Parere n. 41/2010 Verifica preliminare di interesse archeologico per un progetto di scavi stradali in un Comune privo di aree di tutela archeologica

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1 Parere n. 41/2010 Verifica preliminare di interesse archeologico per un progetto di scavi stradali in un Comune privo di aree di tutela archeologica Viene chiesto parere al Servizio scrivente in ordine alla necessità di sottoporre preliminarmente un progetto relativo ad una attività di scavo per la costruzione di strade, fognature, acquedotti o altre opere, al parere della Soprintendenza per i beni archeologici, indipendentemente dall esistenza o meno di un area di interesse archeologico. Il Comune richiedente aggiunge che il Piano Regolatore Generale Comunale vigente non individua aree di tutela archeologica nel territorio comunale. Vengono inoltre richiamate due norme di riferimento per la fattispecie in oggetto e segnatamente l art. 95 del Dlgs 163/06 Verifica preventiva dell interesse archeologico in sede di progetto preliminare e l art. 28 del Dlgs 42/04 Misure cautelari e preventive - Si deve in primo luogo riportare il testo delle norme richiamate. L art. 28 del Dlgs 42/04 così dispone: 1. Il soprintendente può ordinare la sospensione di interventi iniziati contro il disposto degli articoli 20, 21, 25, 26 e 27 ovvero condotti in difformità dall'autorizzazione. 2. Al soprintendente spetta altresì la facoltà di ordinare l'inibizione o la sospensione di interventi relativi alle cose indicate nell'articolo 10, anche quando per esse non siano ancora intervenute la verifica di cui all'articolo 12, comma 2, o la dichiarazione di cui all'articolo L'ordine di cui al comma 2 si intende revocato se, entro trenta giorni dalla ricezione del medesimo, non è comunicato, a cura del soprintendente, l'avvio del procedimento di verifica o di dichiarazione. 4. In caso di realizzazione di lavori pubblici ricadenti in aree di interesse archeologico, anche quando per esse non siano intervenute la verifica di cui all'articolo 12, comma 2, o la dichiarazione di cui all'articolo 13, il soprintendente può richiedere l'esecuzione di saggi archeologici preventivi sulle aree medesime a spese del committente. L' art. 95 del Dlgs 163/06 costituisce norma sostanzialmente ed esplicitamente esecutiva dell'art. 28 comma 4 Dlgs 42/04: 1-7

2 ""1. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 28, comma 4, del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, per le opere sottoposte all'applicazione delle disposizioni del presente codice in materia di appalti di lavori pubblici, le stazioni appaltanti trasmettono al soprintendente territorialmente competente, prima dell'approvazione, copia del progetto preliminare dell'intervento o di uno stralcio di esso sufficiente ai fini archeologici, ivi compresi gli esiti delle indagini geologiche e archeologiche preliminari secondo quanto disposto dal regolamento, con particolare attenzione ai dati di archivio e bibliografici reperibili, all'esito delle ricognizioni volte all'osservazione dei terreni, alla lettura della geomorfologia del territorio, nonché, per le opere a rete, alle fotointerpretazioni. Le stazioni appaltanti raccolgono ed elaborano tale documentazione mediante i dipartimenti archeologici delle università, ovvero mediante i soggetti in possesso di diploma di laurea e specializzazione in archeologia o di dottorato di ricerca in archeologia. Ai relativi oneri si provvede ai sensi dell'articolo 93, comma 7 del presente codice e relativa disciplina regolamentare. La trasmissione della documentazione suindicata non è richiesta per gli interventi che non comportino nuova edificazione o scavi a quote diverse da quelle già impegnate dai manufatti esistenti. 2. Presso il Ministero per i beni e le attività culturali è istituito un apposito elenco, reso accessibile a tutti gli interessati, degli istituti archeologici universitari e dei soggetti in possesso della necessaria qualificazione. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, sentita una rappresentanza dei dipartimenti archeologici universitari, si provvede a disciplinare i criteri per la tenuta di detto elenco, comunque prevedendo modalità di partecipazione di tutti i soggetti interessati. 3. Il soprintendente, qualora, sulla base degli elementi trasmessi e delle ulteriori informazioni disponibili, ravvisi l'esistenza di un interesse archeologico nelle aree oggetto di progettazione, può richiedere motivatamente, entro il termine di novanta giorni dal ricevimento del progetto preliminare ovvero dello stralcio di cui al comma 1, la sottoposizione dell'intervento alla procedura prevista dai commi 6 e seguenti. 4. In caso di incompletezza della documentazione trasmessa, il termine indicato al comma 3 è interrotto qualora il soprintendente segnali con modalità analitiche detta incompletezza alla stazione appaltante entro dieci giorni dal ricevimento della suddetta documentazione. In caso di documentata esigenza di approfondimenti istruttori il soprintendente richiede le opportune integrazioni puntualmente riferibili ai contenuti della progettazione e alle caratteristiche dell'intervento da realizzare e acquisisce presso la stazione appaltante le conseguenti 2-7

3 informazioni. La richiesta di integrazioni e informazioni sospende il termine. Il soprintendente, ricevute le integrazioni e informazioni richieste, ha a disposizione il periodo di tempo non trascorso o comunque almeno quindici giorni, per formulare la richiesta di sottoposizione dell'intervento alla procedura prevista dall'articolo Avverso la richiesta di cui al comma 3 è esperibile il ricorso amministrativo di cui all'articolo 16 del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n Ove il soprintendente non richieda l'attivazione della procedura di cui all'articolo 96 nel termine di cui al comma 3, ovvero tale procedura si concluda con esito negativo, l'esecuzione di saggi archeologici è possibile solo in caso di successiva acquisizione di nuove informazioni o di emersione, nel corso dei lavori, di nuovi elementi archeologicamente rilevanti, che inducano a ritenere probabile la sussistenza in sito di reperti archeologici. In tale evenienza il Ministero per i beni e le attività culturali procede, contestualmente alla richiesta di saggi preventivi, alla comunicazione di avvio del procedimento di verifica o di dichiarazione dell'interesse culturale ai sensi degli articoli 12 e 13 del codice dei beni culturali e del paesaggio. 7. I commi da 1 a 6 non si applicano alle aree archeologiche e ai parchi archeologici di cui all'articolo 101 del codice dei beni culturali e del paesaggio, per i quali restano fermi i poteri autorizzatori e cautelari previsti dal predetto codice, ivi compresa la facoltà di prescrivere l'esecuzione, a spese del committente dell'opera pubblica, di saggi archeologici. Restano altresì fermi i poteri previsti dall'articolo 28, comma 2, nonché i poteri autorizzatori e cautelari previsti per le zone di interesse archeologico, di cui all'articolo 142, comma 1, lettera m), del medesimo codice. Il Comune scrivente, pertanto, si interroga sulla obbligatorietà della trasmissione preliminare alla Soprintendenza del progetto o di uno stralcio di esso sufficiente ai fini della verifica archeologica, anche nel caso in cui il P.R.G.C. non qualifichi l area nella quale si vuole intervenire come "area di interesse archeologico". Occorre dunque verificare quando ricorra la fattispecie prevista dall'art. 28 comma 4 Dlgs 42/04 e perciò si debba dare esecuzione alle previsioni applicative dell'art. 95 Dlgs 163/06. Il testo della norma in esame già fornisce una indicazione significativa, laddove precisa che è prescritta la previa verifica della Soprintendenza nelle "aree di interesse archeologico" ""anche 3-7

4 quando per esse non siano intervenute la verifica di cui all'articolo 12, comma 2, o la dichiarazione di cui all'articolo 13"": con ciò si prescrive detta verifica preventiva non solo in relazione alle aree qualificate "bene culturale" ex art. 10 comma 3 Dlgs 42/04 perché oggetto di puntuale dichiarazione di interesse culturale ex art. 13 Dlgs 42/04; non solo in relazione alle aree oggetto di verifica dell'interesse culturale ex art. 12 comma 2 Dlgs 42/04; occorre precisare che la verifica non sia ancora stata perfezionata; infatti, se avesse dato esito positivo, sussisterebbe la dichiarazione di interesse culturale ex art. 13; se invece non fosse stato riscontrato interesse culturale, esse ai sensi dell'art. 12 comma 4 sarebbero escluse dalla tutela relativa ai beni culturali. Occorre quindi concludere che la qualifica di determinati immobili quali "aree di interesse archeologico" non dipende né dalla loro accertata natura di "beni culturali" né dal loro assoggettamento al procedimento di verifica dell'interesse culturale. Va allora rilevato che in forza dell'art. 142, comma 1, lett. m), Dlgs 42/04 sono "beni paesaggistici" ""le zone di interesse archeologico"", che devono essere ai sensi dell'art. 143 comma 1 lett. c) oggetto di ""ricognizione"" da parte del Piano Paesaggistico, il quale procede inoltre alla ""loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione"". Appare dunque legittimo ritenere che siano soggette alle prescrizioni di cui all'art. 28 comma 4 Dlgs 42/04 e all'art. 95 Dlgs 163/06 quelle ""zone di interesse archeologico"" individuate dal Piano Paesaggistico. Ancora, la L.R. 56/77 e s.m.i. afferma che ""Spetta altresì al Piano Regolatore Generale individuare, nel rispetto delle competenze statali, le aree di interesse archeologico e fissare norme per la loro tutela preventiva; qualsiasi mutamento allo stato dei luoghi di queste aree deve essere previsto in sede di piano particolareggiato."" (art. 24, comma 11). Si può allora affermare che l'applicazione delle prescrizioni di cui all'art. 28, comma 4, Dlgs 42/04 e all'art. 95 Dlgs 163/06 è dovuta quando la realizzazione di lavori pubblici ricada in aree qualificate "beni culturali" ai sensi dell'art. 13 e 10 comma 3 Dlgs 42/04; oggetto di procedimento di verifica dell'interesse culturale ex art. 12 comma 2 Dlgs 4-7

5 42/04; individuate dal Piano Paesaggistico quali ""zone di interesse archeologico"" ai sensi dell'art. 142 comma 1 lett. m) Dlgs 42/04; individuate dal Piano Regolatore Comunale quali ""aree di interesse archeologico"" ai sensi dell'art. 24 comma 11 L.U.R.. Occorre però considerare ancora l'ipotesi che l'applicazione delle prescrizioni recate dalle norme indicate sia dovuta anche quando le aree dove devono essere realizzati lavori pubblici non siano oggetto del provvedimento di cui all'art. 13 o del procedimento di cui all'art. 12 comma 2 Dlgs 42/04, e non siano neppure individuate dal Piano Paesaggistico o dal Piano Regolatore Comunale. Si deve infatti riconoscere che lo scopo della disciplina contenuta nell art. 95 del Codice dei contratti pubblici è quello di approntare - prima dell apertura dei cantieri, e quindi in via preventiva - una compiuta rappresentazione dell eventuale interesse archeologico dell area oggetto di intervento; gli evidenti vantaggi pratici che ne conseguono risiedono nella pregiudiziale individuazione e conseguente salvaguardia del patrimonio culturale e del paesaggio, evitando nel contempo che il regolare svolgimento dei lavori pubblici, ove intrapreso in difetto di adeguati accertamenti, possa rimanere intralciato da reperti che ben potevano essere verificati ed accertati in momenti precedenti all avvio della fase esecutiva dei lavori. In particolare, la norma in esame ipotizza che all'esito della verifica di sua competenza il Soprintendente può ravvisare ""l'esistenza di un interesse archeologico nelle aree oggetto di progettazione"" (art. 95, comma 3, Dlgs 163/06) e conseguentemente dar luogo alla procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico disciplinata dall'art. 96, che può condurre (comma 2, lett. c, e comma 4) al procedimento di verifica o di dichiarazione di interesse culturale ex artt. 12 e 13 Dlgs 42/04. Pare quindi che la qualificazione di "area di interesse archeologico" sia una possibile conseguenza - e non un presupposto - dell'applicazione delle prescrizioni di cui all'art. 28 comma 4 Dlgs 42/04 e all'art. 95 Dlgs 163/06: la verifica preventiva da parte della Soprintendenza deve quindi essere attivata anche indipendentemente dalla presenza formale di un "vincolo archeologico". 5-7

6 Ma non si può in tutta evidenza ritenere che tale verifica debba sempre e comunque essere compiuta, indipendentemente dalle concrete connotazioni dell'area interessata dalla realizzazione di lavori pubblici: nessuna norma prevede che detta verifica debba essere compiuta quale che sia la zona del territorio comunale interessata, mentre proprio l'art. 28, comma 4, Dlgs 42/04 limita alle "aree di interesse archeologico" la necessità di siffatta verifica preventiva. Pare insomma logico concludere che incombe all'ente committente dei lavori pubblici in questione formulare - caso per caso, in relazione alla specifica zona del territorio comunale - una valutazione di "potenziale interesse archeologico" dell'area ove devono realizzarsi detti lavori, valutazione che dovrà essere congruamente motivata se negativa. Questa conclusione trova conferma in una recente decisione del T.A.R. Puglia - Lecce Sez. I, 18 luglio 2009 n che così argomenta: ""Ritiene pertanto il collegio che, al di là della presenza o meno di vincoli archeologici sull area de qua, ciò che rileva è l incontestato (ed anzi confermato) rilievo di elementi di seria consistenza che fanno propendere per l oggettiva rilevanza archeologica dell area in questione (o quanto meno su parte di essa). ( ) Ed infatti, il menzionato art. 28, comma 2, viene applicato anche per interventi progettati e non ancora avviati ed in relazione a beni per i quali non sia ancora intervenuta intervenuta la dichiarazione di interesse culturale di cui all art. 13 del codice. Ed anzi a tale strumento per lo più si ricorre proprio allo scopo di giungere, se del caso, a questo tipo di dichiarazione. Del resto, una simile dichiarazione avrebbe potuto eventualmente coinvolgere nella specie soltanto parte dell area interessata dall intervento, così consentendo, nell interesse stesso della società controinteressata, una modifica progettuale tale da rimodulare e concentrare la realizzazione dello stesso in area non caratterizzata da elementi di rilievo culturale. Tale modus operandi è stato di recente regolamentato, nel dettaglio, all interno del codice dei contratti pubblici, ove si è affermato il principio della verifica preventiva dell interesse archeologico. Pur non avendo il legislatore codificato la stessa procedura per quanto riguarda le opere sì di interesse pubblico come quelle in esame (impianti di energia rinnovabile) ma pur sempre ad iniziativa privata, si ritiene in ogni caso che alle medesime conclusioni possa giungersi qualora sull area, anche in assenza di specifici vincoli, risulti attestata sulla base di documentazione 6-7

7 attendibile la presenza di seri indizi di culturalità, ossia di elementi di rilevante interesse archeologico. Indizi che come nella specie avvenuto ben potrebbero emergere, altresì, in base all azione dei privati, ossia in applicazione del principio dell azione ambientale di cui al menzionato art. 3-ter del Dlgs n. 152 del In tale ipotesi deve allora innestarsi un adeguato livello di approfondimento istruttorio da parte non solo della soprintendenza statale ma anche di altri soggetti territorialmente interessati, in ottemperanza al principio buon andamento nonché di doverosa e leale collaborazione interistituzionale diretto a vagliare preliminarmente la eventuale sussistenza dei presupposti richiesti dalla normativa di settore per l applicazione dei relativi meccanismi di tutela (artt. 28 e 13 del codice BAC). E ciò anche al fine come già detto di offrire al privato che intende svolgere l iniziativa imprenditoriale di avere un quadro di certezze più ampio riguardo alle effettive possibilità legali connesse alla realizzazione dell intervento. Prevale in questo senso un principio di effettività della tutela del bene culturale il quale consenta, in una ottica eminentemente sostanzialista, di prescindere se del caso dalla sussistenza o meno di un provvedimento vincolistico di natura formale: la dichiarazione di interesse culturale, per l orientamento dominante, implica infatti la preesistenza rispetto ad essa della culturalità del bene. 7-7

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