Versilia tra VII e III sec. a.c., a cura di E. Paribeni, Pontedera 1990, Bandecchi e Vivaldi, pp S. MENCHELLI, 1990, Materiali per la storia della Versilia in età romana, Studi classici e orientali, 40, pp S. MENCHELLI, , Una fornace di anfore Dressel 2-4 nell'ager Pisanus ed alcune considerazioni sui contenitori vinari prodotti nell'etruria settentrionale in età romana, Opus 9-10, pp S. MENCHELLI, 1992, Ateius e gli altri. Produzioni ceramiche in Pisa e nell'ager Pisanus fra tarda repubblica e primo impero, in Ateius e le sue fabbriche. Atti Convegno Pisa Dicembre 1992, in corso di stampa. S. MENCHELLI, 1993, Ceramica medievale priva di rivestimento, in Piazza Dante: uno spaccato di storia pisana, a cura di S. Bruni, Pontedera, Bandecchi e Vivaldi pp S. MENCHELLI, 1994, Da Cn. Ateius ai vasai tardo-italici: alcune considerazioni sulla terra sigillata "pisana", Bollettino Storico Pisano, 63, pp M. MILANESE, T. MANNONI, 1984, Gli Etruschi a Genova e il commercio mediterraneo Studi etruschi, 52, pp G. OLCESE 1989, La ceramica comune di Albintimilium: notizie preliminari sull'indagine archeologica e archeometrica, Rivista di Studi Liguri, 55, pp M. PASQUINUCCI, 1992, Colonia Opsequens Iulia Pisana, in Ateius e le sue fabbriche. Atti Convegno Pisa Dicembre 1992, in corso di stampa.. M. PASQUINUCCI, S. MENCHELLI, 1993, Paesaggio agrario e produzioni artigianali nell'etruria settentrionale costiera (ager Pisanus e Volaterranus), in, V conferenza di archeologia Italiana, Oxford Dicembre 1992, in corso di stampa. M. PASQUINUCCI, S. STORTI, 1989, Pisa antica: scavi nel giardino dell Arcivescovado, Pontedera, Bandecchi e Vivaldi. G. Pucci, 1985, Terra Sigillata Italica, in Atlante delle forme ceramiche II. Ceramica fine romana nel bacino mediterraneo (tardo ellenismo e primo impero) EAA suppl. Roma, pp G. RATTI SQUELLATI, 1987, Produzioni locali e materiali importazione nella ceramica di uso comune a Luni, Quaderni Centro Studi Lunensi, 12, pp A. RICCI, 1985, Ceramica a pareti sottili, in Atlante delle forme ceramiche II. Ceramica fine romana nel bacino mediterraneo (tardo ellenismo e primo impero), EAA suppl. Roma, pp [214] Settefinestre 1985= Settefinestre. Una villa schiavistica nell'etruria romana, a cura di A. Carandini e A. Ricci, Modena, Panini. S. STORTI, 1990, Anfore, in Etruscorum ante quam Ligurum. La. Versilia tra VII e III sec. a.c., a cura di E. Paribeni, Pontedera, Bandecchi e Vivaldi, pp L. TONGIORGI, 1964, Pisa nella storia della ceramica, Faenza, 50. S. VON SCHNURBEIN, 1982, Die unverzierte Terra Sigillata aus Haltern, Munster Westfalen, Aschendorff.

10 Vecchiano 1988 = Il fiume, la campagna, il mare: reperti, documenti, immagini per la storia di Vecchiano, coordinamento di M. Pasquinucci, Pontedera, Bandecchi e Vivaldi. Referenze iconogra fiche Referenze delle Tavv. II-IV: nn. 1, 4-6, 8, 20, 22, 24, 25, 30 da PASQUINUCCI-STORTI 1989; nn. 2, 3, 7, 10, 12, 21, 29, 32, 36, da COLTANO 1986; nn. 9, 13, 15, 16, 23 da MENCHELLI 1990; nn. 11, 14 da RICCI 1985; nn da Pucci 1985; nn. 31, 33, 37 da VECCHIANO 1988; nn da MENCHELLI Disegni e lucidi di Désirée Bonet, Pisa.[215]

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