Gli affreschi della cripta del Peccato Originale

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1 La grotta, più che cripta, si presenta come un aula a forma di rettangolo irregolare che accoglie una serie di affreschi sulla parete di fondo e all interno di tre ampie nicchie absidali nella parete di sinistra. La parete di fondo narra gli episodi salienti della Genesi: la Creazione della Luce e delle Tenebre, la Creazione di Adamo, la Creazione di Eva dal costato di Adamo, Eva tentata dal serpente, Eva offre il frutto proibito ad Adamo. Gli affreschi della cripta del Peccato Originale Il primo episodio raffigurato a partire da sinistra, la Creazione della Luce e delle Tenebre, è metaforicamente rappresentato da una coppia di opposti: una donna, dalla tunica decorata con perline e dai capelli spartiti sulla fronte, che alza in alto le braccia, simboleggiante la Luce, e un uomo dalle braccia legate e incrociate sul grembo, che allude al Buio. Il Creatore è qui rappresentato con il volto giovanile e imberbe e con il nimbo crucesignato, mentre con la destra benedice e con la sinistra stringe il rotolo della Legge. Le iscrizioni UBI (DOM)IN(U)S DIXIT FIAT LUX e (E)T D(OMI)N(U)S DIXIT FIAT TENE(BRA) guidano all esegesi della rappresentazione. Se il Creatore imberbe deriva dalla tradizione paleocristiana, ripresa nell arte carolingia e ottoniana, del tutto originale risulta la rappresentazione figurata della Luce e delle Tenebre.

2 Nino Lavermicocca, identifica negli Exultet, gran parte incentrati sul contrasto Luce-Tenebre, la fonte da cui il fantasioso pittore trasse ispirazione. In particolare, secondo lo studioso, egli si ispirò per la raffigurazione della Luce alla Sancta Mater Ecclesia dell Exultet Vat. Lat A sinistra si sviluppano le varie scene del Peccato Originale. Nella prima Adamo è in piedi, accanto al Redentore, del tutto simile al Creatore precedente ; nella seconda scena appare soltanto la mano di Dio nell atto della creazione; nella terza scena Eva viene fuori dal costato di Adamo, il quale, con un atteggiamento di devota gratitudine, protende le braccia verso la mano creatrice di Dio; nella quarta Eva, in piedi, è affiancata dal serpente, attorcigliato all albero del peccato; nella scena finale Eva offre il frutto ad Adamo. La sequenza è accompagnata dalle seguenti iscrizioni esplicative: DEX(TE)RA D(OMI)NI DIXIT ADAM; EBA; U(B)I (E)BA DIX(IT) A(D)AM CO(MEDE) (FRUCTU)M (HU)NC. Tutta la parete è ravvivata da uno splendido tappeto di fiori di color rosso ed è bordata, in alto, da una cornice gialla ornata di nero, con decorazioni puntiformi bianche e gemme rosso-nere. Lavermicocca rileva l assenza, nelle illustrazioni miniate, del tema del Peccato Originale che trova invece, sede, ben più aulica, in cicli pittorici e mosaici di basiliche paleocristiane, con i quali non possono instaurarsi confronti e connessioni, dato il carattere popolare delle pitture materane. Certo invece è, per la scena relativa alla Tentazione di Eva in cui la donna ignuda, coperta dalla sola foglia polilobata appare dubbiosa accanto all albero su cui è avviluppato il serpente, il riferimento iconografico alle antiche pitture murali delle Catacombe romane, che narravano interi episodi biblici.

3 Più in basso è raffigurata la purificazione liturgica di un vescovo: un diacono, con tunica drappeggiata, mantello giallo e tonsura sul capo, versa acqua, da un anfora, sulle mani del prelato, raffigurato con una tunica chiara coperta da una casula rosa, decorata ai bordi da puntini, sulla quale pende il corto pallio latino, decorato da corolle e triangoli e con un piccolo copricapo a punta. Secondo Nino Lavermicocca la scena può alludere ad un momento preciso della liturgia terrena, la lavanda delle mani che si diffonde a partire dall VIII secolo, ma soprattutto nel X, grazie all opera dei benedettini, oppure può essere in relazione con il programma complessivo della decorazione della cripta e, quindi, riferirsi all omnem clerum presente nei rotoli di Exultet. Sulla parete di sinistra le tre nicchie absidali contengono altrettante triarchie. La prima presenta San Pietro, affiancato da Sant Andrea e San Giovanni. Dell immagine di Sant Andrea (SCS ANDRE) rimane soltanto il capo ricciuto con i grandi occhi neri. San Pietro (SCS PETRUS), colto nell atto di benedire, calza sandali e indossa un ampia e drappeggiata tunica grigia a bande gialle e mantello rosso. Alla sua sinistra San Giovanni (SCS IOANNES), rivestito anch egli di tunica e mantello, alza la destra con la palma tesa, mentre, con la sinistra, mostra un libro riccamente rilegato. Secondo Lavermicocca l iconografia della scena conferma il favore goduto dalla rappresentazione di S. Pietro nell arte altomedievale, soprattutto in ambito campano, ove forte era tra l altro la presenza greca.

4 Inoltre il fatto che S. Andrea, fondatore della chiesa di Costantinopoli, sia raffigurato in posizione subordinata rispetto a S. Pietro, vescovo della chiesa di Roma, è indice, secondo lo studioso, del riferimento a temi iconografici che accompagnarono, prima e durante lo scisma (1054), le discussioni attorno al primato di Roma. La seconda triarchia mostra la Madonna con Bambino, adorata da due figure femminili. La prima di queste è priva di nome, la seconda è indicata con la scritta: SCA LUCOTIA. La Madonna Regina indossa un sontuoso abito, color arancio, ricamato a cerchi e bordato di gemme che si infittiscono sulle spalle. Dal copricapo gemmato, a tre punte, cade un velo bianco che giunge quasi fino ai piedi e che, nel tratto terminale, si arricchisce di una frangia seghettata. Sul viso ovale scendono i capelli scuri divisi, sulla fronte, in due composte bande. Le figure laterali, più piccole rispetto alla centrale, secondo lo schema della Deesis quindi, sono abbigliate anch esse con tuniche e dalmatiche, ma meno preziose e vistose di quelle della Vergine. Secondo Nino Lavermicocca la Madonna Regina simboleggerebbe, nell ambito del carattere devozionaleliturgico della decorazione, la Ecclesia trionfante nei suoi martiri, identificazione che si rifà sicuramente alla teologia bizantina. Inoltre lo studioso rimanda, per i confronti iconografici e stilistici, ad un gruppo omogeneo di opere, quali gli affreschi di Santa Sofia a Benevento e quelli di S. Vincenzo al Volturno, alcune illustrazioni della Benedictio Fontis Casanatense, le miniature dell Exultet Vat. Lat. 9820, la decorazione della grotta dei Santi a Calvi, gli affreschi della chiesa dell Angelo ad Olevano sul Tusciano, tutti datati tra la seconda metà del IX secolo e l XI. IBIDEM, p Poiché non esiste alcuna Santa nota come LUCOTIA, N. Lavermicocca (IBIDEM, p. 409) propone che l iscrizione vada integrata con altre lettere non più visibili che permetterebbero di interpretare la scritta come: LUCE LETITIA IBIDEM, p. 409.

5 La terza composizione rappresenta i tre Arcangeli. Al centro San Michele (SCS MIHAEL), con tunica grigia a fasce gialle e mantello rosa, dello stesso colore delle ali, appare nell atto di benedire con la destra e di reggere un piccolo scettro con la sinistra. La figura di San Gabriele (SCS GBRIE), molto rovinata, è identica a quella opposta di San Raffaele (SCS RAFAEL). Entrambe reggono, con la mano sinistra, una sfera grigia e nera simboleggiante il globo terrestre e, con la destra, una croce rossa; indossano tuniche grige a bande rosse, sotto un mantello bianco. I visi dei tre Arcangeli sono contornati da nimbi gialli orlati di nero e da una riccia capigliatura scura. Anche lo stile della triarchia angelica rimanda a rappresentazioni occidentali, già citate a proposito della triarchia con la Madonna Regina, tra cui l Annuncio a S. Zaccaria in Santa Sofia a Benevento, gli Arcangeli nella scena del Risveglio nell Exultet Vat. Lat. 9820, gli angeli nella scena di Battesimo nella chiesa ad Olevano. Le triarchie sono alleggerite dalla presenza della decorazione floreale verde e rossa, già presente sulla parete di fondo. Soltanto sotto la triarchia apostolica è visibile un motivo decorativo insolito, costituito da larghe fasce a denti di sega sovrapposte, di diverso colore. Le restanti pareti, un tempo anch esse decorate, appaiono oggi spoglie o ricoperte da piccoli frammenti di affreschi illeggibili che secondo Lavermicocca illustrano un ciborio con clipeo circondato dai quattro evangelisti ed un clipeo sorretto dagli arcangeli Michele e Raffaele, come del resto chiariscono le didascalie: LUCAS IOANES EU(ANGE)LISTA e A(RCH)ANG(ELUS) GABRI(E)L; MICH(AI)L. Per quanto riguarda il primo, Nino Lavermicocca fa risalire l origine del tema iconografico in un opera del patriarca di Costantinopoli, Germano, il quale ne fornisce anche l esegesi. Tuttavia oltre a diverse raffigurazioni orientali, abbiamo la presenza del soggetto anche in ambito occidentale già dall VIII secolo, come fa notare il De Francovich a proposito delle miniature irlandesi e continentali. Mentre in tempi più recenti e in ambito più strettamente italo-meridionale esso riappare nei codici miniati e negli Exultet.

6 Il clipeo sorretto da Arcangeli perviene, invece, alla sfera benedettina, in particolare campana. Così Lavermicocca rinviene esempi nel nartece di Sant Angelo in Formis e nella cripta di Ausonia, ma ancora nel Salterio di Stoccarda, nella chiesa dei Martiri a Cimatile, nella benedictio Fontis casanatense e nella chiesa dell Angelo nella grotta di Olevano, tutti risalenti al X secolo. L intero ciclo di affreschi denuncia una chiara mano latina, per la libertà espressiva ed iconografica dei temi trattati, oltre che per il semplice disegno di sapore provinciale che contraddistingue le figure costruite, oserei dire, con la sola linea di contorno. Anche l espressione dei volti allucinati, l estro compositivo del pannello della Genesi e la nota allegra e insolita, ma stupenda, della decorazione floreale riconducono ad un ambiente di cultura occidentale e latineggiante. Si aggiunga, inoltre, che la Madonna viene raffigurata con un viso e un espressione giovanili, in contrasto con la regola dell arte sacra orientale che vuole la Vergine non giovane, ma in veste di anziana vedova altolocata, e con i capelli che fuoriescono dal velo, laddove nell iconografia bizantina essi sono accuratamente coperti. Il pittore del Peccato Originale dovette, con ogni probabilità, essere un benedettino legato alla tradizione estetica e religiosa dell arte romana, influenzato da schemi formali orientali che seppe mirabilmente fondere nell arte che gli era propria. Secondo Nino Lavermicocca gli affreschi risalirebbero ad un periodo compreso tra la seconda metà del IX secolo e l XI secolo, più precisamente intorno alla metà del X, durante la diaspora degli insediamenti monastici latini nel territorio promossa dai Principi di Salerno. G. DE FRANCOVICH, Osservazioni sull altare di Ratchis a Cividale e sui rapporti tra Occidente e Oriente nei secoli VII e VIII d.c., in Scritti di Storia dell arte in onore di M. Salmi, Roma, 1961, I, pp Cfr. N. LAVERMICOCCA, p IDEM, p. 410.

7 Egli vi intravede la contaminazione di elementi non facilmente separabili gli uni dagli altri, di quella cultura artistica defi nita mediterranea cha va dalla Spagna mozarabica all Italia longobarda, marcata, secondo il De Francovich, da forti influenze dell arte siriano-palestinese del V-VIII secolo. La Grelle, chiamando in causa S. Sofi a a Benevento e S. Vincenzo al Volturno, ne sottolinea l estrosità di soluzioni iconografi che, la vivacità della narrazione, la cifra naturalistica, la dilatazione espressionistica ed anticlassica, oltre al sermo vulgaris denso di laicità ed espressionismo occidentale con cui stravolge la liturgia bizantina e all irruenza popolaresca che nulla perde nella dilatazione mistica e visionaria. Valentino Pace, invece, reitera la datazione delle pitture al IX secolo, ovvero al tempo in cui forte era la presenza longobarda in Basilicata e in cui Matera gravitava nell orbita del Ducato di Benevento. BIBLIOGRAFIA: - G. DE FRANCOVICH, Osservazioni sull altare di Ratchis a Cividale e sui rapporti tra Occidente e Oriente nei secoli VII e VIII d. C, in Scritti di Storia dell arte in on. Di M. Salmi, Roma, 1961, I, pp ; - LA SCALETTA: Le chiese rupestri di Matera, Ediz. De Luca, Roma, 1966, - C.D. FONSECA: Civiltà rupestre in terra jonica, Milano - Roma 1970; - G. CAVALLO, Rotoli di Exultet dell Italia meridionale, Bari, 1973; - F. DE MAFFEI, Roma, Benevento, San Vincenzo al Volturno e l Italia settentrionale, in Commentari, 1973, pp ; - R. DE RUGGIERI: Gli insediamenti rupestri della Basilicata, in La civiltà rupestre nel Mezzogiorno d Italia, Genova, 1975; - GUILLOU: Gli insediamenti rupestri della Basilicata, in La civiltà rupestre nel Mezzogiorno d Italia, Genova, 1975; - A. GRELLE IUSCO: Catalogo della Mostra, Arte in Basilicata, Roma, 1981; - N. LAVERMICOCCA: Gli affreschi della cripta del Peccato originale a Matera, in Le aree omogenee della civiltà rupestre nell ambito dell Impero Bizantino: La Cappadocia, C.D. Fonseca, Congedo Editore, 1981; G. DE FRANCOVICH, Osservazioni sull altare di Ratchis a Cividale e sui rapporti tra Occidente e Oriente nei secoli VII e VIII d. C, in Scritti di Storia dell arte in on. Di M. Salmi, Roma, 1961, I, pp A. GRELLE IUSCO: Catalogo della Mostra, Arte in Basilicata, Roma, 1981, p. 13.

8 - M. D ELIA: I beni artistici e storici in Lucania, in Mezzogiorno, Lucania, Maratea, 1987; - V. PACE, La pittura medievale nel Molise, in Basilicata e Calabria, in AA.VV., La pittura in Italia. L alto Medioevo, a cura di C. Bertelli, Milano, 1994, pp ; - A. GRELLE IUSCO: Catalogo della Mostra, Arte in Basilicata, Aggiornamenti all edizione del 1981, p. 233.

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