NOTA A CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONI UNITE CIVILI. SENTENZA 16 febbraio 2017, n A cura di GEMMA BELLIA
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1 NOTA A CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONI UNITE CIVILI SENTENZA 16 febbraio 2017, n A cura di GEMMA BELLIA La proposizione in giudizi separati di domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti non costituisce abuso del processo Sommario: 1. Premessa- 2. Il fatto- 3. L abuso del processo- 4 L ordinanza di rimessione- 5. I motivi della decisione- 6. Il Principio di diritto 1. Premessa Nella pronuncia in esame, la Corte di Cassazione, nella composizione a Sezioni Unite, sancisce che la proposizione in separati processi di domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, anche se relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, non costituisce abuso del processo. La Suprema Corte non tralascia, tuttavia, di precisare che, nel rispetto del principio costituzionale del giusto processo, quando, a causa della natura di tali crediti, il relativo accertamento separato potrebbe condurre ad una duplicazione dell attività istruttoria, alla formazione di giudicati contrastanti, e alla conseguente dispersione della conoscenza di una medesima vicenda sostanziale, la proposizione separata deve essere subordinata alla sussistenza, in capo all attore, di un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata. Pertanto, quando i crediti su cui si controverte risultino inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato, o comunque, fondati sull identico fatto costitutivo, la trattazione separata può avere luogo solo a fronte di un oggettivo interesse del creditore agente al frazionamento dell esercizio del diritto. 1
2 2. Il fatto Successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro, un ex dipendente citava in giudizio la società datrice di lavoro per ottenere il ricalcolo del premio fedeltà con inclusione dello straordinario prestato a titolo continuativo. La domanda, dichiarata, in primo grado, improponibile- in quanto preceduta da altra azione, anch essa proposta dopo la cessazione del rapporto di lavoro, volta alla rideterminazione del TFRveniva, invece, accolta in sede di appello. La società datrice di lavoro ricorreva, pertanto, alla Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, asserendo che la domanda proposta dall ex dipendente, in quanto preceduta da altra domanda scaturente dal medesimo rapporto obbligatorio tra le parti, si ponesse in violazione del divieto di abuso del processo per indebito frazionamento del credito, così come affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza n del L Abuso del processo Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza del 15 novembre 2007, n , hanno ravvisato la sussistenza di un abuso del processo nella condotta del creditore che, di fronte ad una pretesa unitaria, moltiplichi le azioni processuali aggravando, così, la posizione del debitore. L abuso del processo si configura come esercizio distorto del diritto di azione che si realizza ogni volta che il creditore eserciti il proprio diritto imponendo al debitore un sacrificio eccessivo, irragionevole e sproporzionato, né, peraltro, compensato dal conseguimento di un vantaggio. La Suprema Corte individua il fondamento normativo del divieto di abuso del processo nel principio generale di correttezza e buona fede, quale specificazione del dovere di solidarietà ex art. 2 Cost, e nel canone costituzionale del giusto processo. La clausola generale della buona fede oggettiva, infatti, letta in combinato disposto con l art. 2 Cost., non assurge solo a criterio di valutazione della condotta delle parti, ma diventa fonte integrativa degli obblighi dalle stesse assunti. In questa prospettiva, il principio di buona fede si estende fino ad imporre al creditore di porre in essere comportamenti che, entro il limite dell apprezzabile sacrificio, non aggravino la sfera del soggetto inadempiente. 2
3 La Suprema Corte sottolinea come tale clausola assurga a principio di carattere generale estensibile perfino alla fase patologica del rapporto obbligatorio. Pertanto, in sede processuale, tale principio si traduce nel divieto del creditore di esercitare l azione di recupero del proprio credito con modalità tali da aggravare la sfera del debitore. La parcellizzazione giudiziale del credito si pone, altresì, in contrasto con il precetto inderogabile del giusto processo e della ragionevole durata dello stesso per l evidente antinomia che esiste tra la moltiplicazione dei processi e la possibilità di contenimento della relativa durata. Alla luce di tali considerazioni, la disarticolazione, da parte del creditore, dell unità sostanziale del rapporto, in quanto attuata nel processo e tramite il processo, si risolve automaticamente in abuso dello stesso. L abuso del processo, aggiunge la Suprema Corte, è ostativo all esame della domanda. 4. Ordinanza di rimessione In talune pronunce di legittimità, successive alla sentenza resa dalle Sezioni Unite, si è sostenuta la sussistenza dell abuso del processo anche a fronte di pretese creditorie distinte, ma derivanti da un medesimo rapporto di lavoro, fonte unitaria di obblighi e doveri per le parti. La Corte di Cassazione, non condividendo l equiparazione del fascio di rapporti obbligatori retributivi e risarcitori derivanti dal rapporto di lavoro alla nozione di rapporto unico sottopone allo scrutinio delle Sezioni Unite la questione se, una volta cessato il rapporto di lavoro, il lavoratore debba avanzare in un unico contesto giudiziale tutte le pretese creditorie che sono maturate nel corso del suddetto rapporto o che trovano titolo nella cessazione del medesimo e se il frazionamento di esse in giudizi diversi costituisca abuso sanzionabile con l improponibilità della domanda. 5. I motivi della decisione Le Sezioni Unite forniscono una risposta negativa al quesito sollevato dal giudice rimettente Interpretazione della sentenza 15 novembre 2007, n che disciplina l abuso del processo La Suprema Corte, in primo luogo, rileva che quando le Sezioni Unite, hanno discusso di (in)frazionabilità del credito si sono riferite sempre ad un singolo credito, non ad una pluralità di crediti facenti capo ad un unico rapporto complesso. 3
4 Da ciò discende che, solo un interpretazione dell espressione «unico rapporto obbligatorio», avulsa dal contesto nel quale essa è inserita, può indurre a ritenere che nella sentenza n del 2007 il principio di infrazionabilità sia stato espressamente affermato, non (soltanto) in relazione ad un singolo credito, bensì anche in relazione ad una pluralità di crediti riferibili ad un unico rapporto di durata. Pertanto, l infrazionabilità del singolo diritto di credito non implicherebbe la necessità di agire nel medesimo processo per diritti di credito diversi, distinti ed autonomi, anche se riferibili ad un medesimo rapporto tra le parti Fondamento normativo e limiti della proponibilità di crediti diversi in processi diversi La Suprema Corte osserva come tale approccio ermeneutico risulti, altresì, coerente con il nostro sistema processuale. Infatti, non è possibile rinvenire nel nostro ordinamento un riferimento normativo da cui discenda un principio generale di necessaria azione congiunta per tutti i crediti nascenti da un medesimo rapporto di durata. Né è dato riscontrare una specifica norma che autorizzi a ritenere comminabile la grave sanzione della improponibilità della domanda per il creditore che abbia in precedenza agito per il recupero di diverso credito riguardante lo stesso rapporto. Esistono, al contrario, numerose disposizioni che autorizzano la proponibilità in tempi e processi diversi di domande intese al recupero di singoli crediti facenti capo ad un unico rapporto complesso esistente tra le parti. Le Sezioni Unite identificano tali previsioni nelle discipline di cui agli artt. 31, 40 e 104 c.p.c. in tema di domande accessorie, connessione, proponibilità nel medesimo processo di più domande nei confronti della stessa parte; nonché nell art. 34 c.p.c. che contempla la necessità di esplicita domanda di parte perché l accertamento su questione pregiudiziale abbia efficacia di giudicato. Condotta una ricognizione del panorama normativo, la Suprema Corte non tralascia di evidenziare le ripercussioni che l affermazione di un principio generale di improponibilità di domande distinte per crediti distinti, seppure afferenti ad un unico rapporto di durata tra le parti, potrebbe produrre sul principio di economia processuale, inteso come principio di proporzionalità nell uso della giurisdizione. 4
5 La previsione dell onere di agire contestualmente per crediti distinti risulterebbe, infatti, ingiustamente gravatoria della posizione del creditore che si vedrebbe privato della possibilità di fruire di riti più snelli per recuperare i propri crediti, traducendosi in un allungamento dei tempi del processo. Il processo finirebbe, così, per divenire un contenitore eterogeneo e perderebbe la sua duttilità. La Suprema Corte evidenzia, infine, come l idea di veicolare in un unico processo tutti i crediti riferibili a rapporti di durata risulterebbe incompatibile con un sistema inteso a garantire l agile soddisfazione del credito e produrrebbe pregiudizievoli conseguenze per l economia. Negata la sussistenza di un principio generale di necessaria azione congiunta per tutti i diversi crediti nascenti da un medesimo rapporto di durata, la Suprema Corte, nella seconda parte della motivazione non tralascia di rilevare come la disciplina che autorizza la proponibilità delle suddette pretese creditorie in processi diversi incontri un limite nella sua stessa ratio. La disciplina codicistica che contempla- e perciò autorizza- la trattazione separata di crediti afferenti ad un rapporto unitario appare volta a consentire la trattazione unitaria dei suddetti processi e comunque di attenuare o elidere gli inconvenienti della proposizione e trattazione separata dei medesimi. Da ciò emerge che la proponibilità di domande diverse per crediti distinti incontri il suo limite nell esigenza di evitare la duplicazione di attività istruttoria e decisoria, di prevenire il rischio di giudicati contrastanti e di contenere la dispersione dinanzi a giudici diversi della conoscenza di una medesima vicenda sostanziale. Infatti, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, la trattazione dinanzi a giudici diversi [ ] di una medesima vicenda esistenziale [ ] incide negativamente sulla giustizia sostanziale della decisione, [ ] sulla durata ragionevole dei processi [ ], nonché, infine, sulla stabilità dei rapporti. Pertanto, le domande relative a diritti di credito che siano riferibili al medesimo rapporto di durata e che risultino, altresì, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un ipotizzabile giudicato, ovvero fondati sul medesimo fatto costitutivo, possono essere formulate in separati giudizi solo se l attore risulti in ciò assistito da un oggettivo interesse al frazionamento. 5
6 Tale assunto è una naturale manifestazione del canone costituzionale del giusto processo la cui concreta attuazione è affidata, non soltanto alle norme che lo regolano, ma agli stessi protagonisti del processo. Da ciò discende che l attore deve farsi carico di un esercizio consapevole e responsabile del diritto di azione. In questa prospettiva, la nozione di interesse processuale di cui all art. 100 c.p.c. si arricchisce, non limitandosi ad investire solo la domanda, ma anche la scelta delle relative modalità di proposizione. 5.3 Conseguenze processuali La Suprema Corte precisa che, sul piano della dialettica processuale, in mancanza di contestazione da parte del convenuto, in ordine alla sussistenza di tale interesse, il Giudice può rilevare ex actis la questione, assegnando alle parti termine per memorie, ai sensi dell art. 101 c.p.c. 6. Il Principio di diritto Le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, anche se relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi. Se tuttavia, i suddetti diritti di credito, oltre a far capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti, sono anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o comunque fondati sul medesimo fatto costitutivo- sì da non potere essere accertati separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza di una medesima vicenda sostanziale-, le relative domande possono essere proposte in separati giudizi solo se risulta in capo al creditore agente un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata. Ove la necessità di siffatto interesse (e la relativa mancanza) non siano state dedotte dal convenuto, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovrà indicare la relativa questione ai sensi dell art. 183 c.p.c. e, se del caso, riservare la decisione assegnando alle parti termine per memorie ai sensi dell art. 101 comma 2 c.p.c. 6
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