PROPRIETA DI IMAGING DI UN RIVELATORE 3 x3 DI BROMURO DI LANTANIO

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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI MILANO Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea Magistrale in Fisica PROPRIETA DI IMAGING DI UN RIVELATORE 3 x3 DI BROMURO DI LANTANIO Relatore: Prof. Franco Camera Correlatrice: Dott. ssa Nives Blasi Tesi di Laurea di: FRANCESCA BIROCCHI Matricola n Codice PACS: Mc Anno Accademico 2009/2010

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3 Alla mia famiglia

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5 Indice Introduzione... 1 Capitolo 1: Il cristallo di LaBr 3 (Ce) Proprietà generali Proprietà di Imaging del LaBr 3 (Ce) Light Point Spread Function Linearità con la posizione Risoluzione spaziale Effetto Doppler Capitolo 2: Gamma Imaging Radionuclide Imaging PET (Positron Emission Tomography) SPECT (Single Photon Emission Computed Tomography) Anger Camera Anger Camera con un LaBr 3 (Ce) Capitolo 3: Anger Camera con un LaBr 3 (Ce) di grosse dimensioni Apparato sperimentale Il cristallo di LaBr 3 (Ce) Il fototubo schermato Il fototubo segmentato Misure sperimentali Capitolo 4: Il codice di simulazione, GEANT Geometria del rivelatore Proprietà ottiche delle superfici Files di output Verifica del codice di simulazione Capitolo 5: Pareti totalmente assorbenti... 43

6 5.1 Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il fotocatodo Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il singolo segmento del PMT Immagini della distribuzione di luce Algoritmi per il calcolo del centroide Media pesata Averaging Proiezioni Nove segmenti Linearità spaziale Capitolo 6: Pareti smerigliate Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il fotocatodo Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il singolo segmento del PMT Immagini della distribuzione di luce Algoritmi per il calcolo del centroide Averaging Nove segmenti Linearità spaziale Capitolo 7: Algoritmo di imaging Ottimizzazione dei parametri Numero finale di segmenti Numero iniziale di segmenti Esclusione dei segmenti più esterni del fototubo Analisi del fondo Immagini dei segmenti selezionati dall algoritmo Implementazione di un nuovo algoritmo Efficienza dell algoritmo di calcolo del centroide Conclusioni Appendice A Bibliografia

7 Introduzione Nei primi anni 2000 è stato introdotto sul mercato dei rivelatori il cristallo di bromuro di lantanio drogato con cerio, LaBr 3 (Ce). In poco meno di un decennio questo scintillatore inorganico è diventato il rivelatore maggiormente studiato e con le migliori prospettive di utilizzo nell ambito della spettroscopia gamma; oltre all alto light yield, alla linearità nella produzione della luce di scintillazione e all ottima stabilità con la temperatura, il LaBr 3 (Ce) presenta infatti la migliore risoluzione energetica tra tutti gli scintillatori attualmente esistenti (8.8% a 140 kev e 2.7% a 662 kev). Queste caratteristiche, unite a un eccellente risoluzione temporale (300 ns) e a un tempo di decadimento di soli 16 ns, hanno portato all impiego del bromuro di lantanio anche nel campo dell imaging, in particolare di quello medico: i prototipi di SPECT, basati su cristalli planari e continui di LaBr 3 (Ce) di spessore inferiore al centimetro, hanno mostrato che è possibile, con energie inferiori ai 150 kev, ottenere una buona efficienza di rivelazione e una risoluzione posizionale inferiore al millimetro. Le proprietà di imaging ottenibili con cristalli di dimensioni superiori al centimetro e gamma di energia medio-alta ( MeV) non sono ancora note, ma potrebbero essere sfruttate, sia nel campo dell astrofisica spaziale, sia in aspetti più applicativi come i controlli di sicurezza o le applicazioni mediche. Nell ambito della ricerca nucleare e della spettroscopia gamma, le tecniche di imaging e l informazione posizionale sono di grande utilità per la riduzione dell effetto dell allargamento Doppler. Questo fenomeno, più intenso all aumentare del v/c della sorgente e al diminuire della distanza tra rivelatore e sorgente, può infatti peggiorare sensibilmente la risoluzione energetica e deteriorare così completamente le prestazioni di un apparato di rivelazione. Questo lavoro di tesi ha lo scopo di studiare, attraverso codici di simulazione, le proprietà di imaging di cristalli di LaBr 3 (Ce) di dimensioni 3 x3 al variare dell energia della radiazione incidente. La nostra analisi si colloca all interno di un progetto di ricerca che si propone di verificare la possibilità di localizzare il punto d interazione della radiazione gamma all interno di uno scintillatore di bromuro di lantanio di grande volume e di costruire poi un rivelatore sensibile alla posizione per misure di spettroscopia gamma.

8 2 Introduzione Dopo un primo capitolo, nel quale vengono descritte le proprietà spettroscopiche e di imaging del cristallo di bromuro di lantanio, abbiamo presentato i sistemi di imaging con rivelatori di piccolo spessore utilizzati in ambito medico (Capitolo 2). In particolare ci siamo soffermati sul modello sul quale si basa il sistema simulato in questo lavoro: l Anger Camera, costituita da uno scintillatore accoppiato a un fototubo position sensitive. Il terzo capitolo illustra le caratteristiche del sistema di imaging con cristalli di grosso volume realizzato nell ambito della ricerca fisica nucleare ed espone i primi risultati con esso ottenuti. Nel quarto capitolo sono descritti brevemente gli aspetti principali di Geant4, il codice di simulazione utilizzato in questo lavoro di tesi; ci siamo soffermati in particolare sulla geometria del rivelatore e sulle proprietà ottiche delle superfici. La caratterizzazione del sistema di imaging con un cristallo di LaBr 3 (Ce) di grosso volume inizia nel Capitolo 5 con l analisi preliminare del sistema in cui il rivelatore presenta pareti totalmente assorbenti. Dapprima è stato esaminato l andamento della percentuale dei fotoni che colpisce o il fotocatodo o il singolo segmento in funzione della distanza del primo hit d interazione dal fotocatodo; poi sono state analizzate le immagini ottenute con un illuminazione uniforme del cristallo e con una sorgente ideale puntiforme. A partire dai risultati ottenuti, sono stati ideati alcuni semplici algoritmi per il calcolo della posizione d interazione della radiazione gamma all interno del cristallo ed è stata calcolata la linearità spaziale del sistema. Analizzata la risposta del cristallo con pareti assorbenti, abbiamo caratterizzato il sistema costituito da un rivelatore con superfici smerigliate riflettenti (Capitolo 6), confrontando i risultati ottenuti con quelli del LaBr 3 (Ce) con pareti assorbenti. Nell ultimo capitolo si è infine studiato e analizzato l algoritmo per il calcolo del centroide al fine di migliorare la linearità del sistema e la precisione con cui si individua la posizione della prima interazione del gamma nel cristallo.

9 Capitolo 1: Il cristallo di LaBr 3 (Ce) 1.1 Proprietà generali Il bromuro di lantanio (LaBr 3 ) è un composto inorganico che, se drogato con una concentrazione del 5% di cerio, presenta ottime proprietà di scintillazione, come ha mostrato lo studio condotto tra il 2000 e il 2001 da Delft and Bern Universities. Il cristallo è stato introdotto sul mercato dei rivelatori dalla Saint-Gobain con il nome di Brillance 380 (dalla lunghezza d onda in nanometri della luce di scintillazione emessa). Inizialmente, le dimensioni dei cristalli in commercio erano ridotte a causa della loro forte anisotropicità: la dipendenza del coefficiente di dilatazione termica e dell indice di rifrazione dall angolo che la direzione di propagazione forma con un asse privilegiato del cristallo, infatti, complicava il raffreddamento, e quindi la costruzione, di cristalli di grandi dimensioni. Solo a partire dal 2005 sono state realizzate fornaci che riducono lo stress meccanico a cui è sottoposto il cristallo e permettono quindi la realizzazione di LaBr 3 (Ce) di dimensioni maggiori (fino a 4 x10 ) e costi ridotti. Figura 1 Progresso nella costruzione di cristalli di bromuro di lantanio di dimensioni sempre maggiori aggiornato al 2007 [1]

10 4 1.1 Proprietà generali Il progresso nella produzione del Brillance 380 di dimensioni sempre maggiori (illustrato nella Figura 1) è strettamente legato al suo largo impiego in numerose applicazioni: dalla spettroscopia gamma alla medicina, dalla geofisica all astronomia. Questo cristallo presenta infatti notevoli proprietà, che lo rendono uno dei migliori scintillatori in commercio. La tabella seguente mostra le principali caratteristiche del LaBr 3 (Ce), confrontate con quelle degli scintillatori maggiormente in uso. Tabella 1 Proprietà degli scintillatori maggiormente in uso [2] Il primo dato che emerge è l alto light yield, ossia il numero di fotoni prodotti per unità di energia persa dalla particella ionizzante all interno del cristallo: il LaBr 3 (Ce) risulta produrre 63 fotoni/kev, ossia il 40% di luce in più rispetto allo ioduro di sodio (NaI). In aggiunta all eccellente produzione di luce di scintillazione, il LaBr 3 (Ce) ha un elevato stopping power: con una densità di 5.08 g/cm 3, il bromuro di lantanio presenta un efficienza maggiore sia dello ioduro di sodio (+43%) che del fluoruro di bario (+8%). Un altra importante caratteristica del Brillance 380 è l alta linearità della luce di scintillazione al variare dell energia: misurando la produzione di fotoni con diverse sorgenti (dai 60 ai 1000 kev), si misura una non proporzionalità di circa il 5%, contro l oltre 30% del NaI. Questa ottima linearità è dovuta principalmente all assenza di disomogeneità e di fenomeni di autoassorbimento all interno dei cristalli, anche se di grandi dimensioni (Figura 2). Sia l alto light output che la buona linearità contribuiscono a rendere la risoluzione energetica del LaBr 3 (Ce) la migliore tra quelle degli scintillatori in commercio: a 661 kev, per esempio, con il Brillance 380 si ottiene una FWHM di 2.7% contro il 7% del NaI e il 12% del fluoruro di bario (BaF 2 ).

11 Capitolo 1: Il cristallo di LaBr 3 (Ce) 5 Figura 2 Confronto tra la linearità del LaBr 3 (Ce) e quella dell NaI: andamento del light yield in funzione dell energia Utilizzando una sorgente di 60 Co che emette due gamma con energia di 1173 e 1332 kev, si osserva che, nello spettro energetico prodotto dal LaBr 3, i picchi associati al totale assorbimento dei gamma da 1773 e 1332 kev sono perfettamente disgiunti, mentre in quello del NaI o del BaF 2 le code vanno a sovrapporsi (Figura 3). Figura 3 Spettri energetici della sorgente di 60 Co osservati con tre diversi rivelatori: LaBr 3 (Ce), NaI e BaF 2

12 6 1.1 Proprietà generali Nella Figura 4, dove è mostrato lo spettro energetico misurato con una sorgente di 133 Ba, nello spettro dello ioduro di sodio non si riescono addirittura a distinguere picchi che sono ben visibili in quello del bromuro di lantanio. Figura 4 Spettri energetici di una sorgente di 133 Ba ottenuti con due scintillatori: LaBr 3 (Ce) e NaI (misure effettuate presso ENEA Casaccia Researh Centre). Possiamo notare come il LaBr 3 permetta di distinguere il picco a 302 kev da quello a 274 kev e quello a 380 kev da quello a 356 kev Figura 5 Confronto tra l andamento della risoluzione energetica del LaBr 3 (Ce) e quella dello ioduro di sodio [2]

13 Capitolo 1: Il cristallo di LaBr 3 (Ce) 7 Grazie alla buona linearità del cristallo, inoltre, la risoluzione energetica segue l andamento previsto dalla statistica di Poisson, risulta cioè proporzionale alla radice quadrata dell energia. Da questo andamento, atteso per i rivelatori lineari, si discosta ad esempio lo ioduro di sodio, come vediamo nella Figura 5. E importante sottolineare che le ottime proprietà del Brillance 380, come mostrato in Figura 6, si preservano all aumentare della temperatura: il numero dei fotoni prodotti e il valore della risoluzione energetica variano al più del 5% e a 175 C la produzione di fotoni è al 90% rispetto a quello che avviene a temperatura ambiente [5]. Figura 6 Andamento del light output e della risoluzione energetica del LaBr 3 al variare della temperatura, normalizzata a 25 C [5] Figura 7 Andamento del light output del LaBr 3 (Ce) in funzione della temperatura confrontato con quello di altri scintillatori [2]

14 8 1.1 Proprietà generali Oltre ad ottime proprietà energetiche, il LaBr 3 (Ce) presenta un tempo di decadimento di circa 16 ns e, di conseguenza, rende possibili alti rate di conteggio: il bromuro di lantanio conta infatti fino a 200 volte più velocemente del NaI e, come possiamo osservare nella Figura 8, presenta ottime prestazioni in termini di conteggio fino a frequenze di 1.8 Mcps [2]. Figura 8 Rate di conteggio misurato in funzione di quello vero con una sorgente di 57 Co con due diversi scintillatori: LaBr 3 (Ce) e NaI [2] Figura 9 - Coincidence Resolving Time per scintillatori di lantanio in funzione delle dimensioni del cristallo per raggi gamma provenienti da una sorgente di 22 Na che deposita all interno del cristallo 511 kev [2]

15 Capitolo 1: Il cristallo di LaBr 3 (Ce) 9 Il breve tempo di decadimento, unito all alto light yield, è responsabile anche delle ottime proprietà di timing: il cristallo presenta un Coincidence Resolving Time 1 di circa 500 ps e, se accoppiato con opportuni fototubi, può arrivare anche a risoluzioni temporali intrinseche dell ordine di quelle del BaF 2 (il miglior rivelatore in termini di proprietà di timing). Il CRT del LaBr 3 (Ce), inoltre, come mostra la Figura 9, a causa dell elevata velocità del cristallo dipende anche dal tempo di propagazione della luce e quindi dalle dimensioni del rivelatore. 1.2 Proprietà di Imaging del LaBr 3 (Ce) L eccellente risoluzione energetica, l alto light output, l ottima linearità e l alta velocità hanno suggerito, negli ultimi anni, l impiego di cristalli di LaBr 3 (Ce) nell ambito dell imaging gamma. Le caratteristiche più significative in un dispositivo di imaging sono: 1) la funzione di distribuzione della luce (Light Point Spread Function) 2) la linearità con la posizione 3) la risoluzione spaziale Light Point Spread Function Un parametro che influenza fortemente le prestazioni di imaging di un sistema è la Light Point Spread Function (Light PSF), ossia la rappresentazione sul piano del fotocatodo della luce di scintillazione originata da una sorgente puntiforme. I primi a studiare la distribuzione sul fotocatodo della luce di scintillazione di un cristallo furono Scrimger e Baker nel 1967 [7]: analizzando un sistema costituito da un cristallo di NaI (di 11 di diametro e ½" di spessore), una guida ottica e una lastra fotografica, trovarono che i dati sperimentali ben si adattavano alla seguente distribuzione: dove, t è la distanza del punto di scintillazione dal fotocatodo, r la distanza dalla normale e I 0 l intensità misurata sul fotocatodo perpendicolarmente al punto di scintillazione. 1 Il Coincidence Resolving Time (CRT) è definito come il più ampio intervallo di tempo che intercorre tra due impulsi in modo tale che questi vengano processati dal sistema come eventi in coincidenza

16 Proprietà di Imaging del LaBr 3 (Ce) Figura 10 Parametri per l equazione di Scrimger e Baker A partire da questa espressione si può calcolare la larghezza a metà altezza della distribuzione di luce: Questa equazione mette in evidenza che, come mostra anche la Figura 11, la FWHM della distribuzione formulata da Scrimger e Baker dipende solo dal parametro t, ossia dalla distanza dell evento di scintillazione dal piano del fotocatodo. Figura 11 Profilo della distribuzione della luce sul piano del fotocatodo secondo Scrimger e Baker, al variare del parametro t [7]

17 Capitolo 1: Il cristallo di LaBr 3 (Ce) Linearità con la posizione La linearità spaziale indica la capacità di un dispositivo di imaging di riprodurre linearmente la disposizione di sorgenti radioattive in diversi punti della superficie del cristallo. La linearità spaziale può essere visualizzata plottando, come in Figura 12, la posizione misurata in funzione di quella reale (o meccanica) e risulta quindi essere definita dalla seguente espressione: dove una buona linearità spaziale corrisponde non solo a L = costante, ma a L = 1. Nell Anger Camera (che sarà descritta nel prossimo capitolo), la linearità è influenzata dall effetto dei bordi: la forma della distribuzione di carica di un evento vicino alle pareti del cristallo, infatti, risulta alterata e il centroide calcolato attraverso l algoritmo della proiezione della carica (illustrato nel prossimo capitolo) non corrisponde più al massimo della distribuzione di luce (come è possibile notare in Figura 12). Figura 12 Determinazione del centroide al centro e vicino ai bordi del cristallo Questa perdita di linearità, come vedremo meglio nel paragrafo successivo, porta a un peggioramento della risoluzione spaziale, poiché comprime e deforma l immagine.

18 Proprietà di Imaging del LaBr 3 (Ce) Utilizzando il bromuro di lantanio in dispositivi di imaging, si è misurata la linearità spaziale di questo cristallo e si è visto che risulta migliore rispetto a quella ottenuta con altri rivelatori nelle medesime condizioni. Nella Figura 13, per esempio, vengono confrontate la linearità della posizione misurata con alcuni dei rivelatori più utilizzati nell Anger Camera (NaI e CsI) e quella ottenuta accoppiando due LaBr 3 (Ce) (con uno spessore di 5 e 10 mm) con un fototubo Hamamatsu H8500; il cristallo di LaBr 3 (Ce) riproduce linearmente la posizione della sorgente radioattiva fino a 15 mm (contro i 5 mm dello ioduro di sodio e di quello di cesio) portando a un aumento della superficie sensibile del rivelatore (fino a 36x36mm 2 ). Figura 13 Confronto della linearità della posizione per gamma camera costituite da diversi scintillatori. È stata utilizzata una sorgente collimata di 57 Co. [6] Risoluzione spaziale La risoluzione spaziale (SR) rappresenta la distanza minima entro cui il rivelatore riesce a distinguere due eventi di scintillazione spazialmente distinti; convenzionalmente si può definire come la larghezza a mezza altezza del picco che rappresenta la risposta spaziale del rivelatore a una sorgente di radiazione puntiforme (Point Spread Function di Immagine). La risoluzione spaziale di un dispositivo, dunque, è legata in primo luogo alla distribuzione di luce sul fotocatodo: questa viene trasformata dalla matrice dei fototubi in una distribuzione di

19 Capitolo 1: Il cristallo di LaBr 3 (Ce) 13 carica che non è più una funzione continua, ma discreta, e che è costituita dai segnali di carica generati dai singoli fototubi. Dalla distribuzione di carica è poi possibile, attraverso un opportuno algoritmo (descritto nel prossimo capitolo), ottenere l immagine della sorgente (PSF di Immagine). La risoluzione spaziale è quindi correlata alle fluttuazioni statistiche degli impulsi raccolti sull anodo di ogni fototubo e, approssimando queste fluttuazioni secondo un modello Poissoniano, si può esprimere la deviazione standard della risoluzione spaziale (σ PSFimage ) in termini della distribuzione di carica e del numero dei fotoelettroni [8]: Da questa espressione ricaviamo: L ultima equazione mostra che la risoluzione spaziale migliora all aumentare del numero di fotoelettroni e al diminuire della larghezza a mezza altezza della distribuzione di carica; anche la linearità ha un ruolo molto importante, giacché l espressione è minimizzata da L=1. Tabella 2 Risoluzione spaziale a diverse energie per una gamma camera con un LaBr 3 (Ce) assemblato integralmente [6]

20 Proprietà di Imaging del LaBr 3 (Ce) La dipendenza della risoluzione spaziale dai parametri citati in precedenza suggerisce che, presentando un alto light yield e una buona linearità, il bromuro di lantanio possa avere ottime prestazioni in termini di risoluzione spaziale. In effetti, le misure effettuate fino ad ora con Anger Camere basate su questo cristallo sembrano confermare questa ipotesi. Il gruppo di ricerca dell Università della Sapienza di Roma ha misurato la risoluzione spaziale di una gamma camera di LaBr 3 (Ce) ottenendo, come mostra la Tabella 2, una risoluzione spaziale inferiore al millimetro per energie tra 60 e 140 kev e intorno a 2 mm per energie dell ordine dei 30 kev [6]. Un altra interessante caratteristica del bromuro di lantanio nell ambito dell imaging è l uniformità della risposta. Nella Figura 14 la risoluzione energetica del LaBr 3 (Ce) è confrontata con quella di altri rivelatori. Non solo le prestazioni del bromuro di lantanio sono migliori in termini di valori numerici, ma questo cristallo presenta anche una grande uniformità della risposta: spostando la sorgente lungo il diametro del cristallo, infatti, la risoluzione spaziale mantiene un andamento pressoché costante per il 73% dell area del rivelatore, per poi peggiorare leggermente in prossimità dei bordi. Figura 14 Confronto tra la risoluzione spaziale studiata con una sorgente di 57 Co per diverse gamma camere [6]

21 Capitolo 1: Il cristallo di LaBr 3 (Ce) Effetto Doppler Grazie alle ottime prestazioni del LaBr 3 (Ce) in termini di risoluzione energetica, temporale e spaziale, abbiamo studiato la possibilità di usare le tecniche di imaging prima descritte nell ambito di applicazioni associate alla ricerca di base in struttura nucleare, per una più efficiente correzione dell effetto dell allargamento Doppler, presente nelle misure sotto fascio. In questa classe di esperimenti la radiazione gamma viene prevalentemente emessa da nuclei in moto relativo rispetto all apparato di rivelazione. La sorgente di radiazione è quindi caratterizzata da elevate velocità (β ) e, nel sistema del laboratorio, le energie dei gamma misurati risultano fortemente dipendenti dall angolo di emissione rispetto alla direzione del fascio secondo la seguente relazione: Nella Figura 15 è mostrato il rapporto tra l energia misurata in laboratorio e quella reale per sorgenti di radiazione gamma con diverse energie cinetiche (6, 100 e 200 A MeV) in funzione dell angolo di emissione del fotone (θ γ ). Figura 15 Rapporto tra energia del fotone misurata nel sistema di riferimento del laboratorio (E γ ) e quella misurata a riposo (E 0 ) in funzione dell angolo [11]

22 Effetto Doppler Si può notare come, soprattutto per alte velocità, la variazione dell energia sia significativa (aumenta quasi di un fattore due). Consideriamo ora due gamma con la stessa energia, γ 1 e γ 2, che incidono agli estremi opposti della faccia del medesimo cristallo; il rivelatore misura due energie differenti, E 1 e E 2, poiché gli angoli di emissione dei raggi gamma sono diversi. La massima differenza di energia misurata (E 1 -E 2 ) varia a seconda delle dimensioni del rivelatore e, più in particolare, dell angolo solido da questo sotteso; maggiore infatti è l angolo solido, maggiore è la variazione dell angolo di emissione dei gamma che interagiscono nel cristallo (Δθ γ ) e, di conseguenza, la variazione sull energia misurata. Nella Figura 16 è rappresentata la variazione della risoluzione energetica (ΔE γ0 /E 0 ) in funzione dell angolo θ γ per due diversi valori di Δθ γ ; anche in questo caso (come per E γ / E γ0 ) la variazione diventa maggiore all aumentare della velocità del fascio e dell angolo sotteso dal rivelatore fino a un massimo intorno a 60. Figura 16 Risoluzione energetica in funzione dell angolo del laboratorio per energie di 100 A MeV, Δθ γ = 3 e β = 0.42 (a) e per energie di 6, 100 e 200 A MeV, Δθ γ = 10 e β rispettivamente pari a 0.1, 0.42 e 0.56 (b) [11] Se la variazione massima dell energia del gamma misurata è minore di quella legata alla risoluzione energetica (ossia E 1 -E 2 << FWHM), l effetto dell allargamento Doppler è trascurabile. Se ciò non accade, però, l effetto di allargamento Doppler porta a un peggioramento delle prestazioni dei rivelatori in termini di risoluzione energetica, giacché aumenta l incertezza sull energia misurata. Questo problema è emerso soprattutto negli ultimi anni con l aumento delle dimensioni dei rivelatori, che quindi sottendono angoli solidi più grandi, e la disponibilità di fasci esotici a energie relativistiche.

23 Capitolo 1: Il cristallo di LaBr 3 (Ce) 17 È dunque importante, nelle misure sotto fascio, correggere il più efficacemente possibile l effetto Doppler per riuscire a sfruttare le ottime prestazioni energetiche di rivelatori come il LaBr 3 (Ce), la cui risoluzione energetica potrebbe risultare fortemente compromessa dall allargamento Doppler. A titolo di esempio riportiamo il risultato di una simulazione in cui un rivelatore LaBr 3 (Ce), di 4 di diametro e 6 di lunghezza, viene posto a 20 cm da una sorgente di gamma di energia pari a 1 MeV che si muove con β=0,1. La Figura 17 mostra l andamento della risoluzione energetica in funzione dell angolo a cui è situato il rivelatore. È chiaro dal plot che a circa 90 si ha un peggioramento della risoluzione energetica pari al 50% rispetto a quello ottenibile con la sorgente in quiete (indicata dalla linea continua). Figura 17 Risoluzione energetica del LaBr 3 (Ce) in funzione dell angolo del laboratorio per una sorgente di raggi gamma di energia di 1 MeV che si muove con β = 0.1 Una possibile correzione all allargamento Doppler potrebbe però giungere dalle tecniche di imaging. Immaginiamo di suddividere idealmente il cristallo in due parti (destra e sinistra, per esempio); se fosse possibile determinare in quale delle due zone è avvenuta l interazione, la variazione dell angolo di emissione si dimezzerebbe e le fluttuazioni sull energia misurata sarebbero ridotte dello stesso fattore. In questo modo, rivelatori con un ottima risoluzione energetica come il LaBr 3 (Ce) potrebbero lavorare al massimo delle loro prestazioni.

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25 Capitolo 2: Gamma Imaging In questo capitolo illustreremo brevemente i dispositivi di imaging gamma utilizzati in medicina nucleare (e in particolare nella Radionuclide Imaging). E proprio in questo ambito, infatti, che si sviluppa il sistema oggigiorno più diffuso di imaging funzionale per applicazioni in tecnica di singolo fotone: l Anger Camera, la cui struttura è alla base del nostro dispositivo sperimentale (illustrato nel capitolo successivo). 2.1 Radionuclide Imaging Lo scopo del Radionuclide Imaging, applicazione della Medicina Nucleare, è quello di ottenere un immagine della distribuzione della concentrazione di un tracciante radioattivo, appositamente inserito in un tessuto o in un organo biologico. Generalmente il tracciante radioattivo è somministrato per via endovenosa attraverso una sostanza, il radiofarmaco, in cui è presente in piccole quantità. Il radiofarmaco è usualmente prodotto artificialmente in laboratorio per attribuirgli caratteristiche chimico-fisiche opportune e renderlo, all interno del corpo umano, maggiormente captabile in regioni specifiche. È poi importante che il radionuclide utilizzato decada emettendo raggi gamma di energie superiori ai 100 kev, poiché questi sono in grado di attraversare diversi centimetri di tessuto senza essere assorbiti e possono quindi essere rivelati al di fuori del corpo umano. Per ottenere un immagine il più possibile precisa e nitida della distribuzione della concentrazione del radionuclide, bisogna poi scartare tutti quegli eventi che, nei processi di scattering Compton, hanno perso l informazione sulla posizione: utilizzando un discriminatore di energia, il rivelatore registra solo gli eventi di fotopicco, la cui informazione sulla posizione contribuisce alla ricostruzione dell immagine. Le diverse tecniche di imaging in Medicina Nucleare possono essere suddivise in due categorie principali, a seconda che si riveli o l emissione di due gamma prodotti dall annichilazione di positroni (PET), oppure l emissione di un singolo fotone (SPECT).

26 Radionuclide Imaging PET (Positron Emission Tomography) La tomografia a emissione di positroni (PET) impiega isotopi radioattivi emittenti positroni che poi si annichilano, emettendo due gamma da 511 kev in direzioni opposte. La localizzazione del percorso lungo il quale ha avuto luogo l emissione avviene mediante la rivelazione in coincidenza dei fotoni di annichilazione su rivelatori diametralmente opposti. Le caratteristiche che un rivelatore deve avere per essere impiegato nelle PET sono dunque le seguenti: Figura 18 - PET 1) un alta efficienza di rivelazione, ossia un alto numero atomico e un alta densità, al fine di ottenere una grande sezione d urto per l effetto fotoelettrico e per lo scattering Compton. 2) un tempo di decadimento inferiore ai 300 ns che permetta alti rate di conteggio 3) un alta efficienza luminosa (maggiore di 8000 fotoni/mev) e una buona risoluzione energetica per identificare meglio gli eventi di fotopicco 4) una lunghezza d onda che si adatti bene al fototubo Gli scintillatori maggiormente usati oggigiorno nelle PET sono il BGO (germanato di bismuto) e LSO (ortosilicato di lutezio) SPECT (Single Photon Emission Computed Tomography) La topografia a emissione di singolo fotone (SPECT) utilizza composti radioattivi che emettono direttamente raggi gamma, rivelati poi da un rivelatore esterno (chiamato anche gamma camera). Il tracciante più largamente utilizzato nelle SPECT è il tecnezio, isomero nucleare metastabile che decade emettendo gamma da 140 kev. Un altro importante elemento che differenzia la SPECT e la PET è il fatto che la prima è in grado di Figura 19 - SPECT fornire dati biotopologici in 3D: la gamma camera acquisisce, infatti, da diverse angolazioni varie immagini in 2D (proiezioni) che sono poi

27 Capitolo 2: Gamma Imaging 21 rielaborate da un computer e trasformate, mediante un algoritmo, in un immagine tridimensionale. 2.2 Anger Camera L Anger camera è l apparato più comunemente utilizzato per l imaging gamma. Il primo prototipo, illustrato nella Figura 20, è stato realizzato da Hal Anger nel 1958 a Berkeley: era costituito da un collimatore pinhole, da sette fototubi di 1.5 di diametro e da un cristallo di ioduro di sodio. Figura 20 a) Sezione della prima Anger Camera b) Diagramma a blocchi del circuito elettronico [15] Le moderne Anger Camera, come possiamo vedere nella Figura 21, mantengono la stessa struttura del prototipo di Hal Anger e dunque i loro componenti sono: 1. un collimatore 2. un cristallo scintillatore 3. una guida ottica 4. un sistema di fototubi 5. una catena elettronica Figura 21 Schema di una moderna Anger Camera

28 Anger Camera Il collimatore è costituito da un materiale ad alto Z che focalizza la radiazione incidente. Esistono diversi tipi di collimatori, ma quelli maggiormente utilizzati oggigiorno sono i collimatori a fori paralleli, la cui struttura è rappresentata in Figura 22. Figura 22 Struttura di un collimatore a fori paralleli Il collimatore influenza anche la risoluzione spaziale totale del sistema che può essere espressa come: dove con b distanza tra la sorgente e il collimatore. Il cristallo scintillatore impiegato in un Anger Camera deve presentare le seguenti caratteristiche: a) alto Z, in modo da massimizzare la probabilità d interazione fotoelettrica rispetto all assorbimento Compton b) alta efficienza luminosa c) rapido tempo di scintillazione per ottenere un alto rate di conteggio e migliorare il rapporto segnale-rumore (un tempo di decadimento degli stati eccitati minore corrisponde, infatti, a una maggiore ampiezza del segnale a parità di fotoelettroni rivelati) d) stabilità al variare della temperatura e) facilità di trattamento del cristallo

29 Capitolo 2: Gamma Imaging 23 Da anni il cristallo maggiormente impiegato nell Anger Camera è lo ioduro di sodio a causa dell elevata produzione di fotoni per MeV ( fotoni/mev) e della lunghezza d onda della luce di scintillazione che ben si adatta ai fotocatodi bialcalini (415 nm). Generalmente i cristalli utilizzati sono pixellati, hanno uno spessore tra i 6 e i 12 mm e un diametro tra i 25 e i 60 cm; sono inoltre circondati da un materiale riflettente, in modo da massimizzare la produzione della luce, e sigillati in una scatola di alluminio per proteggerli dall umidità. Nella Figura 23 sottostante è mostrata la sezione di una gamma camera con un cristallo di NaI continuo. Figura 23 Schema di un Anger Camera costruita con un cristallo di ioduro di sodio La guida ottica è situata tra il cristallo e il fotocatodo. Si tratta di materiale plastico o grasso che ha lo scopo di ottimizzare l efficienza della raccolta di luce e migliorare l uniformità di raccolta in funzione della posizione. Il fototubo ha il compito di convertire la luce di scintillazione in un segnale elettrico. Sfruttando l effetto fotoelettrico, parte dei fotoni che raggiungono il fotocatodo sono convertiti in elettroni. Questi vengono a loro volta focalizzati su un elettrodo, moltiplicati attraverso una catena di dinodi e infine raccolti su un anodo. Non tutti i fotoni che raggiungono il fotocatodo sono convertiti in elettroni. Si definisce efficienza quantica di un fototubo il rapporto tra i fotoni che giungono al fotocatodo e i fotoelettroni che ne fuoriescono; solitamente nei fototubi standard è circa del 22%. I fototubi possono avere diverse forme ed essere disposti secondo molteplici configurazioni. In generale nelle Anger Camera i fototubi sono circa 60, disposti secondo una geometria esagonale per ottimizzare la raccolta della luce di scintillazione.

30 Anger Camera La catena elettronica elabora il segnale generato dal sistema di fototubi per ottenere la posizione dell evento di scintillazione nel piano xy. Il singolo evento di scintillazione è convertito in un punto nel piano cartesiano e l immagine della sorgente si ottiene sovrapponendo tutti i punti degli eventi di scintillazione. Il circuito elettronico che elabora il segnale dei fototubi (analogico un tempo, ora generalmente digitale) si basa su un algoritmo, detto algoritmo della proiezione di carica, che è stato elaborato da Anger nel 1958 e che, ancora oggi, è alla base della ricostruzione dell immagine nelle moderne Anger Camere. Gli impulsi che provengono dal fotomoltiplicatore sono elaborati dal circuito resistivo - schematizzato in Figura 24 dove, per semplificare la situazione, il sistema considerato è costituito solamente da sette fototubi con lo scopo di ottenere le proiezioni della distribuzione di carica lungo l asse delle x e delle y: i segnali prodotti dal fotomoltiplicatore (S 1, S 2,, S 7 ) che hanno la stessa coordinata x (o y) vengono sommati e attribuiti alla coordinata corrispondente in modo da ottenere quattro segnali di corrente: X -, Y -, X +, Y +. Figura 24 Illustrazione del metodo della proiezione di carica, alla base della ricostruzione dell immagine nell Anger Camera [15] Infatti, dal momento che: R 12 =R 13 R 24 =1/2R 23 =1/2R 25 R 15 =R 16 R 24 =1/2R 23 =1/2R 25

31 Capitolo 2: Gamma Imaging 25 i segnali di corrente si calcolano mediante le seguenti espressioni: Ottenute le proiezioni della distribuzione di carica (X -, Y -, X +, Y + ), la posizione (X,Y) del singolo evento nel piano cartesiano è calcolata come il loro valore medio secondo le seguenti formule: dove Z è la carica totale raccolta attraverso il circuito. Queste espressioni permettono dunque di rappresentare ogni evento con una coppia di coordinate nel piano cartesiano; sommando le diverse interazioni si origina poi l immagine totale della sorgente. 2.3 Anger Camera con un LaBr 3 (Ce) Abbiamo già accennato come il cristallo maggiormente impiegato nella realizzazione dell Anger Camera sia lo ioduro di sodio pixellato. Negli ultimi anni, tuttavia, la disponibilità di scintillatori con un elevato light yield e di fototubi con un alta efficienza quantica, ha portato alla realizzazione di gamma camere con prestazioni superiori, che utilizzano cristalli continui. La risoluzione spaziale, dunque, non è più limitata dalle dimensioni dei pixels, ma è una funzione statistica che dipende dalla distribuzione della luce e dal numero di fotoelettroni generati nel processo di scintillazione. Il bromuro di lantanio, con un light yield che è circa il doppio di quello dell NaI e una risoluzione energetica intrinseca molto più bassa, può essere un buon candidato per la realizzazione di gamma camere con una risoluzione spaziale al di sotto del millimetro e una buona risoluzione energetica. Per questi motivi, negli ultimi anni, un gruppo di ricerca dell INFN ha studiato le performance di gamma camere costituite da cristalli di bromuro di lantanio di diverso spessore (4 mm o 10 mm),

32 Anger Camera con un LaBr 3 (Ce) assemblati con un fototubo segmentato (Hamamatsu 8500) o integralmente o con un vetro di spessore 3 mm [16]. Utilizzando una sorgente di 99m Tc (E γ =140 kev) è stato effettuato lo scanning di tutti i cristalli con step di 1.5 mm. Per calcolare il centroide della distribuzione di luce è stato utilizzato un nuovo algoritmo, sviluppato a partire da quello standard di Anger (illustrato nel paragrafo precedente): dopo aver applicato una soglia, la carica raccolta su ogni segmento del PMT viene elevata al quadrato in modo restringere la Point Spread Function della distribuzione di luce (Figura 25). Figura 25 LaBr 3 (Ce) d spessore 5 mm: carica raccolta sull anodo per un singolo evento. a) Distribuzione di carica originale b) Applicazione della soglia c) Distribuzione di carica elevata al quadrato [16] Grazie a questo algoritmo si riesce ad eliminare quasi totalmente la non linearità spaziale causata dalle riflessioni e dalle perdite di luce che si verificano ai bordi del cristallo, aumentando così quasi del 50% la risoluzione spaziale (Figura 26). Figura 26 Linearità spaziale calcolata attraverso le simulazioni e le misure sperimentali con a) l algoritmo standard di Anger e b) l algoritmo quadratico [16]

33 Capitolo 2: Gamma Imaging 27 I valori della risoluzione spaziale misurati sono mostrati nella Tabella 3; si tratta dei migliori risultati fino ad ora ottenuti con cristalli scintillatori non pixellati con un efficienza doppia rispetto a quella dell NaI per radiazione gamma da 140 kev. Tabella 3 Performance di tre gamma camere con un cristallo continuo di bromuro di lantanio [12]

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35 Capitolo 3: Anger Camera con un LaBr 3 (Ce) di grosse dimensioni Come anticipato nel primo capitolo, ciò a cui siamo interessati in qualità di fisici non è l impiego del bromuro di lantanio nell ambito della medicina nucleare, ma lo studio delle proprietà di imaging del LaBr 3 (Ce) di spessore superiore al centimetro al fine di correggere l effetto dell allargamento Doppler negli apparati sperimentali. È per questo motivo che, da circa due anni, il gruppo di Fisica Nucleare di Milano sta studiando le proprietà di imaging di cristalli di grosse dimensioni. In primo luogo è stato necessario verificare la fattibilità di imaging con questi scintillatori: è stato studiato, attraverso le simulazioni, un sistema costituito da un cristallo di LaBr 3 (Ce) di diverse dimensioni (1 x1 e 3 x3 ) accoppiato ad un fototubo segmentato position sensitive. I codici utilizzati sono stati Geant3, per l interazione della radiazione con la materia, e SCIDRA, per il processo di trasporto dei fotoni di scintillazione. L analisi dei meccanismi della formazione dell immagine ha mostrato che, indipendentemente dall energia del gamma incidente, il deposito di energia all interno dello scintillatore mantiene l informazione posizionale sulla direzione di incidenza della radiazione; questa informazione viene però pesantemente deteriorata, soprattutto per gamma a bassa energia, nella fase di trasporto dei fotoni di scintillazione dal punto in cui è avvenuta l interazione al fotocatodo. I cristalli simulati, infatti, a differenza di quelli usati nell ambito dell imaging medico, hanno le superfici trattate in modo da riflettere la maggior quantità di luce possibile per massimizzare la raccolta dei fotoni di scintillazione e quindi la risoluzione energetica. La seconda fase delle simulazioni si è concentrata sullo studio della risposta del cristallo a una sorgente gamma in termini di risoluzione spaziale e linearità: è emersa, da una parte l impossibilità di fare imaging con gamma di bassa energia, dall altra la possibilità, utilizzando radiazione di energia superiore ai 500 kev, di individuare almeno il semicilindro in cui ha interagito il gamma [17]. Questa risoluzione spaziale, benché peggiore di quella ottenuta nell ambito della medicina nucleare, sarebbe però sufficiente a diminuire notevolmente l incertezza dovuta all effetto Doppler negli apparati sperimentali. Dopo la prima fase di simulazioni sono state eseguite misure sperimentali con una sorgente collimata di 137 Cs (E γ =662 kev).

36 Apparato sperimentale 3.1 Apparato sperimentale I sistemi fino ad ora utilizzati per le misure sperimentali sono due e si basano sul modello dell Anger Camera. Il primo è costituito da un LaBr 3 (Ce) di dimensioni 3 x3 accoppiato a un fototubo schermato, il secondo da uno scintillatore di bromuro di lantanio di dimensioni 1 x1 assemblato con un fototubo segmentato. Analizziamo ora più in dettaglio i componenti di questo sistema Il cristallo di LaBr 3 (Ce) Sono state studiate le proprietà di imaging di due cristalli cilindrici di bromuro di lantanio di due diverse dimensioni: 1 x1 e 3 x3. Nella tabella seguente sono mostrate le specifiche di questi rivelatori: 1 x1 3 x3 Designazione SGCD 25Y125_B380 N76X76_B380 Codice Prodotto Risoluzione energetica a 662 kev 3.0 % (510 V) 2.9 % (901 V) Tabella 4 Specifiche dei cristalli di bromuro di lantanio utilizzati durante le misure Il fototubo schermato I fototubi schermati sono gli antenati dei fototubi segmentati: si ottengono da un fototubo tradizionale, ricoprendolo parzialmente in modo da rendere sensibile solo la parte desiderata. La schermatura, ideale per la conoscenza della posizione della sorgente, introduce però un peggioramento della risoluzione energetica, poiché si perdono tutti quei fotoni di scintillazione che non riescono a raggiungere la finestra sensibile. Il fototubo utilizzato durante le misure è un Photonis CLARITY XP5301.

37 Capitolo 3: Anger Camera con un LaBr 3 (Ce) di grosse dimensioni Il fototubo segmentato I fototubi segmentati sono chiamati anche position sensitive (PSPMT); differiscono infatti dai PMT convenzionali perché sono in grado di localizzare la posizione dei fotoni incidenti sull area del fotocatodo. Esistono diversi tipi di PSPMT, che si differenziano essenzialmente per la struttura dei dinodi e dell anodo. Il fototubo utilizzato per le misure di imaging gamma è un fototubo cosiddetto a placche, caratterizzato dalla struttura dinodica rappresentata in Figura 27: ciascun dinodo è costituito da un sottile foglio metallico contenente una struttura regolare di fori passanti. Allineando le aperture secondo la perpendicolare al fotocatodo, è possibile ottenere traiettorie rettilinee degli elettroni durante la moltiplicazione. In questo modo la posizione in cui vengono emessi i fotoelettroni rimane pressoché inalterata. Figura 27 Struttura dinodica di un fototubo segmentato Un altra differenza tra i PSPMT e i fototubi tradizionali consiste nella configurazione dell anodo di raccolta. Mentre nei fototubi tradizionali la ricostruzione della posizione dell evento di scintillazione si ottiene tramite l uso di un insieme di fotomoltiplicatori opportunamente disposti e collegati a una catena elettronica, nei PSPMT la particolare struttura dell anodo di raccolta permette di ricostruire la posizione dell evento all interno del singolo fototubo. L anodo è infatti costituto da una serie di piastre metalliche che permettono di ricostruire (bidimensionalmente) la posizione dell evento, mediante la misura dei baricentri della distribuzione di carica (come accade nell algoritmo ideato da Anger). Il PSPMT accoppiato ai cristalli di LaBr 3 (Ce) è uno degli ultimi modelli messi in commercio dall Hamamatsu: H8500-8MOD (Figura 28).

38 Misure sperimentali Figura 28 H8500C (sinistra) e H8500D (destra) Si tratta di un fototubo quadrato con un anodo formato da una matrice di 8x8 placche metalliche, ognuna con un lato di 5.8 mm; questo fotomoltiplicatore ha inoltre dodici stadi di amplificazione per la raccolta della carica e delle informazioni sulla distribuzione spaziale. 3.2 Misure sperimentali Le prime misure sperimentali di imaging gamma con scintillatori di grosse dimensioni sono state effettuate utilizzando un cristallo di bromuro di lantanio di dimensioni 3 x3 accoppiato con un fototubo schermato. Variando la posizione e le dimensioni del foro sensibile si è cercato di individuare un giusto compromesso che permettesse di ottenere un informazione posizionale significativa senza incidere troppo sulla risoluzione energetica. Figura 29 LaBr3 3 x3 + HP5300 schermato sorgente collimata di 137 Cs (662 kev): I plot mostrano la posizione del full energy peak misurata sul foro sensibile al variare della posizione della sorgente collimata di 137 Cs (662 kev). In ogni plot, in alto a sinistra, è mostrata la posizione del foro sensibile del fototubo. È evidente che raggi gamma che entrano da posizioni differenti producono pattern di differente intensità sul fotocatodo [19]

39 Capitolo 3: Anger Camera con un LaBr 3 (Ce) di grosse dimensioni 33 Nel caso del cristallo più piccolo (1 x1 ), accoppiato con un fototubo segmentato, è stata invece ricavata la distribuzione della posizione del segmento che, evento per evento, ha registrato il maggior numero di fotoelettroni. Come possiamo notare in Figura 30, è possibile, utilizzando un semplice algoritmo, determinare entro 1 cm la posizione della maggior parte dei gamma che hanno interagito nel cristallo. Figura 30 LaBr 3 1x1 + H Mod 8: Immagine prodotta sull anodo segmentato del fototubo da una sorgente collimata di 137 Cs (662 kev) posta al centro del cristallo (centro) e a -7 mm (sinistra) e a 7 mm (destra) dal centro [20] Per questo cristallo è stata misurata anche la linearità spaziale, in ottimo accordo con quella calcolata con le simulazioni effettuate attraverso Geant3 e SCIDRA. È evidente la sensibilità posizionale nella parte centrale del cristallo, mentre in prossimità dei bordi appare una saturazione (Figura 31). Figura 31 LaBr 3 (Ce) 1 x1 + H Mod 8: Linearità spaziale calcolata attraverso le misure sperimentali con una sorgente di 137 Cs (E γ =662 kev) e attraverso le simulazioni [20]

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41 Capitolo 4: Il codice di simulazione, GEANT4 Questo lavoro di tesi è incentrato sulla simulazione di un sistema di imaging, costituito da un cristallo di bromuro di lantanio di dimensioni 3 x3 accoppiato con un fototubo segmentato. Prima di effettuare le misure sperimentali è stato infatti necessario comprendere più a fondo i meccanismi della formazione dell immagine, analizzare la risposta del cristallo a una sorgente gamma in termini di risoluzione spaziale e linearità e trovare un algoritmo che permettesse di estrarre il punto d interazione della radiazione dalla distribuzione della luce sul PMT. Il codice utilizzato per queste simulazione è stato Geant4. Geant4 (abbreviazione per GEometry And Tracking) è uno strumento per le simulazioni Monte Carlo della propagazione e dell interazione delle particelle all interno di un rivelatore. Benché sia stato sviluppato tra il 1993 e il 1999 al CERN, nell ambito della fisica delle particelle, i suoi campi di applicazione sono anche la fisica nucleare, l astrofisica, la fisica degli acceleratori e la fisica medica. Come dice il nome stesso, Geant4 include strumenti per la definizione e il trattamento della geometria, del tracciamento e della risposta dei rivelatori: da un lato analizza la disposizione fisica dell esperimento (rivelatori inclusi) e considera come questa disposizione influenzi il percorso delle particelle, dall altro simula il passaggio delle particelle attraverso la materia assegnando una probabilità a ciascuna delle possibili interazioni o dei possibili processi di decadimento, infine registra quando una particella passa attraverso i volumi dei rivelatori e come un rivelatore reale potrebbe rispondere. Il vantaggio di questo codice rispetto a quelli utilizzati in precedenza nell ambito dell imaging gamma (Geant3 e Scidra) consiste nel fatto che, oltre a simulare i processi d interazione radiazione-materia (come l effetto fotoelettrico, lo scattering Compton, la produzione di coppie, la ionizzazione, la formazione di elettroni Auger, etc), Geant4 permette di simulare la formazione e il trasporto dei fotoni ottici generati all interno di uno scintillatore. L intero processo della formazione dell immagine sul PMT segmentato può essere dunque simulato attraverso un unico codice, riducendo notevolmente le tempistiche e permettendo di simulare un maggior numero di eventi per ottenere una statistica migliore. La simulazione del cristallo di bromuro di lantanio che abbiamo utilizzato in questo lavoro di tesi, è stata creata a partire da un esempio preesistente (LXe), la cui struttura generale è stata

42 Geometria del rivelatore mantenuta inalterata. Sono state modificate invece le parti relative alla geometria, ai materiali, alle proprietà ottiche delle superfici e all output. L implementazione del fascio è stata inoltre eseguita in modo che la direzione dello stesso possa essere scelta casualmente all interno di uno specifico angolo solido; questo permette di tenere conto degli effetti dovuti a una collimazione non perfetta durante un esperimento. Approfondiamo ora gli aspetti più significativi di questo codice. 4.1 Geometria del rivelatore Attraverso il codice di simulazione da noi utilizzato è possibile simulare un sistema di imaging che si basa sul modello dell Anger Camera ed è quindi costituito da un rivelatore e da un fototubo segmentato. Il rivelatore consiste in un cristallo cilindrico di bromuro di lantanio e può avere dimensioni 1 x1 o 3 x3, mentre il fototubo position sensitive presenta le stesse caratteristiche del PSPMT dell Hamamatsu H8500C, illustrato nel capitolo precedente: è costituito da una matrice 8x8 di placche quadrate metalliche di lato 6.08 mm e spessore 5.8 mm. Se per il cristallo 1 x1 una sola unità del fototubo segmentato è sufficiente a ricoprire la superficie del rivelatore, nel caso del LaBr 3 (Ce) 3 x3 lo scintillatore è coperto da quattro unità di fototubi segmentati, separate tra di loro da un gap che può essere scelto a piacere. Tra il fototubo e il cristallo è inoltre presente uno strato di vetro di spessore 8 mm; questo all interno del codice non può essere del tutto eliminato, ma il suo spessore può essere ridotto a 0.01 mm. Per riprodurre meglio i dati sperimentali, tra la sorgente e il cristallo può essere inserito un collimatore di piombo con un foro pari a 1 mm. L intero apparato di rivelazione è poi posto in una struttura cilindrica di alluminio le cui pareti hanno uno spessore di mm. Nella Figura 32 a lato è mostrato il sistema simulato in questo lavoro di tesi. Il cristallo di LaBr 3 (Ce) ha dimensioni 3 x3 ed è accoppiato ad un fotomoltiplicatore, costituito da una matrice di 16x16 anodi. Il gap tra le quattro unità di fototubi è stato posto uguale a zero in modo da ridurre al minimo la perdita di fotoni di scintillazione. È importante sottolineare che il PMT simulato presenta un efficienza quantica del 100%. Abbiamo effettuato questa scelta perché ciò a cui siamo interessati è la risposta del cristallo di bromuro di lantanio; una volta nota questa sarà possibile, a seconda delle caratteristiche del fototubo utilizzato, studiare la risposta del PMT o del fotosensore, tenendo in considerazione l efficienza quantica. Nella Figura 32, è mostrato anche il sistema di coordinate usato da Geant4: l asse z coincide con l asse di simmetria del rivelatore cilindrico e ha direzione parallela alla direzione di emissione

43 Capitolo 4: Il codice di simulazione, GEANT4 37 della radiazione gamma. È importante sottolineare che l origine del sistema di coordinate di Geant4 non coincide con il centro del cristallo, bensì con il centro dell apparato sperimentale; questo significa che uno stesso punto all interno del rivelatore può avere una coordinata zeta che varia a seconda dello spessore del vetro posto tra il cristallo e il fototubo. Figura 32 Sistema di imaging delle simulazioni con il sistema di coordinate utilizzato da Geant4 Nei capitoli successivi faremo riferimento in modo particolare proprio alla coordinata z, in quanto indice della distanza dal fotocatodo a cui è avvenuta l interazione della radiazione gamma. È quindi opportuno specificare che, se tra il fototubo segmentato e lo scintillatore è presente uno strato di vetro di spessore 8 mm, la superficie del cristallo che si trova verso la sorgente ha coordinata z pari a mm, mentre quella a contatto con il vetro ha z uguale a 34.1 mm. In alternativa, se lo spessore di vetro è 0.01 mm, allora la superficie del cristallo che si trova verso la sorgente ha z=-34.1 mm, mentre la faccia del rivelatore a contatto con il fotocatodo ha coordinata z pari a 42.1 mm.

44 Proprietà ottiche delle superfici L ultimo aspetto del sistema simulato che rimane ancora da descrivere è la sorgente: non abbiamo utilizzato il collimatore di piombo ma una sorgente ideale puntiforme, posta a una distanza di 10 cm dall origine degli assi. L energia della radiazione gamma simulata varia tra 662 kev e 10 MeV. 4.2 Proprietà ottiche delle superfici Un aspetto molto importante nello studio delle proprietà di imaging di un sistema è l implementazione delle proprietà ottiche delle superfici, in particolare di quelle dello scintillatore. In Geant4 il comportamento dei fotoni ottici quando passano da un materiale a un altro viene implementato a partire da due modelli: glisur e unified. Nel glisur ogni superficie è descritta da una serie di micro-facce la cui orientazione, ogni volta che avviene una riflessione, viene scelta a partire da una distribuzione data; si tratta di un modello poco flessibile poiché non permette di implementare una grande varietà di pareti smerigliate. Nel modello unified, invece, si possono simulare quattro tipi di superfici: Specular spike: la riflessione avviene secondo le leggi di Fresnel Backscatter: il fotone viene riflesso all indietro, nella stessa direzione da cui è arrivato Lambertian: la riflessione segue una distribuzione lambertiana Specular lobe: la superficie è costituita da micro-facce, orientate rispetto alla normale secondo una distribuzione gaussiana. Il parametro σ α rappresenta la deviazione standard della distribuzione delle orientazioni delle micro-facce. Nella Tabella 5 sono mostrate le proprietà ottiche delle superfici del sistema simulato, nel caso in cui il cristallo presenti superfici riflettenti smerigliate. Modello Superficie Riflettività Efficienza N Altro PMT Glisur Polished dieletric_ metal VETRO Unified Polished dielectric_ dielectric LaBr 3 unified Groundback Painted dielectric_ dielectric C sl =0.6 σ α =1.0 rad Tabella 5 Proprietà ottiche delle superfici del sistema simulato con Geant4

45 Capitolo 4: Il codice di simulazione, GEANT4 39 Poiché la Saint Gobain non rende noti i trattamenti delle pareti dei cristalli di bromuro di lantanio e tutto ciò che sappiamo è che si tratta di superfici smerigliate con un riflettore diffusivo, abbiamo dovuto implementare le proprietà ottiche dello scintillatore attraverso il confronto con i dati sperimentali. Utilizzando un cristallo cilindrico di LaBr 3 (Ce) di dimensioni 1 x1, accoppiato al fototubo position sensitive H8500-8MOD dell Hamamatsu e una sorgente di 137 Cs (Eγ=662 kev), abbiamo confrontato le distribuzioni del segmento che, evento per evento, registra il maggior numero di fotoni. In Figura 33 sono presentati i risultati ottenuti con le misure sperimentali (in alto) e con le simulazioni, ponendo diverse da zero sia la costante dello specular lobe (C sl ), sia quella della riflessione lambertiana (σ α ). Figura 33 LaBr 3 (Ce) 1 x1 E γ =662 kev: Confronto tra i dati sperimentali e le simulazioni con Geant4 delle distribuzioni del segmento che, evento per evento, registra il maggior numero di fotoni. La sorgente è stata situata al centro del cristallo e sulla destra a una distanza dall asse di 0.7 cm Il processo di riflessione che meglio rispecchia i dati sperimentali è dunque una combinazione lineare tra riflessione diffusiva e lambertiana.

46 Files di output 4.3 Files di output Alla fine di ogni simulazione il programma fornisce tre files di output: scinthits, pmthits e NumPh. Il primo contiene i dettegli del deposito di energia nello scintillatore: numero dell evento, coordinate x, y e z del punto in cui è avvenuta l interazione, energia depositata e tempo in cui il gamma ha interagito. Nel secondo file sono registrate, per ogni segmento del PMT, le coordinate x e y del segmento e il numero di fotoni raccolti. Nel terzo file, infine, sono riportati, per ogni evento, l energia depositata nel cristallo, il numero totale di fotoni di scintillazione prodotti, quelli che colpiscono il fotocatodo, quelli che sono assorbiti sulle pareti e quelli che vengono persi durante il tracciamento. È inoltre possibile, modificando alcuni files del codice, ottenere un quarto file di output (Photocat) in cui, per ogni fotone raccolto dal PMT, vengono registrate le coordinate x e y del punto in cui il fotone colpisce il fotocatodo. 4.4 Verifica del codice di simulazione Prima di caratterizzare il nostro sistema di imaging e analizzarne le proprietà, è opportuno accertarsi che il codice di simulazione a disposizione riproduca in modo il più possibile esatto i meccanismi di produzione e trasporto della luce di scintillazione nel caso di un cristallo di bromuro di lantanio di dimensioni 3 x3. Solitamente questa verifica viene effettuata confrontando i risultati delle simulazioni con i dati sperimentali, ma nel nostro caso non abbiamo, né possiamo avere in tempo utile, misure sperimentali con un LaBr 3 (Ce) 3 x3 accoppiato a un fototubo position sensitive. Per questo motivo, l accertamento del corretto funzionamento del codice di simulazione è stato eseguito riproducendo le misure effettuate con il cristallo accoppiato a un fototubo schermato [19]. I dati sperimentali sono stati acquisiti fissando la dimensione del foro sensibile del fototubo (1x1 cm 2 ) e registrando la posizione del full energy peak al variare della posizione della sorgente collimata di 137 Cs (E γ =662 kev). L acquisizione è stata effettuata per tre diverse distanze del foro sensibile dall asse del rivelatore: x=0, 1.5, e 3 cm. Per quanto riguarda le simulazioni con Geant4, a causa della segmentazione del PMT non è stato possibile scegliere le dimensioni del foro sensibile e la sua posizione sulla superficie del fotomoltiplicatore, in modo da riprodurre esattamente le condizioni sperimentali: come foro sensibile abbiamo quindi considerato quattro segmenti adiacenti con una superficie totale di 1.2x1.2 cm 2, leggermente maggiore dunque di quella del foro sensibile usato durante

47 Capitolo 4: Il codice di simulazione, GEANT4 41 l esperimento. La sorgente di gamma da 662 kev, inoltre, è stata sistemata a quattro diverse distanze dall asse del cristallo: x=0, 1, 2, e 3 cm. I risultati del confronto tra le simulazioni e le misure sperimentali sono mostrati in Figura 34. L errore in entrambi i casi è stato calcolato come deviazione standard della media. Notiamo che le barre di errore nel caso delle simulazioni con Geant4 sono molto maggiori di quelle sperimentali; questo perché durante le misure gli spettri sono stati acquisiti per almeno due ore e il full energy peak presenta dunque molti più conteggi di quelli ottenuti con i gamma simulati da Geant4. Figura 34 LaBr 3 (Ce) 3 x3 : Confronto tra i dati sperimentali e quelli delle simulazioni con Geant4 della posizione del centroide al variare dell ascissa della sorgente collimata di 137 Cs. La dimensione del foro sensibile è 1x1 cm 2 e la sua posizione è mostrata nel riquadro blu presente in ogni grafico La Figura 34 mostra come i risultati ottenuti con le simulazioni siano compatibili con i dati sperimentali. Il nostro codice può essere utilizzato per una prima analisi della fenomenologia e dei meccanismi di formazione dell immagine sul PMT poiché riproduce fedelmente la realtà, soprattutto nel caso di un illuminazione laterale; esiste invece una certa differenza (compatibile entro le barre d errore) nel caso di un illuminazione centrale.

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49 Capitolo 5: Pareti totalmente assorbenti Come già spiegato in precedenza, il nostro sistema di imaging presenta pareti smerigliate riflettenti per massimizzare la risoluzione energetica, di fondamentale importanza nell ambito della spettroscopia gamma. Per studiare e capire più a fondo le proprietà e i meccanismi della formazione dell immagine sul fototubo segmentato, è però vantaggioso semplificare il più possibile il sistema in esame, eliminando i fenomeni di riflessione dei fotoni di scintillazione sulle superfici del rivelatore. Come analisi preliminare abbiamo quindi simulato il nostro sistema di imaging, implementando le pareti del cristallo di bromuro di lantanio come completamente assorbenti. Per ottenere questo tipo di superfici (chiamate anche black ) abbiamo dovuto modificare il codice, e più precisamente il file LXeMainVolume.cc 2. Figura 35 Geant4, simulazione del sistema di imaging con pareti totalmente assorbenti 2 vedi Appendice A

50 Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il fotocatodo Tutte le simulazioni, in questa prima fase, sono state effettuate con gamma da 662 kev. La sorgente puntiforme è stata posta a una distanza di circa 7 cm dalla superficie del cristallo (z = -10 cm) in corrispondenza dei diversi valori delle ascisse, a seconda delle necessità (x=0, 1, 2, 3 cm). 5.1 Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il fotocatodo Poiché in presenza di pareti assorbenti i fotoni di scintillazione non subiscono riflessioni, il numero di fotoni che colpisce il fototubo dipende solo dall angolo solido sotteso dal PMT (che è a sua volta determinato dalla distanza dal fotocatodo a cui è avvenuta l interazione) e dagli effetti di riflessione totale e rifrazione (legati all angolo d incidenza del fotone con la superficie del fototubo). I fotoni all interno dello scintillatore vengono infatti emessi isotropicamente. Per verificare il corretto funzionamento del nostro codice di simulazione, abbiamo quindi riprodotto in un istogramma bidimensionale l andamento della percentuale dei fotoni totali che colpiscono il fototubo, in funzione della distanza z del primo hit di scintillazione dal fotocatodo. I risultati ottenuti con le simulazioni sono stati quindi confrontati con l andamento dell angolo solido sotteso dal fototubo al variare della distanza della prima interazione dal PMT. Per il calcolo geometrico dell angolo solido è stato utilizzato un algoritmo ideato da Gál, Kalinka e Nyakó [22]: considerando un rettangolo che giace nel piano xy con vertici (x 1, y 1 ), (x 2, y 2 ), (x 3, y 3 ), (x 4, y 4 ), l angolo solido sotteso dal punto P(x, y, z) è dato dalla seguente relazione: Poiché questa equazione è valida per una superficie rettangolare o quadrata e il nostro scintillatore ha forma cilindrica, per calcolare l angolo solido sotteso dal fotocatodo abbiamo calcolato quello sotteso dal quadrato inscritto alla superficie del fototubo e l abbiamo poi moltiplicato per il rapporto tra l area del cerchio (PMT) e quella del quadrato inscritto. In un primo momento, inoltre, abbiamo tenuto conto solo degli eventi con un solo hit di scintillazione nel cristallo. Lo scattering Compton multiplo, infatti, soprattutto se in avanti, può

51 Capitolo 5: Pareti totalmente assorbenti 45 portare a un errata valutazione della profondità dell interazione e far sì che l andamento della curva si discosti da quello dell angolo solido. Nel Grafico 1 sono rappresentati, per eventi di singolo hit, gli andamenti della percentuale dei fotoni che colpiscono il PMT e dell angolo solido da esso sotteso, in funzione della distanza del primo hit d interazione dal fotocatodo. Grafico 1 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Sorgente in (1, 0, -10) cm Pareti assorbenti: Confronto tra la percentuale di fotoni che colpiscono il fotocatodo e la percentuale di angolo solido sotteso dal fototubo al variare della distanza dell interazione dal PMT. Sono stati considerati eventi di singolo hit. Come si può notare dal grafico, tra il conto geometrico (in rosso) e quello ottenuto con simulazioni di Geant4 (in nero) c è un disaccordo che, in alcuni punti, arriva addirittura al 70%. Inoltre il valore di saturazione non è tra il 40 e il 50%, come ci aspetteremmo, ma il 15% del numero totale dei fotoni di scintillazione prodotti. Il fatto che la percentuale dei fotoni che colpisce il fotocatodo sia sempre minore della percentuale di angolo solido da esso sotteso, indica che parte dei fotoni di scintillazione vengono persi. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che tra il cristallo e il PMT è presente uno strato di vetro con spessore 8 mm e indice di rifrazione pari a 1.49, inferiore rispetto a quello del bromuro

52 Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il fotocatodo di lantanio (n=1.9). Alcuni dei fotoni che arrivano alla superficie di contatto tra il cristallo e il vetro potrebbero dunque, a seconda dell angolo d incidenza, essere o riflessi totalmente, o rifratti con un angolo tale da uscire dal vetro senza colpire il fotocatodo, come raffigurato in Figura 36. Figura 36 Raffigurazione dei meccanismi di rifrazione e riflessione totale che portano alla perdita dei fotoni di scintillazione nel passaggio attraverso la superficie di contatto del cristallo con il vetro Per verificare che la perdita di fotoni sia dovuta unicamente alla presenza del vetro, abbiamo calcolato, in funzione della distanza dell interazione dal fotocatodo, la percentuale dei fotoni che, pur giungendo sulla superficie del cristallo a contatto con il PMT, non colpiscono quest ultimo a causa dei fenomeni di riflessione e rifrazione. Per semplicità, abbiamo considerato radiazione gamma che interagisce nel cristallo in un unico punto di coordinate (0, 0, z). I risultati, riportati a lato nel Grafico 2 e nella Tabella 6, confermano i dati delle simulazioni di Geant4 presentati nel Grafico 1: la presenza del vetro causa un effettiva perdita dei fotoni di scintillazione. È interessante inoltre notare che, per distanze del punto d interazione dal fotocatodo inferiori ai 4 cm circa (z > -10 mm), il fenomeno della riflessione totale è il solo responsabile della perdita di fotoni: per distanze inferiori ai 5 mm (z > -10 mm) invece la percentuale dei fotoni di scintillazione riflessi totalmente supera l 80%, dato che rispecchia la saturazione intorno al 15% evidenziata in precedenza nel Grafico 1.

53 Capitolo 5: Pareti totalmente assorbenti 47 Grafico 2 Percentuale dei fotoni di scintillazione prodotti nel cristallo che colpiscono il fotocatodo in funzione della distanza del primo hit di scintillazione dal vetro Distanza del primo hit di scintillazione dal vetro (mm) Percentuale dei fotoni che colpiscono il vetro e vengono riflessi Percentuale dei fotoni che non sono stati riflessi ma non colpiscono il PMT 75 0 % 23 % 65 0 % 26 % 55 0 % 28 % 45 4 % 27 % % 17 % % 5 % % 0 % % 0 % % 0 % % 0 % % 0 % 5 81 % 0 % Tabella 6 Percentuale dei fotoni che colpiscono il vetro ma non il fotocatodo a causa dei fenomeni di riflessione totale e rifrazione, in funzione della distanza dell interazione dal PMT.

54 Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il fotocatodo Questo significa che una sorgente di luce di scintillazione, posta a 5 mm dal vetro, produce uno spot luminoso che sottende un angolo di ±39, cioè con un diametro di circa 3.6 cm sul vetro stesso; tutto il resto della luce è riflessa. La discrepanza tra i dati delle simulazioni di Geant4 e il conto geometrico dell angolo solido presente nel Grafico 1 sembra dunque essere dovuta al diverso indice di rifrazione del vetro rispetto a quello del bromuro di lantanio. Per analizzare e capire meglio l effetto della presenza del vetro tra la superficie del cristallo e quella del fototubo segmentato, abbiamo effettuato ulteriori simulazioni, prima riducendo solo lo spessore del vetro e in seguito ponendo l indice di rifrazione del vetro uguale a quello del bromuro di lantanio. In entrambi i casi sono stati simulati 5000 raggi gamma da 662 kev prodotti da una sorgente situata in (1, 0, -10) cm. Grafico 3 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Sorgente in (1, 0, -10) cm Pareti assorbenti: Effetto del vetro sulla percentuale dei fotoni che colpiscono il fotocatodo al variare della distanza del primo hit di interazione dal PMT. Le tre curve sono relative all implementazione di un vetro con diversi spessori e indici di rifrazione. I risultati, riportati nel Grafico 3, mostrano che, diminuendo lo spessore del vetro, aumenta la percentuale di fotoni che colpisce il fotocatodo per valori della coordinata z inferiori a 10 mm; la rifrazione, infatti, non avviene più a un angolo tale da permettere ai fotoni di uscire dal vetro senza colpire il fototubo.

55 Capitolo 5: Pareti totalmente assorbenti 49 Per distanze del punto d interazione dal PMT inferiori ai 2 cm, invece, c è sempre una perdita di fotoni dovuta all effetto della riflessione totale, legato al diverso indice di rifrazione delle due superfici. Se eliminiamo totalmente il vetro ponendo il suo indice di rifrazione uguale a quello del bromuro di lantanio, si annulla anche il fenomeno della riflessione: c è una totale sovrapposizione tra la curva che riproduce la percentuale dei fotoni totali che giungono sul PMT in funzione della distanza dell interazione dal fotocatodo e quella dell angolo solido sotteso dal fototubo in funzione della distanza dal PMT (Grafico 4). Grafico 4 LaBr 3 (Ce) 3 x3 - E γ =662 kev - Sorgente in (1, 0, -10) cm - Pareti assorbenti Senza vetro: Confronto tra la percentuale di fotoni che colpisce il fotocatodo e la percentuale di angolo solido sotteso dal fototubo al variare della distanza del primo hit di interazione dal PMT Verificato il corretto funzionamento del nostro codice di simulazione e studiato l effetto della presenza del vetro tra il cristallo e il fototubo segmentato, siamo tornati ad analizzare l andamento della percentuale dei fotoni totali che colpiscono il fotocatodo in funzione di z. Partendo dal Grafico 1, abbiamo effettuato alcune proiezioni lungo l asse delle x, fissando il valore di z (Grafico 5); in altre parole, è stata plottata la distribuzione del numero di fotoni raccolti.

56 Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il fotocatodo Attraverso un fit gaussiano sono state quindi ricavate la deviazione standard (σ) e la larghezza a metà altezza (FWHM) per i diversi valori della distanza dell interazione dal fotocatodo. I risultati sono riportati nella Tabella 7 e nel Grafico 5. z (mm) σ (%) errore σ (%) FWHM (%) Errore FWHM (%) Tabella 7 Valori di σ (%) e FWHM (%) delle proiezioni del Grafico 5 per eventi di singolo hit Grafico 5 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Sorgente in (1, 0, -10) cm Pareti assorbenti: Proiezioni del Grafico 1 lungo l asse delle x (z fissato) per eventi con singolo hit di interazione nel cristallo

57 Capitolo 5: Pareti totalmente assorbenti 51 Come ci aspettavamo, al diminuire della distanza della prima interazione dal fotocatodo, la deviazione standard e la larghezza a metà altezza percentuale diminuiscono; se infatti consideriamo la produzione dei fotoni di scintillazione come un processo poissoniano, la deviazione standard percentuale è inversamente proporzionale al numero di fotoni prodotti (σ(%) 1/ N). Dai risultati riportati nel Grafico 5 sembra inoltre possibile, per eventi di singolo hit, individuare l intervallo della coordinata zeta in cui è avvenuta l interazione a partire dal numero dei fotoni che colpiscono il PMT; lo spostamento del centroide è infatti maggiore della larghezza a metà altezza del picco. Una volta analizzato il comportamento del nostro sistema di imaging per eventi con una singola interazione nel cristallo, abbiamo considerato gli eventi di full energy peak, ossia quelli in cui tutta l energia del gamma viene depositata nel rivelatore. Grafico 6 - LaBr 3 (Ce) 3 x3 - E γ =662 kev - Sorgente in (1, 0, -10) cm - Pareti assorbenti: Confronto tra la percentuale dei fotoni che colpiscono il fotocatodo e la percentuale di angolo solido sotteso dal fototubo al variare della distanza del primo hit di interazione dal PMT

58 Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il fotocatodo L andamento della percentuale dei fotoni che colpiscono il fotocatodo in funzione della distanza della prima interazione dal PMT (Grafico 6), è lo stesso di quello ottenuto con gli eventi di singolo hit. La curva relativa ai full energy peak appare però meno definita: prendendo in considerazione eventi a hit multiplo, può succedere che la maggior parte dell energia venga depositata in un punto diverso dal primo hit d interazione nel cristallo. In questo caso, a un dato valore della coordinata z, corrisponde una percentuale di fotoni maggiore della percentuale di angolo solido sotteso, poiché gran parte dei fotoni di scintillazione sono stati generati in un punto a distanza minore dal fototubo rispetto al primo hit. Un altro aspetto da evidenziare nel Grafico 6 è la presenza di una seconda curva, meno marcata, sotto quella principale. Analizzando gli eventi che si trovano in questa regione del grafico, abbiamo visto che si tratta di radiazione gamma che, oltre a depositare la maggior parte dell energia in un hit di scintillazione diverso dal primo, interagisce la prima volta in prossimità della superficie del cristallo rivolta verso la sorgente e la seconda a pochi centimetri dal fotocatodo. Per verificare che effettivamente i conteggi posti nell area sottostante la curva siano dovuti alla radiazione che ha depositato la maggior parte dell energia a una distanza dal PMT minore rispetto a quella del primo hit di scintillazione, abbiamo suddiviso le due tipologie di eventi: nel Grafico 7, sulla sinistra è mostrato l andamento della percentuale dei fotoni che colpiscono il fototubo in funzione di zeta per eventi in cui il maggior deposito di energia avviene nel primo hit d interazione, mentre sulla destra è riportato lo stesso grafico per eventi in cui la maggior parte dell energia del gamma è stata depositata in un interazione diversa dalla prima. Sovrapponendo le due curve, troviamo proprio l andamento del Grafico 6. Un ulteriore verifica è stata il calcolo della percentuale dei fotoni che colpiscono il fotocatodo in funzione di z per radiazione di 2 e 5 MeV: aumentando l energia del gamma, infatti, diminuisce la probabilità che la maggior parte dell energia venga depositata in un hit di scintillazione diverso dal primo. Come ci aspettiamo, nel Grafico 8 si nota che per gamma da 2 MeV la curva sotto quella principale si affievolisce, fino a sparire del tutto per radiazione da 5 MeV; in quest ultimo caso, l andamento della percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il PMT in funzione di z è molto simile a quello trovato quando abbiamo considerato solo gli eventi con un unico hit d interazione all interno del rivelatore.

59 Capitolo 5: Pareti totalmente assorbenti 53 Grafico 7 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Sorgente in (1, 0, -10) cm Pareti assorbenti: Confronto tra la percentuale dei fotoni che colpiscono il fotocatodo nel caso si considerino raggi gamma che hanno depositato la maggior parte della propria energia nel primo hit di interazione (sinistra) o in un hit diverso dal primo (destra) Grafico 8 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Sorgente in (1, 0, -10) cm Pareti assorbenti: Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il PMT in funzione di z per gamma da 2 MeV (sinistra) e da 5 MeV (destra)

60 Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il fotocatodo Noto l andamento della percentuale dei fotoni che giungono sul fotocatodo in funzione della distanza del primo hit d interazione dal PMT, è interessante, anche in questo caso, effettuare le proiezioni del Grafico 6 sull asse delle x per alcuni valori di z e, attraverso un fit gaussiano, ricavare la deviazione standard (σ) e la larghezza a metà altezza (FWHM). I risultati sono mostrati nel Grafico 9 e nella Tabella 8. Grafico 9 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Sorgente in (1, 0, -10) cm Pareti assorbenti: Proiezioni del Grafico 6 lungo l asse delle x (z fissato) per eventi di full energy peak z (mm) σ (%) errore σ (%) FWHM (%) Errore FWHM (%) Tabella 8 Valori di σ (%) e FWHM (%) delle proiezioni del Grafico 9 per eventi di full energy peak

61 Capitolo 5: Pareti totalmente assorbenti 55 Gli eventi che depositano la maggior parte dell energia in un hit d interazione diverso dal primo sono responsabili della presenza di un secondo picco spostato sulla destra rispetto a quello principale, evidente soprattutto nelle proiezioni per grandi distanze dal fotocatodo. I valori della deviazione standard e della larghezza a metà altezza sono stati ricavati fittando con una gaussiana solo il picco più alto. Come per gli eventi di singolo hit, nel passare da z=-33 mm a z=27 mm, la larghezza a metà altezza diminuisce drasticamente, diventando quasi un quinto di quella iniziale. Tuttavia, a differenza di quanto succede nel caso di eventi di singolo hit, l andamento della FWHM al diminuire della distanza dal fotocatodo non è strettamente decrescente: per -23 mm < z < 17 mm i valori non diminuiscono costantemente, ma oscillano tra il 15% e il 19%. Con l analisi della percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il PMT in funzione di z abbiamo quindi ottenuto due importanti risultati. Da una parte, attraverso il confronto dell andamento della curva con quello dell angolo solido, abbiamo verificato il corretto funzionamento del nostro codice di simulazione; dall altra, abbiamo mostrato l impossibilità, nel caso di eventi di full energy peak in un rivelatore con pareti assorbenti, di risalire con precisione alla distanza della prima interazione dal fotocatodo, quando si conosce il numero di fotoni che colpisce il fototubo. 5.2 Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il singolo segmento del PMT Il PMT accoppiato al cristallo di bromuro di lantanio è un fototubo position sensitive e fornisce quindi un segnale diverso per ciascun segmento. È dunque interessante analizzare anche l andamento della percentuale dei fotoni che colpiscono il singolo segmento del fotomoltiplicatore in funzione della distanza della prima interazione dal fotocatodo e verificare se è possibile, con questa informazione, distinguere i segmenti vicini alla verticale del punto d interazione da quelli lontani. Per studiare l andamento della percentuale dei fotoni che colpiscono un segmento in funzione di z abbiamo simulato gamma da 662 kev, sparati da due diverse posizioni: (1, 0, -10) cm e (3, 0, -10) cm. Abbiamo inoltre considerato solo eventi di full energy peak. Nel caso in cui la sorgente si trova in x=1 cm, è stato analizzato l andamento della percentuale di fotoni per sette diversi segmenti del PMT: quello sulla verticale rispetto alla posizione della sorgente, i due adiacenti, uno a una distanza intermedia e tre a una distanza di circa 3 cm.

62 Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il singolo segmento del PMT Le coordinate dei segmenti analizzati sono le seguenti: mm ; 3.04 mm mm ; 3.04 mm mm ; 3.04 mm mm ; 3.04 mm mm ; 3.04 mm mm ; mm mm ; mm I risultati ottenuti sono mostrati nel Grafico 10 e nel Grafico 11. Grafico 10 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Sorgente in (1, 0, -10) cm - Pareti assorbenti: Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il singolo segmento del PMT in funzione della distanza del primo hit di interazione dal fotocatodo per eventi di full energy peak

63 Capitolo 5: Pareti totalmente assorbenti 57 Grafico 11 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Sorgente in (1, 0, -10) cm Pareti assorbenti: Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il singolo segmento del PMT in funzione della distanza del primo hit di interazione dal fotocatodo per eventi di full energy peak (particolare) Per gli eventi in cui la sorgente è posizionata in x=3 cm, abbiamo invece considerato i seguenti dieci segmenti: mm ; 3.04 mm mm ; 3.04 mm mm ; 9.12 mm mm ; mm mm ; 3.04 mm mm ; 15.2 mm mm ; mm mm ; mm mm ; mm mm ; 3.04 mm Le curve della percentuale dei fotoni che colpiscono ogni segmento in funzione della distanza del primo hit d interazione dal fotocatodo sono mostrate nel Grafico 12 e nel Grafico 13, a pagina seguente.

64 Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il singolo segmento del PMT Grafico 12 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Sorgente in (3, 0, -10) cm Pareti assorbenti: Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il singolo segmento del PMT in funzione della distanza del primo hit di interazione dal fotocatodo per eventi di full energy peak Grafico 13 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Sorgente in (3, 0, -10) cm Pareti assorbenti: Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il singolo segmento del PMT in funzione della distanza del primo hit di interazione dal fotocatodo per eventi di full energy peak (particolare)

65 Capitolo 5: Pareti totalmente assorbenti 59 Osservando il Grafico 10 e il Grafico 12 sembra possibile dividere i segmenti del PMT, a seconda della distanza dalla verticale, in tre classi che presentano un comportamento simile al variare di z. Il segmento sulla verticale rispetto alla posizione della sorgente e quelli a esso adiacenti registrano il maggior numero di fotoni e presentano un andamento simile a quello ottenuto nel 5.1, quando abbiamo preso in considerazione l intera superficie del fotocatodo (Grafico 6); la percentuale dei fotoni di scintillazione aumenta al diminuire della distanza z del primo hit d interazione dal fotocatodo. Anche in questo caso possiamo notare una curva, sotto quella principale, che rappresenta gli eventi che hanno depositato la maggior quantità di energia in un hit diverso dal primo. Nei segmenti a una distanza di circa 1 cm dalla verticale su cui è posta la sorgente, la percentuale dei fotoni che colpiscono il singolo segmento è in generale molto bassa; aumenta leggermente al diminuire della distanza del primo hit dal fotocatodo per poi diminuire nuovamente a partire da un valore di z di circa 10 mm. I segmenti più lontani da quello sulla verticale, infine, registrano una percentuale di fotoni molto bassa e costante al variare della distanza della prima interazione dal fotocatodo. Sembra dunque possibile, per z > 0, distinguere da tutti gli altri i segmenti adiacenti a quello sulla verticale rispetto al punto d interazione. Il Grafico 11 e il Grafico 13 mostrano invece che, se la radiazione gamma interagisce a una distanza dal fotocatodo superiore ai 3 cm circa (z < 0), i segmenti sulla verticale del punto d interazione raccolgono pochi fotoni e potrebbero essere indistinguibili rispetto a quelli più lontani. Inoltre, tutti i segmenti registrano una percentuale di fotoni di scintillazione minore dello 0.5%. In analogia con quanto effettuato nel caso in cui si è considerato l intero PMT, abbiamo fittato con una gaussiana le proiezioni lungo l asse x del Grafico 10 e del Grafico 12, ricavando la deviazione standard (σ) e la larghezza a metà altezza (FWHM). Quest ultima è riportata, insieme alla posizione del centroide, in Tabella 9 e in Tabella 10. In alcuni casi, contrassegnati con un asterisco, per il calcolo del centroide della distribuzione dei fotoni è stata effettuata la media; la relativa deviazione standard è stata calcolata a occhio. Per ogni valore di z e ogni segmento abbiamo inoltre calcolato la discrepanza tra la percentuale di fotoni che colpisce il segmento in esame e quella che giunge sul segmento sopra la verticale rispetto alla sorgente (quarta colonna). Il valore così calcolato non è altro che il numero di deviazioni standard di cui distano i centroidi dei segmenti presi in esame; se esso risulta maggiore di 2, significa che siamo in grado di distinguere il segmento sulla verticale dagli altri a partire dal numero dei fotoni che colpiscono ciascun segmento del fototubo. Nelle tabelle

66 Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il singolo segmento del PMT seguenti abbiamo evidenziato la quarta colonna qualora siamo in grado di distinguere il segmento in esame da quello sulla verticale. Sorgente in (1, 0, -10) cm z (mm) Centroide FWHM % z (mm) Centroide FWHM % x = 9.12 mm ; y = 3.04 mm x = 3.04 mm ; y = 3.04 mm x = 15.2 mm ; y = 3.04 mm x = mm ; y = 3.04 mm x = mm ; y = 3.04 mm -33 * * x = 9.12 mm ; y = mm x = 9.12 mm ; y = mm Tabella 9 Valori della FWHM (%) e della discrepanza delle proiezioni del Grafico 10 per eventi di full energy peak e sorgente situata in (1, 0, -10) cm.

67 Capitolo 5: Pareti totalmente assorbenti 61 Sorgente in (3, 0, -10 cm) z (mm) Centroide FWHM % z (mm) Centroide FWHM % x = mm ; y = 3.04 mm x = mm ; y = 3.04 mm x = mm ; y = 9.12 mm x = mm ; y = mm x = 3.04 mm ; y = 3.04 mm x = 15.2 mm ; y = 15.2 mm x = 15.2 mm ; y = mm x = 3.04 mm ; y = mm x = 3.04 mm ; y = mm x = mm ; y = 3.04 mm Tabella 10 - Valori della FWHM (%) e della discrepanza delle proiezioni del Grafico 12 per eventi di full energy peak e sorgente situata in (3, 0, -10) cm.

68 Immagini della distribuzione di luce Le tabelle e i grafici mostrati fino ad ora mostrano che, nel caso di radiazione da 662 kev, non è un procedimento corretto identificare il segmento sulla verticale del primo hit d interazione come quello che ha raccolto il maggior numero di fotoni. Nella maggior parte dei casi, infatti, le fluttuazioni statistiche (anche con l efficienza quantica pari al 100%) sono troppo forti e cancellano l informazione. 5.3 Immagini della distribuzione di luce Prima di studiare un algoritmo che permetta di calcolare il punto d interazione della radiazione all interno del rivelatore, abbiamo analizzato le immagini della distribuzione della luce sul PMT, sia implementando un illuminazione omogenea, sia utilizzando una sorgente ideale puntiforme. Per illuminare uniformemente il cristallo abbiamo utilizzato gamma da 662 kev emessi da una sorgente non collimata. Si sono eseguiti due set di simulazioni: nel primo la sorgente è stata situata a circa 10 cm dalla superficie del cristallo, nel secondo, i gamma sono stati emessi dall infinito, ossia da una distanza tale da far sì che la radiazione entri nel rivelatore quasi perpendicolarmente (2 m). In entrambi i casi, la distribuzione della luce sul PMT è stata ottenuta come media dei contributi degli eventi di full energy peak (Figura 37). Figura 37 LaBr 3 (Ce) 3 x3 662 kev Pareti assorbenti: distribuzione della luce di scintillazione sul PMT a seguito di un illuminazione uniforme del cristallo. La sorgente gamma è stata posta a una distanza dal rivelatore di 10 cm (sinistra) e di 2 metri (destra).

69 Capitolo 5: Pareti totalmente assorbenti 63 In Figura 38 sono invece riportate le relative proiezioni lungo X e lungo Y delle distribuzioni di luce sul PMT. Figura 38 LaBr 3 (Ce) 3 x3 662 kev Pareti assorbenti: proiezioni lungo X e lungo Y della distribuzione della luce sul PMT quando il cristallo è illuminato uniformemente da una sorgente non collimata Poiché il cristallo presenta pareti assorbenti e i fotoni colpiscono direttamente il fotocatodo, ci aspettiamo che la distribuzione della luce sul PMT sia omogenea; in realtà in Figura 37 osserviamo che la distribuzione della luce non è uniforme, ma, indipendentemente dalla distanza della sorgente dal cristallo, i fotoni ottici tendono a concentrarsi nella zona centrale del rivelatore. La disomogeneità della distribuzione della luce sul PMT può essere legata al fatto che, per costruire queste immagini, sono stati presi in considerazione solo gli eventi di full energy peak; un gamma che interagisce nella zona centrale dello scintillatore ha maggior probabilità di depositare tutta la sua energia nel cristallo rispetto a un evento che registra un primo hit d interazione in prossimità delle pareti esterne del rivelatore. Benché non sia perfettamente uniforme, la distribuzione di luce è simmetrica rispetto all asse del cristallo: non si osservano, infatti, significative differenze tra le proiezioni lungo X e lungo Y relative a un medesimo set di simulazioni. Se invece confrontiamo tra di loro le proiezioni ottenute situando la sorgente non collimata a 10 cm o a 2 m, notiamo che, nel primo caso c è una maggiore differenza tra i conteggi nella zona centrale e ai bordi del cristallo. Questo accade in quanto, essendo maggiore l inclinazione con cui i gamma colpiscono la superficie del PMT,

70 Immagini della distribuzione di luce diminuisce la probabilità che la radiazione che interagisce ai bordi del rivelatore depositi tutta la propria energia all interno del cristallo. Dopo aver analizzato le immagini ottenute con un illuminazione uniforme del rivelatore, utilizzando una sorgente puntiforme abbiamo studiato la distribuzione dei fotoni di scintillazione sul fotocatodo in funzione della distanza z del primo hit d interazione dal PMT. Lo scopo di queste simulazioni è di verificare se e come la segmentazione del fotomoltiplicatore distorca o modifichi l immagine registrata dal fotocatodo. Le simulazioni sono state effettuate posizionando la sorgente gamma in corrispondenza di due diversi valori delle ascisse: x=1 cm e x=3 cm. Come mostrato in Figura 39 e in Figura 40, per ogni set di simulazioni abbiamo selezionato tre eventi: nel primo la radiazione incidente deposita la maggior parte dell energia in prossimità della superficie posteriore del cristallo (verso la sorgente), nel secondo il primo hit d interazione si trova circa a metà dello scintillatore e nel terzo il gamma interagisce vicino alla superficie del rivelatore a contatto con il fototubo. Per ogni evento sono state ricavate tre diverse immagini. La prima, sulla sinistra, è relativa al deposito dell energia sul piano xy all interno del cristallo ed è utile per verificare dove effettivamente sia avvenuta l interazione della radiazione gamma. La seconda e la terza, rispettivamente in centro e sulla destra, mostrano invece la distribuzione dei fotoni sul fotocatodo e sul PMT segmentato. L immagine sul fotocatodo, soprattutto per grandi distanze del primo hit d interazione dal fototubo, sembra essere uniforme; solo per distanze inferiori ai 5 mm la distribuzione presenta un massimo evidente in corrispondenza delle coordinate del deposito di energia nel cristallo. Possiamo inoltre notare che la segmentazione del fotomoltiplicatore non distorce l immagine registrata dal fotocatodo, ma permette di individuare meglio il massimo della distribuzione o le zone maggiormente colpite dai fotoni ottici. Anche per le distribuzioni di luce sul fototubo segmentato, man mano che la distanza del primo hit di scintillazione dal fotocatodo diminuisce, il massimo è sempre più definito e posizionato in corrispondenza delle coordinate della sorgente gamma. Analizzando le distribuzioni di luce sul PMT si può osservare inoltre che, benché per grandi distanze del primo hit d interazione dal fotocatodo (circa 7 cm) l immagine presenti una distribuzione abbastanza uniforme, è visibile una zona del fototubo che presenta una maggiore concentrazione di fotoni; sembrerebbe quindi possibile, anche in questo caso, individuare almeno la metà del cristallo in cui ha interagito il gamma da 662 kev. Poiché, come già sottolineato, la precisione con cui si riesce a individuare il punto d interazione migliora con il diminuire della distanza dell interazione dal PMT, la risoluzione spaziale del sistema non può che migliorare aumentando l energia della radiazione (2, 5, 10 MeV) e, di conseguenza, la penetrazione del gamma nel cristallo.

71 Capitolo 5: Pareti totalmente assorbenti 65 Figura 39 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Sorgente in (1, 0, -10) cm Pareti assorbenti: immagini degli hit di scintillazione nel piano xy del cristallo (sinistra), della distribuzione dei fotoni sul fotocatodo (centro) e della distribuzione di luce sul fototubo segmentato (destra). Le immagini sono relative a tre diversi eventi che hanno interagito nel rivelatore a tre differenti distanze dal PMT

72 Immagini della distribuzione di luce Figura 40 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Sorgente in (3, 0, -10) cm Pareti assorbenti: immagini degli hit di scintillazione nel piano xy del cristallo (sinistra), della distribuzione dei fotoni sul fotocatodo (centro) e della distribuzione di luce sul fototubo segmentato (destra). Le immagini sono relative a tre diversi eventi che hanno interagito nel rivelatore a tre differenti distanze dal PMT

73 Capitolo 5: Pareti totalmente assorbenti Algoritmi per il calcolo del centroide Analizzate le immagini prodotte dalla luce di scintillazione sul fototubo segmentato per alcuni eventi, abbiamo calcolato il centroide della distribuzione evento per evento, utilizzando quattro diversi metodi. Le coordinate ottenute sono state poi plottate in un istogramma, da cui è stato possibile ricavare la probabilità che il centroide estratto si trovi nella metà corretta del cristallo, quella in cui è avvenuta l interazione. La bontà dei diversi algoritmi è stata valutata in base a questo criterio e plottando la figura di merito definita come: dove x C è l ascissa del centroide e x hit quella della prima interazione del gamma nel cristallo Media pesata Il primo algoritmo che abbiamo utilizzato per il calcolo del centroide consiste semplicemente nel fare la media delle coordinate di tutti i segmenti del fototubo, pesata con il numero dei fotoni che hanno colpito ogni segmento. La distribuzione dei centroidi calcolati attraverso la media pesata per eventi di full energy peak è mostrata nel Grafico 14, mentre nel Grafico 15 è rappresentato l istogramma della distanza della coordinata x del centroide da quella del primo hit d interazione del gamma nel cristallo. Dal Grafico 14 non è possibile, a causa della dimensione dei bins (5x5 mm 2 ), calcolare la probabilità di individuare correttamente la metà del rivelatore in cui è avvenuta l interazione; questa è stata invece ricavata da un istogramma con i bins di dimensione 1x1 mm 2 ed è risultata pari al 97%, con la sorgente in x=1 cm, e al 99%, con la sorgente in x=3 cm. Benché la probabilità che il centroide sia situato nella metà del rivelatore in cui è avvenuta l interazione sia molto alta, osserviamo, dal Grafico 14, che il centroide è spostato verso la zona centrale del cristallo. Questo effetto aumenta al diminuire della distanza del punto d interazione del gamma dalle pareti del cristallo; dal Grafico 15 notiamo che, con la sorgente situata in x=3 cm, l ascissa del centroide calcolata con la media pesata dista in media quasi 3 cm dal punto della prima interazione della radiazione. Questo algoritmo, dunque, permette di individuare con una buona probabilità la metà del cristallo in cui il gamma ha interagito, ma porta a una perdita di linearità spaziale, poiché tende a spostare la posizione del centroide verso il centro del rivelatore.

74 Algoritmi per il calcolo del centroide Grafico 14 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev - Pareti assorbenti: distribuzione dei centroidi della distribuzione di luce sul PMT calcolati con l algoritmo della media pesata per eventi di full energy peak. La sorgente di gamma è situata in x = 1 cm (sinistra) e in x = 3 cm (destra) Grafico 15 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Pareti assorbenti: istogramma della distanza della coordinata x del centroide calcolata con l algoritmo della media pesata da quella del primo hit di interazione del gamma. Sono stati considerati solo eventi di full energy peak con la sorgente situata in x = 1 cm (sinistra) e in x = 3 cm (destra).

75 Capitolo 5: Pareti totalmente assorbenti Averaging L algoritmo denominato come averaging consiste nell individuare, evento per evento, il segmento del fototubo che ha raccolto il maggior numero di fotoni e gli otto segmenti a esso adiacenti. Le coordinate del centroide della distribuzione sono quindi calcolate attraverso la media delle coordinate di questi segmenti, pesata sul numero di fotoni che colpiscono ciascun segmento. Nel Grafico 16 è rappresentata la distribuzione nel piano xy dei centroidi della distribuzione di luce calcolati con questo algoritmo per eventi di full energy peak. Le due distribuzioni presentano un massimo in corrispondenza delle coordinate della sorgente. Se poi calcoliamo la percentuale dei centroidi che si trovano nella metà del cristallo in cui è avvenuta l interazione, essa è pari all 86% per la sorgente in x=1 cm e al 97% per la sorgente posta in x=3 cm. Si tratta di una buona percentuale, anche se, osservando l istogramma mostrato nel Grafico 17, notiamo che per un numero considerevole di eventi si è registrata una distanza tra l ascissa del centroide e quella del punto d interazione superiore al centimetro. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che non sempre il segmento che raccoglie il maggior numero di fotoni coincide con il centro della distribuzione di luce sul fotomoltiplicatore. Bisogna infatti tener conto delle fluttuazioni statistiche che, con un numero massimo di fotoni per segmento pari a 300, possono essere anche dell ordine di 20 fotoni. Grafico 16 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Pareti assorbenti: distribuzione dei centroidi della distribuzione di luce sul PMT calcolati con l algoritmo di averaging per eventi di full energy peak. La sorgente di gamma è situata in x = 1 cm (sinistra) e in x = 3 cm (destra)

76 Algoritmi per il calcolo del centroide Grafico 17 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Pareti assorbenti: istogramma della distanza della coordinata x del centroide, calcolata con l algoritmo di averaging, da quella del primo hit di interazione del gamma. Sono stati considerati solo eventi di full energy peak con la sorgente situata in x = 1 cm (sinistra) e in x = 3 cm (destra). Questo problema potrebbe dunque enfatizzarsi nel caso delle pareti smerigliate, dove le fluttuazioni statistiche sono maggiori e la distribuzione della luce di scintillazione sul fototubo segmentato è più uniforme, soprattutto per grandi distanze del punto d interazione dal PMT Proiezioni Questo algoritmo si basa sulle proiezioni della distribuzione di luce sui due assi x e y del piano. Per ogni evento si calcola il numero medio di fotoni in ogni proiezione e si prendono come coordinate x e y del centroide la coordinata della proiezione lungo x e di quella lungo y che hanno registrato il massimo numero di fotoni. Il metodo delle proiezioni è stato utilizzato sia per eventi di singolo hit con un energia superiore ai 300 kev, sia per eventi di full energy peak. Abbiamo voluto analizzare le proiezioni di queste due tipologie di eventi perché, qualora ci sia una diversità nei profili delle due distribuzioni, sarebbe possibile fittare le due proiezioni con diverse curve e ottenere così una stima più precisa della posizione del centroide; questa è infatti talvolta notevolmente influenzata dalla presenza di più di un hit di scintillazione con un deposito considerevole di energia. Nel Grafico 18 sono rappresentate le proiezioni medie dei eventi totali, ossia quelle ottenute facendo la media di tutte le proiezioni dei singoli eventi. Sono stati presi in considerazione gamma di singolo hit e di full energy peak con la sorgente situata in (1, 0, -10) cm e in (3, 0, -10) cm.

77 Capitolo 5: Pareti totalmente assorbenti 71 Grafico 18 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Pareti assorbenti: media delle proiezioni su X e su Y per eventi di singolo hit con E γ >300 kev (in alto) e per eventi di full energy peak (in basso). Le simulazioni sono state effettuate per la sorgente situata in x = 1 cm e in x = 3 cm. Possiamo notare come le medie delle proiezioni per le due tipologie di eventi risultino praticamente uguali: sono entrambe piccate sopra il segmento sulla verticale rispetto alla sorgente. È presente solo una piccola non linearità, visibile soprattutto nel caso in cui il gamma è sparato da x=3 cm. Nel Grafico 19 sono state plottate le proiezioni su x relative ai singoli eventi per gamma provenienti da una sorgente posizionata in x=1 cm. Grafico 19 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Pareti assorbenti: proiezioni su X per alcuni eventi di singolo hit con E γ >300 kev (in alto) e di full energy peak (in basso). Le simulazioni sono state effettuate per la sorgente situata in x = 1 cm.

78 Algoritmi per il calcolo del centroide Il profilo delle distribuzioni è molto irregolare e non presenta caratteristiche differenti per eventi di singolo hit e di hit multiplo. Non è dunque possibile discriminare le due tipologie d interazione della radiazione e fittare con curve differenti le proiezioni lungo gli assi. Analizzate le diverse proiezioni, abbiamo preso in considerazione solo gli eventi di full energy peak e abbiamo prodotto la distribuzione dei centroidi della distribuzione di luce sul PMT (Grafico 20) e l istogramma della distanza dell ascissa del centroide da quella del primo hit d interazione del gamma (Grafico 21). Dal Grafico 20 si nota che l algoritmo delle proiezioni permette di individuare la metà del cristallo in cui ha interagito la radiazione con una probabilità abbastanza buona e di poco inferiore a quella ottenuta con gli algoritmi illustrati in precedenza: l 80% per la sorgente posizionata in x=1 cm, il 97% per la sorgente situata in x=3 cm. Se tuttavia osserviamo la distribuzione della distanza dell ascissa del centroide da quella del primo hit d interazione (Grafico 21), notiamo che, soprattutto nel caso in cui la sorgente si trovi in x=3 cm, il massimo della distribuzione risulta lontano dall origine degli assi. Utilizzando l algoritmo delle proiezioni si introduce quindi una non linearità spaziale, che è comunque inferiore a quella presente utilizzando il metodo della media pesata. Grafico 20 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Pareti assorbenti: distribuzione dei centroidi della distribuzione di luce sul PMT calcolati con l algoritmo delle proiezioni per eventi di full energy peak. La sorgente di gamma è sitata in x = 1 cm (sinistra) e in x = 3 cm (destra).

79 Capitolo 5: Pareti totalmente assorbenti 73 Grafico 21 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Pareti assorbenti: istogramma della distanza della coordinata x del centroide calcolata con l algoritmo delle proiezioni, da quella del primo hit di interazione del gamma. Sono stati considerati solo eventi di full energy peak con la sorgente situata in x = 1 cm (sinistra) e in x = 3 cm (destra) Nove segmenti L algoritmo dei nove segmenti prende spunto da quello sviluppato nell ambito della PSA dei germani iperpuri all interno del progetto Agata [23]. Per ogni evento di full energy peak nel rivelatore, i segmenti del fototubo vengono ordinati in ordine decrescente rispetto al numero di fotoni che li colpiscono. Si selezionano quindi i primi N in segmenti e, facendo una media delle coordinate x e y, si trovano ascissa e ordinata del punto medio (x M, y M ). Per ogni segmento viene calcolata la distanza da tale punto e si scarta il segmento con la distanza maggiore dal punto medio; il procedimento viene iterato finché non rimangono 9 segmenti. Le coordinate del centroide della distribuzione di luce corrispondono a quelle del punto medio (x M, y M ) dei nove segmenti rimasti. Prima di mostrare le immagini della distribuzione dei centroidi, è necessario precisare che l idea di utilizzare l algoritmo dei nove segmenti nasce dall osservazione delle immagini della distribuzione di luce sul PMT segmentato ( 5.3). Anche quando l immagine non presenta un centroide ben definito, si può notare che spesso il punto d interazione del gamma nel cristallo si trova in una regione del fotocatodo dove è possibile individuare nove segmenti, colpiti da un numero di fotoni leggermente superiore alla media (Figura 41).

80 Algoritmi per il calcolo del centroide Figura 41 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Sorgente in (1, 0, -10) cm Pareti assorbenti: immagini delle distribuzioni della luce di scintillazione sul PMT segmentato per alcuni eventi di full energy peak. In ogni distribuzione è stato evidenziato il gruppo dei nove segmenti che è stato colpito in media da un numero superiore di fotoni. Può darsi che, a causa delle fluttuazioni statistiche, il segmento che ha registrato il maggior numero di fotoni di scintillazione non si trovi tra questi nove; con un algoritmo come quello di averaging, dunque, il massimo della distribuzione verrebbe spostato in un altra regione del cristallo. All interno del programma che calcola il centroide della distribuzione di luce sul fototubo, sia il numero iniziale di segmenti selezionati, sia quello finale possono essere scelti a piacere. Il numero di segmenti iniziali che abbiamo utilizzato in queste simulazioni (N in ) è pari a 14; se si utilizza un numero troppo alto di segmenti, infatti, si rischia di accentrare la posizione del centroide della distribuzione, poiché le coordinate del punto medio vengono calcolate attraverso una semplice media aritmetica. Nella pagina a fianco sono mostrate le distribuzioni nel piano xy dei centroidi delle distribuzioni di luce sul PMT per due tipologie di eventi: nel Grafico 22 sono presi in considerazione solo gli eventi di full energy peak che depositano la maggior parte della loro energia nel primo hit d interazione, mentre nel Grafico 23 è rappresentata la totalità degli eventi di full energy peak. Tra le due distribuzioni non sono presenti differenze significative: notiamo che, nel caso di eventi che depositano la maggior parte dell energia nel primo hit d interazione, il picco relativo al massimo è leggermente più stretto e sono più ampie le zone del cristallo dove non cade il centroide.

81 Capitolo 5: Pareti totalmente assorbenti 75 Grafico 22 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Pareti assorbenti: distribuzione dei centroidi della distribuzione di luce sul PMT calcolati con l algoritmo dei nove segmenti per eventi di full energy peak che depositano la maggior parte della propria energia nel primo hit di interazione. La sorgente di gamma è situata in x = 1 cm (sinistra) e in x = 3 cm (destra) Grafico 23 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Pareti assorbenti: distribuzione dei centroidi della distribuzione di luce sul PMT calcolati con l algoritmo dei nove segmenti per eventi di full energy peak. La sorgente di gamma è situata in x = 1 cm (sinistra) e in x = 3 cm (destra)

82 Algoritmi per il calcolo del centroide Se guardiamo la distribuzione dei centroidi ottenuti con l algoritmo dei nove segmenti (Grafico 23), notiamo che la probabilità che il centroide si trovi nella metà del cristallo in cui è avvenuta l interazione è sempre superiore al 90% (91% per la sorgente in x=1 cm e 98% per la sorgente in x=3 cm). Questo risultato è molto soddisfacente: bisogna infatti considerare che talvolta il centroide della distribuzione di luce si trova nella metà sinistra del rivelatore, poiché c è stato un secondo hit di scintillazione (con un deposito consistente di energia e una distanza minore dal fotocatodo) in questa regione. Un ultimo aspetto da sottolineare è che, rispetto all algoritmo di averaging -con cui si è ottenuta un altrettanto buona probabilità di individuare la metà in cui è avvenuta l interazione-, la larghezza del picco della distribuzione dei centroidi calcolati con il metodo dei nove segmenti risulta minore; questo permette di avere una probabilità più alta di individuare, con una precisione dell ordine dei 2 cm, le coordinate d interazione della radiazione all interno del cristallo (per un gamma che interagisce in x=1, abbiamo l 80% con l algoritmo dei nove segmenti e il 53% per quello di averaging). Il fatto che questo algoritmo per il calcolo del centroide risulti il migliore fino ad ora utilizzato è sottolineato anche dall istogramma della distanza dell ascissa del centroide da quella del primo hit d interazione del gamma nel cristallo (Grafico 24). Grafico 24 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Pareti assorbenti: istogramma della distanza della coordinata x del centroide calcolata con l algoritmo dei nove segmenti, da quella del primo hit di interazione del gamma. Sono stati considerati solo eventi di full energy peak con la sorgente situata in x = 1 cm (sinistra) e in x = 3 cm (destra). Nel caso in cui la sorgente è situata in corrispondenza di x= 0 cm, l istogramma presenta un massimo in corrispondenza dello zero: la maggior parte dei centroidi calcolati dista dunque

83 Capitolo 5: Pareti totalmente assorbenti 77 meno di 5 mm dal primo hit d interazione. Il 99% dei conteggi, inoltre, si trova entro un valore dell ascissa pari a 20 mm. Quando la sorgente puntiforme è situata in x=3 cm, la posizione del massimo indica che, per la maggior parte dei gamma che interagiscono nel rivelatore, il centroide della distribuzione della luce sul fototubo dista al più 1 centimetro dal primo hit d interazione nel cristallo. Nel 99% dei casi, inoltre, la distanza tra il centroide e il punto in cui il gamma ha depositato la propria energia è minore di 3 cm. I risultati ottenuti con l algoritmo dei nove segmenti nel caso di un cristallo con pareti completamente assorbenti ci fanno ipotizzare la possibilità di dividere il rivelatore in tre o quattro regioni (invece che in due) e migliorare così ulteriormente la correzione sull allargamento Doppler. Se ciò sia effettivamente possibile, lo verificheremo solo dopo aver analizzato il sistema di imaging con pareti smerigliate. 5.5 Linearità spaziale L ultimo parametro del nostro sistema di imaging con pareti assorbenti che abbiamo analizzato è la linearità spaziale, ossia il confronto tra la posizione reale d interazione (chiamata meccanica) e quella misurata. Per misurare la linearità spaziale del nostro cristallo abbiamo spostato la sorgente gamma lungo l asse x con step da 1 cm l uno (x=0, 1, 2, 3 cm). L ascissa del centroide è stata individuata come la coordinata x del massimo della distribuzione dei centroidi dei eventi: l errore su di essa, dunque, sarà circa 2.5 mm, che corrisponde alla metà della larghezza dei bins dell istogramma. In un primo momento, utilizzando radiazione da 662 kev, abbiamo confrontato la linearità spaziale ottenuta con i diversi algoritmi di calcolo del centroide. I risultati sono riportati nel Grafico 26, a pagina seguente. La migliore linearità spaziale si ottiene con l algoritmo dei nove segmenti e con quello di averaging; con il metodo della media pesata e con quello delle proiezioni, invece, non si riesce a distinguere un interazione che avviene in x=2 cm da una che avviene in x=3 cm. Calcolando il centroide della distribuzione di luce sul PMT attraverso l algoritmo dei nove segmenti, la linearità spaziale del nostro sistema di imaging è stata studiata anche al variare dell energia della radiazione incidente: sono state simulate sorgenti gamma da 662 kev, 2 e 5 MeV.

84 Linearità spaziale Grafico 26 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Pareti assorbenti: linearità spaziale ottenuta con i diversi algoritmi di calcolo del centroide. Grafico 25 LaBr 3 (Ce) 3 x3 Pareti assorbenti: linearità spaziale ottenuta con l algoritmo dei nove segmenti per radiazione gamma di diversa energia. Le curve relative a 2 e 5 MeV coincidono.

85 Capitolo 5: Pareti totalmente assorbenti 79 Il Grafico 25 mostra come la linearità spaziale migliori all aumentare dell energia della radiazione incidente. Questo accade perché, in generale, gamma più energetici penetrano maggiormente nel cristallo e interagiscono a una distanza minore dal fotocatodo; inoltre producono un numero superiore di fotoni di scintillazione, riducendo le fluttuazioni statistiche. Si può infine ipotizzare che, aumentando ulteriormente l energia della radiazione, la linearità spaziale non migliori: le curve per gamma da 2 e 5 MeV, infatti, coincidono e mostrano che il cristallo è perfettamente lineare.

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87 Capitolo 6: Pareti smerigliate Dopo aver analizzato i meccanismi di formazione dell immagine nel caso di un rivelatore con pareti completamente assorbenti, abbiamo studiato il sistema di imaging implementando superfici smerigliate riflettenti. Si sono esaminati gli stessi aspetti considerati nel capitolo precedente per poi confrontare i risultati ottenuti simulando i due tipi di pareti e capire più a fondo i meccanismi di imaging del nostro sistema. In questa fase delle simulazioni sono stati implementati gamma di diverse energie: 662 kev, 2 MeV, 5 MeV e 10 MeV. Dove non è specificato diversamente, abbiamo tenuto conto unicamente degli eventi di full energy peak, ossia dei gamma che depositano tutta la loro energia all interno del rivelatore. 6.1 Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il fotocatodo Il primo aspetto del sistema di imaging analizzato è stata la percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il fototubo in funzione della distanza del primo hit d interazione dal PMT. Poiché in questo caso le pareti implementate non sono totalmente assorbenti, l andamento non è stato confrontato con quello dell angolo solido sotteso dal primo hit di scintillazione. È stato però analizzato l effetto della presenza dello spessore di vetro tra il cristallo e il fotocatodo sulla percentuale dei fotoni che colpiscono il fototubo. Nel Grafico 27 a pagina seguente, è mostrato l andamento della percentuale dei fotoni che colpiscono il PMT per gamma da 662 kev emessi da una sorgente ideale posizionata in (1, 0, -10) cm. Si può notare come la curva sia molto differente da quella ottenuta nel caso di un cristallo con pareti assorbenti: la percentuale di fotoni è pressoché costante e molto alta (all incirca il 97%) giacché le superfici riflettenti permettono di raccogliere la quasi totalità della luce di scintillazione prodotta dalla radiazione incidente. Al diminuire della distanza del primo hit d interazione dal fotocatodo, la percentuale dei fotoni che colpiscono il PMT aumenta leggermente, ma non in modo significativo.

88 Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il fotocatodo Grafico 27 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Sorgente in (1, 0, -10) cm Pareti smerigliate: Percentuale dei fotoni che colpiscono il fotocatodo al variare della distanza z del primo hit di interazione dal PMT Grafico 28 LaBr 3 (Ce) 3 x3 Sorgente in (1, 0, -10) cm Pareti smerigliate: Percentuale dei fotoni che colpiscono il fotocatodo al variare della distanza z del primo hit di interazione dal PMT per gamma da 2 MeV (sinistra) e da 5 MeV (destra)

89 Capitolo 6: Pareti smerigliate 83 Per radiazione di energia più elevata (2 e 5 MeV), dal Grafico 28 notiamo che l andamento della curva è lo stesso; lo spessore maggiore della curva relativa ai 662 kev è dovuto al fatto che, in questo caso, gli eventi di full energy peak sono più numerosi a parità di gamma emessi dalla sorgente. È interessante anche analizzare l effetto della presenza dello spessore di vetro tra il cristallo e il fotocatodo. In analogia con quanto effettuato nel caso delle pareti totalmente assorbenti, abbiamo simulato 5000 gamma da 662 kev implementando, la prima e la seconda volta, un vetro con indice di rifrazione 1.49 e spessore rispettivamente 8 mm e 0.01 mm, e la terza volta uno di spessore 0.01 mm con lo stesso indice di rifrazione del bromuro di lantanio (1.9). I risultati sono mostrati nel Grafico 29. Grafico 29 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Sorgente in (1, 0, -10) cm Pareti smerigliate: Effetto dello spessore di vetro tra il cristallo e il fotocatodo sulla percentuale dei fotoni che colpiscono il fototubo al variare della distanza z del primo hit di interazione dal PMT Diminuendo lo spessore del vetro, la percentuale dei fotoni che colpiscono il PMT aumenta e raggiunge il 98%: diminuisce, infatti, il numero di fotoni di scintillazione che, rifratti dal vetro con un angolo maggiore di quello di incidenza, escono da quest ultimo senza colpire il fotocatodo. Se inoltre poniamo l indice di rifrazione del vetro uguale a quello del bromuro di lantanio (curva in rosa), l angolo di rifrazione diventa uguale a quello d incidenza e il fenomeno

90 Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il fotocatodo per cui i fotoni escono dal vetro senza colpire il PMT diminuisce ulteriormente, portando la percentuale dei fotoni raccolti dal PMT quasi al 99%. In quest ultimo caso, inoltre, la curva presenta un andamento più simile a quello ottenuto per le pareti assorbenti: al diminuire della distanza del primo hit dal fotocatodo la percentuale dei fotoni che colpiscono il fototubo aumenta leggermente, ma in modo più vistoso rispetto alla curva verde e a quella blu e riusciamo a intravedere, appena accennata, anche una curva secondaria. Questo andamento può essere dovuto al contributo dei fotoni di scintillazione che colpiscono direttamente il PMT, senza subire la riflessione da parte delle pareti del cristallo; ponendo l indice di rifrazione del vetro uguale a quello del bromuro di lantanio si eliminano gli effetti della rifrazione e si evidenzia l andamento dei fotoni di scintillazione che colpiscono direttamente il fotocatodo. Come abbiamo fatto anche per il sistema con pareti totalmente assorbenti, una volta noto l effetto della presenza del vetro e l andamento della percentuale dei fotoni che giungono sul fotocatodo, abbiamo analizzato le proiezioni del Grafico 27 sull asse delle x per alcuni valori di z. Attraverso un fit gaussiano, sono state poi ricavate la deviazione standard (σ) e la larghezza a metà altezza (FWHM). I risultati sono mostrati nel Grafico 30 e nella Tabella 11. Sono stati riportati solo quelli relativi a gamma di energia pari a 662 kev poiché per radiazione più energetica sono stati trovati gli stessi andamenti. Grafico 30 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Sorgente in (1, 0, -10) cm Pareti smerigliate: Proiezioni del Grafico 27 lungo l asse delle x (z fissato) per eventi di full energy peak Già dalle proiezioni notiamo che, a differenza di quanto succede nel caso delle pareti assorbenti, la posizione del centroide non cambia significativamente al variare della distanza dal PMT e tutte le distribuzioni sono pressoché uguali.

91 Capitolo 6: Pareti smerigliate 85 Tabella 11 Valori di σ (%) e della FWHM (%) delle proiezioni del Grafico 30 per gamma di full energy peak da 662 kev. Questo si riflette in un valore della deviazione standard e della larghezza e metà altezza percentuale che si mantiene costante. Si tratta di un risultato che non sorprende, alla luce dell andamento pressoché costante della percentuale dei fotoni che colpiscono il fototubo in funzione della distanza dal PMT (Grafico 27). 6.2 Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il singolo segmento del PMT Il fatto che l andamento della percentuale di fotoni che giunge sul fotocatodo si mantenga costante al variare di z, non preclude la possibilità di distinguere il segmento sulla verticale dagli altri a partire dal numero di fotoni che lo colpiscono. Per studiare l andamento della percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il singolo segmento del PMT in funzione della distanza del primo hit d interazione dal fotocatodo, abbiamo simulato gamma sparati da una sorgente situata in due diverse posizioni: (1, 0, - 10) cm e (3, 0, -10) cm. Qui di seguito riportiamo unicamente i risultati relativi a radiazione di energia pari a 662 kev, in quanto per gamma più energetici è stato ottenuto il medesimo andamento.

92 Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il singolo segmento del PMT Nel caso in cui la sorgente sia situata in x=1 cm, l andamento della percentuale dei fotoni in funzione della distanza del primo hit dal fotocatodo è stato analizzato per sette diversi segmenti del fototubo: quello sulla verticale rispetto alla posizione della sorgente, i due adiacenti, uno a una distanza intermedia e tre a una distanza di circa 3 cm. Le coordinate dei segmenti analizzati sono le seguenti: mm ; 3.04 mm mm; 3.04 mm mm ; 3.04 mm mm ; 3.04 mm mm ; 3.04 mm mm ; mm mm ; mm Nel caso invece in cui la sorgente è situata in x= 3 cm, abbiamo esaminato i seguenti segmenti: mm ; 3.04 mm mm ; 3.04 mm mm ; 9.12 mm mm ; mm mm ; 3.04 mm mm ; 15.2 mm mm ; mm mm ; mm mm ; mm mm ; 3.04 mm I risultati ottenuti sono mostrati nel Grafico 31 e nel Grafico 32. Si nota subito che, in confronto al caso delle pareti assorbenti, la percentuale dei fotoni raccolti dai singoli segmenti è maggiore e quasi pari all 1%. Per il resto, le curve hanno le stesse caratteristiche già individuate nel caso in cui il cristallo presenti superfici completamente assorbenti.

93 Capitolo 6: Pareti smerigliate 87 Grafico 31 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Sorgente in (1, 0, -10) cm Pareti smerigliate: Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono un singolo segmento in funzione di z Grafico 32 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Sorgente in (3, 0, -10) cm Pareti smerigliate: Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono un singolo segmento in funzione di z

94 Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il singolo segmento del PMT Il segmento sulla verticale rispetto alla posizione della sorgente e quelli a esso adiacenti registrano il maggior numero di fotoni; la percentuale dei fotoni di scintillazione aumenta al diminuire della distanza z del primo hit d interazione dal fotocatodo. Possiamo inoltre notare una curva sotto quella principale, la quale rappresenta gli eventi che hanno depositato la maggior quantità di energia in un hit diverso dal primo. A differenza di quanto osservato nel caso delle pareti completamente assorbenti, nei segmenti a una distanza di circa 1 o 3 cm dalla verticale su cui è posta la sorgente, l andamento della curva è molto simile: la percentuale dei fotoni che colpiscono il singolo segmento è pressoché costante per poi diminuire leggermente a partire da una distanza del primo hit d interazione dal fotocatodo inferiore a circa 2 cm. Resta un ultima osservazione. Per valori di z < 0, la percentuale dei fotoni che colpiscono il singolo segmento non cambia al variare della posizione del segmento stesso rispetto alla sorgente gamma: i segmenti sono indistinguibili tra di loro. Per z > 0 sembra invece possibile distinguere da tutti gli altri i segmenti adiacenti a quello sulla verticale rispetto al punto d interazione della radiazione. In analogia con quanto effettuato nel caso in cui abbiamo considerato le pareti del cristallo come totalmente assorbenti, sono state fittate con una gaussiana le proiezioni lungo l asse x del Grafico 31 e del Grafico 32, ricavando la deviazione standard (σ) e la larghezza a metà altezza (FWHM) percentuali. Quest ultima, insieme al valore del centroide del picco, è riportata nelle pagine seguenti in Tabella 12 e in Tabella 13. Per ogni valore di z e ogni segmento abbiamo inoltre calcolato la discrepanza tra la percentuale dei fotoni che colpiscono il segmento e quella raccolta dal segmento sopra la verticale rispetto alla sorgente di coordinate (9.12 mm, 3.04 mm) nel caso di x=1 cm e (33.44 mm, 3.04 mm) nel caso di x=3 cm. Il valore così calcolato non è altro che il numero di deviazioni standard di cui distano i centroidi dei segmenti presi in esame: se esso risulta maggiore di 2, significa che siamo in grado di distinguere il segmento sulla verticale dagli altri a partire dal numero di fotoni che li colpisce. Nelle tabelle seguenti abbiamo evidenziato la quarta colonna quando siamo in grado di distinguere il segmento da quello sulla verticale. Sia i grafici che le tabelle mostrano che, nel caso di gamma da 662 kev in un rivelatore con pareti smerigliate, non è un procedimento corretto identificare il segmento sulla verticale del primo hit come quello che ha raccolto il maggior numero di fotoni. I fotoni sono infatti prodotti in numero 100 volte maggiore rispetto al caso delle pareti totalmente assorbenti, ma, essendo riflessi, non mantengono l informazione sul punto in cui è stata depositata l energia della radiazione.

95 Capitolo 6: Pareti smerigliate 89 Sorgente in (1, 0, -10) cm z (mm) Centroide FWHM % z (mm) Centroide FWHM % x = 9.12 mm ; y = 3.04 mm x = 3.04 mm ; y = 3.04 mm x = 15.2 mm ; y = 3.04 mm x = mm ; y = 3.04 mm x = mm ; y = 3.04 mm -33 * x = 9.12 mm ; y = mm x = 9.12 mm ; y = mm Tabella 12 Valori del centroide, della FWHM (%) e della discrepanza delle proiezioni del Grafico 31 per eventi di full energy peak e sorgente situata in (1, 0, -10) cm.

96 Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono il singolo segmento del PMT Sorgente in (3, 0, -10) cm z (mm) Centroide FWHM % x = mm ; y = 3.04 mm x = mm ; y = 3.04 mm x = mm ; y = 9.12 mm x = mm ; y = mm x = 3.04 mm ; y = 3.04 mm z (mm) Centroide FWHM % x = 15.2 mm ; y = 15.2 mm x = 15.2 mm ; y = mm x = 3.04 mm ; y = mm -33 * x = 3.04 mm ; y = mm -33 * * x = mm ; y = 3.04 mm * * Tabella 13 Valori del centroide, della FWHM (%) e della discrepanza delle proiezioni del Grafico 32 per eventi di full energy peak e sorgente posizionata in (3, 0, -10) cm.

97 Capitolo 6: Pareti smerigliate Immagini della distribuzione di luce Come già effettuato nel caso delle pareti totalmente assorbenti, prima di studiare un algoritmo che permetta di calcolare il centroide della distribuzione di luce sul fototubo segmentato, abbiamo analizzato le immagini della distribuzione della luce sul fototubo, dapprima implementando un illuminazione omogenea, in seguito usando una sorgente ideale puntiforme. Nel caso dell illuminazione uniforme del rivelatore sono stati simulati eventi con la sorgente situata a una distanza di circa 10 cm dal cristallo e gamma emessi da una sorgente posta a una distanza di circa 2 m dal bromuro di lantanio. In quest ultimo caso la radiazione incide sul rivelatore quasi perpendicolarmente alla faccia del cristallo. Le immagini della distribuzione della luce sul fototubo segmentato sono mostrate in Figura 42. Figura 42 LaBr 3 (Ce) 3 x3 Pareti smerigliate: distribuzione della luce di scintillazione sul PMT a seguito di un illuminazione uniforme del cristallo. La sorgente gamma è stata posta a una distanza dal rivelatore di 10 cm (sinistra) e di 2 metri (destra). Osservando la Figura 42 si vede che, in entrambi i casi, la distribuzione della luce sul PMT presenta caratteristiche opposte a quelle ottenute con un rivelatore dalle pareti completamente assorbenti (Figura 37 a pag. 62). Nel caso di superfici smerigliate, infatti, a causa delle molteplici riflessioni dei fotoni ottici sulle pareti del cristallo, la luce di scintillazione si concentra maggiormente sui segmenti più esterni del PMT, che registrano il maggior numero di conteggi (c è circa il 10% in più di conteggi nei segmenti più esterni). Questa disomogeneità della distribuzione dei fotoni che colpiscono il fototubo porta sicuramente a un degrado dell informazione posizionale: la maggior parte della luce che giunge sul PMT non vi arriva

98 Algoritmi per il calcolo del centroide direttamente, ma dopo molteplici riflessioni all interno del rivelatore. È una caratteristica di cui dovremo tener conto nell implementazione di un algoritmo per il calcolo del centroide. Un ulteriore aspetto da sottolineare è che, come nel caso del cristallo con pareti totalmente assorbenti, osservando la Figura 42, la distribuzione della luce sul fototubo sembra non cambiare al variare della distanza della sorgente non collimata dalla superficie del rivelatore. Le differenze tra le due distribuzioni sono invece evidenziate dalle proiezioni lungo x e lungo y, mostrate in Figura 43. Figura 43 LaBr 3 (Ce) 3 x3 662 kev Pareti smerigliate: proiezioni lungo X (sinistra) e lungo Y (destra) della distribuzione della luce sul PMT quando il cristallo è illuminato uniformemente da una sorgente non collimata, situata a diverse distanze dalla superficie rivelatore Quando la sorgente non collimata è situata in prossimità del rivelatore, i gamma che interagiscono ai bordi del cristallo entrano nello scintillatore con un angolo d inclinazione più alto che nel caso in cui la sorgente si trovi a una grande distanza. La probabilità che la radiazione che interagisce ai bordi del cristallo depositi tutta la propria energia nel materiale è dunque inferiore rispetto alla situazione di una sorgente posta all infinito. Nelle proiezioni lungo x e lungo y, osserviamo dunque che, nel caso la sorgente sia situata a una distanza di 10 cm, i segmenti più esterni del fototubo registrano un numero di fotoni leggermente più basso rispetto a

99 Capitolo 6: Pareti smerigliate 93 quelli raccolti nel caso la sorgente si trovi a una distanza di 2 m dal cristallo e i gamma entrino quasi perpendicolarmente nello scintillatore. Analizzata l illuminazione del fotocatodo in seguito all implementazione di una sorgente gamma uniforme, abbiamo esaminato la distribuzione dei fotoni di scintillazione sul fotocatodo in funzione della distanza z del primo hit d interazione dal PMT. Nel capitolo precedente è stato già evidenziato come la segmentazione del fotomoltiplicatore non modifichi l immagine registrata dal fotocatodo; è comunque utile analizzare alcune immagini sul fotocatodo e sul PMT per vedere se presentano caratteristiche che potrebbero poi essere, in un secondo momento, sfruttate nell implementazione di un algoritmo, per estrarre la posizione d interazione del gamma dalla distribuzione di luce. Le simulazioni sono state effettuate per quattro diverse energie della radiazione gamma: 662 kev, 2 MeV, 5 MeV e 10 MeV con la sorgente situata in x=2 cm. Come mostrato nelle pagine seguenti (Figura 44, Figura 45, Figura 46 e Figura 47), per ogni set di simulazioni abbiamo selezionato tre diversi eventi: in ognuno la radiazione gamma interagisce nel cristallo a una differente distanza dal fotocatodo. Per ogni evento sono state inoltre ricavate tre diverse immagini. La prima, sulla sinistra, relativa al deposito dell energia sul piano xy all interno del cristallo e utile per verificare dove effettivamente sia avvenuta l interazione della radiazione gamma; si sono scelti in generale eventi in cui gli hits d interazione presentano pressappoco la stessa ascissa. La seconda e la terza, rispettivamente in centro e sulla destra, mostrano invece la distribuzione dei fotoni sul fotocatodo e sul PMT segmentato. Per grandi distanze del punto d interazione dal fotomoltiplicatore l immagine sul fotocatodo è pressoché uniforme; i segmenti più esterni del fototubo registrano in media un numero maggiore di fotoni a causa dei meccanismi di riflessione dei fotoni ottici nel cristallo. Come osservato per il rivelatore con pareti assorbenti, a mano a mano che la distanza del primo hit di scintillazione dal fotocatodo diminuisce, la distribuzione di luce sul fototubo segmentato presenta un massimo sempre più definito e posizionato in corrispondenza alle coordinate della sorgente gamma. Tuttavia, a differenza di ciò che accade nel caso del cristallo con pareti assorbenti, per grandi distanze del primo hit d interazione dal fotocatodo (circa 7 cm) e radiazione da 662 kev, l immagine presenta una distribuzione uniforme e potrebbe risultare impossibile individuare anche solo la metà del cristallo in cui ha interagito la radiazione. La situazione migliora al crescere dell energia del gamma: dalle distribuzioni della luce di scintillazione relative a radiazione di 2, 5 e 10 MeV risulta sempre possibile individuare la metà del cristallo in cui il gamma ha depositato la propria energia, anche quando il primo hit d interazione si trova in prossimità della faccia anteriore del rivelatore.

100 Algoritmi per il calcolo del centroide Figura 44 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Sorgente in (2, 0, -10) cm Pareti smerigliate: immagini degli hit di scintillazione nel piano xy del cristallo (sinistra), della distribuzione dei fotoni sul fotocatodo (centro) e della distribuzione di luce sul fototubo segmentato (destra). Le immagini sono relative a tre diversi eventi che hanno interagito nel rivelatore a tre differenti distanze dal PMT

101 Capitolo 6: Pareti smerigliate 95 Figura 45 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =2 MeV Sorgente in (2, 0, -10) cm Pareti smerigliate: immagini degli hit di scintillazione nel piano xy del cristallo (sinistra), della distribuzione dei fotoni sul fotocatodo (centro) e della distribuzione di luce sul fototubo segmentato (destra). Le immagini sono relative a tre diversi eventi che hanno interagito nel rivelatore a tre differenti distanze dal PMT

102 Algoritmi per il calcolo del centroide Figura 46 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =5 MeV Sorgente in (2, 0, -10) cm - Pareti smerigliate: immagini degli hit di scintillazione nel piano xy del cristallo (sinistra), della distribuzione dei fotoni sul fotocatodo (centro) e della distribuzione di luce sul fototubo segmentato (destra). Le immagini sono relative a tre diversi eventi che hanno interagito nel rivelatore a tre differenti distanze dal PMT

103 Capitolo 6: Pareti smerigliate 97 Figura 47 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =10 MeV Sorgente in (2, 0, -10) cm - Pareti smerigliate: immagini degli hit di scintillazione nel piano xy del cristallo (sinistra), della distribuzione dei fotoni sul fotocatodo (centro) e della distribuzione di luce sul fototubo segmentato (destra). Le immagini sono relative a tre diversi eventi che hanno interagito nel rivelatore a tre differenti distanze dal PMT

104 Algoritmi per il calcolo del centroide 6.4 Algoritmi per il calcolo del centroide Dopo aver analizzato le immagini della luce di scintillazione sul fototubo segmentato, è stato calcolato, evento per evento, il centroide della distribuzione. Nel capitolo precedente, trattando il rivelatore con pareti totalmente assorbenti, abbiamo utilizzato quattro diversi metodi. Poiché gli algoritmi che hanno fornito i risultati migliori sono stati quello di averaging e quello dei nove segmenti, nell analisi del sistema di imaging con superfici smerigliate, si è deciso di utilizzare solamente questi due metodi per il calcolo del centroide Averaging Come visto nel capitolo precedente, questo algoritmo consiste nell individuare, evento per evento, il segmento del fototubo che ha raccolto il maggior numero di fotoni e gli otto segmenti a esso adiacenti. Le coordinate della distribuzione sono quindi calcolate attraverso la media delle coordinate di questi segmenti, pesata sul numero di fotoni che colpiscono ciascun segmento. Nel Grafico 33 sono rappresentate le distribuzioni sul piano xy dei centroidi della distribuzione di luce calcolati con questo algoritmo per gamma da 662 kev, emessi da una sorgente situata in quattro diverse posizioni (x=0, 1, 2, 3 cm); nel Grafico 34 sono invece mostrati i relativi istogrammi della distanza dell ascissa del centroide da quella del primo hit d interazione. Già nel caso delle pareti assorbenti, abbiamo evidenziato come talvolta si registri una distanza considerevole tra il centroide della distribuzione e la posizione in cui è avvenuta l interazione del gamma. Questa imprecisione nel calcolo era stata attribuita alle fluttuazioni statistiche del numero dei fotoni che colpiscono il singolo segmento e i risultati ottenuti nel caso del cristallo con pareti smerigliate sembrano confermare questa ipotesi. Dalle immagini della distribuzione del centroide nel piano xy si nota che, soprattutto nel caso in cui la sorgente sia posizionata nella zona centrale del rivelatore (x =0, 1 cm), il massimo della distribuzione non coincide con il punto d interazione della radiazione. Nel caso invece in cui il gamma interagisce in prossimità delle pareti del cristallo (x=2, 3 cm), benchè il massimo sia situato sulla verticale rispetto alla sorgente, si registra un numero considerevole di eventi per cui le coordinate del centroide si trovano nella metà del cristallo in cui non è avvenuta l interazione. In termini di percentuale, la probabilità d individuare correttamente la metà del cristallo in cui il gamma ha depositato la propria energia è pari al 71% nel caso della sorgente in x=1 cm e al 76 % quando il gamma è emesso da una sorgente con ascissa x=2, 3 cm. Il fatto che l algoritmo di averaging possa portare a un notevole errore nell individuazione delle coordinate del centroide è mostrato anche dagli istogrammi presentati nel Grafico 34.

105 Capitolo 6: Pareti smerigliate 99 Per gamma emessi da una sorgente situata nella zona centrale del cristallo c è una grande probabilità di commettere un errore di circa 3 cm sull ascissa del centroide; nel caso in cui la sorgente sia posta in x=2 o 3 cm, invece, il picco dell istogramma è situato in prossimità dello zero, ma rimane abbastanza elevata la probabilità che il centroide calcolato disti di oltre 6 cm dal punto in cui ha interagito il gamma. Grafico 33 Labr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Pareti smerigliate: distribuzione dei centroidi delle distribuzioni di luce sul PMT calcolati con l algoritmo di averaging per eventi di full energy peak. La sorgente gamma è situata in x=0 cm (in alto a sinistra), x=1 cm (in alto a destra), x=2 cm (in basso a sinistra) e in x=3 cm (in basso a destra).

106 Algoritmi per il calcolo del centroide Grafico 34 LaBr 3 (Ce) 3 x3 - E γ =662 kev Pareti smerigliate: istogrammi della distanza dell ascissa del centroide calcolato con l algoritmo di averaging da quella del primo hit di interazione del gamma. La sorgente gamma è situata in x=0 cm (in alto a sinistra), x=1 cm (in alto a destra), x=2 cm (in basso a sinistra) e in x=3 cm (in basso a destra) Nove segmenti Con l algoritmo dei nove segmenti i segmenti del fototubo vengono messi in ordine decrescente rispetto al numero di fotoni che li colpiscono. Sono in seguito selezionati i primi 14 segmenti e, facendo una media delle coordinate x e y, sono individuate ascissa e ordinata del punto medio (x M, y M ). Per ogni segmento si calcola poi la distanza da tale punto e si scarta il segmento con la distanza maggiore dal punto medio. Le coordinate della distribuzione di luce corrispondono a quelle del punto medio (x M, y M ) dei 9 segmenti rimasti. Nelle pagine seguenti sono mostrate le distribuzioni nel piano xy dei centroidi delle distribuzioni di luce calcolati con l algoritmo dei nove segmenti. Sono stati simulati gamma da 662 kev con la sorgente situata in x=0, 1, 2, 3 cm (Grafico 35), e da 2 MeV e 5 MeV con la sorgente situata in x=1, 2, 3 cm (Grafico 37). In entrambi i grafici abbiamo eliminato i bins con un numero di conteggi inferiore allo 0.5% del numero massimo di conteggi.

107 Capitolo 6: Pareti smerigliate 101 Grafico 35 Labr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Pareti smerigliate: distribuzione dei centroide delle distribuzioni di luce sul PMT calcolati con l algoritmo dei nove segmenti per eventi di full energy peak. La sorgente gamma è situata in x=0 cm (in alto a sinistra), x=1 cm (in alto a destra), x=2 cm (in basso a sinistra) e in x=3 cm (in basso a destra). Per radiazione gamma da 662 kev le distribuzioni dei centroidi nel piano xy presentano un massimo in prossimità della posizione della sorgente. Come possiamo notare dal Grafico 36 nella pagina seguente, gli istogrammi della distanza dell ascissa del centroide da quella del primo hit d interazione presentano tutti un picco in corrispondenza dello zero, fatta eccezione

108 Algoritmi per il calcolo del centroide per il caso in cui la sorgente è situata in x=0 cm. La massima differenza tra la coordinata x del centroide e quella del punto d interazione della radiazione supera solo in rari casi i 3 cm. Grafico 36 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Pareti smerigliate: istogrammi della distanza dell ascissa del centroide calcolato con l algoritmo dei nove segmenti da quella del primo hit di interazione del gamma. La sorgente gamma è situata in x=0 cm (in alto a sinistra), x=1 cm (in alto a destra), x=2 cm (in basso a sinistra) e in x=3 cm (in basso a destra). Dal Grafico 37 notiamo che la situazione migliora ulteriormente nel caso di gamma da 2 MeV. Inatteso è invece il comportamento per radiazione da 5 MeV: appaiono zone della superficie del fotocatodo dove si ha probabilità pari a zero (o molto bassa) di trovare il centroide della distribuzione di luce e aumenta in modo considerevole la probabilità d individuare in modo corretto la metà del cristallo in cui è avvenuta l interazione. La qualità dell immagine, tuttavia,

109 Capitolo 6: Pareti smerigliate 103 sembra peggiorare in quanto la posizione del centroide della distribuzione di luce non segue gli spostamenti della sorgente. Grafico 37 LaBr 3 (Ce) 3 x3 Pareti smerigliate: distribuzione dei centroidi della distribuzione di luce sul PMT calcolati con l algoritmo dei nove negmenti. L energia della radiazione è pari a 2 MeV (in alto) e 5 MeV (in basso); la sorgente è situata in x=1, 2, 3 cm Dunque, anche nel caso del sistema di imaging con pareti smerigliate riflettenti, l algoritmo dei nove segmenti è il metodo che fornisce i migliori risultati nel calcolo delle coordinate del centroide della distribuzione di luce sul PMT. Poiché nell ambito della fisica sperimentale non siamo interessati a risoluzioni spaziali millimetriche, ma incertezze dell ordine del centimetro possono già correggere notevolmente l effetto Doppler, abbiamo immaginato di dividere il nostro cristallo in 2 o 3 parti e calcolare la probabilità d individuare correttamente la regione in cui è avvenuta l interazione, utilizzando l algoritmo dei nove segmenti. Questi calcoli sono stati effettuati per tre diverse energie e sono presentati in Tabella 14. Già per radiazione da 662 kev siamo in grado d individuare con una probabilità superiore all 80% la metà del cristallo in cui è avvenuta l interazione; dividendo il rivelatore in tre regioni

110 Algoritmi per il calcolo del centroide risulta invece più difficile individuare correttamente la zona dove è avvenuto il deposito di energia del gamma. La situazione migliora notevolmente all aumentare dell energia: per radiazione da 5 MeV sembrerebbe possibile suddividere il cristallo in tre regioni e individuare correttamente con una probabilità superiore o uguale al 60 % la zona in cui è avvenuta l interazione del gamma. 662 kev Posizione Sorgente (cm) Sinistra Destra Sinistra Centro Destra 0 50 % 50 % 21 % 59 % 20 % 1 21 % 79 % 7 % 43 % 50 % 2 12 % 88 % 4 % 29 % 67 % 3 13 % 87 % 4 % 29 % 67 % 2 MeV 0 50 % 50 % 22 % 57 % 21 % 1 14 % 86 % 6 % 35 % 59 % 2 6 % 94 % 1 % 16 % 83 % 3 6 % 94 % 1 % 17 % 81 % 5 MeV 0 50 % 50 % 21 % 57 % 22 % 1 9 % 91 % 3 % 28 % 69 % 2 2 % 98 % 0 % 9 % 91 % 3 4 % 96 % 1 % 11 % 88 % Tabella 14 Probabilità che le coordinate del centroide calcolato con l algoritmo dei nove segmenti cadano in una determinata regione del cristallo. Il rivelatore è stato suddiviso in due (destra-sinistra) o in tre zone (destra-centro-sinistra). In Tabella 15, a lato, sono invece mostrate, per diverse energie della radiazione e differenti posizioni della sorgente, le probabilità che l ascissa del centroide, calcolato attraverso l algoritmo dei nove segmenti, si discosti da quella del primo hit d interazione del gamma nel cristallo per più di 1, 2 o 3 cm. Si osserva che al crescere dell energia la situazione migliora notevolmente: a parità di posizione della sorgente, infatti, la probabilità che l ascissa del centroide disti più di 2 cm da quella del primo hit passa da circa il 20 %, nel caso di gamma da 662 kev, allo 0.1 % della radiazione da 2 e da 5 MeV. Nel peggiore dei casi, dunque, individuate le coordinate del centroide con

111 Capitolo 6: Pareti smerigliate 105 l algoritmo dei nove segmenti, sappiamo che con l 80% delle probabilità il gamma ha interagito in una regione circostante di lato 4 cm. Dalla Tabella 15 si nota anche che, indipendentemente dall energia, la probabilità che la distanza tra il centroide e il primo hit sia maggiore di 2 o 3 cm aumenta quando la sorgente è posizionata in x = 3 cm. 662 kev Posizione Sorgente (cm) d > 1 cm d > 2 cm d > 3 cm 0 69 % 16 % 0 % 1 60 % 21 % 0 % 2 32 % 16 % 0.1 % 3 59 % 23 % 11 % 2 MeV 0 73 % 34 % 0.1 % 1 64 % 0.1 % 0 % 2 30 % 0.1 % 0 % 3 37 % 18 % 0.1 % 5 MeV 0 69 % 33 % 0 % 1 69 % 0.1 % 0 % 2 37 % 0.1 % 0 % 3 32 % 15 % 0.1 % Tabella 15 Probabilità che l ascissa del centroide calcolato con l algoritmo dei nove segmenti disti da quella del primo hit d interazione più di 1, 2 o 3 cm 6.5 Linearità spaziale Come nel Capitolo 5, l ultimo parametro del nostro sistema di imaging che abbiamo analizzato è la linearità spaziale. Questa è stata studiata spostando la sorgente gamma lungo l asse x con step da 1 cm l uno. L ascissa del centroide è stata individuata come la coordinata x del massimo della

112 Linearità spaziale distribuzione dei centroidi dei eventi; l errore su di essa è dunque pari alla larghezza dei bins, ossia circa 2.5 mm. Nel Grafico 38 è mostrata la linearità spaziale del nostro sistema di imaging per tre diverse energie della radiazione: 662 kev, 2 MeV e 5 MeV. Come ci aspettiamo, la linearità spaziale del sistema è peggiore di quella ottenuta nel caso di un rivelatore con pareti completamente assorbenti; abbiamo infatti verificato come la riflessione dei fotoni ottici sulle superfici del cristallo renda più uniforme la distribuzione della luce sul fototubo, soprattutto quando l interazione del gamma avviene a una grande distanza dal fotocatodo. Grafico 38 LaBr 3 (Ce) 3 x3 Pareti smerigliate: linearità spaziale ottenuta con l algoritmo dei nove segmenti per radiazione gamma di diverse energie. Il Grafico 38 mostra che per radiazione da 662 kev e 2 MeV sembra possibile distinguere un gamma che ha interagito nella parte centrale del rivelatore da uno che ha depositato la sua energia in prossimità dei bordi del cristallo, mentre notiamo un peggioramento della linearità spaziale per gamma di energia pari a 5 MeV. Questo andamento è inatteso in quanto è noto che la risoluzione spaziale migliora all aumentare dell energia della radiazione incidente; al crescere dell energia del gamma, infatti, aumenta il numero dei fotoni ottici prodotti e, di conseguenza,

113 Capitolo 6: Pareti smerigliate 107 diminuisce la risoluzione spaziale del sistema. Maggiore è l energia del gamma, inoltre, maggiore è la profondità d interazione della radiazione all interno dello scintillatore: come verificato in precedenza, le proprietà di imaging del sistema sono influenzate notevolmente dalla distanza dell interazione dal PMT in quanto, più il deposito di energia si trova in prossimità del fotocatodo, più aumenta l angolo solido sotteso, ossia la percentuale dei fotoni che arriva direttamente sulla superficie del fototubo. Per capire le cause dell andamento del Grafico 38, è necessario analizzare più a fondo i fattori che influenzano la linearità spaziale: la segmentazione del fototubo, il cristallo e l algoritmo di calcolo del centroide. Per quanto riguarda la segmentazione del PMT, essa è la stessa utilizzata nel caso della radiazione da 662 kev e non può dunque essere responsabile dell apparente assenza di linearità a 5 MeV: mantenendo invariate le dimensioni dei segmenti e aumentando solo il numero dei fotoni ottici incidenti sul fotocatodo si dovrebbe al più registrare un miglioramento della risoluzione spaziale del sistema. Per quanto riguarda il cristallo di bromuro di lantanio poi, nel corso di questo capitolo è stato analizzato il meccanismo di formazione dell immagine sul fotocatodo: le superfici riflettenti del rivelatore deteriorano sicuramente la risoluzione spaziale del sistema di imaging, ma per energia superiore ai 500 kev, è stato verificato che è presente un informazione posizionale all interno della distribuzione di luce sul PMT. L unica situazione in cui è critico risalire alla posizione d interazione della radiazione è il caso in cui essa interagisce in prossimità della superficie del rivelatore non a contatto con il fotocatodo; al crescere dell energia del gamma però, la penetrazione nella materia è maggiore e la probabilità che l interazione avvenga a una tale distanza dal fotocatodo diminuisce. Niente dunque fa pensare che le proprietà del cristallo scintillatore portino a un assenza di linearità spaziale per radiazione da 5 MeV. Alla luce di queste considerazioni, possiamo solo ipotizzare che il peggioramento della linearità spaziale al crescere dell energia della radiazione sia dovuto all algoritmo di calcolo del centroide. Questo è stato infatti ideato a partire dai dati relativi a gamma da 662 kev, ma bisogna considerare che, aumentando l energia del gamma, cambiano i processi fisici d interazione della radiazione con la materia. Ciò potrebbe portare ad alcune differenze nel processo di trasporto e di raccolta della luce di scintillazione e, di conseguenza, a diversità nelle immagini della distribuzione dei fotoni ottici sulla superficie del PMT.

114 Linearità spaziale Grafico 39 LaBr 3 (Ce) 3 x3 Eγ = 5 MeV Sorgente in (1, 0, -10) cm Pareti smerigliate: percentuale dei fotoni che colpiscono il PMT in funzione della distanza z del primo hit di interazione dal fotocatodo Grafico 40 LaBr 3 (Ce) 3 x3 Eγ = 5 MeV Sorgente in (1, 0, -10) cm Pareti smerigliate: Percentuale dei fotoni di scintillazione che colpiscono un singolo segmento in funzione di z

115 Capitolo 6: Pareti smerigliate 109 Simulando gamma da 5 MeV sparati da una sorgente situata in (1, 0, -10) cm e analizzando l andamento della percentuale dei fotoni che colpiscono il fototubo (Grafico 39) o il singolo segmento (Grafico 40) in funzione della distanza z dell interazione dal fotocatodo, notiamo che non è presente nessuna differenza rispetto al caso in cui l energia dei gamma è pari a 662 kev. L unica diversità che si può osservare è l assenza, per radiazione da 5 MeV, della curva secondaria dovuta agli eventi che non depositano la maggior parte della loro energia nel primo hit d interazione (Grafico 39): ciò non può essere tuttavia collegato alla perdita di linearità spaziale. Se nel caso di radiazione da 5 MeV non è presente alcuna differenza sostanziale nell andamento della percentuale dei fotoni che colpiscono il PMT o il singolo segmento, la diversità potrebbe risiedere nella distribuzione della luce di scintillazione sul fototubo segmentato. Analizzando le immagini relative al PMT e confrontandole con quelle relative a energie minori, abbiamo riscontrato che, al crescere dell energia, aumenta la percentuale dei fotoni che colpiscono i segmenti più esterni del fotomoltiplicatore (Figura 46 a pag. 96). Poiché il nostro algoritmo per il calcolo del centroide si basa sull individuazione dei 14 segmenti che hanno registrato il maggior numero di fotoni, il fatto che i bordi del cristallo raccolgano sempre una percentuale molto elevata di fotoni potrebbe causare un decentramento della posizione del centroide e, di conseguenza, una perdita dell informazione posizionale e della linearità spaziale. Questa ipotesi sembra essere confermata dal Grafico 38, dove la posizione della prima interazione del gamma estratta dalle distribuzioni della luce sul PMT cade, indipendentemente dalla posizione della sorgente gamma, in prossimità dei bordi del rivelatore (x 3 cm).

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117 Capitolo 7: Algoritmo di imaging Nel capitolo precedente, oltre a caratterizzare il nostro sistema di imaging attraverso lo studio e l analisi del processo di trasporto della luce di scintillazione sul PMT, abbiamo presentato alcuni semplici algoritmi per il calcolo del centroide della distribuzione di luce. Si tratta di metodi molto semplici, basati sull osservazione del comportamento della luce di scintillazione originata dall interazione di gamma da 662 kev all interno del cristallo. A partire dai dati delle analisi presentate nei capitoli precedenti, in futuro potranno essere sviluppati algoritmi più complessi ed efficienti; è tuttavia utile avere a disposizione un metodo semplice e veloce che possa essere applicato per correggere l effetto Doppler nell analisi dei dati sperimentali. Tra gli algoritmi descritti e utilizzati nei capitoli precedenti, quello con cui abbiamo ottenuto i migliori risultati in termini di linearità spaziale e d'individuazione della regione del cristallo in cui è avvenuta l interazione, è quello dei nove segmenti. In questa sezione presentiamo dunque alcuni studi effettuati per migliorare la sensibilità posizionale di questo algoritmo: il nostro scopo non è quello di ottenere la migliore risoluzione spaziale possibile, ma di riuscire, almeno nel 90% dei casi, a individuare correttamente, con una precisione dell ordine dei 4 centimetri, la regione in cui è avvenuta l interazione della radiazione gamma. 7.1 Ottimizzazione dei parametri Nell algoritmo dei nove segmenti sono presenti due parametri: il numero iniziale dei segmenti, scelti in base al numero di fotoni raccolti da ciascuno di essi, e quello finale. Nel caso di un cristallo con superfici completamente assorbenti, analizzando evento per evento le immagini sul fototubo segmentato, questi parametri erano stati posti rispettivamente uguali a 14 e a 9. Gli stessi valori sono stati poi utilizzati nel caso in cui le superfici del sistema simulato fossero smerigliate; cambiando i meccanismi di trasporto della luce di scintillazione all interno del rivelatore non è però detto che i parametri scelti per le pareti assorbenti si adattino nel migliore dei modi al caso delle superfici riflettenti. L ottimizzazione dei parametri dell algoritmo dei nove segmenti per un sistema con pareti smerigliate è stata effettuata prendendo in considerazione radiazione gamma da 662 kev, emessa

118 Ottimizzazione dei parametri da una sorgente situata in quattro diverse posizioni: x=0, 1, 2 e 3 cm. Variando il numero iniziale e il numero finale di segmenti, abbiamo confrontato tra di loro le diverse distribuzioni dei centroidi sul piano xy e la deviazione standard degli istogrammi relativi alla figura di merito, cioè alla distanza dell ascissa del centroide da quella del primo hit d interazione Numero finale di segmenti Fissato il numero di segmenti iniziali (N in =14), abbiamo variato tra 5 e 13 il numero di quelli finali. Dalla Figura 48 osserviamo che, in generale, all aumentare del numero dei segmenti la posizione del centroide calcolato tende a spostarsi sempre di più verso il centro del cristallo. Nel caso in cui la sorgente sia situata in corrispondenza all ascissa x = 0 cm si registra un notevole miglioramento nella distribuzione dei centroidi nel piano xy, qualora il numero finale dei segmenti sia pari a 11. Per un gamma che interagisce in x = 1, 2 o 3 cm, invece, le distribuzioni dei centroidi non variano in modo significativo, fissando un numero finale di segmenti pari a 11 o a 9; in quest ultimo caso, tuttavia, la probabilità che il centroide cada nella metà del cristallo in cui è avvenuta l interazione è maggiore di qualche unità percentuale. Il Grafico 41 mostra invece la distanza media dell ascissa del centroide da quella del primo hit d interazione, al variare della posizione della sorgente e del numero finale dei segmenti: all aumentare di N fin la distanza diminuisce di qualche millimetro. Non si tratta dunque di un miglioramento sostanziale, ma pur sempre del 20%. Grafico 41 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Pareti smerigliate: distanza dell ascissa del centroide da quella del primo hit d interazione al variare della posizione della sorgente e del numero finale di segmenti.

119 Capitolo 7: Algoritmo di imaging 113 Figura 48 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Pareti smerigliate: distribuzione dei centroidi calcolati evento per evento con l algoritmo dei nove segmenti, al variare del numero finale dei segmenti. La sorgente gamma è stata situata in x = 0, 1, 2, 3 cm

120 Ottimizzazione dei parametri La scelta tra questi due valori è stata dunque effettuata osservando la Tabella 16, dove sono riportate le probabilità d individuare correttamente la regione del cristallo in cui è avvenuta l interazione nel caso in cui il centroide sia calcolato utilizzando 9 o 11 segmenti finali. 662 kev Ascissa Sorgente (cm) Sinistra Destra Sinistra Centro Destra 0 50 % 50 % 21 % 59 % 20 % N fin = % 79 % 7 % 43 % 50 % 2 12 % 88 % 4 % 29 % 67 % 3 13 % 87 % 4 % 29 % 67 % 0 59 % 41 % 13 % 74 % 13 % N fin = % 74 % 3 % 66 % 31 % 2 15 % 85 % 1 % 50 % 50 % 3 14 % 86 % 1 % 46 % 53 % Tabella 16 - Probabilità che le coordinate del centroide calcolato con l algoritmo dei nove segmenti cadano in una determinata regione del cristallo al variare del numero finale dei segmenti. Il rivelatore è stato suddiviso in due (destra-sinistra) e in tre zone (destra-centro-sinistra). Nel caso in cui il cristallo sia diviso in due zone, la scelta del numero finale di segmenti non influisce in modo significativo sulla probabilità d individuare correttamente la ragione dell interazione. Se suddividiamo invece il cristallo in tre parti (destra-centro-sinistra), con un numero finale di segmenti pari a 9 l algoritmo risulta più preciso, soprattutto quando il gamma interagisce in prossimità dei bordi del rivelatore. Per questo motivo, il valore del numero finale di segmenti scelto per ottimizzare il nostro algoritmo è Numero iniziale di segmenti Definito e fissato il numero finale dei segmenti, abbiamo variato il numero dei segmenti iniziali e osservato le distribuzioni dei centroidi sul piano xy (Figura 49). All aumentare del numero iniziale dei segmenti che vengono selezionati, il massimo della distribuzione tende a spostarsi sempre più verso i bordi del cristallo in modo indipendente dalla posizione della sorgente gamma. Il sistema di imaging perde dunque sensibilità posizionale; la

121 Capitolo 7: Algoritmo di imaging 115 linearità spaziale è inoltre assente poiché il massimo delle distribuzioni dei centroidi non si sposta al variare della posizione d interazione del gamma. Per ottimizzare l algoritmo di calcolo del centroide abbiamo dunque scelto di utilizzare un numero iniziale di segmenti pari a 14. Figura 49 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Pareti smerigliate: distribuzione dei centroidi calcolati evento per evento con l algoritmo dei nove segmenti, al variare del numero iniziale dei segmenti. La sorgente gamma è stata situata in x = 0, 1, 2, 3 cm

122 Esclusione dei segmenti più esterni del fototubo 7.2 Esclusione dei segmenti più esterni del fototubo Nella caratterizzazione del nostro sistema di imaging abbiamo mostrato e messo a confronto le immagini della distribuzione della luce sul PMT nel caso di un illuminazione uniforme del cristallo con pareti totalmente assorbenti o smerigliate. Quando le pareti del rivelatore sono riflettenti, si nota una tendenza dei fotoni di scintillazione a colpire i bordi del fotocatodo: i segmenti più esterni del fototubo presentano dunque spesso un numero di fotoni superiore alla media, soprattutto se la radiazione ha interagito ad una grande distanza dal PMT. Questa disomogeneità nella distribuzione della luce può portare ad un errore nel calcolo del centroide della distribuzione. I segmenti iniziali, scelti in base al numero di fotoni raccolti, sono infatti spesso i più esterni e l informazione posizionale presente all interno del segnale che giunge al fotocatodo viene così persa o distorta. Per questo motivo, un primo tentativo effettuato per migliorare la sensibilità e la precisione del nostro algoritmo è stato quello di escludere i segmenti dell anello più esterno del fototubo in modo da eliminare l effetto dovuto alle riflessioni della luce di scintillazione sulle pareti del rivelatore. Le simulazioni sono state effettuate per radiazione gamma da 662 kev e da 2 MeV con la sorgente posta in x=0, 1, 2 e 3 cm. Nella Figura 50 sono mostrate le distribuzioni dei centroidi ottenute prendendo in considerazione tutti i segmenti del fototubo (sopra) o escludendo quelli appartenenti all anello più esterno (sotto). Emerge una prima osservazione. Modificando l algoritmo di calcolo del centroide, il massimo della distribuzione non si sposta: la linearità spaziale rimane dunque invariata. L unica differenza, evidente soprattutto nel caso dei gamma da 2 MeV, è una diminuzione dei conteggi (che talvolta sono addirittura nulli) nella metà del cristallo in cui il gamma non ha depositato la propria energia; c è dunque un aumento della probabilità d individuare correttamente la regione del rivelatore in cui ha interagito il gamma, aumento che non risulta comunque significativo in quanto le percentuali si alzano solo di qualche unità. Le due varianti dell algoritmo (prendendo in considerazione tutti i segmenti o escludendo quelli più esterni) sono state confrontate anche attraverso gli istogrammi della distanza dell ascissa del centroide da quella del primo hit d interazione del gamma nel cristallo. In particolare, per ogni istogramma abbiamo calcolato la deviazione standard e l abbiamo poi plottata in un grafico, al variare dell energia e della posizione della sorgente. I risultati sono riportati nel Grafico 42, dove osserviamo che, escludendo i segmenti più esterni del fototubo, la distanza tra l ascissa del centroide e quella della sorgente diminuisce al di più di 2 millimetri, a parità di energia.

123 Capitolo 7: Algoritmo di imaging 117 Figura 50 LaBr 3 (Ce) 3 x3 Pareti smerigliate: Confronto tra le distribuzioni dei centroidi nel caso in cui l algoritmo considera tutti i segmenti del fototubo (in alto) o esclude quelli più esterni (in basso). Sono stati simulati gamma da 662 keve da 2 MeV, emessi da una sorgente in quattro diverse posizioni: x=0, 1, 2, 3 cm.

124 Esclusione dei segmenti più esterni del fototubo Grafico 42 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Pareti smerigliate: distanza dell ascissa del centroide da quella del primo hit d interazione al variare della posizione della sorgente, dell energia del gamma e dei segmenti presi in considerazione dall algoritmo La differenza tra le due varianti dell algoritmo è dunque poco significativa, anche se migliora del 20% la risoluzione posizionale; inoltre, dobbiamo considerare che, escludendo completamente l anello più esterno del fotocatodo, perdiamo proprio i segmenti sulla verticale dell interazione se questa avviene ai bordi del rivelatore. Invece di trascurare i segmenti più esterni si potrebbe abbassare i loro conteggi, moltiplicando il numero di fotoni raccolti da ciascuno per un fattore minore di Analisi del fondo Abbiamo più volte sottolineato come la presenza di superfici riflettenti all interno del rivelatore porti a una distorsione dell immagine sul fotocatodo e a una conseguente perdita dell informazione spaziale: i fotoni ottici, infatti, a seguito delle numerose riflessioni, tendono a colpire i segmenti più esterni del PMT. Nel paragrafo precedente abbiamo provato a eliminare dall algoritmo di calcolo del centroide i segmenti dell anello più esterno del fototubo, ma ciò ha moderatamente migliorato la probabilità d individuare correttamente la regione d interazione della radiazione.

125 Capitolo 7: Algoritmo di imaging 119 Un altro modo per eliminare l effetto legato alle superfici riflettenti e migliorare l informazione posizionale della distribuzione di luce potrebbe essere l analisi del fondo, ossia di tutti i fotoni che giungono sul PMT dopo aver subito una o più riflessioni sulle pareti del rivelatore. Se riuscissimo a individuare correttamente il fondo della distribuzione dei fotoni sul fotocatodo potremmo poi, evento per evento, sottrarlo e rendere più definita l immagine sul fototubo. Per analizzare la percentuale dei fotoni che giungono indirettamente sul fotocatodo, abbiamo simulato una sorgente non collimata di gamma da 662 kev, posta a una distanza di circa 2 m dal cristallo. Le simulazioni sono state effettuate implementando le pareti del cristallo, prima come completamente assorbenti, poi come riflettenti e studiando, in entrambi i casi, le distribuzioni della luce sul fotocatodo (Figura 51). Queste sono state ricavate facendo la media delle immagini di tutti gli eventi di full energy peak e normalizzando a 1. Nel caso delle pareti assorbenti (immagine a sinistra), la distribuzione di luce sul fotocatodo rappresenta i fotoni di scintillazione che giungono sul PMT direttamente, ossia senza subire riflessioni; come abbiamo già osservato, la tendenza dei fotoni ottici a essere trasportati verso il centro del rivelatore dipende dall aver considerato solo eventi di full energy peak. Se le pareti del cristallo sono riflettenti (immagine a destra), invece, l immagine sul PMT raffigura la somma di tutti i fotoni, diretti e indiretti, che colpiscono il fotocatodo; le riflessioni sulle superfici del rivelatore portano i fotoni ottici ad addensarsi lungo i bordi del fototubo. Figura 51 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev : distribuzione della luce sul fototubo segmentato ottenuta con un illuminazione uniforme del cristallo tramite una sorgente di gamma da 662 kev situata a 2 metri dal rivelatore. Le superfici dello scintillatore sono state implementate come totalmente assorbenti (a sinistra) e riflettenti smerigliate (a destra).

126 Analisi del fondo Figura 52 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev: confronto delle proiezioni lungo X (in alto) e lungo Y (in basso) della distribuzione della luce sul PMT per un cristallo con pareti assorbenti o smerigliate. La sorgente non collimata, è situata a 2 m dalla superficie rivelatore Le diverse caratteristiche della distribuzione della luce sul PMT al variare delle proprietà ottiche delle superfici del cristallo sono ancor più evidenti osservando i grafici delle proiezioni lungo X e lungo Y (Figura 52). Ottenute le distribuzioni dei fotoni sul PMT nel caso delle pareti assorbenti e di quelle smerigliate, abbiamo per prima cosa verificato che l errore in percentuale sul numero di fotoni raccolti dal singolo segmento, nel caso delle pareti smerigliate (all incirca l 1%), fosse effettivamente minore della percentuale dei fotoni che giungono sul singolo segmento, nel caso di superfici completamente assorbenti (10%). Solo in questo caso, infatti, ha senso calcolare, per ogni segmento, la percentuale dei fotoni indiretti che colpisce il fotocatodo, secondo la seguente formula: I coefficienti così ottenuti (riportati in Tabella 17) servono per sottrarre il fondo dalla distribuzione della luce sul PMT, mantenendo solo l informazione trasportata dai fotoni ottici

127 Capitolo 7: Algoritmo di imaging 121 diretti, con l obiettivo di migliorare la sensibilità posizionale. Nel Capitolo 4, infatti, abbiamo verificato come il sistema di imaging con pareti totalmente assorbenti, non solo preservi l informazione posizionale per radiazione che interagisce a grande distanza dal fotocatodo, ma mostri anche una buona linearità spaziale x Tabella 17 Coefficienti calcolati per ogni segmento dal confronto tra le distribuzioni ottenute con pareti smerigliate e assorbenti Prima di utilizzare questi coefficienti all interno del nostro algoritmo di imaging, abbiamo verificato la loro bontà ed efficacia: è importante che, sottraendo il fondo, l immagine sul PMT non venga distorta, ma mantenga -o al più renda migliore- l informazione originaria. Si sono dunque realizzate alcune immagini della distribuzione di luce sul PMT, eliminando il contributo della luce riflessa sulle pareti del rivelatore, e le si sono confrontate con quelle ottenute considerando sia i fotoni diretti sia quelli indiretti. Nella pagina seguente, in Figura 53, sono rappresentate le due distribuzioni di luce sul PMT per alcuni eventi di full energy peak. La sorgente gamma da 662 kev è situata in (2, 0, -10) cm. Sulla colonna di sinistra è riportata la distanza dal fotocatodo a cui è avvenuta approssimativamente la prima interazione del gamma.

128 Analisi del fondo Figura 53 LaBr 3 (Ce) 3 x3 - E γ =662 kev Sorgente in (2, 0, -10) cm - Pareti smerigliate: cambiamento della distribuzione della luce sul PMT qualora venga sottratto il contributo dei fotoni che giungono indirettamente sul PMT utilizzando i coefficienti di Tabella 17. Sulla colonna di sinistra è riportata la distanza del primo hit di interazione dal fotocatodo.

129 Capitolo 7: Algoritmo di imaging 123 Osservando queste immagini, appare subito evidente che i coefficienti da noi calcolati non possono essere utilizzati per migliorare la precisione dell algoritmo di calcolo del centroide: in alcuni casi, infatti, togliendo il contributo della luce indiretta, l informazione posizionale viene persa o distorta. Per radiazione gamma che interagisce a una grande distanza dal fotocatodo, ad esempio, la distribuzione della luce di scintillazione totale appare pressoché uniforme, ma si riesce in linea di massima a individuare la metà in cui è avvenuta l interazione; eliminando il contributo dei fotoni indiretti, si delinea invece un massimo nella zona centrale del cristallo e viene persa ogni informazione sulla posizione della sorgente. L immagine sul PMT, invece, non appare distorta per gli eventi in cui il gamma interagisce in prossimità del fotocatodo. In questo caso, la sottrazione dei fotoni ottici che giungono indirettamente sul fotocatodo non fa altro che delineare meglio il massimo già presente. La sottrazione del fondo dalla distribuzione della luce sul PMT sembra dunque essere strettamente legata alla profondità dell interazione e, più in particolare, alle caratteristiche della distribuzione dei fotoni ottici sul PMT: se l immagine sul fototubo non presenta un picco ben delineato ma si mostra pressoché uniforme, l eliminazione della luce indiretta con la tecnica prima descritta non sembra portare un miglioramento dell informazione posizionale. Possiamo ipotizzare che la distorsione dell immagine sulla superficie del fotomoltiplicatore dipenda dal fatto che stiamo sottraendo a ogni segmento del PMT una percentuale di fotoni che, qualora la luce sia distribuita in modo uniforme e i segmenti presentino in media gli stessi conteggi, è troppo elevata. Per verificare questa ipotesi abbiamo realizzato le immagini sul PMT relative agli stessi eventi riportati in Figura 53, utilizzando nuovi coefficienti per eliminare il contributo dei fotoni ottici indiretti. Questi coefficienti sono stati ottenuti semplicemente moltiplicando i precedenti per un fattore I risultati sono mostrati in Figura 54, nella pagina seguente. Abbiamo scelto di mostrare solo le distribuzioni relative alla radiazione che interagisce a una grande distanza dal PMT in quanto, quando il gamma deposita la sua energia in prossimità del fotocatodo, l immagine presenta un massimo ben definito e, con l algoritmo dei nove segmenti, si riesce facilmente a estrapolare l informazione posizionale. Osservando la Figura 54, si nota che la distribuzione di luce non presenta più un massimo in corrispondenza della zona centrale del cristallo: l informazione posizionale non viene dunque modificata, anzi, in molti casi è messa in evidenza. Eliminando una parte dei fotoni indiretti, infatti, riusciamo a distinguere con più chiarezza la metà del cristallo in cui è avvenuta l interazione, anche quando il gamma interagisce a grande distanza dal fotocatodo.

130 Analisi del fondo Figura 54 LaBr 3 (Ce) 3 x3 - E γ =662 kev Sorgente in (2, 0, -10) cm - Pareti smerigliate: cambiamento della distribuzione della luce sul PMT qualora venga sottratto il contributo dei fotoni che giungono indirettamente sul fotocatodo moltiplicato per un fattore pari a Sulla colonna di sinistra è riportata la distanza del primo hit d interazione dal PMT. Il calcolo del fondo della distribuzione di luce sul PMT è stato effettuato in modo elementare. Ci fornisce tuttavia l ennesima conferma della presenza di un informazione posizionale nel cristallo di LaBr 3 3 x3, anche se non sempre permette di metterla in evidenza. Stimato il contributo dei fotoni ottici che colpiscono indirettamente il PMT, abbiamo provato a calcolare la posizione dell interazione attraverso l algoritmo dei nove segmenti, sottraendo il fondo della distribuzione di luce. In Figura 55, nella pagina a fianco, possiamo già notare un evidente miglioramento della precisione e dell accuratezza con cui viene individuata la posizione del primo hit d interazione del gamma nel cristallo, soprattutto per radiazione di energia superire o uguale ai 2 MeV. Le distribuzioni sul piano xy dei centroidi calcolati appaiono infatti più piccate intorno alle coordinate corrispondenti alla posizione della sorgente e sono maggiori le zone della superficie del fotocatodo dove si ha probabilità pari a zero (o molto bassa) di trovare il centroide della distribuzione di luce. Nel caso di gamma da 5 MeV si nota anche che, a differenza di quanto mostrato nel Grafico 37 a pagina 103, la posizione del centroide segue gli spostamenti della sorgente.

131 Capitolo 7: Algoritmo di imaging 125 Figura 55 LaBr 3 (Ce) 3 x3 Pareti smerigliate: Distribuzioni dei centroidi calcolati con l algoritmo dei nove segmenti sottraendo il contributo dei fotoni indiretti. Sono stati simulati gamma da 662 keve da 2 MeV, emessi da una sorgente in quattro diverse posizioni: x=0, 1, 2, 3 cm. Per valutare quantitativamente il miglioramento dell algoritmo con la sottrazione del fondo abbiamo prodotto gli istogrammi relativi alla distanza dell ascissa del centroide da quella del primo hit d interazione per radiazione da 662 kev; calcolata la deviazione standard della

132 Analisi del fondo distribuzione al variare della posizione della sorgente abbiamo confrontato la curva con quella ottenuta tramite la versione originaria dell algoritmo. Osserviamo che, eliminando il contributo della luce che arriva sul PMT dopo aver subito riflessioni sulle pareti del rivelatore, la distanza tra l ascissa del centroide e quella del primo hit d interazione diminuisce in modo sempre più evidente a mano a mano che spostiamo la sorgente verso i bordi del cristallo. Grafico 43 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Pareti smerigliate: distanza dell ascissa del centroide da quella del primo hit d interazione al variare della posizione della sorgente, nel caso in cui venga sottratto o meno il contributo dei fotoni indiretti L analisi del contributo dei fotoni indiretti e il calcolo dei coefficienti di sottrazione del fondo ha dunque migliorato la precisione dell algoritmo dei nove segmenti. In futuro si potrebbe calcolare con più precisione il fondo della distribuzione, simulando per esempio una diversa condizione sperimentale. Infatti, benché la sorgente sia stata situata a una grande distanza dalla superficie del rivelatore, i gamma non hanno interagito in modo uniforme all interno del cristallo. Questo ha fatto in modo che, nel caso di pareti totalmente assorbenti, la distribuzione dei fotoni ottici non fosse perfettamente uniforme, ma presentasse un massimo nella zona centrale del rivelatore. Il codice di simulazione permette tuttavia di risolvere questo problema: si può, per esempio, simulare dei gamma che interagiscano alla stessa profondità e siano localizzati in modo uniforme all interno del cristallo.

133 Capitolo 7: Algoritmo di imaging Immagini dei segmenti selezionati dall algoritmo Dopo aver ottimizzato i parametri dell algoritmo e aver studiato il fondo della distribuzione di luce causato dai fotoni riflessi, abbiamo analizzato, per alcuni eventi, i segmenti iniziali e finali scelti dall algoritmo dei nove segmenti. Lo scopo è di verificare se sono presenti dei pattern ricorrenti o caratteristiche particolari che possiamo sfruttare per aumentare la sensibilità posizionale e l efficienza del nostro algoritmo. Per l analisi dei segmenti selezionati durante il calcolo del centroide abbiamo simulato gamma da 662 kev emessi da una sorgente situata in (2, 0, -10) cm; per ogni evento si sono studiate le immagini dei segmenti iniziali, di quelli finali e della posizione del centroide estratto dalla distribuzione di luce sul PMT. Nelle pagine che seguono sono mostrati i casi più esemplificativi tra quelli esaminati. Gli eventi sono divisi a seconda della profondità d interazione della radiazione: in Figura 56 sono rappresentate le immagini relative a gamma che hanno depositato la maggior parte della loro energia nella zona del rivelatore più lontana dal fotocatodo, mentre in Figura 57 sono mostrati gli eventi con il primo hit d interazione a meno di 4 cm dal PMT. Se analizziamo gli eventi che interagiscono a un elevata profondità (Figura 56), si può osservare come i 14 segmenti che registrano il maggior numero di fotoni siano sempre localizzati ai bordi della superficie del fotomoltiplicatore. Questo accade poiché, per bassi valori della distanza z dell interazione dal fotocatodo, la distribuzione della luce è quasi uniforme ed è dunque influenzata maggiormente dal contributo dei fotoni indiretti e dalle fluttuazioni statistiche. Il fatto che i segmenti iniziali siano situati ai bordi del fototubo, non permette d identificare correttamente la metà in cui il gamma ha depositato la propria energia (Figura 56 A), né tantomeno la regione in cui è avvenuta l interazione, se immaginiamo il cristallo suddiviso in tre zone uguali (Figura 56 B e C). Già a partire da una distanza d interazione della radiazione di circa 5 cm, la situazione migliora notevolmente: i segmenti che registrano il maggior numero di fotoni si trovano sempre sul bordo del PMT, ma, a differenza di prima, sono concentrati nella metà del cristallo in cui il gamma ha depositato la propria energia (Figura 56 D. e Figura 57 A.). Questo permette, nella maggioranza dei casi, d individuare correttamente la posizione d interazione della radiazione. In Figura 57 si vede infine che, se il gamma interagisce ad una distanza dal fotocatodo minore di 3 cm, i 14 segmenti individuati inizialmente sono tutti molto vicini tra di loro; in questi casi l individuazione della posizione d interazione del gamma avviene con una grande precisione (all incirca 1 cm).

134 Immagini dei segmenti selezionati dall algoritmo Figura 56 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Sorgente in (1, 0, -10) cm Pareti smerigliate: per ogni evento sono mostrati i 14 segmenti iniziali che presentano il maggior numero di conteggi, i 9 segmenti finali e la posione del centroide. Gli eventi sono relativi a gamma di full energy peak che hanno interagito nella zona del cristallo più lontana dal fotocatodo, a una distanza di almeno 4 cm dal PMT

135 Capitolo 7: Algoritmo di imaging 129 Figura 57 LaBr 3 (Ce) 3 x3 E γ =662 kev Sorgente in (1, 0, -10) cm Pareti smerigliate: per ogni evento sono mostrati i 14 segmenti iniziali che presentano il maggior numero di conteggi, i 9 segmenti finali e la posione del centroide. Gli eventi sono relativi a gamma di full energy peak che hanno interagito nella zona del cristallo più lontana dal fotocatodo, a una distanza di almeno 4 cm dal PMT

136 Immagini dei segmenti selezionati dall algoritmo Si nota solo una leggera tendenza del centroide a spostarsi verso i bordi del cristallo, tendenza che potrebbe essere legata al contributo dei fotoni ottici riflessi dalle pareti dello scintillatore. Analizzando i segmenti iniziali e finali selezionati dall algoritmo dei nove segmenti non sono stati dunque notati dei pattern ricorrenti, ma, nella disposizione dei segmenti selezionati dall algoritmo, sono state evidenziate numerose caratteristiche che accomunano eventi con la medesima profondità d interazione della radiazione. 7.5 Implementazione di un nuovo algoritmo Dopo aver analizzato i meccanismi dell algoritmo dei nove segmenti e aver studiato e quantificato il contributo dei fotoni ottici indiretti (responsabili della perdita parziale o totale dell informazione posizionale) abbiamo cercato, per quanto possibile, di ottimizzare il metodo di calcolo del centroide. L implementazione del nuovo algoritmo è stata effettuata in modo da migliorare la precisione con cui s individua la posizione della prima interazione del gamma per radiazione da 662 kev. Non abbiamo stravolto il principio su cui è fondato il nostro algoritmo, poiché si è fino ad ora dimostrato un metodo semplice ed efficiente, ma abbiamo introdotto alcune modifiche che si basano sui risultati ottenuti dall analisi dei meccanismi e delle caratteristiche dell algoritmo stesso; in particolare abbiamo sfruttato il grande miglioramento dell informazione posizionale, osservato sottraendo il contributo dei fotoni ottici indiretti e le caratteristiche della distribuzione dei segmenti iniziali selezionati dall algoritmo. Nel paragrafo precedente abbiamo osservato, ad esempio, che i 14 segmenti iniziali non forniscono sempre un informazione posizionale corretta, ma portano talvolta a grossolani errori nel calcolo della posizione del centroide. È stato inoltre mostrato che la disposizione di questi segmenti è notevolmente influenzata dalla profondità a cui la radiazione deposita la maggior parte della propria energia. Analizzando il modo in cui sono distribuiti i segmenti iniziali, si può dunque cercare di risalire alla profondità dell interazione del gamma e riselezionare poi, con modalità differenti a seconda della distanza dell interazione dal PMT, i segmenti iniziali, in modo che rispecchino la posizione del deposito di energia nel cristallo. All interno dell algoritmo, dunque, dopo aver selezionato i segmenti iniziali, si controlla la loro distribuzione nel piano xy, prendendo in considerazione quanti dei 14 segmenti sono posizionati nella medesima metà del rivelatore e quanti si trovano ai bordi della superficie del fotocatodo. Se la maggior parte dei segmenti (almeno 11) sono situati nella stessa metà del cristallo, probabilmente abbiamo a che fare con un evento che ha interagito a breve distanza dal PMT e

137 Capitolo 7: Algoritmo di imaging 131 presenta dunque una distribuzione di luce con un massimo ben definito; i segmenti iniziali selezionati non vengono quindi modificati in quanto, come osservato nei paragrafi precedenti, rispecchiano la posizione del punto in cui il gamma ha depositato la propria energia. Nel caso invece in cui i 14 segmenti siano distribuiti uniformemente sulla superficie del fototubo, possiamo trovarci di fronte a due diverse situazioni: o l interazione è avvenuta nella zona centrale del cristallo, o la radiazione ha depositato la propria energia a una profondità superiore o uguale a 5 cm. In entrambi i casi possiamo cercare di evidenziare l informazione posizionale contenuta nella distribuzione della luce sul PMT, eliminando il contributo dei fotoni ottici indiretti. Dopo aver sottratto il fondo, è necessario poi selezionare nuovamente i 14 segmenti che presentano il più alto numero di conteggi. Studiando la distribuzione dei segmenti iniziali in funzione della profondità dell interazione, abbiamo osservato che, per gamma che interagiscono a grande distanza dal PMT, i 14 segmenti si trovano spesso ai bordi del fototubo. Se dunque i segmenti sono distribuiti uniformemente e la maggior parte di essi è situata sull anello più esterno del fototubo, l algoritmo riseleziona i 14 segmenti che raccolgono il maggior numero di segmenti, eliminando quelli situati ai bordi della superficie del fotomoltiplicatore. In questo modo si cerca di eliminare definitivamente il contributo dei fotoni che giungono indirettamente sul fotocatodo. Una volta selezionati i 14 segmenti iniziali, calcolando la distanza di ognuno di essi dal punto medio, si esclude un segmento alla volta fino a quando ne rimangono solo 9. Le coordinate del centroide corrispondono alla media delle coordinate dei 9 segmenti finali. Questa variante dell algoritmo dei nove segmenti è stata applicata a gamma di energia pari a 662 kev, 2 MeV, e 5 MeV. In Figura 58, sono mostrate le distribuzioni sul piano xy dei centroidi della distribuzione della luce sul PMT. Possiamo verificare che è effettivamente presente un miglioramento rispetto ai risultati ottenuti con l algoritmo originario (Grafico 35 a pag.101 e Grafico 37 a pag.103): i centroidi non sono più distribuiti su tutta la superficie del fototubo, ma ci sono ampie zone che presentano conteggi nulli (nel caso di gamma da 5 MeV addirittura metà dello scintillatore). Si nota anche una maggior precisione nel calcolo del centroide quando la sorgente è situata in x = 0 cm: la distribuzione è piccata nella zona centrale del rivelatore, soprattutto nel caso di radiazione di 662 kev. Il miglioramento più evidente è tuttavia quello delle distribuzioni relative ai 5 MeV: mentre con l algoritmo originario era assente ogni linearità spaziale (Grafico 38 a pag. 106), ora la posizione del massimo della distribuzione segue gli spostamenti della sorgente.

138 Implementazione di un nuovo algoritmo Figura 58 LaBr 3 (Ce) 3 x3 Pareti smerigliate: distribuzioni dei centroidi della distribuzione di luce sul PMT per radiazione di 662 kev, 2 MeV e 5 MeV. La sorgente gamma è stata spostata lungo il semiasse positivo delle x con step da un centimetro l uno (x = 0, 1, 2, 3 cm). Il miglioramento dell efficienza dell algoritmo è evidente anche dalla Tabella 18, nella pagina accanto; qui sono riportate le probabilità d individuare correttamente la zona del cristallo in cui è avvenuta l interazione per le diverse energie e le diverse posizioni della sorgente.

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