anno XLII - n. 6 - novembre-dicembre 2009 Sped. in abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n 46) art. 1, comma 1, DCB Vicenza
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1 anno XLII - n. 6 - novembre-dicembre 2009 Sped. in abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n 46) art. 1, comma 1, DCB Vicenza Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra. (Salmo 71) Ci benedica il Signore tutti i giorni della nostra vita. (Salmo 127)
2 IN CHC E PAEP AESE VIVIAMO? Questa è la domanda che negli ultimi mesi abbiamo sentito ripetere con maggiore insistenza sui giornali, alla radio, in televisione, ma anche tra la gente comune. È possibile che in un Paese dove la gente continua a far fatica ad arrivare a fine mese, le massime cariche del governo nazionale e regionale trovino il tempo per divertirsi in festini di dubbio gusto? È possibile che in un Paese dove aumenta pesantemente la disoccupazione, si continui a minimizzare sugli effetti della crisi rassicurando che il peggio è passato? È possibile che in un Paese dove è ancora elevato il grado di ingerenza della criminalità organizzata, si proponga l apertura di casinò all interno degli alberghi di lusso? È possibile varare leggi come quella sul cosiddetto scudo fiscale, o per tutelare il ruolo delle massime cariche dello Stato, ritenendole a vantaggio di tutta la collettività? Purtroppo tutto questo è possibile visto che tutto questo è già accaduto! Lungi da me la volontà di ergermi a censore, credo tuttavia che questo nostro Paese abbia bisogno di recuperare una capacità di indignazione che invece appare sempre più celata da una sorta di rassegnazione. Non si tratta di fare nuove rivoluzioni e men che meno di utilizzare sistemi che si contrappongano ai principi di tolleranza, di rispetto per le opinioni altrui, di democrazia. Ma recuperare un idem sentire da cui far ripartire una nuova speranza per il futuro, su questo credo ci si debba impegnare. Allora, a parer mio, il primo punto su cui impegnarsi è quello di richiedere che sia recuperato un senso etico-morale nella gestione della cosa pubblica. Il problema non è indagare su cosa accada sotto le lenzuola o dentro le private stanze dei nostri politici, ma il fatto che un politico, cioè colui che ha responsabilità pubbliche che deve esercitare nell interesse della collettività, non si comporti nel suo privato in modo eticamente e moralmente irreprensibile lo sottopone al rischio di essere ricattato, togliendogli la necessaria serenità nello svolgimento del suo mandato. E questo accade a tutti i livelli. Proviamo a pensare se anche nelle nostre città e nei nostri paesi il sindaco fosse sottoposto a ricatto, non ne risulterebbe condizionato nel suo quotidiano impegno pubblico? Assunzioni, affidamento dei lavori, concessione di contributi non sarebbero più elargiti in funzione di un interesse generale, ma con ogni probabilità per rendere conto a chi lo sta tenendo sotto scacco. In questo senso il recupero dell etica non rappresenta un ritorno ad un moralismo manicheo, ma piuttosto è garanzia di libertà. Del resto a me non risulta che ci siano persone obbligate ad assumere funzioni pubbliche. Di solito invece chi decide di impegnarsi in questo ambito, accompagna alle necessarie doti, qualità e predisposizioni personali anche una buona dose di narcisismo, e nel conto di una carica pubblica, oltre ai privilegi legati al ruolo vanno annoverate una serie di rinunce tra cui anche quelle di una riduzione degli spazi privati. Insomma, per un politico pubblico e privato coincidono in nome di una libertà che non può tollerare zone d ombra. La politica rimane un alta forma di servizio e di carità, ed è proprio in ragione di questo suo importante ruolo che va esercitata con passione, ma anche con responsabilità, sobrietà e dirittura morale. Buon Natale! Federico M. Fiorin SANTUARIO DI PANISACCO S. MARIA Per una parrocchia missionaria Abbiamo da qualche mese concluso l anno paolino, ma resta alta e forte nel nostro cuore l eco delle parole dell Apostolo: «guai a me se non predicassi il vangelo». Ce lo ricordava anche Benedetto XVI nell ottobre scorso: «è un dovere impellente per tutti annunciare Cristo e il suo messaggio di salvezza». Considerando realisticamente la situazione delle nostre parrocchie, constatiamo che molti hanno preso le distanze dalla comunione con la Chiesa ed hanno praticamente dimenticato il loro battesimo. Come non sentirsi costretti da quelle parole: «l amore di Cristo ci spinge al pensiero che uno è morto per tutti»? Se portiamo dentro questa passione per la Chiesa, non possiamo fermarci ad una pastorale di conservazione, ma occorre trovare qualche strada affinché anch essi vengano raggiunti dalla buona notizia del vangelo. Abbiamo da poco iniziato un nuovo anno di pastorale, non possiamo più coltivare solo il piccolo gruppo,sempre presente e operante; bisogna guardare oltre il sagrato della chiesa là dove passa la vita della gente, perché è là che ci manda il Signore. Ci vuole coraggio per uscire, per andare e prendere nuove strade, proprio come Gesù che,da Nazareth venne a Cafarnao, sempre dopo aver riflettuto e pregato su quello che possiamo fare, fidandoci sempre della parola di Dio: «non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi, perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga». Un altro impegno altrettanto urgente e necessario è ri- 2 3
3 uscire a comunicare la fede da persona a persona, testimoniando concretamente con la vita ciò in cui crediamo. La chiesa è tutta missionaria ed ha bisogno di quella franchezza di cui parla la lettera di Pietro: «pronti sempre a rendere ragione della speranza che è in voi», cioè la grazia di aver incontrato Gesù che non possiamo tenere solo per noi. Nonostante le difficoltà del tempo presente, questa resta la via privilegiata per far conoscere Gesù a quanti il Signore mette nella nostra strada. Il progetto pastorale comunicare il vangelo in un mondo che cambia ci incoraggia in questo compito che richiede sapienza, passione, grazia e preghiera. Non dimentichiamo mai che non siamo soli perché Gesù cammina con noi suoi discepoli e se dice «senza di me non potete far nulla» assicura «io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo». Il compito non è tutto nostro, perché lo Spirito che Gesù ci dona, è più forte della nostra debolezza. Maria, prima e grande missionaria, ci incoraggia in questa avventura,ci apre la strada a realizzare quel sogno di Dio che deve diventare anche il nostro. Don Livio, parroco e gli Amici di S. Maria Orario Ss. Messe Domenica ore Mercoledí ore 7 Antico Testamento p. Flavio Toniolo C.P. PROFETI NELLA N LA BUB FERA: GEREMIA A ED EZECHIELEE Abbiamo già detto che i profeti sono protagonisti della storia e soprattutto interpreti religiosi dei fatti che accadono sotto i loro occhi e che essi tentano di incanalare per il meglio. Non sempre ci riescono, per l ostilità dei loro concittadini: ma la storia finisce sempre per dare loro ragione. Una storia desolante Geremia ed Ezechiele, quasi contemporanei, si trovano ad agire nel momento più drammatico del regno di Giuda, quando Gerusalemme viene distrutta e gli Ebrei sono deportati a Babilonia ( a.c. ). Geremia aveva esortato a non ribellarsi a Nabucodonosor, che già in una prima invasione aveva sottomesso la città deportando lo stesso re Joachin e la sua famiglia. Molti dei rimasti sognavano una rivincita, alleandosi con l Egitto, ma Nabucodonosor, scoperte le loro trame, assediò nuovamente Gerusalemme (gennaio 587), distruggendola totalmente dopo 18 mesi di aspra resistenza (luglio 586). Invano Geremia aveva invitato i suoi concittadini ad arrendersi per salvare il salvabile. Geremia ha il permesso di stare in patria ed aiutare il governatore Godolia, suo amico, a riassestare quel poco che era rimasto della nazione dei Giudei. Ma anche qui fallisce, perché il partito filo-egiziano uccide il governatore e fugge in Egitto, trascinandosi dietro il vecchio profeta, probabilmente lapidato. 4 5
4 Geremia, profeta scomodo e tormentato Geremia ci appare quindi il profeta della contestazione, del dramma, della sofferenza, dell apparente fallimento. Va contro-corrente, smentisce le illusioni, fustiga, per questo viene osteggiato e respinto. Da notare che egli non è per niente aggressivo o grintoso, ma timido, introverso, pauroso dei suoi passi, come emerge dal racconto della sua vocazione (Ger 1, 5-10). Gli manca la parola, l esperienza, il coraggio. Il profeta è proprio uno strumento debole nelle mani di una forza misteriosa che lo trascende e gli fa compiere azioni che solo la potenza di Dio può realizzare. Questo dramma lo avvertiamo nelle sue confessioni (Ger 11, 18-23; 12, 1-6; 15, 10-21; 17, 14-18; 20, 7-18). Accusa Dio di averlo come violentato (Ger 20, 7), maledice il giorno della sua nascita (Ger 20-14). Eppure svolge fedelmente il compito che Dio gli ha affidato. Il libro delle profezie di Geremia È un libro piuttosto disordinato, non di un solo autore. C è la sua ispirazione, ma c è anche la mano del suo segretario Baruc. Si suddivide sommariamente così: 1. Oracoli contro Giuda e Gerusalemme (cc. 1-25,14); 2. oracoli contro le nazioni (cc. 25, e cc ); 3. oracoli di consolazione per il popolo (cc ); 4. narrazioni del segretario Baruc (cc ). Geremia non è solo profeta di sventura, ma anche di consolazione. Preannuncia una futura restaurazione d Israele, quando Dio farà un alleanza nuova con il suo popolo: è l albeggiare della speranza messianica. L invettiva contro il tempio Nei capitoli 7-11 egli inveisce contro l esteriorità del culto, a cui non corrisponde l onestà della condotta morale (Ger 7, 1-11). Anche il tempio non ha senso, anzi verrà distrutto, se continuerà ad essere spelonca di ladri, adulteri, spergiuri e non luogo dove si celebra Dio soprattutto con la santità della vita. Ma il popolo non ragiona così (Ger 8,7). Il preannuncio dell alleanza nuova Geremia ha parole di consolazione quando preannuncia il ritorno nella terra dei padri e una nuova alleanza di Dio con il suo popolo (Ger 31, 31-34). È uno dei vertici più alti della teologia e della spiritualità biblica: si preannuncia non solo il rinnovamento dell alleanza che Israele aveva infranto con la sua infedeltà, ma anche la sua sublimazione mediante l interiorizzazione dei rapporti religiosi e morali. Dio sarà da ricercare nel cuore degli uomini, più che nelle loro insincere dichiarazioni di fede. Gesù ricupera questo messaggio istituendo l Eucaristia (Lc 22, 19-20). Lamentazioni di Geremia Geremia è soprattutto un profeta di dolore, un annunciatore di cose infauste per la sua gente, e lui stesso si sente per primo coinvolto nella tragedia del suo popolo. Per questo la tradizione gli attribuisce la paternità anche delle famose Lamentazioni (vedi Lam 1,1). Più amaro ancora il fremito della seconda lamentazione, dove l autore descrive il dolore delle madri che non riescono più a nutrire i loro figli (Lam 2, 11-12). La quinta è una supplica accorata a Dio perché non rigetti la sua eredità (Lam 5, 20-22). Anche qui rispunta la speranza: il profeta sa che Dio non può adirarsi senza limite e perciò lo supplica di intervenire a salvare il suo popolo. Gli Ebrei pongono questo piccolo libro fra i cinque rotoli delle feste, e viene letto il giorno 9 del mese di Ab (luglioagosto), anniversario della distruzione del tempio. Anche oggi le Lamentazioni vengono lette al cosiddetto muro del pianto che conserva ancora i grossi blocchi di pietra un tempo base del tempio ricostruito da Erode. La Chiesa utilizza questi canti dolenti nella liturgia della Settimana santa, per ricordare la Passione del Signore e lo scempio che gli uomini hanno fatto di Lui. Le Lamentazioni (probabilmente non composte da Geremia) esprimono bene il senso di disperazione di un popolo che ha perduto il simbolo della sua identità religiosa e politica: la città santa e il suo tempio. La Voce di S. Maria vive con piccole e continue gocce di carità e ringrazia tutti coloro che contribuiscono alla sua realizzazione. 6 7
5 Ezechiele, il profeta degli esuli Anche Ezechiele è coinvolto e travolto dagli avvenimenti che portano alla fine e alla distruzione del regno di Giuda. Di origine sacerdotale, anche lui è fra i deportati di Babilonia (597). Nei disegni di Dio è la sentinella che mantiene vigile la coscienza degli Israeliti: devono rendersi conto che la sciagura è meritata e convertirsi sinceramente al Signore; non devono però disperare perché Dio non abbandona per sempre il suo popolo. Nel 593 Ezechiele ha la grande visione (Ez 1, 4-28), a cui segue la sua missione profetica, in cui deve inghiottire un rotolo (Ez 3, 4-7). La grande visione significa che il Dio di Israele non è un dio piccolo, ma un Dio potente, che estende il suo dominio dovunque ed è capace di riportare il suo popolo nella terra dei padri. A condizione che gli Israeliti cambino il loro cuore ostinato e pieghino la loro dura cervice davanti ai disegni di questo Dio amoroso e potente. Anche la distruzione definitiva di Gerusalemme ( ) non sarebbe stata la fine in assoluto, se Israele si fosse convertito sinceramente. Ezechiele comunque, quando la città fu distrutta, fu molto turbato e rimase muto per mezzo anno. C è ancora una speranza per Israele Dopo la distruzione drammatica di Gerusalemme, Ezechiele non fa più annunci di sventura, ma di speranza, di consolazione. Nei capitoli fa balenare la speranza di un ritorno alla vita di un popolo considerato ormai come morto. È quanto significa la visione delle ossa aride (Ez 37, 11-14). Il ritorno nella terra dei padri sarà come una risurrezione collettiva dai morti. Puoi trovare La Voce di Santa Maria anche su Internet all indirizzo: dal quale puoi comunicare con il bollettino. «Vi darò un cuore nuovo» Questo spirito, che rende la vita ai morti, purificherà i cuori degli uomini, li rinnoverà dall interno (Ez 36, 24-28). In prospettiva messianica la legge morale non sarà più sentita come una imposizione dal di fuori, ma come una esigenza interiore, un bisogno del cuore. Il sogno di una Gerusalemme nuova Anche la terra promessa in cui alla fine gli Ebrei ritorneranno, sarà una terra nuova. Il tempio sarà ricostruito secondo un progetto ideale, e il culto nascerà dal cuore. La gloria del Signore ritornerà ad abitare visibilmente nel tempio (Ez 11, 22-25). Anche il nome della città sarà diverso (Ez 48,35). È un meraviglioso gioco di fantasia che Ezechiele riesce a mettere in azione nei capitoli conclusivi (Ez 40-48) per trasmettere agli Ebrei in esilio un messaggio di speranza: Dio, che è fedele, va sempre oltre le attese o i desideri stessi degli uomini. Sulle rovine fumanti di una città devastata, Egli è capace di impiantare le fondamenta di una città nuova, che tocca i vertici del cielo, dove legge di vita sarà questa immanenza quasi palpabile di Dio in mezzo al Suo popolo. Giovanni nell Apocalisse ci descrive la Gerusalemme celeste che «scende dal cielo, pronta come una sposa adorna per il suo sposo» (Ap c. 21). I sogni dei profeti sono sempre destinati a diventare realtà. La voce di S. Maria augura alla famiglia dei devoti Buon Natale e Buon Anno con la benedizione della Madonna 8 9
6 Anno 2012: la fine del mondo! Sta arrivando la fine del mondo? Qualche preoccupazione dovremmo averla. Gli scienziati annunciano che l effetto serra scioglierà i ghiacciai con preoccupanti conseguenze: innalzamento del livello dei mari, terre sommerse, gravi siccità, uragani, non ci sarà cibo e acqua per tutti, non sappiamo più se quello che mangiamo ci fa bene o aumenta la quantità di veleni... Le ricorrenti epidemie sollevano allarmi. Nel frattempo assistiamo a una epocale emigrazione di milioni di persone dal sud del pianeta verso i paesi ricchi con tensioni sociali sempre più evidenti. Mettiamoci i terremoti, gli tsunami e, poi chissà, magari un grosso asteroide potrebbe scontrarsi con il nostro pianeta e così pure noi o i nostri discendenti faremo la fine dei dinosauri. Il cinema fa la sua parte con una serie continua di catastrofi, mutazioni genetiche, mostri, epidemie..., interpretando così forse un sentimento di insicurezza e attesa che al peggio non c è limite. A confortarci, per modo di dire, arrivano anche le profezie (i Maia, Nostradamus, le varie sette ) e così abbiamo anche la data precisa: l anno fatidico sarà il Forse, si potrebbe fare qualcosa ma... magari è già tardi! Qualche decennio fa le paure erano meno complicate: bastava la catastrofe nucleare per cancellare la vita dalla terra. Un generale impazzito (ricordate il film di Kubrick Il dottor Stranamore ) premeva un pulsante e subito, dall altra parte, partiva la bomba fine di mondo. Se io fossi un giornalista famoso, di quelli che partecipano con posto fisso ai talk-show televisivi, su questi temi cosa scriverei? Intanto, ho studiato storia, non solo le date, le vicende dei grandi personaggi, ma mi sono interessato alla storia della vita quotidiana del passato per un confronto col presente (d altra parte è ciò a cui serve la storia). Ho riflettuto sul fatto che minacce della fine del mondo sono sempre state vissute in ogni epoca anche se il terrore dell anno 1000 appartiene alla leggenda. Cosa avranno mai vissuto i nostri antenati quando i Visigoti di Alarico nel 410, appena 45 anni dopo, i Vandali di Genserico saccheggiarono Roma capitale di un Impero Romano non ancora decaduto? 10 In seguito, dai barbari dal V secolo fino ai nostri giorni, ricordando i numerosi avvenimenti globalmente tragici (solo per fare due esempi: la peste nera, che a metà del XIV secolo spopolò tutta l Europa, e i 50 milioni di morti della II guerra mondiale), quante volte si sarà parlato della fine del mondo? Sembrerebbe che dovremmo essere tutti estremamente preoccupati. Beh, al contrario, la gente, per fortuna, sembra vivere come sempre, cioè non sconvolta da queste catastrofi annunciate: fa le cose di sempre vivendo, come si suol dire, alla giornata. Siamo tutti scettici, incoscienti, rassegnati? Forse, ma non possiamo che vivere così. Anche nel Vangelo si parla della fine del mondo, ma a nessuno è dato di conoscerne la data. Io penso che sia molto più saggio parlare non della fine del mondo, ma della fine di un mondo. Di diversi mondi tutti abbiamo fatto esperienza. Non si parla ad esempio di mondo della fanciullezza, dell adolescenza? Il mondo in cui viviamo non finirà (oggi o nel 2012) ma sta profondamente cambiando e sta cambiando troppo in fretta, non riusciamo a starci dietro: questo è veramente un grande problema. Come dovremmo vivere il cambiamento travolgente? Ce lo insegnano sociologi, psicologi e quant altra specie di esperti. Tuttavia, forse, potremmo fare qualcosa di nostro. Che di fronte ai grandi problemi, il nostro impegno conti ben poco ne siamo consapevoli, ma, di fronte alle contraddizioni del nostro presente, possiamo recuperare un equilibrio personale, scelte e condizioni di vita che ci facciano vivere meglio. Fare scelte e creare nuove condizioni personali di vita è possibile, ma ci vuole carattere e la volontà di vivere liberi. Possiamo fare la scelta di non guardare troppo la televisione che, se non riesce a spaventarci, almeno ci rincretinisce? Anche se non lo ammettiamo, siamo tutti un po tormentati; ottima cura contro l angoscia, latente è scoprire e leggere qualche autore, scegliendo tra quelli che si caratterizzano per la loro ironia, attraverso la quale si può giungere a smontare un bel po di meccanismi condizionanti (consiglierei, uno tra tanti, Achille Campanile). Un buon consiglio sarebbe quello di agitarsi, gridare e ar- 11
7 rabbiarsi meno. Trovare invece motivi di discussione serena, di riflessione nei nostri incontri con gli altri, non solo su cose banali o sulle ultime barzellette, ma anche riuscendo ad aprirci e a farci aprire. Io penso che i buoni consigli siano capaci di darli tutti, e di solito lasciano il tempo che trovano, ma ciò che può cambiare il modo di essere nel nostro provvisorio mondo e ci insegna a gestire i cambiamenti quotidiani, sono due regole fondamentali. Prendiamoci del tempo per dedicarci al bello: leggere, ascoltare musica, osservare con occhio diverso il volto delle persone che incontriamo per strada, scoprire in modo nuovo luoghi abituali Ma non c è tempo! Facciamo delle scelte. Di sicuro, lo prendiamo nel supermercato delle nostre ripetitive e abitudinarie azioni. Riflettiamo sul fatto che in molte famiglie, quelle benestanti di solito, ma non solo, già i ragazzini delle elementari non hanno più tempo, sono a cottimo: scuola, ma poi musica, danza, inglese, tennis, nuoto sono sempre in competizione con le attese dei genitori! Che stress! Avviamo un diverso rapporto con gli altri. A scuola, con qualche classe impegolata in tensioni interpersonali, avevo inventato l ora di otium. Dopo aver proposto un argomento che coinvolgesse gli alunni, lasciavo libertà di esprimersi, ma esigendo il rispetto di alcune regole (ovvie, banali, ma sono proprio così?): saper ascoltare, saper rispondere con delle motivazioni supportate e non a vanvera, alla fine della discussione dare una propria valutazione all apporto dei compagni, individuando i loro punti forti, e una autovalutazione, ogni alunno esprimeva cosa aveva ricevuto dagli altri e cosa aveva saputo dare egli stesso. Si faceva così esperienza di democrazia e ci si proponeva di educarli a essere consapevoli quanto volgono, quanto valgono gli altri, quanto vale l essere in rapporto con gli altri. Se mai assistite a qualche talk-show televisivo, individuate quanto queste regole sono tenute presenti. Ritornando alla questione iniziale, riporto a memoria una frase in lingua ladina, letta parecchi anni fa su una casa della Val Badia: «L inverno è passato. Anche quest anno la primavera è tornata, la brezza accarezza i prati, i fiori colorano i campi, gli uccelli volano lieti nel cielo, e il cuore si riscalda. Il futuro lasciamolo a Dio». Antonio Boscato 12 Tempo di Avvento ento: occasione per ridestare il senso vero dell attesa Cari fratelli e sorelle, siamo entrati nel tempo liturgico dell Avvento. Nella lettura biblica tratta dalla Prima Lettera ai Tessalonicesi, l apostolo Paolo ci invita a preparare la venuta del Signore nostro Gesù Cristo (5,23) conservandoci irreprensibili, con la grazia di Dio. Paolo usa proprio la parola venuta, in latino adventus, da cui il termine Avvento. Riflettiamo brevemente sul significato di questa parola, che può tradursi con presenza, arrivo, venuta. Nel linguaggio del mondo antico era un termine tecnico utilizzato per indicare l arrivo di un funzionario, la visita del re o dell imperatore in una provincia. Ma poteva indicare anche la venuta della divinità, che esce dal suo nascondimento per manifestarsi con potenza, o che viene celebrata presente nel culto. I cristiani adottarono la parola avvento per esprimere la loro relazione con Gesù Cristo: Gesù è il Re, entrato in questa povera provincia denominata terra per rendere visita a tutti; alla festa del suo avvento fa partecipare quanti credono in Lui, quanti credono nella sua presenza nell assemblea liturgica. Con la parola adventus si intendeva sostanzialmente dire: Dio è qui, non si è ritirato dal mondo, non ci ha lasciati soli. Anche se non lo possiamo vedere e toccare come avviene con le realtà sensibili, Egli è qui e viene a visitarci in molteplici modi. Il significato dell espressione avvento comprende quindi anche quello di visitatio, che vuol dire semplicemente e propriamente visita ; in questo caso si tratta di una visita di Dio: Egli entra nella mia vita e vuole rivolgersi a me. Tutti facciamo esperienza, nell esistenza quotidiana, di avere poco tempo per il Signore e poco tempo pure per noi. Si finisce per essere assorbiti dal fare. Non è forse vero che spesso è proprio l attività a possederci, la società con i suoi molteplici interessi a monopolizzare la nostra attenzione? Non è forse vero che si dedica molto tempo al divertimento e a svaghi di vario genere? A volte le cose ci travolgono. L Avvento, questo tempo liturgico forte che stiamo iniziando, ci invita a sostare in silenzio per capire una presenza. È un invito a comprendere che i singoli eventi della giornata sono cenni che Dio ci rivolge, segni 13
8 dell attenzione che ha per ognuno di noi. Quanto spesso Dio ci fa percepire qualcosa del suo amore! Tenere, per così dire, un diario interiore di questo amore sarebbe un compito bello e salutare per la nostra vita! L Avvento ci invita e ci stimola a contemplare il Signore presente. La certezza della sua presenza non dovrebbe aiutarci a vedere il mondo con occhi diversi? Non dovrebbe aiutarci a considerare tutta la nostra esistenza come visita, come un modo in cui Egli può venire a noi e diventarci vicino, in ogni situazione? Altro elemento fondamentale dell Avvento è l attesa, attesa che è nello stesso tempo speranza. L Avvento ci spinge a capire il senso del tempo e della storia come kairós, come occasione favorevole per la nostra salvezza. Gesù ha illustrato questa realtà misteriosa in molte parabole: nel racconto dei servi invitati ad attendere il ritorno del padrone; nella parabola delle vergini che aspettano lo sposo; o in quelle della semina e della mietitura. L uomo, nella sua vita, è in costante attesa: quando è bambino vuole crescere, da adulto tende alla realizzazione e al successo, avanzando nell età, aspira al meritato riposo. Ma arriva il tempo in cui egli scopre di aver sperato troppo poco se, al di là della professione o della posizione sociale, non gli rimane nient altro da sperare. La speranza segna il cammino dell umanità, ma per i cristiani essa è animata da una certezza: il Signore è presente nello scorrere della nostra vita, ci accompagna e un giorno asciugherà anche le nostre lacrime. Un 14 giorno, non lontano, tutto troverà il suo compimento nel Regno di Dio, Regno di giustizia e di pace. Ma ci sono modi molto diversi di attendere. Se il tempo non è riempito da un presente dotato di senso, l attesa rischia di diventare insopportabile; se si aspetta qualcosa, ma in questo momento non c è nulla, se il presente cioè rimane vuoto, ogni attimo che passa appare esageratamente lungo, e l attesa si trasforma in un peso troppo grave, perché il futuro rimane del tutto incerto. Quando invece il tempo è dotato di senso, e in ogni istante percepiamo qualcosa di specifico e di valido, allora la gioia dell attesa rende il presente più prezioso. Cari fratelli e sorelle, viviamo intensamente il presente dove già ci raggiungono i doni del Signore, viviamolo proiettati verso il futuro, un futuro carico di speranza. L Avvento cristiano diviene in questo modo occasione per ridestare in noi il senso vero dell attesa, ritornando al cuore della nostra fede che è il mistero di Cristo, il Messia atteso per lunghi secoli e nato nella povertà di Betlemme. Venendo tra noi, ci ha recato e continua ad offrirci il dono del suo amore e della sua salvezza. Presente tra noi, ci parla in molteplici modi: nella Sacra Scrittura, nell anno liturgico, nei santi, negli eventi della vita quotidiana, in tutta la creazione, che cambia aspetto a seconda che dietro di essa ci sia Lui o che sia offuscata dalla nebbia di un incerta origine e di un incerto futuro. A nostra volta, noi possiamo rivolgergli la parola, presentargli le sofferenze che ci affliggono, l impazienza, le domande che ci sgorgano dal cuore. Siamo certi che ci ascolta sempre! E se Gesù è presente, non esiste più alcun tempo privo di senso e vuoto. Se Lui è presente, possiamo continuare a sperare anche quando gli altri non possono più assicurarci alcun sostegno, anche quando il presente diventa faticoso. Cari amici, l Avvento è il tempo della presenza e dell attesa dell eterno. Proprio per questa ragione è, in modo particolare, il tempo della gioia, di una gioia interiorizzata, che nessuna sofferenza può cancellare. La gioia per il fatto che Dio si è fatto bambino. Questa gioia, invisibilmente presente in noi, ci incoraggia a camminare fiduciosi. Modello e sostegno di tale intimo gaudio è la Vergine Maria, per mezzo della quale ci è stato donato il Bambino Gesù. Ci ottenga Lei, fedele discepola del suo Figlio, la grazia di vivere questo tempo liturgico vigilanti e operosi nell attesa. Amen! Benedetto XVI 15
9 N A T A L E Se hai degli amici, cercali, perché Natale è Incontro. Se hai dei nemici, riconciliati, perché Natale è Pace. Se hai dei poveri accanto a te, aiutali, perché Natale è Dono. Se hai dell orgoglio, seppelliscilo, perché Natale è Umiltà. Se hai delle tenebre, accendi una candela, perché Natale è Luce. Se hai dei peccati convertiti, perché Natale è Grazia. Se hai delle tristezze, rianima la tua gioia, perché Natale è Felicità. Se hai dell odio, dimenticalo, perché Natale è Amore. (una monaca benedettina) LA VOCE DI SANTA MARIA MAGLIO DI SOPRA (VICENZA) - C.C.P anno XLII - n. 6 - novembre-dicembre 2009 Periodico senza pubblicità - Poste Italiane S.p.A. - Sped. in abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n 46) art. 1, comma 1, DCB Vicenza - Dir. resp.: Federico Fiorin - Autorizzazione del Trib. di Vicenza n. 238 data Bertoncello Artigrafiche, Cittadella (PD) Garanzia di riservatezza Ai sensi della legge n. 675/96 (tutela dei dati personali) si garantisce la massima riservatezza dei dati personali forniti dagli abbonati a LA VOCE DI SANTA MARIA.
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