Finanziamenti dei soci e particolarità nelle società cooperative

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1 DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO. OPINIONI n Società cooperative Finanziamenti dei soci e particolarità nelle società cooperative di Valerio Sangiovanni Una fra le più significative novità apportate dalla riforma del diritto societario del 2003 è l introduzione di una disposizione sui finanziamenti dei soci nelle s.r.l. In questo articolo si indaga se e con quali particolarità questanormasiaapplicabileallesocietàcooperative. Introduzione e riferimenti normativi Una delle novità più significative della riforma del diritto societario del 2003 (1) è l introduzione di una disposizione apposita per regolare i finanziamenti erogati dai soci a favore della s.r.l. (2). L art c.c. stabilisce innanzitutto che «il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito» (art. 2467, comma 1, c.c.). La disposizione continua stabilendo che «ai fini del precedente comma s intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento» (art. 2467, comma 2, c.c.) (3). L idea, su cui si fonda la nuova disciplina, è che i finanziamenti dei soci alla società si avvicinano - dal punto di vista economico - ai conferimenti che vanno a formare il capitale sociale. Entrambi gli apporti servono difatti a mettere a disposizione della società quelle risorse che consentono alla s.r.l. di svolgere la propria attività e di attuare così l oggetto sociale. Capitale e finanziamenti dei soci, pur provenendo dagli stessi soggetti (i soci) e pur avendo la stessa finalità (il finanziamento della società), non vengono però posti sullo stesso piano dal punto di vista della disciplina legislativa. La differenza principale fra capitale e finanziamenti consiste nel fatto che il capitale - di norma - non può essere restituito ai soci, mentre i prestiti - in condizioni normali - sono preordinati alla restituzione ai quo- (1) Fra i numerosi contributi apparsi sulla s.r.l. dopo la riforma del 2003 si segnalano P. Benazzo, L organizzazione nella nuova s.r.l. fra modelli legali e statutari, inquestarivista, 2003, 1062 ss.; G. Lo Cascio, La riforma delle società a responsabilità limitata e le procedure concorsuali, in Fall., 2005, 237 ss.; E. Loffredo - G. Racugno, Società a responsabilità limitata, ingiur. comm., 2008, II, 241 ss.; A. Patti, I diritti dei soci e l assemblea nella nuova disciplina della s.r.l., in questa Rivista, 2005, 440 ss.; V. Salafia, Il nuovo modello di società aresponsabilità limitata, ivi, 2003, 5 ss.; K. Deckert - V. Sangiovanni, Der GmbH-Geschäftsführer in Italien, Frankreich und Deutschland, inzeitschrift für Vergleichende Rechtswissenschaft (ZVglRWiss), 2008, 164 ss.; V. Sangiovanni, La revoca degli amministratori nella s.r.l. italiana e nella GmbH tedesca, in questa Rivista, 2008, 372 ss.; V. Sangiovanni, La revoca degli amministratori di s.r.l., ivi, 2007, 1328 ss.; V. Sangiovanni, La revoca dell amministratore di s.r.l., ingiur. mer., 2007, 1381 ss.; V. Sangiovanni, Die Abberufung der GmbH-Geschäftsführer nach italienischem Recht, ingmbh-rundschau (GmbHR), 2007, 1264 ss.; V. Sangiovanni, Die Neuregelung der Geschäftsführung in der italienischen società a responsabilità limitata, ivi, 2006, 1316 ss.; G. Zanarone, Introduzione alla nuova società a responsabilità limitata, inriv. soc., 2003, 58 ss. (2) In tema di finanziamenti dei soci cfr. Assonime, Il finanziamento della Società a responsabilità limitata, Circolare n. 40, 17 luglio 2007; I. Capelli, I crediti dei soci nei confronti della società e il rimborso dei finanziamenti dei soci dopo la riforma, inriv. dir. priv., 2005, 99 ss.; C. Esposito, Il «sistema» delle reazioni revocatorie alla restituzione dei finanziamenti postergati ex art. 2467: il coordinamento «possibile» tra la norma del codice ed il corpo fallimentare, inf. Di Marzio (a cura di), Il nuovo diritto della crisi di impresa e del fallimento, Torino, 2006, 168 ss.; D. Finardi, Rimborsabilità delle erogazioni dei soci tra mutuo e capitale di rischio, in questa Rivista, 2006, 596 ss.; R. Guarino, Ifinanziamenti dei soci, invita not., 2006, 948 ss.; A. Picchione, Sulla natura giuridica delle operazioni a fondo perduto e dei finanziamenti a favore della società, inriv. not., 2007, II, 429 ss.; A. Postiglione, La nuova disciplina dei finanziamenti dei soci di s.r.l.: dubbi interpretativi e limiti applicativi, in questa Rivista, 2007, 929 ss.; V. Salafia, I finanziamenti dei soci alla società a responsabilità limitata, ivi, 2005, 1077 ss.; V. Sangiovanni, I finanziamenti dei soci nella s.r.l., ingiur. mer., 2008, 421 ss.; V. Sangiovanni, Darlehen der Gesellschafter und Insolvenz der GmbH im italienischen Recht, inzeitschrift für das gesamte Insolvenzrecht (ZInsO), 2008, 298 ss.; V. Sangiovanni, Finanziamenti dei soci di s.r.l. e fallimento della società, infall., 2007, 1393 ss.; G. Spaltro, Vecchie e nuove problematiche in materia di finanziamento dei soci, ivi, 2006, 1267 ss. (3) Si tratta di disposizioni simili, ma non identiche, a quelle previste nell ordinamento tedesco ai 32a e 32b GmbHG (Gesetz betreffend die Gesellschaften mit beschränkter Haftung, legge sulle società a responsabilità limitata). Sulla disciplina germanica dei finanziamenti dei soci di s.r.l. sia consentito il rinvio a V. Sangiovanni, Finanziamenti dei quotisti di s.r.l. tedesca (GmbH) alla società e insolvenza della società, incontratto e impresa/ Europa, 2006, 329 ss LE SOCIETA N. 10/2008

2 n DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO. OPINIONI tisti. L indebita restituzione dei conferimenti realizza addirittura una fattispecie penale: l art c.c. prevede che «gli amministratori che, fuori dei casi di legittima riduzione del capitale sociale, restituiscono, anche simulatamente, i conferimenti ai soci o li liberano dall obbligo di eseguirli, sono puniti con la reclusione fino ad un anno». Il socio vanta invece, in relazione ai finanziamenti, un diritto alla restituzione. La tempistica del rimborso dipende dalle condizioni contrattuali che sono state pattuite fra quotista e società: può trattarsi di un finanziamento a breve, medio oppure lungo termine. Alla scadenza del periodo concordato, però, il socio ottiene il rimborso del finanziamento. Il diritto del socio alla restituzione del finanziamento conosce, ai sensi dell art. 2467, comma 1, c.c., un importante limitazione nei casi in cui il prestito può essere qualificato come «anomalo» (o «anormale» o «patologico»). In queste ipotesi il quotista non può ottenere il rimborso delle somme date in prestito alla società se non dopo che sono stati soddisfatti i creditori sociali. Nel caso, poi, di dichiarazione di fallimento della società, l eventuale rimborso del finanziamento deve essere restituito alla s.r.l. ed entra così a far parte della massa fallimentare, vale a dire di quelle risorse preordinate a soddisfare in primis i creditori sociali. Lo scopo di questo articolo è d indagare con quali particolarità l art c.c. trovi applicazione alle società cooperative (4). Mentre è frequente in dottrina la domandasetaledisposizionepossa applicarsi alle s.p.a., è - al contrario - poco trattata la questione dell applicabilità di tale norma alle cooperative. Nella disciplina della società cooperativa non si rinvengono regole espresse in materia né si trovano richiami espliciti all art c.c. L esame in merito all applicabilità dell art c.c. alle società cooperative deve partire dall art c.c., che stabilisce le norme applicabili alle cooperative. L art. 2519, comma 1, c.c. prevede che «alle società cooperative, per quanto non previsto dal presente titolo, si applicano in quanto compatibili le disposizioni sulla società per azioni». E tuttavia «l atto costitutivo può prevedere che trovino applicazione, in quanto compatibili, le norme sulla società a responsabilità limitata nelle cooperative con un numero di soci cooperatori inferiori a venti ovvero con un attivo dello stato patrimoniale non superiore ad un milione di euro» (art. 2519, comma 2, c.c.). Alle società cooperative possono dunque, a certe condizioni, trovare applicazione le disposizioni sulle s.r.l. La norma appena riportata non dice però quali regole trovino applicazione e, quindi, nemmeno se si applichi l art c.c. L art. 2519, comma 2, c.c. contiene però limitazioni di carattere dimensionale. Le norme che caratterizzano il tipo s.r.l. sono applicabili, previa scelta statutaria in tal senso, solo alle piccole cooperative: quelle che hanno un numero di soci cooperatori inferiori a venti ovvero un attivo non superiore a un milione di euro. L art c.c. si applica a tali cooperative. Un ultima notazione di carattere introduttivo. Lo strumento dei finanziamenti dei soci conosce un ampia diffusione sia nelle s.r.l. sia nelle società cooperative. Secondo i dati recentemente riportati da un quotidiano economico, vi sono in Italia soci finanziatori di società cooperative, che hanno concesso prestiti per di euro (5). Mediamente il finanziamento erogato da ciascun socio ha dunque un valore di poco superiore ai euro. La nozione di «finanziamento» L art c.c. stabilisce cosa si debba intendere per «finanziamento» del socio. Per finanziamenti a favore della società s intendono «quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento» (art. 2467, comma 2, c.c.). Un elemento che caratterizza la nozione di «finanziamento», anche se la circostanza non viene riportata nella definizione di legge appena riportata, è l obbligo in capo alla società di restituire ai soci la dazione. L assenza di obbligo di restituzione (anzi: addirittura la previsione di un divieto di restituzione: art c.c.) fa sì che i conferimenti effettuati a titolo di capitale non possano essere qualificati come «finanziamenti» ai sensi dell art c.c. (6). Quando è stato eseguito un aumento di capitale mediante nuovi conferimenti nel rispetto delle regole che disciplinano tale procedura (art bis c.c.), non vi sono dubbi che le somme conferite costituiscono capitale e non rientrano nell ambito di applicazione dell art c.c. In senso generico anche i conferimenti sono una forma di finanziamento (nel senso di dazione di valori patrimoniali), ma - alla luce della loro precisa configurazione legislativa (in primis il divieto di restituzione) - non possono essere considerati quali finanziamenti per gli effetti dell art c.c. La legge continua chiarendo che i finanziamenti possono essere effettuati in qualsiasi forma. Il caso tipico è la stipulazione di un contratto di mutuo (artt ss. c.c.). Socio e società concludono un contratto in forza del quale il quotista, come mutuante, mette a disposizione della s.r.l., come mutuataria, una certa somma di da- (4) Un esempio di clausole statutarie relative ai finanziamenti di soci di società cooperative è proposto da G. Petrelli, Formulario notarile commentato, IV vol., tomo I, Milano, 2006, 249 ss. La materia dei prestiti dei soci è interessante anche dal punto di vista fiscale. Sui profili tributari cfr. G. Ferranti, I finanziamenti dei soci tra riforma societaria e fiscale, incorr. trib., 2003, 93 ss.; A. Sarti, Thin capitalization e finanziamenti dei soci cooperatori, innon Profit, 2005, 89 ss. (5) F. Pavesi, Quei rendimenti sotto i BoT per i soci-banchieri di Coop, inil Sole-24 Ore, 29 settembre 2007, 10. (6) G. Presti, Commento all art. 2467, in P. Benazzo - S. Patriarca (a cura di), Codice commentato delle s.r.l., Milano 2006, 107. LE SOCIETA N. 10/

3 DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO. OPINIONI n naro, convenendosi fra le parti che tale importo dovrà essere restituito a una certa scadenza. Anche nella società cooperativa il rapporto che si instaura fra socio che finanzia e società che viene finanziata è da considerarsi come contratto di mutuo. Bisogna tuttavia evidenziare che, secondo alcuni autori, il rapporto fra socio e cooperativa andrebbe meglio qualificato come deposito irregolare (art c.c.) (7). Si tratta peraltro di disposizione del codice civile che richiama le norme relative al mutuo (art. 1782, comma 2, c.c.). L esatta qualificazione del rapporto non ha comunque particolare rilevanza nel contesto in esame, atteso che l art. 2467, comma 2, c.c. comprende i finanziamenti «in qualsiasi forma effettuati». Infine, si osservi che la previsione d interessi come contro-prestazione per la corresponsione del finanziamento non incide sulla nozione di prestito e dunque sull applicabilità dell art c.c. (8). Astrattamente si possono realizzare le seguenti fattispecie: 1) finanziamento con tasso d interesse di mercato; 2) finanziamento con tasso superiore a quello di mercato; 3) finanziamento con tasso inferiore a quello di mercato; 4) finanziamento senza interessi. In tutti questi casi ricorre comunque un finanziamento ai sensi dell art c.c. In assenza di apposite pattuizioni fra le parti, fra l altro, dovrebbe ritenersi applicabile l art c.c., secondo cui il mutuatario (la «società», nel caso di specie) deve corrispondere gli interessi al mutuante (il «socio»). Ma anche laddove il finanziamento fosse a titolo gratuito, la dazione di una somma di danaro con l obbligo di restituire il solo «capitale» configura un finanziamento per i fini che qui interessano. La nozione di finanziamento dettata dall art c.c. per le s.r.l. dovrebbe trovare applicazione anche alle società cooperative. Anzitutto le società cooperative possono fallire (art terdecies c.c.) (9). Inoltre non vi sono disposizioni che vietino ai soci delle stesse di effettuare dei finanziamenti a favore della società. Si pongono allora, anche nel contesto delle cooperative, tutte le problematiche sollevate dall art c.c. Finanziamenti dei soci e raccolta del risparmio I prestiti dei soci sono uno strumento di finanziamento della società. Si pone allora la questione se essi possano configurare raccolta del risparmio ai sensi del diritto bancario. L art. 11, comma 1, D.Lgs. n. 385/1993 stabilisce che «ai fini del presente decreto legislativo è raccolta del risparmio l acquisizione di fondi con obbligo di rimborso, sia sotto forma di depositi sia sotto altra forma». Se ci si fermasse a questa disposizione, si potrebbe concludere che i finanziamenti societari configurano raccolta del risparmio. E la raccolta del risparmio è assoggettata a importanti limiti. La legge stabilisce in particolare che «la raccolta del risparmio tra il pubblico è vietata ai soggetti diversi dalle banche» (art. 11, comma 2, D.Lgs. n. 385/1993). Al fine però di comprendere la reale portata del divieto di raccolta del risparmio da parte di soggetti diversi dalle banche, occorre porre attenzione a quanto dispone il successivo comma 3 dell art. 11 D.Lgs. n. 385/1993, secondo cui «il CICR stabilisce limiti e criteri, anche con riguardo all attività ed alla forma giuridica del soggetto che acquisisce fondi, in base ai quali non costituisce raccolta del risparmio tra il pubblico quella effettuata presso specifiche categorie individuate in ragione di rapporti societari o di lavoro» (10). La Banca d Italia ha decretato che non costituisce raccolta di risparmio fra il pubblico l acquisizione di fondi presso soci, dipendenti o società del gruppo (Titolo IX, Capitolo 2, Sezione III delle istruzioni) (11). Allo stesso modo il CICR ha stabilito che non costituisce raccolta del risparmio fra il pubblico quella effettuata presso soci, dipendenti o società del gruppo (art. 2, comma 2, della deliberazione n. 1058/2005) (12). Il finanziamento del socio va poi tenuto distinto da quei casi in cui il titolare della partecipazione sociale, a fronte della dazione di una certa somma di danaro, riceve in cambio uno strumento finanziario di raccolta. Le Banca d Italia definisce gli «strumenti finanziari di raccolta» come «le obbligazioni, i titoli di debito e gli altri strumenti finanziari che, comunque denominati e a prescindere dall eventuale attribuzione di diritti amministrativi, contengono un obbligo di rimborso» (Titolo IX, Capitolo 2, Sezione I delle istruzioni). La raccolta mediante emissione di strumenti finanziari è regolata in un apposita Sezione delle istruzioni della Banca d Italia (Sezione IV), ove si chiarisce che per «le società are- (7)Cfr.,sulpunto,A.Sarti,op. cit., 95 ss. (8) In questo senso anche P. Menti, Commento all art. 2467, ing. Cian - A. Trabucchi (a cura di), Commentario breve al codice civile, VIIIed.,Padova, 2007, (9) Sul fallimento delle cooperative cfr. G. Fauceglia, Brevi osservazioni sulla dichiarazione di fallimento delle società cooperative, indir. fall., 2003, II, 1071 ss. Anche i soci di cooperativa possono fallire: da ultimo, in tema, v. R. Rordorf, Fallimento del socio di cooperativa: il credito per la liquidazione della quota non è compensabile con quelli della società, infall., 2007, 400 ss. Il caso, però, del fallimento del socio di cooperativa è diverso da quello che qui interessa (fallimento della società). (10) Le disposizioni di attuazione dell art. 11 D.Lgs. n. 385/1993 sono contenute in CICR, deliberazione n. 241 del 22 febbraio 2006, in G.U. n. 68, del 22 marzo 2006; CICR, deliberazione n del 19 luglio 2005, in G.U. n. 188, del 13 agosto (11) Il Titolo IX, Capitolo 2, delle istruzioni della Banca d Italia è pubblicato in G.U. n. 96 del 26 aprile 2007, 108 ss. Il Capitolo 2 si divide nelle seguenti Sezioni: Sezione I (disposizioni di carattere generale); Sezione II (raccolta del risparmio); Sezione III (raccolta del risparmio fra il pubblico); Sezione IV (raccolta mediante emissione di strumenti finanziari); Sezione V (raccolta del risparmio presso soci); Sezione VI (raccolta del risparmio presso dipendenti); Sezione VII (raccolta nell ambito di gruppi), Sezione VIII (raccolta delle società finanziarie). (12) La deliberazione CICR n. 1058/2005 si divide in Sezioni, dedicate rispettivamente a: Sezione I (disposizioni di carattere generale: artt. 1-2); Sezione II (raccolta mediante emissioni di strumenti finanziari: artt. 3-5); Sezione III (raccolta presso soci, dipendenti e nell ambito di gruppi: artt. 6-8); Sezione IV (società finanziarie: art. 9); Sezione V (Disposizioni finali: artt ) LE SOCIETA N. 10/2008

4 n DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO. OPINIONI sponsabilità limitata e le cooperative alle quali si applicano le norme sulla società a responsabilità limitata, le emissioni di strumenti finanziari di raccolta sono consentite in osservanza di quanto disposto rispettivamente dagli artt (sottoscrizione da parte di investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale) e 2526 (sottoscrizione da parte di investitori qualificati degli strumenti privi di diritti amministrativi) del codice civile». Similmente il CICR ha stabilito che «costituiscono strumenti finanziari di raccolta del risparmio le obbligazioni, i titoli di debito e gli altri strumenti finanziari che, comunque denominati e a prescindere dall eventuale attribuzione di diritti amministrativi, contengono un obbligo di rimborso» (art. 3 della deliberazione n. 1058/2005). La Banca d Italia ha chiarito che «le società possono raccogliere risparmio presso soci, con modalità diverse dall emissione di strumenti finanziari», purché tale facoltà sia prevista nello statuto (Titolo IX, Capitolo 2, Sezione V delle istruzioni). Similmente il CICR ha stabilito che «le società possono raccogliere risparmio presso soci, con modalità diverse dall emissione di strumenti finanziari, purché tale facoltà sia prevista nello statuto» (art. 6, comma 1, della deliberazione n. 1058/2005). L art c.c. non richiede che il finanziamento dei soci sia previsto nello statuto. Nemmeno l art c.c. sul contenuto dell atto costitutivo di s.r.l. prevede qualcosa al riguardo. Allo stesso modo l art c.c., relativo al contenuto dell atto costitutivo delle società cooperative, non richiede che il finanziamento dei soci sia previsto statutariamente. Dal punto di vista della disciplina di rango primario è dunque possibile che la società sia finanziata dai propri soci anche in assenza di un apposita previsione statutaria. Le disposizioni regolamentari della Banca d Italia e del CICR aggiungono però il requisito della previsione statutaria. Lo squilibrio dell indebitamento rispetto al patrimonio netto L art c.c. utilizza la nozione di «squilibrio dell indebitamento rispetto al patrimonio netto». Bisogna dunque porre a confronto indebitamento e patrimonio netto. Su un piatto della bilancia vanno poste le risorse «proprie» della società e sull altro le risorse «terze», di cui la s.r.l. dispone in forza di un rapporto di debito. Anche quando la società è eccessivamente indebitata, il legislatore non impone un iniezione di capitale. È vero che in materia di s.r.l. si prevede la necessità di un capitale minimo di euro (art. 2463, comma 2, n. 4, c.c.), ma - fatta salva la necessità di tale capitale minimo - non vi è per il resto una disposizione che imponga un collegamento fra importo del capitale e natura dell attività esercitata. In caso di bisogno di risorse non vi è dunque la necessità di aumentare il capitale e i soci possono effettuare semplici finanziamenti. Essi devono tuttavia essere consapevoli che, stante l art. 2467, comma 1, c.c., la gestione di tali prestiti cessa di essere libera, in quanto le somme versate a titolo di mutuo diventano vincolate alla previa soddisfazione dei creditori sociali. Questi principi valgono, in linea di massima, anche nella società cooperativa. In questo tipo societario bisogna però tenere presente la particolarità che il capitale sociale non è determinato in un ammontare prestabilito (art. 2524, comma 1, c.c.). Si possono dunque presentare difficoltà aggiuntive nel calcolo del rapporto fra indebitamento e patrimonio netto. Di centrale rilevanza è il momento in cui il finanziamento viene concesso dai soci alla s.r.l. Occorre valutare se la società, il giorno rilevante, si trovava in una situazione di eccessivo squilibrio. La valutazione va effettuata ex ante, collocandosi dal punto di vista in cui si trovavano i soci quando hanno concesso il finanziamento. La domanda da porsi è la seguente: i quotisti sarebbero stati disposti a partecipare a un aumento di capitale in quel dato momento oppure, valutato il rischio di perdere le somme conferite, non lo avrebbero sottoscritto? In caso negativo i soci - dal punto di vista del legislatore - si sono comportati scorrettamente, poiché hanno cercato di ridurre il rischio imprenditoriale utilizzando lo strumento del finanziamento invece di quello del conferimento. L elemento «tempo» del finanziamento è dunque essenziale e ha conseguenze sulla esatta qualificazione dei prestiti dei soci. Sarebbe errato ritenere che tutti i finanziamenti dei quotisti non sono rimborsabili in presenza di creditori sociali insoddisfatti. Va operata una distinzione basata sul momento in cui il prestito è erogato. Se in quel dato momento non vi era un eccessivo squilibrio, il prestito è «fisiologico» (o «normale» od «ordinario») e deve ritenersi che i soci possano chiederne la restituzione. La soluzione è diversa se la società presentava una situazione di eccessivo squilibrio. In definitiva i finanziamenti dei soci vanno suddivisi in due categorie: 1) finanziamenti «fisiologici» o «normali» od «ordinari» e 2) finanziamenti «anomali» o «anormali» o «patologici». Tali aggettivi si riferiscono peraltro non tanto alle caratteristiche del prestito (ad esempio tasso d interesse), che possono anche essere del tutto comuni e in linea con la prassi di mercato, bensì alla situazione in cui versava la s.r.l. nel momento dell erogazione (13). Non è chiaro il significato del termine utilizzato dalla legge di: finanziamenti «concessi». Basta che il prestito sia stato «promesso» dal socio oppure è necessario che le relative somme siano giunte nelle casse della società? Si immagini che un quotista prometta alla s.r.l. in data 10 dicembre 2008 un finanziamento, in un momento in cui la società non presenta una situazione di eccessivo squilibrio. Si immagini poi che - nei mesi successivi - la situazione peggiori e, quando il prestito viene effetti- Nota: (13) Cfr. G. Presti, op. cit., 104 (nota 17). LE SOCIETA N. 10/

5 DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO. OPINIONI n vamente erogato dal socio alla s.r.l. (si supponga sei mesi più tardi, il 10 giugno 2009), la società presenti una situazione di eccessivo squilibrio. In una fattispecie del genere diventa decisivo stabilire se la «concessione» del finanziamento sia avvenuta nel momento della promessa oppure nel momento del pagamento. Nel primo caso difatti il prestito deve considerarsi fisiologico (mancava l eccessivo squilibrio), nel secondo caso invece patologico (per la presenza dell eccessivo squilibrio). Nella prima ipotesi il socio può chiedere la restituzione del finanziamento, nella seconda no finché non sono soddisfatti i creditori sociali. Pare preferibile la soluzione per cui decisivo dovrebbe essere il momento dell effettivo pagamento rispetto a quello della promessa. In favore di questa circostanza milita l argomento che, altrimenti, la disposizione in esame si presterebbe a facili fenomeni elusivi (14). Detto chiaramente: qualsiasi s.r.l. avrebbe la possibilità di svuotare di ogni contenuto l art c.c. Basterebbe, agli inizi dell attività sociale (quando non sussiste una situazione di eccessivo squilibrio fra indebitamento e patrimonio netto), che i soci promettessero di effettuare finanziamenti senza determinarne la data precisa. In questo modo i futuri prestiti verrebbero qualificati una tantum come «normali», legittimando così la possibilità di trascurare un successivo peggioramento della situazione della società, a tutto danno dei creditori sociali. Sulla base di questa considerazione si deve dunque ritenere che il finanziamento è «concesso», ai sensi e per gli effetti dell art c.c., quando il danaro viene trasferito sui conti della s.r.l. e non prima. Non va poi ignorata un altra situazione che può realizzarsi nella prassi. Si immagini che il finanziamento venga concesso quando la società non presenta una condizione di eccessivo squilibrio fra indebitamento e patrimonio netto. Successivamente si verifica però un peggioramento della situazione finanziaria della s.r.l. Come deve essere qualificato, nel suo complesso, tale finanziamento: come fisiologico oppure come patologico? Dal punto di vista formale è fisiologico, poiché è stato concesso quando la società non versava in una situazione di eccessivo squilibrio. Tuttavia, dal punto di vista sostanziale, il comportamento del socio si avvicina a quello di un soggetto che finanzia la s.r.l. in un momento in cui la stessa si trova in difficoltà finanziaria. Si potrebbe cioè ritenere che la condotta del quotista (che non chiede la restituzione del finanziamento nel momento del subentro della crisi) equivalga alla seguente duplice operazione: il socio chiede alla società la restituzione del prestito (il quale gli viene fittiziamente restituito), salvo - allo stesso tempo - concederlo nuovamente (e fittiziamente) alla stessa s.r.l. A condizioni del genere esistono forse gli estremi per affermare che il finanziamento (più correttamente: la proroga del finanziamento; ancora più correttamente: la mancata immediata richiesta di restituzione del finanziamento) sia avvenuto in presenza di una situazione di eccessivo squilibrio. Ne conseguirebbe l effetto che il rimborso del finanziamento è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori sociali (15). In senso contrario a questa tesi si afferma che ragioni di certezza del diritto imporrebbero di non dare rilievo a un successivo peggioramento della situazione della società (16). Può essere utile segnalare, al riguardo, che nell ordinamento tedesco viene accolta la prima tesi (17). Si ritiene cioè, in tale sistema giuridico, che il socio che - a fronte di un peggioramento della situazione finanziaria della società - non chiede la restituzione del finanziamento implicitamente accetta di finanziare la s.r.l. in un momento di crisi. La «eccessività» dello squilibrio Lo squilibrio fra indebitamento e patrimonio netto deve essere «eccessivo» per produrre gli effetti di cui all art c.c. La nozione di «eccessività» non è definita dal legislatore, quantomeno in modo espresso nel contesto della disposizione in esame, e spetta dunque alla giurisprudenza attribuirvi un significato. La situazione di «eccessivo squilibrio» fra indebitamento e patrimonio netto non coincide con lo stato d insolvenza della società. Lo stato d insolvenza «si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni» (art. 5, comma 2, l.fall.). L eccessivo squilibrio fra indebitamento e patrimonio netto di cui all art c.c. si verifica prima di un eventuale dichiarazione di fallimento. Ma, ciò detto, non si è ancora data una risposta alla domanda di fondo: quando sussiste, dal punto di vista numerico, un eccessivo squilibrio dell indebitamento rispetto al patrimonio netto? Come si fa a misurare l eccessivo indebitamento? Bisogna subito dire che non è affatto agevole, per l interprete, dare una risposta a questo quesito. Non è improbabile che i giudici si orienteranno alle indicazioni provenienti dal legislatore in altri contesti, al fine di attribuire un qualche significato concreto all incerta nozione di eccessivo squilibrio. Proprio in materia di società cooperative si rinviene una definizione di squilibrio fra patrimonio e indebitamento. Nella regolamentazione di questo tipo societario si prevede difatti che «possono essere distribuiti dividendi, acquistate proprie quote o azioni ovvero assegnate ai soci le riserve disponibili se il rapporto tra il patrimonio netto e il complessivo indebitamento della società è superiore ad un (14) G. Presti, op. cit., 110 (nota 39). (15) G. Presti, op. cit., 111 s. (16) M. Moramarco, La postergazione del finanziamento dei soci nella società a responsabilità limitata ed il concordato preventivo, indir. fall., 2007, II, 86. (17) Sul punto v. G. Terranova, Commento all art. 2467, ing. Niccolini - A. Stagno d Alcontres (a cura di), Società di capitali, III vol., Napoli, 2004, LE SOCIETA N. 10/2008

6 n DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO. OPINIONI quarto» (art quinquies, comma 2, c.c.). Secondo questa disposizione se l indebitamento della società ammonta, ad esempio, a di euro, allora dovrà esserci un patrimonio superiore a euro. Altrimenti non potranno essere poste in essere le operazioni elencate nella norma, in quanto esse vanno a indebolire ulteriormente la solidità finanziaria della società, con elevato rischio di danno per i creditori sociali. Bisogna tuttavia notare che questa definizione di squilibrio è dettata in un contesto diverso da quello dei finanziamenti dei soci e si potrebbe ritenere che essa rilevi ai soli fini indicati espressamente in tale disposizione (18). Ciò nonostante non è da escludersi che la giurisprudenza si orienti, ai fini di cui all art c.c., a un indice quale quello stabilito dall art quinquies, comma 2, c.c. Un diverso orientamento della giurisprudenza è tuttavia senz altro possibile, anche in considerazione del fatto che l eccessivo squilibrio fra indebitamento e patrimonio netto è solo uno dei due criteri di cui si avvale il legislatore. L altro parametro è la ragionevolezza di un conferimento. Può dunque capitare, ad esempio, che il patrimonio netto sia di euro e l indebitamento di euro. In un caso del genere il criterio fissato dall art quinquies c.c. sarebbe rispettato, anche se di poco. Ciò nonostante un giudice potrebbe ritenere che tale rapporto, che denota comunque un forte indebitamento, renda ragionevole un conferimento. Inoltre, va tenuto presente che il legislatore fa espresso riferimento, nell art c.c., al «tipo di attività esercitata dalla società». Considerata anche questa circostanza, non si può escludere che un certo finanziamento - pur effettuato nei limiti, per esempio, della menzionata disposizione sulle cooperative - venga reputato irragionevole. (Segue): gli schemi di garanzia dei prestiti sociali nelle società cooperative A livello legislativo non vi sono limitazioni quantitative di tipo espresso alla possibilità per le società cooperative d indebitarsi con i soci. Limitazioni espresse alla possibilità d indebitarsi delle società cooperative sono però poste dalla Banca d Italia: «le società cooperative possono effettuare raccolta di risparmio presso i propri soci, purché l ammontare complessivo dei prestiti sociali non ecceda il limite del triplo del patrimonio» (Titolo IX, Capitolo 2, Sezione V delle istruzioni). La Banca d Italia teme i rischi connessi a un eccessivo indebitamento delle cooperative e stabilisce dunque un tetto massimo. È interessante rilevare come, nella prassi, tale limite venga in alcuni casi sfiorato dalle società cooperative. In un recente articolo di un quotidiano economico si riferisce di come alcune cooperative mostrino un livello d indebitamento nei confronti dei propri soci piuttosto elevato (19). La ragione di ciò è la facilità di ricorrere all indebitamento verso soci rispetto all indebitamento verso terzi: generalmente il costo del credito da soci è inferiore rispetto al costo di altri strumenti di finanziamento. Il limite del triplo del patrimonio può, in alcuni casi, essere superato. La Banca d Italia prevede difatti che «tale limite viene elevato fino al quintuplo del patrimonio qualora: a) il complesso dei prestiti sociali sia assistito, in misura almeno pari al 30 per cento, da garanzia rilasciata da soggetti vigilati; ovvero b) la società cooperativa aderisca a uno schema di garanzia dei prestiti sociali con le caratteristiche di cui al par della presente Sezione» (Titolo IX, Capitolo 2, Sezione V delle istruzioni). A queste condizioni il limite del triplo del patrimonio può essere superato per il fatto che sussistono meccanismi di garanzia. E tuttavia, anche in queste ipotesi, non può essere superato il tetto del quintuplo del patrimonio. Le istruzioni della Banca d Italia specificano che «i limiti quantitativi sopra indicati non si applicano alle società cooperative con un numero di soci pari o inferiore a 50» (Titolo IX, Capitolo 2, Sezione V). Analoga la previsione del CICR: le società cooperative possono effettuare la raccolta «purché non abbiano più di 50 soci. Per le società cooperative con più di 50 soci, l ammontare complessivo della suddetta raccolta non deve eccedere il triplo del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall ultimo bilancio approvato. Tale limite viene elevato al quintuplo qualora la raccolta sia assistita, per almeno il 30 per cento, da garanzia rilasciata dai soggetti individuati nelle istruzioni applicative della Banca d Italia ovvero quando la società aderisca a uno schema di garanzia avente le caratteristiche indicate nelle medesime istruzioni» (art. 6, comma 3, deliberazione n. 1058/2005). Nel caso dunque di cooperative con un risicato numero di soci, non sussistono limitazioni quantitative ai finanziamenti che possono essere erogati. In una fattispecie del genere l assenza di limiti è probabilmente da ricondursi, fra l altro, al fatto che le piccole cooperative non possono creare seri problemi di stabilità al sistema finanziario, nemmeno laddove esse siano fortemente indebitate nei confronti dei propri soci. Nel caso, invece, di cooperative con più di 50 soci vi sono limitazioni al finanziamento legate all ammontare del patrimonio della società. A un limite di carattere generale (triplo del patrimonio) si sostituisce un limite maggiore (quintuplo del patrimonio) in presenza di certe condizioni (prestazione di garanzia da parte di determinati soggetti oppure adesione a uno schema di garanzia) che riducono il rischio. La Banca d Italia si occupa poi di stabilire in quale sede debba essere regolata la raccolta del risparmio: «le mo- (18) In questo senso Confcooperative, Circolare n. 20, del 3 maggio (19) F. Pavesi, op. cit., 10. LE SOCIETA N. 10/

7 DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO. OPINIONI n dalità di raccolta presso i soci e l eventuale adesione ad uno schema di garanzia devono essere indicate nei regolamenti delle cooperative» (Titolo IX, Capitolo 2, Sezione V delle istruzioni). Questa disposizione richiama indirettamente l art. 2521, comma 5, c.c., secondo cui i rapporti tra la società e i soci possono essere disciplinati da regolamenti. Tale norma specifica che «i regolamenti, quando non costituiscono parte integrante dell atto costitutivo, sono predisposti dagli amministratori e approvati dall assemblea con le maggioranze previste per le assemblee ordinarie». Infine la Banca d Italia dispone che «gli schemi di garanzia dei prestiti sociali devono essere promossi dalle associazioni di categoria ovvero direttamente dalla cooperative interessate, eventualmente nell ambito di iniziative di tipo consortile, a condizione che il progetto risulti condiviso, nel suo complesso, dalle rispettive associazioni di categoria. In tali casi, in particolare, è opportuno che le cooperative sottopongano all approvazione dei propri organismi associativi i regolamenti contenenti la disciplina del funzionamento degli schemi di cui le medesime si sono rese promotrici» (Titolo IX, Capitolo 2, Sezione V delle istruzioni). La «irragionevolezza» del finanziamento L art. 2467, comma 2, c.c. non utilizza solo il criterio dell eccessivo squilibrio fra indebitamento e patrimonio netto. Il legislatore dice che il rimborso dei crediti dei soci è postergato al soddisfacimento degli altri creditori sociali anche quando il finanziamento è avvenuto «in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento». Si può arguire che, se un conferimento sarebbe stato «ragionevole», allora il finanziamento che è stato effettivamente erogato è «irragionevole». La prima osservazione da fare è che la nozione di «conferimento ragionevole» è del tutto vaga. Vi è dunque da aspettarsi un significativo contenzioso in merito. Alcuni autori sostengono che le due espressioni («eccessivo squilibrio» e «conferimento ragionevole») esprimerebbero lo stesso concetto (20). Un conferimento è ragionevole, dal punto di vista della tutela dei creditori, quando la società è fortemente indebitata. Questa considerazione è da condividere. Tuttavia non si deve, per ciò, giungere necessariamente all ulteriore conclusione che la nozione di «conferimento ragionevole» sia pleonastica. Questa espressione può ritenersi avere un significato più ampio di quella di «eccessivo squilibrio». La tesi che vede una coincidenza di significato fra le due espressioni non è sufficientemente convincente non solo per il dato letterale (i due criteri vengono indicati come alternativi attraverso l uso della parola «oppure»). Possono difatti sussistere situazioni in cui, pur non dandosi tecnicamente un eccessivo squilibrio fra indebitamento e patrimonio netto, sarebbe ragionevole un conferimento. Il criterio della «ragionevolezza del conferimento» configura un integrazione dell altro parametro (eccessivo squilibrio) che rende la disposizione più severa, a ulteriore tutela dei creditori sociali. La nozione di «socio» Il finanziamento rilevante ai fini dell art c.c. è quello concesso dal «socio». Con tale espressione si intende, nel contesto della s.r.l., il titolare di una quota. La partecipazione può essere detenuta fin dalla costituzione della società oppure può essere successivamente acquistata o ereditata (art c.c.) (21). Nella società cooperativa è prevista espressamente la figura del «socio finanziatore» (art c.c.) (22). La legge stabilisce che «l atto costitutivo può prevedere l emissione di strumenti finanziari, secondo la disciplina prevista per la società per azioni» (art. 2526, comma 1, c.c.). Con particolare riferimento al tipo s.r.l. è previsto che «la cooperativa cui si applicano le norme sulla società a responsabilità limitata può offrire in sottoscrizione strumenti privi di diritti di amministrazione solo a investitori qualificati» (art. 2526, comma 4, c.c.). L istituto del finanziamento dei soci di cui all art c.c. e l istituto del socio finanziatore di cui all art c.c. vanno però tenuti distinti. Vi è da chiedersi se i finanziamenti alla società possono essere effettuati da qualsiasi socio per il solo fatto di rivestire tale status oppure se sia necessario il raggiungimento di una certa percentuale di capitale. Il legislatore societario non opera distinzioni in relazione alla soglia di capitale detenuta: l art c.c. si applica a chiunque sia socio. Va tuttavia rilevato che la Banca d Italia fissa dei limiti per le s.r.l.: «le società diverse dalle cooperative possono effettuare raccolta di risparmio, senza alcun limite, esclusivamente presso i soci che detengano una partecipazione di almeno il 2 per cento del capitale sociale risultante dall ultimo bilancio approvato» (Titolo IX, Capitolo 2, Sezione V delle istruzioni). Similmente il CICR ha stabilito che le società diverse dalle cooperative possono effettuare la raccolta «esclusivamente presso i soci che detengano almeno il 2 per cento del capitale sociale risultante dall ultimo bilancio approvato» (art. 6, comma 2, deliberazione CICR n. 1058/2005). Argomentando ex negativo da queste disposizioni si deve ritenere che, nelle società cooperative, non rilevi la quantità della partecipazione del socio al (20) Così, adesempio, M. Irrera, Commento all art c.c., ing. Cottino - G. Bonfante - O. Cagnasso - P. Montalenti (a cura di), Il nuovo diritto societario, II vol., Torino, 2004, 1791 s. (21) In materia di cessioni di quote di s.r.l., in particolare di sue limitazioni, sia consentito rinviare a V. Sangiovanni, Limitazioni statutarie alla cessione di partecipazioni di s.r.l.: un confronto col diritto tedesco, in questa Rivista, 2007, 1151 ss. (22) Sulla figura del socio finanziatore nelle cooperative cfr. la monografia di E. Cusa, Il socio finanziatore nelle cooperative, Milano, L opera di Cusa è stata da me recensita in Rass.dir.civ., 2006, 872 ss., nonché in Zeitschrift für das gesamte Genossenschaftswesen (ZfgG), 2007, 160 s. V. inoltrel.f.paolucci,codice delle cooperative, Torino, 2005, 75 ss LE SOCIETA N. 10/2008

8 n DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO. OPINIONI capitale, con la conseguenza che ciascun socio - anche se titolare di meno del 2% del capitale - può effettuare finanziamenti alla società (23). È altresì utile rilevare che i finanziamenti alla società non devono necessariamente essere erogati da tutti i soci. Inoltre i prestiti non devono per forza essere in proporzione alla partecipazione al capitale. Può dunque capitare che uno solo dei soci (oppure alcuni solo di essi) effettui un finanziamento. E può anche capitare che tuttiititolaridipartecipazionieroghinoilprestito,main misura non proporzionale alla percentuale di capitale che detengono. Il rimborso dei finanziamenti In presenza di un finanziamento «anomalo» (vale a dire rientrante nella definizione di cui all art c.c.) il legislatore trae due conseguenze: 1) tali prestiti non possono essere restituiti se non sono stati prima soddisfatti gli altri creditori sociali; 2) in caso di fallimento della società, il rimborso del prestito che sia stato effettuato dalla società al socio nell anno precedente la dichiarazione di fallimento è privo di effetti e - conseguentemente - tali somme vanno restituite alla s.r.l., entrando così a far parte della massa fallimentare. (Segue): a) il divieto di rimborso La legge stabilisce che il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori. Sussiste dunque un divieto temporaneo di rimborso. Quando la società presenta dei debiti non soddisfatti, il legislatore non accetta che i prestiti dei soci possano essere considerati come una forma qualsiasi di finanziamento erogato da terzi che attribuisce il diritto alla restituzione. La società deve prima trovare risorse sufficienti a soddisfare i creditori. Solo quando i creditori saranno stati soddisfatti, la s.r.l. potrà rimborsare i finanziamenti ai soci. Non pare irragionevole affermare che il divieto di restituzione dei finanziamenti anomali operi sia prima sia dopo la dichiarazione di fallimento. È innanzitutto fuori di dubbio che il divieto di rimborso operi una volta dichiarato il fallimento. Ma, ad avviso di chi scrive, l art. 2467, comma 1, c.c. detta una disposizione che dovrebbe valere indipendentemente dalla possibile apertura di un procedimento fallimentare. Se così è, il finanziamento concesso in una situazione di eccessivo squilibrio fra indebitamento e patrimonio netto esce dalla disponibilità dei soci: esso non può essere restituito finché non vi sia stata soddisfazione dei creditori sociali. Questo pare essere il tenore letterale dell art. 2467, comma 1, c.c. Ciò premesso, non risulta condivisibile la tesi di chi sostiene che i finanziamenti sarebbero liberamente restituibili durante societate e che un divieto di rimborso opererebbe solo in fase di liquidazione. Il tenore letterale dell art conduce a pensare che vi siano tre distinte regole: 1) una prima regola concerne il divieto di restituzione dei finanziamenti in presenza di creditori sociali insoddisfatti; 2) una seconda regola impone la restituzione alla società del rimborso in caso di successiva (infra-annuale) apertura del fallimento sul patrimonio della s.r.l.; 3) una terza regola è la postergazione della soddisfazione dei soci rispetto ai creditori sociali. A questa ricostruzione si può opporre l argomento che il trattamento legale dei finanziamenti anomali diventerebbe così più severo di quello previsto per il capitale. Il capitale difatti, a certe condizioni, può essere ridotto e - dunque - restituito ai soci (art c.c.). In questo contesto i creditori vengono tutelati mediante la previsione che «la decisione dei soci di ridurre il capitale sociale può essere eseguita soltanto dopo novanta giorni dall iscrizione nel registro delle imprese della decisione medesima, purché entro questo termine nessun creditore sociale anteriore all iscrizione abbia fatto opposizione» (art. 2482, comma 2, c.c.). I finanziamenti patologici dei soci, invece, non potrebbero mai essere restituiti senza la previa soddisfazione dei creditori. Si potrebbe tuttavia immaginare un applicazione analogica dell art. 2482, comma 2, c.c. Si potrebbe cioè ritenere che la restituzione dei finanziamenti anomali sia consentita laddove vi sia il consenso dei creditori sociali. Sulla questione, che merita certamente un ulteriore approfondimento, non ci si può soffermare oltre in questa sede. Il divieto di rimborso dei finanziamenti, dettato per le s.r.l., dovrebbe essere applicabile anche alle società cooperative (24). (Segue): b) l obbligo di restituzione del rimborso avvenuto nell anno precedente la dichiarazione di fallimento La legge stabilisce che il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della s.r.l., «se avvenuto nell anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito» (art. 2467, comma 1, c.c.). In definitiva la somma di danaro conosce tre passaggi: 1) dal socio alla società sotto forma di finanziamento; 2) dalla società al socio, sotto forma di rimborso del prestito, nell anno che precede la dichiarazione di fallimento; 3) nuovamente dal socio alla società, in forza di legge, dopo che è stato dichiarato il fallimento (al fine di soddisfare i creditori sociali). Il legislatore sospetta che un rimborso del finanziamento avvenuto poco prima della dichiarazione di fallimento sia un modo per sottrarre tali risorse alla massa fallimentare a danno dei creditori sociali. Il socio, con l effettuazione del prestito, ha eluso la qualità di socio con un accresciuta partecipazione al capitale (evento che si sareb- (23) G. Petrelli, op. cit., 256. (24) Cfr. G. Petrelli, op. cit., 250. LE SOCIETA N. 10/

9 DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO. OPINIONI n be verificato in caso di sottoscrizione di un aumento di capitale) e ha - liberamente - voluto assumere il diverso status di creditore della società. Ora cerca di sottrarsi alle conseguenze negative di tale condizione accettando il rimborso del finanziamento e determinando, così, la cessazione della qualità di creditore. Per entrare in maggior dettaglio, il legislatore vede con sospetto il rimborso del finanziamento per due ordini di ragioni: 1) i soci godono di una superiorità informativa rispetto ai creditori sociali; 2) con il rimborso i quotisti si auto-soddisfano. In merito alla superiorità informativa dei soci, è opportuno rilevare quanto segue. Diversamente da quanto avviene nel caso di finanziamenti erogati da terzi, il rimborso dei prestiti dei quotisti è una vicenda che - nella sostanza - viene gestita interamente all interno della società. I soci-finanziatori sono, oltre che - appunto - finanziatori, titolari delle partecipazioni sociali. Essi hanno effettuato quantomeno due investimenti in società: 1) i conferimenti a titolo di capitale e 2) i finanziamenti. È improbabile che, in una società di norma a compagine generalmente ristretta come la s.r.l., i soci trascurino del tutto le vicende della società. Nella maggior parte dei casi i quotisti dispongono invece d informazioni sull andamento della s.r.l. e sono a conoscenza della situazione finanziaria della stessa. Questo vale sicuramente quando i soci sono amministratori. Ma anche nel caso i quotisti non siano gestori, si deve normalmente presumere che essi siano a conoscenza della situazione in cui versalasocietà. In questo contesto non si può dimenticare che l art. 2476, comma 2, c.c. attribuisce ai soci il «diritto di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali e i documenti relativi all amministrazione» (25). In considerazione sia dell interesse economico che hanno in società sia della superiorità informativa di cui godono rispetto ai terzi, è difficile che i quotisti non notino un aggravamento delle condizioni finanziarie della s.r.l. Conseguentemente essi hanno gioco facile nel chiedere l immediata restituzione del finanziamento al fine di sottrarre le relative risorse alla soddisfazione dei creditori sociali. In merito all auto-soddisfacimento dei soci, giova segnalare che il caso del finanziamento dei quotisti è del tutto particolare rispetto ai prestiti erogati alla società da non-soci. I soci sono detentori pro quota del patrimonio sociale. Con il rimborso dei finanziamenti poco prima della dichiarazione di fallimento si verifica, in sostanza, un auto-soddisfazione dei quotisti, i quali - invece di lasciare in società risorse a garanzia dei crediti dei terzi - se le restituiscono indebitamente. Nel diverso caso di un pagamento effettuato da una s.r.l. nei confronti di un terzo, non vi è invece auto-soddisfazione. A voler essere ancora più precisi, bisogna distinguere ulteriormente in base alle caratteristiche della compagine sociale. Si immagini che la società Alfa si componga di tre soci, ciascuno detentore del 33,33% del capitale sociale e che tali quotisti eroghino tutti un finanziamento di eguale importo alla s.r.l. Qui l intento di auto-restituzione dei prestiti, quando i soci procedono al rimborso, è evidente. Una situazione diversa si può però avere quando alcuni solo dei titolari di partecipazione hanno erogato finanziamenti a favore della società.perunamigliore comprensione del ragionamento, facciamo un secondo esempio. Si immagini che la società Beta si componga di 10 quotisti, detentori ciascuno del 10% del capitale. Ci si rappresenti inoltre che il solo socio Tizio, che non è amministratore della società, abbia effettuato un finanziamento in favore della s.r.l. In questo caso è meno agevole parlare di «auto»-restituzione del prestito. Il rimborso viene difatti eseguito dagli amministratori (supponendo che siano tre, chiamiamoli Caio, Sempronio e Mevio). Caio, Sempronio e Mevio non hanno un interesse coincidente con quello di Tizio. Anzi, Caio, Sempronio e Mevio hanno almeno due buoni motivi per non restituire il finanziamento a Tizio. La prima ragione è che, così facendo, indeboliscono ulteriormente il patrimonio della società. La seconda ragione è che violano un dovere che fa loro capo e, conseguentemente, possono rendersi responsabili. Gli amministratori che dispongono la restituzione di finanziamenti «anomali» ai soci possono essere chiamati a risponderne civilmente (26). Rimane dunque da concludere nel senso che i soci di s.r.l. godono di una posizione di privilegio rispetto agli altri creditori sociali sotto vari profili: 1) essi si trovano non solo in una situazione di sostanziale conflitto d interessi rispetto agli altri creditori sociali (la propria soddisfazione va a danno di tali creditori), ma - soprattutto - possono gestire le leve finanziarie della società da soli (o facendo pressione sugli amministratori); e 2) essi go- (25) Sul diritto d informazione dei soci di s.r.l. cfr. la recente monografia di R. Guidotti, I diritti di controllo del socio nella s.r.l., Milano, V. inoltre O. Cagnasso, Diritto di controllo dei soci e revoca dell amministratore per gravi irregolarità: primi provvedimenti in sede cautelare relativi alla «nuova» società a responsabilità limitata, ingiur. it., 2005, 315 ss.; D. Fico, Il diritto di informazione e di consultazione del socio non amministratore di s.r.l., in questa Rivista, 2006, 169 ss.; R. Guidotti, Società a responsabilità limitata e tutela dei soci di minoranza: un raffronto tra ordinamenti, incontratto e impresa, 2007, 668 ss.; M. Ricci, I controlli individuali del socio non amministratore di società a responsabilità limitata, inriv. dir. comm., 2006, I, 111 ss.; V. Sangiovanni, Il diritto del socio di s.r.l. di estrarre copia dei documenti relativi all amministrazione, ingiur. mer., 2008, 2274 ss.; V. Sangiovanni, Il diritto di controllo del socio di s.r.l. a confronto con la disciplina tedesca, in questa Rivista, 2007, 1543 ss. (26) Fra i più recenti contributi apparsi in materia di responsabilità degli amministratori di s.r.l. cfr. P. Bosticco, Questioni controverse in tema di responsabilità per la gestione societaria nelle s.r.l.: legittimazione all azione, prescrizione e contenuto del giudizio risarcitorio, infall., 2007, 957 ss.; S. Patriarca, La responsabilità del socio «gestore» di s.r.l., inquestarivista, 2007, 1191 ss.; V. Sangiovanni, Responsabilità degli amministratori e corresponsabilità dei soci nella s.r.l., indanno resp., 2008, 13 ss.; V. Sangiovanni, La responsabilità degli amministratori di s.r.l. verso la società, incontratto e impresa, 2007, 693 ss.; V. Sangiovanni, Die Haftung der GmbH-Geschäftsführer gegenüber der Gesellschaft in Italien, ingmbh-rundschau (GmbHR), 2007, 584 ss.; V. Sangiovanni, Doveri e responsabilità degli amministratori di s.r.l. in comparazione con la GmbH tedesca, in questa Rivista, 2006, 1563 ss LE SOCIETA N. 10/2008

10 n DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO. OPINIONI dono di una superiorità informativa rispetto ai creditori sociali. Questa posizione complessivamente privilegiata dei soci giustifica, agli occhi del legislatore, l esistenza di una disposizione severa come l art c.c.: in presenza di un rimborso illegittimo di un finanziamento si ha non solo l inefficacia dell atto, ma anche la postergazione del soddisfacimento del quotista (27). Il socio viene punito dal legislatore per il fatto che, abusando del vantaggio informativo di cui dispone, cerca di auto-soddisfarsi a danno degli altri creditori. I ragionamenti svolti con riferimento alla s.r.l. dovrebbero essere applicabili anche alle società cooperative. Anche in questo tipo societario vi è tendenziale libertà di scelta, in capo ai soci, fra conferimento e finanziamento. Se i soci decidono di effettuare finanziamenti invece che conferimenti in una situazione in cui sarebbe invece appropriato un conferimento, il legislatore si preoccupa degli altri creditori sociali: i soci, che godono di superiorità informativa, potrebbero auto-soddisfarsi in anticipo a danno degli altri creditori. Nelle società cooperative bisogna tuttavia porre attenzione al fatto che il diritto d informazione dei soci è regolato in modo particolare (28). L art bis, comma 1, c.c. regola i diritti dei titolari di partecipazioni stabilendo che, nelle società cooperative cui si applica la disciplina della società per azioni, «i soci, quando almeno un decimo del numero complessivo lo richieda ovvero almeno un ventesimo quando la cooperativa ha più di tremila soci, hanno diritto di esaminare, attraverso un rappresentante, eventualmente assistito da un professionista di sua fiducia, il libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione e il libro delle deliberazioni del comitato esecutivo, se esiste». I diritti di controllo attribuiti da questadisposizionesonodiampiezzainferioreaquelliriconosciuti al socio di s.r.l. Il vantaggio informativo dei soci di cooperativa costituita in forma di s.p.a. rispetto ai creditori sociali è di conseguenza tendenzialmente inferiore al vantaggio informativo di cui godono i soci di s.r.l. Una delle due ragioni giustificatrici dell art c.c. è, dunque, presente con meno forza nel caso di società cooperative in forma di s.p.a. Tuttavia l art bis, comma 1, c.c. si applica quando la cooperativa è costituita in forma di s.p.a., mentre nulla si dice per il caso in cui la cooperativa è costituita in forma di s.r.l. Vi è allora da chiedersi come sia regolato il diritto di controllo del socio nella cooperativa che riveste la forma di s.r.l. Se si ritiene applicabile alle società cooperative, per via del richiamo di cui all art. 2519, comma 2, c.c., l art. 2476, comma 2, c.c., ecco che il diritto di controllo del socio di cooperativa a responsabilità limitata è ampio e la ratio di tutela dei creditori sociali nella s.r.l. e nella cooperativa in forma di s.r.l. coincide. La dichiarazione di fallimento e la postergazione La situazione finanziaria di una s.r.l. indebitata può aggravarsi al punto tale che viene dichiarato il fallimento della stessa. L apertura del fallimento produce una serie di effetti, per il fallito (artt. 42 ss. l.fall.), per i creditori (artt. 51 ss. l.fall.), sugli atti pregiudizievoli ai creditori (artt. 64 ss. l.fall.) e sui rapporti giuridici preesistenti (artt. 72 ss. l.fall.). Alla luce dell art c.c., la dichiarazione di fallimento della società produce conseguenze anche in tema di finanziamenti dei soci. Questi effetti sono di due tipi, a seconda che il prestito sia già stato restituito ai quotisti oppure non sia ancora stato restituito. Se il finanziamento è già stato restituito ai soci (nell anno precedente la dichiarazione di fallimento), esso deve essere rimborsato alla società. Se invece il prestito non è ancora stato restituito ai quotisti, il subentro del fallimento ne impedisceilrimborsoelerelativesommeentranoafar parte della massa fallimentare. Con la dichiarazione di fallimento della società il socio, che vanta un credito da finanziamento nei confronti della s.r.l., diventa uno dei tanti creditori della società e, astrattamente (vale a dire se non esistesse una disposizione come l art. 2467, comma 1, c.c.), concorrerebbe con gli altri creditori sull attivo. Il contenuto normativo di maggior rilevanza dell art. 2467, comma 1, c.c. è però proprio la postergazione in sede fallimentare del soddisfacimento dei quotisti in riferimento ai prestiti da essi concessi in favore della s.r.l. Il meccanismo della postergazione evita che i soci concorrano paritariamente con gli altri creditori sociali sul patrimonio della società. In definitiva coloro che vengono soddisfatti per primi sono i creditori sociali esterni, vale a dire quelle persone che - facendo affidamento sulla ritenuta solidità patrimoniale della s.r.l. - hanno intrattenuto rapporti con la stessa. Solo in un secondo momento possono essere soddisfatti i soci nella loro qualità di creditori sociali (in quanto finanziatori) interni alla s.r.l. Infine vengono soddisfatti i quotisti quali apportatori di capitale. La regola della postergazione vale nelle s.r.l., per effetto di quanto dispone in modo espresso l art. 2467, comma 1, c.c. Vi è però da porsi la domanda se tale principio sia applicabile anche alle società cooperative. Dal punto di vista della normativa di rango primario, la risposta dovrebbe essere affermativa, per effetto del richiamo operato dall art. 2519, comma 2, c.c. alle disposizioni sulla s.r.l Peraltro la normativa di carattere secondario prevede delle particolarità per le società cooperative. La Banca d Italia ha difatti stabilito che gli schemi di garanzia dei prestiti sociali in ogni caso «prevedono, per le ipotesi di fallimento, liquidazione coatta amministrativa o concordato preventivo della società cooperativa, il rimborso dei prestiti effettuati dai soci in una misura almeno pari (27) G. Presti, op. cit., 118. (28) Sul diritto d informazione del socio nella società cooperativa cfr., da ultimo,c.montagnani,il diritto di informazione dell azionista cooperatore, in Dir. fall., 2007, I, 636 ss. LE SOCIETA N. 10/

11 DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO. OPINIONI n al 30 per cento» (Titolo IX, Capitolo 2, Sezione V delle istruzioni). Questa disposizione delle istruzioni si applica probabilmente sia in caso di finanziamenti «fisiologici» sia in ipotesi di prestiti «patologici». In questo senso milita anche la circostanza che le istruzioni attribuiscono il diritto al 30%, letteralmente, «in ogni caso». Concentrandoci ora sulla sola ipotesi di finanziamenti «anomali», nelle cooperative - in presenza di schemi di garanzia - la regola della postergazione appare operare solo parzialmente. È vero che, ai sensi dell art. 2467, comma 1, c.c., i finanziatori possono essere soddisfatti solo dopo che sono stati soddisfatti i creditori sociali. Ai finanziatori deve tuttavia, secondo le istruzioni, essere assicurato - in presenza di schemi di garanzia - almeno il 30% del valore del finanziamento da essi erogato. Se si ritiene applicabile l art c.c. alle società cooperative, parrebbe allora esservi un parziale conflitto fra la legge e le istruzioni della Banca d Italia, le quali privilegiano i soci di cooperativa rispetto ai soci di s.r.l. a danno dei creditori sociali. Questa apparente contrasto può peraltro essere risolto se si considera che non è il curatore del fallimento che deve garantire il 30% ai soci delle cooperative, ma sono gli schemi di garanzia a dover produrre tale risultato. Nel caso cioè di fallimento della cooperativa il credito del socio, nella misura del 30%, va azionato nei confronti dello schema di garanzia. La domanda di ammissione al passivo L obbligo di restituzione del finanziamento da parte della società al socio sussiste anche in caso di fallimento, nonostante vi siano due particolarità: 1)il concorso con gli altri creditori sociali e 2) la postergazione del credito rispetto agli altri creditori. Dal punto di vista dello svolgimento della procedura fallimentare, il socio che vanta un credito da finanziamento nei confronti della società deve presentare domanda di ammissione al passivo (29). Si potrebbe sostenere la tesi che una domanda di ammissione al passivo da parte del socio finanziatore non sia necessaria. I quotisti hanno difatti comunque diritto a tutto quanto dovesse residuare una volta soddisfatti i creditori sociali. Questa tesi, tuttavia, non merita accoglimento in considerazione del fatto che non necessariamente tutti i titolari di partecipazioni hanno effettuato finanziamenti in favore della società. Si supponga che la società Alfa abbia due soci: Tizio e Caio. Solo Tizio eroga un finanziamento a favore della società. Una volta subentrato il fallimento, il legislatore non vuole che i due soci siano posti sullo stesso piano, ma vuole che Tizio - per la parte relativa al finanziamento - venga soddisfatto prima di Caio. A questo fine Tizio, che è creditore della società, deve presentare domanda di ammissione al passivo. Tale istanza non deve invece essere presentata da Caio, che non è creditore sociale. Una volta soddisfatto Tizio mediante la restituzione del finanziamento, l eventuale residuo verrà diviso fra Tizio e Caio in proporzione alla loro partecipazione al capitale. La possibile presenza di due categorie di soci (soci-finanziatori e soci-non finanziatori) impone una distinzione a livello fallimentare. Può capitare che solo alcuni quotisti abbiano effettuato prestiti, ad esempio per il fatto che - diversamente dagli altri - possedevano le risorse necessarie. In sede fallimentare possono così coesistere due categorie di soci: quelli che hanno effettuato finanziamenti alla s.r.l. (quotisti finanziatori) e quelli che non li hanno effettuati (quotisti non finanziatori).inunasituazionedelgeneresiverificaunconflitto fra due categorie di soci. Tale contrasto si risolve a vantaggio dei quotisti che hanno effettuato finanziamenti. Vi è dunque una ragione di carattere sostanziale che milita in favore della necessità per il socio-finanziatore di chiedere l ammissione del proprio credito al passivo. Si tratta della circostanza che può capitare che non tutti i quotisti hanno erogato dei finanziamenti in favore della società. Chi, però, li ha effettuati ha diritto di essere soddisfatto con anticipo rispetto ai soci-non finanziatori. Non è, in altre parole, corretto far ricadere in un unica categoria soci-finanziatori e soci-non finanziatori. I primi vengono soddisfatti con preferenza sui secondi. Al fine di raggiungere questo obiettivo, e attesa la natura di credito del rapporto fra socio-finanziatore e società-finanziata, è preferibile la tesi secondo cui i quotisti che hanno erogato finanziamenti devono presentare domanda di ammissione al passivo. Sulla base di questo ragionamento pare quindi sensato ritenere che la domanda di ammissione al passivo debba essere presentata anche dai soci, con riferimento ai finanziamenti da essi eventualmente erogati. Per quanto riguarda invece il capitale non sembra avere senso imporre la presentazione di un istanza di ammissione al passivo. All esito della procedura fallimentare potrà o meno residuare dell attivo. In questo caso i soci si divideranno tutto quanto dovesse rimanere una volta soddisfatti i creditori sociali e i quotisti finanziatori. Il credito del socio finanziatore alla restituzione del finanziamento erogato in favore della società ha carattere chirografario. Il credito del quotista è inoltre postergato rispetto ai crediti chirografari vantati da altri soggetti. Il credito del socio è dunque, in definitiva, di natura subchirografaria (30). È opportuno osservare che, nella maggior parte dei casi, la domanda di ammissione al passivo del socio-finanziatore configura una tutela di natura meramente formale. Solo nell improbabile ipotesi dovessero residuare risorse (29) G. Balp, I finanziamenti dei soci «sostitutivi» del capitale di rischio: ricostruzione della fattispecie e questioni interpretative, inriv. soc., 2007, 376; D. Fico, Finanziamento dei soci e sottocapitalizzazione della società, in questa Rivista, 2006, 1376; M. Moramarco, op. cit., 89. (30) M. Campobasso, Diritto commerciale, II vol., Diritto delle società, VI ed., Torino, 2006, 556 s.; P. Menti, op. cit., LE SOCIETA N. 10/2008

12 n DIRITTO COMMERCIALE E SOCIETARIO. OPINIONI sufficienti, il quotista otterrà - in tutto o in parte - la restituzione del finanziamento. Si tratterebbe della restituzione tardiva di un prestito che il socio aveva erogato a favore della società. I bisogni del quotista conoscono un limite nelle esigenze di tutela dei creditori sociali. Il socio gode già dell importante beneficio della responsabilità limitata: «nella società a responsabilità limitata per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio» (art. 2462, comma 1, c.c.). Il legislatore non accetta che il quotista, camuffando come finanziamenti dei conferimenti, riduca l ampiezza di tale responsabilità. Questo, in definitiva, pare essere il significato centrale dell art c.c. Nel complesso bisogna dunque rilevare come il legislatore del 2003 sia stato particolarmente severo nei confronti della prassi dei finanziamenti dei soci: le possibilità di ottenere soddisfazione del credito in sede fallimentare sono difatti molto basse, in considerazione dell accertato stato d insolvenza in cui versa la società e della necessità di soddisfare prima gli altri creditori sociali. Azionidelfallimentocontroilsocio Nella prassi può capitare che un socio, avvenuta la dichiarazione di fallimento, non sia disponibile a restituire spontaneamente alla società il finanziamento di cui ha ottenuto il rimborso nell anno precedente la dichiarazione. In questo caso spetterà al curatore agire in giudizio, sulla base dell art. 2467, comma 1, c.c., per ottenerne la restituzione e accrescere così la massa fallimentare. Il curatore del fallimento può ottenere la restituzione alla società del finanziamento (indebitamente rimborsato dalla s.r.l. al socio) se prova le seguenti circostanze: 1) la qualità di quotista in capo al finanziatore; 2) la situazione di eccessivo squilibrio fra indebitamento e patrimonio netto nel momento in cui è stato concesso il prestito (e, dunque, la natura anomala del finanziamento); 3) la restituzione del prestito dalla società al socio nell anno che precede la dichiarazione di fallimento (31). Le prove sub) 1 e sub 3) sono abbastanza facili da rendere, anche perché risultano generalmente da basi documentali. Non è invece facile da provare la circostanza sub) 2, relativa alla sussistenza di una situazione di eccessivo squilibrio. Si tratta di un indagine complessa che deve giocoforza andare a ritroso nel tempo e per la quale può risultare necessaria una consulenza tecnica (32). Ma le consulenze tecniche determinano, da un lato, un aggravio di costi. Inoltre vi è il rischio di «consegnare» la soluzione della controversia non tanto alla discrezionalità del giudice, che comunque nella materia in esame per effetto della genericità delle espressioni utilizzate dal legislatore è già ampia (33), ma addirittura al consulente tecnico. Sussiste una complessa questione definitoria: cosa si intende per «eccessivo squilibrio dell indebitamento rispetto al patrimonio netto». Sono dunque probabili battaglie giudiziarie su tale nozione, conflitti tesi - da parte dei soci-finanziatori - a dimostrare che il finanziamento non era anomalo. Mentre è complesso dimostrare di non essere quotista ed è altrettanto difficile negare che il rimborso è avvenuto nell anno precedente la dichiarazione di fallimento, potrebbe risultare più agevole - per il socio - contestare l esistenza di una situazione di eccessivo squilibrio. Se l azione giudiziaria del fallimento ha successo, vengono recuperate risorse per la soddisfazione dei creditori sociali. Fra i creditori sociali, si badi bene, rientra lo stesso socio finanziatore. Una volta che il quotista ha restituito il finanziamento alla società, egli non rimane (formalmente) privo di tutela: il socio può difatti chiedere l ammissione al passivo in posizione postergata (34). Attesi i ritardi dovuti alla necessità per il fallimento di recuperare le somme indebitamente restituite al quotista, il socio presenterà una domanda tardiva di credito (35). (31) G. Presti, op. cit., 117. (32) O. Cagnasso, La società a responsabilità limitata, Padova, 2007, 115. (33) L. Vittone, Questioni in tema di postergazione dei finanziamenti soci, in Giur. comm., 2006, I, 923 s. (34) Cfr. G. Balp, op. cit., 378. (35) L Mandrioli, La disciplina dei finanziamenti soci nelle società di capitali, in questa Rivista, 2006, 180. LE SOCIETA N. 10/

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