La crisi (apparente) del divieto del frazionamento del credito unitario Nota a margine di Cassazione, Sez. Un., 16 febbraio 2017, n

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1 La crisi (apparente) del divieto del frazionamento del credito unitario Nota a margine di Cassazione, Sez. Un., 16 febbraio 2017, n di Valentina Olisterno Premessa. Sembrava principio consolidato quello espresso dalle Sezioni unite del novembre che hanno tacciato come abuso del processo il frazionamento giudiziale (contestuale o sequenziale) di un credito unitario. In particolare le citate Sezioni unite muovendosi in una duplice direzione hanno valorizzato, da un lato, la regola di correttezza e buona fede in ragione del suo porsi in sinergia con gli "inderogabili doveri di solidarietà", il cui adempimento è richiesto dall'art. 2 Cost. ; dall altro, il canone del "giusto processo" e della sua ragionevole durata, di cui al novellato art. 111 Cost. Sotto il primo profilo, se il criterio della buona fede costituisce strumento, per il giudice, atto a controllare (anche in senso modificativo o integrativo) lo statuto negoziale, in funzione di garanzia del giusto equilibrio degli opposti interessi 2, deve riconoscersi che tale originario equilibrio del rapporto obbligatorio, in coerenza a quel principio, debba essere mantenuto fermo in ogni successiva fase, anche giudiziale, dello stesso e non possa quindi essere alterato, ad iniziativa del creditore, in danno del debitore. Con riferimento al canone del giusto processo, osservano le Sezioni unite che la disarticolazione, da parte del creditore, dell'unità sostanziale del rapporto (sia pur nella fase patologica della coazione all'adempimento), in quanto attuata nel processo e tramite il processo, si risolve automaticamente anche in abuso dello stesso ; abuso del processo da intendersi come esercizio dell'azione in forme eccedenti, o devianti, rispetto alla tutela dell'interesse sostanziale, che segna il limite, oltreché la ragione dell'attribuzione, al suo titolare, della potestas agendi. Alla luce di tali considerazioni, le Sezioni unite del 2007 hanno stigmatizzato come abusivo e dunque ostativo all'esame della domanda la condotta del creditore di una determinata somma di denaro derivante da "un unico rapporto obbligatorio" che parcellizza il credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo. Il divieto di frazionamento giudiziale del credito unitario è stato condiviso e confermato dalla giurisprudenza successiva 3, anche a sezioni unite; ed invero, con sentenza n /2009 (pronunciata in tema di giurisdizione) le Sezioni unite, in materia di obbligazioni pecuniarie nascenti da un unico rapporto di lavoro, hanno ribadito - come principio generale - la regola secondo la quale la singola 1 Cass., S.U., 15 novembre 2007 n Cfr. anche Cass. 18 settembre 2009, n Ex multis Cass. 27 gennaio 2010, n. 1706; Cass. 20 novembre 2009, n

2 obbligazione va adempiuta nella sua interezza e in un'unica soluzione, dovendosi escludere che la stessa possa, anche nell'eventuale fase giudiziaria, essere frazionata dal debitore o dal creditore. Proprio con riferimento a crediti derivanti da un rapporto di lavoro, e più in generale da un rapporto di durata, si registra un ripensamento della suprema corte che apre le porte alla possibilità per il lavoratore di articolare plurime domande giudiziali per far valere diverse pretese creditorie nascenti dalla cessazione dell unico rapporto di lavoro. Il caso. Il fatto trae origine dalla domanda formulata da un lavoratore che, cessato il rapporto di lavoro, dopo aver agito con separato ricorso teso ad ottenere la rideterminazione del TFR, si rivolgeva nuovamente al Giudice del lavoro per conseguire il pagamento di una somma a titolo di ricalcolo dell indennità per il premio di fedeltà. Il Tribunale di Torino dichiarava l improponibilità della domanda in quanto i crediti fatti valere nelle due cause, derivando dalla cessazione del medesimo rapporto di lavoro, avrebbero potuto e dovuto essere azionati congiuntamente, alla luce del decisum delle Sezioni unite del Al contrario il ricorrente aveva indebitamente frazionato il credito in una pluralità di domande. La Corte d appello, invece, accoglieva l'appello proposto dal lavoratore, negando l applicabilità del principio della infrazionabilità di crediti dovuti in forza di un unico rapporto obbligatorio alle ipotesi in cui siano avanzate diverse pretese derivanti da un medesimo rapporto di lavoro, non potendosi equiparare il fascio di rapporti obbligatori retributivi e risarcitori - derivanti dal rapporto di lavoro - al "rapporto unico" considerato dalla citata sentenza delle Sezioni unite. La sezione lavoro della Cassazione condividendo l opinione espressa dalla Corte d appello circa la non riconducibilità della pluralità delle obbligazioni nascenti dal rapporto di lavoro ad un unico rapporto obbligatorio e dubitando che nel sistema processuale sia ravvisabile, in caso di disarticolazione di un credito unitario, una base normativa che legittimi la declaratoria di improponibilità delle domande successive alla prima con ordinanza interlocutoria del 26 gennaio 2016, n. 1251, ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l'assegnazione del ricorso alle Sezioni unite. La decisione delle Sezioni unite. La questione sottoposta allo scrutinio delle Sezioni unite è se, una volta cessato il rapporto di lavoro, il lavoratore debba avanzare in un unico contesto giudiziale tutte le pretese creditorie che sono maturate nel corso del suddetto rapporto o che trovano titolo nella cessazione del medesimo e se il frazionamento di esse in giudizi diversi costituisca abuso sanzionabile con l'improponibilità della domanda. 2

3 Dopo aver dato conto dei principi espressi dalle Sezioni unite del 2007 (sent. n /2007), ribaditi con riferimento ai crediti di lavoro dalle Sezioni unite del 2009 (sent. n /2009), la suprema corte rileva che le suddette pronunce, nell affermare l infrazionabilità di un credito unitario, si sono sempre riferite ad un singolo credito, non ad una pluralità di crediti facenti capo ad un unico rapporto complesso. Pertanto solo una interpretazione dell'espressione "unico rapporto obbligatorio", avulsa dal contesto nel quale essa è inserita, può indurre a ritenere che nella sentenza n del 2007 il principio di infrazionabilità sia stato espressamente affermato non (soltanto) in relazione ad un singolo credito, bensì (anche) in relazione ad una pluralità di crediti riferibili ad un unico rapporto di durata. Il punto di partenza della riflessione delle Sezioni unite è costituito dalla peculiare fisionomia del rapporto di lavoro, dalla quale occorre muovere per valutare l effettiva incidenza della pronuncia in commento sull attuale tenuta del divieto di parcellizzazione del credito unitario. La relazione che intercorre tra il datore di lavoro ed il lavoratore configura un rapporto giuridico complesso, costituito, cioè, da una pluralità di singole posizioni giuridiche (chiamate anche rapporti semplici o singoli 4 ) proprie delle due contrapposte parti contrattuali, tutte aventi la loro unica fonte nel contratto 5. Posizioni considerabili nella loro singola realtà e complessivamente riunite, poi, in unico vincolo giuridico che ne rappresenta la semplice somma. Invero, intorno alle due obbligazioni principali l obbligo di prestare l attività lavorativa, per il lavoratore, e l obbligo di corrispondere la retribuzione, per il datore si gravitano una serie di situazioni soggettive ulteriori diritti, poteri e obblighi di diversa natura che, seppur legate alle suddette obbligazioni da un nesso funzionale, rimangono, tuttavia, autonome e distinte. La natura complessa del rapporto di lavoro mal si adatta, secondo la Cassazione, al principio dell infrazionabilità dell unità sostanziale del credito, in quanto detto principio presuppone un singolo, semplice, credito e non un fascio di obbligazioni diverse, distinte e autonome, sia pur riferibili ad un medesimo rapporto complesso tra le stesse parti. Ne deriva che è legittima la condotta del creditore che agisca separatamente facendo valere con diverse domande giudiziali, contestuali o successive, crediti di natura diversa, sia pur riconducibili al medesimo composito rapporto. Il rilievo delle Sezioni unite è condivisibile. Significativa al riguardo è l affermazione della Corte d appello fatta propria dall ordinanza interlocutoria secondo cui il principio della infrazionabilità della domanda opera all'interno di un rapporto obbligatorio ritenuto unico in senso proprio, mentre dal rapporto di lavoro discende una pluralità di obbligazioni, ognuna con una propria specifica fonte, di natura legale oppure contrattuale, concernente istituti economici diversi. Il principio affermato dai richiamati precedenti di legittimità opera all'interno di ognuno di questi rapporti obbligatori [ ], ma non riguarda il 4 D. RUBINO, La fattispecie e gli effetti giuridici preliminari, Edizioni Scientifiche Italiane, Ristampa a cura della scuola di perfezionamento in diritto civile dell università di Camerino, a cura di P. PERLINGIERI, 1978, ristampa inalterata dell edizione del G. SUPPIEJ, Il rapporto di lavoro Costituzione e svolgimento, Padova,

4 complesso di essi, perché non può affermarsi che alla cessazione del rapporto di lavoro si viene a costituire in capo al lavoratore un "unico credito" costituito dalla sommatoria delle voci economiche, retributive e/o risarcitorie, ancora da esso derivanti. Il divieto di frazionamento dell'azione non può, dunque, trovare applicazione quando le azioni sono diverse, perché sono diversi i titoli (causae petendi), i regimi e i presupposti, giuridici e di fatto 6. Le Sezioni unite estendono tali considerazioni ai rapporti di durata in generale; tale estensione deve ritenersi legittima sempre che ricorrano nel rapporto le caratteriste strutturali sopra delineate. Dunque ai quesiti concernenti il se debbano essere richiesti nello stesso processo tutti i crediti concernenti il rapporto di lavoro cessato o in generale un unico rapporto di durata e il se la proposizione delle domande relative in giudizi diversi comporti l'improponibilità di quelle successive alla prima, le Sezioni unite rispondono negativamente. A tale approdo la Cassazione giunge anche attraverso dei rilievi di carattere processuale. Invero, osservano le Sezioni unite che la tesi secondo la quale più crediti distinti, ma relativi ad un medesimo rapporto di durata, debbono essere necessariamente azionati tutti nello stesso processo non trova, infatti, conferma nella disciplina processuale, risultando piuttosto questa costruita intorno a una prospettiva affatto diversa. Il sistema processuale risulta, invero, strutturato su di una ipotesi di proponibilità in tempi e processi diversi di domande intese al recupero di singoli crediti facenti capo ad un unico rapporto complesso esistente tra le parti. Il riferimento è agli artt. 31, 40 e 104 c.p.c. in tema di domande accessorie, connessione, proponibilità nel medesimo processo di più domande nei confronti della stessa parte; richiamano, altresì, l art. 34 c.p.c. in tema di accertamento con efficacia di giudicato su questioni pregiudiziali, nonché l elaborazione dottrinale e giurisprudenziale in tema di estensione oggettiva del giudicato che, secondo le Sezioni unite, perderebbe gran parte di significato se dovesse ritenersi improponibile qualunque azione per il recupero di un credito solo perché preceduta da altra, intesa al recupero di credito diverso e tuttavia riconducibile ad uno stesso rapporto di durata tra le medesime parti, a prescindere dal passaggio in giudicato della decisione sul primo credito o comunque dalla inscrivibilità della diversa pretesa creditoria successivamente azionata nel medesimo ambito oggettivo di un giudicato in fieri tra le stesse parti relativo al medesimo rapporto di durata. Dunque la mancanza di una specifica base normativa che contempli o, quanto meno, legittimi una grave sanzione quale quella dell improponibilità della domanda del creditore che abbia azionato in 6 Cass. 26 settembre 2016 n con riferimento al rapporto professionale intercorrente tra un perito assicurativo e la società di assicurazione, ha chiarito che in tema di obbligazioni contrattuali l'ipotesi di abusiva parcellizzazione del credito può in astratto sussistere solo in relazione a un credito nascente da una situazione giuridica unitaria (cioè da un'unica obbligazione), ma che, senza alcuna apprezzabile ragione, viene frazionato con l'instaurazione di plurime azioni giudiziarie per il recupero del credito stesso. Diversamente l'abusivo frazionamento non sussiste ove tra creditore e debitore sussiste una pluralità di rapporti distinti, seppure della stessa natura, derivanti da differenti incarichi e con prestazioni di volta in volta differenti che danno diritto, ciascuna di esse e singolarmente, a distinti compensi professionali. 4

5 un separato giudizio un credito diverso e la presenza, al contrario, di norme processuali che depongono nel senso opposto portano al rafforzamento della soluzione sposata dalle Sezioni unite. Del resto onerare il creditore di agire contestualmente per crediti distinti che potrebbero essere maturati in tempi diversi, avere diversa natura 7, essere basati su presupposti in fatto e in diritto diversi e soggetti a diversi regimi in tema di prescrizione o di onere probatorio comporterebbe per lo stesso un aggravio della sua posizione, un significativo ritardo della soddisfazione delle sue ragioni 8, con conseguente appesantimento dell istruttoria e allungamento dei tempi del processo. Secondo le Sezioni unite tanto si pone in evidente contrasto con il principio di economia processuale da intendersi come principio di proporzionalità nell uso della giurisdizione e di ragionevole durata del processo. La Cassazione evidenzia, altresì, quelle che possono essere le conseguenze pregiudizievoli per l economia di una diversa soluzione: l'idea che i crediti riferibili a rapporti di durata, anche tra imprese (consulenza, assicurazione, locazione, finanziamento, leasing), debbano ineluttabilmente essere tutti veicolati - pena la perdita della possibilità di farli valere in giudizio - in un unico processo risulta incompatibile con un sistema teso a garantire l'agile soddisfazione del credito e disincentivante rispetto alla circolazione del danaro, degli scambi e degli investimenti. Tutto ciò chiarito, le Sezioni unite individuano una sorta di correttivo o meglio di contemperamento all acclarata possibilità per il creditore di pretese eterogenee derivanti da un medesimo rapporto complesso di azionarle con successive domande giudiziali. Rileva la Cassazione che delle stesse norme processuali sopra richiamate per legittimare tale possibilità è possibile dare una lettura speculare, osservando che la medesima disciplina, insieme all operatività preclusiva del giudicato, è univocamente intesa a consentire, ove possibile, la trattazione unitaria dei suddetti processi e comunque ad attenuare o elidere gli inconvenienti della proposizione e trattazione separata dei medesimi. Condivide, altresì, la bontà di quella giurisprudenza di legittimità 9 nell affermare che la necessità di favorire, ove possibile, una decisione intesa al definitivo consolidamento della situazione sostanziale direttamente o indirettamente dedotta in giudizio, onde evitare trasformare il processo in un meccanismo potenzialmente destinato ad attivarsi all'infinito" [ ], in contrasto con i principi di economia processuale e di ragionevole durata dei processi. Pertanto in tanto si giustifica la proliferazione dei giudizi per effetto della proposizione separata di domande relative a singoli crediti distinti, pur riferibili al medesimo rapporto di durata, inscrivibili 7 Ad esempio, come frequentemente accade in relazione ad un rapporto di lavoro, retributiva e risarcitoria. 8 Al fine di garantire al creditore una pronta realizzabilità sul piano processuale delle proprie ragioni, in giurisprudenza (Cass. nn /2016 e 10177/2015) si è affermato che il creditore può, finanche in relazione ad un singolo, unico credito, agire con ricorso monitorio per la somma provata documentalmente e con il procedimento sommario di cognizione per la parte residua senza incorrere in un abuso dello strumento processuale per frazionamento del credito 9 Cass., S.u., n /2015; Cass., S.u., 26242/

6 nel medesimo ambito oggettivo di un ipotizzabile giudicato, ovvero fondati sul medesimo fatto costitutivo in quanto l'attore risulti in ciò "assistito" da un oggettivo interesse al frazionamento. Se l interesse ad agire richiesto dall art. 100 c.p.c. esprime il rapporto di utilità tra la lesione lamentata e la specifica tutela richiesta, deve ritenersi che tale interesse investa non soltanto la domanda ma anche la scelta relativa alle modalità di proponibilità della stessa. In altri termini il creditore deve dimostrare la sussistenza di un interesse oggettivo, concreto e attuale tale da legittimare la proposizione separata di azioni relative a crediti riferibili al medesimo rapporto di durata ed inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un ipotizzabile giudicato, ovvero fondati sul medesimo fatto costitutivo. Ove la sussistenza di tale interesse sia contestata dal convenuto o sia messa in dubbio dal giudice, quest ultimo dovrà indicare la relativa questione ai sensi dell'art. 183 c.p.c., e, se del caso, riservare la decisione assegnando alle parti termine per memorie ai sensi dell'art. 101 c.p.c., comma 2. Conclusioni. Dalla suesposta ricostruzione emerge che la peculiare fisionomia del rapporto di lavoro come rapporto complesso e, più in generale, la struttura dei rapporti di durata configurati come fonti di plurime obbligazioni diverse, escludono la necessità per il creditore di azionare nel medesimo giudizio la pluralità di crediti eterogenei che ne derivano, giustificando l eccezione alla regola generale dell infrazionabilità del credito unitario sancito dalle Sezioni unite del 2007; regola questa che deve ritenersi tutt ora attuale. Chi ritiene che la recentissima pronuncia in commento abbia determinato il tramonto o, comunque, la crisi del divieto di parcellizzazione del credito unitario non coglie nel segno: le Sezioni Unite del 2017 sono chiare nell affermare che tale principio continua ad operare rispetto ai singoli crediti sia che derivino da un rapporto unico in senso proprio sia che siano parte di un fascio di obbligazioni nascenti da un unico rapporto complesso. Tuttavia la disarticolazione giudiziale di crediti di natura diversa (nascenti da un unico rapporto complesso) è subordinata alla sussistenza di un oggettivo, concreto e attuale interesse del creditore valutabile dal giudice. Dunque le Sezioni unite risolvono la questione in chiave di interesse ad agire (art. 100 c.p.c.). Ne deriva, pertanto, che ove tale interesse non sia ravvisabile, il giudice (previa instaurazione del contraddittorio nei casi di rilievo d ufficio ai sensi degli artt. 101, comma 2, e 183, comma 4, c.p.c.) deve dichiarare la domanda inammissibile per difetto di una condizione dell azione. Non improponibilità della domanda bensì inammissibilità. 6

7 Se tanto vale nei casi presi in esame dalle Sezioni Unite (pluralità di crediti di natura diversa derivanti da un rapporto di durata), non è ancora chiaro quali sono le conseguenze derivanti dal frazionamento giudiziale del credito nei casi non consentiti. Le Sezioni unite del 2007 hanno affermato genericamente che la disarticolazione del credito unitario costituisce abuso del processo ed è ostativo all esame della domanda. Sul punto si è ritenuto che le strade astrattamente percorribili sono: 1) la riunione delle cause; 2) l improponibilità della domanda; 3) l inammissibilità della domanda; 4) rigetto nel merito della domanda. Già l ordinanza interlocutoria ha rilevato che diversamente da altri ordinamenti, nel nostro il giudice non dispone di poteri "filtranti", ovvero della facoltà di precludere, con un non liquet, il giudizio proposto con finalità scorrette od abusive. È palese come il nostro ordinamento processuale non consenta [ ] una adeguata repressione e prevenzione dei fenomeni di abuso del processo. Tanto meno, ad avviso del Collegio, tale sanzione potrebbe estendersi sino a comportare la consumazione del diritto di azione, ostandovi evidenti ragioni di rilievo costituzionale. Pur nella condivisibile considerazione che porta a ravvisare nell'inutile moltiplicazione delle azioni un abuso del processo, idoneo a gravare il debitore dell'aumento degli oneri processuali, con evidente lievitazione dei costi a carico della parte soccombente, di per sé contrastante con l'inderogabile dovere di solidarietà, che responsabilizza il giudice e le parti alla luce dei principi del giusto processo ispirato al canone della ragionevole durata (art. 111 Cost., comma 2), ad avviso del Collegio, una parziale eliminazione degli effetti distorsivi che derivano dall'abuso dello strumento processuale potrebbe conseguirsi attraverso la valutazione dell'onere delle spese, come se unico fosse stato il procedimento sin dall'origine (v., in proposito, Cass. n, del 2010; Cass , n. 9962). La Cassazione remittente esclude, così, la sanzione della improponibilità delle domande successive alla prima in quanto priva di addentellato normativo, rilevando che gli strumenti che l'ordinamento appresta solo indirettamente possono sanzionare tale comportamento, ma non nei termini della preclusione processuale suddetta. È, dunque, auspicabile che la giurisprudenza intervenga al fine di chiarire le conseguenze derivanti dalla vietata disarticolazione del credito, e più in generale, dell abuso del processo; in attesa è sicuramente percorribile la strada suggerita dalla Cassazione remittente con riferimento alla valutazione delle spese affinché non venga ulteriormente aggravata la posizione del debitore. 7

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