LE RAGIONI DELLA BELLEZZA

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1 Antonio Pinelli LE RAGIONI DELLA BELLEZZA 2 DALLA TARDA ANTICHITÀ A GIOTTO RISORSE PER L INSEGNANTE E PER LA CLASSE DVD RISORSE ONLINE

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3 Antonio Pinelli Le ragioni della bellezza 2 dalla tarda antichità a Giotto Risorse per l insegnante e per la classe LOESCHER EDITORE

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5 Indice Videolezioni Lezione 1 ı Lezione 1 Il Museo di Antichità di Torino. Una storia esemplare 4 Lezione 2 ı La doppia radice del cristianesimo. 8 Lezione 3 ı Moschee medievali. Imitazioni, innesti, riusi, riconversioni, adattamenti 16 Lezione 4 ı Nel segno di Cristo. L evoluzione del crocifisso nel Medioevo 28 Lezione 5 ı Nascita di un genere. Dal paliotto alla pala d altare 36 Verifiche Le pagine con fondino grigio e numerate bis comprendono gli esercizi riferiti alla sola edizione ROSSA 1 Il declino dell Impero in Occidente 46 Esercizi di recupero 52 2 L ascesa di Costantinopoli 53 Esercizi di recupero 59 3 L Italia longobarda 60 Esercizi di recupero 66 4 Gli Arabi e il Sacro romano impero 67 Esercizi di recupero 73 5 Il Romanico in Europa 74 Esercizi di recupero 79 6 Geografia del Romanico in Europa 81 Esercizi di recupero 87 7 Geografia del Romanico in Italia 88 Esercizi di recupero 95 8 Il Gotico in Europa Caratteri generali 96 Esercizi di recupero Geografia del Gotico in Europa 104 Esercizi di recupero Geografia del Gotico in Italia L architettura 111 Esercizi di recupero Geografia del Gotico in Italia Pittura e scultura 117 Esercizi di recupero 127 Soluzioni delle verifiche 128 Immagini Corrispondenze tra Volume Rosso e Volume Blu/ARANCIONE 130

6 Lezione 1 Il Museo di Antichità di Torino: una storia esemplare Il Museo di Antichità di Torino è un museo recente, inaugurato nel 1989, su progetto degli architetti Roberto Gabetti e Aimaro Oreglia d Isola, poi ampliato nel In realtà, però, ha una lunga storia alle spalle. La nascita del museo Giacomo Vighi detto l Argenta, Ritratto di Emanuele Filiberto duca di Savoia, ca Olio su tela. Torino, Galleria Sabauda. 2 Carlo Marocchetti, monumento a Emanuele Filiberto di Savoia, Statua in bronzo, basamento in granito rosso e bronzo. Torino, piazza San Carlo. 3 Giovanni Carraca, Ritratto di Carlo Emanuele I, ca Olio su tela. Saluzzo (Cuneo), Museo Civico Casa Cavassa. 4 Federico Zuccari, progetto per la decorazione della volta della Grande Galleria di Carlo Emanuele I a Torino, Milano, Civico Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco Il primo nucleo collezionistico del museo nacque intorno al 1570 grazie a Emanuele Filiberto di Savoia, grande condottiero, che, in quel periodo, cominciò ad acquistare statue e rilievi antichi di grandi collezioni come quelle romane e fiorentine. 3-4 Questa passione venne portata avanti dal figlio Carlo Emanuele i che incrementò la raccolta, commissionò la costruzione della Galleria d Arte che, a Torino, collegava Palazzo Madama a Palazzo Reale, facendola decorare da uno dei più rinomati pittori del tempo, Federico Zuccari, e trasferendoci una considerevole quantità di rarità. Artificialia e naturalia, oggetti dell arte e della natura.

7 Anonimo, Ritratto di Vittorio Amedeo II, ca Olio su tela. Torino, basilica di Superga. 6 Giacomo Berger, Ritratto di Carlo Felice, Olio su tela. Agliè (Torino), castello. 7 Busto di Bernardino Drovetti a Barbania (Torino). 8 Palazzo dell Accademia delle Scienze di Torino, Incisione. 9 La scoperta della tomba di Kha, Fotografia. 5Lezione 1 Il Museo di Antichità di Torino: una storia esemplare Purtroppo, in seguito a un incendio, avvenuto nel 1658, gran parte della collezione andò persa. Non se ne hanno notizie fino al 1723, quando Vittorio Amedeo ii, re di Sardegna, incaricò un grande studioso del tempo, il veronese Scipione Maffei, di collocare nel nuovo Museo della Regia Università la vecchia collezione insieme a una serie di epigrafi scoperte di recente, grazie a ritrovamenti archeologici. 6-8 In seguito, nel 1824, il re Carlo Felice decise di acquistare una raccolta di antichità egizie accumulate da Bernardino Drovetti, collezionista piemontese, ma anche esploratore e console francese in Egitto. Si formò così il primo nucleo del Museo Egizio di Torino che, oggi, è il più grande al mondo dopo quello del Cairo. La collezione egizia e le raccolte di antichità vennero unite e collocate nel palazzo dell Accademia delle Scienze, una sistemazione che durò poco più di un secolo. 9 Infatti, nel 1940, si decise di isolare la collezione egizia, nel tempo arricchitasi grazie agli importanti scavi di Ernesto Schiaparelli, mentre le collezioni di antichità vennero per qualche tempo tralasciate, anche per carenza di spazi. Finalmente, nel 1989, venne inaugurato, appunto, il nuovo Museo di Antichità.

8 Il tesoro di Marengo La collezione etrusca Maestro Etienne Godefroy, Guillaume de Verdelay e Miliet d Auxerre, busto reliquiario di san Gennaro, Argento fuso e dorato a fuoco, smalti e gemme incastonate. Napoli, Museo del Tesoro di San Gennaro. 11 Oggetti etruschi del Museo di Antichità. 10 Una sezione del museo è denominata Museo del Territorio. È la più nuova ed è stata museograficamente concepita per rispettare l ordine cronologico: infatti, lo spazio espositivo presenta la forma di una spirale. Al centro dell esposizione troviamo il cosiddetto Tesoro di Marengo che fa parte di quei tesori che, durante le invasioni barbariche, tra il iii e il iv secolo d.c., spesso venivano frettolosamente nascosti e la cui provenienza è problematica da identificare. Il tesoro in oggetto fu scoperto, fortuitamente, nel 1928, a Marengo, città situata nell antica via Fulvia, tra Asti e l odierna Tortona. I vari componenti furono intenzionalmente rotti o schiacciati, come per ridurne il volume, a indicare che il proprietario non aveva alcun interesse per il loro aspetto estetico ma solo per il materiale di cui erano fatti. Si è dedotto, quindi, che facessero parte di una fonderia, oppure, più probabilmente, che fossero il risultato di un saccheggio a un santuario. Un dato interessante è che i vari pezzi non sono tra loro contemporanei, ma sono riconducibili a differenti periodi cronologici, dal i secolo a.c. al iii d.c. L oggetto più antico riporta una dedica alla dea Fortuna Melior che fa, appunto, pensare a un santuario. Il pezzo più importante è un busto in argento di Lucio Vero, fratello dell imperatore romano Marco Aurelio e imperatore anch egli ( d.c.), databile quindi sicuramente a metà del ii secolo d.c. e che fu imitato in secoli a noi più vicini, xvi e xvii, quando, per esempio, venivano realizzati busti dei patroni perché fossero portati in processione. Gli altri componenti del tesoro sono quasi tutti legati ad arredi di lusso, forse sacri, come, per esempio, una fascia con spighe dorate lavorate a sbalzo o anche un pulvino raffigurante una donna seduta in mezzo a tralci arborei, forse facente parte di un letto in origine. 11 È significativo come oggi siano esposte anche collezioni che nell Ottocento mai si sarebbe pensato di poter esibire. Allora, infatti, vi era un gusto classico più accentuato, mentre oggi, liberi da pregiudizi di alcun tipo, si può, anzi si deve, esporre forme d arte, forse più primitive, ma sicuramente di grande importanza, sia estetica che storica. Nel Museo di Antichità si può, infatti, trovare il nucleo di un intera tomba etrusca, rinvenuta a Chiusi, riconducibile a una grande famiglia, i Matausni, e acquisita tra le collezioni sabaude nel In quell anno, però, non tutto ciò che fu rinvenuto fu annesso alla collezione sabauda, ma, anzi, secondo criteri di bellezza, che oggi, con lo scopo di ricostruire il contesto storico il più fedelmente possibile, non useremmo, vennero scartati molti oggetti, tra cui urne e buccheri. Probabilmente questi ultimi li possediamo ancora oggi, ma non sapremo mai con certezza se facessero parte della suddetta tomba. Per questo all interno del museo è possibile osservare sia la ricostruzione dell officina di un fabbro altomedievale, sia una serie di utensili agricoli della stessa epoca. Una scelta chiaramente non dettata da un criterio estetico, ma funzionale alla ricostruzione storica di un contesto culturale.

9 La sala delle province e lo statuario Orfeo citaredo, iii secolo. Affresco. Roma, catacomba dei santi Marcellino e Pietro. 13 Orfeo, Euridice, Hermes, copia romana da originale greco (fine v secolo a.c.). Da Torre del Greco (Napoli), rilievo in marmo. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. 14 Cristo come Orfeo, particolare, iii secolo. Affresco. Roma, catacombe di Domitilla. 15 Amazzone Mattei, copia in marmo da originale di Fidia (?) in bronzo (ca 440 a. C.). Marmo. Città del Vaticano, Musei Vaticani, Museo Pio-Clementino. 15 7Lezione 1 Il Museo di Antichità di Torino: una storia esemplare Nella cosiddetta sala delle province sono conservati ed esposti pezzi provenienti da tutto il territorio dell antico Regno di Sardegna. Vi sono, infatti, sia alcune statue e calchi dell arco di Augusto a Susa, sia un mosaico proveniente da un quartiere di Cagliari e recuperato nel Quest ultimo, mosaico policromo di notevole importanza, raffigura Orfeo circondato da animali. Fu ritrovato nella cittadina sarda quasi per intero, ma fu poi diviso in più pezzi per poter essere spedito. Nel diciottesimo secolo furono ritrovate solo alcune parti, oggi visibili in questa sala: una raffigurante Orfeo e due raffiguranti animali. I frammenti sono tutti databili al iii secolo e, in questo periodo, era consuetudine riprodurre Orfeo sia in qualità di dio pagano che, grazie alla potenza incantatrice del suo canto, placava le bestie feroci, sia come colui che, entrato nell Ade per recuperare la sposa Euridice, era riuscito a uscirne vivo (un allegoria, quindi, del ritorno della vita sulla terra dopo l inverno, in generale un simbolo di fertilità). Nel solco di questa tradizione, i cristiani del tempo lo assimilavano alla figura del Cristo. Infatti, poiché ancora molto legati alle loro origini ebraiche, e quindi aniconiche, preferivano raffigurare la loro divinità utilizzando immagini pagane. Inoltre, il valore del mosaico è desumibile dalla forza plastica impressa dal mosaicista all opera, attraverso una policromia che sottolinea le ombre e una progettazione prospettica complessa e ragionata. Basti osservare il chiaroscuro delle gambe di Orfeo o quello degli animali, così come le dita del dio che passano sia davanti che dietro lo strumento musicale: sono tutte dimostrazioni (mai così ben conservate) di un naturalismo classicista insolito per il tempo. 16 Un altra sala, quella dello statuario, presenta una serie di opere di particolare bellezza. Sono, infatti, statue policrome: per esempio la figura di un guerriero loricato in porfido rosso egizio o un amazzone, realizzata in basalto verde, un materiale molto difficile da lavorare, che, anche allora, evocava il famoso modello di amazzone scolpito da Fidia. Anche queste opere sono frutto della scelta di una museografia precedente che operava secondo criteri prevalentemente estetici, differenti da quelli utilizzati dalla moderna storiografia di contesto.

10 Lezione 2 La doppia radice del cristianesimo Storicamente, il rapporto del cristianesimo con il mondo delle immagini e delle arti figurative è stato piuttosto complesso, a causa della doppia radice della religione cristiana: da un lato quella ebraica legata all Antico Testamento, nel quale è sostenuta un assoluta aniconicità, ossia il divieto di rappresentare l immagine di Dio; dall altro quella costituita dal paganesimo, strettamente legato invece al mondo delle arti figurative. Il conflitto tra queste due radici è stato all origine di quella che può essere considerata una vera e propria battaglia delle immagini. Sebbene infatti la fede cristiana nell incarnazione del figlio di Dio giustificasse la possibilità di rappresentarne le fattezze umane, le prime comunità cristiane non osavano produrre effigi di Gesù, proprio perché condizionate dal tabù contro le immagini contenuto nell Antico Testamento. La doppia radice del cristianesimo 1a 1b 1a Mitra sgozza il toro sacro, ca Affresco. Marino (Roma), mitreo. 1b Scena del culto di Iside, i secolo. Dipinto murale. 2 Arnolfo di Cambio e scultore romano di età imperiale, Madonna in trono con Bambino, particolare della tomba del cardinale De Braye, ca Orvieto, chiesa di San Domenico. 2 1 Rispetto alle religioni orientali già diffuse nell Impero romano (come il mitraismo e il culto di Iside) che avanzavano l ipotesi di una vita dopo la morte, il cristianesimo aveva compiuto un passo ulteriore: non si limitava a sostenerne l esistenza, ma svalutava la stessa vita terrena. A questo si accompagnava un altro elemento di radicalità: la proclamazione dell assoluta uguaglianza di tutti gli uomini, schiavi compresi. Il mondo pagano crollò sotto questa parola d ordine, che portò a una rapida conquista dell intero Occidente da parte della religione cristiana. Il cristianesimo tuttavia si mescolò e si sovrappose all antico mondo pagano, assorbendo molte delle più tipiche espressioni di quest ultimo; per esempio alcune statue di culto e alcune iconografie pagane furono riutilizzate in senso cristiano. 2 Per realizzare il monumento funebre del cardinale De Braye, il grande scultore Arnolfo di Cambio, amico di Giotto e allievo di Nicola Pisano, utilizzò questa statua della Madonna con in braccio un bambino, che è possibile vedere a Orvieto, nella chiesa di San Domenico. Quando si è andati a restaurarla, si è scoperto che questo bambino era in realtà un aggiunta posteriore; nell immagine vediamo la statua così com era e, a partire da una serie di elementi, si è compreso che si trattava di una statua romana.

11 3a 9 3a 3b 4a 4b Triade capitolina, ii secolo. Marmo lunense. Palestrina, Museo Archeologico Nazionale. Triade capitolina, particolare con Giunone, ii secolo. Marmo lunense. Palestrina, Museo Archeologico Nazionale. Arnolfo di Cambio e collaboratori, San Pietro in cattedra, ca Bronzo. Città del Vaticano, basilica di San Pietro, navata centrale, parete nord. Arnolfo di Cambio e scultore romano di età imperiale (ii secolo d.c.), San Pietro in cattedra, particolare, ca Marmo. Città del Vaticano, basilica di San Pietro, Grotte vaticane. 3b Lezione 2 La doppia radice del cristianesimo 4a 4b 3 La statua romana su cui aveva lavorato Arnolfo per realizzare la Madonna con bambino, collocata nel monumento funebre del cardinale De Braye, apparteneva alla tipologia della cosiddetta triade capitolina : Giove (l antico Zeus), Minerva (l antica Atena) e Giunone. La Madonna di Arnolfo, come si può vedere, non è nient altro che una Giunone rimodellata in senso cristiano. 4 Arnolfo ha compiuto più di una volta l operazione di riutilizzare l iconografia pagana in senso cristiano; tutti conoscono questo straordinario bronzo, collocato nella basilica di San Pietro in Vaticano, il cui piede destro è completamente cancellato dai milioni di baci ricevuti dai pellegrini nel corso dei secoli. Si tratta della statua modellata da Arnolfo di un filosofo epicureo; la benedizione papale corrisponde in realtà all adlocutio, il gesto con cui il generale romano spronava i suoi eserciti prima della battaglia.

12 Il recupero dell iconografia pagana 5a 10 5a 5b Roma, villa romana sottostante la basilica di San Sebastiano sulla via Appia antica, un ambiente, ca 235. Roma, catacombe di Domitilla, cubicolo del Buon Pastore, ca Cristo come Helios sul carro solare, frammento di mosaico, iii-iv secolo (Roma, Vaticano, Necropoli sotto San Pietro). 5b 6 5 Il percorso di avvicinamento del cristianesimo al mondo delle immagini è stato quindi in realtà piuttosto lento e tortuoso. Le immagini rappresentano due ambienti apparentemente simili dal punto divista della decorazione: si può notare il reticolo di linee che profilano i risalti degli archi e gli spigoli dei muri e compongono una serie di scomparti e riquadri; all interno dei riquadri vi è una serie di piccole figure schizzate in quel modo compendiario e veloce tipico del mondo romano intorno al ii-iii secolo d.c. In realtà l una è l immagine di una villa romana, con i tratti di una raffigurazione tipicamente pagana, l altra invece rappresenta un cubicolo del buon pastore, chiaramente cristiano. È quindi possibile dedurre che i cristiani, per realizzare le loro tombe, si rivolgevano alle stesse maestranze cui ricorrevano i pagani per costruire le loro ville: per questa ragione le immagini risultano molto simili dal punto di vista stilistico. 6 Nel mosaico della necropoli situata sotto la Basilica Vaticana, raffigurante Helios sul carro del Sole, il dio Helios diventa un immagine di Cristo, il dio Sole, come anche la figura di Orfeo, colui che entrò e uscì dall Ade, diventa simbolo salvifico del figlio di Dio che è capace di condurre nel Regno dei cieli.

13 7a 11 7b Lezione 2 La doppia radice del cristianesimo 8 7a Roma, ipogeo di via Latina, iv secolo. 7b Il sacrificio d Isacco, ca 320. Decorazione murale. Roma, ipogeo di via Latina, cubicolo C. 8 Daniele nella fossa dei leoni, inizio iv secolo. Decorazione murale. Roma, cimitero di via Anapo. 7 Alcune immagini che decorano una grande stanza ipogea (sotterranea) della catacomba di via Latina, con una serie di tombe ad arco solio: all interno di un grande arco venivano sistemati dei sarcofagi scolpiti; il tutto veniva successivamente richiuso e decorato con una serie di immagini, come quella del sacrificio di Isacco. La figura di Ercole era spesso utilizzata come prefigurazione di Cristo. Dopo la morte di Alcesti, Ercole si reca nell Ade, doma Cerbero e riporta Alcesti ad Admeto: in questo senso egli rappresenta l anticipazione di una speranza nella vita eterna e nella salvezza dell anima. Molte altre raffigurazioni di questo genere provengono dal mondo dell Antico Testamento. 8 Daniele nella fossa dei leoni tiene le braccia alzate al cielo, secondo una tipica posa dell orante cristiano, che significa lode al Signore e speranza di salvezza. Ma anche la vicenda di Jona, ingoiato dalla balena e poi salvato, è reinterpretata come storia che prefigura la salvezza dopo il buio della morte, così come la storia biblica dei tre fanciulli che, rinchiusi nella fornace da Nabucodonosor per essersi rifiutati di adorare un idolo, rimangono illesi e vengono salvati dall uccello che porta loro la palma del martirio.

14 L affermarsi dell iconografia cristiana Moscophóros, ca 560 a.c. Da Atene, marmo. Atene, Museo dell Acropoli. 10 Scena di vendemmia, metà iv secolo. Mosaico. Roma, mausoleo di Santa Costanza. 11 Cassetta Nuziale di Secundus e Proiecta, ca Da Roma, argento con parti dorate. Londra, British Museum La figura del buon pastore deriva in realtà dal mondo pagano: è la figura del moscoforo, che porta il vitello sull ara per il sacrificio, mentre il buon pastore ci parla un linguaggio cristiano tramite un iconografia pagana. 10 L immagine rappresenta un mosaico collocato nel mausoleo di Santa Costanza a Roma e raffigura una scena di vendemmia. Su un rigoglioso tralcio di vite alcuni genietti vendemmianti, divenuti dei putti, trasportano con dei carri l uva, che simboleggia il sangue di Cristo. 11 Il cofanetto nuziale di Proiecta e di suo marito Secundus è stato rinvenuto nel xviii secolo sull Esquilino; dalla scritta «Proiecta e Secondo che possiate vivere in Cristo» veniamo a conoscenza del fatto che gli sposi sono cristiani, ma l iconografia è pagana. Sul coperchio della cassetta è raffigurata Venere che si specchia e in basso, nelle nicchie a colonnette tipiche dei sarcofagi, Proiecta ripete lo stesso gesto: una donna accanto a lei le porge lo specchio e un altra ancella le porta uno scrigno, che in un certo senso corrisponde al cofanetto nuziale stesso. Con un gioco di rimandi allusivo e celebrativo, Proiecta è assimilata a Venere per la sua bellezza.

15 12a 13 12a 12b Pompa circensis, secondo quarto iv secolo. Da Roma, basilica di Giunio Basso, pannello in opus sectile, paste vitree, vetro cammeo e pietre dure. Roma, Museo Nazionale Romano. Fregio con figura di filosofo o Gesù, ca Da Ostia antica (Roma), aula di porta Marina, intarsio in porfido verde, porfido rosso, giallo antico e pavonazzetto. Roma, Museo Nazionale dell Alto Medioevo. 12b Lezione 2 La doppia radice del cristianesimo 12 L opus sectile, intarsio di marmi importato già nel i secolo a.c. dall Oriente ellenistico, viene usato dagli imperatori e dai ceti romani più ricchi per rivestire pareti e pavimenti. La maggior parte degli intarsi, in genere in porfido rosso o verde, spesso ha carattere ornamentale e geometrico (fingono capitelli, lesene, pilastri), altre volte, invece, riportano delle raffigurazioni come l immagine del rivestimento di una grande aula della basilica di Giunio Basso, probabilmente il personaggio che vediamo. Giunio Basso fu console nel 340 d.c. circa, ed è probabile che questa immagine riprenda una sua apparizione nella cosiddetta pompa circensis, in occasione della quale il console, nella sua toga picta indossata sopra la tunica, dava inizio alla corsa dei carri. Altre immagini di questo straordinario rivestimento ci mostrano tigri che assalgono cerbiatti o vitelli oppure temi mitici che alludono all immortalità come quello di Ida e le ninfe. Molto simili a quelle contenute nell aula di Giunio Basso sono le rappresentazioni che decorano l aula di Porta Marina a Ostia. L immagine centrale può essere identificata con Gesù, ma più probabilmente raffigura un filosofo antico; in questa fase infatti Gesù era raramente rappresentato con la barba.

16 Il modello della traditio legis 13b 14 13a 13a 13b 14a Sarcofago di Giunio Basso, metà iv secolo. Da Roma, necropoli Vaticana, marmo pentelico. Città del Vaticano, basilica di san Pietro, Museo del Tesoro. Sarcofago di Stilicone (inglobato nelle strutture del pulpito), fine iv secolo. Marmo. Milano, basilica di Sant Ambrogio. Dittico di Stilicone, ca 400. Avorio intagliato. Monza, Museo e Tesoro del Duomo Nell immagine è raffigurato il sarcofago di Giunio Basso (non la stessa persona di cui si parla nell immagine 12a, probabilmente suo figlio). Il prefetto Giunio Basso morì nel 359 d.c. Il grande sarcofago venne sepolto nella necropoli sotto il Vaticano e riscoperto alla fine del 500 d.c.; nelle sue nicchie sono dispiegate storie tratte dal Nuovo Testamento. In alto è rappresentata la traditio legis, ossia la consegna della legge: Cristo in trono, nella sua maestà celeste, affida a Pietro e Paolo il Nuovo Testamento. Se in generale la parte alta del sarcofago è dedicata al trionfo di Cristo in cielo, la parte bassa ha invece per tema il trionfo di Cristo sulla terra: Cristo su una sorta di cocchio entra in Gerusalemme, dove avverrà la Passione, e viene accolto da rami di ulivo (simboleggianti la pace) ma anche da rami di palma (che alludono al trionfo). Il sarcofago di Stilicone, risalente al 400 d.c. circa è attribuito al grande generale di origine barbara, romanizzato, tra i più strenui difensori dell Impero. La figurazione della traditio legis riprende la stessa vista nell immagine 13a: il Cristo benedicente con in mano la legge e accanto Pietro e Paolo; gli apostoli sono togati come senatori romani, rivelando la mescolanza tra iconografia pagana e cristiana. La stessa immagine del Cristo Helios contornato dagli apostoli-senatori la ritroviamo in un famoso mosaico conservato in San Lorenzo a Milano. 14 Stilicone viene anche raffigurato in un dittico d avorio, con la moglie Serena e il figlio Eucherio, vestito con la toga di notaio. È rappresentato in alta uniforme con scudo e lancia, secondo un iconografia che addirittura risale a Ottaviano Augusto; la moglie è raffigurata con una grande acconciatura e dei gioielli, mentre il figlio ha in mano un piccolo dittico, secondo un gioco di rimandi simile a quello visto nell immagine 11. Un altro dittico, quello dei Simmaci e dei Nicomachi, celebre invece due grandi famiglie senatorie romane legate alle loro origini pagane. Infatti vi troviamo rappresentato un sacrificio pagano, svolto su un ara. Lo stesso oggetto può quindi svolgere due funzioni diverse secondo un analogo stile, il cosiddetto classicismo teodosiano.

17 Le icone acheropite La crisi iconoclasta 15b Icona del Pantocratore, vi secolo (?). Encausto su legno. Sinai, monastero di Santa Caterina a Mandỳlion di Genova. Legno di cedro, tela di lino, lamina d oro, biacca, terre, lacca rossa e resina (la cornice è della metà del xiv secolo). Genova, chiesa di San Bartolomeo degli Armeni. Lezione 2 La doppia radice del cristianesimo 15 In Occidente si inizia a rappresentare l immagine di Cristo ma permane, soprattutto in Oriente, la radice aniconica del cristianesimo. Si tenta a un certo punto di superare il problema attraverso immagini acheropite ( non fatte da mano umana ): si inizia a credere cioè che Cristo stesso abbia voluto lasciare immagini del suo volto. Il Mandỳlion di Edessa, in Turchia, durante la iv crociata nel xiii secolo, fu rubato e portato in Occidente, non sappiamo dove. Ne abbiamo due immagini: una è conservata negli appartamenti papali del Vaticano, l altra, quella che vediamo, si trova nella chiesetta genovese di San Bartolomeo degli Armeni. Probabilmente costituisce l originale di un altra impressione di Cristo molto famosa: il velo della Veronica. La parola veronica designa la pia donna che asciuga il volto di Cristo durante la passione, e deriva probabilmente da una storpiatura di vera icona. La Veronica è una delle quattro grandi reliquie conservate in San Pietro, anche se sulla sua sorte aleggia un mistero: durante il Sacco di Roma del 1527 fu quasi certamente deturpata e forse rubata ed è improbabile che sia possibile vederla com era effettivamente un tempo. È riprodotta in numerose immagini del v-vi secolo d.c., nelle quali il volto di Cristo inizia ad assomigliare a quello barbato oggi conosciuto. La leggenda racconta che la Madonna volle farsi raffigurare da san Luca (per questo egli è il santo protettore dei pittori). Si stabiliscono nel tempo dei modelli di rappresentazione della Madonna: quella Hodighìtria ossia colei che mostra il cammino, la verità, oppure la Madonna orante, nell atto di pregare e con il bambino in braccio, quella advocata cioè che procura, attraverso un gesto delle mani, misericordia per gli uomini. E infine la cosiddetta Madonna Glicophilùsa, a noi più familiare, ovvero la Madonna che guarda con tenerezza il bambino nelle sue braccia. Talvolta in Oriente risorge la volontà di distruggere le immagini come avviene nel Settecento e nei primi decenni dell Ottocento, per esempio, quando vengono completamente distrutte le icone orientali. Infatti, le icone per noi più antiche si trovano in Occidente e in Egitto, nel monastero di Santa Caterina, dove si trovano tra le più antiche icone bizantine. Questo perché in quel periodo le icone orientali in Egitto vengono salvate dagli Arabi che avevano conquistato quelle terre e possono così giungere fino a noi.

18 Lezione 3 Moschee medievali. Imitazioni, innesti, riusi, riconversioni, adattamenti N el giro di trent anni dopo la morte di Maometto, gli Arabi conquistano una parte del vicino Oriente, l Impero persiano, metà della costa sudorientale del Mediterraneo. Un secolo dopo la morte del profeta, essi raggiungono addirittura i confini francesi, dove la loro avanzata viene fermata nel 732 da Carlo Martello nella famosa battaglia di Poitiers. La storia dell evoluzione della moschea medievale è una storia affascinante fatta di innesti, adattamenti e riusi, vediamo perché. La nascita delle moschee 1a 1b 1a 1b 1c Scuola turca, La morte di Maometto da Siyer-i Nebi («La vita del Profeta»), fine xvi secolo. Miniatura. Istanbul, Topkapi Palace Museum. Khadija vede il giovane Maometto di ritorno dal primo viaggio, dalla Storia di Ishak di Nishapur, Miniatura. Scuola irachena, La tomba del profeta Maometto a Medina, particolare, xvi secolo. Miniatura. 1c 1 Maometto aveva dato una forte identità linguistico-culturale al popolo arabo, fino ad allora disperso, nomade, composto prevalentemente da carovanieri e pastori, e dunque ancora estraneo a una tradizione architettonica autoctona. I primi edifici arabi sono dunque adattamenti di stili altrui: romano-bizantini o addirittura mesopotamici e iranici. Solo successivamente si affermerà uno stile originale. 2 Per dimostrare come l architettura araba del primo periodo rielabori forme e tipologie occidentali, basterà osservare la foto dei castelli, o qasr (dal latino castra, accampamenti ), di cui resta qualche esemplare nel deserto siro-giordano. Questi edifici sono composti da grandi muraglioni e torrioni possenti, che racchiudono al loro interno una serie di edifici, spesso fabbricati secondo le tecniche del mattone crudo, non sopravvissuti perché facilmen-

19 1d 3a d Scuola turca, Maometto, con il volto velato, riceve dall arcangelo Gabriele la rivelazione di Dio, da Siyer-i Nebi («La vita del Profeta»), fine xvi secolo. Miniatura. Istanbul, Topkapi Palace Museum. 2 Qasr al-heir ash-sharqi (Siria), a Calligrafia araba: versetto del Corano in cui le lettere sono disposte a formare il disegno di una barca con tre remi. 3b Pagina manoscritta in cufico del Corano, x-xi secolo. Teheran, Museo Reza Abbasi. 3b Lezione 3 Moschee medievali. Imitazioni, innesti, riusi, riconversioni, adattamenti te degradabili sotto l opera degli eventi atmosferici. Quelli di cui restano tracce sono invece fabbricati in pietra, e dimostrano chiaramente la loro ascendenza dal modello dei castra romani. Al loro interno si trovano delle sale particolarmente strutturate, che dobbiamo pensare ricche di decori, alcuni dei quali ancora esistenti. 3 Nel castello di Qasr Amra, ad esempio, troviamo ancora delle pregevoli immagini di caccia, pitture di cammelli e di donne danzanti. Il mondo arabo, infatti, subisce in questi anni un doppio influsso sacro e profano. Secondo la religione islamica, i luoghi sacri devono essere aniconici, privi cioè di immagini sacre, anche se riccamente decorati con scritture (eleganti trascrizioni di passi del Corano) e motivi ornamentali a forma prevalentemente geometrica. Nel caso dei castelli dei califfi arabi, però, troviamo anche figurazioni umane, animali e paesaggistiche.

20 La cupola sulla roccia 18 4a 4c 4a Gerusalemme, cupola sulla roccia, b Veduta aerea della spianata delle moschee con la cupola sulla roccia (in alto), , e (in basso a sinistra) il muro del pianto. 4c Cupola sulla roccia, particolare del rivestimento esterno. 4d Cupola sulla roccia, , interno. 4b 4d 4 Il primo edificio di culto del mondo arabo risale al 661, a circa trent anni dalla morte di Maometto, quando i califfi (che in arabo significa successori, in quanto eredi di Alì, a sua volta erede di Maometto) omayyadi spostano la capitale da Medina a Damasco, per collocarla al centro dei vasti territori conquistati. Non lontano da qui si trova Gerusalemme, dove probabilmente i califfi hanno modo di vedere i grandi edifici cristiani, la cui bellezza ritengono che possa abbagliare le menti degli islamici, distogliendoli dal loro culto. Essi decidono pertanto di costruire qualcosa di altrettanto maestoso e splendido. Nasce proprio così la Cupola sulla roccia, non una moschea, ma un grande ciborio, che racchiude uno dei luoghi più importante dell Islam: la roccia che si racconta abbia sollevato in cielo Maometto perché potesse ricevere da Dio la legge coranica. La cupola presenta oggi un rivestimento dorato posteriore, ma la struttura è ancora quella originale, risalente al L edificio è a pianta ottagonale; misura 60 metri di diametro e presenta due grandi ambulacri anulari concentrici all interno dei quali, sopra un giro di colonne, cresce il tamburo, su cui appoggia la cupola. Mentre nei due ambulacri è presente una pavimentazione, nella zona centrale troviamo la nuda roccia. Tutt intorno corre una straordinaria decorazione a mosaici di marmi policromi, raffiguranti corone, gioielli, motivi vegetali, ovviamente senza alcun elemento animale e umano. Tali decorazioni furono probabilmente opera di mosaicisti romano-bizantini ingaggiati per eguagliare lo splendore degli edifici cristiani.

21 La moschea di Damasco 19 5a 5a Damasco (Siria), grande moschea, b Grande moschea, parte del colonnato del tempio romano di Giove, i-iii secolo. 5c Grande moschea, , sala di preghiera con al centro la tomba di san Giovanni Battista. 5b Lezione 3 Moschee medievali. Imitazioni, innesti, riusi, riconversioni, adattamenti 5c 5 La moschea di Damasco racconta una storia di stratificazioni e sincretismi, mostrando come, oltre gli scontri e i conflitti, ci siano stati anche preziosi momenti di incontro e di tolleranza fra le religioni. All origine c è un tempio di Zeus, ancora in parte visibile all interno e all esterno della moschea, poi inglobato in una basilica cristiana, costruita da Teodosio per proteggere la grande tomba di san Giovanni Battista, tutt ora presente. Sono ancora visibili il colonnato del tempio pagano, il temenos, ovvero il recinto esterno, e altri elementi architettonici affiancati senza soluzione di continuità a nuove costruzioni islamiche. L interno della moschea, invece, è perfettamente coincidente con l antica basilica di Teodosio: tre navate con colonne corinzie di epoca romana costruite su due registri. Sebbene il culto islamico si basi su un rito molto diverso da quello cristiano, è conservata l assialità dell edificio originario, che accompagna il fedele verso l altare, posto dirimpetto all ingresso. Nella religione islamica, invece, è sufficiente che il luogo di culto abbia una nicchia per la preghiera orientata verso la Mecca. Qualsiasi edificio può essere dunque trasformato in moschea con minimi adattamenti. In questo caso il mihrab

22 La moschea di Damasco 5d 20 5d 5e 5f 5g Grande moschea, , particolare del portico. Grande moschea, , atrio con la fontana delle abluzioni. Grande moschea, mosaici esterni. Grande moschea, portico occidentale, particolare del mosaico parietale. 5e 5g 5f (così si chiama l abside islamico) è posto sulla destra, rompendo l assialità della basilica. Nella costruzione del mihrab il mondo musulmano profonde da sempre il meglio della sua arte decorativa, adoperando marmi straordinariamente lavorati, piastrelle, intarsi, mosaici ecc. Alla basilica romana sono poi stati aggiunti un grande portico e l atrio con al centro la fontana delle abluzioni, ovvero quegli adattamenti minimi necessari per la conversione di culto. È sorprendente scoprire come per alcuni anni gli Arabi abbiano proposto ai cristiani di condividere questo edificio. Dopo circa trent anni la convivenza s infranse, ma di comune accordo si decise che i cristiani confluissero in un quartiere proprio, non lontano dalla sede della vecchia basilica. I mosaici che decorano la grande moschea sono sicuramente opera di maestranze già impiegate per abbellire gli edifici cristiani, come si ricava dalle analogie stilistiche. Al posto delle raffigurazioni umane abbiamo splendidi edifici contornati da giardini, secondo l iconografia islamica per rappresentare il paradiso. Ancora oggi, poco distanti, sorgono chiese cristiane e sinagoghe ebraiche, con le rispettive simbologie, che attestano una storia di convivenza e di tolleranza.

23 Altre capitali: Baghdad, Samarra e Kairouan a 9 8a Kairouan (Tunisia), grande moschea, , cortile e minareto. 8b Kairouan, grande moschea, , mihrab. 9 Faro romano di Salakta. Mosaico pavimentale. Ostia antica (Roma), foro delle corporazioni. 6 I Mongoli, sotto la guida di Hulagu Khan, assediano Baghdad nel 1258, da un manoscritto persiano. Miniatura. Parigi, Bibliothèque Nationale de France. 7 Samarra (Iraq), grande moschea di al-mutawakkil, , minareto e cinta muraria. 8b Lezione 3 Moschee medievali. Imitazioni, innesti, riusi, riconversioni, adattamenti 6 Le capitali del mondo arabo cambiano di continuo, a ogni dinastia. Con i califfi Abbasidi nasce Baghdad, ma dell antica città è rimasto ben poco. Alcune iscrizioni, forse leggendarie, raccontano di un nucleo urbano a pianta circolare (raffigurazione del cosmo), con quattro porte aperte verso le quattro principali città del mondo arabo. Al suo interno, anche i quartieri erano disposti in modo circolare, come conferma una miniatura persiana del Dall 836 all 892 la capitale viene spostata a 100 km a nord di Baghdad, sul Tigri, a Samarra. In questo caso resta qualcosa di ben più concreto e suggestivo: una moschea, dotata da un minareto particolarissimo, nel quale si coglie il ricordo delle antiche ziqqurat sumeriche (templi tipici delle civiltà mesopotamiche). Delle numerose colonne e costruzioni in mattone crudo non resta ormai niente, tranne le strutture esterne in pietra: i muraglioni e il minareto. 8-9 Sempre nel nono secolo l emirato aghlabide possiede moltissimi territori la cui capitale è Kairouan. Qui viene costruita una grande moschea che riutilizza moltissimi reperti delle antiche città romane della Tunisia e il cui minareto si ispira, probabilmente, al faro di una vicina città portuale, Salakta. L interno contiene ben diciassette navate e otto campate che danno esattamente l impressione di una selva. In fondo alla navata centrale si osserva il mihrab sontuosamente ornato da piastrelle che arrivavano anche da Baghdad.

24 Gli arabi in Spagna: Cordoba 10a 22 10b 10a 10b 10c Cordova (Spagna), veduta aerea della mezquitacattedrale di Santa Maria, / Mezquita-cattedrale di Santa Maria, veduta della struttura esterna. Mezquita-cattedrale di Santa Maria, particolare del muro di cinta. 10d 10e 10c 10d 10e Mezquita-cattedrale di Santa Maria, interno. Mezquita-cattedrale di Santa Maria, il mihrab. 10 Ancora più grande di quella di Damasco è la moschea di Cordoba, a selva di colonne, con una grande quantità di campate, costruita in un lasso di tempo più ampio. Si parte dal per arrivare alla quinta fase del Al centro delle varie campate, inserita in un modo quasi brutale, si trova una grande cattedrale cristiana, risalente al periodo della Reconquista, durante il quale il regno spagnolo si riappropriò dei possedimenti finiti in mani musulmane. L esterno è riccamente ornato secondo la tecnica dell intarsio, che accosta in questo caso due diversi materiali: la pietra e il mattone, in modo da creare una policromia molto vivace. Gli interni sono caratterizzati da un fitto intreccio di 850 colonne, che crea un effetto molto suggestivo, anche grazie all elegante bicromia bianco-rosso. Il mihrab, come sempre, è tra i luoghi più sontuosi della moschea; in questo caso è sovrastato da una cupola tutta foderata di muqarnas, ovvero i tipici stucchi a stalattiti che caratterizzano l ornato arabo. La cattedrale, costruita a partire dalla seconda

25 11a 11b 23 11c 11a 11b 11c Santiago Matamoros. Statua. Cordova (Spagna), mezquita-cattedrale di Santa Maria. Santiago Matamoros, Dipinto. Antigua, cattedrale di Santiago. Retablo con Santiago Mataindios, particolare, xvii secolo. Legno scolpito e dipinto. Tlatelolco (Messico), templo de Santiago. Lezione 3 Moschee medievali. Imitazioni, innesti, riusi, riconversioni, adattamenti metà del xvi secolo e conclusa nel xvii, si trova prepotentemente al centro della moschea. Presenta l assialità tipica dei luoghi di culto cristiani, con un entrata posta di fronte all altare, sovrastato da un imponente retablo, ovvero la grande pala decorata che caratterizza le chiese spagnole. 11 Vale la pena di soffermarsi su un dettaglio molto significativo presente nella cattedrale: la statua di Santiago Matamoros, ovvero san Giacomo (l apostolo il cui sepolcro si trova a Santiago di Compostela) il quale, nella battaglia di Las Navas de Tolosa (1212), racconta la leggenda che intervenne per soccorrere l esercito cristiano permettendogli di sconfiggere le forze berbero-arabe. Da allora l immagine di Santiago diventa un simbolo della Reconquista. Il dettaglio più curioso è che questo santo divenuto una specie di condottiero della fede cristiana, sarà più tardi trasformato in Santiago Mataindios, per sostenere la conquista delle Americhe da parte dei colonizzatori spagnoli.

26 Santa Sofia a Istanbul 12a 24 12a 12b 12c Istanbul (Turchia), veduta aerea della basilica di Santa Sofia, Basilica di Santa Sofia, cupola. Basilica di Santa Sofia, interno. 12b 12c 12 Il procedimento inverso a quello impiegato per la Moschea di Cordoba caratterizza la basilica di Santa Sofia a Istanbul, nata come chiesa cristiana e poi trasformata in moschea, ma attualmente adibita a museo per volontà di Mustafa Kemal Atatürk (1936). Si tratta di una chiesa antica, andata in fiamme intorno al 525 in seguito alla rivolta di Nika. Appena asceso al potere imperiale, Giustiniano, domata la rivolta, come gesto simbolico decide di ricostruire la basilica rendendola ancora più bella di prima. La storia della chiesa ruota dunque intorno a tre personaggi chiave: Giustiniano, che riedifica la chiesa tra il 532 e il 537; Mehmet II, il conquistatore di Costantinopoli nel 1453; e infine Mustafa Kemal Atatürk ( ), che alla caduta dell Impero ottomano compie quell operazione per certi versi brutale di occidentalizzazione e laicizzazione della Turchia. La basilica originaria non presentava ovviamente gli attuali minareti, ma per il resto si è sostanzialmente conservata intatta, divenendo il simbolo della città, con la sua alta cupola ben visibile dal Bosforo. L idea dei progettisti fu quella di fondere la classica basilica a navate, longitudinale, e un grande edificio a pianta centrale. Da questo incontro nasce un ampio locale quadrangolare, sovrastato da una cupola che si appoggia su quattro enormi pilastri. La particolarità di questa cupola è di essere fittamente traforata da numerose finestre, tanto che si

27 12d 25 12e 12f 12d 12e 12f Basilica di Santa Sofia, interno. Basilica di Santa Sofia, interno e cupola. Basilica di Santa Sofia, grandi scudi con scritte coraniche. Lezione 3 Moschee medievali. Imitazioni, innesti, riusi, riconversioni, adattamenti parla di un anello sospeso sulla luce. Dalla pianta si vede bene come si sono incrociate le due tipologie planimetriche tradizionali: l edificio circolare e quello longitudinale a navate, che hanno dato vita a un quadrato preceduto da un nartece, un atrio coperto. Sopra e sotto il quadrato centrale su cui si erge la cupola si aprono due spazi rettangolari, ampliati da absidi colonnate. Completano l edificio due navate più appartate, in cui finestre di dimensioni ridotte fanno filtrare meno luce. L impianto basilicale risulta quindi trasformato in qualcosa di più radiale, centralizzato. Tra i mosaici che decorano l edificio troviamo una Madonna col bambino che riceve le offerte di due figure: alla sua destra Giustiniano le propone la basilica stessa, a sinistra Costantino le mostra le mura dell antica Bisanzio, da lui trasformata in Costantinopoli. Una delle poche aggiunte eseguite per rendere moschea la cattedrale cristiana, oltre al mihrab (orientato in modo completamente diverso all altare) e al pulpito da cui l imam predica, è una coppia di grandi scudi in cui sono trascritte alcuni versetti coranici. Al tempo del sultano Solimano il Magnifico, la moschea richiese gli interventi di riqualificazione e consolidamento del più grande architetto ottomano del tempo, Mimar Sinan ( ), considerato il Michelangelo ottomano.

28 I modelli delle moderne moschee 14a 26 14b 14d 14a 14b 14c 14d Mimar Sinan, moschea di Solimano il Magnifico, Istanbul (Turchia). Sedefkar Mehmet Agha, moschea blu, Istanbul (Turchia). Sedefkar Mehmet Agha, moschea blu, , interno. Istanbul (Turchia). Mimar Sinan, moschea di Solimano il Magnifico, metà xvi secolo. Damasco (Siria). 14c 14 A partire da Santa Sofia Sinan concepisce per le sue moschee una struttura centralizzata, piena di cupole, controcupole e minareti svettanti, che si ritrova anche nel suo capolavoro, la moschea di Solimano il Magnifico a Istanbul ( ), edificata nella parte occidentale della città, sulla sommità di un colle. A questo capolavoro architettonico si fanno risalire u po tutte le grandi moschee centralizzate ottomane di questo periodo. Un esempio di questa filiazione è la moschea blu di un allievo di Sinan, Sedefkâr Mehmet Ağa, costruita a cavallo tra il Cinquecento e il Seicento, la cui particolarità è di essere splendidamente decorata da oltre ventimila piastrelle. Sinan importa questo modello centralizzato anche a Damasco, dove già c era una grande moschea nata da una basilica cristiana a pianta longitudinale. Frutto di un suo progetto è la piccola moschea di Solimano a Damasco, che dimostra come gli Ottomani cerchino di propagare il loro modello anche in quei territori dove non erano ancora penetrati ma che incominciano a dominare. Dopo avere visto l evoluzione della moschea dal Medioevo all età per così dire rinascimentale di Sinan, vediamo la situazione attuale, a mezza strada tra nostalgie del passato e ipotesi di un presente ancora non chiaro. I modelli odierni sono ibridi, ca-

29 14f 27 14e 14g 14e 14f 14g 14h 14i Casablanca (Marocco), moschea di Hassan II, completata nel Casablanca (Marocco), moschea di Hassan II, completata nel 1993, interno. Paolo Portoghesi, moschea, Roma. Paolo Portoghesi, moschea, , interno. Roma. Ankara (Turchia), moschea Kocatepe, h 14i Lezione 3 Moschee medievali. Imitazioni, innesti, riusi, riconversioni, adattamenti ratterizzati da una grandiosità e sontuosità sempre molto elevate. Ne è un esempio la moschea Hassan II a Casablanca (1993), fatta costruire dal padre dell odierno re del Marocco, che mescola il modello a pianta centralizzata con quello a selva di colonne. Altrettanto interessante è il caso della moschea di Roma, costruita da Paolo Portoghesi tra il 1984 e il Il progetto originale di Portoghesi ha avuto la revisione di un architetto arabo, così che ne è derivato un compromesso, nel quale però la mano dell architetto italiano è visibile in maniera molto chiara. Portoghesi dimostra qui di essere molto legato al gusto barocco e a quello di Borromini in particolare, come confermano gli intrecci degli archi e delle volte. Debitrice del modello centralizzato di Sinan, la moschea di Roma è un ibrido con un carattere proprio. L ultima moschea che prenderemo in esame è quella Kocatepe di Ankara, che riprende sostanzialmente il modello ottomano classico accentuandone la grandiosità. La nostalgia del passato è comprensibile ma proietta un po indietro l evoluzione delle moschee, mentre spinte più innovative sono presenti nella progettazione di edifici di culto islamico occidentali.

30 Lezione 4 Nel segno di Cristo. L evoluzione del crocifisso nel Medioevo I l crocifisso, immagine simbolo della religione e dell arte cristiana, ha subito una grande evoluzione nel tempo, dall influsso dell iconografia orientale al cambiamento nell utilizzo dei materiali, alla svolta iconografica rappresentata dal passaggio dal Christus triumphans al Christus patiens. L iconostasi delle architetture religiose medioevali 2a 1 2b 1 Crocefissione, affresco, metà viii sec., Roma, Santa Maria Antiqua Altemps. 2a Giotto di Bondone, Storie di San Francesco, , Il presepe di Greccio, affresco, basilica Papale di San Francesco, Assisi. 2b Giotto, Il presepe di Greccio, particolare della Croce. 1 La chiesa di Santa Maria Antiqua di Roma subì un crollo nel ix secolo d.c. che ci permette di datare prima di quell evento tutto ciò che è stato rinvenuto. Intorno al 750 d.c. venne realizzato un affresco che rappresenta il Christus triumphans, cioè il figlio di Dio che, pur essendo sulla croce, ha sconfitto la morte e viene così raffigurato con gli occhi aperti. Nei primi secoli della cristianità, infatti, vi furono molte dispute riguardo l origine umana o divina di Gesù e, il mondo orientale, in particolare, che è sempre stato riluttante ad accettare l idea di una fisicità di Cristo, elaborò tale iconografia: infatti in quest immagine è visibile il colobium, una tunica che lascia le maniche scoperte, tipica della cultura siriaca. 2 I due grandi affreschi di Giotto, presenti nella basilica superiore di Assisi e databili al , sono interessanti perché ci presentano due crocifissi, uno visto da dietro e uno di fronte, mostrandoci come e quanto fossero importanti per il pubblico del tempo. Il crocifisso disposto di fronte al pubblico, rivol-

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