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2 ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA SEDE DI CESENA FACOLTÀ DI PSICOLOGIA CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN NEUROSCIENZE E RIABILITAZIONE NEUROPSICOLOGICA LA MODULAZIONE SOCIALE DEI CONFINI DELLO SPAZIO PERIPERSONALE : LO SPAZIO TRA NOI Tesi di laurea in Neuroscienze affettive, cognitive e sociali RELATORE Prof. Giuseppe Di Pellegrino PRESENTATA DA Iula Carmela Sessione III Anno Accademico

3 INDICE Introduzione pag.5 PARTE PRIMA Capitolo 1: Lo spazio intorno a noi 1.1. Cos è lo spazio peripersonale?.. pag La rappresentazione neurale dello spazio peripersonale... pag Evidenze sugli animali. pag Studi sull uomo pag.17 Capitolo 2: Caratteristiche dello spazio peripersonale 2.1. Caratteristiche funzionali.. pag Il comportamento difensivo pag L interazione con l ambiente.. pag Caratteristiche dinamiche: uso di un tool.. pag Specchi e ombre come tool.. pag.34 Capitolo 3: Spazio peripersonale e interazioni sociali 3.1. Il mio spazio e quello degli altri: esperimenti sulle scimmie pag L altro nel mio spazio pag.39 PARTE SECONDA 3

4 Capitolo 4 : Disegno sperimentale 4.1. Scopo. pag Materiali e metodo... pag Partecipanti... pag Apparato e stimoli pag.46 Capitolo 5 : Risultati 5.1. Analisi dei dati.. pag Discussioni pag.56 Bibliografia pag.58 Introduzione Il seguente lavoro si occupa di comprendere la relazione fra le interazioni sociali e la rappresentazione dello spazio peripersonale (PPS, PeriPersonal Space), lo spazio che circonda il nostro corpo. Studi precedenti hanno dimostrato che questa rappresentazione è altamente 4

5 plastica, ma sono ancora poche le conoscenze relative a come le influenze sociali possono modificare la percezione dello spazio intorno a noi. L elaborato è diviso in due parti. Nella prima, teorica, vengono riportate le caratteristiche generali dello spazio peripersonale (capitoli 1, 2, 3), mentre nella seconda, quella sperimentale, viene descritto l esperimento comportamentale condotto su 20 soggetti sani al Centro di Neuroscienze Cognitive di Cesena (capitoli 4 e 5). Nel primo capitolo viene definito come il cervello umano rappresenta lo spazio intorno al corpo, non in maniera unitaria, ma in relazione alla porzione di spazio, lontano o vicino, occupato degli oggetti con cui interagiamo. Diversi studi hanno dimostrato che i neuroni multisensoriali rivestono un grande ruolo nella percezione di stimoli esterni più o meno vicini al corpo. Lo spazio peripersonale è quella porzione di spazio definito dal raggio di azione dei nostri arti. Vengono quindi riportate diverse evidenze sugli animali, in particolare sulle scimmie, che dimostrano come la funzione di codifica dello spazio e di atti motori nello spazio non è svolta da una singola area corticale, ma da circuiti che uniscono aree parietali ed aree premotorie, con una breve descrizione delle caratteristiche dei campi recettivi dei neuroni presenti in queste aree. Sono inoltre citati diversi studi di neuroimaging funzionale e di stimolazione magnetica transcranica (TMS) che hanno permesso di identificare, anche nell uomo, i meccanismi neurali sottostanti il processo di integrazione di informazioni multisensoriali all interno dello spazio peripersonale, la presenza e le caratteristiche dei neuroni bimodali e il ruolo fondamentale di alcune aree coinvolte, già individuate nella scimmia. In relazione alla dissociazione fra spazi lontani e vicini vengono riportati studi sul neglect e sull estinzione crossmodale. Nel secondo capitolo vengono approfondite le caratteristiche della rappresentazione dello spazio peripersonale, in particolare quelle funzionali e quelle dinamiche. Le principali funzioni dello PPS sono quelle sensorimotorie di difesa e di interazione con l ambiente esterno, quindi pianificazione e messa in atto di comportamenti di azione e reazione più adatti ad un determinato contesto. Per quanto riguarda le proprietà dinamiche, fondamentale è la plasticità della rappresentazione dello spazio. Studi sugli animali, sui soggetti sani e con neglect hanno confermato che l uso attivo e prolungato di uno strumento per raggiungere degli oggetti, o anche del mouse del computer, può modificare i confini dello spazio peripersonale, permettendo un rimappaggio grazie al quale oggetti lontani possono essere codificati successivamente come vicini. 5

6 Nel terzo capitolo viene sottolineato come la codifica dello spazio si sviluppi evolutivamente per permettere le interazioni sociali, consentendo di capire la portata delle azioni altrui e ponendo dei confini all interno dei quali è possibile interagire o conveniente muoversi. In base a quello che gli altri fanno e in base al rapporto che c è tra due individui si decidono le modalità di azione. La presenza dell altro nel nostro spazio peripersonale ha una forte ricaduta sulle nostre azioni e questo dipende sicuramente dai rapporti e dal legame che ci unisce. Potremmo essere infastiditi o interessati da questa presenza, che effetto può avere ciò sulla rappresentazione neurale del nostro PPS? Nel quarto capitolo viene presentato lo scopo e descritto l apparato sperimentale con i materiali e stimoli utilizzati. Lo scopo dello studio è quello di indagare come il comportamento di una persona nei nostri confronti possa modificare la percezione dello spazio intorno a noi, quando questa ci è di fronte. Uno studio precedente di Teneggi e collaboratori ha evidenziato che, dopo un gioco economico in cui si poteva cooperare o meno con un altra persona, la misura dei confini dello spazio peripersonale cambiava quando l altra persona era stata nostra alleata, tanto da includerla nel nostro spazio peripersonale. Questo fenomeno però non si verificava quando l interazione non era stata cooperativa. Per dimostrare che effettivamente i confini dello spazio peripersonale si modificano in funzione della cooperazione, abbiamo replicato l esperimento su 20 soggetti, apportando modifiche all apparato sperimentale, che è descritto in modo dettagliato nella seconda parte del capitolo. Nel quinto capitolo sono riportati i risultati ottenuti e l analisi statistica effettuata. L analisi dei tempi di risposta ad uno stimolo tattile durante un compito bimodale, prima e dopo un gioco economico con una persona posta di fronte a sé, ha confermato i precedenti risultati. Abbiamo infatti dimostrato che l espansione dello spazio peripersonale è reale in quanto non siamo di fronte ad una velocizzazione generale dei tempi di reazione, ma abbiamo registrato una differenza significativa solo nel punto di spazio in cui si trova l altro, nella condizione dopo rispetto a quella prima del gioco. Questo a dimostrazione del fatto che non solo la presenza di un altra persona, ma anche la tipologia di interazione influenza la rappresentazione dello spazio peripersonale. 6

7 PARTE PRIMA Capitolo 1 Lo spazio intorno a noi «Lo spazio non è l ambito, reale o logico, in cui le cose si dispongono, ma il mezzo in virtù del quale diviene possibile la posizione delle cose» (Merleau-Ponty, La fenomenologia della percezione, p. 326). 1.1 Cos è lo spazio peripersonale? Quando interagiamo con il mondo esterno è necessario che le rappresentazioni del nostro corpo e delle sue parti si integrino con quelle degli oggetti nello spazio. La percezione del mondo esterno, anche se apparentemente sembra unitaria, in realtà è il frutto dell elaborazione di informazioni provenienti da diversi porzioni di spazio. Lo spazio è quindi definito 7

8 personale, quando ricopre tutta la superficie corporea del soggetto, peripersonale riferendosi allo spazio che circonda il corpo e ne definisce il campo di azione, oppure extrapersonale che è invece quello lontano e non raggiungibile dagli arti (Làdavas & Serino, 2008). È facile quindi intuire che l elaborazione di oggetti presenti nello spazio peripersonale sarà più complessa e completa rispetto a quella che avviene per stimoli che si trovano nello spazio extrapersonale, poiché nella prima entrano in gioco le informazioni derivanti da tutti i canali sensoriali quali il gusto, il tatto, l olfatto oltre che la vista e l udito, le quali entrano in gioco anche nel processamento di stimoli presenti nello spazio lontano. L integrazione multisensoriale quindi fa sì che il soggetto possa localizzare e riconoscere uno stimolo pericoloso o meno integrando le informazioni visive, acustiche, olfattive che riceve nel suo spazio peripersonale (PPS) con quelle corporee come le tattili o le propriocettive. Ma come fa il cervello a integrare tutte queste informazioni? 1.2. La rappresentazione neurale dello spazio peripersonale. Diversi studi hanno dimostrato la presenza di neuroni che integrano le diverse informazioni sensoriali sia negli animali che negli uomini. Questi neuroni possono essere bimodali o anche trimodali e quindi rispondere contemporaneamente a stimoli provenienti da due o più canali sensoriali diversi. Una delle più alte concentrazioni di neuroni multisensoriali si trova negli strati profondi del collicolo superiore (King & Palmer, 1985). Esistono tre principi alla base di questa integrazione multisensoriale e sono stati studiati, ad esempio, nei ratti (King & Palmer, 1985) soprattutto per quanto riguarda l'interazione tra stimoli visivi e uditivi. Un primo principio riguarda le caratteristiche spaziali degli stimoli (la cosiddetta regola spaziale). Secondo questo principio, per esserci integrazione, e quindi migliorare la risposta del neurone bimodale, gli stimoli devono provenire dalla stessa posizione spaziale. La distanza angolare massima che può separare i due stimoli, ad esempio visivo ed uditivo, facilitando l integrazione multisensoriale, dipende dalla dimensione dei campi recettivi visivo e uditivo, questi ultimi più grandi rispetto ai visivi (Jay & Sparks, 1987). Lo stimolo uditivo quindi ecciterà i neuroni in una regione di grandi dimensioni, compresa quella visiva. Un secondo aspetto cruciale dell'integrazione multisensoriale riguarda il tempo dell esperienza sensoriale (la regola temporale). Per far sì che ci sia integrazione, la distanza temporale tra i due stimoli non deve superare i 300 ms, l intervallo ottimale sarebbe quello di 100 ms. L ultimo principio riguarda la natura della risposta multimodale (detta regola dell efficacia inversa). La risposta combinata agli stimoli è molto di più della semplice somma delle singole risposte e la facilitazione risulta essere migliore quando vengono combinati due stimoli deboli rispetto a 8

9 due stimoli forti. Per esempio, anche quando i singoli stimoli visivi e uditivi non ottengono risposta, la loro combinazione diventa efficace e produce una risposta sorprendentemente vigorosa. In sintesi questa ultima regola afferma che, meno una singola informazione è efficiente più sarà forte l integrazione Evidenze sugli animali Diversi studi, in particolare sui macachi, hanno evidenziato la presenza di neuroni che combinano segnali visivi/uditivi con quelli tattili per codificare gli stimoli che riceviamo intorno al nostro corpo, anche in base alla nostra postura. Stimoli visivi e tattili vengono inizialmente processati in diverse regioni del cervello e le posizioni di questi stimoli sono registrate in accordo con i diversi quadri di riferimento (retinocentrici per la vista e somatocentrici per il tatto). Questi segnali convergono nelle regioni associative del cervello, come le cortecce parietali e premotorie, per formare rappresentazioni multisensoriali dello spazio, arricchendo le informazioni unisensoriali grazie a feedback dalle aree fronto-parietali. La funzione di codifica dello spazio e di atti motori nello spazio, quindi, non è svolta da una singola area corticale, ma da circuiti che comprendono aree parietali ed aree premotorie. Neuroni premotori in F4 e F5 In uno studio del 1997 Graziano e collaboratori hanno studiato le proprietà multisensoriali della corteccia premotoria ventrale dei macachi. La corteccia premotoria è deputata alla pianificazione e all esecuzione dei movimenti, proietta direttamene alla corteccia primaria (M1) ed è collegata con il midollo spinale. Riceve proiezioni dalle aree somatosensoriali secondarie SII e area 5, dalle aree visive 7 a (nel lobo parietale), area intraparietale laterale (LIP), area intraparietale ventrale (VIP) area temporale superiore mediale (MST) che proiettano tutte alla 7b (la porzione ventrale della corteccia parietale posteriore), le proiezioni visive sono rivolte maggiormente alla porzione ventrale (PMv). I neuroni di quest area, come già detto, sono neuroni bimodali che rispondono sia agli stimoli tattili che a quelli visivi. I campi recettivi tattili sono organizzati topograficamente: le braccia medialmente, la faccia al centro e la bocca lateralmente. Questo vuol dire che tali neuroni bimodali si attivano selettivamente in presenza di oggetti presentati in prossimità delle diverse parti del corpo (braccia, gambe e bocca) ovvero dei rispettivi campi recettoriali somatosensoriali, codificando 9

10 essenzialmente lo spazio peripersonale intorno alle specifiche parti del corpo. I neuroni bimodali sono maggiori a livello dell area F4 che corrisponde alla parte posteriore della PMv. Nella figura 1 sono riportate in modo schematico le aree sopra citate, nel cervello di un macaco. Fig. 1.Sezione mesiale e laterale del cervello del macaco con la parcellizzazione citoarchitettonica della corteccia frontale e agranulare della corteccia parietale posteriore. Le aree motorie sono definite secondo Matelli e collaboratori (1985, 1991). La terminologia utilizzata deriva da quella utilizzato da Von Economo per la corteccia umana che indica tutte le aree frontali, comprese quelle motorie, con la lettera F, i numeri invece identificano le varie aree. Tutte le aree parietali ad eccezione di quelle all'interno del solco intraparietale sono definite in base alla terminologia usata da Pandya e Seltzer (1982). Le aree situate all'interno del solco intraparietale (IP) sono definite secondo i dati fisiologici e sono mostrati in una vista dispiegata del solco nella parte più bassa della figura. Sulla base dei dati disponibili, sono riportate le rappresentazioni delle varie parti del corpo. Nella corteccia prefrontale è definito anche il campo oculare frontale (FEF) sempre secondo criteri fisiologici. Il solco arcuato superiore (AS), solco arcuato inferiore (AI) e la fossetta inferiore precentrale sono disegnati in blu, rosso e verde, rispettivamente. AG, giro angolare. C, solco centrale. Ca, scissura calcarina. Cg, solco cingolato. IO, solco occipitale inferiore. L, fessura laterale. Lu, solco semilunare. OT, solco occipitotemporale. P, solco centrale. OP, solco parieto-occipitale. ST, solco temporale superiore. Fonte: Rizzolatti et al. (1998) Electroencephalography and clinical Neurophysiology pag 285. Esperimenti di microstimolazione elettrica intracorticale e di registrazione hanno evidenziato che la corteccia premotoria ventrale (area F4) è paradigmatica fra le mappe spaziali relative ai movimenti scheletrici. In questa zona, la maggior parte dei neuroni scarica in associazione 10

11 con i movimenti della testa o il braccio. Un' altra proprietà sorprendente è che il campo recettivo visivo dei neuroni F4 rimane ancorato alla parte del corpo su cui si trova il campo recettivo tattile, indipendentemente dalla posizione degli occhi. In uno studio del 1996 Fogassi e collaboratori hanno provato a dare una descrizione dettagliata dei campi recettivi dei neuroni in F4 di due macachi, registrando l attività di 539 di essi. Alle scimmie venivano presentati stimoli statici (una piccola luce) e in movimento (guidati da un braccio robotico). Manipolando il punto di fissazione nel corso dell esperimento, era possibile studiare se il campo recettivo era organizzato secondo le coordinate retiniche o somatiche. Inoltre, con il controllo preciso della posizione dello stimolo e della velocità di spostamento era possibile determinare la profondità dei campi recettivi e la velocità d espansione. In accordo con quanto detto sopra, i risultati di questo studio hanno mostrato chiaramente come i campi recettivi dei neuroni che si trovano in F4 sono organizzati in coordinate centrate sul corpo restando ancorate alla testa (mentre quelle retiniche seguono i movimenti oculari). Inoltre, il 56% dei neuroni che si trovano in F4 sono bimodali. La figura 2 mostra come i campi recettivi visivi sono localizzati intorno a quelli tattili, in dimensioni e proporzioni diverse. In sintesi, a livello di queste aree premotorie nella scimmia il campo recettivo visivo opera in un sistema di coordinate centrato sulla parte del corpo in cui si trova quello tattile, rimanendovi ancorato anche quando quella parte del corpo si muove e indipendentemente da movimenti oculari. Per dimostrare ulteriormente che questi neuroni sono indipendenti dalla posizione degli occhi, Fogassi e collaboratori hanno registrato l attività di neuroni delle scimmie anche in posizioni diverse nella stanza dell esperimento, per eliminare l effetto di apprendimento ambientale. 11

12 Fig 2. Campi recettivi tattili e visivi di neuroni bimodali in F4. I numeri indicano le sigle dei vari neuroni studiati, l area evidenziata indica il campo recettivo tattile mentre il solido quello visivo. Fonte: Fogassi e coll. 1996, Journal of Neurophysiology vol 76, 144. La figura 3 mostra l attività di un neurone bimodale in rapporto alla presenza dello stimolo nel campo recettivo visivo. Nel pannello A1 e A2 della figura 3 si può osservare che il neurone risponde quando lo stimolo entra nel campo recettivo visivo del neurone della scimmia, a prescindere dalla direzione dello sguardo, mentre rimane silente (vedi pannello B1 e B2) quando lo stimolo viene presentato al di fuori del campo recettivo (Fogassi et al., 1996). In un altra condizione la scimmia veniva posizionata con il busto ruotato di 30 così come il punto di fissazione. Nonostante questo cambiamento di coordinate allocentriche la risposta del neurone non si differenzia dalla condizione A1. Nella stessa rassegna ci sono poi ulteriori prove dell entità dell espansione dei campi recettivi in base alla velocità di spostamento dello stimolo. Tutti questi effetti non potevano essere spiegati dai movimenti della scimmia, ma venivano interpretati in base alle caratteristiche dell organizzazione dei campi recettivi dei neuroni bimodali. 12

13 Fig 3. Attività di un neurone bimodale in presenza di uno stimolo visivo. Il campo tattile è sull emivolto, il campo visivo è ancorato al campo tattile ed evidenziato in grigio. La freccia indica la direzione dello stimolo visivo. La linea tratteggiata e l asterisco indicano la direzione dello sguardo e il punto di fissazione della scimmia. L istogramma indica la risposta del neurone alla presentazione dello stimolo visivo. Fonte: Fogassi et al. 1996, Journal of Neurophysiology vol 76, 144. Inizialmente sembrava che solo gli stimoli in movimento attivassero risposte in F4. In realtà, con uno studio condotto nel 1997 da Graziano, Hu e Gross è stato dimostrato che in realtà molti neuroni in F4 scaricano anche alla semplice presentazione di oggetti all'interno dello spazio peripersonale della scimmia e in più anche quando essi vengono ritirati e la scimmia li crede ancora vicini al suo corpo, perché ignara dell allontanamento. Sembra quindi che la rappresentazione dello spazio nella corteccia premotoria possa essere generata non solo come conseguenza di una stimolazione esterna, ma anche internamente sulla base di un esperienza precedente. Fogassi e collaboratori (1996) hanno proposto due ipotetiche spiegazioni che possono spiegare la natura di questa rappresentazione. Una considera l aspetto sensoriale come dominante (ipotesi visiva), e sostiene che l informazione visiva serva per costruire, a livello della corteccia parietale, una mappa spaziale unitaria necessaria per la generazione dei programmi motori. Se così fosse bisognerebbe però anche spiegare perché il sistema visivo analizzi a fini percettivi lo spazio peripersonale in maniera diversa da quello extrapersonale, 13

14 anche quando stimoli provenienti da questi due settori cadono nella stessa posizione retinica. Abbiamo infatti visto che è stato dimostrato come i campi recettivi visivi non sono codificati in coordinate retiniche (come ci si aspetterebbe secondo l ipotesi visiva), ma sono ancorati all effettore corporeo, indipendentemente dalla posizione in cui l occhio sta osservando, o alla posizione dell effettore rispetto al resto del corpo (Fogassi et al., 1996). Per esempio un neurone di F4 scaricherà quando un oggetto viene avvicinato alla mano e la tocca, indipendentemente dal fatto che il soggetto la stia osservando o stia guardando in un altra direzione. I campi recettivi, inoltre, non sono codificati in un sistema di riferimento unico (in prospettiva egocentrica unitaria), ma sono piuttosto ancorati a singoli effettori motori (campo recettivo mano-centrico, nel nostro esempio). È stato quindi ipotizzato (ipotesi motoria) che i neuroni bimodali non codificano la posizione di uno stimolo in termini sensoriali astratti, ma secondo gli atti motori potenziali necessari per andare a raggiungere un oggetto nello spazio con uno specifico effettore. Ad esempio, il nostro neurone potrebbe scaricare in maniera ottimale durante movimenti del braccio tali per cui un oggetto, posto in una certa regione dello spazio, attraversi il campo recettivo peri-mano fino a toccare il campo recettivo tattile posto sulla mano stessa. Questo meccanismo quindi, oltre ad essere fondamentale per la programmazione ed esecuzione del movimento, ci permetterebbe di percepire in modo diretto e inconscio lo spazio intorno a noi. Ad oggi non ci sono certezze sulla validità delle due ipotesi, ma quella motoria sembra essere la più probabile. A favore dell ipotesi visiva vi è lo stretto legame temporale tra la presentazione dello stimolo e la scarica del neurone, la costanza della risposta e la presenza del campo recettivo visivo. Gli autori specificano come l ipotesi visiva, presupponendo uno spazio a tre dimensioni, euclideo, in realtà non ci dice nulla perché quest ultimo esclude la variabile del tempo. Poiché un gruppo di neuroni, se attivato, specifica la posizione dell'oggetto nello spazio, indipendentemente dalla stimolazione della dimensione temporale, la predizione è che la mappa spaziale espressa da un'organizzazione del campo recettivo visivo è sostanzialmente statica. Per quanto riguarda invece l ipotesi motoria c è da dire che la F4 è un'area premotoria collegata direttamente alla corteccia motoria primaria, invia proiezioni al midollo spinale e la sua microstimolazione intracorticale evoca movimenti di alcune parti del corpo, tutto ciò suggerisce che quest area possa contenere schemi motori per portare gli arti verso porzioni specifiche di spazio. Inoltre poiché il tempo è inerente al movimento, la mappa spaziale può avere proprietà dinamiche che possono variare in base alla posizione spaziale. Fogassi e collaboratori forniscono evidenze in merito dimostrando come l estensione del campo recettivo di neuroni F4 in profondità avvenga maggiormente quando aumenta la velocità di avvicinamento dello stimolo. Inoltre, nella corteccia premotoria ventrale vi è un'altra area funzionale (area F5) 14

15 relativa alla trasformazione dei movimenti della mano in base agli oggetti piuttosto che allo spazio, in relazione con movimenti della testa o del braccio. Gli esperimenti in cui sono stati confrontati la figura dell'oggetto (ipotesi visiva) e l'oggetto da afferrare (ipotesi motoria) mostrano che le risposte evocate dalla presentazione dell oggetto correlano meglio con il modo in cui gli oggetti devono essere afferrati piuttosto che con gli aspetti pittorici. Anche quest evidenza sottolinea come gli oggetti in F5 sembrano essere descritti più in termini motori che visivi; se si ammette che questo sia il funzionamento nella corteccia premotoria ventrale si può dare una simile interpretazione anche per i neuroni in F4. Ad ogni modo l'interpretazione motoria offre una migliore, o almeno più semplice, spiegazione per la posizione spaziale di campi recettivi intorno al corpo. Se fosse valida l ipotesi visiva, si dovrebbe postulare un sistema visivo ad hoc per eliminare le informazioni visive provenienti dai punti fuori spazio peripersonale. Invece le proprietà tridimensionali dei campi recettivi motori risolvono questa questione in modo più semplice (Rizzolatti et al.,1997). L esistenza di due modi diversi di codificare lo spazio, con il controllo oculare per lo spazio lontano e con quello motorio-somatico per quello vicino è in accordo anche con le ricerche che nell uomo indagano le diverse basi anatomiche che sottendono queste funzioni. Neuroni parietali in VIP Le proprietà funzionali dei neuroni bimodali di aree come VIP (19) e PF (6, 20), strettamente legate alla F4 (21, 22), completerebbero il quadro dei circuiti che riguardano la rappresentazione spaziale. Il movimento basato sullo spazio (elaborato anche da altri circuiti fronto-parietali) diventa allora la nostra esperienza di spazio peripersonale visivo (Rizzolatti et al., 1997). L area VIP (Area Ventrale IntraParietale) è situata nella zona più profonda del solco intraparietale; oltre alle connessioni con le aree premotorie come F4 riceve la maggior parte d informazioni visive dall area temporo mediale, nel solco temporale superiore e somatiche dalle cortecce somatosensoriali primarie (Colby, 1993). Le aree coinvolte nel controllo oculomotore come il LIP e la 7a (nel lobo parietale) e i campi visivi frontali (FEF) rappresentano lo spazio in coordinate retinocentriche (ognuna ha una posizione specifica sulla retina rispetto alla fovea), controllano i movimenti oculari rapidi, cioè i movimenti saccadici, la cui funzione è quella di portare la fovea su un bersaglio disposto nella periferia del campo visivo. Aree che codificano gli stimoli presentati vicino a una specifica parte del corpo allo scopo di programmare movimenti verso di essi, come la F4, la VIP, l area PO (parieto-occipitale) e 7b (la porzione ventrale della corteccia parietale 15

16 posteriore) rappresentano invece lo spazio in coordinate centrate sul corpo, per attivarsi quindi è necessario che lo stimolo visivo compaia entro lo spazio circostante, o meglio peripersonale. La distinzione tra spazio vicino e lontano con i rispettivi circuiti neurali sembra essere confermato da studi di lesione su FEF e F4 nella scimmia (Rizzolatti, 1997). Quello che resta da capire è come la diversa mappatura degli spazi, dia poi alla fine un concetto unitario del mondo che ci circonda Studi sull uomo. Diversi studi di neuroimaging funzionale e di stimolazione magnetica transcranica (TMS) hanno permesso di identificare anche nell uomo i meccanismi neurali sottostanti il processo di integrazione di informazioni multisensoriali all interno dello spazio peripersonale, la presenza e le caratteristiche dei neuroni bimodali e il ruolo fondamentale di alcune aree coinvolte, già individuate nella scimmia. Altri studi neuropsicologici sull uomo hanno indagato il neglect e l estinzione crossmodale in relazione alla dissociazione fra spazi lontani e vicini. In un recente studio Makin e collaboratori (2007) hanno pubblicato una rassegna che sembra confermare quanto detto per il cervello delle scimmie nella rappresentazione dello spazio peripersonale, questa volta negli esseri umani, utilizzando la risonanza magnetica funzionale in soggetti sani. Gli autori presentavano una pallina vicino e lontano alla mano sinistra, quest ultima poggiata sulla coscia sinistra del soggetto. In una condizione A la mano è posizionata in maniera visibile sulla coscia sinistra, nella B la mano è sulla spalla sinistra del soggetto, in C la mano posta sulla coscia viene nascosta da un cartone e infine in D la mano del partecipante è sulla sua spalla, mentre sulla coscia vi è una mano finta. Dalle varie registrazioni è emerso un aumento di attività cerebrale, nelle condizioni in cui la vicinanza dello stimolo alla mano era data sia dalla visione che dalla propriocezione (A) nella corteccia ventrale premotoria, nel solco intraparietale (IPS) e nel complesso laterale occipitale (LOC). Tuttavia, sembra però che le zone più posteriori di queste aree non siano modulate da informazioni propriocettive (cioè, la loro attivazione ad uno stimolo vicino era simile a quella di uno lontano nelle condizioni "mano sulla coscia ma nascosta" e "mano sulla spalla"). Al contrario, la zona IPS anteriore risultava significativamente più attivata quando la prossimità dello stimolo era segnalata solo propriocettivamente. La condizione braccio finto (solo visione), infatti, non ha mostrato una significativa differenza lontano-vicino nell attivazione delle zone anteriori, mostrando che l'influenza di visione e propriocezione aveva un diverso effetto nell attivazione di IPS anteriori e posteriori. Inoltre, solo le aree più anteriori del IPS rispondevano anche alla stimolazione puramente tattile. Concludendo si può 16

17 quindi dire che in LOC e in IPS posteriore, lo spazio intorno alla mano è definito in primo luogo attraverso la visione, mentre in parti più anteriori del lobo parietale e del lobo frontale, oltre a informazioni visive, ci sono quelle propriocettive e somatosensoriali. Il coinvolgimento delle aree parietali e frontali riportate da questo studio è perfettamente in linea con i dati neurofisiologici di macachi riportati precedentemente e con studi di imaging che si occupano di pianificazione delle azioni mano-oggetto di manipolazione negli esseri umani (Makin et al.,2007). Resta ancora da stabilire se le aree riportate sono le principali responsabili per la mano da sola, cioè solo per le azioni della mano o se mediano anche lo spazio peripersonale intorno al resto del corpo. Forse il risultato più interessante nello studio di Makin è il coinvolgimento della zona LOC visiva, che si trova nella via ventrale (definita anche via del cosa ), piuttosto che nella dorsale ( via del dove ). La prima via è associata al riconoscimento delle forme e della rappresentazione degli oggetti, la seconda invece al movimento e alla rappresentazione spaziale della posizione degli oggetti insieme al controllo di occhi e braccia durante l afferramento di oggetti. Il ruolo della via ventrale non è stato finora indagato nella rappresentazione dello spazio peripersonale, tanto meno nella modulazione della posizione della mano rispetto ad uno stimolo. Ad ogni modo, studi di imaging non mostrano il legame diretto e necessario tra le strutture cerebrali e la loro funzione. Uno studio di Serino e collaboratori (2011) indaga invece proprio il ruolo di due aree specifiche la corteccia premotoria ventrale (vpmc) e la corteccia parietale posteriore (PPc) nella rappresentazione multisensoriale dello spazio peripersonale, usando la stimolazione magnetica transcranica (Transcranial Magnetic Stimulation, TMS). La TMS induce una lesione virtuale delle aree a cui viene applicata: in questo modo è possibile verificare l esistenza di una relazione diretta fra l area e la funzione specifica. In questo studio la TMS viene applicata sia alla vpmc che alla PPc e come controllo alla V1(corteccia visiva primaria), come indicato nella figura 4: 17

18 Fig 4. Localizzazione cerebrale delle aree di applicazione della rtms nello studio (Fonte: Serino, Canzoneri and Avenanti(2011) Fronto-parietal Areas Necessary for a Multisensory Representation of Peripersonal Space in Humans: An rtms Study. Journal of Cognitive Neuroscience X:Y, 1-12). Lo studio era preceduto da altri esperimenti comportamentali che indagavano le caratteristiche audio-tattili della percezione dello spazio peripersonale intorno alla mano. In un primo esperimento (figura 5A) ai soggetti veniva richiesto di rispondere il più velocemente possibile ad uno stimolo tattile che ricevevano sulla mano. In una condizione gli stimoli tattile venivano presentati da soli (condizione unimodale), in un'altra condizione contemporaneamente allo stimolo tattile venivano presentati dei suoni, vicini o lontani alla mano, che però i soggetti dovevano ignorare al momento della risposta. I risultati hanno mostrato tempi di reazione (RT) minori nel caso in cui allo stimolo tattile veniva associato un suono, rispetto a quando gli stimoli erano unimodali, con risposte ancora più veloci quando il suono si trovava vicino alla mano. Questo vuol dire che un suono vicino al corpo può incentivare il processamento di stimoli tattili. Per verificare che l effetto fosse dovuto realmente all attivazione della rappresentazione dello spazio peripersonale centrato sulla mano, e non fosse un semplice effetto di vicinanza al corpo, sono state manipolate le distanze tra la mano e la cassa, spostando la mano più lontano dalla cassa vicina con la testa sempre nella stessa posizione (figura 5B). In questa condizione, con la mano situata lontano dalla cassa, vicina al corpo, l effetto di riduzione dei tempi di reazione nella condizione il cui suono era vicino al corpo non avveniva. Tale risultato dimostra quindi che i meccanisimi di integrazione multisensoriale dipendono da un sistema di coordinate centrato sulle singole parti del corpo. Fig 5: Apparato sperimentale A: I suoni, che il soggetto deve ignorare, vengono presentati vicino o lontano alla mano del soggetto che riceve lo stimolo tattile. 18

19 Apparato B: la mano del soggetto viene spostata in modo da essere lontana da entrambe le casse. Fonte: Serino, Canzoneri and Avenanti (2011) Fronto-parietal Areas Necessary for a Multisensory Representation of Peripersonal Space in Humans: An rtms Study. Journal of Cognitive Neuroscience X:Y, 1-12 Utilizzando la TMS, gli autori hanno voluto poi verificare il ruolo di alcune aree (vmc e PPc) nei meccanismi di integrazione multisensoriale all interno dello spazio peripersonale. I soggetti quindi eseguivano il compito audio tattile in tre diverse condizioni sperimentali, dopo l inibizione delle aree VPMc, PPc e V1 come controllo. La loro ipotesi era quindi basata sul fatto che se l inibizione interferiva con la performance del soggetto nel compito audio-tattile, quella determinata area poteva essere ritenuta necessaria per la rappresentazione dello spazio peripersonale. I risultati hanno mostrato che nella condizione di baseline di inibizione di V1 si ottiene lo stesso effetto di facilitazione ottenuto in condizione di non stimolazione, cioè si registrano RT più rapidi quando lo stimolo tattile è associato a suoni vicini alla mano, effetto che non è invece presente nelle altre due condizioni. Dopo l inibizione di aree quali VPMc e PPc scompare l integrazione audio-tattile dello spazio intorno alla mano, non è più presente l effetto di velocizzazione e i tempi di reazione allo stimolo tattile sono indipendenti dalla vicinanza spaziale. Questo indica un ruolo fondamentale delle due aree nella rappresentazione dello spazio peripersonale. Studi precedenti avevano già ipotizzato una corrispondenza tra le proprietà neurali di queste due aree nell uomo con le aree vmpc e VIP nella scimmia (Sereno & Huang, 2006). Sembra quindi che effettivamente l integrazione multisensoriale sia deputata proprio alle connessioni fronto-parietali. Si è osservato che questo sistema di codifica multisensoriale può svolgere un ruolo specifico nel recupero di deficit di rappresentazione spaziale in pazienti con deficit selettivi nella modalità visiva o uditiva, come dimostrato da esperimenti condotti su pazienti con neglect (Frassinetti, Pavani, & Làdavas, 2002). Tuttavia, la maggior parte di questi studi ha esaminato gli effetti dell udito sulla visione, sottolineando l importanza delle regole spaziali, temporali e dell efficacia inversa di cui si parlava all inizio del capitolo. Non ci sono però molte prove dell influenza della visione sull udito, cioè come un segnale visivo può influenzare la percezione di quello uditivo nello spazio peripersonale. Bolognini, Rasi e Làdavas in uno studio del 2005 hanno indagato la capacità di uno stimolo visivo di migliorare la localizzazione di un uditivo in un paziente con un deficit selettivo di localizzazione uditiva spaziale, in seguito ad una lesione cerebrale nell'emisfero destro. Il paziente dovrebbe riuscire a localizzare meglio lo stimolo quando è presentato bimodalmente rispetto a quando è unimodale e questo effetto dovrebbe variare in relazione allo spazio. Venivano quindi presentati in diverse posizioni spaziali dei suoni, sia bimodali che unimodali, rispetto ad un 19

20 punto di fissazione centrale e il soggetto doveva indicarne verbalmente la posizione. Il paziente era sempre in grado di localizzare correttamente la posizione spaziale dello stimolo visivo (100% di risposte corrette). Per quanto riguarda la modalità uditiva, il paziente mostrava una soglia normale dell'udito, come misurato dall audiometria in ciascun orecchio, quindi rilevava correttamente gli stimoli acustici, ma indipendentemente dalla loro posizione spaziale (100% di risposte corrette). Quando gli veniva chiesto di indicare la posizione spaziale del suono con una risposta verbale e con una risposta di puntamento, il paziente falliva il compito, come emerso dal confronto con un gruppo di controllo di 7 soggetti sani. Nel compito sperimentale il paziente veniva invitato a indicare verbalmente la posizione spaziale in cui era presentato il suono e ad ignorare gli stimoli visivi. Le condizioni sperimentali erano quattro: le due unimodali (solo visiva e solo uditiva) e due crossmodali in cui gli stimoli coincidevano temporalmente, ma in una venivano presentati nello stesso punto spaziale e nell altra in due punti diversi. Dalle diverse sessioni è emerso un miglioramento selettivo nella localizzazione uditiva solo quando la stimolo visivo è stato presentato nella stessa posizione spaziale dello stimolo acustico. Questo effetto non può essere spiegato come una tendenza generale a rispondere a stimoli visivi, dal momento che il paziente non aveva falsi allarmi, cioè non rispondeva allo stimolo visivo da solo quando invece doveva ignorarlo. Numerosi studi hanno evidenziato l'esistenza di collegamenti esogeni crossmodali audiovisivi dell'attenzione spaziale, in modo che un cambiamento esogeno dell'attenzione in una modalità conduce ad un corrispondente spostamento di attenzione in un'altra modalità. Pertanto, i risultati del presente studio sembrano provare il significato adattativo dell integrazione multisensoriale: quando una modalità sensoriale è degradata, il cervello può utilizzare le informazioni derivanti da altri sistemi sensoriali per rilevare la presenza degli stimoli. Pertanto, l'esistenza di un sistema integrato audio-visivo nell'uomo offre una possibilità di recupero da disturbi di rappresentazione spaziale. Un disturbo della cognizione spaziale seguente a lesione cerebrale (più frequentemente a destra) è il neglect (eminattenzione spaziale). Questi pazienti hanno difficoltà ad esplorare lo spazio controlaterale alla lesione e non sono consapevoli degli stimoli presenti in quella porzione di spazio esterno o corporeo. In linea con i risultati attuali, uno studio ha dimostrato che alcuni pazienti con neglect visivo per lo spazio sinistro sono in grado di segnalare la presenza di stimoli visivi di sinistra, quando uno stimolo uditivo è stato presentato spazialmente e temporalmente coincidente con quello visivo (Frassinetti, Pavani et al., 2002). La somiglianza tra l organizzazione neurale della scimmia e quella dell uomo negli studi sulla percezione spaziale non riguarda solo la presenza dei neuroni bimodali ma anche quella che è la distinzione vicino/lontano. Nell uomo questa distinzione è stata soprattutto studiata su 20

21 pazienti con neglect. Nel 1991 Hallingan e collaboratori hanno descritto il caso di un paziente che mostrava neglect quando doveva, con una matita, dividere a metà dei segmenti su di un foglio posto nel suo spazio peripersonale. La riflessione sorprendere era che nel medesimo compito (bisezione di linee) il soggetto non mostrava nessun deficit quando il foglio era nello spazio extrapersonale e lo eseguiva con un laser. (Rizzolatti et al., 2006). A confermare la tesi di un sistema di rappresentazione spaziale non univoco, altri studi hanno riportato dissociazioni diverse ad esempio selettive per lo spazio personale, il soggetto non riesce a toccare la propria mano sinistra con la destra ad occhi chiusi ma non presenta deficit nei compiti nello spazio extrapersonale e per lo spazio lontano con compiti di lettura e cancellazione che il soggetto riesce ad eseguire solo nello spazio peripersonale (Cowey et al.,1994). Altri risultati importanti sulla dissociazione degli spazi sono quelli ottenuti nello studio sull estinzione. L estinzione è l incapacità di percepire informazioni controlesionali in presenza simultanea di informazioni ipsilesionali, questo deficit può manifestarsi sia quando gli stimoli simultanei sono presentati nella stessa modalità (unimodale), sia quando sono presentati in differenti modalità (crossmodale), ad esempio attraverso una stimolazione tattile sulla mano controlesionale contemporanea alla presentazione di stimoli visivi nello spazio vicino alla mano ipsilesionale. Di Pellegrino e collaboratori in uno studio del 1997 hanno esaminato un paziente con estinzione somatosensoriale il quale, alla presentazione simultanea di due stimoli simmetrici sulle due metà del corpo diverse, percepiva solo lo stimolo localizzato sulla metà del corpo sana. Controllando le risposte del soggetto alla presentazione di stimoli visivi e tattili, hanno scoperto che appena presentavano uno stimolo visivo vicino alla mano destra ipsilaterale del paziente, egli non percepiva più lo stimolo tattile presentato sulla mano sinistra controlesionale. L aspetto interessante era che quando lo stimolo era presentato fuori dallo spazio peripersonale l effetto di estinzione delle visione sul tatto diminuiva enormemente. Questi risultati dimostrano quindi l esistenza della rappresentazione dello spazio peripersonale visivo nell uomo centrato sulla mano e come esso può modulare la percezione tattile. Un altro studio di Farnè e Làdavas dimostra come la stessa cosa valga anche per lo spazio peripersonale uditivo. In un gruppo di pazienti con danno cerebrale destro che presentavano estinzione, hanno osservato come un suono prodotto vicino alla testa ipsilesionalmente (20 cm) estingueva uno stimolo tattile controlesionale sul collo. Questo però non avveniva quando il suono era presentato lontano dalla testa (70 cm). Inoltre, più il suono era forte più l estinzione era presente sia nello spazio dietro che nello spazio avanti, quando invece il suono era debole l estinzione era presente solo nello spazio dietro alla testa. La maggiore sensibilità audio-tattile nella porzione di spazio peripersonale dietro al soggetto è 21

22 probabilmente spiegabile dal fatto che un oggetto in avvicinamento nello spazio di fronte a noi può essere codificato utilizzando sia la modalità visiva che uditiva, mentre quelli provenienti da dietro possono essere percepiti solo tramite l udito, inoltre, per quanto riguarda la differenza prodotta dai due tipi di suoni, sembra che quelli più complessi sono gli unici ad attivare i neuroni della corteccia premotoria ventrale che codificano la posizione del suono rispetto al corpo, a causa del fatto che sono molto più presenti in natura rispetto ad altri suoni e sono dunque esperiti più frequentemente (Farnè & Làdavas, 2002). Ad oggi quindi siamo a conoscenza delle distinte basi anatomiche deputate all elaborazione di stimoli provenienti dalle diverse porzioni di spazio vicino e lontano al nostro corpo grazie agli studi sugli animali e alle conferme date dagli studi sull uomo. Conosciamo le caratteristiche e le proprietà dei neuroni di queste aree e in che modo integrano diverse informazioni sensoriali affinché la percezione di questi stimoli sia unitaria e migliore. Inoltre, in letteratura sono presenti numerosi studi che cercano di descrivere al meglio lo spazio peripersonale, soprattutto nelle sue caratteristiche funzionali e dinamiche. Capitolo 2 Le caratteristiche dello spazio peripersonale «L'autodifesa è la più antica legge della Natura.» (John Dryden, ) 2.1. Proprietà funzionali. Sappiamo che i circuiti fronto-parietali, grazie all attività dei neuroni bimodali e trimodali, sono deputati all elaborazione di informazioni spaziali in relazione a specifiche parti del 22

23 corpo, pertanto ci permettono di analizzare lo spazio intorno a noi, localizzando la posizione degli oggetti, e quindi agire in base a quello che accade in esso. Le principali funzioni svolte dalla rappresentazione dello spazio peripersonale, che diviene un interfaccia multisensoriale tra il corpo e l ambiente, sarebbero quindi quelle sensori-motorie, di interazione con l ambiente circostante e pianificazione di comportamenti di difesa verso gli stimoli presentati intorno al corpo (Rizzolatti et al., 1997; Làdavas & Serino, 2008) Il comportamento difensivo. Da studi di imaging sul cervello delle scimmie sono state individuate due aree principali in cui neuroni multimodali rispondono a stimoli visivi, tattili ed uditivi, in particolare a oggetti che toccano il corpo degli animali oppure che si avvicinano ad essi. La stimolazione elettrica dell area intraparietale ventrale (VIP) e della zona polisensoriale nel giro precentrale (PZ), riportate in figura 6, evoca movimenti di tipo difensivo di ritiro e blocco. Inoltre si è potuto osservare che queste due aree entrano in funzione durante i movimenti oculari di navigazione, di attenzione nello spazio vicino e di processamento della localizzazione di oggetti finalizzata alla guida dei movimenti. Sembra che queste aree siano coinvolte nella costruzione di una sorta di confine di sicurezza del corpo, entro cui agire e coordinare i movimenti in risposta agli avvenimenti esterni. Fig 6. Nella figura sono mostrate in modo approssimativo le due aree responsabili dei comportamenti di difesa, nel cervello della scimmia, in grigio il solco intraparietale. Fonte: Graziano and Cooke Parieto-frontal interactions, personal space and defensive behavior. Neuropsychologia 44(13):

24 Bisogna sottolineare che il comportamento difensivo non è riconducibile ad una singola funzione, ma è un insieme di processi accomunati dallo stesso scopo e da una corretta analisi sensorimotoria. L arresto dopo uno spavento, l evitamento di pericoli durante la deambulazione, tutti i movimenti corporei volti al raggiungimento di oggetti e la risposta motoria ad un pericolo in avvicinamento sono tutti comportamenti che mettiamo in atto più volte durante la giornata e che hanno molto in comune con quelli degli animali. Nei mammiferi i comportamenti di protezione operano sia a livello corticale che subcorticale. Ad esempio il midollo spinale media i comportamenti di riflesso dell allerta e del ritiro, modulando la reazione in base alla localizzazione dello stimolo. I circuiti corticali, invece, mediano una risposta più lenta ma più flessibile che integra le informazioni derivanti dalle diverse modalità sensoriali. Rispondere ad uno stimolo esterno quindi non implica un semplice riflesso guidato dallo stimolo stesso, ma include un processo in cui entrano in gioco varie funzioni cognitive come l attenzione e la cognizione spaziale. Quando uno stimolo pericoloso entra nella flight zone l animale reagisce, lo stesso fa l uomo quando qualcosa che mina la sua sicurezza invade il suo spazio peripersonale. Molti sono gli studi che indagano proprio l attenzione specifica per lo spazio intorno al corpo (Di Pellegrino, 1997), come una funzione multimodale e sembra che mantenere una sorta di confine di sicurezza intorno al corpo sia proprio un processo attentivo. Nel loro articolo Graziano e collaboratori immaginano i campi recettivi come delle bolle di spazio ancorate alla superficie corporea. Sembra che i campi recettivi in VIP e PZ possono essere considerati le basi neurali del fenomeno psicologico della rappresentazione dello spazio peripersonale (B) e di quello etologico della flight zone (A), come schematicamente riportate nella figura 7. 24

25 Fig 7. Raffigurazione schematica della flight zone (A) e dello spazio peripersonale (B). In (C) e (D) sono rappresentati alcuni campi recettivi tattili (ombra) e visivi (solido) di alcuni neuroni in PZ della scimmia, più lo spazio è lontano più i campi recettivi sono pochi, viceversa, più lo spazio è vicino al corpo più i campi sono numerosi (E). Fonte: Graziano and Cooke, Parieto-frontal interactions, personal space and defensive behavior. Neuropsychologia 44(13): Come è evidente dalla figura 7(E) in diversi studi si è indagato se lo spazio peripersonale fosse costituito da un unico settore che circonda il corpo o da un insieme di moduli, ognuno responsabile dello spazio adiacente ad una specifica parte del corpo. I risultati dello studio di Farnè e collaboratori (2005) su un gruppo di pazienti affetti da estinzione crossmodale hanno mostrato che toccando sulla mano sinistra (controlesionale) i pazienti esaminati vi era estinzione quando simultaneamente uno stimolo visivo era presentato vicino alla mano destra (ipsilesionale), ma ciò avveniva in maniera minore quando lo stimolo visivo era presentato vicino al volto e quello tattile sulla mano, e viceversa. L estinzione era dunque maggiormente presente quando erano stimolate parti del corpo omologhe (mano-mano/viso-viso) piuttosto che quando la stimolazione avveniva in zone non omologhe (mano-viso/viso-mano). Questi risultati dimostrano che la rappresentazione dello spazio peripersonale non è unitaria, ma costituita da diversi moduli, ognuno responsabile della codifica dello spazio adiacente ad una specifica parte del corpo, proprio come riportato in figura 7. Finora gli studi si sono focalizzati su mani e volto, ma esperimenti futuri potrebbero essere rivolti all individuazione dei medesimi risultati con stimoli presentati vicino ad altri parti corporee L interazione con l ambiente. L attivazione della rappresentazione dello spazio peripersonale sembra seguire un flusso di informazioni bottom-up in modo automatico. È stato dimostrato che in alcuni pazienti con estinzione crossmodale, quando uno stimolo visivo viene presentato vicino alla mano ipsilaterale, si induce una estinzione dello stimolo tattile sulla mano controlesionale e lo stesso avviene se sulla mano del paziente vi è una lastra trasparente di plexiglas, la quale quindi non ostacola la codifica multisensoriale degli stimoli visivi nello spazio peripersonale, poiché il paziente era consapevole dell impossibilità di un contatto fra lo stimolo visivo e la mano. Pertanto è intuibile che la percezione visuo-tattile avviene in modo automatico. La percezione degli oggetti nel nostro spazio peripersonale sarebbe guidata dallo stimolo, una volta identificatane la giusta localizzazione saremmo in grado di mettere in atto la corretta 25

26 risposta motoria, anche quando non riceviamo informazioni tattili cioè quando non siamo in contatto diretto con l oggetto (Làdavas & Serino, 2008). Questo tipo di azioni sono controllate dai neuroni bimodali, che controllano i movimenti del braccio basandosi sulle informazioni visive, nel putamen, nel solco intraparietale (VIP) e nell area inferiore 6. Per riuscire a portare un oggetto alla bocca, ad afferrarlo o indicarlo è necessario sapere dove si trova. Quindi, quando parliamo di caratteristiche funzionali dello spazio peripersonale, non intendiamo solo il comportamento difensivo, ma tutte quelle azioni che compiamo frequentemente nella quotidianità. Queste azioni sono spesso automatiche e richiedono molta velocità, non occorre una pianificazione approfondita, quindi le compiamo in modo del tutto inconscio. L attività dei neuroni multisensoriali, in questi casi, non richiede un processamento di informazioni di alto livello. A maggiore conferma della localizzazione di aree deputate alla rappresentazione dell'azione, studi di neuroimaging hanno evidenziato come proprio la corteccia premotoria ventrale (vmpc) e la corteccia parietale posteriore (PPc) sono altamente interconnesse tra loro, oltre che alla corteccia motoria, e sono inoltre implicate nell immaginazione e osservazione di azioni (Avenanti et al., 2007). Inoltre un ulteriore conferma di questi dati è che la maggior parte dei neuroni del solco intraparietale fa parte anche della via dorsale, la via del dove. Questa via è responsabile della guida visiva delle azioni affiancata ad una percezione inconscia della rappresentazione spaziale in termini di azioni specifiche come l afferramento. Diversamente invece, la via ventrale del cosa è responsabile del processamento delle caratteristiche fisiche degli oggetti (Ungerleider & Miskin, 1982). Da tutti gli studi che ne indagano le caratteristiche sembra quindi che la rappresentazione dello spazio peripersonale, mediata dalla via dorsale, non sia influenzata dall elaborazione delle caratteristiche visive semantiche dell oggetto, che invece sono mediate dalla via ventrale (Làdavas & Serino, 2008). Lesioni della corteccia parietale posteriore non producono infatti solo deficit motori o sensoriali primari, ma disturbi più complessi, come ad esempio l atassia ottica, dovuta all incapacità di localizzare stimoli distanti per poterli raggiungere, o l aprassia, in cui il paziente ha difficoltà nel pianificare movimenti. In particolare, diverse regioni di PPc sembrano essere adibite alla pianificazione di movimenti saccadici (funzione svolta dall area LIP) e di azioni quali il raggiungimento (area MIP) e l afferramento (area AIP) di oggetti, attraverso una comune rappresentazione spaziale. La corteccia parietale posteriore sarebbe implicata nelle fasi iniziali della pianificazione del movimento, quali l integrazione multisensoriale e la codifica delle coordinate spaziali, svolgendo anche una funzione di controllo attentivo e di apprendimento nell ambito di operazioni sensori-motorie. 26

27 Le caratteristiche funzionali dello spazio peripersonale, quindi l abilità di localizzare gli stimoli anche quando non sono in diretto contatto con la pelle e di produrre movimenti appropriati in risposta ad essi, avanza l ipotesi che la rappresentazione spaziale può essere modificata da azioni di ricerca nello spazio, come, ad esempio, quando un soggetto usa uno strumento per raggiungere oggetti nello spazio lontano (Làdavas & Serino, 2008) Proprietà dinamiche: uso di un tool. In uno studio del 1996 Iriki e collaboratori hanno dimostrato come i campi recettivi visivi dei neuroni bimodali della PPc della scimmia possono modificarsi dopo azioni che comportano l uso di uno strumento. Durante l esperimento, le scimmie venivano addestrate a utilizzare un rastrello per raggiungere il cibo nello spazio extrapersonale. Registrando l attività dei neuroni a livello di quest area si è potuto osservare come i campi recettivi visivi ancorati alla mano che utilizzava il rastrello si espandevano tanto da includere lo spazio intorno al rastrello. Quando però l animale smetteva di usarlo i campi ritornavano alla loro estensione. Sembra quindi che il prolungamento della mano, inteso come la capacità di raggiungere oggetti più lontani dovuto all utilizzo del rastrello, rimoduli la concezione di spazio vicino e dello spazio lontano, pertanto i neuroni che prima si attivavano per la codifica dello spazio peripersonale, poi si attiveranno anche alla presenza di stimoli che si trovano nello spazio extrapersonale. In uno studio del 2000 Berti e Frassinetti hanno confermato la rimodulazione delle mappe spaziali in seguito all utilizzo di uno strumento con uno studio su una paziente con lesione all emisfero destro che presentava neglect sinistro, con un evidente dissociazione fra spazio vicino e lontano, presentando la negligenza spaziale solo nello spazio vicino e non in quello lontano. Quando la paziente doveva bisecare delle linee su un foglio con il suo dito mostrava un bias verso lo spazio destro, ignorando quindi lo spazio di sinistra, tipico dei pazienti con neglect. Quando però il foglio veniva collocato nello spazio lontano e per la bisezione veniva usata una penna laser, il neglect scompariva. Sulla base delle proprietà plastiche dello spazio peripersonale, alla paziente venne chiesto di eseguire il compito di bisezione nello spazio extrapersonale con una bacchetta. Come le autrici avevano ipotizzato, la paziente mostrava il neglect anche nello spazio lontano, solo quando effettuava il compito con la bacchetta, a causa del rimappaggio dello spazio vicino e lontano dovuto all utilizzo del tool. Altri studi sulla plasticità dello spazio peripersonale hanno utilizzato paradigmi basati sull estinzione crossmodale, ad esempio su un gruppo di pazienti con lesione destra. (Làdavas & Serino, 2008). Prima dell utilizzo di uno strumento l estinzione crossmodale era limitata allo spazio intorno alla mano e di conseguenza l incapacità di percepire informazioni controlesionali 27

28 tattili in presenza simultanea di informazioni ipsilesionali visive avveniva solo quando entrambi gli stimoli erano nello spazio peripersonale. Si è potuto osservare che, dopo l utilizzo attivo di uno strumento, per raggiungere oggetti lontani dal soggetto, l estinzione avveniva anche quando lo stimolo ipsilaterale veniva presentato vicino alla punta dello strumento, ad esempio un rastrello, come mostrato nella figura 8. Fig 8. La figura mostra schematicamente il paradigma sperimentale utilizzato. La mano trasparente colorata in giallo metaforicamente indica lo spazio peripersonale intorno alla mano prima e dopo l utilizzo del rastrello. V:stimolo visivo, T: stimolo tattile Fonte: Làdavas & Serino, Action-dependent plasticity in peripersonal space representations. Cognitive Neuropsychology, 0000, 00 (0), In un altro esperimento che utilizzava lo stesso paradigma Maravita e colleghi nel 2001 sottolinearono come l estinzione era più forte quando i partecipanti usavano lo strumento verso lo stimolo visivo, ad esempio facendo compiti di pointing, piuttosto che quando lo strumento era presente, ma non veniva utilizzato con un fine. Tutti questi risultati suggeriscono alcune riflessioni importanti riguardo alla plasticità dello spazio peripersonale. Prima di tutto che per avere estensione dello spazio peripersonale non basta un superficiale utilizzo di uno strumento, ma è necessario che il soggetto compia delle azioni concrete, attive e dirette da uno scopo specifico. Un altra riflessione riguarda la relazione tra l estensione dello spazio peripersonale e la lunghezza del tool. Da iniziali studi questa relazione sembrava direttamente proporzionale: l estensione risultava infatti maggiore in seguito all utilizzo di un tool di 60 cm piuttosto che uno di 30 cm. In uno studio del 2005 Farnè, Iriki e Làdavas, introdussero un particolare tipo di tool, con una lunghezza totale di 60 cm, ma in cui il punto funzionale, necessario per afferrare un oggetto lontano, era posizionato a 30 cm dalla mano, cioè a metà rispetto alla lunghezza totale dello strumento. Questo per osservare se l estensione 28

29 dello spazio peripersonale dipendesse dalle proprietà fisiche del tool, quindi la lunghezza, o da quelle funzionali, ossia il punto del tool in cui è possibile afferrare l oggetto. Lo stimolo visivo era presentato sempre a 60 cm dalla mano del soggetto e quindi alla punta dei due bastoni. I risultati hanno mostrato un grado di estinzione crossmodale minore dopo l utilizzo dello strumento modificato rispetto a quella evidenziata con l uso del tool normale di 60 cm. L esperimento dimostra dunque che l estensione dello spazio peripersonale è correlata alla lunghezza funzionale del tool, cioè la distanza fra mano e punto funzionale del bastone, non semplicemente a quella fisica dello strumento. Un ulteriore questione riguarda la possibilità che l uso del tool più che estendere lo spazio peripersonale, sposti l area di integrazione multisensoriale in un punto più lontano dal corpo, come l estremità del tool, o addirittura ne crei una nuova, accanto a quella attorno alla mano. Per verificare questa ipotesi è stata studiata la modulazione dell estinzione crossmodale, in pazienti con lesione destra, indotta dall utilizzo di un tool, misurandola in differenti posizioni lungo l asse del tool (sull impugnatura, in mezzo e sulla punta esterna). I risultati hanno mostrato un aumento dell estinzione crossmodale dopo l uso del tool sia in mezzo che sulla punta dello strumento, ma non nell area vicina alla mano. Dunque si può concludere che l uso del tool estende lo spazio peripersonale della mano fino a comprendere l intera lunghezza del tool. (Làdavas & Serino, 2008). Infine un ultima riflessione riguarda le caratteristiche temporali dell integrazione multisensoriale, cioè il fatto che l espansione dello spazio peripersonale sia breve e scompaia dopo il training con lo strumento. In un interessante studio Serino e colleghi (2007) hanno misurato l integrazione audio-tattile nello spazio attorno alla mano e nello spazio lontano in persone non vedenti, che utilizzano un bastone nella vita quotidiana, e in soggetti sani, bendati. Il compito consisteva nel rispondere a degli stimoli tattili sulla mano destra mentre contemporaneamente erano presentati dei suoni irrilevanti, vicino alla mano o lontano da essa, a una distanza corrispondente alla lunghezza del tool. I soggetti sani mostravano tempi di risposta allo stimolo tattile più veloci quando questo era associato a un suono presentato nello spazio vicino alla mano, rispetto a quando era lontano. Dopo l utilizzo di uno strumento invece, la facilitazione nella risposta tattile associata ad un suono vicino scompariva, e i soggetti diventavano più veloci a rispondere ad uno stimolo tattile associato ad un suono presentato nello spazio lontano, cioè alla punta dello strumento. Questo effetto nei partecipanti sani scompariva dopo un giorno. Nei soggetti non vedenti invece, quando impugnavano il loro bastone, fin da subito si registravano tempi di risposta associati a suoni lontani minori di quelli associati a suoni vicini. Sembra quindi che l uso quotidiano del tool abbia prodotto in questi soggetti un estensione a lungo termine dello spazio peripersonale. Infatti questi risultati non sono dovuti semplicemente ad una diversa 29

30 sensibilità ai suoni sviluppata dai soggetti non vedenti, perché quando essi svolgevano il compito avendo in mano solo l impugnatura del tool (quindi più corta del bastone), l estensione della rappresentazione dello spazio peripersonale era limitata intorno alla mano, come nei soggetti sani prima del training con lo strumento. Il fatto che i loro tempi di reazione fossero da subito minori per lo spazio lontano piuttosto che per lo spazio vicino indica che i due settori sono da loro codificati al contrario (lo spazio lontano diventa vicino e viceversa). Gli autori interpretano questa modifica col fatto che, per poter prevenire la collisione con oggetti esterni, lo spazio vicino alla punta del bastone diventa, per persone non vedenti, più importante di quello vicino alla mano. In questo senso l estensione dello spazio peripersonale rappresenta per loro un importante processo adattivo, poiché non possono beneficiare di informazioni di tipo visivo, quelle tattili fornite dal bastone diventano l unico modo per poter prevenire ed evitare lo scontro con oggetti esterni. In un altro studio che utilizza lo stesso paradigma audio-tattile Bassolino e colleghi confermano l esistenza di meccanismi di estensione a lungo termine dello spazio peripersonale, nel caso specifico solo intorno alla mano con cui abitualmente utilizziamo il mouse (Bassolino et al., 2010). Sembra quindi che la plasticità dello spazio peripersonale dovuta all utilizzo di uno strumento sia legata fortemente all esperienza e all uso attivo di quel determinato tool. Uno studio in preparazione di Canzoneri e collaboratori conferma come l uso di un tool determini l estensione dello spazio peripersonale, e in più è stato osservato che il training con uno strumento sembra modificare la rappresentazione della parte del corpo con cui esso si utilizza, in questo caso, il braccio. Dai risultati ottenuti con un compito di giudizio tattile prima e dopo l utilizzo del tool, il braccio era percepito come più stretto e lungo dopo averlo usato per dei compiti di raggiungimento di oggetti. Tali effetti sembrano essere strettamente legati ad un training con il tool, poiché queste rappresentazioni non cambiano dopo un compito di pointing. L uso di uno strumento sembrerebbe modificare non solo lo spazio peripersonale, ma anche la percezione del proprio schema corporeo Specchi e ombre come tool. Diversi studi hanno dimostrato come l azione effettuata con uno strumento permette il rimappaggio della rappresentazione dello spazio intorno al nostro corpo. Esistono poi altre situazioni in cui stimoli presentati sulla superficie corporea interagiscono con quelli presentati lontano dal corpo, basti pensare all immagine corporea riflessa allo specchio e alle ombre del proprio corpo. Ogni stimolo che si osserva ricevere sullo specchio ad esempio, viene riferito vicino al corpo del soggetto anche se in realtà esso si trova nello spazio extrapersonale. Lo 30

31 specchio diventa lo strumento che connette lo spazio vicino a quello lontano dal proprio corpo (Holmes et al., 2006). Anche in questo caso studi di estinzione per stimoli tattili controlesionali (Maravita et al., 2000) su pazienti con danno cerebrale destro hanno dimostrato che lo stimolo visivo ipsilesionale applicato sulla mano riflessa allo specchio, ma lontana da quella reale, estingueva lo stimolo tattile sulla mano reale del paziente. Lo spazio lontano, quello coincidente con lo specchio, viene rimappato come peripersonale. La relazione virtuale tra immagine riflessa e il proprio corpo basta quindi a cambiare i confini del proprio spazio peripersonale (Làdavas & Serino, 2008). Un altro caso abbastanza comune di interazione vicino-lontano è rappresentato dall ombra del corpo, la quale segue costantemente il nostro corpo, ha la sua stessa forma e si modifica a seconda dei nostri movimenti. Pavani e Castiello (2004) suggeriscono che quindi un ombra può legare tra loro lo spazio personale e quello extrapersonale. Per dimostrarlo gli autori hanno utilizzato un paradigma di congruenza visuotattile per valutare l'effetto visivo di stimoli presentati vicino all'ombra della mano del partecipante e stimoli tattili sulla mano. Gli stimoli visivi potevano essere congruenti e non congruenti con la posizione spaziale dello stimolo tattile ma dovevano essere ignorati, nel compito i partecipanti dovevano solo riferire lo stimolo tattile. In generale i partecipanti erano più veloci o più accurati quando gli stimoli tattili e visivi erano presentati in modo congruente nello stesso spazio, in particolare in quello peripersonale intorno alla mano e vicino all ombra della mano. I risultati hanno dimostrato come gli stimoli visivi, anche presentati nello spazio extrapersonale, ma vicino all ombra del partecipante, hanno interagito con la discriminazione tattile della mano. Lo spazio intorno all'ombra è, almeno in parte, rimappato come spazio vicino al corpo. È necessario però che l ombra sia quella del partecipante, cioè abbia la sua reale forma e movimento. In un paradigma seguente venivano manipolate queste due caratteristiche e l effetto di riduzione dei tempi di reazione spariva. I risultati ottenuti, sia con gli specchi che con le ombre, suggeriscono che uno stimolo visivo, anche fisicamente collocato nello spazio lontano, ma strettamente legato al corpo, può attivare la rappresentazione dello spazio che circonda il corpo in modo che, se si verificano eventi esterni nello spazio lontano, essi vengono integrati nella rappresentazione multisensoriale dello spazio peripersonale. Questa plasticità dello spazio peripersonale dovuta all utilizzo di un tool, specchi e ombre, ha sicuramente una funzione adattiva. Nella vita di tutti i giorni, ci serviamo di questi strumenti per rilevare stimoli visivi che si avvicinano al corpo e quindi preparare l eventuale reazione. Dal momento che una delle funzioni di base dei sistemi neuronali, che rappresentano lo spazio peripersonale, come detto nel primo paragrafo è proteggere il corpo da potenziali pericoli (Graziano & Cooke, 2006), lo specchio e l'ombra del 31

32 corpo, potrebbero implementare la rappresentazione dello spazio peripersonale per migliorare i comportamenti difensivi. In conclusione, le diverse rappresentazioni multisensoriali dello spazio intorno al corpo, sono dinamiche e funzionali per l azione. Pertanto, la possibilità di agire nello spazio contribuisce di per sé alla costruzione della percezione spaziale, suggerendo una continuità tra rappresentazioni sensoriali e rappresentazioni motorie spaziali (Làdavas & Serino 2008). Capitolo 3 Spazio peripersonale e interazioni sociali «Un abbraccio vuol dire: tu non sei una minaccia. Non ho paura di starti così vicino. Posso rilassarmi, sentirmi a casa. Sono protetto, e qualcuno mi comprende. La tradizione dice che quando abbracciamo qualcuno in modo sincero, guadagniamo un giorno di vita». (Paulo Coelho, Aleph) 3.1. Il mio spazio e quello degli altri: esperimenti sulle scimmie. Abbiamo visto che la presenza di oggetti e le azioni degli altri possono avere diversa rilevanza per l'osservatore e perciò portare a diverse risposte comportamentali, a seconda delle regioni di spazio in cui avvengono. In un recente studio Caggiano e collaboratori hanno osservato in scimmie rhesus alcuni neuroni della corteccia premotoria che si attivano sia durante l'esecuzione che durante l'osservazione di atti motori. Questa classe di neuroni, detta neuroni specchio, venne descritta in primo luogo nell area F5 della scimmia (vedi figura 1, nel primo capitolo), che fra le altre cose è adibita alla comprensione delle azioni osservate (Rizzolatti et al., 1997). Gli autori nel 2009 hanno voluto indagare se l attività di questi neuroni viene modulata in maniera diversa dalla posizione nello spazio dell azione che viene osservata e hanno registrato che circa la metà di essi preferisce lo spazio peripersonale o extrapersonale della scimmia. Una parte di questi neuroni specchio, inoltre, sembra codificare lo spazio secondo una rappresentazione metrica, mentre altri in termini operativi, a seconda della possibilità della scimmia di interagire con l'oggetto. Svolgono pertanto un ruolo fondamentale 32

33 nella scelta della reazione comportamentale allo stimolo con cui il soggetto interagisce. Per verificare questa ipotesi gli autori hanno analizzato gli effetti della distanza relativa tra l osservatore e chi compie l azione. Sebbene, infatti, sia completamente irrilevante ai fini della comprensione dell azione in sé, la precisa conoscenza della distanza è cruciale per scegliere la reazione più adeguata e calcolare la possibilità di interazione. In un primo test, come è possibile vedere nella figura 9 B, un ricercatore spostava la mano all interno e all esterno del raggio d azione del macaco, cioè lo spazio peripersonale, dopo aver testato le risposte neurali durante la messa in atto di azioni da parte della scimmia (I): l analisi dell attività dei neuroni specchio rilevava che il 26% rispondeva selettivamente se gli atti motori venivano compiuti nello spazio extrapersonale della scimmia (III); il 27% mostrava invece una selettività per lo spazio peripersonale (II) ed il restante 47% rispondeva alla presentazione della scena motoria indipendentemente dalla posizione spaziale nella quale veniva eseguita. Con questi risultati si può quindi affermare che nella F5 della scimmia, le risposte visive dei neuroni specchio sono state modulate dalla posizione nello spazio in cui sono state eseguite azioni osservate. Fig 9 In A è mostrata la sezione laterale sinistra del cervello della scimmia in cui si registra l attività dei neuroni, in arancio F5, CS: solco centrale ; PS: solco principale; AS: solco arcuato. In B il paradigma sperimentale. Il cerchio intorno alla scimmia delimita la distanza di reaching dell animale (spazio peripersonale). In (I) si testa la risposta dei neuroni durante i movimenti attivi della scimmia prima delle risposte visive neuronali con i movimenti fatti dallo sperimentatore nello spazio peripersonale (II) ed extrapersonale(iii) della scimmia. L ordine delle sessioni II e III viene bilanciato nelle varie sessioni Fonte: Caggiano, Fogassi, Rizzolatti, Thier, Casile (2009). Mirror Neurons Differentially Encode the Peripersonal andextrapersonal Space of Monkeys. Science vol 324, Alcuni neuroni, che rispondevano esclusivamente durante l osservazione dell atto nello spazio extrapersonale, sono stati studiati anche eseguendo l atto nello spazio di 33

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