Modifica delle condizioni di separazione modifica delle condizioni economiche della coppia - art. 156 c.c. - art. 710 c.p.c.
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1 Modifica delle condizioni di separazione modifica delle condizioni economiche della coppia - art. 156 c.c. - art. 710 c.p.c. TIPOLOGIA: PARERI AREA DI INTERESSE: PERSONE E FAMIGLIA ARGOMENTO: SEPARAZIONE DIVORZIO DATA: 03/04/2012 AUTORE: DI PENTIMA MARIA GABRIELLA INFORMAZIONI DOCUMENTO NUMERO PAGINE: 5 COPYRIGHT: GIUFFRE' EDITORE SPA QUESITO La Sig.ra Caia, separatasi giudizialmente dal marito con sentenza passata in giudicato, si rivolge al proprio legale, chiedendo se, essendo mutate in meglio le condizioni economiche del marito e considerate anche le esigenze del figlio maggiorenne con lei convivente, sia possibile ottenere una modifica delle condizioni di separazione Copia concessa in uso a: nome.utente@dominio.it Pagina 1 di 5
2 SOMMARIO PARERE: - 1) Inquadramento della fattispecie - 2) Modifica dell'assegno di mantenimento - 3) L'assegno per i figli maggiorenni, condizioni e durata PARERE: 1) Inquadramento della fattispecie A norma dell'art. 156, ultimo comma, c.c. le decisioni del giudice in sede di separazione sono assunte rebus sic stantibus e possono pertanto essere revocate o modificate su istanza di parte al sopraggiungere di fatti nuovi che modifichino l'equilibrio economico della coppia. La ratio della norma è da ricercare «nel principio di solidarietà materiale reciproca tra coniugi che permane anche in corso di separazione» (Merz). Quindi, sino a che pende il procedimento di separazione, i provvedimenti temporanei e provvisori del Tribunale possono essere revocati o modificati senza particolari condizioni o formalità; una volta, invece, pronunciata la separazione, non è più consentito mutare il titolo di questa (secondo l'opinione dominante: Cass. civ., 19 settembre 1997 n. 9317; Cass. civ., 13 agosto 1998 n. 7945), ma ciò che può essere mutato riguarda le disposizioni consequenziali alla separazione stessa, relative ai rapporti patrimoniali e ai figli consente il ricorso all'autorità giudiziaria per la modifica delle precedenti condizioni sancite in Sede di separazione. L'art. 710, comma 1, c.p.c. specifica che le parti possono sempre chiedere, con le forme del procedimento in camera di consiglio, la modificazione dei provvedimenti riguardanti i coniugi e la prole conseguenti la separazione. Il procedimento di revisione è intrapreso con ricorso (ma occorre che sia passata in giudicato la sentenza di separazione, pena l'improponibilità; cfr.cass. civ., 22 aprile 2002 n. 5861) ed è trattato in Camera di Consiglio, secondo lo schema dei succinti secondo e terzo comma dell'art. 710 c.p.c.. Numerosi i problemi di inquadramento sistematico e di attuazione pratica che la dottrina e la giurisprudenza si è posta con riguardo a quest'ultimi: tra i principali e risolto in senso positivo quello della applicabilità dell'art. 710 alla separazione consensuale (sul punto Mandrioli, Diritto processuale civile, Torino, 2002, III, 278, in nota; Cass. civ., 11 giugno 1998 n. 5829; Cass. civ., 22 novembre 2007 n ; Trib. Trieste n. 54/2011). 2) Modifica dell'assegno di mantenimento La modifica delle condizioni economiche della separazione è, quindi, una fattispecie complessa, sia per il carattere interinale della separazione (concepita dal legislatore come periodo transitorio suscettibile di portare alla ricostituzione del nucleo familiare) sia per la portata non definitiva dell'assegno di mantenimento stabilito ai sensi dell'art. 156 c.c. in favore del coniuge separato senza addebito e sprovvisto di adeguati redditi propri. La modifica viene condizionata dall'art. 156, ultimo comma, c.c. al sopraggiungere, dopo la separazione, di giustificati motivi. Si afferma, quindi, in linea generale, che la domanda è giustificata da fatti nuovi sopravvenuti, modificativi della situazione in relazione alla quale era stato determinato il contenuto della pronuncia o stipulati gli accordi della separazione omologata (Cass. civ., sez. I, 5 marzo 2001 n. 3149; con la conseguenza che, puntualizza Cass civ., n. 1488/2008, esulano da tale oggetto i fatti preesistenti alla separazione, ancorché non presi in considerazione in quella sede per qualsiasi motivo). Ora, l'orientamento giurisprudenziale è che nel giudizio di modifica delle condizioni della separazione la eventuale (ri)determinazione del contributo dovuto dal coniuge onerato vada effettuata con riferimento alla situazione in atto al momento della decisione, e, a tal fine, debba essere considerata anche l'evoluzione delle condizioni economiche delle parti nel corso del giudizio. A tal riguardo, il giudice è tenuto ad ancorare la decorrenza della nuova determinazione del contributo al momento dell'effettivo verificarsi del mutamento di dette condizioni e ad eventualmente modulare, nel tempo, l'ammontare dell'assegno, attraverso uno scaglionamento 2012 Copia concessa in uso a: nome.utente@dominio.it Pagina 2 di 5
3 degli incrementi o delle diminuzioni, in relazione al loro progressivo variare (cfr., in termini, App. Roma n. 2919/2010; Cass. civ., sez. I, 11 settembre 1998 n in archivio Ced; conforme: Cass. civ., sez. I, 4 settembre 1999 n. 9393, ibidem). Ciò in quanto l'ammontare dell'assegno di mantenimento deve ritenersi soggetto alla clausola implicita del "rebus sic stantibus" (conforme Cass. sez. I, 7 marzo 1990 n. 1800, ibidem). Tenendo conto che la giurisprudenza sul tema ha in effetti adottato un approccio marcatamente sostanzialistico, tra i giustificati motivi per l'accoglimento della domanda di modifica delle condizioni di separazione si è, così, incluso a titolo esemplificativo: A) i miglioramenti della situazione economica di uno dei due coniugi, intervenuti dopo la cessazione della convivenza (se ricorrono alcune condizioni). Infatti, come sottolinea la giurisprudenza più attenta, nella determinazione dell'assegno di mantenimento, gli eventuali miglioramenti della situazione economica del coniuge obbligato, successivi alla cessazione della convivenza, acquistano rilevanza solo se costituiscono uno sviluppo naturale e, dunque, prevedibile dell'attività svolta nel corso del matrimonio, mentre non possono essere valutati i miglioramenti che scaturiscono da eventi autonomi a carattere eccezionale, in quanto connessi a circostanze del tutto occasionali ed assolutamente imprevedibili. Applicando praticamente tale principio nella sentenza n. 129 del 2010, il Tribunale di Aosta, rilevato che il miglioramento della situazione economica del convenuto era derivato da una nuova occupazione che costituiva, rispetto alla precedente attività di vigile del fuoco, non il risultato di un prevedibile sviluppo di carriera, bensì semplicemente un evento del tutto eccezionale, confermava a carico dello stesso l'obbligo contributivo così come già impostogli in sede presidenziale quale concorso al mantenimento della moglie, in tal modo disattendendo le richieste della stessa; B) le vicende riguardanti gli eventuali immobili nella disponibilità della coppia, ed in particolare la casa familiare, ove non ci sia prole; C) le variazioni di ogni altra forma di reddito o utilità. Pare comunque opportuno importante sottolineare che [...] la valutazione dei motivi sopravvenuti - la prova dell'esistenza dei quali è acarico del coniuge richiedente la modifica- postula sempre un giudizio di relazione da parte del giudice di merito, onde accertare se l'acquisto o la perdita del cespite sia l'espressione di un incremento o decremento patrimoniale dei coniugi di entità tale da mutare l'equilibrio esistente al momento della separazione ; così si esprime Cass. civ., sez. I, 1 agosto 2003 n , specificando quindi che il semplice acquisto di un cespite, come la stessa perdita di un bene, non rappresenta, di per sé, indice sufficiente a giustificare la modifica delle condizioni di separazione per quanto concerne la misura del contributo di mantenimento. In ogni caso, si precisa, la facoltà di chiedere la revisione delle disposizioni patrimoniali, qualora sopraggiungano giustificati motivi, è direttamente accordata dalla legge e non può essere oggetto di rinuncia in via preventiva né trova ostacolo, pertanto, in una clausola che in tal senso le parti abbiano accettato (Cass. civ., sez. I, 2 luglio 1990 n. 6773). 3) L'assegno per i figli maggiorenni, condizioni e durata Ex art. 147 c.c., l'obbligo per i genitori di mantenere, educare e istruire la prole - valido pure in pendenza di separazione personale tra i coniugi - non cessa con il raggiungimento della maggiore età, continuando finché il figlio non abbia ottenuto un'adeguata autonomia economica. Tuttavia, perché tale onere abbia rilievo all'interno della dinamica della separazione, è necessario che questi conviva con il genitore beneficiario, giacché diversamente l'eventuale diritto del figlio potrà essere fatto valere autonomamente in altra sede e non determinerà la corresponsione di alcun assegno da parte di un genitore nei confronti dell'altro. Ad ogni modo, l'obbligo di mantenimento viene meno nel momento in cui il figlio - per colpa - non metta a frutto le occasioni offerte, salvo che il rifiuto si traduca in una ragionevole possibilità che le stesse possano ancora essere realizzate e le condizioni economiche della famiglia consentano l'attesa. Naturalmente l'applicazione di tali principi non può però determinare il protrarsi, per il genitore, di un obbligo di mantenimento per figli di qualsiasi età, dal momento che, ove sia stata superata la soglia temporale in cui i coetanei appartenenti allo stesso ambito socio-economico abbiano trovato una sistemazione, i criteri dell'adeguatezza del lavoro alle aspettative dovranno essere valutati in modo via via più elastico, non potendo certamente essere incoraggiati atteggiamenti parassitari. Compete ad ogni modo al genitore obbligato provare che il figlio è in grado di mantenersi da solo ovvero che, non essendolo, è responsabile della sua situazione. Si riportano sulla questione tre massime piuttosto eloquenti: l'obbligo del genitore separato di corrispondere l'assegno per il mantenimento dei figli non viene meno per effetto del conseguimento della maggiore età da parte di questi ultimi, ma può cessare o quando i figli divengano economicamente autosufficienti, ovvero quando pur avendone le capacità non si attivino per procurarsi un reddito. Ne consegue che il giudice di merito non può accogliere l'istanza di riduzione dell'importo dell'assegno di mantenimento, motivando col solo fatto che i figli dell'obbligato siano divenuti maggiorenni (Cass. civ., 20 maggio 2006 n in D&G, 2006, f. 25, 18; conforme, tra le altre, Cass. civ., 24 settembre 2008 n ) Copia concessa in uso a: nome.utente@dominio.it Pagina 3 di 5
4 L'obbligo dei genitori di concorrere tra loro al mantenimento dei figli secondo le regole dell'art. 148 c.c.non cessa, ipso facto, con il raggiungimento della maggiore età da parte di questi ultimi, ma perdura, immutato, finché il genitore interessato alla declaratoria della cessazione dell'obbligo stesso non dia la prova che il figlio ha raggiunto l'indipendenza economica, ovvero che il mancato svolgimento di un'attività economica dipende da un atteggiamento di inerzia ovvero di rifiuto ingiustificato dello stesso (nel caso in esame la Cass. civ., 6 novembre 2006 n ha ritenuto ingiustificato il rifiuto della figlia maggiorenne di proposte lavorative formulate dal padre e ha quindi escluso il permanere dell'obbligo di mantenimento a carico di quest'ultimo). L'obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne può permanere persino quando questi contragga matrimonio. Secondo la Corte, infatti, il matrimonio del figlio maggiorenne, già destinatario del contributo del mantenimento a carico di ciascuno dei genitori, determina l'automatica cessazione del contributo solo se la costituzione del nuovo nucleo familiare esclude la necessità di mezzi di sostegno adeguati per vivere (così Cass. civ., 26 gennaio 2011 n. 1830, nella specie la figlia, di giovanissima età, pur essendosi sposata, aveva continuato a vivere con la madre e a frequentare il corso di laurea intrapreso, senza che lo stato coniugale acquisito avesse apportato alcun miglioramento al suo tenore di vita). CONCLUSIONI Il sopravvenire di nuove circostanze di fatto e di diritto, che abbiano inciso e condizionato notevolmente il modo di vivere di uno dei coniugi dopo la separazione, consente alla Cliente di accedere al procedimento camerale tipico di cui all'art. 710 c.p.c. per la modifica dell'importo mensile. Nell'articolazione di una strategia difensiva orientata agli effetti patrimoniali per il singolo coniuge, andrebbero comunque valutate anche altre soluzioni in grado di condurre, per strade parallele, alla modifica delle condizioni economiche della separazione: quindi, si potrà prendere in considerazione anche la possibilità di un nuovo accordo bonario tra i coniugi oppure di una nuova fase contenziosa tesa ad ottenere il riassetto dei rapporti patrimoniali direttamente tramite la pronuncia del divorzio. LINK UTILI CASS. CIV., 19 SETTEMBRE 1997 N CASS. CIV., 13 AGOSTO 1998 N ART. 710, COMMA 1, C.P.C. CASS. CIV., 22 APRILE 2002 N CASS. CIV., 11 GIUGNO 1998 N CASS. CIV., 22 NOVEMBRE 2007 N ART. 156 C.C. CASS. CIV., SEZ. I, 5 MARZO 2001 N CASS. CIV., SEZ. I, 11 SETTEMBRE 1998 N CASS. CIV., SEZ. I, 1 AGOSTO 2003 N CASS. CIV., SEZ. I, 2 LUGLIO 1990 N ART. 147 C.C. CASS. CIV., 20 MAGGIO 2006 N Copia concessa in uso a: nome.utente@dominio.it Pagina 4 di 5
5 CASS. CIV., 24 SETTEMBRE 2008 N ART. 148 C.C. CASS. CIV., 6 NOVEMBRE 2006 N CASS. CIV., 26 GENNAIO 2011 N Copia concessa in uso a: nome.utente@dominio.it Pagina 5 di 5
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