UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PADOVA SCUOLA DI INGEGNERIA DIPARTIMENTO DI TECNICA E GESTIONE DEI SISTEMI INDUSTRIALI

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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PADOVA SCUOLA DI INGEGNERIA DIPARTIMENTO DI TECNICA E GESTIONE DEI SISTEMI INDUSTRIALI CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN INGEGNERIA GESTIONALE ANALISI TECNICO ECONOMICA DI UN IMPIANTO TERMODINAMICO DI PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA SITUATO IN BASILICATA TECHNICAL AND ECONOMIC ANALYSIS OF A THERMODYNAMIC PLANT TO PRODUCE ELECTRICAL ENERGY SITUATED IN BASILICATA RELATORE: PROF. MARCO NORO CORRELATORE: ING. DANIELE NARDOTTO LAUREANDO: ALBERTO CANTELE ANNO ACCADEMICO: 2012/2013 1

2 INDICE SOMMARIO...3 INTRODUZIONE...4 CAPITOLO 1: Situazione Italiana delle FER...6 CAPITOLO 2: Sistemi a concentrazione solare Parabolic through Linear FRESNEL reflector Central receiver Parabolic dish..10 CAPITOLO 3: Thermal Energy Storage (TES) Sistemi di accumulo a calore sensibile Sistemi di accumulo a calore latente 14 CAPITOLO 4: L utilizzo dei sali fusi come fluido termovettore Benefici dovuti all'impiego dei sali fusi Problematiche dovute all'impiego dei sali fusi 19 CAPITOLO 5: Caratteristiche di funzionamento di un ciclo Rankine a vapore saturo...21 CAPITOLO 6: L'alternativa al ciclo Rankine a vapore saturo: ciclo ORC...24 CAPITOLO 7: La componente principale nei CST: il Sole La posizione del sole La radiazione diretta su un piano inclinato...33 CAPITOLO 8: Simulazione economica di un impianto CST a specchi parabolici lineari Analisi economica dell impianto (Cash Flow) CONCLUSIONI...48 BIBLIOGRAFIA

3 SOMMARIO Il lavoro di tesi svolto è possibile suddividerlo in tre parti: È composta da una serie di informazioni che iniziano dando una descrizione generica sui motivi che portano allo sviluppo delle tecnologie di produzione di energia elettrica rinnovabile. È stato assegnato un capitolo che fornisce una panoramica delle fonti di energia rinnovabile in Italia in modo da conoscere la nostra situazione attuale. Un piccolo capitolo descrivere il principio di funzionamento alla base della tecnologia solare utilizzata (CST) con una breve descrizione delle varie tipologie; È composta da tre capitoli che ricoprono una grande importanza per la tematica presa in considerazione. Il primo tratta la tecnologia dei sali fusi che sembrano rappresentare una buona alternativa all olio diatermico, attualmente presente in molti impianti come fluido termovettore. Il secondo invece descrive le turbine ORC che rappresentano una tecnologia molto recente adatta a piccole taglie per i recuperi termici. Il terzo descrive la componente che rappresenta l efficienza dell energia ottenuta dalla radiazione solare incidente sui collettori (DNI); Infine, la parte più importante dell intero lavoro, l analisi economica e tecnica di un impianto per la produzione di energia elettrica con collettori parabolici lineari. L impianto studiato verrà presumibilmente costruito in Basilicata e lo scopo della tesi è quello di ricercare la taglia minima di impianto che dia una convenienza economica. A sostegno di questa ricerca ci sono una serie di valutazioni economiche attraverso l utilizzo dei flussi di cassa che hanno dato la possibilità di costruire alcuni grafici di ausilio alla comprensione dei dati di output. 3

4 INTRODUZIONE Attualmente una delle tematiche che in questi anni ha avuto e avrà un elevata visibilità fintantoché non verrà risolta è il fabbisogno energetico del mondo. Il pianeta, inteso come stati e popolazioni, si è affidato ad una fonte di energia che fino ad ora ha soddisfatto le necessità di tutti, ovvero le fonti fossili e in particolare il petrolio. Questa rappresenta ad oggi la fonte principale di energia e viene usata in molti settori a partire dai trasporti fino alla produzione di energia elettrica. Molte voci che si stanno facendo sempre più rumorose dicono che le riserve di petrolio generatesi dopo milioni anni si esauriranno presto, per cui è d obbligo trovare altre fonti di energia che possano avere almeno un ugual durata e che diano i vantaggi del petrolio. Oltre a queste preoccupazioni, in futuro si cercherà non solo di trovare una nuova fonte di energia alternativa, ma anche di accompagnare il fabbisogno energetico con il fattore economico e ambientalistico. Quest ultimo tema sta crescendo sempre di più perché da un po di anni molti studiosi nel mondo sono d'accordo nel dire che il pianeta sta subendo dei cambiamenti che sono stati forzati dalle attività umane. I cambiamenti che oggi appaiono, sono stati accelerati da l uomo attraverso principalmente dell immissione nell atmosfera della CO 2 aumentando così l effetto serra. Di per se l effetto serra provocato dai gas che si accumulano nell atmosfera, non è dannoso, però questa barriera che si va a formare da un lato filtra i raggi solari che altrimenti sarebbero dannosi se arrivassero diretti dal sole, dall altro lato invece crea un tappo che non permette alle radiazioni riflesse di uscire. La conseguenza dovuta all esistenza di questa barriera consiste in un aumento della temperatura terrestre che rischia di cambiare alcuni parametri climatici come ad esempio la temperatura ambiente, degli oceani, il volume delle precipitazioni, la nuvolosità ecc. Oltre all immissione di gas l uomo svolge altre attività che provocano ulteriori problematiche descritte nel Dossier ENEA per lo studio dei cambiamenti climatici e dei loro effetti [3] che possono essere riassunte in quattro punti: Desertificazione Dissesto idrogeologico Biodiversità Agricoltura Queste ragioni hanno spinto l Europa e quindi anche i paesi facenti parte dell Unione Europea ad investire su nuove fonti di energia oltre che con norme e regole all'interno degli stessi, anche attraverso la nascita dell' organizzazione chiamata IRENA (International Renewable Agency), nata il 26 gennaio 2009 a Bonn [2]. Quest organizzazione è 4

5 attualmente composta da 159 stati, di cui 104 sono stati membri e 59 sono invece candidati come nuovi membri. L IRENA è nata con lo scopo di creare, sviluppare sistemi e metodi di supporto alle già esistenti organizzazioni che hanno come target la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile. Per cui si occupa di intrecciare e stabilire nuove relazioni tra vari i paesi, di sostenere una cooperazione per quanto concerne lo scambio di informazioni, di incoraggiare investimenti e infine incentivare lo sviluppo di nuove tecnologie. L Europa, oltre ad essere presente in questa organizzazione, attraverso il Consiglio europeo, ha adottato l'obiettivo di ridurre entro il 2050 le emissioni di gas a effetto serra dell'80-95% rispetto ai livelli del 1990 come contributo a lungo termine dell'ue. A conferma di questo obbiettivo la comunicazione della Commissione Europea A Roadmap for moving to a competitive low carbon economy in 2050 dell' 8 marzo 2011, indica come diminuire l inquinamento provocato dall uomo in un modo economicamente sostenibile e ricorrendo a misure interne. Nella Roadmap sono state introdotte alcune tappe che dovranno essere rispettate. La tabella di marcia scritta indica che per realizzare all'interno dell'ue riduzioni delle emissioni dell'80% entro il 2050 è necessario prevedere alcune tappe intermedie di riduzione: in particolare entro il 2030 le emissioni dei gas a effetto serra dovrebbero essere ridotte del 40% rispetto ai livelli del 1990 e del 60% entro il Uno sforzo considerevole di de-carbonizzazione deve essere fatto dalla generazione di energia elettrica, mentre il settore residenziale e commerciale devono diventare molto più efficienti, soprattutto quello più dipendente dalle fonti fossili,il settore dei trasporti. Le riduzioni di emissioni sopra descritte saranno appena sufficiente a conseguire l'obiettivo, tanto che i paesi dell'unione Europea sanno che dovranno ulteriormente integrare le loro politiche interne con ulteriori regolazioni. L Energy Roadmap 2050 (COM /2) del 15 dicembre 2011[1], oltre a confermare tale obiettivo, della riduzione dell'inquinamento, lo incrementa, portando la riduzione dall'80% al 95%. Per affrontare questa sfida sono state studiate quattro modalità: Efficienza energetica, con effetti soprattutto sul versante della domanda; Fonti rinnovabili; Tecnologie di cattura e stoccaggio della CO 2 (Carbon Capture and Storage, CCS); Nucleare, che l'unione non prescrive agli Stati membri, ma continua a ritenere quale alternativa sicura e sostenibile rispetto alle fonti tradizionali. Attraverso la combinazione di queste modalità ogni paese dovrà quindi fare opportuni cambiamenti cercando quindi di limitare l inquinamento provocato il più possibile. 5

6 1.SITUAZIONE ITALIANA DELLE FER Tra i paesi che contribuiscono alla produzione di energia derivante da fonte rinnovabile troviamo anche l'italia. Attualmente in Italia possiamo trovare sei tipi di fonti di energia rinnovabile (FER): Solare Fotovoltaica, Solare Termodinamica (che verrà approfondita successivamente); Idraulica; Geotermica; Bioenergia; Eolica. Il panorama attuale della potenza installata in Italia è rappresentato nella Fig 1 qui sotto, dove possiamo ben notare che l'energia derivante dalla fonte solare è una componente importante all'interno del nostro paese. Situazione Italiana FER fine 2011 Potenza prodotta (MW) Solare Fotovoltaica Idraulica Geotermica Bioenergia Eolica FER Fig. 1 Situazione FER alla fine degli anni 2011 (i dati delle FER, a parte la componente solare sono presi da [4]) Questi dati sono ancora più rilevanti se si considera la situazione all'anno

7 Situazione Italiana FER fine 2000 Potenza prodotta (MW) Altre Idraulica Geotermica FER Fig. 2 Situazione FER alla fine degli anni 2000 (i dati delle FER, a parte la componente solare sono presi da [4]) La Fig. 1 e la Fig. 2 ci mostrano l incremento che le fonti di energia rinnovabile hanno raggiunto in questi undici anni, partendo da MW di potenza installata a MW coprendo un fabbisogno interno lordo pari al 24%[4]. L'energia geotermica aveva un valore di 550 MW nel 2000 toccando quota 827 MW nel 2011, l'idraulica (che era la fonte principale negli anni 2000 con il 91%) aveva un valore di partenza di MW ed è arrivata ad un valore di MW. Queste due fonti di energia sono quelle che non hanno avuto incrementi rilevanti, questo è dovuto a limiti riguardanti le risorse stesse. Le uniche due FER che hanno avuto un incremento notevole sono l'eolica con un punto di arrivo a MW e la fotovoltaica con MW [5]. Quest ultima ha avuto molte incentivazioni in questi anni, attraverso l utilizzo dei benefici derivanti dal Conto Energia (attualmente alla sua quinta versione). Questo meccanismo è dedicato agli impianti solari fotovoltaici e solari termodinamici e consiste in un premio incentivante fisso, erogato sulla base dell energia elettrica prodotta. E anche detto production premium, poiché la tariffa del Conto Energia consiste in un premio dato a favore del produttore, a cui si aggiunge il ricavo ottenuto mediante la valorizzazione dell'energia elettrica prodotta. 7

8 2.SISTEMI A CONCENTRAZIONE SOLARE I vari sistemi di incentivazione hanno permesso lo sviluppo di ulteriori modalità di creazione di nuove FER, come ad esempio il CST(Concentrazione Solare Termica) che in questo capitolo andremo ad analizzare. Al momento questa tecnologia è stata sviluppata in quattro modalità che presentano gli stessi principi di funzionamento. Tutte e quattro le strutture sono dotate di specchi che hanno il compito di riflettere la radiazione solare su delle tubature o mezzi di accumulo termico. Il calore così immagazzinato successivamente verrà ceduto ad un sistema collegato che a seconda dello scopo può creare energia elettrica, vapore, acqua calda o altre sostanze chimiche. Fig. 3 Sistemi a concentrazione solare 2.1.PARABOLIC TROUGH(COLLETTORI PARABOLICI LINEARI) La particolarità di questi collettori è rappresentata dalla forma degli specchi che cerca di ottimizzare la radiazione incidente. Per conseguire l obbiettivo, gli specchi vengono curvati, formando delle parabole al momento della loro costruzione. Normalmente questi collettori sono collegati ad un impianto a vapore e servono per creare l energia termica che viene assorbita dall olio diatermico, il fluido termovettore, che surriscalda l acqua ottenendo vapore surriscaldato. Il passo finale è rappresentato dall espansione in turbina dove attraverso l utilizzo di un alternatore viene creata l elettricità. Questi sistemi sono caratterizzati da un inseguimento mono assiale da cui si può ottenere una temperatura raggiunta nella zona di focalizzazione dei raggi solari pari a 400 C [6]. Questa tecnologia tra tutte è quella più sviluppata (i primi test sono degli anni 80 del secolo scorso) e gli impianti così costruiti attualmente attivi producono una potenza che varia tra i 50 MW e e i 75 MW e [6]. 8

9 2.2.LINEAR FRESNEL REFLECTOR(SISTEMI RIFLETTORI FRESNEL) E' un sistema costituito da più file di specchi piatti, con inseguimento mono assiale, che riflettono la radiazione su uno scambiatore unico per tutti. A differenza del sistema precedente non viene richiesta una lavorazione particolare degli specchi per cui il costo risulta essere minore e le dimensioni dei collettori permettono di non occupare troppo spazio nel terreno. Questa tecnologia presenta un'efficienza e una temperatura raggiunta minori rispetto al ParabolicTrough ma è ancora in via di sviluppo e il costo non è ancora competitivo rispetto al sistema precedentemente citato. Nel 2008 in California è stato costruito un impianto Fresnel combinato con un ciclo a vapore con temperatura massima raggiunta dal vapore pari a 270 C. La potenza sviluppata dall impianto è di 5 MW e ad un costo specifico pari 3 M$ / MW e installato. E una struttura sperimentale operativa dal novembre 2008 e l'area riflettente occupa una superficie di 2,6 ha, ovvero m 2. I riferimenti ai dati di questo impianto possono essere trovati in [8]. 2.3.CENTRAL RECEIVER(IMPIANTI A TORRE CENTRALE) Questi impianti sono costituiti da un insieme di specchi piatti (o leggermente concavi) chiamati eliostati, posti tutti attorno ad una torre centrale, in cui è presente sulla cima il ricevitore dove convergono le radiazioni solari. Il vantaggio ottenuto è immediatamente riscontrabile nella temperatura massima raggiunta nel punto di focalizzazione, 700 C [6], con potenze nell intorno dei 20 MW e [6]. Il vantaggio ottenuto è dovuto a 2 fattori: Inseguimento bi assiale degli specchi piatti, in questo modo seguiamo il movimento del sole ottenendo sempre una radiazione diretta che viene riflessa su mezzo di accumulo termico Concentrazione delle radiazioni solari in un solo punto per tutti gli specchi Come i sistemi precedentemente citati l'immagazzinamento del calore avviene per mezzo di un fluido termovettore che ha lo scopo di creare vapore surriscaldato. Questo sistema insieme a quello successivamente descritto rappresenta uno tra i più validi metodi per la creazione di energia elettrica derivante dalla fonte solare. 9

10 2.4.PARABOLIC DISH(COLLETTORI PARABOLICI A DISCO) E' un sistema costituito da un insieme di specchi piatti tra loro uniti che creano una struttura a disco parabolica. Il ricevitore di radiazioni è solidale alla struttura per cui segue coerentemente con essa il movimento del sole e il suo inseguimento avviene su due assi. Quando la temperatura supera gli 800 C [6] viene ceduto calore dal ricevitore che opera con un motore Stirling producendo così energia elettrica oppure utilizzare un fluido termovettore per l accumulo termico come per i sistemi precedentemente descritti. Normalmente però si preferisce l uso di un motore Stirling direttamente attaccato al ricevitore in modo da evitare le perdite successive nelle tubazioni e spese per le coibentazioni. I vantaggi forniti da questo sistema sono riscontrabili direttamente nelle elevate temperature che il fluido termovettore può raggiungere superiori a 1500 C [7], risultato ottenuto grazie alla forma del collettore. Commercialmente questi moduli vengono limitati alla produzione di 25 kw e [6] (con un concentratore che può avere un diametro di 10 m) e l impianto più grande conosciuto è di 1,5 MW e [6]. 10

11 3.THERMAL ENERGY STORAGE(TES) La produzione di energia derivante da una fonte solare presenta però una serie di problematiche che sono connesse alla sua periodicità. Pensiamo ad esempio alle ore serali e notturne, o ad esempio quando per motivi di mal tempo la radiazione che va a colpire i collettori solari non è efficace. In entrambi i casi non possiamo sfruttare appieno la radiazione solare e questo va quindi a penalizzare il rendimento del nostro impianto. Tenendo conto di queste semplici considerazioni possiamo valutare il parametro chiamato Thermal Energy Storage (TES) che misura la capacità di immagazzinamento del calore in eccesso dovuto ad una sovradimensionamento della struttura captante. L immagazzinamento termico può avvenire, ad esempio, attraverso l uso di sistemi a sali fusi che assorbono il calore sviluppato dalla radiazione solare e che poi vengono immagazzinati in appositi serbatoi isolati termicamente. Successivamente questa energia termica può essere rilasciata nelle ore successive. Le applicazioni di ultima generazione hanno permesso di costruire impianti con una potenza in uscita di 50 MW e [6], in cui questi sali riscaldati riescono a dare una continuità di ciclo pari a 7 ore medie giornaliere [6], dati risalenti al ,2 Rappresentazione TES Potenza prodotta (MW) 1 0,8 0,6 0,4 0,2 MW Ottenuti MW Prodotti Orario giornaliero Fig. 4 Grafico rappresentante una simulazione della potenza prodotta rispetto alla fascia oraria La Fig. 4 rappresenta una simulazione al solo scopo di chiarire e dare una visione semplice 11

12 del significato del parametro TES. Come possiamo vedere dalla figura sull asse delle ordinate abbiamo i MW che un impianto a concentrazione solare produce mediante la radiazione solare che incide sui collettori, mentre sull asse delle ascisse abbiamo le ore che compongono una giornata. Grazie alla movimentazione dei collettori riusciamo sempre ad ottimizzare la radiazione solare producendo una potenza di 1 MW ogni ora. Come possiamo notare però dopo le 14 l impianto non riesce più a dare quella stessa efficienza perché l irraggiamento provocato dal sole è minore rispetto alle ore precedenti. Per evitare questo problema abbiamo provveduto a sovradimensionare il campo solare, posizionando quindi un numero di collettori in più che sono strettamente correlati alla dimensione dei serbatoi di accumulo. Il fluido utilizzato come mezzo di accumulo sono i sali fusi che verranno approfonditi successivamente con un apposito capitolo. L accumulo termico nei sali fusi avviene durante le ore in cui otteniamo la massima efficienza possibile dall irradiazione in modo che, quando l impianto non può più produrre energia elettrica da un irraggiamento diretto,viene utilizzato il calore di riserva. Questa nuova applicazione dei sali fusi e quindi dell utilizzo del parametro TES, danno la possibilità di produrre energia durante le ore serali, oppure in caso di cielo coperto temporaneamente. I sali fusi non rappresentano l'unico sistema di accumulo termico, infatti esistono altri sistemi di accumulo la cui scelta dipende da tempo e temperatura di accumulo. Altri fattori da considerare sono il costo (iniziale e di mantenimento), dimensioni, efficienza ed affidabilità. La Fig. 5 qui sotto mostra vari sistemi di accumulo suddividendoli rispetto ad alcuni parametri. Sono di nostro interesse solo i sistemi di accumulo termici visto il tipo di impianto studiato in questo lavoro. Fig. 5 Sistemi di accumulo termico 12

13 3.1.SISTEMI DÌ ACCUMULO A CALORE SENSIBILE Il calore accumulato è rappresentato dal semplice aumento di temperatura del mezzo o fluido termovettore visto che in nessuno di questi vi è il cambiamento di fase. In questi sistemi la scelta adatta viene fatta tenendo conto di due variabili molto importanti, la capacità termica e la diffusività termica. La prima delle due ci indica quanta potenza termica il fluido o mezzo riesce a immagazzinare, quindi C = m c, dove C è la capacità termica di flusso espressa in W / K, m è la massa kg / s e c è il calore specifico J/ (kg K). La diffusività termica espressa in m 2 / s è il rapporto tra λ (W / (m K)) che rappresenta la conduttività termica e il prodotto tra il calore specifico e densità (kg / m 3 ) del fluido o mezzo studiato. Da ricordare che mentre la conduttività termica rappresenta il flusso di potenza rispetto alla lunghezza e alla variazione di temperatura, la diffusività termica ha un significato differente, traducibile come una velocità di variazione della temperatura all interno del corpo stesso. Oltre a queste specifiche tecniche del fluido o mezzo dobbiamo considerarne altre di diversa entità come ad esempio la resistenza ad un elevato numero di cicli e il suo utilizzo (non deve essere dannoso per le persone e per l'impianto stesso). Qui sotto sono descritti i vari sistemi di accumulo a calore sensibile conosciuti: Acqua, viene utilizzata negli impianti con temperature basse, massimo 100 C, costa poco ed ha un elevato calore specifico. L'acqua presenta però problemi dovuti alla corrosione e si corre il rischio di eventuali cambiamenti di fase se il serbatoio in cui si trova è posizionato erroneamente; Metalli solidi, sono l'alternativa all'acqua per le basse temperature; Roccia, è un'alternativa a basse temperature economica situata in contenitori semplici e non costosi. Normalmente viene applicata soprattutto nei sistemi di riscaldamento ad aria; Liquidi organici, sono utilizzati per medie temperature con accumuli non pressurizzati; Liquidi, solidi o la combinazione di entrambi possono essere utilizzati anche per medie temperature ma solo se vengono adottate particolari attenzioni nel loro uso(ad esempio posso usare acqua a 300 C solo se pressurizzata a 140 bar); Sali fusi, metalli liquidi e olio diatermico, sono la migliore soluzione per elevate temperature. 13

14 3.2.SISTEMI DÌ ACCUMULO A CALORE LATENTE Uno dei principali problemi dei sistemi di accumulo a calore sensibile è il volume richiesto, perché a parità di volume il fluido può assorbire solo fino ad una certa quantità di calore che trova un successivo limite nella temperatura di saturazione ad una data pressione, altrimenti se superassimo quella specifica temperatura non parleremo più di calore sensibile ma di calore latente. Il limite dovuto al volume è di semplice spiegazione, guardiamo infatti come si determina il calore sensibile scambiato. La formula ci dice che: Q = c ρ V (T f - T i ) dove c è il calore specifico, ρ è la densità, V è il volume occupato dal fluido e (T f - T i ) è l intervallo di temperature che il fluido va a raggiungere. Per quanto riguarda c e ρ sono pressoché costanti e hanno valori piccoli, mentre V e (T f - T i ) sono i due valori che hanno il peso maggiore all interno dell equazione. Tra i due conosco l intervallo di temperature perché strettamente collegato con i limiti del fluido stesso, per cui è facilmente intuibile che se conoscendo tutti i parametri e se è stato deciso precedentemente la quantità di calore da scambiare l unica incognita da determinare è V. A questo punto risulta ovvio che più incremento il volume del fluido più aumenterà la quantità di calore scambiato. Questo effetto è ancora più significativo se oltre ad aumentare il calore la differenza tra la temperatura finale ed iniziale diminuisce. Per questa ragione gli accumuli con cambiamento di fase, specialmente quelli che usano il calore di fusione, sono la migliore alternativa quando il volume occupato è un parametro critico. I materiali per accumuli di calore latente sono detti phase change materials (PCM). Il trasferimento di calore avviene quando il materiale passa dallo stato liquido a solido o viceversa. Il calore da scambiare è dato da Q = r ρ V dove r è chiamato calore latente (di fusione se si passa da uno stato solido ad uno liquido) ed è misurato in J / kg. Inizialmente i PCM funzionano come un tradizionale materiale per l assorbimento di calore e la loro temperatura aumenta mentre assorbono calore. Una volta raggiunta la temperatura critica di fusione, il materiale rimane a temperatura costante e inizia a fondersi finché tutto il materiale non è fuso. Questo permette agli accumuli a calore latente di assorbire e fornire calore a temperatura costante per lungo tempo. L'accumulo di energia per unità di volume è di 5-14 volte superiore rispetto agli accumuli a calore sensibile ad acqua o roccia. I materiali che possiedono un calore latente di fusione adatto all uso in un sistema solare, con temperature di fusione molto varie sono moltissimi. A differenza dei sistemi di accumulo a calore sensibile in cui l individuazione del giusto fluido si basa sul calcolo della capacità termica e diffusività termica, per i sistemi di accumulo a calore latente 14

15 la ricerca del mezzo adatto deve tenere conto di proprietà termiche, fisiche e chimiche. Molto probabilmente non riusciremo a trovare il materiale che soddisfi tutte le condizioni, dovremo quindi fare dei compromessi cercando di limitare il più possibile i difetti del mezzo scelto. 15

16 4.L UTILIZZO DEI SALI FUSI COME FLUIDO TERMOVETTORE Una delle componenti importanti dell impianto che vedremo è il fluido termovettore,il quale permette di trasferire il calore nel generatore di vapore. Il fluido termovettore utilizzato è una miscela che solidifica a temperature molto più bassa (220 C solidificazione e cristallizzazione 238 C) rispetto alle singole componenti di cui è composta (NaNO 3 a 307 ºC, KNO 3 a 337 ºC). La miscela sali fusi considerati è formata da nitrato di potassio KNO 3 per il 40 % e di NaNO 3 per il 60 % nitrato di sodio e tali percentuali sono state così decise perché un contenuto maggiore del nitrato di potassio comporta un costo maggiore e un calore specifico più basso. Fig. 6 Diagramma di fase KNO 3 - NaNO 3 con indicazione della miscela utilizzata La Fig. 6 qui sopra mostra il diagramma di fase della miscela descritta in questo paragrafo dove sotto la curva inferiore abbiamo la solidificazione della miscela e sopra la curva superiore abbiamo la formazione di liquido. I sali fusi così composti per l impianto proposto sono già stati utilizzati nell impianto sperimentale a torre Solar Two (10 MW e ) negli Stati Uniti durante gli anni 90. Verranno utilizzati anche nell impianto spagnolo a torre Gemasolar Thermosolar Plant (17 MW e ) attualmente in via di completamento. Anche altri progetti di impianti a torre di grande taglia prevedono l utilizzo della stessa miscela. Inoltre la stessa miscela è utilizzata negli impianti parabolic trough convenzionali con stoccaggio (come gli impianti Andasol) come mezzo di accumulo dell energia termica. Miscele di sali fusi sono impiegate anche in altri settori industriali come nella produzione di melanina, in quella dell ossido di alluminio, della soda caustica, nel settore metallurgico (trattamenti termici), in una tipologia di reattori nucleari ed in altre applicazioni speciali. 16

17 Un impianto dimostrativo di questa tecnologia è applicato nel progetto Archimede, per cui l ENEA aveva ottenuto un finanziamento nel 2000, situato in Italia (5 MW e ). L impianto in realtà era suddiviso in due parti, una a turbogas e l altra un classico impianto a vapore, a cui grazie al finanziamento ottenuto è stato affiancato un campo solare a specchi parabolici lineari. Gli impianti a concentrazione solare di questo tipo vanno da una potenza minima di 50 MW e ad un massimo di 75 MW e e attualmente hanno l olio diatermico come fluido termovettore. Qui sotto nella tabella 1 sono descritti i dati tecnici dell impianto del progetto Archimede entrato in funzione nel 2010: Superficie totale dei collettori (m 2 ) Radiazione solare disponibile (DNI) (kw h) / (m 2 anno) 1936 Capacità di accumulo termico (MW h) t 80 Temperatura di funzionamento C Energia elettrica lorda annua prodotta ((GW h) e / anno) 9,2 Potenza termica prodotta MW t 12 Potenza elettrica prodotta MW e 4,72 Risparmio annuo di energia primaria (tep / anno) Emissione annua di CO 2 evitata (t / anno) Tabella 1 Dati tecnici impianto solare progetto Archimede [13] Fig. 7 Schema della tecnologia ENEA per impianto a sali fusi 17

18 In questo impianto possiamo notare due serbatoi (serbatoio caldo e serbatoio freddo ) che contengono la miscela di sali fusi rispettivamente alla temperatura di 550 C e 290 C. Dai serbatoi partono due circuiti indipendenti in cui il sale è spinto da opportune pompe di circolazione. Nel circuito del campo solare, in presenza di irraggiamento sufficiente il sale, prelevato dal serbatoio freddo, si scalda fino a 550 C circolando all interno dei collettori solari e va a riempire il serbatoio caldo. Nel circuito del generatore di vapore (GV) il sale viene prelevato dal serbatoio caldo e, dopo aver prodotto vapore surriscaldato nel GV, ritorna al serbatoio freddo. Nei limiti della capacità di accumulo, i due cicli quello relativo alla cattura di energia dal sole e quello relativo alla produzione di vapore per alimentare il sistema di generazione elettrica sono completamente svincolati. 4.1.BENEFICI DOVUTI ALL'IMPIEGO DEI SALI FUSI Negli impianti solari in tutto il mondo, specialmente in Spagna e America,per molti anni si è utilizzato l olio diatermico come fluido termovettore. Lo studio promosso da ENEA sui sali fusi è nato per sostituire questa tecnologia perché è limitata in molti aspetti. I vantaggi più importanti dovuti all'utilizzo dei sali sono due: Realizzazione di un accumulo termico a basso costo, in quanto i sali sono economici, non tossici e a limitato impatto ambientale (si tratta di fertilizzanti naturali) in caso di fuoriuscita accidentale, gli oli diatermici sono invece nocivi per uomo e ambiente; Aumento della temperatura all uscita del campo solare fino a 550 C, con aumento delle prestazioni del ciclo termodinamico di produzione elettrica, nel caso degli oli diatermici la massima temperatura è invece limitata a circa 400 C [9] (oltre si ha instabilità). Grazie a prove in laboratorio e anche nell impianto stesso è stato possibile definire alcune considerazioni riguardanti questa tecnologia descritte nell elenco qui sotto: Per quanto concerne un accumulo a sali fusi, sfruttando la temperatura massima raggiungibile, è possibile ottenere una maggiore energia termica accumulata all incirca pari a 0,2 (MW h) t / m 3 [9]. Questa considerazione diventa maggiormente rilevante se combiniamo questo fattore con un basso costo e all alta densità dei sali fusi. Con la tecnologia oggi presente possiamo raggiungere costi di accumulo termico inferiori a 15 / (kw h) t [9]. Per cui se volessimo trasformare il tutto in / (kw h) e ovvero tenendo conto del rendimento di conversione termodinamica, il costo che avremmo diventerebbe di 36 / (kw h) e [9] (con prospettive future pari a 25 / (kw h) e [9]). Le considerazioni appena fatte sono veritiere solo se il sistema di 18

19 accumulo a sali fusi non si interfaccia con un sistema ad olio, altrimenti la temperatura massima dell olio diatermico (400 C) limita automaticamente i benefici sopra scritti. L'utilizzo di sali fusi porta ad un rendimento di ciclo (carica-scarica) elevatissimo (99%), dato che le perdite di calore da un serbatoio ben coibentato di grandi dimensioni sono contenute. Un ulteriore pregio dovuto all impiego di sali fusi è quello di consentire la produzione di vapore ad alta temperatura, dell ordine di 530 C [9], in grado di alimentare cicli a vapore con rendimenti di conversione termodinamica elevati (42-44% [9] contro il 37,6% di un ciclo alimentato con vapore a 370 C [9], tipico di un impianto a olio) senza l impiego di un risurriscaldatore a combustibile fossile. Ovviamente tutti questi vantaggi offerti dai sali possono essere raggiunti solo se le perdite termiche nei collettori e nello scambiatore sono basse, altrimenti non si riesce ad ottimizzare l'impiego del fluido. 4.2.PROBLEMATICHE DOVUTE ALL'IMPIEGO DEI SALI FUSI L impiego dei sali fusi pone però dei problemi tecnologici dovuti al fatto che queste miscele solidificano ad alta temperatura (da 142 a 238 C [9] a seconda dei componenti) per cui è necessario mantenerle sempre liquide con opportuni accorgimenti tecnologici, soprattutto nelle fasi di primo avviamento dell impianto, assicurando una continua circolazione dei sali nelle tubazioni anche di notte. Un alternativa alla circolazione continua può essere quella di riempire e svuotare il circuito giornalmente, ma ci si rende conto che questa operazione è praticabile solo in impianti con limitata estensione delle tubazioni. Visti i limiti inferiori e superiori, rispettivamente 240 C e 550 C di temperatura, i sali fusi necessitano all'interno del circuito di un sistema di riscaldamento, spesso elettrico, delle tubature che permetta di mantenere queste elevate temperature. Questa tematica non è nuova, anzi è una pratica comune anche negli impianti a collettori parabolici a olio diatermico tipo VP-1, sia perché tali oli solidificano a 15 C (notoriamente nelle zone desertiche la temperatura notturna scende spesso sotto lo zero). L'ultima preoccupazione è dovuta alle valvole e pompe che vengono adottate nel circuito, perché questi sali hanno un effetto corrosivo per cui devono essere inserite delle componenti appropriate. Dopo una serie di prove sperimentali si è giunti all'individuazione del giusto materiale per la circolazione dei sali fusi, ovvero l acciaio Austenitico Inossidabile AISI 321 H che è diventato l'acciaio di riferimento per l'utilizzo dei sali fusi con 60% NaNO 3 e 40% KNO 3. 19

20 Questo tipo di acciaio non è solo utilizzabile in laboratorio ma anche nella realtà. L AISI 321 H è una variante dell AISI 321 che è composto tipicamente da carbonio (0,08%), manganese (2,00%), silicio (0,75%), fosforo (0,045%), zolfo (0,03%), cromo (17 19%), nichel (9 12%), titanio (0,7%) ed infine ferro (64,99 70,39%) (le percentuali esprimono il peso del componente rispetto al totale del peso). L AISI 321 H è un acciaio inossidabile che differisce solo dal contenuto maggiore di carbonio che varia tra il 4% e il 10% in più. L AISI 321 ha un costo che varia tra 4,5 e 5 euro al kg, mentre per quanto riguarda l AISI 321 H il suo costo aumenta rispetto alla quantità di carbonio che vogliamo introdurre. L introduzione del carbonio nell acciaio non è un operazione particolare, anzi è un operazione ordinaria, per cui il costo che ne deriva non si discosta molto dall AISI

21 5.CARATTERISTICHE DÌ FUNZIONAMENTO DÌ UN CICLO RANKINE A VAPORE SATURO L'impianto analizzato è stato progettato prendendo come riferimento il ciclo Rankine. Per cui è necessaria una piccola spiegazione riguardante il suo funzionamento. Fig. 8 Ciclo Rankine a vapore saturo Fig. 9 Schema tecnico del ciclo Rankine a vapore saturo Come possiamo vedere lo schema qui sopra descritto comprende quattro componenti : Pompa, ha lo scopo di aumentare la pressione del fluido; Generatore di vapore, dove il fluido a pressione p 1 viene riscaldato e vaporizzato dallo stato 1 allo stato 2 scambiando con la sorgente esterna il calore positivo Q + ; Turbina, l espansione in turbina del vapore permette di ottenere l'energia che poi 21

22 verrà convertita nell'alternatore in elettricità; Condensatore, normalmente a fascio tubiero, dove viene asportato il calore negativo Q -. Tra i vari cicli studiati quello di Rankine è il più realizzabile e la sua efficienza dipende dal fluido motore utilizzato (a differenza del ciclo ideale di Carnot che dipende esclusivamente dall'intervallo di temperature). Per quanto concerne gli scambi energetici possiamo scriverli in questo modo : - nel generatore di vapore non avendo scambio di lavoro con trasformazione isobara Q 12 = Q + =h 2 h 1 - in turbina, con la trasformazione isoentropica (adiabatica reversibile) L 23 = L + = h 2 h 3 - nel condensatore non avendo scambio di lavoro con trasformazione isobara Q 30 = Q - = h 0 - h 3 - infine, il lavoro di pompaggio (adiabatico reversibile) In conclusione il rendimento termico è pari a L 01 = L - = h 0 - h 1 η = (L + + L - ) / Q + Normalmente il lavoro negativo dovuto alla pompa è considerato trascurabile perché il volume specifico del liquido è molto piccolo. Un fattore importante che si riferisce esclusivamente ad un ciclo Rankine è la temperatura media termodinamica : T 12 = / (s 2 s 1 ) La temperatura media termodinamica è un dato importante perché viene utilizzata per essere confrontata con la temperatura di evaporazione del ciclo di Carnot. Questo confronto viene fatto perché come sappiamo il ciclo di Carnot è il ciclo di riferimento, che da il massimo rendimento date le due temperature, al condensatore e all evaporatore. Normalmente il confronto delle due temperature porta a constatare che la temperatura media termodinamica è minore rispetto alla temperatura del ciclo di Carnot all evaporatore. Il caso contrario, ovvero quando T 12 è maggiore, si ha quando viene eseguito un surriscaldamento 22

23 del vapore saturo. Questa non è l unica differenza dal ciclo di Carnot, ce n è una molto importante che non è possibile eliminare quando operiamo in un contesto reale, l irreversibilità. Proprio per questa ragione il ciclo della Fig. 8 deve essere modificato, per cui dobbiamo considerare che: 1) Le trasformazioni di scambio termico nel generatore e nel condensatore non sono a pressione costante, soprattutto nel generatore in cui avremo una differenza tra pressione di ingresso e uscita; 2) Le trasformazioni di scambio di lavoro sono processi praticamente adiabatici ma non reversibili, per cui dobbiamo considerare i rendimenti isoentropici assegnati. Possiamo notare nel ciclo sopra disegnato che la curva limite superiore, che corrisponde alla curva che rappresenta il vapore saturo, ha pendenza negativa. Questo fatto ha molta importanza, perché più il punto di fine espansione è distante dal punto di vapore saturo più la turbina correrà il rischio di danneggiarsi. Provocando non solo danni alle palette della turbina ma anche effetti corrosivi. Infine, sempre a tal proposito, un titolo di vapore (m v / (m v + m l )) con limite minimo pari a 0,88 è accettabile per ambiti reali. 23

24 6.L'ALTERNATIVA AL CICLO RANKINE A VAPORE SATURO : CICLO ORC Abbiamo precedentemente parlato del ciclo Rankine a vapore saturo come ciclo utilizzato nell'impianto studiato,in realtà c'è un'alternativa a quel ciclo, ovvero l'orc (Organic Rankine Cycle). Il ciclo ORC presenta due caratteristiche diverse da quello sopra citato, il fluido utilizzato (fluido con elevata massa molecolare come ad esempio dei poli-silossani) e le turbine. Fig. 10 Ciclo termodinamico e componenti di un modulo ORC turboden (l'olio diatermico) Il fluido di lavoro è prima pre-riscaldato (7-3) e fatto evaporare (3-4) utilizzando il calore scambiato con la sorgente termica, quindi espanso in una turbina (4-5) direttamente accoppiata al generatore elettrico e infine riportato allo stato liquido in un condensatore (8-1) raffreddato ad acqua o ad aria. Il ciclo termodinamico viene infine chiuso riportando il fluido condensato alla pressione di evaporazione attraverso la pompa (1-2). Rispetto ai cicli a vapore utilizzando i turbogeneratori di tipo ORC possiamo ottenere vantaggi effettivi tra 0,5 5 MW e [11] riconducibili a: Alta efficienza della turbina (> 85%); Bassa sollecitazione meccanica della turbina, dovuta alla modesta velocità periferica; Basso numero di giri della turbina, tale da consentire il collegamento diretto del generatore elettrico alla turbina senza interposizione di riduttore di giri; Mancanza di erosione delle palette della turbina, dovuta all'assenza di formazione di liquido durante l'espansione; Alta efficienza del ciclo (specie in presenza di utilizzi cogenerativi); Lunga vita di tutti i componenti (superiore a 20 anni); Possibilità di funzionamento automatico senza supervisione (diversamente dalle macchine a vapore non è necessaria la presenza continuativa del fuochista patentato, solo saltuaria). 24

25 Tali punti di forza possono tradursi in importanti vantaggi di tipo operativo quali: Procedure molto semplici di avviamento e fermata; Totale automatizzazione della gestione del modulo ORC; Necessità di personale per la gestione e manutenzione modulo molto contenute (3-5 ore a settimana); Alta affidabilità e disponibilità (> 98 %); Funzionamento silenzioso. Un sostanziale vantaggio offerto dai cicli ORC è dovuto al fluido, perché non esiste un unico fluido che può essere impiegato, ma questo viene scelto in base alla capacità di adattamento rispetto alle temperature di ciclo e alla capacità termica della fonte di calore. I fluidi che si possono utilizzare devono presentare le seguenti caratteristiche: Curva del diagramma T - s con pendenza positiva o nulla; Alto calore latente di vaporizzazione; Alta densità (fase liquida / gassosa); Calore specifico alto; Pressioni di condensazione e vaporizzazione accettabili (rispettivamente > 1 bar e < 25 bar); Buone proprietà di trasferimento calore (bassa viscosità, alta conducibilità termica); Buona stabilita termica e chimica soprattutto ad alte temperature; Buona compatibilità con i materiali (non corrosivo); Buone caratteristiche di sicurezza (non tossico, non infiammabile); Bassi costi; Basso impatto ambientale. Un ulteriore vantaggio dei cicli ORC rispetto ai sistemi tradizionali a vapore sta nel fatto di evitare, in qualsiasi condizione di funzionamento, la condensazione del fluido motore in fase di espansione, ciò è dovuto alla caratteristica forma della curva di equilibrio liquido-vapore. La Fig. 11 è un esempio di curva liquido-vapore (R114 o diclorotetrafluoretano, utilizzato negli impianti ORC). 25

26 Fig. 11 Curva liquido vapore del fluido R114 I vantaggi scritti sopra trovano un limite dovuto all applicazione del modulo ORC. Infatti sono diffusi soprattutto nel settore dei recuperi termici di fluidi caldi a bassa temperatura(minori di 250 C). Se la temperatura del fluido supera i 250 C il modulo ORC viene personalizzato rispetto all esigenza richiesta, aumentandone quindi il costo. Questo aumento di costo diventa ancora più visibile se pensiamo che la componente più costosa di un impianto ORC è la turbina, che può raggiungere un costo pari al % [12] dell intero sistema. È quindi importante valutare la scelta dell utilizzo di un modulo ORC in un impianto, per cui a volte per un motivo di costo combinato alla velocità di rotazione che la turbina avrebbe, l uso di quest ultima viene scartato, a favore degli espansori. Questo perché c è uno stretto collegamento tra efficienza della turbina e la velocità di rotazione, ovvero maggiore è la velocità maggiore sarà l efficienza. Per cui per velocità che sono al di sotto dei 5000 rpm [12] si preferisce l utilizzo degli espansori, come ad esempio quelli a vite o a spirale. Bisogna infine aggiungere a tutte le considerazioni sopra fatte che la tecnologia ORC è giovane, per cui bisognerà aspettare ancora un po di tempo per avere ampia gamma di soluzioni fattibili economicamente e tecnicamente. 26

27 7.LA COMPONENETE PRINCIPALE DEICST: IL SOLE La fonte di energia solare che andiamo ad utilizzare nell impianto oggetto di studio non è ancora stata discussa finora nel dettaglio, per cui è necessario fare alcune precisazioni al riguardo. Come sappiamo esistono tre modalità di scambio termico: Conduzione, si ha quando due superfici, fluidi o superficie e fluido, scambiano una certa quantità di calore perché sono a contatto tra loro; Convezione, si ha quando lo scambio termico avviene attraverso il movimento del fluido, che può essere naturale se generato da differenze di pressione o forzato se imposto da un fattore esterno; Irraggiamento, si ha quando le superfici sono a temperature diverse dallo zero assoluto e lo scambio termico avviene attraverso l emissione di radiazione elettromagnetiche. Il nostro impianto utilizza le radiazioni generate dal sole che sono il calore totale scambiato, se ciò non fosse dovremmo calcolare la parte di calore totale scambiato imputabile alla sola radiazione termica. La radiazione solare dipende molto dalla temperatura, che se è elevata in un mezzo, risulta essere la componente preponderante. Il sole viene identificato come un corpo nero,cioè un corpo che ha emissività termica ed indice di assorbimento pari a 1 (e quindi indici di trasparenza e riflessione pari allo zero). Con questa premessa è possibile calcolare la temperatura alla superficie, definita dalla legge di Stefan Boltzmann T = (I s / ) 1/4 = 5779,3 K. Nella formula precedente viene citata I s che rappresenta l emissione globale di un corpo nero verso il vuoto (W / m 2 ) e che è la costante di radiazione del corpo nero pari a 5, W / (m 2 K 4 ). Per conoscere I s dobbiamo prima capire come il sole genera l energia che con i nostri collettori andiamo a concentrare. L energia solare nasce da una serie reazioni di fusione termonucleare che, senza entrare nel dettaglio, danno come risultato finale atomi di elio ed energia ceduta verso il vuoto. Per ogni atomo di elio prodotto, si ottiene un energia E di circa 4, J [15] con una potenza totale generata dal sole di 3, MW. La potenza appena scritta non è un dato che può essere utilizzato per i nostri fini, anche solo per il fatto che il sole è ad una certa distanza dalla terra. La prima cosa da fare è quindi dividere la potenza totale rispetto alla superficie del sole, ottenendo I s = kw / m 2. Ora per conoscere la radiazione incidente sulla superficie terrestre possiamo applicare il principio di conservazione dell energia, scrivendo quindi che I t = I s ((4 R 2 s ) / (4 R 2 t )), dove I t è chiamata costante solare. Questo valore rappresenta l energia irraggiata dal sole nell unità di tempo su di una superficie unitaria della terra al di sopra dell atmosfera, in direzione normale 27

28 alla direzione dei raggi solari. Tornando ad I t, il suo valore varia tra 1,325 e 1,417 kw / m 2 [16] perché la distanza dal sole della terra non è costante, è massima nel solstizio d estate e minima in quello d inverno. Nei calcoli normalmente si tiene conto di un valore medio pari a 1,367 kw / m 2 [16]. La quantità di potenza incidente sulla superficie terrestre è pari a 1, kw [16] di cui però solo un 30 % (5, kw) è utilizzabile, perché gran parte della Terra è ricoperta dal mare. Fig. 12 DNI in Italia ((kw h) / (m 2 anno)) [15] 28

29 7.1.LA POSIZIONE DEL SOLE Un dato interessante che fa parte esclusivamente degli impianti che sfruttano la concentrazione solare per la produzione di energia elettrica è il DNI. Questo parametro rappresenta l irraggiamento diretto (quando i raggi solari sono paralleli tra loro) incidente su una superficie orizzontale. Più questo parametro è elevato, cioè più radiazione diretta riusciamo a catturare, maggiore sarà l energia che potrà essere ricavata dall impianto. Nel caso dei pannelli fotovoltaici, che normalmente non inseguono il Sole, si devono considerare anche altre due componenti che sommate alla precedente permettono di calcolare l irraggiamento totale (I tot ), ovvero l irraggiamento diffuso e riflesso. Il primo dei due va a considerare gli ostacoli come l atmosfera e le nuvole che non permettono un irraggiamento diretto ma che proviene da molte direzioni, mentre il secondo dipende dal grado di riflessione provocato da oggetti o superfici intorno ai collettori. Inoltre, l impianto studiato si trova nella fascia chiamata Sunbelt, in cui l influenza sul DNI delle due ultime componenti citate è trascurabile. Attualmente esistono molti siti internet ma anche documentazioni che permettono di calcolare o di conoscere il valore del DNI di una regione o zona del mondo, dove a volte è espresso come valore medio mensile o valore medio annuo come nel nostro caso. Questo valore però non può essere considerato da solo per comprendere l energia prodotta, perché i collettori su cui la luce si riflette sono inclinati rispetto al piano dove sono posizionati. Dobbiamo quindi capire come poter calcolare la radiazione diretta su un piano inclinato in modo da sapere quanta energia andremo a ricavare, altrimenti non è possibile fare una valutazione economica dell impianto. Prima però di poter vedere questo aspetto dobbiamo chiederci come rendere efficiente la radiazione solare ricevuta, perché come sappiamo la terra ruota intorno al sole (moto di rivoluzione) e anche intorno a se stessa (moto di rotazione) percorrendo un orbita ellittica(quasi circolare). Risulta quindi necessario determinare la posizione del Sole e di conseguenza la radiazione diretta incidente con due variabili: elevazione o altezza solare, rappresentata dalla distanza angolare tra il piano orizzontale e il raggio solare; azimut solare, rappresenta la distanza angolare tra il sud e la proiezione del raggio solare sul piano orizzontale. 29

30 Fig. 13 Altezza solare e Azimut solare [16] Si assume α positivo tra 0 e 90 (se negativo il sole è tramontato), ɣ positivo nel senso antiorario (è nullo quando il sole è a sud) e varia tra e Queste coordinate sono utili per capire la visione di un osservatore a terra, ovvero come se noi ci trovassimo vicino ai collettori. Infatti la Fig. 13 non aiuta nel capire come la radiazione solare arriva sulla superficie terrestre e non permette di notare alcuni fattori che andremo a calcolare. Per cui è necessario utilizzare altre coordinate per la determinazione della radiazione solare: Latitudine (φ), rappresentata la misura angolare dell arco meridiano compreso tra l equatore e il parallelo passante per il punto considerato. Si misura da 0 a + 90 verso Nord e da 0 a - 90 verso Sud; Declinazione solare (), rappresentata l angolo che la direzione dei raggi solari forma a mezzogiorno, sul meridiano considerato, col piano equatoriale. Utilizzando la formula di Cooper si può calcolare = 23,45 (360 ( 81/365, dove n è il numero progressivo del giorno contato a partire dal 1 gennaio (n = 1). La variabile δ assume valore 23,27 in inverno e + 23,27 in estate, mentre in autunno e primavera è pari a 0. La variazione massima che la declinazione può avere nell arco delle giornata è di 0,4, per cui nei calcoli non se ne tiene conto per semplicità; 30

31 Fig. 14 Declinazione solare [16] Angolo orario (),indica i gradi che la terra deve ruotare in modo che il sole sia sul meridiano locale ( = 0 a mezzogiorno, < 0 nelle ore pomeridiane e > 0 nelle ore antimeridiane). Il mezzogiorno è, in generale, l istante di culminazione del sole in meridiano, cioè la massima altezza raggiungibile durante le ore diurne. Il suo valore è dato dalla seguente relazione = 15 (12 orario). La variabile orario in realtà fa riferimento all orario solare, cioè tiene conto che ogni giorno ha una durata diversa perché la terra ruota più o meno velocemente e che l asse terrestre è inclinato di ,2, quindi si può scrivere che: orario solare = orario conv + (E T 4 (L mr L oss )) / 60 con longitudine del meridiano di riferimento (L mr ), longitudine del punto di osservazione (L oss ), ed infine E T che rappresenta la variazione di durata del giorno solare che non è sempre costante. Il meridiano di riferimento per l Italia è quello passante per l Etna e ha longitudine pari a 15 ; Angolo zenitale (θ z ), praticamente l angolo letto sulla sfera celeste congiungente lo zenit con il Sole. Questo angolo può al più variare tra 0 e

32 Fig. 15 Sfera celeste e coordinate del sole relative ad un osservatore posto nel punto C [16] E possibile ora determinare le due variabili che ci aiutano a capire la posizione del sole:!"# z = sin =!"φ!"!"+φ (1) sin = (!" sin/cos (2). Ora che sappiamo la posizione del sole e il suo movimento iniziamo a vedere come calcolare l irraggiamento diretto I dir su una superficie inclinata come i collettori. 32

33 7.2.LA RADIAZIONE DIRETTA SU UN PIANO INCLINATO Fig. 16 Posizione del Sole relativa ad un piano inclinato [16] Ora descriviamo alcuni dei dati presenti in Fig. 16: Angolo azimutale (a w ), è l angolo formato dalla proiezione della normale alla superficie con sul piano orizzontale con la direzione sud; Irraggiamento diretto (I bn ), è l irraggiamento dal sole; Irraggiamento diretto istantaneo incidente sul piano orizzontale (I bo ), ovvero la proiezione del seno di I bn; Angolo d incidenza sulla superficie inclinata (i), è l angolo formato tra I bn e la normale alla superficie inclinata; Angolo d inclinazione (β), è l inclinazione che la superficie inclinata ha rispetto al piano orizzontale. L irraggiamento diretto è dato da I dir = I bn!" dove i è l angolo che i raggi solari formano con la normale alla superficie e I bn è l irraggiamento diretto alla superficie. Posso però esprimere I bn in un altro modo, cioè come il rapporto tra I bo (l irraggiamento diretto istantaneo incidente sul piano orizzontale) e sin. Sostituendo quindi I bn nell equazione principale si ottiene I dir = I bo!"/. Il rapporto cosi/sinα viene anche chiamato fattore di inclinazione dell irraggiamento diretto (R dir ). Come sappiamo il seno e il coseno sono due funzioni trigonometriche che assumono valori che variano tra un minimo pari a 0 e un massimo pari a 1. In prima analisi guardiamo l angolo α, possiamo notare che più questo tende a 0, più il valore di I dir aumenta. Abbiamo però a numeratore la proiezione dell angolo α che 33

34 contrariamente all andamento del seno il suo valore diminuisce. Quindi otteniamo una compensazione che non ci porta alcun beneficio. Per quanto riguarda ilcosi sappiamo che il valore massimo si ha quando i tende a 0, ovvero quando la radiazione crea un angolo molto piccolo con la normale della superficie. E quindi facilmente intuibile che il cosi è legato anche alla forma dello specchio del collettore e che più lo specchio tende ad una forma sferica più l irradiazione diretta verrà ottimizzata. Infatti i parabolic dish come detto qualche capitolo precedente risultano essere i più efficienti da questo punto di vista anche perché otteniamo un maggior numero di radiazioni concentrate. Questa osservazione però non basta, allora proviamo a vedere come il coseno dell angolo i è scomponibile:!" =(,- #. /+!"#.!"/ (3) L equazione (3) è stata fornita da Benrod e Block Kondratyeve in dettaglio da Coffari. Ci si rende conto che non c è una giusta inclinazione dei collettori ma che va regolata continuamente a seconda della posizione del sole visto che abbiamo delle correlazioni con l angolo zenitale ma anche con la latitudine e le altre coordinate utilizzate inizialmente. Diventa importante quindi costruire una mappa solare che indichi con il passare del tempo la posizione del sole così da ottimizzare l irraggiamento incidente. 34

35 8.SIMULAZIONE ECONOMICA DI UN IMPIANTO A CONCENTRAZIONE SOLARE A SPECCHI PARABOLICI Dopo aver descritto le varie componenti e le problematiche relative ad un impianto a concentrazione solare, possiamo iniziare a visionare alcuni dati, che derivano da una serie di ricerche e di consultazioni fatte con alcune delle aziende produttrici di questa tecnologia. Si tenga presente che i dati che andremo a vedere non sono stati raccolti in pochi mesi, ma si tratta di uno studio fatto durante un anno circa di lavoro, in cui sono stati molto spesso revisionati e corretti. L obbiettivo che si cerca di proporre con questo studio consiste nel trovare la taglia minima di impianto per la produzione di energia elettrica derivante dalla fonte solare. L impianto è formato da un numero ben determinato di collettori che seguono il sole attraverso un movimento mono assiale. Il calore viene poi trasferito ai sali fusi e successivamente ceduto a un ciclo Rankine in cui il vapore surriscaldato espanderà in turbina. I sali fusi sono utilizzati come fluido termovettore e anche nello stoccaggio di energia termica. Le consultazioni fatte con le aziende produttrici di queste tecnologie ha permesso di escludere le taglie d impianto al di sotto di 1 MW e, per cui il lavoro svolto ha tenuto in considerazione di questo limite inferiore vista anche la non reperibilità di turbine con taglie minori. Inoltre vista la tecnologia utilizzata e la poca conoscenza ad essa correlata, le informazioni che successivamente andremo a vedere sono in continua evoluzione. Fig. 17 Visuale dall alto della posizione dell impianto a San Mauro Forte in provincia di Matera 35

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