IPSEMA: orizzonti più estesi e profondi Antonio Parlato

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2 IPSEMA: orizzonti più estesi e profondi Antonio Parlato Non esito a confessarlo: ho trascorso questi primi due mesi ai vertici dell Istituto come avrebbe potuto farlo il mitologico Giano bifronte: un occhio all interno dell Istituto, un occhio all esterno. All interno ho avuto infiniti incontri: con la Dirigenza, con gli Organi uscenti (Consiglio di Amministrazione e CIV), con il Collegio dei Sindaci, con i Sindacati aziendali, con il personale che collabora con l Istituto. Convincendomi dei positivi risultati sinora conseguiti e della qualificazione di tutti: condizioni sufficienti per consolidare e migliorare il processo produttivo, anche ricercando nuovi e più avanzati parametri di riferimento all altezza della missione istituzionale conferita all IPSEMA e considerando che al meglio non c è mai fine. All esterno, colloquiando con Confitarma, con il Comando Generale delle Capitanerie di Porto, con il Cirm, con i Sindacati nazionali dei marittimi e, a Palermo e Napoli, con i Presidenti e gli assessori delle Giunte Regionali, le Camere di Commercio, le Autorità Portuali. Dappertutto ho trovato una grande disponibilità a conoscere meglio l IPSEMA e ad accogliere le proposte di collaborazione istituzionale che saremo in grado di avanzare. Ma ho anche colto l esigenza di sviluppo della comunicazione, sia interna all Istituto (che prende il via da questo numero che contiene un inserto dedicato solo ai collaboratori) che esterna, da colloqui avuti con giornalisti sia nel corso di alcune conferenze stampa che ho indetto o alle quali ho partecipato, sia a seguito di interviste che ho rilasciato. Ne ho ricavato la sensazione, peraltro molto netta, che è indispensabile che l Istituto adotti al più presto un "piano della comunicazione" destinato alle istituzioni nazionali e regionali, alle categorie sociali ed imprenditoriali, alla stessa opinione pubblica. Per farsi conoscere maggiormente ed al tempo stesso per sottoporsi, coraggiosamente, alle valutazioni sui modi, i tempi, i risultati concreti della sua azione e, perché no?, per porre in luce anche qualche problema che pur mi ritrovo ma anche mi procuro (dico la verità tutta intera) per il desiderio di una piena interconnessione dell Istituto con l ampia articolazione del più ampio contesto marittimo nel quale esso è inserito. Ho detto in altra occasione che, fatto salvo qualche aspetto, l IPSEMA è come una nave che galleggia al disopra della "marca del bordo libero", per adoperare un termine marinaresco. Ma che occorre riempirne un po di più la stiva e affrontare poi, con consapevolezza di ruolo e responsabilità di governo, il mare aperto. Per assumerci oltre che tutti gli oneri e gli onori che la missione istituzionale ci affida anche quelli che, nel rinnovamento in atto della pubblica amministrazione e nel quadro di una evidentissima crescita non solo del comparto marittimo e della nautica da diporto - problemi della pesca a parte - ma del trasporto tutto, vedono la nave

3 direttamente o per suo conto operare anche a terra, negli spazi portuali, nei corridoi intermodali, negli interporti. E poiché per ogni dove le merci sono accompagnate e rappresentate da un unico documento di trasporto e di assicurazione che le copre dai rischi che possono incontrare nell intero percorso, è difficile poter tassativamente escludere che analogamente, quanto alla tutela contro gli infortuni e le malattie professionali, l ISPEMA non possa esser chiamata ad assolvere l ampliamento della sua missione anche in questa direzione ed in tutti gli altri comparti nei quali sono impegnati gli equipaggi: dal trasporto fluviale e lagunare a quello aereo, a quello ferroviario e autostradale. Specie se si tratti di una spedizione door to door nella quale è singolare permangano ancora tutele differenziate e differenti interventi e metodologie di prevenzione, quando l unicità e l organicità delle misure realizzerebbero anche intuibili quanto evidenti sinergie ed economie di scala. Ecco perché nei prossimi tempi - proprio attraverso colloqui, collegamenti ed interconnessioni operative, in linea con le fondamentali indicazioni del precedente Consiglio di Amministrazione e del precedente CIV - dovremo operare con l ambizione di far crescere ulteriormente la grande missione sociale dell Istituto, in coerenza con la sua irripetibile, elevata e non omologabile specializzazione nel settore.

4 LA SICUREZZA IMPERFETTA DEI LAVORATORI DEL MARE Aurelio Cesàro Componente del Comitato di Gestione del Casellario Centrale Infortuni già dirigente generale Direzione Assicurazione e Prestazioni IPSEMA Troppo spesso leggi e regolamenti sottovalutano la peculiarità del lavoro marittimo. Prevenzione e vigilanza appaiono insufficienti e ancora manca la piena applicazione del decreto 271. Occorre ampliare le competenze dell Istituto. E, dunque, vero che il lavoro marittimo continua ad essere oggetto di scarsa attenzione nella nostra società, se è vero che, a distanza di quasi un quinquennio, le norme di tutela e sicurezza introdotte dal decreto legislativo 271/99 sono in gran parte ancora disapplicate. Già altri cinque anni erano trascorsi prima di trasferire nel campo marittimo i principi e le regole che il decreto 626 aveva introdotto per la generalità dei lavoratori, escludendo i settori della navigazione e della pesca. Gli ulteriori indugi e le incertezze nell applicazione e finanche nell intepretazione della normativa del 99 fanno oggi temere che della costruzione, peraltro abbastanza complessa, del decreto 271 non si sia ancora compresa l importanza e la portata. In effetti, concrete iniziative sono state intraprese mediante la contrattazione collettiva tra gli operatori del settore - armatori e organizzazioni sindacali ma molti ritardi sono imputabili all amministrazione pubblica, agli organismi preposti dalla legge all elaborazione di specifiche tecniche finalizzate all applicazione della nuova normativa, e alla vigilanza sulle navi e sulle imbarcazioni da pesca. Più volte, in occasione di recenti convegni e conferenze sul tema del lavoro marittimo, è stata richiamata e sottolineata la specialità delle mansioni e dell ambiente di lavoro del personale navigante. Ancora una volta non è superfluo ricordare i diversi fattori, del tutto peculiari del settore nautico, che incidono profondamente sulla vita lavorativa della gente di mare e sui rischi ad essa collegati, fattori d ordine ambientale (meccanici, tossici, climatici, biologici, ecc.) e d ordine soggettivo (fisici, psichici), connessi a loro volta alle mansioni specifiche, nonché alla preparazione professionale e alla capacità di tolleranza del soggetto. La professione marittima comporta, infatti, più di ogni altra la necessità di possedere una personalità confacente non solo al genere di lavoro da

5 esplicare a bordo, ma anche al genere di vita che si è costretti a condurre a causa della propria attività. La valutazione iniziale e il periodico controllo del fattore psicologico si presentano, quindi, come essenziali misure di tutela preventiva nel lavoro marittimo, in quanto tale fattore incide fortemente a sua volta sulle facoltà di autodifesa individuale contro gli infortuni, rendendo il soggetto più debole in relazione ai livelli di attenzione e di prontezza di riflessi. Costituisce, cioè, spesso una concausa, se non addirittura la causa determinante, dell evento infortunistico. E appunto nell ambito infortunistico che va svolta la prima e più approfondita indagine sui rischi del lavoro marittimo. Con ciò non si intende sottovalutare la gravità di molte patologie - anche di origine professionale - che presenta la categoria, né trascurare l importanza della prevenzione anche nel campo delle malattie, ma l analisi di tali elementi andrebbe qui oltre gli spazi consentiti, rischiando peraltro di addentrarsi nella materia medico-legale e di invaderne il campo. E invece interessante analizzare alcuni dati relativi agli eventi infortunistici, relativi alle categorie dei lavoratori marittimi e di quelli impegnati in attività analoghe o collegate. Un raffronto dei dati reperibili, anche se disomogenei per quanto riguarda gli effettivi periodi di osservazione, evidenzia che il rapporto tra numero di addetti ed eventi risulta superiore nelle categorie di personale addetto alla navigazione (oltre il 3% quale indice medio annuo) rispetto alle altre categorie considerate, risultando inferiore solo al rapporto riscontrato per gli addetti alle attività portuali - cantieristica e facchinaggio - assicurati con l INAIL. In particolare, l incidenza annua media degli eventi sul numero degli addetti nella pesca è di circa la metà, 1,45% per la pesca marittima (assicurata IPSEMA) e 1,54% per la piccola pesca (assicurata INAIL), mentre trascurabile è, al raffronto, l incidenza che si rileva per le attività svolte nelle acque interne (trasporti e pesca, assicurati INAIL). E, tuttavia, da osservare che il numero degli eventi infortunistici registrato per le categorie da ultimo citate, in particolare per la pesca, appare sottostimato, in quanto si valuta che una parte degli incidenti di lieve entità non venga denunciata. Le sedi delle lesioni più frequentemente riscontrate, sia nel settore della navigazione sia in quello della pesca, interessano gli arti superiori e inferiori, mani e piedi. La media delle lesioni agli arti inferiori è pressochè analoga nelle due categorie (circa il 34-35%), mentre quella delle lesioni agli arti superiori è prevalente nei pescatori (40% a fronte del 31% dei naviganti). Seguono, per entrambe le categorie, gli infortuni che interessano addome, torace e bacino (circa il 19%), quelli relativi al capo

6 (8% per il personale navigante e 3% per i pescatori) e agli occhi (oltre il 2% per entrambe le categorie). Le cause e le modalità di accadimento degli eventi sono per lo più connesse al particolare ambiente di lavoro e su questa circostanza va concentrata l attenzione dei soggetti preposti alla tutela del lavoro marittimo. La mobilità della nave e la ristrettezza logistica rappresentano i veri rischi per la sicurezza del personale della categoria. Struttura, stabilità e galleggiabilità della nave, pavimentazione e pareti, impianti motori, impianti elettrici, scale, corridoi, passerelle, areazione ed illuminazione, trasporto di sostanze pericolose (esplosive, infiammabili, tossiche, corrosive), precarietà delle vie d esodo: sono tutti fattori di rischio la cui pericolosità è tradizionalmente nota e a cui si aggiungono ulteriori elementi di insicurezza, quali le turnazioni del personale, la movimentazione dei carichi, le operazioni di manutenzione in navigazione e, purtroppo ancor oggi, la frequente carenza della segnaletica di sicurezza, degli impianti sanitari e di pronto soccorso, delle attrezzature di protezione personale. Tutti questi fattori di rischio rappresentano l altra faccia della medaglia in materia di prevenzione. Se, cioè, è importante che il soggetto destinato alla navigazione si sottoponga a costante verifica dell attitudine psico-fisica alle mansioni da svolgere e riceva adeguata informazione e formazione professionale, altrettanto importante è la vigilanza di natura tecnicoambientale da svolgere sui luoghi di lavoro. E questo probabilmente il punto debole dell impianto definito dal decreto 271: che la complessa normativa sulla sicurezza necessita di organismi altamente specializzati e, di conseguenza, addetti a tempo pieno alle attività contemplate dal decreto e dotati di strutture e personale svincolati da collegamenti troppo stretti al territorio. L autorità marittima, pur possedendo competenza tecnica circa gli impianti e le strumentazioni di bordo, non può avere cognizioni specifiche di natura medico-legale e, soprattutto, non possiede, almeno ad oggi, le risorse necessarie per poter procedere alla valutazione delle molteplici ed eterogenee fonti di pericolo per la salute dei lavoratori. Non si deve dimenticare, infatti, che, oltre che alle misure antinfortunistiche, va rivolta analoga attenzione alla prevenzione delle malattie - professionali e non - e all intero sistema di igiene del lavoro, anche individualizzando, come si diceva, la sorveglianza sanitaria in rapporto alla personalità di ogni singolo soggetto lavoratore. Un essenziale ruolo di controllo è stato affidato dal decreto 271 alle ASL, ma è intuitivo come questo nuovo ruolo mal si addice alla loro attività istituzionale, alle loro competenze strettamente legate al territorio, palesemente incompatibili con l impianto estremamente mobile

7 rappresentato dall azienda-nave. Si pensi, in proposito, che vi sono navi che operano tra scali internazionali e non toccano mai porti italiani o vi approdano solo saltuariamente e per pochissimo tempo; a ciò aggiungasi che il personale imbarcato proviene, e questo è notorio, da svariate località di tutto il territorio nazionale. Tutto ciò senza considerare, poi, che la pluralità dei soggetti previsti dal decreto 271 con compiti paralleli o interconnessi ha già determinato conflitti di competenza e rischia, d altro canto, di provocare duplicazioni e dispersione di energie e di risorse per cui si renderebbe necessaria quanto meno la presenza di un soggetto coordinatore delle varie attività. Soluzioni? Prospettive? Vi è chi ritiene che l intero sistema del 271 vada ridisegnato. Vi è chi ritiene che si debbano solo incentivare o potenziare alcune componenti del sistema, che per la sua stessa complessità non poteva presentarsi dall inizio come un ingranaggio perfettamente funzionante. Vi è chi ritiene, infine, che l acquiescenza e l adattamento ad una situazione di disattenzione generale siano le soluzioni più opportune. Tuttavia, se da un lato è auspicabile, alla luce delle esperienze di questo quinquennio, un intervento più approfondito e coordinato del legislatore, d altro canto non va tralasciata, in questo contesto, un importante considerazione e cioè che compiti di informazione, formazione e consulenza sono stati affidati dal decreto 271 all Ipsema. Ora, è essenziale osservare che le recenti disposizioni che, nell ambito degli Enti di previdenza, hanno integrato le competenze dell INAIL sotto il profilo prevenzionale, devolvendo a tale Istituto ampi compiti in materia di sicurezza sul lavoro, hanno inspiegabilmente tralasciato di prevedere la medesima estensione di compiti nei confronti dell Ipsema. E evidente che l interesse pubblico posto a fondamento della tutela postinfortunistica sostiene anche la prevenzione, essendo l una complementare all altra nel disegno complessivo di una previdenza evoluta. La lacuna legislativa, certamente non intenzionale, potrebbe facilmente essere colmata introducendo gli stessi principi di riforma anche nei confronti dell Ipsema, istituto al quale fa capo il sistema assicurativo contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali della gente di mare. Alle sue strutture medico-legali è devoluto l accertamento delle invalidità permanenti ai sensi del D.P.R. n. 1124/65 e del D.Lgs. n. 38/2000. La sua banca-dati è integrata con quella dell INAIL, confluendo con quest ultima nel Casellario Centrale Infortuni, organismo il cui riordinamento ed ampliamento dei compiti è stato realizzato con lo stesso decreto legislativo 38.

8 Affidare all Ipsema ulteriori compiti in materia di prevenzione, in aggiunta a quelli stabiliti dal decreto 271 e innanzi citati, significherebbe anche far leva su meccanismi di valenza strategica, come la diversificazione del tasso contributivo delle imprese armatoriali in relazione al grado di osservanza della normativa di sicurezza. L applicazione di questi criteri ed una decisa azione di coordinamento che possa efficacemente assicurare la necessaria sinergia tra i diversi soggetti coinvolti nella prevenzione potranno utilmente affiancarsi al complesso delle norme sanzionatorie già in vigore e contribuire a fornire un positivo riscontro alla portata innovativa delle disposizioni del decreto 271 ed al completamento di un sistema integrato di vera sicurezza del lavoro marittimo..

9 SINISTRI MARITTIMI, LA NECESSITA DI UN OSSERVATORIO Marco Starita Sempre più spesso le normative su safety e security impongono comportamenti contrastanti o costringono al rispetto di regole inutili. Un archivio di tutti gli incidenti indirizzerebbe meglio il legislatore aiutando marittimi e armatori. Oggi più che mai stiamo assistendo all emanazione, da parte degli Organismi nazionali ed internazionali preposti, di procedure e regolamenti tesi a normare la vita a bordo e la gestione operativa delle navi. Tale esigenza, pur nascendo dall intenzione di voler prevedere e quindi ridurre il più possibile l errore umano, a volte genera procedure complesse e non sempre attuabili che quindi vengono mal recepite dal personale marittimo. Questo avviene generalmente anche perché tali modifiche non nascono da un analisi puntuale delle specifiche problematiche relative alle attività svolte dal bordo ma in seguito al verificarsi di incidenti internazionali o di disastri marittimi che richiamano l attenzione pubblica e che mettono in evidenza vuoti regolamentari a cui però, spesso, si cerca di porre rimedio troppo frettolosamente. Al riguardo, basti pensare all imminente entrata in vigore, per le navi passeggeri e commerciali di stazza superiore alle 500 tnl abilitate alla navigazione internazionale, dell International Ship and Port Facility Security (ISPS) Code, nato sull onda dell attentato dell 11 settembre alle Twin Towers, che regolamenta le procedure in caso di attacco terroristico alla nave o al porto in cui questa è ormeggiata. Tale Codice, però, pur indicando puntualmente le diverse procedure da adottare, non sempre tiene in giusta considerazione sia le interferenze con quanto previsto da altri Codici, sia il fatto che il personale di bordo già svolge ed è reso responsabile di altre procedure che a volte possono entrare in contrasto tra di loro. Pensiamo, ad esempio, al caso in cui un determinato locale della nave diventi pericoloso per la presenza di un esplosivo. In tal caso l ISPS Code prevede la sorveglianza di detto locale, in contrasto invece con quanto previsto per esempio dal Safety Management System che chiaramente prescrive l immediato allontanamento da tale area. Questo semplice caso mostra come sia complesso fare convivere esigenze a volte molto distanti che comunque, una volta regolamentate, devono essere vissute sia dal bordo sia dal personale di terra. Tutto questo senza pensare ai continui corsi di aggiornamento ed alle esercitazioni previste dall applicazione di ogni Codice e Regolamento in vigore, che comporta nel personale marittimo un accumulo di nozioni, come abbiamo visto, a volte contrastanti, che peraltro riducono sempre più il tempo operativo d impiego. Per quanto fin qui detto, risulta evidente come tali complesse problematiche vadano affrontate in modo organico, in quanto coinvolgono direttamente la vita del personale marittimo ed indirettamente quella dell intera società, la quale, soprattutto negli ultimi tempi, vive il passaggio delle navi vicino alle coste come una minaccia e non come un opportunità di sviluppo. 1/4

10 In tal senso risulta molto interessante la proposta del Presidente dell Ipsema, on. Antonio Parlato, di istituire, nell ambito dell Istituto, un Osservatorio sui Sinistri Marittimi che si prefigga l obiettivo, tramite l analisi di tutti i sinistri marittimi, di affrontare da una posizione privilegiata ed in modo sistematico gli incidenti che coinvolgono in vario modo il personale del mare. In particolare, è importante che l Osservatorio si ponga orizzonti ampi interessandosi dei sinistri marittimi in senso lato, ovvero includendo nel termine sinistri sia quelli che coinvolgono la nave sia quei piccoli incidenti che vedono coinvolti quotidianamente i marittimi. Questa prima divisione permetterebbe, infatti, in primo luogo di costituire due distinte banche dati, il cui esame consentirebbe di valutare eventuali accorgimenti correttivi sia delle procedure già vigenti, sia di quelle che in futuro si riterrà di adottare in ambito nazionale ed internazionale. In particolare, per quanto attiene ai sinistri che coinvolgono la nave in generale, si dovrebbe provvedere ad acquisire e quindi studiare tutti rapporti di indagine effettuati dalle Coast Guard in modo da consentire una serena valutazione delle cause dei danni. In questo modo si potrebbe per esempio valutare, nel caso di incidenti provocati da errore umano, se questi siano scaturiti da condizioni specifiche e quindi particolari, o se siano per esempio stati provocati - o anche soltanto favoriti - da procedure complesse o contrastanti tra di loro. Oltre a tali casi, come già detto, dovrà risultare altrettanto preminente l analisi degli incidenti di piccola e grande natura che vedono coinvolti esclusivamente i marittimi nel loro lavoro, senza cioè che sia necessariamente coinvolta l intera nave. Al riguardo, è bene ricordare che in Italia è in vigore il D.Lgs. 271/99 del 27 luglio 1999 che, recependo quanto già previsto in ambito industriale dalla Legge 626/94, oltre a prescrivere la stesura del Piano di Sicurezza prevede anche l istituzione, per ogni nave o barca da lavoro in genere, di un registro degli infortuni in cui annotare tutti gli incidenti occorsi ai marittimi. Inutile rilevare l enorme importanza che avrebbe per tutti gli operatori del settore il poter disporre di una tale banca dati, che consenta l individuazione dei pericoli più ricorrenti in relazione alle specifiche attività svolte sulle diverse tipologie di navi esistenti. In questo modo, infatti, si potrebbe pensare di studiare accorgimenti tecnici che, studiati ed applicati esclusivamente per le diverse tipologie di navi, possano ridurre o addirittura impedire il verificarsi di un incidente. L obiettivo dovrebbe essere quello di disporre di dati strettamente legati alle specifiche navi, in modo che le prescrizioni conseguenti ad un determinato avvenimento non si ripercuotano necessariamente sull intero armamento, ma esclusivamente su quelle navi ed in quelle attività realmente a rischio. Caso emblematico, in tal senso, è stata l applicazione della direttiva 98/18/CE recepita dal D.Lgs. n. 45 del 4 febbraio 2000, che nel regolamentare le nuove costruzioni pone sullo stesso piano navi di dimensioni e quindi di caratteristiche completamente differenti tra di loro. In particolare, è come se una nave di 150 metri potesse essere paragonata o minimamente confrontata ad una barca di appena 15 metri soltanto per il fatto che entrambe sono adibite al trasporto passeggeri. 2/4

11 E chiaro che l obiettivo di studiare soluzioni tecniche e regolamenti che siano di carattere generale ma anche particolare risulta complesso, anche se non si può non considerare che il raggiungimento di un tale obiettivo indurrebbe direttamente un miglioramento della vita a bordo, ed indirettamente un abbassamento dei costi previdenziali affrontati dall Istituto nonché di quelli gestionali sostenuti dall Armamento. Giusto per fare un esempio su quello che potrebbe essere il modus operandi ricordiamo che alcuni anni fa, ai fini della sicurezza dei lavoratori, fu analizzato nel settore della pesca il problema della possibile rottura dei cavi di traino della rete che, insistendo proprio sull area del ponte ove operano i pescatori, risulta essere un grave pericolo per la loro incolumità. In particolare, fu notato che adottando semplicemente delle spirali metalliche o dei tratti di tubo per l attraversamento dei cavi sarebbe stato possibile, con una modesta spesa, eliminare quasi completamente il rischio di infortunio dei pescatori per tale causa. Questa soluzione, però, anche se semplice ed economica da realizzare, è rimasta esclusivamente una proposta, non traducendosi quindi in un beneficio né per i pescatori né tantomeno per l Armamento o per gli Istituti previdenziali. Chiaramente, per tutte le soluzioni studiate si dovrebbe provvedere ad effettuare anche un piano di fattibilità, in modo da potere oggettivamente valutare l impatto che l applicazione di quella che si tradurrebbe in una norma o addirittura in un regolamento indurrebbe in termini sia di applicabilità sia di oneri da sostenere. Quest ultimo aspetto infatti, soprattutto in un ramo come quello marittimo, storicamente e culturalmente libero da nazionalismi, risulta molto importante, in quanto nel caso in cui tali norme diventassero non sostenibili si correrebbe il rischio di vedere le navi del nostro armamento imbandierate con Stati meno attenti, con il relativo danno che ne conseguirebbe. In altri termini, ritengo che l istituzione di un Osservatorio sui Sinistri Marittimi possa essere considerato come il primo passo verso l idea di voler offrire un servizio sempre più completo, utile e vicino sia ai marittimi sia all Armamento, recuperando in questo modo quella funzione di giunzione e reciproca tutela che caratterizzava le Casse fin dalla loro nascita. Inutile dire che il percorso da fare è lungo in quanto si pone, tra gli altri, l ambizioso obiettivo di migliorare consolidate tradizioni marinare, anche se risulta importante, in questa fase di generale incertezza, tracciare una rotta da seguire al fine di addivenire ad un processo virtuoso che monitorando, classificando e studiando i sinistri marittimi, produca gli elementi necessari al miglioramento della qualità della vita dei marittimi ed all auspicabile riduzione degli incidenti, con il conseguente risparmio per l Ipsema e per l Armamento in generale. 3/4

12 SICUREZZA MARITTIMA, TRA NORMATIVE, ATTESE E PERPLESSITÀ Il 2004 sarà anche l anno dell entrata in vigore del codice Imo sulla sicurezza marittima. Nautes torna in questo numero sul tema della maritime security non tanto con il fine di fornire risposte e certezze quanto piuttosto ulteriori spunti di riflessione e sollecitazione per gli addetti ai lavori e per le autorità. Negli Stati Uniti, in Europa e in Italia, si stanno moltiplicando, in una sorta di ipercinetica accelerazione operativa rispondente alle novazioni normative e dispositive in atto, una serie di interventi sul tema. Non v e dubbio che il nuovo codice Imo sia stato in qualche maniera imposto, calato dall alto, in un contesto internazionale già reso sensibile e a volte inopportunamente sul tema più generale della sicurezza della navigazione. Soprattutto dopo gli ultimi sinistri - mediaticamente rimbalzati - che hanno coinvolto direttamente Paesi di consolidata tradizione marittima. Allo stesso modo, intendiamo porci di fronte al dibattito, acceso quanto stimolante, venutosi a creare in prossimità dell imminente entrata in vigore del Codice ISPS.

13 PORTI E NAVI, UNA SICUREZZA DIFFICILE Luca Sisto A pochi mesi dall introduzione del nuovo codice internazionale sulla security, diffusi conflitti di competenze, centralizzazione di controlli, ritardi amministrativi mettono a rischio il rispetto dei tempi. Con la recente Circolare n. 86/72991 del 2 dicembre 2003 (a firma congiunta del Comandante Generale delle Capitanerie di Porto e del Presidente del CISM (Comitato Interministeriale per la Sicurezza Marittima e dei Porti), la nostra Amministrazione sembra aver sciolto solo alcuni dei molti dubbi, che parevano ormai ostacoli insormontabili, in materia di applicazione del nuovo codice internazionale sulla Security (ISPS Code). Ma facciamo un passo indietro. Tutta la materia della cosiddetta Maritime Security scaturisce, come noto, dalla necessità statunitense di prevenire, anche attraverso l emanazione di legislazioni più severe, gli attacchi terroristici di cui l undici settembre è stato terrificante emblema. Da allora, infatti, è parso evidente che la storica inviolabilità del territorio statunitense era ormai solo un ricordo. E che (tutti) i mezzi di trasporto che legano quotidianamente le sponde dell Oceano raggiungendo l intimo statunitense possono, almeno in potenza, rivelarsi terribili armi distruttive. Di sicurezza pubblica, dunque, e non di sicurezza della navigazione (safety) in quanto tale, occorrerebbe parlare riferendosi al concetto di Maritime Security. E tale differenziazione va da subito sottolineata, anche ai fini di una corretta interpretazione del paradigma normativo in essere in campo internazionale, comunitario e nazionale, nonché delle conseguenti e urgenti decisioni (il Codice entra in vigore il 1 luglio 2004) in capo a tutte le Amministrazioni coinvolte. Tra queste ultime, naturalmente, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti non può che rivendicare in Italia un primato di competenza, pur dovendo interfacciarsi con il Ministero dell Interno per tutto ciò che attiene all espletamento delle azioni di polizia sul territorio e con tutti gli altri Enti e le Industrie coinvolte in mare ed a terra. L istituzione, avvenuta nel 2003, del suddetto CISM e l affidamento della sua presidenza al Capo del Dipartimento Navigazione e Trasporto Marittimo ed Aereo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti è, da questo punto di vista, significativo. Ciò malgrado, fin dal suo insediamento, il CISM ha mostrato al suo interno diverse anime, o quantomeno differenti interpretazioni su come approcciare il Codice e le sue richieste di attività in capo alle singole Amministrazioni. Ciò soprattutto, ma non solo, in tema di sicurezza portuale laddove, all interno del sottocomitato porti, il Ministero dell Interno ha rivendicato a più riprese e presso tutte le sedi una competenza di coordinamento, in considerazione della più generale legislazione nazionale sulla sicurezza pubblica del territorio, scontrandosi apertamente con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in attesa di un invocata presa di posizione al riguardo da parte della Presidenza del Consiglio. La diatriba sorta intorno alle competenze in materia di sicurezza delle aree portuali e sui terminal, sulla quale non sembra opportuno in questa sede soffermarsi ulteriormente, finisce tuttavia per avere non pochi riflessi anche per ciò che attiene alla libera navigazione commerciale, dichiarata da salvaguardare e favorire dallo stesso Codice ISPS, soprattutto per quanto

14 riguarda l interfaccia nave/porto ivi prevista. Peraltro, una nave in regola che partisse da uno scalo italiano non ancora dotato di un piano di sicurezza portuale approvato sarebbe dichiarata certamente non in regola al momento del suo arrivo in un qualunque porto statunitense. Al contrario, la citata Circolare del 2 dicembre scorso fornisce alcune risposte - non tutte soddisfacenti - ai quesiti ed ai problemi segnalati in seno al sottocomitato navi del CISM. In particolare, circa il primo punto, la presentazione del piano di sicurezza della nave, la circolare dispone che i piani di sicurezza della nave (SSP) preparati sotto la responsabilità del CSO (company security officer) e corredati dai pertinenti Ship security assessments siano presentati in cinque copie presso la Capitaneria di Porto presso la cui giurisdizione ha la sede operativa la compagnia di navigazione, mentre una copia deve essere contestualmente presentata all ufficio di Polizia di frontiera. In merito al secondo punto, l approvazione del piano di sicurezza della nave, la circolare interviene stabilendo i modi e i tempi (trenta giorni alla presentazione del piano, dopo aver concesso quindici giorni all Ufficio di Polizia di frontiera per le proprie valutazioni) durante i quali la Capitaneria di porto competente può verificare i singoli piani di sicurezza della nave, eventualmente chiederne la modifica, e infine approvarli. Circa il terzo e rilevante punto, il rilascio del certificato internazionale di sicurezza delle navi, la circolare dispone che ne sia responsabile il solo Comando Generale delle Capitanerie di porto, negando la possibilità che l Amministrazione nomini degli Enti riconosciuti delegati all uopo (RSO). In pratica, per le navi che scalano i nostri porti, l armatore dovrà richiedere la visita, con almeno sette giorni di anticipo, presso la Capitaneria di porto nella cui giurisdizione si trova o si troverà la nave da visitare; mentre, con la stessa Capitaneria di porto che, in precedenza, ha esaminato ed approvato i piani di sicurezza della nave, va concordata la data della visita all estero della stessa. In merito infine al quarto punto, i criteri per la formazione e l addestramento degli Ship security officers (SSO) e dei Company security officers (CSO), la circolare, in attesa che l IMO provveda ad emanare specifici criteri, dispone che sia la compagnia armatoriale ad attestare l avvenuta formazione dei predetti soggetti. Alla luce di quanto sopra, appare evidente come, a soli cinque mesi dall entrata in vigore del Codice ISPS, la nostra Amministrazione, a differenza di altre (si veda lo schema comparativo allegato) abbia compiuto una chiara scelta di avocare a sé tutte le competenze in materia di valutazione ed approvazione dei piani di sicurezza delle navi e, soprattutto, di rilascio del certificato di sicurezza dell intera flotta nazionale interessata dalla normativa, impiegata in Italia e all estero. Ciò potrebbe significare, più che verosimilmente, che il Comando delle Capitanerie di porto vada incontro, da ora e sino alla fine del mese di giugno 2004, ad un carico di lavoro consistente e, soprattutto, da smaltire in tempi brevissimi. Infatti, in considerazione della procedura prevista dal codice e del contenuto della circolare diramata pochi giorni orsono qui brevemente commentata (formazione del CSO e degli SSO, predisposizione del piano di sicurezza in proprio o con l ausilio di consulenza, presentazione dello stesso alla Capitaneria di porto competente, previsione di un lasso di tempo minimo di un mese per ottenere il responso e di trenta giorni successivi all approvazione perché lo stesso sia implementato a bordo, richiesta della visita della nave, effettuazione della stessa - in Italia e all estero - e rilascio finale della certificazione necessaria) è da ritenere che il grosso dei piani da valutare e delle visite da effettuare (soprattutto in considerazione del numero di aziende

15 gravitanti sulle Direzioni marittime di Genova e Napoli) possa finire per concentrarsi tra il mese di maggio e l inizio di giugno 2004, giusto a ridosso dell entrata in vigore del Codice. Un tale scenario (già ora i maggiori noleggiatori ed i P&I Club stanno predisponendo clausole di salvaguardia rispetto all avvenuta certificazione) potrebbe comportare per l armamento nazionale più di un problema. Basti pensare alle nostre navi cisterna e/o porta rinfuse impiegate tra porti esclusivamente internazionali, su relazioni di traffico lontanissime dal nostro territorio, soggette a cambi di destinazione anche improvvisi per conto dei noleggiatori ed infine ferme a volte solo poche ore in porto. Al riguardo, non può non essere sottolineata l opportunità della nomina degli RSO (quantomeno i quattro Registri di classifica riconosciuti ad operare per conto della nostra Amministrazione ai fini del rilascio dei certificati di sicurezza della navigazione) almeno per effettuare le visite delle navi all estero, ove esiste una consolidata rete di funzionari delegati dei suddetti Registri di classifica già esperti riconosciuti in materia di controllo, ispezione e certificazione delle navi. In ultima analisi, pur condividendo le perplessità di tutti gli osservatori e gli operatori che hanno sottolineato, giustamente, l errore di aver inserito il Codice ISPS all interno della SOLAS, con ciò assimilando impropriamente i concetti di safety e security, non si vede perché non possano essere delegati alle visite all estero gli Enti di classifica che certificano in tutto il mondo la sicurezza della vita dei marittimi in navigazione, delle navi e dei loro carichi. Sicurezza, questa sì, da tempo e da tutti ritenuta anello indispensabile e valore aggiunto della catena del trasporto marittimo mondiale. Riepilogo Posizioni sull Attuazione del Codice ISPS ITALIA CIPRO DANIMARCA FRANCIA GERMANIA GRECIA INGHILTERRA MALTA NORVEGIA PANAMA PORTOGALO SPAGNA SVEZIA RSO Delegati N S S S S S\N N S S S S _ N Controllo ed Approvazione SSP da parte degli RSO N S S S S S N S S S S _ N Controllo ed Approvazione SSP da parte dell'amministrazione S N N S S S S N N N N _ S Preparazione dei Porti in Stato di Avanzamento S S S S S S S S S S S N S Certificazione Compagnie/Navi N N N N N N N N S S _ N N Requisiti di Addestramento sul Codice ISPS S S N S N S S N N S N RSO = Enti Riconosciuti di Security SSP = Piani di Sicurezza della Nave ISPS = Codice internazionale di Security delle Strutture Portuali e delle Navi

16 (Scheda a cura di Angela Antzoulatou)

17 MARITIME SECURITY, UNA NORMATIVA IN EVOLUZIONE Enrico-Maria Pujia Accordi e trattati internazionali per fronteggiare il terrorismo sul mare scontano la necessità di inseguire l evolversi delle crisi politiche. Il problema dell attribuizione dei poteri e delle responsabilità di controllo. Dopo i gravi fatti dell 11 settembre del 2001 gli Stati Uniti si sono subito impegnati in un intensa campagna antiterroristica per l adozione, in tempi brevi, in campo nazionale e internazionale, di una serie di misure rivolte alla prevenzione di atti di terrorismo in tutti i settori dei trasporti, con particolare riguardo a quelli aereo e marittimo. Nelle sedi internazionali preposte, fin dai primi mesi del 2002, è stata avviata una complessa attività di studio per l individuazione di diverse misure di security, con il dichiarato scopo di apportare degli emendamenti ad alcune Convenzioni Internazionali, in particolare, per la parte marittima, alla Convenzione IMO/SOLAS-74 (Safety of Life at Sea ), al fine di regolamentare la prevenzione di atti di terrorismo contro lo shipping. Se il fenomeno del terrorismo internazionale correlato alla navigazione marittima è stato riproposto a seguito dei recenti avvenimenti, esiste tuttavia in materia un precedente: il sequestro dell Achille Lauro, che risale al 1985, e che già allora mise in evidenza la grande vulnerabilità del comparto marittimo e delle navi in navigazione, in particolare rispetto ad iniziative criminose di questo genere. Già in quel caso l Italia, Paese di bandiera della nave oggetto dell azione terroristica, propose, in sede IMO, un progetto di Convenzione mirata a creare un primo nucleo di regole comuni di diritto internazionale intese a prevenire atti illeciti contro la sicurezza della navigazione. In realtà, la Convenzione SUA (Convention for the suppression of the unlawful acts against the safety of maritime navigation, 1988) è, sostanzialmente, uno strumento di diritto internazionale penale che si ripropone di creare le condizioni per una più intensa cooperazione tra gli Stati in sede di repressione dei reati di stampo terroristico in ambito marittimo, non curandosi però dell aspetto preventivo del problema security e quindi di adottare quelle misure necessarie affinchè l evento terroristico non abbia a verificarsi. Tuttavia, pur non avendo una particolare connotazione tecnica, come gli emendamenti di recente apportati alla SOLAS-74, la Convenzione SUA fu la prima occasione in cui venne affrontato il problema della security in ambito marittimo. Oggi, considerato il ruolo primario che il trasporto marittimo assume nel trasporto di merci (circa il 90% dei carichi containerizzati mondiali viene movimentato via mare), è chiaro che un attacco terroristico ai traffici transoceanici rischierebbe di paralizzare l intero sistema di scambi commerciali mondiali. Infatti, in particolare, gli Stati Uniti, che ricevono ogni anno da tutto il mondo più di 16 milioni di containers, contestualmente alle misure internazionali in discussione in ambito IMO, hanno da subito concentrato gli sforzi nella realizzazione della Customs Container Security Initiative, iniziativa tesa al raggiungimento di elevati standard di sicurezza sul traffico marittimo dei containers. La dogana statunitense, al tal fine, ha messo a punto una serie di azioni mirate ad incrementare gli accertamenti da effettuare nei porti di partenza dei containers, con obiettivo prioritario di coinvolgere, in tempi brevi, una decina di porti Hub in tutto il mondo, individuati sulla base del volume di traffico; chiedendo alle singole Autorità statali una specifica collaborazione, attraverso l adozione di accordi doganali bilaterali, per la realizzazione di un programma di prevenzione, connesso alle attività di intelligence, applicato all esame delle merci e dei traffici marittimi. 1

18 Anche l Italia ha aderito all iniziativa statunitense con la firma a Washington, il 7 novembre 2002, dell accordo che ha sancito l avvio di un importante programma pilota per lo sviluppo della cooperazione tra agenti doganali americani, dislocati nei porti italiani, e doganieri italiani. Nel contempo, a livello internazionale, è stata espressa piena soddisfazione per gli importanti risultati raggiunti a conclusione dei lavori della Conferenza Diplomatica sulla Security, tenutasi a Londra presso l IMO dal 9 al 13 dicembre 2002, che ha permesso l adozione, attraverso una serie di emendamenti apportati alla Convenzione SOLAS-74, di misure di prevenzione e repressione degli atti di terrorismo in ambito marittimo, per la sicurezza della nave e dei porti, elaborate nell arco di circa un anno di intensa attività svolta dall Organizzazione Marittima Internazionale. Con l adozione di detti emendamenti è stato definito il principale quadro delle regole relative alla sicurezza in ambito marittimo, che prevedono in particolare la creazione di un apposito nuovo Capitolo nella SOLAS-74, il Cap. XI - 2 "Special Measures to Enhance Maritime Security", composto da 13 Regole, che incorpora in sé anche il Codice ISPS ( International Ship Port Facility Security Code). Il codice, a sua volta, si divide in una parte A, composta da 19 sezioni e contenente norme obbligatorie, ed in una parte B, contenente le linee guida raccomandatorie di applicazione. E chiaro che gli emendamenti adottati non coprono completamente l intera materia relativa alla security in ambito marittimo, e probabilmente subiranno, a breve, delle modifiche anche sulla base dei possibili sviluppi dell attuale crisi internazionale. E noto, infatti, che già a livello comunitario le stesse istituzioni europee si sono prontamente impegnate per regolamentare alcuni aspetti della materia, con la predisposizione della Proposta di Regolamento relativa al miglioramento della sicurezza delle navi e degli impianti portuali in fase di ultima approvazione - COM(2003) 229 definitivo -. Ancora oggi la Commissione europea è impegnata nello studio di ulteriori misure connesse alla maritime security da adottare nell ambito della propria area, per favorire il recepimento della nuova normativa internazionale, ed integrare ed adattare la stessa normativa alla realtà europea. Certamente in un prossimo futuro sarà necessario completare, con degli appositi emendamenti anche in sede IMO, la parte concernente le dogane e i marittimi, di cui si stanno occupando per competenza, su delega dell IMO stessa, le Organizzazioni internazionali preposte: ILO ed WCO. Ciò tuttavia non esime gli Stati contraenti dal procedere all applicazione degli emendamenti già approvati, come tra l altro ribadito sia nel discorso iniziale del Segretario Generale dell IMO all apertura della Conferenza diplomatica sia nel Preambolo degli emendamenti apportati alla SOLAS-74, nel quale si invitano tutti i Paesi contraenti ad adoperarsi affinché le disposizioni approvate vengano applicate nel più breve tempo possibile e comunque non oltre i termini previsti. A tal proposito, è necessario sottolineare che le risoluzioni adottate dalla Conferenza diplomatica a dicembre 2002 definiscono chiaramente i tempi di entrata in vigore della nuova normativa internazionale. In particolare, dallo scorso primo gennaio gli emendamenti sono considerati accettati dai Paesi firmatari ed entreranno in vigore dal prossimo mese di luglio sempre che più di un terzo dei governi che sono membri dell IMO e che aderiscono alla Convenzione, e la cui flotta complessivamente è superiore al 50% del tonnellaggio lordo della flotta mondiale, non abbiano notificato eventuali obiezioni agli emendamenti stessi. E noto, altresì, che quasi tutti i Paesi europei hanno già avviato le procedure per il recepimento e l applicazione delle suddette disposizioni, costituendo, in alcuni casi, appositi Dipartimenti o Uffici esclusivamente dedicati alla maritime security, e utilizzando personale e strutture già preesistenti nelle proprie Amministrazioni al fine di ridurre i tempi procedurali. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti italiano, al fine di garantire la sicurezza nell ambito dei trasporti, ha costituito due nuovi Comitati interministeriali per la sicurezza nei trasporti marittimi (CISM) e nei trasporti terrestri (CIST), che affiancheranno il vecchio Comitato per la sicurezza aerea (CIS) che ha esteso la sua precedente competenza assumendo una nuova denominazione (CISA). 2

19 Detti comitati sono coordinati dal Comitato per la Sicurezza dei Trasporti, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, presieduto dall Addetto Militare del Presidente del Consiglio. In particolare, il Comitato dei Trasporti Marittimi (CISM), del quale fanno parte le Amministrazioni interessate e le maggiori Associazioni Nazionali di categoria, dovrebbe svolgere una funzione determinante al fine di dirimere le importanti questioni connesse al recepimento, in ambito nazionale, della nuova normativa internazionale, per procedere, nel più breve tempo possibile e comunque non oltre i termini previsti, alla successiva applicazione delle nuove disposizioni internazionali. Tuttavia, con una direttiva della Presidenza del Consiglio dello scorso 24 ottobre, avente per oggetto la predisposizione, in sede di Comitati Interministeriali per la Sicurezza nei trasporti, dei provvedimenti di attuazione in materia di security, sarebbe stato conferito l affidamento diretto dei compiti in questione al Ministero dell Interno, a cui viene confermata la titolarità delle funzioni in materia di sicurezza, anche per la parte marittima, che per i compiti di gestione operativa e per competenza periferica si affiderebbe agli Uffici Territoriali di Governo (Prefetture) e al Comando Generale delle Capitanerie di Porto. La direttiva della Presidenza, che si riferisce principalmente alla Port Security, stabilisce alcuni criteri che deve possedere l Autorità Nazionale designata in materia di sicurezza nel settore portuale sulla base degli emendamenti apportati alla Convenzione SOLAS-74, nonché per gli adempimenti relativi della normativa comunitaria vigente in materia. La direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri, individuando a livello locale la titolarità delle funzioni in materia di sicurezza alle Prefetture, di fatto sembrerebbe indicare nella Prefettura stessa l Autorità Nazionale designata per la security nei porti. Naturalmente, la direttiva non sembra completamente esaustiva e, mentre considera definite le questioni attinenti l applicazione della ship security, di fatto lascia ancora sul tappeto, a circa cinque mesi dall entrata in vigore delle nuove norme internazionali, molte questioni insolute, quali la definizione delle competenze dell Autorità responsabile della maritime security e l individuazione dell Autorità stessa. 3

20 LA SICUREZZA NON DEVE BLINDARE LO SHIPPING Alberto Cozzo Il trasporto marittimo copre l 80% dell intero commercio internazionale e impiega una forza lavoro di 8-10 milioni di addetti: un sistema economico che rischia di essere soffocato dalle norme sulla security. «Navigare necesse est hors de toute question de faute le dommage qui en résulte, reste à la charge de celui qui a exposé ses biens aux risques y attachés». Henri Schadee, Le droit maritime français Vale ricordare come l attacco portato dai terroristi di Al Qaeda alle Torri Gemelle dell 11 Settembre 2001 abbia posto all attenzione dei governi la necessità di verificare da un lato il grado di vulnerabilità, dall altro la capacità di risposta al problema derivante sia dalla straordinaria so fisticazione organizzativa sia da una disponibilità finanziaria più che vasta. Il rischio, infatti, ha immediatamente assunto i toni dell attualità, e se inizialmente l attenzione è stata posta al mondo della navigazione aerea, pure nel mondo dello shipping si sono dovuti compiere taluni passi. I targets delle organizzazioni terroristiche sono infatti, nelle analisi delle agenzie, certo il naviglio, ma pure a terra si paventa soprattutto il pericolo della sottrazione di capitali. E indubbio che il commercio mondiale dipenda dal trasporto marittimo, talché la tendenza registrata è stata necessariamente di rendere il sistema del tutto aperto, al fine di massimizzare lo sviluppo economico, come peraltro tutti gli indicatori mostrano dalla seconda metà del secolo scorso. Così, l ambito mercantile sconta proprio la sua caratteristica di vedere impiegata una forza lavoro proveniente da tutte le latitudini, di operare il trasporto di beni in ogni dove, come spesso Giovanni Montanari, Presidente della Confederazione Italiana Armatori, continua a ripetere nei suoi interventi, a testimonianza di quella globalizzazione che si fatica a definire, ma che è connaturata alla navigazione. Allora, lo sforzo da compiere è proprio quello di non blindare questo mondo, trovando tuttavia al contempo efficaci soluzioni di sicurezza.

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