1. INTRODUZIONE ALLE LETTURE (da un commento di Paolo Farinella, prete Genova -

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1 28 a domenica del Tempo ordinario - 9 ottobre 2011 Tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze Is 25,6-10a Il Signore preparerà un banchetto, e asciugherà le lacrime su ogni volto Fil 4, Tutto posso in colui che mi dà la forza Mt 22,1-14 Tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze 1. INTRODUZIONE ALLE LETTURE (da un commento di Paolo Farinella, prete Genova - Domenica scorsa abbiamo contemplato l allegoria della salvezza che si fa storia attraverso l immagine della vigna nel contesto della nuzialità tra Dio sposo e Israele sposa. Le nozze furono preparate accuratamente perché lo sposo Dio inviò i suoi amici, i profeti, a preparare il banchetto e la festa, ma senza risultato: il popolo sposa non solo li uccise, ma uccise anche il Figlio promesso sposo. La sposa rimase vedova prima ancora di conoscere il volto dello sposo. Oggi Matteo ci descrive il «pranzo» nuziale secondo l uso orientale e presenta le categorie degli invitati soffermandosi sull atteggiamento morale di coloro che entrano nella sala del convito: è il senso simbolico della veste nuziale (vv ). Secondo le usanze orientali, il banchetto è sempre il momento culminante del rito d intronizzazione del re o della vittoria su un nemico o di un contratto nuziale. Quando un re viene insediato, il pranzo è il segno della sua potenza e liberalità (Est 1,1 4; 1Re 10,5; 1Sam 16,11; Dan 5, ecc.). Dopo una vittoria militare è il sigillo dell alleanza perché chi partecipa al banchetto stringe obblighi di solidarietà che nulla dovrà infrangere pena la morte (1Re 2,7; 2Sam 9,6 8). Nel caso di pranzo per la vittoria di guerra, i viveri confiscati al nemico costituiscono le prime portate per mettere in evidenza plastica la dipendenza dei vinti che ora stanno sotto la protezione del vincitore. L alleanza non è un contratto bilaterale, ma l atto post bellico di protezione del più forte sul più debole: il vincitore si prende carico del vinto. Un contratto nuziale presso gli antichi orientali veniva concluso con il pranzo di nozze che di solito si svolgeva la sera e si protraeva per tutta la notte. In ogni caso, chi partecipa a questi banchetti entra in intimità perché mangia le stesse vivande, condividendo momenti fondamentali della vita individuale e nazionale. Prima lettura Il profeta Isaia considera Yhwh alla stregua di un re che prende possesso del suo regno: non è forse Yhwh, il Creatore, più che un qualsiasi re della terra? Yhwh Re invita al banchetto di alleanza e di amicizia il popolo che ha legato a sé con la promessa fatta ai patriarchi. Il banchetto di vittoria celebra la sconfitta del nemico per eccellenza che è la morte (vv. 7 8; cf Ap 21,4; 1Cor 15,26) e di conseguenza la gloria di Dio si riversa sulla terra degli uomini (tema della montagna ai vv.6.7 e 10) che così partecipano alla «signoria» di Dio. Non è Dio che scende «in basso», ma è l umanità che nel banchetto nuziale, viene innalzata sul monte, al livello di Dio. Il banchetto descritto in questi termini dal profeta quattro/cinque secoli prima di Cristo, assume il valore di preludio del banchetto eucaristico quando il Risorto intronizzato sul trono della croce dello scandalo e dell ignominia (1Cor 1,18 23) celebrerà la vita immortale offrendo se stesso in dono all umanità (cf Gv 6,51). Salmo responsoriale Salmo poetico di squisita delicatezza che descrive una fiducia totale nel Signore descritto come pastore premuroso delle sue pecore. La freschezza delle immagini, la delicatezza dei sentimenti e la profondità teologica ne fanno una perla di tutto il Salterio. Il salmo 23 è unanimemente attribuito a Davide che, secondo la tradizione ebraica, lo compose mentre fuggiva da Saul che voleva ucciderlo. Dio irrigò la foresta con una rugiada che aveva il sapore del mondo futuro e così rese anche commestibile l erba del prato e le foglie degli

2 alberi. Ancora oggi il salmo è recitato dagli Ebrei prima della benedizione del pasto perché in ebraico il salmo si compone di 57 parole, numero a cui corrisponde il termine «nutrimento» in ebraico «oklàh». Il Salmo è centrato su due figure: il pastore premuroso come allegoria di Dio e l ospite come allegoria del credente. Il viaggio del Pastore richiama l esodo di Israele nel deserto, durante il quale fu nutrito da Dio con la carne, la manna e con l acqua (Es 16,1 36; 17,1 7). La tradizione cristiana da sempre applica questo salmo alla vita sacramentale specialmente al battesimo e all eucaristia che è il pascolo erboso su cui il «Pastore bello» (Gv 10,11.14) ci fa riposare per nutrirci con la Parola, il Pane e la forza del Vino per attraversare la valle oscura che interseca la vita. Seconda lettura San Paolo nella ci presenta se stesso come «indifferente» alle cose di poco conto, come la ricchezza e la povertà perché il suo cuore è immerso nella volontà del Signore che si è impossessato della sua vita: l apostolo è libero di non essere libero. Per questo sa apprezzare gli amici che si accorgono del suo bisogno e lo soccorrono senza essere richiesti: è l Eucaristia che si fa vita e la vita che diventa azione sacrificale per amore. Durante la prigionia romana, i Filippesi hanno inviato aiuti all apostolo che risponde con un biglietto, l ultimo scritto alla diletta comunità e riportato dalla liturgia odierna. Di fronte agli aiuti dei Filippesi, che vive come un vero sacrificio (v. 18), Paolo manifesta anche il suo disinteresse di fronte alle cose materiali mentre rende grazie a Dio: tutto viene da Dio, ma da tutto l apostolo è distaccato e non è avido (cf 1Tm 6,6 10), ma non rifiuta gli aiuti perché il disinteresse svela chi è amico e chi non lo è; la vera religione infatti non è poi così difficile: basta abituarsi a sapere ricevere per imparare a dare quello che si è ricevuto. L Eucaristia è questa scuola che c impegna alla gratuità ricevuta e alla generosità condivisa. 2. COMMENTI AL VANGELO (di p. Alberto Maggi, osm trascrizione da conversazione Gesù ha annunziato ai sommi sacerdoti, agli anziani, ai farisei, alla casta sacerdotale al potere e ai leader religiosi che sarà loro tolto il regno di Dio. Ora spiega il perché. E quello che ci insegna Matteo nel capitolo 22, i primi quattordici versetti. Dunque Gesù riprende a parlare a loro, a queste categorie, e paragona il regno dei cieli ad un re che fa una festa di nozze. Gesù non paragona il regno dei cieli a un assemblea liturgica, a un immagine che richiama il tempio e le liturgie, ma a quella che era la festa più umana, più gioiosa, quella delle nozze, perché nel suo regno la caratteristica è la gioia, la felicità. Dio desidera la felicità degli uomini. E queste nozze sono di suo figlio. Manda i servi a chiamare le persone invitate, ma queste non vogliono venire. Gesù sottolinea l ostinato rifiuto da parte di questa casta sacerdotale al potere, dei leader religiosi, dell invito alla novità da lui proposta. Il re non si scoraggia, manda altri servi. Nei servi c è l immagine dei profeti che Dio instancabilmente ha mandato al suo popolo, e continua cercando di allettarli con quella che era la parte più simpatica e interessante della festa, un pranzo succulento. «ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già stati uccisi e tutto è pronto;» Quindi li attira con l aspetto più attraente della festa. Ebbene, la risposta è che quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari;. Gesù sottolinea ancora una volta che il rifiuto da parte delle autorità religiose e dei capi spirituali del popolo della sua proposta di novità del regno, è dovuto all unico Dio in cui loro credono, l unico Dio che adorano: l interesse, la convenienza. Tutto quello che fanno è per il proprio bene; il bene del popolo a loro non interessa e quindi alla proposta del regno preferiscono il proprio campo, i propri affari, i loro interessi e non i bisogni della gente. Ma non solo, presero i servi, li insultarono e li uccisero., la sorte dei profeti inviati da Dio che sono sempre misconosciuti, rifiutati e perseguitati dalle autorità religiose. E Gesù li ammonisce dicendo che il loro interesse sarà quello che poi porterà alla rovina tutto il popolo. La reazione del re è quella classica dell Antico Testamento con la quale si manifestava l ira di Dio contro i nemici, cioè la distruzione della città. E qui c è un allusione alla distruzione di Gerusalemme, città che sarà perduta, che sarà distrutta proprio a causa dei capi religiosi che hanno rifiutato il messia di pace annunziato da Gesù. Ebbene il risvolto della parabola è che questo regno, questa festa di nozze rifiutata dai capi e dalla casta sacerdotale, sarà ora aperta a tutti. Infatti Poi disse ai suoi servi: «La festa di nozze è pronta, ma gli invitati

3 non sono degni; andate ora ai crocicchi delle strade», ecco qui c è un termine che è erroneamente tradotto con crocicchi, cioè incroci delle strade. Non è così. Il termine adoperato dall evangelista è importante. Adopera un termine greco che indica la fine delle strade urbane, là dove iniziano i sentieri. Quindi i servi devono uscire dalla città e raggiungere i confini del regno. L annunzio del regno ormai non è soltanto per la città, ma è ovunque. Allora devono uscire dalla città e andare per i sentieri del mondo. E questo l invito che Gesù fa. E tutti sono invitati a questa festa di nozze. L offerta d amore di Dio è per tutta l umanità. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, prima i cattivi e poi i buoni. Questo corrisponde a quello che Gesù ha detto dell amore del Padre sarete figli del Padre vostro che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e i buoni, quindi non ci sono prima i buoni e poi i malvagi, ma tutti sono invitati. L offerta d amore di Dio è fatta per tutti, specialmente per quelli che ne hanno più bisogno. e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l abito nuziale. Qual è il significato di questo abito nuziale? Ci viene in soccorso il libro dell Apocalisse in cui parla delle nozze dell agnello e si legge che la veste di lino sono le opere dei santi. L invito a partecipare al regno è per tutti, l abbiamo detto, ma poi, una volta all interno di questo regno, si esige la conversione, un cambiamento di mentalità che si deve vedere nelle opere. E qui c è uno invece che questo cambiamento, questa conversione, non l ha fatto. Gli disse: «Amico». Tre volte appare il termine amico nel vangelo di Matteo ed è sempre in senso negativo; all operaio invidioso nella parabola dei vignaioli, a Giuda e poi qui. «come mai sei entrato qui senza l abito nuziale?» Nel regno di Dio la condizione per partecipare è la conversione. Gesù già l aveva detto: Convertitevi perché è vicino il regno di Dio. Conversione significa sostituire i valori esistenti con quelli proposti da Gesù. Il regno di Dio è un alternativa per la società dove al posto dell accumulare ci sia il condividere, dove al posto del comandare ci sia il servire. E questo si deve vedere attraverso azioni concrete che lo manifestino. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: «Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti». E un immagine tipica presa dal linguaggio biblico, dal linguaggio rabbinico, per indicare il fallimento della propria esistenza. I capi religiosi, i sommi sacerdoti, gli anziani, i farisei, quelli che si ritenevano i più vicini a Dio, i privilegiati del regno, proprio loro invece non ci sono entrati, sono stati esclusi. La loro esclusione non mette fine al progetto d amore per l umanità, ma permette di espandersi e rivolgersi a tutto l universo. Perché molti sono i chiamati, l offerta d amore è per tutti, ma pochi eletti., sono pochi quelli che rispondono affermativamente, perché per rispondere affermativamente occorre un cambio di vita che si rivela pienamente in opere che arricchiscano la vita degli altri, opere a favore del bene dell uomo. La conversione significa mettere il bene dell uomo come punto più importante della propria esistenza, come valore assoluto. Per questo le autorità religiose sono escluse, perché per loro il bene più importante è il proprio e quello dell istituzione che presiedono e difendono. È così che va compresa la conclusione della parabola, connessa a un usanza tradizionale al tempo di Gesù: all ingresso del banchetto nuziale i commensali ricevevano in dono una veste bianca, segno del comune invito ricevuto dal padrone di casa. Quando il re, figura di Dio, entra per salutare i presenti, ne scorge uno privo dell abito nuziale. Com è stato possibile? Quest uomo ha accettato l invito ma, fino all ultimo, ha orgogliosamente rifiutato il dono, ha preteso di contare sulle proprie forze; e così, invece di rispondere con gioia alla gratuità di Dio, ha intrapreso un monologo che al momento decisivo lo rende muto. Dio non lo ha mai conosciuto (cf. Mt 7,23), e ormai è troppo tardi «Molti sono chiamati, ma pochi eletti», conclude Gesù. È una parola che costituisce un monito esigente per ciascuno di noi. Tutti gli esseri umani sono chiamati alla salvezza, al banchetto festoso del Regno, ma nessuno è garantito, neppure dall appartenenza alla chiesa. Occorre cedere alla grazia che sempre ci attira e rimuovere tutto ciò che è di ostacolo all azione del regnare di Dio su di noi. Occorre, in altre parole, accogliere l offerta di Dio, Padre del Signore Gesù Cristo e Padre nostro: «A colui che ha sete io darò gratuitamente l acqua della fonte della vita» (Ap 21,6; cf. Is 55,1). (Enzo Bianchi,

4 3. RISONANZE Tre immagini riassumono la parabola: la sala della festa, le strade, l'abito nuziale. 1. La sala della festa rimane vuota e triste, fotografia impietosa del fallimento del re: nessuno vuole il suo regalo, nessuno partecipa alla sua gioia. Perché gli invitati non rispondono al suo invito? Abbiamo tutti sperimentato che per far festa davvero con gli altri è necessario un anticipo di felicità dentro, è necessario essere contenti. Ecco perché i primi invitati non rispondono, perché non sono felici: hanno perso la gioia del cuore dietro alle cose e agli affari. 2. Le strade. Allora il Dio che vive per creare gioia condivisa, dice ai servi: «Andate per le strade, agli incroci, ai semafori, lungo le siepi...». E l'invito sembra casuale, invece vuole esprimere la precisa volontà che nessuno sia escluso. È bello questo nostro Dio che quando è rifiutato, anziché abbassare le attese le alza: chiamate tutti! Che apre, allarga, gioca al rilancio, va più lontano; e dai molti invitati passa a tutti invitati: tutti quelli che troverete, cattivi o buoni, fateli entrare. Notate: prima i cattivi e poi i buoni... Noi non siamo chiamati perché siamo buoni e ce lo meritiamo, ma perché diventiamo buoni, lasciandoci incontrare e incantare da una proposta di vita bella, buona e felice da parte di Dio. 3. L'abito nuziale che un commensale non indossa ed è gettato fuori. A capire che cosa rappresenti quell'abito ci aiuta una parola sussurrataci il giorno del Battesimo quando, ponendo sopra di noi una piccola veste bianca, il sacerdote ha detto: «Bambino mio adesso rivestiti di Cristo!». Il nostro abito è Cristo! Passare la vita a rivestirci di Cristo, a fare nostri i suoi gesti, le sue parole, il suo sguardo, le sue mani, i suoi sentimenti; a preferire coloro che egli preferiva. L'abito nuziale è quello della Donna dell'apocalisse: vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di stelle, che indossa il guardaroba di Dio, l'abito da festa del creato, che è la luce, il primo di tutti i simboli di Dio. In quella Donna è ciascuno di noi, cercatore di luce che venga a vincere le paure e le ombre che invecchiano il cuore. La parabola ci aiuta a non sbagliarci su Dio. Noi lo pensiamo come un Re che ci chiama a servirlo e invece è Lui che ci serve. Lo temiamo come il Dio dei sacrifici ed è il Dio cui sta a cuore la gioia; uno che ci impone di fare delle cose per lui e invece ci chiede di lasciargli fare cose grandi per noi. Lo pensiamo lontano, separato, e invece è dentro la sala della vita, la sala del mondo, come una promessa di felicità, una scala di luce posata sul cuore e che sale verso Dio. (p. Ermes Ronchi, osm) Dio è una festa. Il Regno di Dio, ci spiega Matteo, è una bella festa di nozze riuscita. Pensate alla miglior festa cui avete partecipato, là dove era l'amore a fare la festa, non la lunghezza del menu o il lusso degli addobbi floreali. Una festa bella perché composta da persone belle, che si vogliono bene, che gioiscono per la gioia degli altri. Ecco, dice Gesù: la presenza di Dio è qualcosa di simile. Non per niente san Giovanni inizia il suo vangelo con una memorabile festa nel villaggio di Cana! L'incontro con Dio è festa, gioia, danza, sorriso, bellezza indescrivibile. Travolgente come un innamoramento, vera come il desiderio di donarsi e di vivere insieme, feconda come un talamo nuziale, l esperienza di Dio ha a che fare con l aspetto più gioioso dell esistenza umana, quello dell amore. Il Dio di Gesù invita l umanità ad una splendida festa di nozze in cui lo sposo è Gesù stesso. Che splendida notizia! Ma allora scusate perché molti pensano alla fede come al più triste dei funerali? Perché fatico così tanto a testimoniare ai giovani in cerca di senso che l'incontro con il Vangelo è un esperienza straordinaria? La sfida del cristianesimo in questo terzo millennio consiste nel passare da una fede crocifissa ad una fede risorta, perché la gioia cristiana è una tristezza superata, è partecipare al banchetto nuziale che inizia qui e finirà nell eterno cuore di Dio. Io credo perché non ho incontrato nulla di più bello nella mia vita del Signore Gesù e, ad oggi, nulla mi ha mai dato altrettanta durevole e autentica gioia. (da un commento di Paolo Curtaz)

5 4. UNA RIFLESSIONE [ ] La liturgia di oggi ci impone, in un certo senso, di considerare come applicazione pratica, una dimensione del banchetto eucaristico che di norma viene messo sotto silenzio, mentre invece costituisce la nervatura interiore della celebrazione. E il tema del raduno o della convocazione universale, uno dei frutti più maturi e più profondi che ci ha lasciato il grande concilio ecumenico Vaticano II nella costituzione sulla Chiesa, Lumen Gentium. Chi partecipa all Eucaristia spesso si limita a compiere un atto di devozione privata, magari insieme ad altri fisicamente nello stesso luogo, ma senza alcuna comunione tra di loro. Quante volte entrando in una chiesa, durante la celebrazione si ha la certezza di trovarsi tra estranei raccolti nello stesso luogo in attesa che finisca l impegno o l obbligo del precetto! La Messa per obbligo è una bestemmia. Letture, modalità della celebrazioni, omelie e gesti sono scontati, accessori per occupare un tempo prestabilito che sia possibilmente minimo e senza scosse. Se nell omelia si accenna all attualità si dice che si fa politica, se si spiega la Scrittura si dice che la Messa non è una scuola, se si celebra senza fretta e assaporando ogni momento si dice che non bisogna stancare la gente. Ogni scusa, insomma, è buona per ridurre l Eucaristia a puro corollario di una religiosità senz anima e senza dignità. La costituzione del Vaticano II Lumen Gentium sulla Chiesa insegna che quando un gruppo di cristiani si riunisce per celebrare la dominica dies, nella loro assemblea eucaristica è presente la Chiesa universale. Non importa se si è in due o tre o mille: l assemblea eucaristia è il segno, il sacramento, qui e ora, del raduno universale della Chiesa che convoca il mondo intero sul monte della conoscenza di Dio e alla mensa del Pane e del Vino. Nessuna Messa è privata, nessuna Messa può essere privatizzata perché la sua natura è, per definizione e grazia, universale, anzi cosmica: essa anticipa il punto di vista della fine, il «punto Omèga» (come lo definiva il grande scienziato e teologo Teilhard de Chardin), perché la celebrazione dell Eucaristia è «il già accaduto», ma «il non ancora compiuto». Qui e adesso non celebriamo la «nostra» Messa, ma siamo sacramentalmente rappresentativi di tutta la Chiesa sparsa nel mondo e tutta la Chiesa è presente qui in noi e con noi. Ognuno di noi è venuto dall individualità della sua casa perché ha risposto alla vocazione ecclesiale: lo Spirito lo ha convocato in una assemblea di fratelli e sorelle riuniti attorno a Cristo per svolgere un compito sacerdotale: rappresentare l umanità a Dio e Dio all umanità. In un mondo frantumato e diviso, in una società lacerata da divisioni e guerre, anche la più piccola comunità eucaristica è il germe di un èra nuova: si raduna o, meglio, si lascia radunare per esprimere il desiderio profondo e fecondo dell umanità assetata di unità e di condivisione. Non si viene in chiesa per mettere a posto Dio o per mettersi a posto con Dio: sarebbe un mercimonio di prostituzione a buon mercato. I martiri di Abitene (Tunisia) di fronte alla scelta tra vivere senza la domenica o morire per la domenica, scelsero la morte perché «sine dominico non possumus non possiamo vivere senza domenica» cioè senza Eucaristia [ ] (da un commento di Paolo Farinella, prete Genova)

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