Indice. 1 Il giudice tutelare

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1 INSEGNAMENTO DI DIRITTO DI FAMIGLIA LEZIONE XII L INCAPACITÀ GENITORIALE PROF.SSA TIZIANA TOMEO

2 Indice 1 Il giudice tutelare Gli ordini di protezione contro gli abusi L amministrazione di sostegno Il mantenimento del minore Bibliografia di 19

3 1 Il giudice tutelare I temi che tratteremo in questa lezione riguardano istituti funzionalizzati alla tutela di soggetti deboli o perché minorenni o in quanto privati e limitati nella capacità giuridica e di agire a seguito del verificarsi di avvenimenti che ne abbiano ostacolato la normale esplicazione. Una delle figure tutelanti delle categorie richiamate è quella del giudice tutelare e che il legislatore ha voluto creare per renderla vicina ai problemi del minore e del legalmente incapace, tant è che essa può essere adita speditamente e senza particolari formalità. Egli, dopo l entrata in vigore del decreto legislativo del 10 febbraio 1998, n. 51 che ha previsto le norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado, opera presso i tribunali, essendo stato soppresso l' ufficio del pretore. La sensazione avvertita in questi anni è stata di non aver potuto fare a meno di constatare che i giudici tutelari, sebbene onerati dall esplicazione di funzioni anche in altri settori, abbiano interpretato il loro ruolo in modo prevalentemente burocratico e completamente disancorato dalla realtà sociale, senza tener conto anche dell aspetto altrettanto allarmante a seguito del quale spesso il loro lavoro viene svolto dal personale di cancelleria. Certamente si può constatare che tale conseguenza possa essere il risultato di un disinteresse per il pur rilevante significato sociale connesso alla funzione o derivato dall ignoranza dei problemi, anche giuridici, che si rinvengono nella detta materia. Spesso anche la frenesia per la statistica, colpevole di non riuscire a rendere un quadro serio delle difficoltà delle questioni affrontate, ha portato i giudici a privilegiare la soluzione degli affari contenziosi, nei quali com è ovvio, è pressante la presenza degli avvocati, pur se marginale. Non può essere sottaciuta anche la scarsa organizzazione degli uffici giudiziari i quali, spesso ma non sempre, sono scarsamente preoccupati di organizzare in modo adeguato la struttura della giurisdizione volontaria. È incontestabile del resto che l attività del giudice tutelare si amplia o si restringe proporzionalmente all esistenza ed al tipo di risposta che l istituzione è in grado di dare, dunque se essa è inadeguata od inesistente, la domanda stessa inevitabilmente si contrae con il triste risultato che una larga fascia di bisogni, quella dei soggetti più deboli, resti priva di qualsiasi tutela giudiziaria. Analizziamo a questo punto quali sono le disposizioni che disciplinano le competenze del giudice tutelare in materia minorile e ciò a partire dall art. 318 c.c., nel quale è scolpito il seguente contenuto:<il figlio non può abbandonare la casa dei genitori o del genitore che esercita su di lui la 3 di 19

4 potestà, né la dimora da essi assegnatagli: qualora se ne allontani senza permesso, i genitori possono richiamarlo ricorrendo, se necessario, al giudice tutelare>. Tale disposizione, letta alla luce della riforma del diritto di famiglia del 1975, deve essere intesa come espressione del fatto che, normalmente, la convivenza del figlio con i genitori è condizione ottimale perché questi provvedano all assistenza del minore in senso ampio. L obbligo imposto al figlio minore si colloca fuori da ogni visione autoritaria della potestà genitoriale, tanto è vero che il giudice tutelare non deve necessariamente ordinare il ritorno del minore nella casa genitoriale ma deve invece: valutare le ragioni e le valutazioni dai figli addotte, uniformando la propria decisione alle esigenze correlate alla capacità, alle inclinazioni naturali ed alle aspirazioni dei figli, autorizzando, nell interesse prevalente di questi ultimi e la loro permanenza fuori dalla casa parentale anche quando non si rinvenga una condotta pregiudizievole dei genitori all interesse minorile ; in altri termini, l ultimo segno del potere del genitore di adire il giudice per richiamare il minore alla casa paterna, deve essere circoscritto nei limiti in cui non costituisca una palese violazione dei diritti di libertà e dell ambito di autonomia del minore. Un altro intervento del giudice tutelare è previsto nella disciplina concernente la rappresentanza da parte dei genitori esercenti la potestà dei figli nati e nascituri in tutti gli atti civili di natura patrimoniale od inerenti alla tutela dei diritti della personalità del minore ed all esercizio delle azioni di stato (per le quali il genitore non sia in conflitto di interessi con il figlio). In tale disciplina, contenuta nell art. 320 c.c., è prevista anche l amministrazione dei beni dei figli, norma tra l altro di complessa interpretazione in ragione dei poteri congiunti e disgiunti conferiti ai genitori e del regime dell invalidità degli atti compiuti in violazione dei principi ivi enunciati. L art. 320 c.c. Pone una serie di problemi che riguardano, tra gli altri: 1. L irrisolta diatriba circa l individuazione del criterio distintivo tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione: i primi, infatti, possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore (esclusi i contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento) e non devono essere autorizzati dal giudice tutelare; i secondi, invece, sono sottoposti al regime esattamente opposto. Esiste anche un elencazione di quegli atti che devono ritenersi di straordinaria amministrazione pur operando comunque un rinvio alla necessaria autorizzazione del giudice tutelare per tutti quelli eccedenti l ordinaria amministrazione ; 4 di 19

5 2. L affermazione che l autorizzazione del giudice tutelare sia necessaria per l alienazione dei beni pervenuti al minore a qualsiasi titolo, anche a causa di morte. Come si può ben comprendere, tale assunto pone un problema di coordinamento con l art. 747 c.p.c. Per il quale, l autorizzazione a vendere i beni ereditari si chiede con ricorso diretto al tribunale del luogo in cui si è aperta la successione. Nel caso in cui i beni appartengono ad incapaci deve essere sentito il giudice tutelare. L art. 320 c.c., modificato a seguito della riforma del diritto di famiglia del 1975, avrebbe, secondo alcuni, abrogato l art. 747 c.p.c. E radicata la competenza esclusiva del giudice tutelare; secondo altri, vi sarebbe la necessità di una doppia autorizzazione ma è una tesi priva di alcun supporto testuale. La dottrina e la giurisprudenza oggi prevalenti ritengono, infine, che l autorizzazione all alienazione dei beni ereditari del minore in potestate sia di competenza del giudice tutelare quando gli stessi beni si possano considerare definitivamente acquisiti al patrimonio del minore; è di competenza del tribunale (su parere del giudice tutelare) quando il procedimento dell acquisto iure ereditate non si sia ancora esaurito (ed è l ipotesi che si verifica quando l accettazione dell eredità con il beneficio d inventario sia ancora pendente); 3. continuazione dell esercizio di un impresa commerciale da parte di un minore in potestate : in quest ipotesi è richiesta l autorizzazione del tribunale ordinario, su parere del giudice tutelare. Non bisogna dimenticare che la nostra riesamina parte dal presupposto che all incapace sia consentita soltanto la continuazione dell impresa commerciale, infatti rispetto ad un attività già posta in essere, è possibile trarre da elementi concreti, un giudizio sulla convenienza a continuarla da parte del minore. Nell istanza diretta a richiedere l autorizzazione a continuare l esercizio dell impresa commerciale è necessario indicare gli elementi indefettibili dai quali possa esperirsi una valutazione da parte del tribunale del rischio d impresa e la convenienza per il minore alla continuazione dell attività. Il giudice tutelare deve vigilare sull osservanza delle condizioni che il tribunale abbia stabilito per l esercizio delle potestà e per l amministrazione dei beni (art.337c.c.); tale norma, pur essendo collocata dopo una serie di esposizioni che riguardano provvedimenti del tribunale per i minori limitativi od ablativi della potestà genitoriale, non può essere restrittivamente interpretata come fonte per il giudice tutelare di un potere di vigilanza limitato ai provvedimenti emessi dal tribunale per i minorenni. Un aspetto sul quale è necessario soffermarsi è relativo all emissione di provvedimenti del tribunale ordinario in materia di separazione e divorzio, oltre quelli che attengono l affidamento dei 5 di 19

6 figli e l esercizio della facoltà di visita. Spesso in tali fattispecie emergono situazioni di conflitto e nelle quali vengono coinvolti anche i minori manifestando gravi disagi tali da compromettere lo sviluppo della loro personalità. In tal caso dunque spetta al giudice tutelare, in virtù del potere di vigilanza e sulla base dell osservanza delle disposizioni date dal tribunale ordinario, il compito di promuovere la composizione dei contrasti tra i genitori separati o divorziati, al fine di creare le condizioni per l attuazione delle prescrizioni poste dal giudice ordinario nell interesse dei figli minori; tale risultato non può prescindere dall indispensabile ricorso alla collaborazione di diverse figure professionali quali assistenti sociali, mediatori familiari, psicologi. È verosimile pensare che il giudice tutelare non possa modificare quanto deciso dal tribunale ordinario e che non sia nemmeno l organo competente a portare ad esecuzione i provvedimenti di cui stiamo trattando del resto, al concetto di vigilanza è estraneo o addirittura antitetico, ogni aspetto di intervento e decisione. Si può osservare con facilità che il giudice tutelare in tale materia svolga un compito da mediatore nei conflitti il quale giova solo all efficacia dell intervento atteso che le parti possono più facilmente affidarsi ad un giudice la cui funzione, in questo caso singolo, sia non solo quella di accertare le responsabilità e di sentenziare ma anche di assicurare nell interesse dei figli minorenni e con la consapevolezza dei genitori, l osservanza non meramente formale delle disposizioni del tribunale ordinario. Un ulteriore intervento del giudice tutelare è previsto dall art. 12 della legge 22 maggio 1978, n. 194 e riguarda l interruzione volontaria della gravidanza da parte di donne minorenni. In tale ipotesi è richiesto l assenso di chi esercita sulla donna la potestà genitoriale o la tutela; tuttavia, nei primi novanta giorni, quando vi siano seri motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione delle persone esercenti la potestà o la tutela, oppure queste, interpellate, rifiutino il loro assenso o esprimano pareri tra loro difformi, il giudice tutelare può autorizzare la donna, con atto non soggetto a reclamo, a decidere l interruzione della gravidanza. Ovviamente il giudice tutelare, prima di decidere, deve sentire la minore e, nel determinarsi, deve tener conto della volontà della donna, delle ragioni che ha addotto e della relazione, corredata da un parere, che il consultorio o la struttura socio-sanitaria od il medico di fiducia, ai quali la minorenne si è rivolta per l interruzione di gravidanza, devono inviargli. Nell ipotesi in cui il giudice minorile (come ogni altro giudice), debba coordinarsi con pareri di altri magistrati, gli è demandato un ruolo preponderante dovendosi limitare a controllare la regolarità procedimentale dell intervento delle altre strutture e dell esistenza dei presupposti di legittimità di quella instaurata. La corte costituzionale, d altra parte, ha precisato che l intervento autorizzatorio del giudice tutelare resta 6 di 19

7 esterno alla procedura di riscontro, nel concreto, dei parametri previsti dal legislatore per potersi effettuare l interruzione gravidica, e ciò in quanto i margini dell attività del giudice tutelare sono ben circoscritti e non cospicui, competendo soltanto ai sanitari gli accertamenti intesi alla previsione di aborto. È interessante notare come la legge abbia individuato il giudice tutelare competente per territorio in quello del luogo ove opera il sanitario presso il quale si è recata la donna (art. 12). Èevidente che la norma vuole, ancora una volta, tutelare la minore e la sua possibilità di assumere decisioni veramente consapevoli perché, in dati contesti culturali ed in certe situazioni ambientali, potrebbe essere difficile per la donna portare a compimento la sua scelta sofferta. Ci si è chiesti, nell ambito dei molti interrogativi che la normativa in esame pone, quale disciplina si applichi nel caso di una minore emancipata; a noi sembra da condividere la tesi per la quale, con riferimento ai diritti non patrimoniali, l emancipazione equipari il soggetto minorenne al maggiore (con l eccezione, ovviamente, dei casi in cui la legge disponga diversamente). Con l emancipazione infatti: cessa la potestà dei genitori, e l istituto della curatela non è ufficio che possa sostituire le funzioni relative alla sfera dei rapporti personali. Ciò comporta, per il profilo che ci occupa, che la donna minorenne, emancipata a seguito di matrimonio, non deve presentare alcuna istanza al giudice tutelare e la stessa deve essere dichiarata inammissibile, se presentata. La funzione, forse, più importante del giudice tutelare è quella di sovraintendere alla tutela dei minori i cui genitori sono morti o, per altre cause, non possono esercitare la potestà; per i minori che si trovano in tale condizione vengono nominati un tutore ed un protutore. Il giudice tutelare svolge, peraltro, un ruolo che non è solo di controllo del potere del tutore, ma anche di sicura incidenza sulla sorte personale e patrimoniale del minore: si ricordi, per esempio, che egli, ex art. 44 disp. Att. C.c., può convocare in qualunque momento il tutore ed il protutore, allo scopo di chiedere informazioni, chiarimenti e notizie sulla gestione della tutela e dare istruzioni inerenti agli interessi morali e patrimoniali del minore. Dunque ecco in cosa consiste l attività del giudice tutelare: A) nomina il tutore ed il protutore, rispettando i criteri di cui agli artt. 348 e 355 c.c. Ed in considerazione dell entità del patrimonio e delle difficoltà dell amministrazione, può assegnare al tutore un equa indennità (art. 379c.c.). La tutela dei minori che non hanno nel luogo del loro domicilio parenti conosciuti e capaci di esercitare l ufficio del tutore, può essere deferita dal giudice tutelare ad un ente di assistenza nel comune dove ha domicilio il minore od all ospizio in cui questi è ricoverato. L amministrazione tanto dell ente che dell ospizio delega uno dei propri membri ad esercitare le funzioni di tutela (art. 354 c.c.) Ed in particolare gli enti pubblici a cui 7 di 19

8 spetta la competenza in materia di assistenza sono la provincia, il comune ed, in alcune regioni e le asl ma titolare dell ufficio rimane sempre l ente perché la delega riguarda solo l esercizio delle funzioni; B) emette i provvedimenti urgenti (ivi compresa l apposizione dei sigilli) occorrenti per la cura del minore o per conservare ed amministrare il patrimonio. Tale attività viene compiuta nel periodo di tempo, eventualmente, intercorrente tra l apertura della tutela e l assunzione dell ufficio da parte del tutore e del protutore (art. 361 c.c.).ciò che importa dire è che: il giudice tutelare non può comunque trasformarsi in organo attivo della tutela e, pertanto, ove si renda assolutamente indispensabile, in questa fase provvisoria, il compimento di un atto, dovrà nominare un curatore speciale ; C) riceve le domande di dispensa e di esonero, nonché le dichiarazioni di coloro che non intendono avvalersi della dispensa de iure, e provvede in ordine alle stesse (artt.351, 352, 353, 383 c.c.). L ufficio tutelare è obbligatorio tuttavia l ordinamento consente alcune deroghe legate od alla preminente posizione istituzionale dei soggetti (art. 351c.c.) Oppure (ex art. 352 c.c.) Riferite a persone che rivestono particolari funzioni o si trovano in determinate condizioni di famiglia, di età o di salute (in tali ipotesi, la dispensa opera a seguito di domanda degli interessati al giudice tutelare). Le cause di dispensa dall ufficio di tutore sono eccezionali e tassative. D) procede alla nomina di un curatore speciale nel caso che, trovandosi il minore in conflitto d interessi con il tutore, anche il protutore si trova in opposizione d interessi con il tutelato (art. 360 cpv, c.c.)e deve trattarsi di un contrasto attuale e diretto d interessi di carattere patrimoniale; E) delibera, su proposta del tutore e sentito il protutore, sul luogo dove il minore deve essere allevato e sul suo avviamento agli studi o all esercizio di un arte, mestiere o professione (art. 371 primo comma n.1 c.c.); F) rimuove o sospende il tutore dall ufficio ove quest ultimo si sia reso colpevole di negligenza o abbia abusato dei suoi poteri, o si sia dimostrato inetto all adempimento di essi o sia divenuto immeritevole dell ufficio per atti anche estranei alla tutela, ovvero sia divenuto insolvente (art. 384 c.c.).la rimozione non può essere disposta se non dopo aver sentito o citato il tutore, nei casi che non ammettono dilazioni si procede alla sospensione. 8 di 19

9 In considerazione del fatto che le cause di rimozione sono molto precise e le fattispecie tipizzate molto ampie, non s ipotizza che il giudice tutelare possa ricercare ragioni di rimozione fuori dall ambito delle cause elencate dal citato art. 384 c.c. Tra le tante motivazioni che giustificano la rimozione non possiamo non includere anche la negligenza nonché la violazione del dovere di diligenza del buon padre di famiglia gravante sul tutore nell amministrazione del patrimonio del minore, in uno al ritardo od all omissione imputabile al tutore, nel compiere atti del suo ufficio, per cause riferibili ad un suo colpevole comportamento e non dovute a forza maggiore o a motivi meritevoli di giustificazione. Circa la qualificazione dell abuso dei poteri, invece, l espressione usata è generica e, quindi, multicomprensiva e come tale può essere riferita sia all uso dei poteri contrastanti con la tutela degli interessi del minore, sia alle ipotesi di un attività del tutore che travalichi i limiti di opportunità e giustizia. Corre l obbligo di sottolineare che altri interventi del giudice tutelare sono previsti in materia di affidamento familiare, in tema di trattamenti sanitari obbligatori per malattie mentali realizzati in condizioni di degenza ospedaliera, previsti dalla legge 23 dicembre 1978, n ; in particolari ipotesi di rilascio del passaporto, disciplinate dalla legge 21 novembre 1967, n di 19

10 2 Gli ordini di protezione contro gli abusi La l. 04/04/2001 n. 154 intitolata misure contro la violenza nelle relazioni familiari ha introdotto una forma innovativa d intervento del giudice in ordine alle relazioni familiari, intendendosi per tali quelle tra genitori e figli o tra coniugi (o conviventi). Il presupposto per la richiesta dell ordine di protezione è che il membro del nucleo familiare nei cui confronti viene richiesto, abbia tenuto una condotta tale da recare pregiudizio all integrità fisica o morale ovvero alla libertà del familiare. Elemento concorrente a quello poc anzi indicato è che non sia in corso un procedimento per la separazione personale od il divorzio dei coniugi, poiché in tale ipotesi, un provvedimento avente contenuto analogo a quello dell ordine di protezione, potrà essere eventualmente richiesto al giudice del procedimento in corso. In cosa consisterà dunque, il provvedimento che il giudice dovrà adottare? Esso in realtà si sostanzierà nell ordine di cessazione della condotta pregiudizievole, unitamente all allontanamento dalla casa coniugale del soggetto contro cui l ordine è diretto oltre ad ogni altro che possa ritenersi idoneo ad evitare il perpetrarsi della condotta. Non si esclude però, anche la possibilità d imporre all'allontanato il pagamento di un assegno periodico in favore delle persone conviventi che rimangano prive di mezzi di sostentamento adeguati, oltre alla coadiuvazione dei servizi sociali o di altre associazioni competenti per il caso specifico. Di tutto quanto attenga invece l aspetto penalistico della tutela della famiglia, abbiamo già avuto modo di discorrere nella lezione precedente pertanto, in questa sede sono stati solo sommariamente evocati principi fondamentali di raccordo per la tutela dei soggetti deboli. 10 di 19

11 3 L amministrazione di sostegno La procedura prevista per l amministrazione di sostegno inizia e si svolge avanti al giudice tutelare, anche quando sia promossa nell ultimo anno prima della maggiore età (art. 405, comma 2, cod. Civ.), affinché l amministratore operi a decorrere dal diciottesimo anno. Innanzi alla figura giusdicente evocata si svolge sia la fase che porta all istituzione dell amministrazione che quella della sua gestione; in ciò si differenzia dalla procedura di interdizione e inabilitazione, anch essa bifasica ma nella prima fase fino alla sentenza di interdizione o inabilitazione si svolge avanti al tribunale ordinario o al tribunale per i minorenni ed in quella di gestione della tutela o della curatela diventa di competenza del giudice tutelare. Si applica il rito della camera di consiglio, anche se recepisce alcune regole della procedura contenziosa dell interdizione (ex art. 720-bis cod. Proc. Civ). Il dato che essa sia completamente gratuita è rispondente all esigenza di far realizzare la finalità cui lo stato tende, ovvero la protezione degli incapaci. Il pm ed i responsabili dei servizi sanitari e sociali sono obbligati a proporre azioni formali per promuovere l amministrazione di sostegno mentre altre tre categorie di soggetti ne hanno solo la facoltà e sono i parenti, i conviventi stabili e l interessato. Prevedendo la legittimazione concorrente del pubblico ministero e dei responsabili dei servizi sanitari e sociali, il legislatore ha voluto che la protezione della persona priva in tutto o in parte di autonomia, diventi effettiva. Si è inteso ovviare al fenomeno diffuso dell inerzia del pubblico ministero relativamente alla promozione di interdizione e inabilitazione, aggiungendo quali titolati all iniziativa per l amministrazione di sostegno i servizi che hanno un compito istituzionale di protezione dei soggetti deboli e direttamente a conoscenza delle situazioni su cui intervenire. Il pubblico ministero è legittimato a promuovere l amministrazione di sostegno in quanto parte pubblica che interviene nella cause riguardanti la capacità delle persone (art. 70, comma 1, n. 3, cod. Proc. Civ.). Il fatto che la persona impossibilitata a provvedere ai propri interessi possa essere assistita da un amministratore di sostegno non attribuisce al pubblico ministero una mera facoltà di ricorso, dovendo egli attivarsi ogni volta che ne ravvisi le condizioni. La legittimazione ad attivare l amministrazione di sostegno dei responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona costituisce una novità in senso assoluto. Di norma i servizi sanitari e sociali hanno solo facoltà o doveri di segnalazione, di denuncia o di referto all autorità giudiziaria ma in questo caso i responsabili dei servizi richiamati, ove a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l apertura del procedimento, sono tenuti a presentare ricorso direttamente al giudice tutelare ovvero, in alternativa, a procedere alla 11 di 19

12 segnalazione al pubblico ministero (art. 406, comma 3, cod. Civ.). I servizi non possono invece ricorrere per promuovere l interdizione o l inabilitazione. Gli altri soggetti che possono presentare ricorso per l amministrazione di sostegno sono i parenti entro il quarto grado (ascendenti, zii, i cugini), il coniuge, gli affini entro il secondo grado (il coniuge di un genitore o di un nonno, i cognati, i generi e le nuore); ad essi si sono aggiunti i conviventi stabili del beneficiario, che possono meglio rendersi conto dei suoi bisogni. Infine lo stesso interessato, anche se minore di età ma ultradiciassettenne ed anche se interdetto o inabilitato, può proporre ricorso per l istituzione a suo favore di un amministrazione di sostegno, facendo prendere corpo dunque ad un diritto direttamente esigibile dal beneficiario. Poiché la procedura ha natura di volontaria giurisdizione, le parti private (parenti e affini, coniuge, conviventi, soggetto beneficiario) possono presentare ricorso personalmente; in alternativa, senza esserne obbligate, esse possono farsi rappresentare e difendere da un avvocato e, se lo vogliono e ne ricorrono le condizioni, è nei loro diritti richiedere il patrocino a spese dello stato. Anche i servizi possono depositare al giudice tutelare ricorso per l amministrazione di sostegno in proprio, senza dovere essere assistiti da una difensore tecnico. Il ricorso per l amministrazione di sostegno deve indicare, oltre che i dati del ricorrente, le generalità del beneficiario, la sua dimora abituale, le ragioni per cui si richiede la nomina dell amministratore, il nominativo e il domicilio (se conosciuti) del coniuge, dei discendenti, degli ascendenti, dei fratelli e dei conviventi del beneficiario (art. 407, comma 1, cod. Civ.). Essenziale è una esaustiva elencazione delle ragioni per cui si chiede l amministrazione di sostegno, al fine di individuare i bisogni della persona beneficiaria e i compiti di sostituzione e di assistenza che dovrebbero essere attribuiti all amministratore. Il ricorso perciò deve illustrare brevemente le infermità o le menomazioni della persona eventualmente con il corredo di una documentazione sanitaria, spiegare che per effetto di esse la persona non può provvedere in tutto o in parte ai propri interessi di cura e di buona amministrazione patrimoniale, indicare con chi la persona vive e quale è la sua situazione patrimoniale e reddituale, proporre le attività di sostituzione o di assistenza che potrebbero essere attribuite all amministratore. Le altre formalità del ricorso saranno poi aggiunte dal giudice tutelare, a seguito della richiesta di ulteriori informazioni e dopo l esperimento di altri accertamenti. Il ricorso presentato dai servizi sanitari o sociali potrebbe essere corredato da una relazione che racconti vicende personali e familiari, condizioni di salute, bisogni e desideri della persona interessata. Depositato l atto nella cancelleria del giudice tutelare del luogo dove la persona interessata ha residenza o domicilio, inizia il procedimento per l istituzione dell amministrazione di sostegno seguendo regole elementari (indicate dall art. 407 cod. Civ. E dall art. 720 bis cod. Proc. 12 di 19

13 Civ., che dispone l applicazione, in quanto compatibili, delle disposizioni degli art. 712, 713, 716, 719 e 720 cod. Proc. Civ.). Il ricorso ed il decreto andrebbero notificati in busta chiusa affinchè non siano portati a conoscenza del contenuto i terzi. È prevista obbligatoriamente l audizione della persona cui il procedimento si riferisce (a meno che questa non sia irreperibile) ed, ove occorra, il giudice tutelare deve recarsi nel luogo in cui si trova per sentirla (art. 407, comma 2, cod. Civ.). Comunque sia però prima di questa audizione ed in ogni momento, il giudice tutelare può anche d ufficio, se necessario, adottare i provvedimenti urgenti per la cura della persona interessata e l amministrazione del suo patrimonio (art. 405, comma 4 cod. Civ.), risultato che si realizza del resto, immediatamente dopo la sola presentazione del ricorso affinché siano assunti subito i provvedimenti necessari ed urgenti di protezione di una persona non autonoma e ciò ancora prima della sua audizione e dell emissione del decreto di nomina dell amministratore. Per la raccolta dei dati utili, affinché essi siano utilizzati per coadiuvare il giudice nella decisione, questi assume informazioni dal ricorrente, dai parenti e dai terzi citati e provvede, anche di ufficio, per lo svolgimento degli accertamenti di natura medica e gli altri mezzi istruttori ritenuti utili (art. 407, comma 3, cod. Civ.). Deve accertarsi quale sia la menomazione o l infermità che pregiudica il soggetto interessato, quali effetti abbia sulla sua capacità di agire, quali siano le sue residue capacità attuali di agire e come limitarle, nonché quale forma di sostegno gli potrebbe essere utile ed in quale modo amministrarne il patrimonio. Mentre nell interdizione tradizionale il giudice doveva rivolgersi essenzialmente alla competenza psichiatrica, nell amministrazione di sostegno è necessario soprattutto conoscere il contesto di vita, accertare le effettive disabilità sociali e le abilità residue o potenziali e definire quale progetto d integrazione sociale si deve sostenere e quali atti attribuire all amministratore. Occorre inoltre avere un quadro della situazione reddituale e patrimoniale del soggetto; a tal fine acquistano maggiore importanza le informazioni che pervengono dai parenti e dai servizi. Fra gli accertamenti nei casi più complessi o controversi rientra anche la consulenza tecnica medica ma cambia il quesito da porre, che nell articolazione delle domande deve comprendere anche la disabilità e il livello di autonomia residua del beneficiario, per il compimento di quali atti bisogna sostituirlo o sia sufficiente assisterlo e per quali invece possa agire da solo. Occorre capire non tanto il grado di capacità d intendere e di volere ma ciò che la persona sia in grado di fare. All esito della raccolta di queste informazioni il giudice tutelare, con decreto emanato entro sessanta giorni dal deposito del ricorso, istituisce l amministrazione di sostegno e provvede alla nomina dell amministratore (art. 405, comma 5, cod. Civ.). Seguendo il modello delle tutele, il giudice tutelare può anche provvedere con due decreti 13 di 19

14 separati, uno d istituzione dell amministrazione e l altro di nomina dell amministratore che deve avvenire secondo alcuni criteri predeterminati dalla legge (art. 408, comma 1, cod. Civ.). Lo stesso interessato può avere designato l amministratore in previsione della propria eventuale futura incapacità potendo però anche revocare in ogni successivo momento tale designazione. È evidentemente importante che l amministrato abbia come amministratore una persona di sua fiducia, da cui si senta accompagnato; in mancanza o disattendendo la stessa per gravi motivi, alla scelta dell amministratore provvede il giudice tutelare preferendo una persona giusta è fondamentale. La scelta va fatta con esclusivo riguardo alla cura e agli interessi della persona del beneficiario e quindi rivolta al soddisfacimento di bisogni che possono essere molto diversi ed esigere competenze ad attitudini conseguenti. La preferenza va di norma ai parenti e alla persona stabilmente convivente che per consuetudine di vita meglio possono svolgere le attività sostitutive di cura, privilegiando in questo modo la relazione affettiva, o alla persona indicata dal genitore superstite. Possono essere amministratori anche altre persone idonee, per individuarle e prepararle appare lodevole l iniziativa di corsi di formazione di amministratori di sostegno rivolti a volontari fra i quali il giudice tutelare possa attingere delle persone preparate e disponibili. Un alternativa interessante potrebbe essere seguire le indicazioni delle associazioni degli utenti dei servizi, che dovrebbero essere coinvolte. Infine, anche una delle persone elencate nel titolo ii del libro i cod. Civ. (artt cod. Civ.) Può essere scelta come amministratore, tale eventualità deve però essere riservata al caso in cui l attività sostituiva sia meramente un amministrazione di beni. Per l amministratore di sostegno valgono le cause di incapacità e dispensa previste per il tutore (art. 411, comma 1 cod. Civ., che richiama gli artt cod. Civ.). Il decreto deve indicare la durata dell incarico dell amministratore e pertanto dell amministrazione stessa, che può essere a tempo determinato o indeterminato. Il decreto determina l oggetto dell amministrazione, con l indicazione degli atti che l amministratore può o deve compiere in nome e per conto del beneficiario, di quelli che il beneficiario può compiere solo con l assistenza dell amministratore di sostegno e dei limiti di spese che l amministratore può sostenere con l utilizzo del denaro di cui il beneficiario dispone. Il giudice tutelare determina i contenuti dell amministrazione in modo che corrispondano alle sue finalità di protezione, decidendo d ufficio a prescindere dalle richieste delle parti (art. 407, comma 4, cod. Civ.). Egli può disporre che l amministratore sostituisca o assista il beneficiario nel compimento di qualsiasi atto in cui potrebbe sostituirlo un tutore o assisterlo un curatore con il solo limite che non può privare il beneficiario di ogni spazio di autonomia, in quanto il beneficiario può, in ogni caso, compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana 14 di 19

15 (art. 409, comma 2, cod. Civ.). Il giudice tutelare può anche allargare l ambito di protezione disponendo che determinati effetti, limitazioni o decadenze, previsti da disposizioni di legge per l interdetto o l inabilitato, si estendano al beneficiario dell amministrazione di sostegno, avuto riguardo all interesse del medesimo e a quello tutelato dalle predette disposizioni (art. 411, comma 4, cod. Civ.). Perciò anche nell amministrazione di sostegno, quando il giudice tutelare lo dispone ritenendo che ne sia il caso, possono operare divieti, come quelli di contrarre matrimonio o di fare testamento. Una volta iniziata la procedura dell amministrazione di sostegno ci sono alcuni aspetti da sottolineare, ad esempio che l amministratore presta sempre giuramento (art, 411, comma 1, cod. Civ., che richiama l art. 349 cod. Civ.) Mentre non deve procedere all inventario a meno che il decreto lo disponga (ex art. 411, comma 4, cod. Civ.), inoltre il giudice tutelare segue la gestione attraverso le relazioni che gli pervengono con la periodicità determinata nel decreto istitutivo dell amministrazione e in ogni momento può convocare l amministratore allo scopo di chiedere informazioni, chiarimenti e notizie sulla gestione dell amministrazione e dare istruzioni inerenti agli interessi morali e materiali del beneficiario (art. 44, disp. Att. Cod. Civ.). Inoltre, il provvedimento istitutivo è flessibile nei suoi contenuti lungo il periodo temporale della sua applicazione. Il giudice tutelare può modificare o integrare, in ogni momento e anche d ufficio, le decisioni assunte (artt. 407, comma 4; 411, comma 4, cod. Civ.), fino a potere pervenire alla sostituzione dell amministratore (art. 413, comma 1, cod. Civ.) E, in determinate situazioni, al suo esonero, sospensione o rimozione (art. 411, comma 1 cod. Civ., che rinvia agli artt cod. Civ.). Ogni volta che il giudice tutelare ponga in essere una tale attività la persona cui il procedimento si riferisce deve essere necessariamente sentita. Per concludere quest analisi anche molto dettagliata dell amministrazione di sostegno, è necessario fare un cenno sulla natura degli atti compiuti nel corso e che siano riferibili al beneficiario, in quanto essi hanno un regime diverso in considerazione della loro natura. Per gli atti non compresi nell amministrazione, il beneficiario conserva la piena capacità di agire (art. 409, comma 1 cod. Civ.) In relazione a quelli diretti a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana (art. 409, comma 2 cod. Civ.). Mentre per compierne degli altri, deve essere necessariamente assistito dall amministratore di sostegno (art. 405, comma 6, n. 4 cod. Civ.). Ci sono poi altri atti che il beneficiario non può compiere e che in sua vece può porre in essere l amministratore di sostegno quale rappresentante esclusivo (art. 405, comma 6, n. 3 cod. Civ.); infine, per il compimento degli atti più potenzialmente pregiudizievoli per il patrimonio che siano compresi nell amministrazione e rientrino fra quelli elencati negli artt. 375 e 376 cod. Civ., l amministratore deve essere specificamente autorizzato dal giudice tutelare (art. 411, comma 1, 15 di 19

16 cod. Civ.). Se però l amministrazione è stata istituita per quel fatto specifico (come riscuotere la pensione ogni mese, vendere un bene, ecc.), nel decreto di istituzione è già compresa l autorizzazione per quell atto. Sono nulle le disposizioni patrimoniali del beneficiario dell amministrazione a favore dell amministratore, anche se fatte sotto nome di interposta persona (art, 411, comma 2, cod. Civ.) Ma sono valide le disposizioni testamentarie e le convenzioni fatte dall amministrato a favore dell amministratore che sia coniuge, parente entro il quarto grado o persona che sia stata chiamata alla funzione in quanto stabilmente convivente (art. 411, comma 3, cod. Civ.). Affinché sia assicurata la correttezza delle relazioni con i terzi, l amministrazione di sostegno è soggetta ad un regime di pubblicità, infatti la sua apertura e chiusura sono annotate in margine dell atto di nascita del beneficiario; i decreti di apertura, di modifica e di chiusura sono iscritti in un apposito registro costituito presso il tribunale (art. 405, commi 7 e 8, cod. Civ.) Così che il terzo, che dall atto di nascita abbia notizia dell esistenza di un amministrazione, può quando ne abbia interesse, conoscere dal registro costituito presso il tribunale quali atti il beneficiario dell amministrazione possa compiere da solo, per quali invece debba essere assistito e quali ancora debbano essere svolti dall amministratore di sostegno. 16 di 19

17 4 Il mantenimento del minore Come abbiamo già avuto modo di sostenere, il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole (articolo 147 c.c. E 30 cost) e gli stessi sono tenuti ad adempiere tale obbligazione in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale e casalingo (articolo 148, comma i, codice civile). Tale contenuto in un certo qual modo viene rimarcato anche dal novellato art.155 c.c. Co. 4, introdotto con la legge 8 febbraio 2006 n. 54 e che ha previsto che, salvo diversi accordi tra i coniugi, ciascuno dei genitori debba provvedere al mantenimento del figlio in misura proporzionale al reddito percepito. L art. 155 c.c co. 4 recita segnatamente che salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:1) le attuali esigenze del figlio; 2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori; 3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore;4) le risorse economiche di entrambi i genitori; 5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore; l assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice. Dunque ciò che si è voluto specificamente prevedere, individuare e disciplinare rispetto al passato, è l elencazione di quegli elementi che devono guidare la scelta del giudice nella quantificazione dell'assegno periodico in favore della prole minore di età o non autosufficiente. Infatti la disposizione di cui all'art. 4 della legge 8 febbraio 2006 n. 54 si applica non solo con riferimento al giudizio di separazione ma anche a quello di divorzio ed altresì nei procedimenti relativi "ai figli di genitori non coniugati" e, naturalmente, anche all'ipotesi in cui venga disposto l'affidamento ad un solo genitore in luogo dell'affidamento condiviso. In uno alle spese ordinarie, il genitore non collocatario dovrà essere tenuto anche al versamento mensilmente delle spese straordinarie (come quelle scolastiche, ricreative, mediche, sportive o per le vacanze). Il giudice può anche stabilire un assegno a favore dei figli maggiorenni, da versare a loro direttamente, quando non abbiano adeguati redditi propri. L'art. 155-quater del codice civile stabilisce che l'interesse dei figli è anche determinante per stabilire a quale dei coniugi sarà assegnato il godimento della casa familiare. In particolare, un riferimento va fatto anche con riguardo al caso del figlio maggiorenne che abbandona il lavoro e per il quale la cassazione ha previsto che in taluni casi come quello evocato, il genitore tenuto al versamento di un assegno possa solo chiedere la riduzione dell'importo. La corte 17 di 19

18 ha ribadito il principio secondo cui l'obbligo dei genitori di concorrere tra loro al mantenimento dei figli secondo le regole dell'articolo 148 c.c. Non cessa, "ipso facto", con il raggiungimento della maggiore età da parte di questi ultimi, ma perdura, immutato, finché il genitore interessato alla declaratoria della cessazione dell'obbligo stesso non dia la prova che il figlio ha raggiunto l'indipendenza economica, ovvero che il mancato svolgimento di un'attività economica dipende da un atteggiamento di inerzia ovvero di rifiuto ingiustificato dello stesso. Il predetto accertamento non può che ispirarsi a criteri di relatività, in quanto necessariamente ancorato alle aspirazioni, al percorso scolastico, universitario e post universitario del soggetto ed alla situazione attuale del mercato del lavoro, con specifico riguardo al settore nel quale il soggetto abbia indirizzato la propria formazione e la propria specializzazione(cass.15756/ / /02). Il mantenimento del figlio maggiorenne convivente è da escludere quando quest'ultimo, ancorché allo stato non autosufficiente economicamente, abbia in passato espletato attività lavorativa, cosi dimostrando il raggiungimento di un'adeguata capacità e determinando la cessazione del corrispondente obbligo di mantenimento da parte del genitore, atteso che non può avere rilievo il successivo abbandono dell'attività lavorativa da parte del figlio, trattandosi di una scelta che, se determina l'effetto di renderlo privo di sostentamento economico, non può far risorgere un obbligo di mantenimento i cui presupposti erano già venuti meno, ferma restando invece l'obbligazione alimentare, fondata su presupposti affatto diversi e azionabile direttamente dal figlio e non già dal genitore convivente. (cassazione 12477/04, 26259/05). 18 di 19

19 Bibliografia A.Bucciante, La potestà dei genitori in trattato di diritto privato-a cura di rescigno, 1997 B. De filippis, G.Casaburi, Il giudice tutelare, padova, 1999 Mazzacane, La giurisdizione volontaria, nell attività notarile, Roma M. Sesta, La responsabilità nelle relazioni familiari. Utet giuridica Bonilini, Il diritto di famiglia- filiazione e famiglia (utet) Bianca-Busnelli Norme sulla tutela sociale della maternità e sull interruzione della gravidanza Dogliotti, La procreazione medicalmente assistita Cendon, Trattato breve dei nuovi danni (padova 2001) 19 di 19

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