Porta capuana Porta nolana pontenuovo

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1 Il programma urbanistico di Alfonso II è nella celebre lettera del 20 marzo 1524 di P. Summonte al Michiel. Il duca di Calabria e il suo architetto Giuliano da Maiano progettarono nuovi interventi in quella parte della città resasi disponibile in seguito all ampliamento della cinta muraria. Porta capuana Porta nolana pontenuovo

2 S, domenico S, chiara S, lorenzo cattedrale s. Giovanni carbonara castelcapuano s. eligio castelnuovo

3 La pianta incisa da S. Duperac e data alle stampe dal Lafrery nel 1566

4 Verso la metà degli anni Trenta del Cinquecento si verifica la nuova svolta nella trasformazione di Napoli in città da guerra. Fino a questa data sappiamo di interventi di adeguamento nel forte aragonese a mare considerato molto importante, al potenziamento del castello sulla collina di Sant Elmo, sulle condizioni di Castel dell Ovo, per la verità poco apprezzato ai fini difensivi. Circostanze che denotavano l interesse per un sistema antiquato di difesa, che probabilmente si seguiva per la cronica mancanza di fondi disponibili per nuove più adeguate opere di difesa. Il ventennio toledano ( ) 1553) si impone all attenzione non solo per la realizzazione delle nuove mura di Napoli, ma per l importanza che il progetto complessivo di adeguamento delle difese riveste e per la capacità e lungimiranza dimostrate dal vicerè sia nell individuazione degli obiettivi sia nella programmazione degli interventi indispensabili nell attuazione di un proigramma adeguabile nel tempo senza snaturane i presupposti. I problemi della difesa sono strettamenti legati a quelli dell ordine pubblico e perciò, come aveva già fatto all Aquila dispone la realizzazione di una nuova grande fortezza, il forte S. Elmo il cui progetto viene affidato all Escrivà, ingnere militare che stava completando la fortezza abruzzese. Il forte avrebbe messo al riparo il vicerè da possili rivolte popolari. Successivamente il Toledo porta avanti i lavori della nuova murazione a mare nel tratto fino alla porta della Maddalena, e il versante settentrionale riprendendo i lavori interrotti dagli aragonesi. Le nuove opere tenevano pruioritariamente conto della necessità di difendersi in prima istanza dai sudditi e pois dai nemici esterni.. Da questa priorità deriva la scelta di costruire innanzitutto il castel Sant Elmo.

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6 La fortificazione preesistente era ridotta alle sole pareti; quanto sopravviveva delle antiche fabbriche venne inglobato dall Escrivà nel nuovo organismo che fu ottenuto modellando la roccia sulla quale sorgeva. L Escrivà si impegnò a proteggere soprattutto il fronte occidentale, unico versante dal quale si poteva raggiungere agevolmente la sommità del colle. Da lì si dominava la città e soprattutto le fortezze costiere. La realizzazione del palazzo vicereale,l apertura di via Toledo, la sistemazione del vallone di Chiaia e la costruzione dell omonima porta con un breve tratto di mura occidentali, la individuazione delle pendici di S. Martino per l acquartieramento delle truppe completano l opera toledana. Ci sono due possibili letture dell insediamento napoletano così come si presenta alla metà degli anni Cinquanta del Cinqucento. Da un lato si può considerare la città all interno delle mura difensive come unitaria struttura, dall altro approfondendo lo studio alla luce di parametri che tengono conto delle esigenze della difesa particolarmente sentite nel XVI secolo, si individuano nella capitale vicereale due nuclei nettamente divisi e ben riconoscibili per destinazione attività e qualità degli abitanti. Il primo costituito dal tessuto storico chiuso tra la cinta aragonese, il porto e la zona dell Incoronata, il secondo, la città degli spagnoli, che investe quasi per intero l ampliamento cinqucentesco.

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8 La città di Pedro da Toledo Con la linea arancio sono indicate le mura che delimitano l ampliamento aragonese. Con la linea verde la murazione antica, con la linea gialla il fronte a mare realizzato dagli angioini La città di Pedro da Toledo Con la linea blu sono indicati i nuovi confini della città tracciati con la nuova murazione che dall attuale piazza Dante, risalento per Tarsia si collegava con il castello di Sant Elmo realizzato da Escrivà

9 Con l arrivo dei francesi vi fu una vera e propria ricostruzione dello stato che lasciò segni profondi nell amministrazione della cosa pubblica. La legge sulla divisione ed amministrazione delle province del Regno fu promulgata nel 1806 da Giuseppe Bonaparte :il territorio fu diviso in tredici province e la capitale in tre distretti. Alcuni mesi dopo fu istituito il Consiglio degli edifizi civili con funzioni di controllo finanziario di ciascuna opera edilizia che doveva essere autorizzata da una perizia, approvata la quale si sarebbe proceduto all appalto. Le opere sarebbero state collaudate da un ingegnere di Ponti e Strade. Questo regolamento consentì che tutte le opere pubbliche e la loro manutenzione fossero gestite da un Intendente. Nel 1808 si giunge alla divisione della città in dodici quartieri che facevano capo con i loro eletti al Corpo della città presieduto dal Sindaco. Accanto a questa struttura amministrativa si provvide al braccio tecnico con l istituzione del Corpo reali di Ponti e strade. Se queste furono le novità nell amministrazione vanno sottolineate anche le ambizioni per quanto attiene il rinnovo urbano. Giuseppe appena giunto a Napoli ordinò l abbattimento della chiesa di S. Spirito e di quella di S. Luigi di Palazzo al fine di dare nuovo decoro al largo antistante il palazzo reale.

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11 S. Francesco di Paola. Artefice di questo progetto, Pietro Bianchi. La storia di questa piazza ha inizio nei primi anni del Seicento, quando il vicerè Fernando Ruiz de Castro decise di costruire, in continuità con il palazzo vecchio di don Pedro da Toledo, un grande edificio in occasione della visita di Filippo III. La piazza era occupata in quegli anni dai monasteri di S. Luigi e di Santo Spirito, prospicienti il il palazzo reale, mentre sul lato sud sorgevano i due complessi della Croce e della Trinità di Palazzo. Per oltre due secoli il largo di Palazzo rimase il simbolo della città barocca, con le sue affollate stratificazioni, i suoi contrasti tra sopravvivenze medievali e improvvise emergenze monumentali. Vincenzo Ruffo nel Saggio sull Abbellimento di cui è capace la città di Napoli scriveva: L abitazione dei nostri re, edificio che per la grandezza e la maschia decorazione della sua regolare e bella facciata non la cede a qualunque altro simile dell Italia e dell Europa, merita che invece di due cnventi di fratri che circondano la sua irregolar piazza, un edificiuo nobile e grandioso appoggiato alla chiesa dei Paolotti dell estensione medesima della facciata del Real palazzo vi formasse una piazza regolare e concorresse a nobilitare la residenza del sovrano.. Soltanto agli inizi dell Ottocento fu avviata la ristrutturazione della piazza, nel clima di rinnovamento che segnò il regno di Gioacchino Murat., che bandì un concorso per la costruzione di un grande foro pubblico che avrebbe preso il nome di gran foro Gioacchino.

12 S. Francesco di Paola. Demoliti numerosi fabbricati, furono gettate le fondamenta di un solenne edificio pubblico costituito da una vasta sala centrale riservata ad assemblee popolari, un corpo semicircolare preceduto da un uniforme porticato adibito a museo delle scienze, della tecnica e del lavoro nazionale. A sud fu ristrutturato il palazzo Acton assegnato ai ministeri di stato e precedentemente destinato ai militari e venne iniziata la costruzione di un fabbricato gemello per misura e articolazione della fabbrica nel quale avrebbe dovuto essere allocato il ministero degli esteri. Nella trasparenza assoluta delle sue funzioni rappresentative, il gran foro Gioacchino, inscriveva nello spazio urbano i segni di una nuova costituzione politica del governo napoletano, fondata sull equilibrio delle istituzioni, sull alleanza tra forze sociali e poteri dello statyo, su prinicpi ormai inalienabili di sovranità popolare, libertà e autodeterminazione nazionale (S. Villari)

13 I napoleonidi per superare il sistema di colline che impediva l ampliamento della città, crearono dunque un asse a nord il corso Napoleone, la via di Capodichino a est che ricongiungeva la via Foria con una struttura militare, il Campo di Marte; un terzo asse era diretto verso i Campi Flegrei nell entroterra occidentale della città.

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15 La scalinata di Capodimonte La strada di Capodimonte raggiungeva il palazzo reale e a valle si divideva in due rami, uno a nord puntava verso Miano l altro costeggiando il bosco e passando alle spalle della collina di S. Efremo in direzione nord est, giungeva alle spalle dell Albergo dei poveri. Nel costruire la strada i progettisti Avellino e Leandro mostrarono una notevole sensibilità paesistica, soprattutto nel bel disegno della scala terminale del corso, che può considerarsi un felice episodio neoclassico di progettazione del paesaggio. Vedute di Napoli dall alto della scalinata di Capodimonte

16 L intervento di rettifica della strada di Foria rientra a pieno titolo nel programma avviato dai napoleonidi. Via Foria presentava in quegli anni una configurazione assai infelice. Situata al di fuori delle mura settentrionali della città, circondate da un profondo fossato, essa si sviluppava dalla chiesa di S. Carlo all Arena fino al borgo di S. Antonio Abate ove dal 1751 era stato avviato il cantiere dell Albergo dei Poveri e costituiva insieme al Largo delle pigne una sorta di alveo naturale entro il quale si raccoglievano le acque meteoriche provenienti dalle colline circostanti denominate lave. Come si rileva dal grafico non esisteva alcuna continuità tra le due parti dell asse per la presenza fuori Porta S. Gennaro di un agglomerato di case.

17 Nell ambito dell articolato piano di Murat di penetrazione verso le aree di potenziale crescita urbana si ritrova la realizzazione della strada del Campo di Marte, parte integrante del piano che avrebbe dovuto aprire la città al territorio orientale. In cima alla collina di Capodichino era stata realizzata una spianata destinata allo svolgimento delle operazioni militari delle truppe francesi, che costituì un incentivo alla costruzione della nuova strada che vi giungesse agevolmente, costeggiando il crinale e ricongiungendosi alla via di Caserta. L apertura della strada fu eseguita con estrema celerità rispetto al vicino intervento di Foria. Il tracciato prevedeva un tratto rettilineo iniziale e dopo un ampia curva che circondava a mezzogiorno il colle di Lotrecco, un secondo tratto rettilineo : all ingresso in un ampio piazza in corrispondeva dell Albergo dei Poveri, un grande arco trionfale di 61 metri di lunghezza e tre viali alberati nelle tre strade convergenti. La nuova strada presentava inedite aperture sul contesto orientale che si andava recuperando dalle paludi.

18 Alla lunga ed elaborata vicenda progettuale, durata quasi due anni seguirono tempi brevi per l esecuzione. Fu interamente costruita nell arco di tre anni sebbene non si trattasse di lavori di poco conto. Furono necessari due ponti di fabbrica e importanti opere di scavo e riempimento per l intera lunghezza di quasi quattro chilometri. Su tutti i tratti furono piantati un doppio filare di alberi e colonnette di piperno. All arco di trionfo suggerito da De Fazio fu preferita una soluzione la cui suggestione non sfuggì a Stendhal che sottolineava l ingresso urbano sottolineato non già da un monumento ma da un percorso che scopriva in lenta successione la campagna, le colline, il mare con il Vesuvio, e in fondo la città che si allineava per oltre due chilometri, come capeggiata dalla mole insieme maestosa e drammatica di un edificio costruito per vincere in un solo gesto tutta la miseria del regno Il Colletta scriveva a proposito del Campo di Marte che trattavasi di un vasto terreno sul colle di Capodichino, ove nel 1528 Lautrech per assediar la città attendò gran parte di esercito, e fu da Gioacchino destinato a campo militare, chiamato di Marte; e perciò sbarbicate le viti e gli alberi, demolite le case che li cuoprivano,, fu ridotto a ppianura.. Diciottomila fanti, duemila cavalli, le corrispondenti artiglierie vi si movevano ad esercizio; ma ordinati in due linee. Dalla città menava al campo strada bellissima e magnifica, che dispiegandosi dolcemente nella pendice orientale del colle, costeggiando un lato di quel Campo, univasi alla consolare di Capua; per essa giungono i forastieri alla città

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20 La collina di Posillipo, posta all estremo margine occidentale della città era, agli inizi del XIX secolo praticamente raggiungibile solo da mare

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