Criteri per la valutazione del rischio sanitario connesso alla presenza di aree agricole all interno di siti contaminati

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1 Dipartimento Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria Reparto Suolo e Rifiuti Criteri per la valutazione del rischio sanitario connesso alla presenza di aree agricole all interno di siti contaminati

2 Documento elaborato da: Dott.ssa Eleonora Beccaloni Dott.ssa Fabiana Vanni

3 INDICE 1. Gestione e bonifica dei siti contaminati: l Analisi di Rischio 2. Il modello concettuale nelle aree agricole 3. Cenni di tossicologia 4. Classificazione di cancerogenicità 4a.Classificazione dell Unione Europea secondo la Dir. 67/548/CEE e successivi adeguamenti 4b.Classificazione dell Unione Europea secondo il Reg. (CE) 1272/2008 4c.Classificazione IARC 4d.Classificazione EPA 5. Valutazione del rischio in aree agricole: dati reali di monitoraggio e calcolo della concentrazione presunta 6. Valutazione del rischio in aree agricole: approccio a tre fasi 6a. Fase 1: Valutazione del rischio secondo le normative vigenti 6b. Fase2: Valutazione del rischio mediante ADI, TDI, TWI ecc. Approccio EU 6c. Fase3: Valutazione del rischio mediante uso della Reference Dose e dello Slope Factor approccio USEPA 7. Rischio sanitario in aree agricole: Valutazione, Gestione, Comunicazione

4 1. Gestione e bonifica dei siti contaminati: l Analisi di rischio La gestione e la bonifica dei siti contaminati è disciplinata, in Italia, dal D. Lgs. 152/2006 Norme in materia ambientale, avente come obiettivo primario la promozione dei livelli di qualità della vita umana, da realizzare attraverso la salvaguardia ed il miglioramento delle condizioni dell'ambiente e l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali (Art. 2 Comma 1). In particolare, le prescrizioni normative sui siti contaminati costituiscono il Titolo V della Parte quarta del detto decreto. Secondo quanto riportato nella Tabella 1 dell Allegato 5, per quanto concerne i valori limite di concentrazione dei contaminanti nei suoli, sono previste soltanto due destinazioni d uso: residenziale/verde pubblico e/o privato e commerciale/industriale. Non sono indicate apposite disposizioni per i suoli destinati alla produzione agricola e all allevamento; unico riferimento a queste aree è fatto dall art. 241 che, per quanto attiene alla gestione e/o agli interventi di bonifica o di ripristino ambientale, rimanda ad un successivo decreto da adottarsi di concerto tra i Ministeri dell Ambiente, della Salute e delle Politiche Agricole che non è mai stato emanato. Stante il fatto che molti Siti contaminati, siano essi definiti di Interesse Nazionale (SIN) o meno, comprendono all interno del loro perimetro aree destinate ad uso agricolo, si pone il problema di effettuare una valutazione del rischio sanitario, ad esse correlato, al fine di mettere in atto delle opportune azioni per la limitazione e la gestione del rischio stesso. La normativa vigente prevede, come strumento di supporto decisionale, l utilizzo dell Analisi di Rischio (AdR) sanitario ambientale per i suoli aventi le già citate destinazioni d uso ( residenziale/verde pubblico e/o privato e commerciale/industriale ); ne è previsto l impiego quando la concentrazione di una o più sostanze supera i valori tabellari delle Concentrazioni Soglia di contaminazione (CSC). L AdR, effettuata mediante procedure standardizzate di tipo matematico/probabilistico, consente di calcolare le concentrazioni obiettivo di bonifica (Concentrazioni Soglia di Rischio, CSR), nonché di stimare quantitativamente il rischio sanitario per la popolazione. Stante ciò, per i suoli a destinazione d uso agricolo, si ritiene più idoneo utilizzare criteri e modalità diversi, basati sulla esposizione della popolazione mediante il consumo di alimenti, prioritariamente di origine vegetale e, in secondo luogo, di origine animale, provenienti dall area in oggetto.

5 2. Il modello concettuale nelle aree agricole L elaborazione di una AdR connessa alla contaminazione di un sito viene effettuata previa ricostruzione del modello concettuale; esso consiste in una rappresentazione degli elementi (sorgente, trasporto, bersaglio) che identificano il sistema di interesse, nonché delle relazioni che intercorrono tra gli elementi stessi [1]. A fronte di ciò, è prioritario effettuare un accurata caratterizzazione del sito stesso; dopo aver ricostruito la storia dell area di interesse, verificando l eventuale presenza, sia attuale che pregressa, di impianti industriali o di altri sistemi produttivi, o anche di impianti di incenerimento e di smaltimento di rifiuti, vengono condotte indagini di vario genere, quali l effettuazione di sondaggi, il posizionamento di piezometri, analisi chimiche e quant altro sia ritenuto utile al fine di definire l assetto geologico e idrogeologico del territorio, verificando l eventuale presenza di contaminazione nei diversi comparti ambientali. Per un sito contaminato comprendente anche aree agricole, il modello concettuale può essere rappresentato mediante due distinti modelli, derivanti uno dall altro, definibili come modello concettuale ambientale, dove il bersaglio è una matrice ambientale (per esempio il suolo) e modello concettuale sanitario, dove il bersaglio è l uomo [2, 3]. Nel modello concettuale ambientale vengono indicate come sorgenti tutte le possibili fonti di contaminazione dovute ad attività di origine antropica, presenti nell area, quali, ad esempio, emissioni industriali o veicolari, polverosità per attività di scavo o di trasporto materiali, presenza di aree di discarica e/o di impianti per il deposito o lo smaltimento di rifiuti oppure, trattandosi di aree agricole, l utilizzo massiccio e/o improprio di prodotti fitosanitari. Il bersaglio è di tipo ambientale, ed è identificabile con le aree agricole o con aree a pascolo. Il trasporto dei contaminanti dalla sorgente al bersaglio può avvenire mediante fenomeni di dispersione atmosferica e/o di ricaduta di polveri (vengono, quindi, studiate le intensità e le direzioni dominanti dei venti), nonché di infiltrazione e/o ruscellamento delle acque meteoriche e dall uso di acque irrigue contaminate; inoltre la presenza di prodotti fitosanitari può derivare da una diretta applicazione degli stessi. Il modello concettuale sanitario deriva da quello ambientale; ciò che costituisce il bersaglio ambientale (cioè le aree agricole) si configura, nel modello concettuale sanitario, come sorgente di contaminazione. Il bersaglio è rappresentato da recettori

6 umani, ed il trasporto è identificabile principalmente con l esposizione indiretta per assunzione alimentare, tramite il consumo di derrate alimentari prodotte nell area, alla quale è potenzialmente esposta l intera popolazione. Nella fase di definizione del modello concettuale ambientale, vengono individuati gli inquinanti indice, cioè le sostanze che, a causa delle entità delle concentrazioni riscontrate nell area, risultano maggiormente rappresentativi della contaminazione dell area stessa. Ulteriore rilevanza agli inquinanti indice è attribuita dalle loro caratteristiche chimico-fisiche, nonché tossicologiche. 3. Cenni di tossicologia La tossicologia è lo studio delle sostanze aventi la capacità di generare danni di diversa entità, anche letali, agli esseri viventi. Le informazioni interdisciplinari, che ad essa afferiscono, consentono l individuazione del potenziale rischio associabile ad una molecola. Gli studi di tossicità effettuabili su animali da laboratorio, volti a definire gli effetti acuti, cronici o sub cronici, permettono l individuazione dei principali organi o funzioni bersaglio, nonché la conoscenza del meccanismo d azione della sostanza stessa, testando varie vie e periodi di esposizione. Viene valutato, inoltre, il possibile incremento di suscettibilità all esposizione ad altri composti chimici; quest ultimo può essere esplicato mediante interazioni di tipo sinergico, che comportano il potenziamento dell effetto tossico di una sostanza in presenza di altre, o di tipo additivo. I risultati ottenuti dagli studi sperimentali su animali devono essere trasposti ed applicati agli esseri umani. Lo studio della curva dose-risposta permette di individuare, quantitativamente, l aumento dei soggetti di una popolazione colpiti da un dato effetto, all aumentare della dose somministrata. Per le sostanze caratterizzate da effetti tossici con soglia, cioè la dose al di sopra della quale la capacità di difesa e/o di recupero dell organismo viene superata ed insorge il danno, possono essere individuati dei livelli di sicurezza per l uomo, dividendo la soglia stessa (rappresentata dal No Observed Effect Level, NOEL o dal Lowest Observed Effect Level, LOEL o altri parametri similari) per opportuni fattori di sicurezza, che tengano conto della variabilità interspecie animale-uomo, delle eventuali frazioni di popolazione più sensibili (variabilità intra-specie), dell incertezza dei dati sperimentali. Le sostanze cancerogene o, più

7 correttamente, le sostanze cancerogene con meccanismo genotossico, invece, manifestano un effetto senza soglia ; teoricamente anche una singola molecola arrivando a contatto con una singola cellula sensibile potrebbe determinare l insorgenza del danno. La curva dose-risposta di queste sostanze è caratterizzata, quindi, da una retta passante per l origine con maggiore o minore coefficiente angolare (Slope Factor), secondo il potenziale cancerogeno della sostanza stessa. Al fine di estrapolare l andamento della curva dose-risposta per dosi molto basse vengono utilizzati appositi modelli matematici. Per quanto attiene alla caratteristiche cancerogene delle sostanze, sono stati sviluppati diversi sistemi di classificazione; nel paragrafo 4 sono riportati i principali. L integrazione degli opportuni parametri tossicologici con la valutazione dell esposizione umana permette di stimare quantitativamente il rischio, confrontando i valori ottenuti con i criteri di accettabilità del rischio stesso. Per sostanze caratterizzate da effetti tossici con soglia, l accettabilità del rischio prevede il non superamento di un livello di riferimento, mentre per sostanze cancerogene con meccanismo genotossico, l accettabilità del rischio è espressa come probabilità incrementale dell insorgenza di casi di tumore in una popolazione esposta rispetto ad una popolazione non esposta. 4. Classificazione di cancerogenicità Dal 20 gennaio 2010 è entrato in vigore il Reg. 1272/2008, denominato Regolamento CLP (Classification, Labelling and Packaging), che ha introdotto in Europa il nuovo sistema di classificazione, etichettatura e imballaggio delle sostanze e delle miscele pericolose ed abrogherà la Direttiva 67/548/CEE (classificazione ed etichettatura delle sostanze pericolose) e la Direttiva 1999/45/CE (classificazione ed etichettatura dei preparati), con relativi adeguamenti, alla fine di un periodo transitorio (1 giugno 2015), durante il quale saranno applicabili sia il sistema vecchio che quello nuovo. Al fine di garantire la libera circolazione delle sostanze e delle miscele pericolose, unitamente ad un elevato livello di protezione per la salute dell uomo e di tutela dell ambiente, il Regolamento CLP riprende i criteri internazionali adottati dal Sistema Globale Armonizzato (Globally Harmonised System, GHS). A livello internazionale, sono disponibili le valutazioni dell International Agency for Research on Cancer (IARC), descritte nelle IARC Monographs on the evaluation of

8 the Carcinogenic Risck of Chemicals to human". Le valutazioni effettuate dalla IARC si articolano in due fasi: una valutazione è basata sul grado di evidenza di cancerogenicità risultante da dati sull uomo, mentre una distinta valutazione deriva da dati sugli animali da esperimento. Successivamente una valutazione globale sui dati combinati consente l inserimento della sostanza in uno specifico gruppo. Si riporta, infine, la classificazione effettuata dall Environmental Protection Agency statunitense. Quest ultima è sviluppata in tre fasi: una prima valutazione derivante dal grado di evidenza di cancerogenicità risultante da studi sull uomo e sugli animali da esperimento; una successiva analisi dei dai di supporto costituiti essenzialmente da studi di mutagenesi e da studi di relazioni struttura-attività ed, infine, una valutazione dei dati combinati e conseguente collocazione in una delle categorie previste. 4a. Classificazione dell Unione Europea secondo la Dir. 67/548/CEE e successivi adeguamenti Categoria 1 Sostanze note per gli effetti cancerogeni per l uomo. Esistono prove sufficienti per stabilire un nesso causale tra l esposizione dell uomo ad una sostanza e lo sviluppo dei tumori. Categoria 2 Sostanze che dovrebbero considerarsi cancerogene per l uomo. Esistono elementi sufficienti per ritenere verosimile che l esposizione dell uomo ad una sostanza possa provocare lo sviluppo di tumori in base a: - Adeguati studi a lungo termine effettuati su animali - Altre informazioni specifiche Le sostanze classificate in Cat.1 e Cat.2 devono essere contraddistinte dalla frase di rischio R45-può provocare il cancro oppure, qualora le sostanze siano sotto forma di polveri, vapori o fumi e mostrino rischio soltanto mediante la via d esposizione inalatoria, dalla frase di rischio R49-può provocare il cancro per inalazione. Ai fini dell etichettatura è, ad esse, attribuibile il simbolo T (tossico). Categoria 3 Sostanze da considerare con sospetto per i possibili effetti cancerogeni sull uomo per le quali, tuttavia, le informazioni disponibili non sono sufficienti per procedere ad una valutazione soddisfacente. Esistono alcune prove ottenute da adeguati studi sugli animali che non bastano per classificare la sostanza nella categoria 2.

9 Le sostanze classificate in Cat.3 devono essere contraddistinte dalla frase di rischio R40-possibilità di effetti cancerogeni-prove insufficienti. Ai fini dell etichettatura è, ad esse, attribuibile il simbolo Xn (nocivo). 4b. Classificazione dell Unione Europea secondo il Reg. (CE) 1272/2008 Categoria 1 Sostanze cancerogene per l uomo accertate o presunte La classificazione di una sostanza come cancerogena di categoria 1 avviene sulla base di dati epidemiologici e/o di dati ottenuti con sperimentazioni su animali. La classificazione di una sostanza come cancerogena di: Categoria 1A può avvenire ove ne siano noti effetti cancerogeni per l uomo sulla base di studi sull uomo Categoria 1B per le sostanze di cui si presumono effetti cancerogeni per l uomo, prevalentemente sulla base di studi su animali. La classificazione di una sostanza nelle categorie 1A e 1B si basa sulla forza probante dei dati e su altre considerazioni. I dati possono provenire da: - studi condotti sull uomo da cui risulta un rapporto di causalità tra l esposizione umana a una sostanza e l'insorgenza di un cancro (sostanze di cui sono accertati effetti cancerogeni per l uomo); - sperimentazioni animali i cui risultati permettono di dimostrare effetti cancerogeni per gli animali (sostanze di cui si presumono effetti cancerogeni per l uomo). Inoltre, caso per caso, in base a una valutazione scientifica può essere deciso di considerare una sostanza come presunta sostanza cancerogena se esistono studi che dimostrano la presenza di effetti cancerogeni limitati per l uomo e per gli animali. Categoria 2 Sostanze di cui si sospettano effetti cancerogeni per l'uomo La classificazione di una sostanza nella categoria 2 si basa sui risultati di studi sull uomo e/o su animali non sufficientemente convincenti per giustificare la classificazione della sostanza nelle categorie 1A o 1B, tenendo conto della forza probante dei dati e di altre considerazioni. Tali dati possono essere tratti da studi che dimostrano la presenza di effetti cancerogeni limitati per l'uomo o per gli animali 4c. Classificazione IARC Gruppo 1 Cancerogeno accertato per l uomo: vi è sufficiente evidenza di cancerogenicità nell uomo in studi epidemiologici adeguati.

10 Gruppo 2 Si divide in due sottogruppi Sottogruppo 2A Probabile cancerogeno per l uomo, sulla base di evidenza limitata nell uomo ed evidenza sufficiente negli animali da esperimento. Sottogruppo 2B Possibile cancerogeno per l uomo, sulla base di evidenza limitata nell uomo ed evidenza non del tutto sufficiente negli animali da esperimento oppure evidenza inadeguata nell uomo ma evidenza sufficiente negli animali. Gruppo 3 Non classificabile per cancerogenicità sull uomo, sulla base di evidenza inadeguata nell uomo ed inadeguata o limitata negli animali. In questo gruppo vengono inserite le sostanze che non rientrano in nessuna altra categoria prevista. Gruppo 4 Probabilmente non cancerogeno per l uomo, sulla base di evidenze che indicano l assenza di cancerogenicità nell uomo e negli animali da esperimento. 4d. Classificazione EPA Gruppo A Cancerogeno per l uomo, vi è sufficiente evidenza di cancerogenicità negli studi epidemiologici. Gruppo B Probabile cancerogeno per l uomo; si divide in due sottogruppi: Sottogruppo B1 Evidenza limitata di cancerogenicità in studi epidemiologici Sottogruppo B2 Evidenza sufficiente di cancerogenicità in studi su animali ed evidenza inadeguata o assenza di dati in studi sull uomo. Gruppo C Possibile cancerogeno per l uomo, con evidenza limitata di cancerogenicità in studi su animali in assenza di dati sull uomo. Gruppo D Non classificabile come cancerogeno per l uomo, per evidenza inadeguata sia nell uomo che negli animali da esperimento o sostanza per cui non sono disponibili dati. Gruppo E Non cancerogeno per l uomo, per evidenza di non cancerogenicità sia negli animali da esperimento che in studi sull uomo.

11 5. Valutazione del rischio in aree agricole: dati reali di monitoraggio e calcolo della concentrazione presunta La caratterizzazione di un sito contaminato ha lo scopo di determinare la natura e l estensione della contaminazione stessa nei diversi comparti ambientali (aria, acqua, suolo e sedimenti). In mancanza di appositi valori di riferimento per i suoli a destinazione d uso agricolo, un confronto tra le concentrazioni rilevate al suolo ed i valori di fondo naturalmente antropizzato rilevati nelle aree presunte come bianco, limitrofe al sito, permette di verificare se la presenza di concentrazioni relativamente elevate sia attribuibile alla costituzione naturale del suolo o ad una contaminazione antropica [4]. Stante ciò, si ritiene che, nelle aree agricole, la matrice d elezione, da campionare e sulla quale effettuare indagini analitiche, sia rappresentata dai prodotti di origine vegetale ivi coltivati, in quanto il potenziale passaggio dal suolo alla pianta può favorire l ingresso dei contaminanti stessi nella catena alimentare, e indurre un potenziale rischio sanitario per la popolazione mediante la dieta; inoltre anche l eventuale uso di acqua irrigua contaminata, nonché fenomeni di dispersione atmosferica, unitamente alla ricaduta di polveri, possono contribuire alla contaminazione delle colture. In secondo luogo, la contaminazione può giungere anche agli alimenti di origine animale (latte, uova, carne) mediante il consumo, da parte degli animali stessi, di colture foraggere contaminate. Si procede, quindi, alla pianificazione di opportuni monitoraggi. In base alle esigenze e alle caratteristiche sito-specifiche delle coltivazioni presenti nell area, si può optare per l analisi di una o più matrici alimentari. Qualora nella ricostruzione del già citato modello concettuale ambientale sia stato individuato uno specifico inquinante indice, per esempio un prodotto fitosanitario, del quale sia noto il peculiare utilizzo su di una data derrata alimentare, i dati di monitoraggio possono limitarsi ad essa; di contro, nel caso di un sito prossimo ad aree industriali, nel quale vengano individuati più inquinanti indice, si rende opportuno un monitoraggio più vario possibile, che tenga conto di tutti i prodotti alimentari coltivati nell area, al fine di poter valutare, successivamente, il possibile intake derivante da tutti gli alimenti, considerando, inoltre, anche la variabilità stagionale. In assenza di dati analitici sui prodotti vegetali e nell impossibilità di pianificare opportuni monitoraggi, per esempio nel caso di aree agricole già interdette all uso, si

12 potrebbe ricorrere, indicativamente, al calcolo della concentrazione presunta sui vegetali coltivati nell area, mediante il fattore di trasferimento (FT) suolo-pianta [5, 6]. E evidente che, tra i due approcci citati per la caratterizzazione dei prodotti di origine vegetale, è sempre preferibile l utilizzo di dati reali di monitoraggio, in quanto consentono di ottenere un quadro realmente sito-specifico della situazione, contemplando anche l eventuale varietà dei prodotti vegetali coltivati; inoltre la stima della concentrazione sui vegetali mediante il fattore di trasferimento suolo-pianta non permette di valutare né il contributo dovuto ai fenomeni di ricaduta atmosferica del contaminante sui vegetali, né l eventuale risollevamento di suolo contaminato, dando luogo, quindi, a possibili sottostime del rischio, anche se è opportuno sottolineare che le normative sugli alimenti prevedono l effettuazione delle analisi dopo il lavaggio e la separazione della parte edibile. 6. Valutazione del rischio in aree agricole: approccio a tre fasi Nella procedura di valutazione è di prioritaria importanza, come precedentemente indicato, la disponibilità di dati analitici affidabili ed in numero statisticamente significativo, derivanti da idonei piani di monitoraggio sulle colture dell area. Soltanto in assenza di dati analitici e/o nell impossibilità di generarne, è consigliabile ricorrere al calcolo della stima presunta nei vegetali a partire dalle concentrazioni rilevate al suolo. E evidente che quanto più ampio è il numero di campioni disponibili e quanto più varia è la tipologia di colture campionate, tanto più i risultati che ne derivano sono accurati e significativi per descrivere la situazione di inquinamento dell area in esame. E necessaria una preventiva disamina critica dei dati per valutarne affidabilità e comparabilità; inoltre essi devono essere armonizzati ai fini dell espressione del risultato finale; laddove risultino espressi su peso di grasso, può essere opportuno effettuare la correzione, tenendo conto del valore di percentuale lipidica e riportando il dato sul tal quale. Qualora i valori di percentuale lipidica degli alimenti non fossero noti, possono essere reperiti sul sito dell Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN) [7]. La valutazione del rischio sanitario che deriva dalla caratterizzazione alimentare prevede un approccio diversificato a tre fasi da eseguire, in via alternativa benché sequenziale, in funzione dei parametri tossicologici disponibili.

13 6a. Fase1: Valutazione del rischio secondo le normative vigenti Qualora siano previsti limiti normativi, per gli analiti riscontrati, nelle derrate alimentari, la valutazione del rischio viene effettuata, secondo quanto previsto dalla Fase 1 della presente procedura, mediante confronto con le normative vigenti. In caso di accertamento di superamenti rispetto ai limiti previsti, si valuta l eventuale necessità di interdizione della messa in commercio proseguendo, tuttavia, le coltivazioni previste. Successivamente si eseguono ulteriori monitoraggi, al fine di decidere un possibile svincolo dell interdizione stessa. Nel caso in cui non siano previste disposizioni normative per gli analiti rilevati, la valutazione del rischio sanitario prevede la stima dell esposizione della popolazione mediante la dieta (Fase 2 o Fase 3). 6b. Fase2: Valutazione del rischio mediante ADI, TDI, TWI ecc. Approccio EU L applicazione della Fase 2 (nonché della Fase 3) della valutazione del rischio sanitario prevede la stima dell esposizione della popolazione mediante il consumo di prodotti alimentari provenienti dall area oggetto di studio. Si rendono necessari, quindi, informazioni inerenti ai dati di consumo alimentare. A livello nazionale sono disponibili studi periodici [9, 10, 11, 12] effettuati dall Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN), che presentano i risultati anche suddivisi per sesso, per provenienza geografica o per fasce d età, permettendo l effettuazione di una distinta valutazione del rischio per i bambini [13]. Qualora siano disponibili dati di consumo forniti con diversi raggruppamenti degli alimenti in voci alimentari, si può optare per l uso del dato di matrici aggregate o disaggregate (es. frutta fresca oppure mele/pere). La scelta dell uno o l altro raggruppamento dipende dalle esigenze valutative sito specifiche. Qualora la contaminazione dell area interessi una sola tipologia di coltivazione (secondo l esempio già citato: contaminazione dovuta ad un unico prodotto fitosanitario utilizzato su una peculiare derrata alimentare), si procede all utilizzo dei dati di consumo in forma disaggregata (es. mele), e la conseguente valutazione del rischio sanitario è correlata esclusivamente al consumo alimentare della matrice disaggregata considerata (es. mele). Di contro, qualora si voglia tener conto dell intera

14 produzione orticola di una data area, considerando, finanche, la variabilità stagionale, è opportuno considerare le voci alimentari in forma aggregata. E d uopo sottolineare che i dati dell INRAN afferiscono anche al database europeo dei consumi alimentari [14] della European Food Safety Authority (EFSA). Alternativamente, i dati di consumo possono essere definiti, in maniera sito-specifica, mediante l uso di appositi questionari che ricostruiscano le abitudini alimentari della popolazione residente nel sito. Dal punto di vista tossicologico, le informazioni e gli studi esistenti a livello internazionale hanno condotto, per diversi contaminanti, alla definizione, da parte di organismi internazionali (es. OMS, EFSA, SCF ecc.) di parametri di riferimento tossicologici, espressi come dosi tollerabili su base giornaliera o settimanale (es. Acceptable Daily Intake ADI, Tolerable Daily Intake TDI, Tolerable Weekly Intake TWI); talora, alla luce delle conoscenze al momento disponibili, la definizione di tali parametri può essere considerata provvisoria (es. Provisional Tolerable Weekly Intake PTWI). La Fase 2 di valutazione del rischio prevede il confronto dell intake di contaminante previsto, mediante il consumo alimentare, con il pertinente parametro tossicologico, secondo le seguenti formule di calcolo relative, rispettivamente, ad una dose tollerabile definita su base giornaliera (III) e ad una dose definita su base settimanale (IV): (III) [ i (C x IR) i x 100]/(TDI x BW) = %A (IV) [ i (C x IR) i x 7giorni x 100]/(TWI x BW) = %A dove C è il valore rappresentativo di concentrazione di un contaminante, ottenuto mediante opportuna elaborazione statistica (media, mediana, upper confidence limit, ecc.), in ciascuna voce alimentare ; è espresso in g/g; IR è l Intake Rate (tasso di consumo alimentare pro capite) di ciascuna voce alimentare considerata opportunamente in forma aggregata o disaggregata. Il valore ad esso attribuibile è reperibile dai dati di consumo ed è differenziato per fasce d età; è espresso in g/giorno; TDI è il Tolerable Daily Intake espresso in g/kg peso corporeo;

15 TWI è il Tolerable Weekly Intake espresso in g/kg peso corporeo; BW è il Body Weight (peso corporeo), espresso in Kg; nelle valutazioni internazionali viene ad esso attribuito, generalmente, un valore pari a 60; %A è la percentuale di intake del contaminante considerata Accettabile rispetto al TDI (o al TWI); esso rappresenta, a sua volta, il valore massimo accettabile (100% dell accettabilità). Considerando vari gradi di cautela, possono essere proposti valori diversi di %A. 6c. Fase3: Valutazione del rischio mediante uso della Reference Dose e dello Slope Factor approccio USEPA Qualora per un contaminante non siano reperibili parametri tossicologici di confronto quali ADI, TDI, TWI ecc., la valutazione del rischio sanitario in aree agricole viene effettuata applicando la Fase 3. Quest ultima, in analogia alla procedura standardizzata di AdR prevista dalla normativa vigente, si avvale dell approccio statunitense dell Environmental Protection Agency (EPA) ed utilizza, come parametri tossicologici di confronto, la Reference Dose (RfD) per la valutazione degli effetti tossici e lo Slope Factor (SF) per gli effetti cancerogeni. Si ricorda che la RfD cronica indica la dose di sostanza alla quale si considera possa essere esposta la popolazione, per via orale, senza rischi apprezzabili, lungo l arco dell intera vita, mentre lo SF rappresenta il potenziale cancerogeno di una sostanza. La valutazione del rischio sanitario mediante l applicazione della fase 3 si rende necessaria in assenza di limiti normativi per i contaminanti nelle matrici campionate, nonché in assenza di parametri di riferimento tossicologici quali ADI, TDI, TWI ecc. In tali casi, per i contaminanti caratterizzati da effetti tossici con soglia, si effettua esclusivamente la valutazione del rischio mediante uso della RfD; di contro, per contaminanti caratterizzati da effetti cancerogeni con meccanismo genotossico, deve essere effettuata sia la valutazione mediante RfD, che mediante l uso dello SF. L esposizione viene stimata mediante il calcolo delle dosi medie giornaliere assunte, rappresentate dalla Average Daily Dose (ADD) per sostanze caratterizzate da effetti tossici con soglia, e dalla Lifetime Average Daily Dose (LADD) per sostanze cancerogene con meccanismo genotossico.

16 Le seguenti formule di calcolo permettono di stimare il valore di ADD (V) e LADD (VI): (V) ADD = [ i (C x IR) i x EF x ED]/(BW x AT ADD ) (VI) LADD = [ i (C x IR) i x EF x ED]/(BW x AT LADD ) dove ADD è l Average Daily Dose, espressa in [mg/kg giorno]; LADD è la Lifetime Average Daily Dose, espressa in [mg/kg giorno] C è il valore rappresentativo di concentrazione di un contaminante, ottenuto mediante opportuna elaborazione statistica (media, mediana, upper confidence limit, ecc.), in ciascuna voce alimentare ; è espresso in mg/g; IR è l Intake Rate (tasso di consumo alimentare pro capite) di ciascuna voce alimentare considerata opportunamente in forma aggregata o disaggregata. Il valore ad esso attribuibile è reperibile dai dati di consumo ed è differenziato per fasce d età; è espresso in g/giorno; EF è la Exposure Frequency (frequenza d esposizione), indica il numero di giorni in un anno in cui una persona viene a contatto con il contaminante; a tale parametro possono essere, quindi, attribuiti valori differenti in funzione, per esempio, della stagionalità degli alimenti considerati. E espressa in giorni/anno; considerando il più alto grado di conservatività, EF può assumere un valore pari a 365, ciò nondimeno un valore pari a 350, che considera 15 giorni di ferie e, quindi, di soggiorno lontano dall area contaminata, appare sufficientemente cautelativo; ED è la Exposure Duration (durata d esposizione), espressa in anni; indica il numero effettivo di anni in cui la popolazione è esposta all ingestione di alimenti contaminati. Laddove non vi sia conoscenza di tempi reali di esposizione si può attribuire, cautelativamente, a tale parametro un valore pari a 70, ovvero l arco dell intera vita. Nell effettuazione della valutazione del rischio per i bambini, si attribuisce a tale parametro, in via conservativa, il valore massimo dell arco di età considerato (es. per la fascia d età 0-3 anni, ED è pari a 3);

17 BW è il Body Weight (peso corporeo), espresso in Kg; nelle valutazioni statunitensi viene ad esso attribuito, per la popolazione adulta, un valore pari a 70; per un più elevato grado di cautela, si può optare per una valore pari a 60. Al fine di effettuare una distinta valutazione del rischio per i bambini, dai già citati studi dell INRAN [9, 10, 11, 12] sono reperibili valori medi di peso corporeo per diverse fasce d età; AT è l Averaging Time (tempo sul quale l esposizione viene mediata); è espresso in giorni. Il valore attribuibile a tale parametro differenzia il calcolo dell ADD e della LADD: - AT ADD è pari alla durata effettiva dell esposizione; essendo espresso in giorni, si ha AT ADD = ED x AT LADD è pari all arco dell intera vita (AT = 70 x 365), in quanto gli effetti cancerogeni possono manifestarsi anche al cessare dell esposizione stessa. Successivamente si esegue la stima quantitativa del rischio. Per le sostanze caratterizzate da effetti tossici con soglia, la stima quantitativa viene effettuata mediante calcolo dell Hazard Index (HI), che costituisce il confronto tra la dose media giornaliera assunta e la RfD, secondo la seguente formula di calcolo (VII): (VII) HI = ADD/RfD = A dove HI è l Hazard Index, adimensionale; ADD è l Average Daily Dose, espressa in [mg/kg giorno]; RfD è la Reference Dose, specifica per via di esposizione orale, espressa in mg/kg giorno; A indica l Accettabilità del rischio; il non superamento della RfD determina un valore massimo attribuibile ad A pari ad 1, tuttavia, considerando vari gradi di cautela, possono essere proposti valori diversi compresi tra 0 ed 1.

18 Per le sostanze caratterizzate da effetti cancerogeni con meccanismo genotossico, la stima quantitativa viene effettuata integrando il valore stimato per la dose media giornaliera assunta con lo SF, secondo la seguente formula di calcolo (VIII): (VIII) R = LADD x SF = A dove R è il Rischio cancerogeno, definito come la probabilità incrementale dell insorgenza di casi di tumore in una popolazione esposta rispetto ad una popolazione non esposta, adimensionale; LADD è la Lifetime Average Daily Dose, espressa in mg/kg giorno; SF è lo Slope Factor espresso in (mg/kg giorno) -1 ; A indica l Accettabilità del rischio. La normativa vigente, per i suoli residenziale/verde pubblico e privato e industriale/commerciale, prevede un valore di rischio incrementale accettabile pari ad un caso su un milione di individui esposti; ciò comporta l attribuzione al parametro A di un valore pari a 1x10-6. A livello internazionale (OMS), talvolta, è considerato accettabile un rischio incrementale pari ad un caso su centomila esposti, equivalente all attribuzione al parametro A di un valore pari a 1 x 10-5 e, in via del tutto eccezionale, un rischio incrementale pari ad un caso su diecimila esposti, corrispondente ad una valore di A pari a 1 x Rischio sanitario in aree agricole: Valutazione, Gestione, Comunicazione La presente procedura per la valutazione del rischio sanitario connesso alla presenza di aree agricole in siti contaminati considera, come via di esposizione prioritaria, il consumo, da parte della popolazione, di alimenti potenzialmente contaminati provenienti dall area stessa. In primo luogo si considerano gli alimenti di origine vegetale, per i quali il potenziale passaggio dal suolo alla pianta può favorire l ingresso del contaminante stesso nella catena alimentare. E d uopo, tuttavia, sottolineare che, qualora nell area siano presenti appezzamenti adibiti a foraggere, erbai o pascoli, deve essere effettuato un opportuno monitoraggio anche sui vegetali destinati all alimentazione animale. Analogamente a quanto previsto per gli alimenti di origine vegetale destinati all alimentazione umana, si procede con una valutazione diversificata

19 a più fasi: confronto con l eventuale normativa vigente, monitoraggio di prodotti alimentari di origine animale (latte, carne, uova) e successiva valutazione del rischio sanitario connesso al loro consumo con approccio EU oppure, in assenza degli opportuni parametri tossicologici, con approccio USEPA. Si evidenzia che, nelle tre fasi valutative presentate, entrano in gioco parametri ai quali possono essere attribuiti valori più o meno conservativi. In particolar modo si sottolinea che le valutazioni mostrate sono estremamente conservative per quanto riguarda il parametro IR; si è attribuita, infatti, una provenienza esclusivamente locale al consumo medio giornaliero dei prodotti considerati. Chiaramente le valutazioni sull eventuale superamento dei valori di riferimento e su quale sia l incremento di rischio accettabile per le sostanze con effetto cancerogeno, sfociano in una problematica etica, oltreché di gestione sociale. Nell impossibilità di adottare la politica del rischio zero, legata alla completa eliminazione del potenziale fattore di rischio, deve essere sempre effettuata un attenta valutazione del rapporto rischio-utilità nell interesse della tutela della salute. La finalità ultima per cui si effettua una valutazione del rischio è la necessità di mettere in atto opportune misure di gestione del rischio stesso. Ne consegue che l eventuale riscontro di superamenti per i criteri di accettabilità concordati deve essere seguito da idonee disposizioni per la cessazione o mitigazione del rischio stesso, per esempio l interdizione (definitiva o temporanea) delle aree agricole o la limitazione di coltivazione a particolari derrate. Infine si sottolinea l importanza della comunicazione del rischio alla popolazione; è soltanto da informazioni dirette ed esaustive alla cittadinanza interessata che si può giungere ad una forma di collaborazione con l utenza finale, evitando altresì, eccessive ed erronee percezioni del rischio, a prescindere dall entità del rischio stesso.

20 Riferimenti bibliografici [1] Criteri metodologici per l applicazione dell analisi assoluta di rischio ai siti contaminati APAT, Rev.2 (Marzo 2008) [2] Convenzione ISS-Comune di Portoscuso Valutazione del rischio igienico-sanitario dei suoli ad uso agricolo compresi nel Sito di Interesse Nazionale Sulcis Iglesiente Guspinese RELAZIONE FINALE Maggio 2011 [3] Convenzione ISS-Commissario di Governo ex OPCM 3849/2010 Valutazione del Rischio applicata alle aree agricole dei Laghetti di Castel Volturno (CE) e all Area Vasta di Giugliano in Campania (NA) RELAZIONE FINALE Giugno 2012 [4] Agricultural soils potentially contaminated: risk assessment procedure case studies E. Beccaloni, F. Vanni, S. Giovannangeli, M. Beccaloni, M. Carere Annali Istituto Superiore di Sanità 2010, 46: [5] A Review and Analysis of Parameters for Assessing Transport of Environmentally Released Radionuclides through Agricolture C.F.Baes III, R.D. Sharp, A.L. Sjoreen, R.W. Shor ORNL-5786 [6] Bioconcentration of organics in beef, milk and vegetation C.C. Trevis, A.D. Arms Environmental Science and Technology 1988, 22: [7] [8] Regolamento (CE) n.178/2002 del Parlamento e del Consiglio del 28 gennaio 2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare [9] Come mangiano oggi gli Italiani. La lettera della nutrizione, anno III (6): 1-11 (Nov./Dic. 1991) [10] Original Communication Food consumption patterns in Italy: the INN-Ca Study A. Turrini, A. Saba, D. Perrone, E. Cialfa, A. D Amicis Europ Journ Clin Nutr (55) 2001; [11] The Italian National food consumption survey INRAN-SCAI : main results in terms of food consumption C. Leclercq, D. Arcella, R. Piccinelli, S. Sette, C. Le Donne and A. Turrini Public Health Nutr 12 (12) 2009; [12] INRAN-SCAI_ html [13] Concentrations of Arsenic, Cadmium, Lead and Zinc in homegrown vegetables and fruits: Estimated intake by population in an industrialized area of Sardinia, Italy E. Beccaloni, F. vanni, M. Beccaloni, M. Carere Microchemical Journal 2012, doi: /j.microc [14]

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