NEI BAMBINI E NEGLI ADOLESCENTI
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- Irma Ippolito
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1 UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTA' DI PSICOLOGIA CORSO DI LAUREA IN PSICOLOGIA CLINICA E DI COMUNITA TESI DI LAUREA I DISTURBI DI PERSONALITA NEI BAMBINI E NEGLI ADOLESCENTI Relatore: Prof. Franco FREILONE Candidata: Giulia CAFFARO Matricola Anno Accademico 2008/2009
2 Introduzione I disturbi di personalità (DP) nell età adulta hanno un profondo e prolungato impatto sull individuo, sulla famiglia e sulla società. In questi ultimi anni la ricerca epidemiologica indica un alta prevalenza di DP anche nei bambini e giovani, soprattutto nella fascia d età tra i nove e i diciannove anni (Bernstein et al., 1993), tuttavia lo sviluppo dei DP nei giovani non ha ricevuto l attenzione che merita. Il tema dei disturbi di personalità nei bambini e adolescenti, infatti, è innovativo e di grande attualità, ma è ancora estremamente dibattuto e, attualmente, non gode né di una vivace letteratura né di un consenso unanime. Lo scopo di questa tesi è di presentare i DP nei bambini e adolescenti, in modo tale che possano essere più rapidamente riconosciuti e trattati. L esistenza dei DP già nei bambini ha iniziato ad essere presa in considerazione dagli anni Novanta, ma è sempre stata molto criticata. Nel 2000, invece, grazie a Paulina Kernberg, Alan Weiner e Karen Bardestein, si apre un nuovo capitolo nello studio dei disturbi della personalità: gli autori sostengono che questi possono essere diagnosticati e trattati anche nel corso dell infanzia e dell adolescenza. Tali autori ritengono che i DP nel bambino, così come nell adulto, siano identificabili in modo affidabile, che si correlino con altri disturbi sull Asse I e sull Asse II e che mostrino il pattern di persistenza che rende il loro impatto pervasivo e grave. Si ritiene, infatti, che sia discutibile non poter fare diagnosi di DP prima della maggiore età, come se per questa area della psicopatologia, a differenza di quanto emerge sempre più dalla letteratura, esistesse una grande discontinuità psicopatologica. P. Kernberg (2000) considera la continuità psicopatologica anche nell area dei disturbi 5
3 di personalità: una continuità che non riguarda solo il passaggio dall adolescenza all età adulta, ma anche il passaggio dall infanzia alla fanciullezza e all adolescenza, il cui caso più noto è rappresentato dal Disturbo Antisociale di Personalità, preceduto dal Disturbo della Condotta. Tuttavia, oggi, non c è ancora consenso unanime tra i clinici e tuttora l esistenza dei DP nei bambini è considerata dubbia. Infatti, nonostante gli studi clinici e di ricerca sui DP nell adulto sottolineino i loro precursori precoci legati allo sviluppo, continua a persistere una forte resistenza a parlare di disturbo di personalità nel bambino, un po meno invece nell adolescente. Nel corso della tesi tutto questo verrà ampliamente trattato, attingendo dalla letteratura internazionale specializzata più recente. In particolare, nel primo capitolo verrà innanzitutto presentata una breve introduzione sulla personalità e sui suoi disturbi, ponendo l accento soprattutto sull esordio dei DP, che, nei principali manuali diagnostici, viene fatto risalire all adolescenza o alla prima età adulta, se non in casi assai rari ed insoliti, in cui la valutazione psichiatrica prolungata assicura la persistenza e l inflessibilià dei tratti patologici. Vengono poi presentati alcuni autori che spiegano la reticenza degli psichiatri nel diagnosticare i DP nell infanzia. Alla base ci sono sia problemi teorici che resistenze di tipo emotivo. Seguirà poi la presentazione del contributo innovativo di P. Kernberg e colleghi (2000) sui disturbi di personalità nei bambini e adolescenti e di ulteriori studi ed evidenze empiriche a sostegno di tale tesi, pubblicati in questi ultimi anni in diverse riviste psichiatriche americane. 6
4 Secondo questi autori, si può parlare di disturbi della personalità nei bambini e negli adolescenti, e, in generale, a prescindere dall età, quando i tratti e i modelli caratteristici di percezione, relazione e pensiero, inclusi i tratti quali l impulsività, l introversione, l egocentrismo, la ricerca di novità, l inibizione, la socievolezza, l attività, ecc., diventano disadattivi e causano un notevole deficit funzionale e producono grave difficoltà soggettiva. Oggi si ritiene che il confine tra una personalità adattiva e una disadattiva sia rappresentato dalla presenza, nel secondo caso, di aspetti caratterizzati da rigidità, invasività e persistenza, tali da mettere in difficoltà il soggetto rispetto alle esigenze di adattamento richieste dall ambiente. Quindi, un tratto diventa disadattivo quando è poco o per nulla modulabile, quando invade eccessivamente la vita dell individuo e quando persiste immodificato. Verrà, poi, messo a confronto il modello di P. Kernberg con quello di Efrain Bleiberg (2001), secondo il quale i disturbi gravi della personalità (ossia i DP del cluster impulsivo) sono accomunati dal deficit della funzione riflessiva, il cui sviluppo appare strettamente collegato a quello dell attaccamento. Sarebbe in particolar modo questa scarsa capacità di mentalizzare, che renderebbe i bambini più vulnerabili agli eventi traumatici e più probabile la successiva insorgenza di quadri psicopatologici di vario tipo, disturbi di personalità compresi, già a partire dall infanzia. Si tratta di un altro punto di vista, che si è scelto di citare per completezza, tenendo però sempre come riferimento principale il contributo di Paulina Kernberg e colleghi. Nel secondo capitolo verrà invece presentato l assessment dei disturbi di personalità nei bambini e adolescenti. Infatti, dato che in questi ultimi anni si è accumulato un numero crescente di prove che dimostrano come i DP clinicamente significativi siano presenti già in età precoce, si ritiene che sia importante conoscere le 7
5 diverse procedure diagnostiche con cui è possibile valutarne la presenza: in questo modo è possibile diagnosticarli e intervenire in tempo. Vi è, infatti, un accordo pressoché generale sul fatto che la prevenzione dei disturbi mentali dia risultati migliori con soggetti di giovane età (Cohen e Crawford, 2005). Questi bambini con sintomi rilevanti o con i loro precursori, devono quindi essere i bersagli prioritari di un indagine diagnostica repentina e di una prevenzione secondaria. Sembra, quindi, opportuno e auspicabile prevedere interventi che allevino i disturbi dell Asse II quando si manifestano in età giovanile. In primis, vengono presentati i problemi nella valutazione dei DP nei bambini e adolescenti e poi i principali strumenti che possono essere utilizzati a tal fine. Tra questi verranno maggiormente approfonditi il PAI, la CBCL e la SWAP-200-A. Nel terzo capitolo si arriverà invece al cuore della tesi: verranno qui trattati in dettaglio i dieci disturbi di personalità nei bambini e adolescenti, tenendo come classificazione di riferimento quella del DSM-IV-TR: i loro tratti, le relazioni oggettuali, gli affetti, le difese, le dinamiche familiari, nonché l eziologia, la prognosi e la diagnosi differenziale. Infine, nel quarto capitolo verrà presentato il trattamento, partendo dal presupposto che, attualmente, in letteratura esistono pochissimi riferimenti al trattamento dei DP nei bambini e adolescenti, dal momento che la loro stessa esistenza è dubbia. Tuttavia, in questi ultimi anni, i principali autori che hanno studiato i DP nei bambini P. Kernberg, Weiner, Bardestein e Bleiberg hanno iniziato ad occuparsene. I trattamenti più studiati sono quelli dei DP del cluster impulsivo, mentre si trova poco materiale sia per quelli del cluster A che del cluster C. In ogni caso, bisogna tener presente quanto sia importante l intervento immediato con i bambini e con gli adolescenti e che il non diagnosticare e trattare 8
6 repentinamente un DP nel bambino renderà difficile, se non impossibile, il trattamento nell età adulta. Per i DP si privilegia un trattamento integrato: una psicoterapia individuale, una psicoterapia familiare, una terapia di gruppo e un trattamento psicofarmacologico. Tuttavia ogni DP ha le sue peculiarità e richiede dei trattamenti particolari. Verrà poi presentato l approccio relazionale di Bleiberg (2001) per il trattamento dei disturbi gravi della personalità nei bambini e negli adolescenti. Si tratta di un modello particolarmente adatto per i bambini che hanno sviluppato un DP del cluster impulsivo, che mira a ristabilire la funzione riflessiva, promovendo sia un cambiamento intrapsichico nel bambino sia dei cambiamenti nel suo contesto interpersonale. Richiede perciò un approccio multimodale e un impegno terapeutico intensivo e prolungato. Invece, per quei casi che sono così sconvolgenti da precludere il trattamento ambulatoriale, in cui la situazione a casa è cronicamente difficile, in cui il comportamento dei bambini è un pericolo sia per loro che per gli altri ed in cui si manifesta un progressivo peggioramento psicosociale, si prevede anche un trattamento residenziale, in cui avrà luogo un trattamento psicoterapeutico sia individuale che familiare, una terapia farmacologia, una terapia di gruppo, programmi scolastici e professionali particolari, programmi ricreativi e, infine, programmi specifici per l abuso di sostante stupefacenti o per i disturbi alimentari. Infine, verrà affrontata la questione del trattamento psicofarmacologico. Sia secondo Bleiberg (2001) che secondo P. Kernberg (2000) mentre per molti altri è discutibile la somministrazione di psicofarmaci ai bambini i farmaci migliorano sintomi specifici. In particolare, Bleiberg ritiene che, sebbene il trattamento psicofarmacologico non cambi la personalità né da solo modifichi la traiettoria evolutiva dei bambini, esso agisce in sinergia con il trattamento individuale e con quello 9
7 familiare per favorire nuove forme di esperienza e di apprendimento e per facilitare la creazione di un contesto interpersonale diverso. 10
8 Capitolo primo I disturbi di personalità nell infanzia e nell adolescenza: uno sguardo generale 1.1 Cenni sulla personalità e i suoi disturbi In linea generale, oggi, con il termine personalità, si indica una modalità strutturata di pensiero, sentimento e comportamento, che caratterizza il tipo di adattamento e lo stile di vita di un soggetto e che risulta da fattori temperamentali, dello sviluppo e dell esperienza sociale (OMS, 1992). Durante i primi anni di vita, il bambino mostra una vasta gamma di comportamenti e, anche se orientati dalla disposizione costituzionale, i modi con cui un bambino piccolo entra in contatto con l ambiente, manifesta i propri bisogni ed esprime i propri affetti, sono piuttosto imprevedibili e mutevoli. Poi, con il passare del tempo e grazie all influenza esercitata dalle risposte ambientali, tali modi diventano sempre più strutturati, specifici e selettivi. Lo sviluppo psico-biologico, il contesto psico-affettivo e l ambiente socio-culturale concorrono a formare una serie di tratti profondamente impressi e tendenzialmente stabili. Tali tratti andranno a costituire lo stile individuale (Lingiardi, 2004). I tratti di personalità sono dei modi costanti di percepire, rapportarsi e pensare nei confronti dell ambiente e di se stessi, che si manifestano in un ampio spettro di contesti sociali e personali. Anche se notevolmente influenzati dalle variazioni temperamentali, sono un costrutto diverso da quello di temperamento. Quest ultimo, 11
9 infatti, si riferisce a caratteristiche presenti sin dalla nascita, mentre i tratti di personalità sono una miscela di temperamento ed esperienza (Paris, 1996). Essi si organizzano in modi più o meno costanti e formano tipi o stili di personalità. Solo quando tali tratti sono rigidi e non adattivi e causano una significativa compromissione del funzionamento sociale o lavorativo, oppure una sofferenza soggettiva, essi costituiscono i Disturbi di Personalità (APA, 1994). Un disturbo di personalità (DP) viene diagnosticato solo quando lo stile della personalità di un individuo interferisce con il suo funzionamento affettivo, lavorativo e relazionale (Lingiardi, 2004). A partire dal DSM-III (APA, 1980), vi è stata un attenzione sempre più costante su questi tipi di disturbi, collocati su un asse separato l Asse II rispetto ai classici quadri sintomatologici, che il DSM considera sull Asse I. Secondo il DSM-IV-TR (APA, 2000) si definisce disturbo di personalità una modalità di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare dal livello culturale dell individuo. Tale modalità è patologica in quando pervasiva cioè si manifesta frequentemente e non solo in risposta a particolari stimoli o situazioni scatenanti e inflessibile; ha esordio nell adolescenza o nella prima età adulta; è stabile nel tempo e determina disagio e compromissione funzionale. La deviazione dalla norma deve essere marcata e riguardare almeno due delle seguenti aree: cognitività, affettività, funzionamento interpersonale, controllo degli impulsi. I DP sono raccolti in tre gruppi il cluster A, il cluster B e il cluster C in base ad analogie descrittive, come illustrato nella seguente tabella: 12
10 Tabella 1. Classificazione dei disturbi di personalità secondo il DSM-IV-TR Cluster A - eccentrico Cluster B - drammatico, impulsivo Cluster C - ansioso Disturbo Paranoide di Personalità Disturbo Schizoide di Personalità Disturbo Schizotipico di Personalità Disturbo Antisociale di Personalità Disturbo Borderline di Personalità Disturbo Istrionico di Personalità Disturbo Narcisistico di Personalità Disturbo Evitante di Personalità Disturbo Dipendente di Personalità Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità Disturbo di Personalità NAS Fonte: Lingiardi, 2004, p Esordio e decorso dei disturbi di personalità Nel DSM-IV-TR vengono presentati i criteri diagnostici dei disturbi di personalità. Tra questi ce n è uno, il criterio D, relativo alla durata e all esordio: il quadro è stabile e di lunga durata e l esordio si può far risalire almeno all adolescenza o alla prima età adulta (APA, 2000, p. 730). La diagnosi di DP richiede, quindi, una valutazione del modello di funzionamento a lungo termine dell individuo e le particolari caratteristiche di personalità devono essere evidenti fin dalla prima età adulta. Il clinico dovrebbe valutare la stabilità dei tratti di personalità nel tempo e in diverse situazioni (APA, 2000). Quindi, nel DSM, nella presentazione dei criteri, non viene fatto riferimento all esordio dei DP già nell infanzia. Si possono, però, trovare alcune informazioni a 13
11 riguardo nel paragrafo dedicato alle caratteristiche collegate alla cultura, all età e al genere: qui viene chiarito che le categorie dei DP possono essere applicate a bambini e adolescenti in quei casi relativamente insoliti in cui i particolari tratti di personalità non adattivi dell individuo sembrano essere pervasivi, persistenti e non limitati ad un particolare stadio dello sviluppo o ad un episodio di un disturbo dell Asse I. Tuttavia, il DSM avvisa che i tratti di un DP che compaiono nell infanzia spesso non persistono immodificati fino alla vita adulta. L unica eccezione è rappresentata dal Disturbo Antisociale di Personalità, che può essere diagnosticato in individui al di sotto dei diciotto anni. Infine, per quanto riguarda il decorso, nel DSM viene chiarito che le caratteristiche di un DP di solito diventano riconoscibili durante l adolescenza o nella prima età adulta e che alcuni tipi di disturbi tendono a rendersi meno evidenti o ad andare incontro a remissione con l età (in particolare i DP borderline e antisociali), mentre questo sembra meno vero per alcuni altri tipi (per esempio i DP ossessivocompulsivo e schizotipico). Per quanto riguarda l ICD-10, i criteri diagnostici per i DP sono essenzialmente gli stessi del DSM, ma con una differenza relativa all esordio: emergono precocemente nel corso dello sviluppo dell individuo, come risultato sia di fattori costituzionali che di esperienze sociali, mentre altri vengono acquisite più tardi nel corso della vita (OMS, 1992, p. 192). Bonnet, Chabrol e Moron (1995), esaminando le definizioni dei disturbi di personalità nei manuali diagnostici, in particolare nel DSM-III, nel DSM-III-R, nel DSM-IV, nell ICD-10 e nella Classification francaise des trobles mentaux de l enfant 14
12 ed de l adolescent, hanno potuto constatare la reticenza degli psichiatri nel diagnosticare i DP nell infanzia. Questi ultimi possono essere diagnosticati nei bambini solo se una valutazione psichiatrica prolungata assicura la persistenza e l inflessibilià dei tratti patologici. I disturbi di personalità necessitano, quindi, di una più chiara concettualizzazione e di una più accurata descrizione, che tengano conto della loro insorgenza precoce. Infatti, la diagnosi di DP, in progressivo aumento, può essere associata ad alto rischio suicidiario, delinquenza, fallimento scolastico, impossibilità di mantenere stabilmente un lavoro o comunque basso rendimento professionale, relazioni altamente disturbate, difficoltà (se non vera e propria impossibilità) a raggiungere l intimità emotiva, abuso e dipendenza da sostanze, maggiore frequenza di incidenti, episodi di violenza e omicidi, e dato che peggiora la prognosi di altri disturbi dell Asse I, come i disturbi d ansia, i disturbi alimentari e i disturbi affettivi (P. Kernberg et al., 2000). Ciò premesso, va da sé che individuare i pattern emotivi, affettivi e comportamentali predittivi e i fattori predisponesti dei DP sia di cruciale importanza, anche se tale intento implica il sollevare la questione, estremamente dibattuta, della possibilità di prevedere la psicopatologia dell adulto a partire dall infanzia e dall adolescenza. Grilo e McGlashan (2005) sostengono che, se fosse possibile identificare dei precursori dei disturbi di personalità nell infanzia, come nel caso del Disturbo della Condotta per il Disturbo Antisociale di Personalità, essi potrebbero essere inseriti all interno dei criteri diagnostici, creando, così, un certo grado di continuità longitudinale. Inoltre permetterebbero di rendere le diagnosi di DP meno nefaste. Infatti, diagnosticandoli e trattandoli già nel corso dell infanzia e dell adolescenza, si 15
13 potrebbe evitare una loro cristallizzazione, mentre la mancanza di una formulazione diagnostica tempestiva è senz altro dannosa. 1.2 Una nuova proposta: i disturbi della personalità nei bambini e negli adolescenti Segue ora la presentazione del contributo innovativo di Paulina Kernberg e colleghi sui disturbi di personalità nei bambini e adolescenti e di ulteriori studi ed evidenze empiriche a sostegno di tale tesi, pubblicati in questi ultimi anni in diverse riviste psichiatriche americane. Verrà, poi, messo a confronto il modello di P. Kernberg con quello, più recente, di Efrain Bleiberg, il quale sostiene la fondatezza della diagnosi di DP già nei bambini, ma rifacendosi soprattutto agli studi di Peter Fonagy e alla teoria dell attaccamento. Nell ultimo paragrafo verrà trattata proprio quest'ultima, in quanto alcuni autori Beck, Freeman, Lorenzini, Sassaroli e Page hanno messo in relazione gli stili di attaccamento con i disturbi di personalità. Tutti questi ultimi contributi vengono presentati al fine di offrire una visione più esaustiva sull argomento, ma nel corso dell intera trattazione si continuerà a mantenere l ottica della Kernberg e ad utilizzare come classificazione di riferimento dei DP quella dell Asse II del DSM-IV-TR. A New York, nel 2000, Paulina Kernberg (vedi Riquadro 1), Alan Weiner e Karen Bardestein pubblicano Personality Disorders in Children and Adolescents, con cui si apre un nuovo capitolo nello studio dei disturbi della personalità. In questo lavoro, infatti, gli autori sostengono che i DP possono essere diagnosticati e trattati anche nel corso dell infanzia e dell adolescenza. 16
14 Riquadro 1. Paulina Kernberg. Paulina F. Kernberg ( ), psichiatra di fama internazionale, moglie del celebre Otto Kernberg e insegnante alla Columbia University, nel Center for Psychoanalytic Training and Research, è stata un autorità nello studio dei disturbi di personalità. È inoltre ricordata per i suoi studi sulle conseguenze del divorzio sui bambini al New York Presbyterian Hospital, dove dirigeva il Residency Program in Child and Adolescent Psychiatry. P. Kernberg ha rappresentato uno dei primi contatti che la psichiatria infantile italiana ha stabilito con la psichiatria infantile d oltre oceano: la sua prima tappa in Italia risale al 1991, quando, ancora relativamente sconosciuta in Italia, venne invitata a partecipare al convegno annuale sull approccio relazionale della Società Italiana di Neuropsichiatria Infantile, sul tema Il bambino borderline. Da allora ha onorato con le sue annuali visite l Istituto Scientifico Stella Maris di Pisa. Lo scopo di I disturbi della personalità nei bambini e negli adolescenti è quello di presentare prove crescenti e stringenti della presenza di disturbi di personalità nei bambini e negli adolescenti in modo che possano essere più rapidamente riconosciuti e trattati. A sostegno di questa nuova prospettiva, P. Kernberg e i suoi colleghi mostrano prove presenti in letteratura e materiale tratto dalla propria attività clinica e di ricerca, proponendo così una revisione dei metodi di valutazione dei tratti di personalità e dei pattern comportamentali. Tuttora il dibattito sull esistenza o meno dei disturbi di personalità già nell infanzia è aperto, tuttavia sembra che il ritratto coerente di ciascun disturbo Istrionico, Evitante, Ossessivo-compulsivo, Borderline, Narcisistico, Antisociale, Schizotipico, Paranoide nei bambini e negli adolescenti, tratteggiato da P. Kernberg e colleghi, metta fine al dibattito in corso. Ritengono, infatti, che i DP nel bambino, così come nell adulto, siano identificabili in modo affidabile, che si correlino con altri 17
15 disturbi sull Asse I e sull Asse II e mostrino il pattern di persistenza che rende il loro impatto pervasivo e grave. Questo è ciò che si cercherà di analizzare nel corso di tale trattazione. Innanzitutto l idea di base di P. Kernberg e colleghi è che ciascun disturbo psichiatrico rappresenti il punto finale di un complicato percorso biopsicosociale (Paris, 1996; vedi Riquadro 2) e che è compito del clinico, al fine di pianificare un trattamento efficace, prendere in esame le componenti biologiche, psicologiche e sociali dei disturbi mentali, considerando le loro interazioni. Nel lavoro di P. Kernberg e colleghi, la classificazione di riferimento è quella del DSM-IV. Riquadro 2. Modello bio-psico-sociale di Joel Paris Paris (1996; 2003), nel suo modello bio-psico-sociale, sostiene che i tratti di personalità sono un amalgama di temperamento ed esperienza e che i disturbi di personalità sono esiti disfunzionali che si presentano quando tali tratti sono amplificati e utilizzati con modalità rigide e disadattive. Nello specifico, i fattori biologici modellano le differenze individuali nei tratti di personalità e determinano la specifica forma che prenderà la patologia della personalità Il modello interpretativo che Paris utilizza è la teoria diatesi-stress: la diatesi è ciò che determina il tipo di patologia che il paziente svilupperà, mentre lo stress, o meglio, i fattori stressanti, sono ciò che attiveranno questo potenziale. Secondo Paris, i fattori di rischio biologici (come l impulsività, l instabilità affettiva ) rappresentano la diatesi per i DP. Da soli, infatti, non spiegano la loro eziologia: è necessario che con essi si combinino dei fattori precipitanti di tipo psicologico (come ad esempio le esperienze di perdita, l abuso ) e di tipo sociale (ad esempio la disgregazione sociale). Quindi, sia i fattori genetico-temperamentali, sia quelli psicosociali sono condizioni necessarie, ma non sufficienti da sole, per lo sviluppo dei DP, è infatti necessaria una combinazione di rischi. Gli effetti cumulativi di più fattori di rischio saranno determinanti per lo sviluppo di una patologia. Gli effetti delle avversità psicosociali saranno più forti in individui più predisposti per temperamento ad una psicopatologia. Infine, l emergere di uno specifico disturbo dipende dal profilo temperamentale tipico di un individuo. Paris, in linea con P. Kernberg e colleghi, parlerà anche di antecedenti infantili dei disturbi di personalità. Come scriverà nel 2003 in un testo dedicato al loro decorso, un esordio precoce probabilmente tende a riflettere un temperamento fuori dalla norma. Il Disturbo Antisociale di 18
16 Personalità è un buon esempio: anche prima dei tre anni, i disturbi comportamentali sono predittivi di un suo sviluppo in età adulta. Tuttavia, lo sviluppo dei sintomi del Disturbo della Condotta nell infanzia è chiaramente in relazione con patologie familiari. Muratori (2001), in P. Kernberg (2000), si è occupato dell introduzione italiana a Personality Disorders in Children and Adolescents, dove ha sostenuto che l Asse II del DSM-IV non è di grande aiuto a chi vuole intraprendere lo studio dei disturbi di personalità nei bambini e negli adolescenti, in quanto in tale sistema la diagnosi di disturbo di personalità può essere fatta solo dopo il diciottesimo anno di vita e non viene suggerito alcun criterio legato allo sviluppo per poter orientare la diagnosi, come ad esempio viene fatto per alcune sindromi dell Asse I. Muratori ritiene che sia paradossale non potere fare diagnosi di DP prima della maggiore età, come se per questa area della psicopatologia, a differenza di quanto emerge sempre più dalla letteratura, esistesse una grande discontinuità psicopatologica. P. Kernberg (2000), infatti, sostiene sia la continuità psicopatologica nell area dei disturbi di personalità una continuità che non riguarda solo il passaggio dall adolescenza all età adulta, ma anche il passaggio dall infanzia alla fanciullezza e all adolescenza, il cui caso più noto è rappresentato dal Disturbo Antisociale di Personalità, preceduto dal Disturbo della Condotta sia la continuità psicopatologica tra i disturbi dell Asse I e i disturbi dell Asse II. Infatti, bambini con disturbi dell Asse I tendono più facilmente a sviluppare un disturbo dell Asse II in adolescenza e ciò è particolarmente vero quando c è una comorbilità, in quanto ogni seconda diagnosi di Asse I in età infantile raddoppia la possibilità di un disturbo di Asse II successivamente. La gamma di disturbi di Asse I ad insorgenza infantile che sono connessi a disturbi della personalità nell età adulta è ampia: Disturbi della Condotta, Disturbi d Ansia, Disturbi Oppositivi, Disturbi depressivi, Fobia Sociale (P. Kernberg et al., 2000). 19
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