PROVINCIA DI CROTONE

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1 PROVINCIA DI CROTONE VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (V.A.S.) RAPPORTO AMBIENTALE Ottobre 2010 Redatto da : Ing. Claudio FILICE 1

2 VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA V.A.S. INTRODUZIONE - Nella gestione del territorio la corretta programmazione non può prescindere dal rapportare tutti i piani settoriali (rifiuti, caccia, aree protette etc.) alle politiche più generali definite dal Piano territoriale di Coordinamento Provinciale. Questo tipo di impostazione nasce, oltre che dalle indicazioni della legge quadro sulle norme di governo del territorio (L.R. n.16/2002), dalla convinzione che solo attraverso la sinergia espressa dalle forze profuse da tutti i soggetti impegnati si ottenga il miglior risultato possibile. - La finalità prioritaria della Valutazione Ambientale Strategica (VAS) è la verifica della rispondenza del Piano, in questo caso Piano Faunistico Venatorio della provincia di Crotone, con gli obiettivi dello sviluppo sostenibile, sia valutando il grado di integrazione dei principi di sviluppo sostenibile al suo interno, sia verificandone il complessivo impatto ambientale, ovvero la diretta incidenza sulla qualità dell'ambiente. Essa si propone dunque di verificare che gli obiettivi individuati siano coerenti con quelli propri dello sviluppo sostenibile, e che le azioni previste nella struttura di piano appaiano coerenti ed idonee al loro raggiungimento. I momenti fondamentali nella valutazione sono: verifica della corrispondenza degli obiettivi del piano o del programma con gli obiettivi dello sviluppo sostenibile; verifica della coerenza delle previsioni puntuali del piano o del programma con gli obiettivi della sostenibilità ambientale, la verifica della coerenza delle previsioni del programma con il quadro conoscitivo delle risorse territoriali ed ambientali e con le sensibilità e le criticità esistenti sul territorio Provinciale. Il presente Rapporto ambientale è stato redatto ai sensi dell Allegato I della direttiva 2001/42/CE, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull ambiente, del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n 152, recante norme in materia ambientale, del nuovo Decreto Legislativo 16 gennaio 2008, n 4 concernente ulteriori disposizioni correttive ed integrative del D.Lgl. 3 aprile 2006 n 152 e della D.G.R. 153/2009. Inoltre, ai sensi dell art. 13 del D.Lgs. 4/2008, il presente rapporto ambientale, deve contenere una descrizione puntuale del Piano Faunistico Provinciale attraverso tutte le informazioni e i dati necessari alla verifica degli impatti significativi sull ambiente dall attuazione del Piano stesso. Tali informazioni devono essere quelle ragionevolmente richieste sulla base della definizione e del dettaglio richiesto. Tra le informazioni elencate nell All.to I della Direttiva 42/2001, andranno poi scelte quelle effettivamente pertinenti al Piano F.V.P. in esame: a) illustrazione dei contenuti, degli obiettivi principali del piano o programma e del rapporto con altri pertinenti piani o programmi; 2

3 b) aspetti pertinenti dello stato attuale dell'ambiente e sua evoluzione probabile senza l'attuazione del piano o del programma; c) caratteristiche ambientali delle aree che potrebbero essere significativamente interessate; d) qualsiasi problema ambientale esistente, pertinente al piano o programma, ivi compresi in particolare quelli relativi ad aree di particolare rilevanza ambientale, quali le zone designate ai sensi delle direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE; e) obiettivi di protezione ambientale stabiliti a livello internazionale, comunitario o degli Stati membri, pertinenti al piano, e il modo in cui, durante la sua preparazione, si è tenuto conto di detti obiettivi e di ogni considerazione ambientale; f) possibili effetti significativi sull'ambiente, compresi aspetti quali la biodiversità, la popolazione, la salute umana, la flora e la fauna, il suolo, l'acqua, l'aria, i fattori climatici, i beni materiali, il patrimonio culturale, anche architettonico e archeologico, il paesaggio e l'interrelazione tra i suddetti fattori; g) misure previste per impedire, ridurre e compensare nel modo più completo possibile gli eventuali effetti negativi significativi sull'ambiente dell'attuazione del piano o del programma; i) descrizione delle misure previste in merito al monitoraggio ambientale; Per la stesura del documento è stato utilizzato lo schema previsto dalla Direttiva 2001/42/CE che contiene i contenuti previsti dal D.Lgs. 4/2008 e D.G.R. 153/2009. La Direttiva 42/2001/CE (c.d. Direttiva VAS Valutazione Ambientale Strategica), concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull ambiente, nonché il Titolo II del Testo Unico sull Ambiente D. Lvo. 152/2006 e s.m.i. e il Capo II del Regolamento Regionale della Regione Calabria n. 3/2008 e s.m.i., che disciplinano, rispettivamente a livello nazionale e regionale, le attività in materia di VAS, introducono l obbligo di valutazione ambientale per tutti i piani e programmi che possono avere effetti significativi sull ambiente. La valutazione condotta ai sensi della normativa VAS sopra citata rappresenta lo strumento per l integrazione delle considerazioni ambientali durante l elaborazione del Piano e comunque prima della sua adozione al fine dell eventuale implementazione di strategie e strumenti per la loro mitigazione. Poiché il Piano Faunistico Venatorio Provinciale (P.F.V.P.) della Provincia di Crotone rientra, per le caratteristiche che presenta, tra quelli da assoggettare a VAS ai sensi dell art. 20 comma 2 lett. A del Regolamento Regionale n. 3/2008 e s.m.i., l Autorità Procedente Servizio Caccia e Pesca della Provincia di Crotone, Via M. Nicoletta nr 28, tel. 0962/9521- di concerto con l Autorità Competente Dipartimento Politiche dell Ambiente della Regione Calabria, Viale Isonzo nr.414, Fax 0961/ ha avviato la proposta del PFVP e quindi la VAS secondo le modalità di cui all art. 21 del Regolamento Regionale n. 3/2008 e s.m.i. partendo già dalla fase di elaborazione del rapporto preliminare ambientale, per cui è stato costituito il gruppo di lavoro costituito dai seguenti dipendenti provinciali : Dr. Agr. Loris LA GRECA Dr. Agr. Patrizia TRONCA Arch. Carmine GIUDICISSI - Ing. Claudio FILICE Geom. Francesco CALISTO - D.ssa Simona RIGA Michele IAQUINTA. 3

4 Da quanto sopra, si evince che la VAS costituisce un processo obbligatorio la cui peculiarità è quella di rendere dichiarati, in un percorso partecipato, i momenti decisionali sulle questioni ambientali che interagiscono con un piano o un programma. Il risultato principale del processo di VAS consiste nell elaborazione del Rapporto Ambientale secondo le indicazioni contenute nell art. 23 del Regolamento Regionale n. 3/2008 e s.m.i. Lo schema procedurale della VAS ha prodotto una fase preliminare, c.d. di Scoping, che è consistita nello svolgimento di considerazioni preliminari necessarie a stabilire la portata e le necessità conoscitive del piano. Tali considerazioni hanno la finalità di organizzare e inquadrare gli elementi fondamentali del Piano e di porre in evidenza il contesto, gli ambiti di analisi, le interrelazioni, gli attori, le sensibilità, gli elementi critici, i rischi e le opportunità del Piano stesso. Il presente Rapporto Ambientale, pertanto, è stato redatto con consultazione delle autorità con specifiche competenze ambientali circa la portata e il dettaglio delle analisi ambientali sviluppate ulteriormente nel presente Rapporto Ambientale. Inoltre, ai sensi dell art. 20 comma 2 lett. b del Regolamento Regionale n. 3/2008 e s.m.i., il P.F.V.P. della Provincia di Crotone rientra, per le caratteristiche intrinseche e per i numerosi siti della rete Natura 2000 e della Z.P.S ( Zone di Protezione Speciale) (ex zone Iba) anche tra i piani da assoggettare a Valutazione di Incidenza (V.I.), da svolgersi ai sensi del Disciplinare Procedura sulla Valutazione di Incidenza approvato dalla Regione Calabria con D.G.R. n. 604/ ITER PROCEDURALE E METODOLOGIA DELLA VAS DEL PIANO Nella sottostante tabella sono schematizzate le fasi della V.A.S. del P.F.V.P. : FASI DELLA V.A.S. Scoping:definizione della portata delle informazioni da includere nel Rapporto Ambientale Consultazioni sul rapporto preliminare ( 90 giorni) Invio delle osservazioni sul rapporto preliminare da parte dei soggetti consultanti Rapporto Ambientale e Sintesi non Tecnica ATTIVITA PREVISTA Relazione del rapporto preliminare sulla base bozza del Piano(Art. 5 comma 4 Direttiva 2001/42/CE, art. 13 comma 1 D.lgs 152/2006 e s.m.i., art. 23 comma 1 R.R. 3/2008 modificato con D.G.R. n 153/2009 Invio all autorità Competente e ai soggetti con competenze ambientali del rapporto preliminare art. 13 comma 2 D.lgs 152/2006 e s.m.i, art. 23 comma 2 R.R. 3/2008 e s.m.i) Esame delle considerazioni scaturite dalla consultazione e presa in considerazione ai fini della redazione del Rapporto Ambientale Redazione del Rapporto ambientale e della sintesi non tecnica ( art. 13 commi 3 e 4 D.lgs 152/2006 e s.m.i., art. 23 commi 3 e 4 R.R. 3/2008 e s.m.i.) Invio e messa a disposizione dell Autorità competente, dei soggetti con competenze 4

5 Consultazione sul Rapporto Ambientale Invio delle osservazioni sul Rapporto Ambientale sulla sintesi non tecnica da parte dei soggetti consultati Valutazione del Rapporto Ambientale e degli esiti della consultazione Eventuale revisione ed integrazione del Piano Decisione Informazioni sulla decisione Monitoraggio ambientali della sintesi non tecnica e della proposta di piano ( art. 13 commi 5 e 6, art. 14 D.lgs 152/2006 e s.m.i., art. 24 R.R. 3/2008 e s.m.i.) Esame delle considerazioni scaturite dalla consultazione e presa in considerazione delle stesse L autorità competente, in collaborazione con l Autorirà Procedente, acquisisce e valuta tutta la documentazione prodotta ed esprime il motivato parere (art. 15 comma 1 D.Lgs 152/2006 e s.m.i., art. 25 comma 1 R.R. 3/2008 e s.m.i. L autorità Procedente in collaborazione con l Autorità Proponente provvede alla eventuale revisione del Piano alla luce del parere motivato (art. 15 comma 2 D.L.gs 152/2006 e s.m.i., art. 25 comma 2 R.R. 3/2008 e s.m.i. Il Piano ed il Rapporto Ambientale, insieme al parere motivato ed alla documentazione acquisita è trasmesso all organo competente all adozione o approvazione ( art. 16 del D.lgs 152/2006 e s.m.i. e art. 26 del R.R. 3/2008 e s.m.i. Procedure di informazione previste dall art. 17 del D. Lgs 152/2006 e s.m.i. e dall art. 27 del R.R. 3/2008 e s.m.i. Modalità di monitoraggio previste dall art. 18 del D.lgs 152/2006 e s.m.i. e dall ert. 28 del R.R. 3/2008 Il Rapporto Ambientale attraverso le fasi VAS La stesura di un rapporto del presente documento comprendente una descrizione del piano, le informazioni ed i dati necessari alla verifica degli impatti significativi sull ambiente dall attuazione del piano, facendo riferimento ai criteri dell allegato I del decreto. La stesura del rapporto serve per organizzare e inquadrare gli elementi fondamentali del Piano Faunistico Venatorio Provinciale e hanno l obiettivo di porre in evidenza il contesto, gli ambiti di analisi, le interrelazioni, gli attori, le sensibilità, gli elementi critici, i rischi e le opportunità del Piano stesso. Le condizioni minime dell attività di scoping sono state svolte in base all articolo 5 comma 4 della Direttiva, che recita testualmente: Le autorità di cui all'articolo 6, paragrafo 3 devono essere consultate al momento della decisione sulla portata delle informazioni da includere nel rapporto ambientale e sul loro livello di dettaglio. Le autorità da consultare sono le stesse che sono state consultate per il Rapporto Preliminare e sulla proposta del PVFP. Le fasi essenziali del rapporto ambientale riprendono le fasi del preliminare ed aggiungono gli elementi prodotti a seguito delle: consultazioni, in relazione alle definizioni riportate dall art.4 del R.R. 3/2008 e s.m.i e ad alle modalità di consultazione riportate dagli art. 23 e 24 del R.R. 3/2008; 5

6 alla data del 25/08/2010 sono pervenute osservazioni da: - AUTORITA DI BACINO REGIONALE, acquisita in data 05/08/2010 col nr ; - ARPACal DIPARTIMENTO DI COSENZA, acquisita in data 18/08/2010 col nr ; - REGIONE CALABRIA POLITICHE DELL AMBIENTE; acquisita in data 20/09/2010 col nr, 50815; oltre quanto già emerso nelle precedenti riunioni della concertazione: 1. Riunione del 06/10/ Riunione del 29/06/ Riunione del 27/11/2009 Nell elenco seguente sono invece riportati i soggetti invitati alle riunioni della concertazione: ASSOCIAZIONE RAPPRESENTANTE DIRIGENTE SETTORE ATTIVITA PRODUTTIVE Avv. Antonio LETO ATC KR1 (Ambito Territoriale Caccia CROTONE 1) Salvatore CHIARELLO ATC KR2 (Ambito Territoriale Caccia CROTONE2) Giuseppe MANCUSO FEDERCACCIA Angelo MADIA ARCICACCIA Antonio CALABRETTA ITALCACCIA Antonio SPEZIALE U.N. ENALCACCIA P.T. Michele DE PAOLA A.N.L.C. Vincenzo M. RENDA A.N.U.U. Luigi A. DANIELE W.W.F. Paolo ASTERITI LEGAMBIENTE Antonio TATA A.N.P.A.N.A. Antonio PAPARO ENPA Giuseppe TROCINO CIA Franco BARRETTA 6

7 COLDIRETTI CONFAGRICOLTURA Nicola CAPPA Individuazione dei soggetti Ai fini della nuova consultazione per la presente fase, si riporta l elenco sottostante, nel quale sono indicati i soggetti con competenze ambientali: 1) Provincia di Catanzaro; 2) Provincia di Cosenza; 3) Regione Calabria Dipartimento Politiche dell Ambiente; 4) Regione Calabria Dipartimento Attività Produttive; 5) Regione Calabria Dipartimento Lavori Pubblici; 6) Regione Calabria Dipartimento Presidenza Settore Protezione Civile; 7) Regione Calabria Dipartimento Urbanistica; 8) Regione Calabria Dipartimento Agricoltura Foreste e Forestazione; 9) Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale ( ISPRA ); 10) Soprintendenza per i Beni A.A.A.S. ; 11) Soprintendenza per i Beni Archeologici; 12) Corpo Forestale dello Stato; 13) Consorzi di Bonifica; 14) ATO Provincia di Crotone; 15) Autorità di Bacino Regionale per la Calabria; 16) ArpaCal; 17) Afor; 18) Enti Parchi nazionali e regionali: Parco Nazionale della Sila, 19) Enti di gestione delle riserve naturali regionali: Riserva Marina di Isola Capo Rizzuto; 20) Enti di gestione delle aree Sic, Zps r: Provincia di Crotone Settore Ambiente; 24) Azienda Sanitaria Provinciale ( ASP); 25) Comunità Montana Alto Crotonese e Marchesato; 26 Comuni della Provincia di Crotone (27) 27) Ordine Provinciale dei Dottori Agronomi e Forestali; 28) Ordine Provinciale dei Dottori Veterinari; 29) Collegio Provinciale dei Periti Agrari; 30) Ambiti territoriali di caccia : ATC KR1, ATC KR2 31) Associazioni venatorie: FIDC, ANLC, ENALCACCIA, ITALCACCIA, EPS, ANUU, 32) Associazioni agricole: COLDIRETTI, CONFAGRICOLTURA, CIA; 33) Associazioni ambientaliste : VAS, LIPU, GIZA, CNAS, LISA, AIA, CAP, PRONATURA, WWF, ITALIA NOSTRA, LEGA AMBIENTE, KRONOS, AMICI DELLA 7

8 2. STRUTTURA, CONTENUTI ED OBIETTIVI DEL PIANO 2.1 IL CONTESTO TERRITORIALE E SOCIO ECONOMICO I contenuti e la strategia del PFVP Il Piano Faunistico Venatorio Provinciale, predisposto dal Servizio Caccia Pesca Agricoltura della Provincia di Crotone, affronta tutti gli aspetti condizionanti la gestione faunistica ed in particolare si compone di tutti i contenuti previsti dalla stessa legge sulla caccia, quali principalmente: 1 Introduzione criteri ed indirizzi; 2 - Analisi dell utenza venatoria; 3 - Analisi ambientale del sistema fisico; 4 - Analisi dell Uso del Suolo; 5 - Analisi Bioclimatica; 6 - Analisi della Vegetazione reale; 7 - Territorio agro-silvo-pastorale ; 8 - Utilizzo del territorio attraverso la Definizione dei Comprensori Faunistici Omogenei (CFO); Ambiti Territoriali di Caccia (ATC); Aree faunistiche a gestione omogenea (AGO); 9 - Utilizzo del territorio attraverso l individuazione nuovi istituti faunistico venatorio : a) Le oasi di protezione; b) Le zone di ripopolamento e cattura; c) I centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica; d) I centri privati di riproduzione di fauna selvatica; Specie faunistiche di interesse venatorio e/o gestionale; 11 - Il cinghiale: status, vocazionalità, distribuzione e proposte di gestione; 12 - Criteri per la determinazione del risarcimento dei danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole; 13 - Criteri per la corresponsione degli incentivi in favore di proprietari o conduttori di fondi rustici (Piano di miglioramento ambientale); 14 - Criteri per la corresponsione degli incentivi in favore di proprietari o conduttori di fondi rustici (Piano di riduzione dei danni da cinghiale); 15 - Controllo delle specie faunistiche emergenti predatrici, competitrici o dannose; 16 - Immissioni faunistiche, introduzioni, reintroduzioni, ripopolamenti; 17 - Incidenza nelle aree di Rete Natura Incidenza nelle aree Z.P.S. ( Zone Protezione Speciale) 8

9 Sulla base degli obiettivi specifici di cui sopra, le fasi attuative del P.F.V.P. nel prossimo quinquennio sono: A. Individuare i comprensori omogenei; B. Realizzare carte di vocazione agro-forestale potenziale; C. Valutare l eventuale vulnerabilità delle specie presenti all interno dei siti Natura 2000,derivante dalle attività faunistico - venatorie; D. Pianificare gli interventi di miglioramento ambientale; E. Pianificare le immissioni di fauna selvatica; F. Istituzione e gestione di un osservatorio faunistico - venatorio Provinciale. PIANIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI Si procederà all individuazione delle tipologie di intervento da realizzare per favorire la presenza delle diverse specie selvatiche. Sulla base delle carte di vocazione agro-forestale prevalente si procederà all individuazione per ciascuna delle specie di aree preferenziali di intervento, adottando specifiche tipologie di intervento. CRITERIO PER L INDIVIDUAZIONE DELL IDONEITÀ TERRITORIALE La quota superficie agro-silvo-pastorale (SASP) della Provincia di Crotone da destinare ad ambiti privati di caccia, ivi compresi i centri privati di riproduzione della fauna selvatica, le zone di addestramento cani e le altre destinazioni previste dalla lettera b) del comma 2 della Legge Regionale 9/96, nonché all istituzione di aziende faunistico-venatorie e di aziende agrofaunistiche-venatorie, è di gran lunga inferiore alla quota massima del 15% stabilita dalla Legge Regionale 9/96. Pertanto si valuterà l opportunità di individuare specifici criteri per la creazione di nuovi istituti in base all idoneità territoriale e si procederà ad una revisione degli attuali regolamenti provinciali di gestione. In particolare, per le aziende faunistico venatorie e le aziende agri-turistico-venatorie si procederà ad individuare i criteri per valutare la conformità delle richieste avanzate in merito a nuove istituzioni rispetto al P.F.V.P. al fine di consentire alla Provincia l emissione del parere previsto al comma 1 dell art.8 della L.R. n.9/96 e ciò avverrà in base alla vocazione agroforestale prevalente del territorio su cui verrà a collocarsi l istituto e alle tecniche di ripopolamento e gestione ambientale proposte. Inoltre, per quanto riguarda gli Ambiti Territoriali di Caccia (A.T.C.), sarà condotta una valutazione di merito che consenta di confermare o proporre una nuova delimitazione degli ATC, valutando principalmente l efficienza gestionale e amministrativa, anche in relazione al numero di cacciatori iscritti, realizzatasi in questi primi anni di gestione e la vocazione faunistica del territorio. Per quanto riguarda i S.I.C., al loro interno l'attività venatoria è vietata ai sensi dell art. 11 del Regolamento del Piano di Gestione dei Siti Natura 2000 della Provincia di Crotone che si trova in fase di approvazione da parte della Giunta Regionale. 9

10 Per quanto riguarda invece le ZPS, nelle more dell approvazione dei relativi Piani di Gestione, in corso di redazione, le eventuali attività faunistico-venatorie saranno disciplinate in accordo con i criteri minimi uniformi di regolamentazione previsti dagli artt. 5, 6 del DM 17/10/2007 n. 184 modificato dal DM 22/01/2009. SCHEMA GENERALE DEL P.F.V.P. SISTEMA AGRO FORESTALE Oggi il territorio costituisce un sicuro fattore di sviluppo della nostra Provincia, perciò va salvaguardato ed utilizzato in modo molto efficace. La sua gestione, pertanto, è un fattore strategico, per tutte le azioni programmatiche, è rappresenta uno dei momenti più qualificanti della pianificazione territoriale provinciale. In una realtà economica sociale ed ambientale, come quella Crotonese, la gestione del territorio và incentrata sul concetto di sviluppo sostenibile, inteso come sviluppo economico sostenibile con le esigenze ambientali. La gestione del territorio, quindi, comporta l individuazione di un insieme coordinato di interventi che valorizzino le risorse agronomiche, forestali, naturali, culturali ed umane, consentendo nel contempo un miglioramento dell ambiente, come indicato nelle Linee guida regionali. L agricoltura in provincia di Crotone si presenta come uno dei settori produttivi più rilevanti dal punto di vista economico e di gran lunga il più presente nella copertura territoriale, questo non nasconde tuttavia tanti e vari problemi ancora irrisolti che pesano nelle responsabilità di quanti si occupano della materia cioè istituzioni, imprese, organizzazioni agricole. Il momento che attraversa l agricoltura è difficile e solo se si sa dove si vuole andare è possibile fare delle scelte consapevoli, altrimenti si subiscono gli eventi. La pianificazione del territorio agricolo pertanto deve avere come obiettivo non solo il corretto uso ed edificabilità dei suoli ma deve anche programmare lo sviluppo economico favorendo in particolare la permanenza della popolazione nelle zone agricole e rurali, anche attraverso la creazione di condizioni adeguate alle esigenze sociali. Tali esigenze possono essere soddisfatte solo attraverso la realizzazione di adeguate infrastrutture nelle aree agricole per favorire uno sviluppo integrato del territorio (viabilità rurale, elettrificazione rurale e rete wireless). Si deve puntare sull innovazione, sulla certificazione del processo e sulla sicurezza del prodotto per quanto riguarda l agricoltura intensiva, sulla commercializzazione, qualità e la formazione per le produzioni tipiche, sul legame azienda/prodotto/territorio, sull uso integrato delle risorse disponibili (agricole, ambientali e storico- culturale) e sulla diversificazione delle attività (agricoltura, artigianato, agriturismo) per creare nuove opportunità, aspetto interessante, soprattutto, per le imprese agricole che operano nelle aree interne e più svantaggiate, dove è più accentuato il fenomeno dello spopolamento. Diventa necessario esaltare la cultura d impresa e favorire il ricambio generazionale e l insediamento di imprenditori agricoli con adeguata formazione professionale, garantendo ai giovani non solo l insediamento ma anche la permanenza. Si rende necessario, 10

11 inoltre, un adeguamento a migliori standard tecnico-economici delle dimensioni medie aziendali attraverso adeguate misure politiche mirate alla ricomposizione fondiaria. Occorre mettere in atto politiche mirate alle effettive esigenze del territorio, diversificate a seconda delle caratteristiche zonali (zonizzazione, vocazionalità, tipicità), valorizzando, quindi, quelle produzioni tipiche e di pregio che imprimono una forte caratterizzazione al territorio. Oggi, è necessario e maturo, adottare tecniche produttive eco-sostenibili, sia per la salvaguardia dell agroecosistema che della fertilità del suolo, pertanto occorre incentivare una agricoltura che rispetti l ambiente, come quella integrata e soprattutto biologica, che può diventare fonte di reddito primario per le miriadi di piccole aziende che caratterizzano il tessuto agricolo Crotonese. Oggi, il mondo ha fame di energia, pertanto, va incentivata la produzione di energia pulita attraverso lo sfruttamento delle biomasse forestali e la produzione di biodiesel, che permetterebbe di sfruttare terreni agricoli marginali ormai abbandonati e preservare l ampie aree boschive. Và fatto un recupero funzionale e formale dei manufatti rurali preesistenti (che potrebbero fornire ospitalità) e storici (Masserie, mulini ad acqua, borghi rurali, ecc.) in modo da incentivare il turismo rurale. Una attenzione particolare deve essere posta al patrimonio boschivo, che va visto come una risorsa di inestimabile valore ambientale e produttivo, in quanto ha funzione paesistico-ambientale (caratterizzano fortemente il territorio), turistico-ricreativa (sono molto graditi e frequentati dal pubblico), funzione protettiva (è importante per la conservazione del suolo), funzione produttiva (sono in grado di produrre elevate masse legnose o di altri prodotti). A tale proposito, anche l ampia area boschiva può essere sfruttata per fini turistici, ma anche produttivi in riferimento alla produzione di biomasse sfruttabili per la produzione di energia. Oggi, più che mai, è necessario mettere l impresa agricola e l imprenditore al centro di tutti i processi che si attivano, quelli che riguardano gli aspetti produttivi, la sicurezza alimentare, la salute, l ambiente, le scelte di programmazione territoriale. Accrescere la competitività delle imprese agricole, mantenere la coesione dei sistemi socioeconomici territoriali e favorire la salvaguardia delle risorse ambientali sono gli obiettivi che bisogna porsi per la pianificazione del territorio agro forestale. In questa direzione la figura dell imprenditore agricolo è qualcosa di più e di diverso da quella di qualche anno fa. Un significativo aiuto viene dalla nuova definizione di imprenditore agricolo introdotta dal Decreto legga 228/01 che ha modificato l art.2135 del c.c. Accanto ad un agricoltura volta a produrre prodotti di qualità, oggi abbiamo un agricoltura orientata a produrre prodotti tipici, che fa della sua specificità territoriale il suo maggior punto di forza, e un agricoltura il cui reddito si intreccia, con altre attività, ma che sempre e comunque svolge un ruolo di primaria importanza per il presidio del territorio e per il mantenimento dell equilibrio sociale ed ambientale. Sono questi nuovi obiettivi unitamente ad una rinnovata coscienza della società civile, che rivolge in misura sempre maggiore la propria attenzione allo sviluppo delle aree rurali e alla ricerca della genuinità dei prodotti, sono i punti cardine per il rilancio dell economia di tali aree. In questo contesto il futuro del territorio è nelle mani dell agricoltore il quale sarà il primo promotore dello sviluppo rurale. 11

12 Grazie a tale cambiamento oggi l imprenditore agricolo è colui che si occupa non solo della coltivazione del fondo, della selvicoltura o dell allevamento di animali curando l intero ciclo, ma anche colui che si occupa di salvaguardare l ambiente in cui opera. L imprenditore agricolo, quindi, assume un ruolo polivalente che va oltre la semplice produzione di derrate. L imprenditore, oggi, può e deve fornire servizi alla pubblica amministrazione ed alla società civile. Nello stesso tempo l economia rurale deve avere un impostazione plurisettoriale al fine di diversificare le attività, creare nuove fonti di reddito e di occupazione e proteggere il patrimonio rurale. Come l agricoltura è stata in origine il motore dello sviluppo economico-sociale, del benessere diffuso, così non potrà esserci uno sviluppo futuro di qualità senza uno spazio agricolo ed un imprenditoria agricola moderna. L agricoltura è lo strumento centrale per la sicurezza del territorio, la vivibilità dell ambiente, il riequilibrio faunistico, la salubrità degli alimenti e la qualità della vita dei cittadini. Proprio nella sicurezza del territorio e nella salvaguardia dell ambiente stanno la nuova frontiera e le nuove opportunità per l impresa agricola. L agricoltura è per la società lo strumento per garantirsi queste essenziali componenti della qualità della vita. IL SETTORE AGRICOLO Il settore agricolo, riveste un ruolo fondamentale per lo sviluppo socio-economico della provincia di Crotone. Il tessuto imprenditoriale crotonese, infatti, risulta incentrato sull agricoltura. Quasi il 31% (Polos 2006) delle imprese attive nella provincia, infatti, appartiene all agricoltura, una quota molta più alta rispetto alla media nazionale (17%). Se si analizza l andamento demografico delle imprese, si nota che le imprese crotonesi sono cresciute del 58%. Dietro tali dati di sintesi ci celano differenze sostanziali a livello settoriale. Basti pensare che nel settore agricolo tale aumento è stato pari al 324,7 %, con uno stock di imprese che si è triplicato nel decennio (Polos 2006 CCIAA Crotone). L agricoltura inoltre sta diventando sempre più rosa. Uno dei settori privilegiati, infatti, dalle donne imprenditrici, secondo solo al commercio, è l agricoltura con il 18,8% di aziende al femminile. Ma l agricoltura, oltre a un importante ruolo economico, riveste un ruolo attivo, oramai riconosciuto anche dall Unione Europea, per la salvaguardia dell ambiente e in particolare degli ecosistemi naturali, agricoli e forestali. L'agricoltura crotonese, dal punto di vista strutturale, è caratterizzata dai seguenti elementi: 12

13 -Superficie totale aziendale Ha ,58 -Superficie agricola utilizzata (SAU) Ha ,94 -Aziende agricole n Aziende e ripartizione dei terreni agricoli per provincia PROVINCE Aziende Sup. SAU Ha N Tot. Ha Crotone Media aziendale 6,14 4,53 Fonte dati ISTAT Anno Censimento dell agricoltura Analizzando i dati statistici si nota che negli ultimi anni i suoli agricoli hanno subito un continuo consumo. Infatti, da un confronto dei dati degli ultimi due censimenti ( ) risulta che nell ultimo decennio la SAU totale è diminuita di circa il 18%, la più alta tra le province calabresi. Consumo dei suoli agricoli Diff. Ha % SAU Totale ,9 Dall analisi dei dati ISTAT (5 Censimento dell agricoltura) il settore agricolo crotonese risulta fortemente polarizzato per la presenza di aziende di piccole e di grandi dimensioni mentre sono poco rappresentative quelle di medie dimensioni che costituiscono l ossatura centrale di altre realtà agricole più evolute. Infatti il 35% delle aziende hanno meno di 1 ettaro di SAU, con un grado di copertura pari soltanto al 2,6% della superficie totale e al 3,8% della SAU complessivamente rilevate nella Provincia. La quota sale al 80,9% se si considerano le aziende con meno di 5 ettari, cui corrisponde il 20,3 % della superficie totale e il 27,0% della SAU. Viceversa le aziende con oltre 20 ettari di SAU sono 606 e, pur rappresentando solo il 3,25% del totale,coprono il 54,5% della superficie totale e il 44,7% della SAU. 13

14 Aziende per classe di superficie agricola utilizzata CLASSI DI SAU N % Sup. Tot. Ha % SAU % Senza SAU 82 0, Meno di 1 ettaro , , ,82 Da 1 a 2 ettari , , ,23 Da 2 a 5 ettari , , ,93 Da 5 a 10 ettari , , ,00 Da 10 a 20 ettari 723 3, , ,32 Da 20 a 50 ettari 377 2, , ,62 Da 50 a 100 ettari 146 0, , , ettari e oltre 83 0, , ,84 TOTALE , , ,00 Fonte dati ISTAT Anno Incidenza percentuale sul totale delle aziende CLASSI DI SAU (in ha) COMUNI fino a 5 tra 5 e 10 oltre 10 Totale % Belvedere di Spinello 86,96 6,86 6,17 100,00 Caccuri 87,32 7,18 5,50 100,00 Carfizzi 78,63 13,74 7,63 100,00 Casabona 77,05 16,38 6,58 100,00 Castelsilano 76,99 11,50 11,50 100,00 Cerenzia 91,59 4,87 3,54 100,00 Ciro' 88,80 4,57 6,62 100,00 Ciro' Marina 90,73 4,69 4,58 100,00 Cotronei 94,32 2,06 3,62 100,00 Crotone 79,41 12,87 7,71 100,00 Crucoli 75,71 11,43 12,86 100,00 Cutro 44,72 41,75 13,53 100,00 Isola di Capo Rizzuto 79,46 15,66 4,87 100,00 Melissa 81,72 9,53 8,75 100,00 Mesoraca 93,85 2,83 3,32 100,00 Pallagorio 76,35 14,64 9,01 100,00 Petilia Policastro 91,71 3,96 4,33 100,00 Roccabernarda 83,21 9,33 7,46 100,00 Rocca di Neto 86,48 9,52 4,01 100,00 San Mauro M. 64,66 21,64 13,70 100,00 San Nicola dell'alto 94,74 3,64 1,62 100,00 Santa Severina 81,79 10,22 7,99 100,00 Savelli 96,67 1,67 1,67 100,00 Scandale 79,80 13,33 6,87 100,00 Strongoli 66,57 16,14 17,29 100,00 Umbriatico 45,00 21,00 34,00 100,00 Verzino 78,80 11,78 9,42 100,00 14

15 Patrimonio Zootecnico Provinciale aggiornato al 2006 SPECIE BOVINI OVI-CAPRINI SUINI EQUINI COMUNI Capi UBA Latte Carne Belvedere S , Caccuri , Carfizzi 87 73,8 - Casabona , Castelsilano , Cerenzia Cirò , Cirò M ,6 6 Cotronei , Crotone , Crucoli ,6 Cutro 38 36, Isola C.R , Melissa ,0 549 Mesoraca , Pallagorio ,8 Petilia P , Rocca di N , Roccabernarda , San Mauro M , San Nicola A. Santa Severina 60, 53, Savelli Scandale 161,0 131, Strongoli 714,0 540, Umbriatico 1826,0 1604,0 761 Verzino 475,0 411, TOTALE Fonte: nostra elaborazione su dati APA 15

16 GRADO DI ANTROPIZZAZIONE La popolazione della Provincia di Crotone al 31 dicembre 2008 è di abitanti. Rispetto al 1997 si è avuto un calo di ben abitanti, per come si evidenzia nella tabella successiva. La situazione dimostra una notevole tendenza allo spopolamento che ha raggiunto il 2,54% in questo intervallo di tempo. (v. Tab. 1). Questo fenomeno è particolarmente spiccato in tutti i comuni delle aree interne. Gli unici abitati che registrano un aumento di popolazione sono quelli costieri ed in particolare modo il comune di Isola di Capo Rizzuto che ha avuto un aumento percentuale del 24,45%, dove certamente ha influito l aumento di cittadini extracomunitari. Il comune con la maggiore riduzione è Carfizzi con il 39,86%. La fotografia che si realizza è quella di un territorio interno tenente allo spostamento verso la costa. - Confronto fra popolazione residente nel 1997 e nel 2008 COMUNE POPOLAZIONE Variazione % BELVEDERE ,85 SPINELLO CACCURI ,56 CARFIZZI ,86 CASABONA ,50 CASTELSILANO ,36 CERENZIA ,30 CIRO ,09 CIRO MARINA ,43 COTRONEI ,39 CROTONE ,47 CRUCOLI ,58 CUTRO ,31 ISOLA DI CAPO ,45 RIZZUTO MELISSA ,61 MESORACA ,06 PALLAGORIO ,82 PETILIA POLICASTRO ,22 ROCCABERNARDA ,68 ROCCA DI NETO ,22 SAN MAURO ,51 16

17 MARCHESATO S. NICOLA ,80 DELL ALTO SANTA SEVERINA ,06 SAVELLI ,87 SCANDALE ,00 STRONGOLI ,51 UMBRIATICO ,05 VERZINO ,59 TOTALE ,54 Fonte: Elaborazione Osservatorio Provincia di Crotone su dati Anagrafe Comunale. - Densità abitativa SUPERFICIE DENSITA COMUNE POPOLAZIONE ' Kmq ettari % Totale % per Kmq BELVEDERE SPINELLO 30, , ,35 77,87 CACCURI 57, , ,01 30,57 CARFIZZI 20, , ,46 39,23 CASABONA 68, , ,69 42,57 CASTELSILANO 39, , ,63 27,87 CERENZIA 24, , ,72 51,52 CIRO 70, , ,92 47,51 CIRO MARINA 41, , ,37 349,81 COTRONEI 78, , ,42 76,12 CROTONE 178, , ,10 341,53 CRUCOLI 49, , ,91 66,81 CUTRO 131, , ,85 77,14 ISOLA DI CAPO RIZZUTO 125, , ,81 122,34 MELISSA 50, , ,00 68,16 MESORACA 93, , ,94 73,31 PALLAGORIO 41, , ,81 33,56 PETILIA POLICASTRO 93, , ,34 99,37 ROCCABERNARDA 65, , ,04 54,24 ROCCA DI NETO 43, , ,25 129,43 SAN MAURO MARCHESATO 42, , ,31 54,12 S. NICOLA DELL ALTO 7, , ,55 123,24 17

18 SANTA SEVERINA 51, , ,28 42,98 SAVELLI 48, , ,81 29,01 SCANDALE , ,88 61,81 STRONGOLI 85, , ,78 77,17 UMBRIATICO 72, , ,56 13,48 VERZINO 45, , ,20 45,93 TOTALE 1711, , ,59 Fonte: Elaborazione Osservatorio Politiche sociali Provincia di Crotone. La densità abitativa sul territorio regionale, è di 133 ab/km², inferiore rispetto al valore dell Italia (189 ab/km²). La provincia di Crotone ha la minore densità abitativa regionale pari a 101,59 abitanti per kmq. Nella provincia il comune con maggiore densità è Cirò Marina con 349,81 abitanti per Kmq e quello con minore densità è Umbriatico con 13,48 abitanti per kmq. In riferimento all estensione territoriale 3 Comuni appartengono alla classe territoriale compresa sopra i 100 Kmq (Crotone, Isola Capo Rizzuto e Cutro), 12 comuni sono nella classe tra i 50 e i 100 Kmq, 11 nella classe fra 5 e 10 Kmq ed un solo Comune (S.Nicola dell Alto) si inserisce sotto i 10 Kmq,. L evoluzione del territorio urbanizzato della provincia di Crotone evidenzia un notevole sviluppo degli abitati, infatti, si è passati da una superficie del territorio urbanizzato di 6,242 Kmq del 1953 ai 74,68 Kmq del 2001, con un incremento di circa 12 volte. Attraverso il rapporto tra superficie urbanizzata e superficie territoriale, si è ricavato l entità del consumo di suolo per usi urbani rispetto alla dimensione del territorio comunale che fornisce un indicazione sulla quantità potenzialmente disponibile di suolo. Dai dati è emerso che il territorio urbanizzato nella provincia, è passato dal 1953 al 2001 dall 0,36% al 4,36% del territorio provinciale, che in termini di superficie significa un aumento di 74,68 Kmq. Come si poteva prevedere si è verificato un incremento lungo la fascia costiera delle espansioni urbane di moltissimi piccoli centri storicamente insediati, per motivi di difesa o di salubrità, sulle propaggini collinari, lontani dalla costa. Questo è forse il fenomeno più macroscopico della trasformazione, legato in buona misura ad un attività turistica che ha visto nello sfruttamento delle coste il motivo quasi esclusivo di attrazione. Si è assistito alla nascita di tutte una serie di frazioni sulla costa, migliaia di metri cubi di cemento in parte nate grazie a utopistiche previsioni degli strumenti urbanistici, ma in gran parte nati come insediamenti abusivi. Spesso sono seconde case (spesso costruita a pochi chilometri dalla prima). Il fenomeno della seconda casa ha prodotto in molti casi, una serie di problemi molto ben conosciuti con spreco di risorse di ogni tipo, paesistiche, energetiche, etc. poiché sono insediamenti spesso privi delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria. 18

19 Ci sono casi nella provincia di Crotone come ad esempio nel comune di Isola C.R. in cui si è legato ai processi di cui sopra, modelli insediativi diversi, come i villaggio turistici autonomi; Spicca nella tabella il dato di Cirò Marina che nello stesso arco temporale ha fatto rilevare un incremento 15,28%, passando da una sup Urb di 0,146 Kmq a 6,355 Kmq. Il Capoluogo Crotone fa rilevare in valore assoluto un incremento del 10,39% dovuto ad un espansione incontrollata dei centri urbani che ha prodotto le tipiche aree di frangia periurbana, marginalizzate rispetto al sistema dei servizi collocato nel vecchio centro, e la proliferazione dell insediamento residenziale su aree agricole periurbane, attraverso la tipologia della casa unifamiliare che ha portato come conseguenze fenomeni di inquinamento localizzati, perdita di valori paesistici, aggravi sui problemi di traffico legati forzatamente ad una mobilità automobilistica di tipo individuale. Un minore incremento lo fanno segnare i comuni dell entroterra, e presilani ad esclusione di Cotronei, comune nella fascia silana crotonese, caratterizzato dalla presenza di due nuclei periurbani a destinazione turistica quali Trepidò e Villaggio Palumbo. RETE ANTROPICA Discariche Nella provincia di Crotone sono state censite 36 discariche di cui 3 attive e 33 dismesse. Precisamente risultano allo stato attive una discarica classificata ex I di II categoria tipo B, rifiuti speciali e speciali pericolosi, entrambe situate nel comune di Crotone, in località Columbra e in località Passovecchio. Molte delle discariche presenti sul territorio provinciale sono state inserite nel Piano Regionale delle bonifiche. In attuazione di quanto previsto dal Piano regionale per l individuazione definitiva delle discariche di servizi agli impianti e per la progressiva riduzione del numero di discariche di prima categoria esistenti nel territorio della Regione Calabria, approvato con ordinanza n del 2 dicembre Comune Loc. Discarica Ordinanza Comm. Emergenza Rifiuti Carfizzi Celia Seccata Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del Non Attiva Cirò Coppa Mordace Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del Non Attiva Cirò Marina Scarate Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del Non Attiva Crotone Passovecchio, tipo 2 (Nucleo Industriale) B Ord.Comm. n 1987 del 12/08/02 fino al 31/12/ (aut. Allo smaltimento dei fanghi di risulta del proprio Impianto di depurazione)- Rinnovo Autorizzazione con Ord.Comm.Emerg. R.S.U. n 2298 del 26/03/2003 ATTIVA Tufolo I Cat. Loc. Columbra Tipo 2B Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 939 del Non Attiva ATTIVA ed in fase di ampliamento 19

20 Loc. Columbra Tipo I Requisita con Ordin. Comm. Emerg. 736 del ATTIVA richiesto ampliamento Crucoli Le Sciolle Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del Non Attiva Isola Rizzuto Cabba Catoia Capo Concio Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del Non Attiva Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n del Non Attiva Melissa Carpice Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del Non Attiva Mesoraca Sciolle Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del Non Attiva Loc. Agrillo Chiusa con O.D.C.M. n 2089 del 26/11/ Non Attiva dal 31/08/2002 Pallagorio Fondo Conisselle 9 Ordin. Emerg. R.S.U. n. 570 del Non Attiva Roccabernarda Ombrello Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 264 del Non Attiva Rocca di Neto Celestino O.d C.M. n 47 del 18/03/1998 Non Attiva Santa Severina Petrirta Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del Non Attiva Savelli Torchinico Chiusa con Ordinanza n 17 prot. n 4659 del 16/09/1998 del Commissario Strongoli Sottocastello Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del Non Attiva Comero Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del Non Attiva Umbriatico Paradiso Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del Non Attiva Verzino Piano del Purgatorio Chiusa Ord.Comm.Emerg.R.S.U. n 2318 del 27/03/2003 Non Attiva AEREOPORTO S.ANNA L aeroporto Sant Anna è situato in un area prospiciente il mare Ionio, a sud di Crotone, da cui dista 15 km. L area di sedime presenta una superficie di 184 ha con una altitudine di 157 m s.l.m. L aeroporto ricade in un area ad elevata valenza ambientale ed archeologica, non solo per la presenza del Parco Archeologico di Capocolonna, ma anche per la presenza di strutture storiche, quali Le Castella, Santa Severina ecc. Inoltre, la presenza del porto di Crotone pone le premesse per una intermodalità tra i vettori aerei e navali. La posizione geografica dell aeroporto potrebbe favorire i collegamenti internazionali, in particolare con tutti i paesi del medio oriente e dei Balcani. L'aereoporto è collegato al resto della rete infrastrutturale direttamente con SS 106 ionica. Il servizio di trasporto aereo è effettuato, in regime di oneri di servizio, dalla compagnia N u o v a CAI, con una media di 21 voli settimanali, tra arrivi e partenze, su scala nazionale. 20

21 La Ferrovia Infine, la linea ferroviaria si sviluppa interamente sulla costa ionica per circa 77 km. La linea è a semplice binario e a trazione diesel. La velocità massima varia da 100 a 150 km/h, con una velocità commerciale massima di 72 km/h. Il traffico che attraversa la stazione di Crotone, allo stato attuale, è formato da 36 treni/giorno, una misura inferiore alla capacità della linea. Lungo il tracciato ferroviario, che si sviluppa parallelamente alla costa ionica, i Comuni e le località interessate dalla linea ferroviaria sono numerosi. Nonostante la dotazione di reti e nodi di servizio variegati, Crotone é la provincia calabrese che maggiormente sente il peso dell isolamento. Il disegno delle reti ne penalizza in effetti il ruolo: la stessa ferrovia che non garantisce certo elevati standard ed opportunità di raccordo agli assi portanti della mobilità interregionale, sembra determinare un vincolo alle comunicazioni agendo da barriera su alcune direttrici. Inoltre, seppur dotata di un aeroporto e di un porto, l insufficienza nei collegamenti integrati e nei servizi ne limitano di fatto le prospettive di crescita. Le Strade Il sistema di trasporto viario è rappresentato da due direttrici principali, le strade statali SS 106 e SS 107. La SS106 si sviluppa da nord a sud lungo la costa ionica, lasciando ai margini l intero territorio dell entroterra. La sua lunghezza è di 84 Km. La SS107, lunga 41 Km, attraversa trasversalmente il territorio provinciale, dividendolo quasi perfettamente in due parti. Lo sviluppo delle due uniche strade statali che attraversano il territorio provinciale è dovuto alla conformazione orografica dello stesso; infatti, il territorio presenta una parte prevalentemente pianeggiante sulla costa, ed una parte, spostandoci verso l entroterra, prima collinare e poi montuosa. Questo tipo di orografia, ha fatto si che le vie di comunicazione, che collegano i diversi centri urbani, non siano in grado di soddisfare adeguatamente la crescente domanda di trasporto, creando una frattura tra l entroterra e i paesi sulla costa. Al contempo, anche i centri costieri, sono penalizzati negli spostamenti, in quanto costretti a percorrere l unica via di comunicazione, la SS 106, sia per gli spostamenti interprovinciali che per quelli extraprovinciali. Le difficoltà connesse alla percorrenza della SS 106 sono legate a diversi fattori, tra i principali si possono evidenziare due, uno dovuto al fatto che essa attraversa, ancora oggi, tutti i centri urbani che si trovano sulla costa, tranne quello di Cirò Marina; l altro che ha portato negli anni la struttura ha perdere le caratteristiche per poter essere classificata superstrada. Da evidenziare che negli anni passati sono stati effettuati dei lavori di ammodernamento, in particolare a nord della città di Crotone, e precisamente dal Passo Vecchio fino al villaggio Bucchi, dove è stato realizzato un nuovo tratto, per una lunghezza di circa 5,5 Km, a due 21

22 carreggiate separate da spartitraffico e sfalsate rispetto al resto della rete viaria. L intervento non ha prodotto dei risultati tangibili dato che è un tratto limitato e concentrato prima del nucleo industriale di Crotone, lasciando attraversare alla SS 106 tutta la parte vecchia della zona industriale che va dal Passo Vecchio fino all area della ex Montedison, e la zona urbana di Poggio Pudano. Da queste due direttrici principali di diramano in tutto il territorio le strade provinciali. Il totale di km di strade statali e provinciali sono ben 922,44. Rete stradale Denominazione Nome Strada Km Strada SP 1 Crucolese 16,45 SP 2 Gaglioppo 2,35 SP 3 Madonna di Mare 5,06 SP 4 Contrada Cappella 9,89 SP 4 bis Bacco 1,863 SP 5 Krimisa 1,72 SP 6 Grisica 21,29 SP 7 Torre Passo 37,97 SP 8 Chonia 0,62 SP 9 Caraconessa 15,22 SP 10 Enotria 6,924 SP 10 Bis Cappellieri 3,707 SP 11 UDHA E JASHTËS 10,5 SP 12 Del Vino 15,8 SP 13 Melisseo 7,242 SP 14 Puheriu 24,49 SP 15 Rosaneti 10,4 SP 16 Topanello 5 SP 16 Bis Comero 1,319 SP 17 S. Agostino 3,563 SP 17 Bis Turrazzo 1,78 SP 18 Fasana 9,48 SP 19 Pietra del Tesauro 3,647 SP 20 Pietra della Battaglia 3,917 SP 21 Macalla 4,962 SP 22 Poiero 6,19 SP 23 Corazzo 7,387 SP 23 DIR 22

23 SP 24 Eremo 13,04 SP 25 Siberene 1,062 SP 26 Pantalitiche 21,18 SP 26 BIS SERRA FRATTA 6,628 SP 27 Mesudera 10,77 SP 28 Pino Grande 5 SP 29 GIPSO 11,85 SP 30 BELVEDERE SPINELLO 7,3 SP 31 DELLE TERME 10,3 SP 32 SANTA RANIA 13,99 SP 33 ULIVETI 2,464 SP 34 ALTILIA 1,823 SP 35 LAGO AMPOLLINO 1,779 SP 36 PAGLIARELLE 11,38 SP 36 BIS DELL AQUILA 0,474 SP 37 SANTA SPINA 6,124 SP 38 VALLE TACINA 12,04 SP 39 MAURITANIA 3,907 SP 40 ENOTRI 4,05 SP 40 Bis FONDO VALLE S. ANTONIO 10,84 SP 41 SERRA ROSSA 15,04 SP 41 Bis REAZIO 3,658 SP 42 DRAGONE 9,955 SP 42 BIS PUTTINO 1,458 SP 43 NORMANNI 17,36 SP 44 LE CASTELLA 2,704 SP 45 S.ANNA 6,26 SP 45 BIS JAPIGI 6,11 SP 45 TER VILLA MARGHERITA 0,501 SP 46 CAPO RIZZUTO 9,13 SP 46 BIS ASYLA 1,194 SP 47 LE CANNELLE 5,69 SP 48 OVILE MARINA 8,1 SP 49 CAPOCOLONNA 5,27 SP 50 MONASTERO 12,5 SP 51 CARBONARA 4,411 SP 52 PAPANICE 8,574 SP 53 SERRA MUZZUNETI 61,15 SP 54 SAVELLESE 14,48 23

24 SP 55 BASSA VALLE DEL NETO 11,01 SP 56 DEL MARCHESATO 40 SP 57 GABBELLA 5,951 SP 58 SS. ECCE HOMO 26,83 SP 59 CARAVA 13,5 SP 60 CARISI 12,06 SP 61 TREPIDO 34,03 SP 62 PRESILA 19,04 SP 63 (ex SS109) MARINELLA 22,34 SP 64 PAPA SAN ZOSIMO 14,05 SP 65 PRINCIPE 7,746 SP 66 ESARO 2,6 SS SS ,444 Fonte : Provincia di Crotone - Ufficio Sicurezza Stradale Impianti industriali La provincia di Crotone occupa un area che può essere considerata complessivamente a basso sviluppo industriale. Infatti i comuni interessati ad una presenza industriale sono Crotone, Cutro, Scandale e Cirò Marina. Sono presenti, infatti, nel territorio alcune centrali idroelettriche (Caccuri -Loc. Calusia; Cotronei - Loc. Timpa Grande; Cotronei San Giovanni in Fiore Loc. Orichella). Il cui funzionamento ha senza dubbio alterato le caratteristiche idrologiche del Fiume Neto (vedasi anche lo Studio di Fattibilità per la Riserva della Foce del Neto, 2001). Particolarmente pressante è negli ultimi anni la tendenza alla realizzazione di piccole centraline che sfruttano corsi d acqua minori con conseguente realizzazioni di bacini di riempimento e sbarramenti la cui pianificazione deve essere sottoposta necessariamente ad una Valutazione d Incidenza che tenga conto non solo della singola opera, ma che analizzi in modo complessivo l effetto sinergico di più opere che incidono sullo stesso sistema idrologico. Altra tematica estremamente attuale e molto dibattuta è quella che riguarda la realizzazione di impianti eolici per la produzione di energia elettrica. Una valutazione della potenzialità di questo settore innovativo è riportata nel documento Eolico in Calabria. Indirizzi per gli inserimenti degli impianti eolici nel territorio regionale (D.G.R. 55/2006) in cui si sottolinea la necessità di sottoporre a Valutazione d Incidenza i progetti ricadenti all interno di ZPS ed il divieto di realizzazione nell ambito di Siti 24

25 d Interesse Comunitario. Più recentemente il D.M Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS) vieta la realizzazione di nuovi impianti eolici, fatti salvi gli impianti per i quali, alla data di emanazione dell atto, sia stato avviato il procedimento di autorizzazione mediante deposito del progetto. Gli enti competenti dovranno valutare l'incidenza del progetto, tenuto conto del ciclo biologico delle specie per le quali il sito è stato designato, sentito l Ispra. Sono inoltre fatti salvi gli interventi di sostituzione e ammodernamento, anche tecnologico, che non comportino un aumento dell'impatto sul sito in relazione agli obiettivi di conservazione della ZPS, nonchè gli impianti per autoproduzione con potenza complessiva non superiore a 20 kw. Nella tabella seguente (PTCP, 2007) vengono elencati gli impianti eolici realizzati o in fase di progettazione contigui o interni alla ZPS, che rappresentano sicuramente un elemento di criticità agli obiettivi di conservazione della fauna (in particolar modo per l avifauna e la chirotterofauna). Impianti eolici realizzati ed in progetto COMUNE DENOMINAZIONE DITTA Scandale Il Fortino Clean Energy Srl Cutro Timpone Arciere Energy Crotone 2 Sa Roccabernarda Colle Cervellino Energy Crotone 1 Sa Strongoli-Melissa Strongoli-Melissa Edison (Edens) Melissa San Francesco Gamesa Ciro' Crociminuti - Malucrut E-Vento Srl Cutro Rosito - S.Anna Kyoto Energy Sud Sr Tali impianti spesso esercitano un pesante impatto sul paesaggio, sull ambiente, sulla stabilità delle pendici anche per i rilevanti movimenti di terra che l apertura delle strade ad essi connessi, le fondamenta e quant altro necessario, richiedono inevitabilmente. Inoltre è ampiamente e scientificamente dimostrato, da numerosi studi, come gli impianti eolici producano seri effetti negativi sulle biocenosi e in particolare sugli uccelli e sui chirotteri. Tali effetti consistono essenzialmente in due tipologie d intervento: - diretto, dovuto alla collisione degli animali con parti dell impianto, in particolare il rotore; - indiretto, dovuto all aumento del disturbo antropico con conseguente allontanamento e/o scomparsa degli individui, modificazione di ambienti (aree di riproduzione e di alimentazione), frammentazione degli habitat e delle popolazioni, ecc. La diminuzione degli spazi ambientali è una delle cause maggiori della scomparsa e della rarefazione di molte specie il disturbo provocato dalle operazioni di manutenzione ordinaria e straordinaria, vengono indicati da molti autori, come una delle cause principali dell abbandono di queste aree da parte degli uccelli, in particolare per le specie che nidificano a terra o negli arbusti. È evidente che la misurazione 25

26 della mortalità dà valori molto approssimati per difetto. Infatti molte carcasse non vengono ritrovate in quanto possono essere spostate e divorate da altri animali quali topi, volpi o cani randagi. In Italia, Magrini (2003) ha riportato che nelle aree dove sono presenti impianti eolici, è stata osservata una diminuzione di uccelli fino al 95% per un ampiezza di territorio fino a circa 500 metri dalle torri. In paesi come l Italia ed il territorio crotonese, interessati da grandi flussi di migratori su vasti fronti, lo sviluppo dell eolico sulle coste, o in prossimità dei corridoi migratori porterebbe come conseguenza inevitabile stragi intollerabili di uccelli migratori, destinate ad avere impatti pesanti sulla consistenza delle specie. I pipistrelli vengono anch essi distrutti in gran numero dal movimento delle turbine. Gli uccelli sottoposti a rischio sono i migratori notturni (passeriformi) ed anche quelli diurni (rapaci e veleggiatori), soprattutto quando, alla ridotta visibilità, si aggiungono condizioni atmosferiche avverse che comportano una riduzione delle altezze di volo. Gli uccelli più colpiti sembrano essere in assoluto i rapaci anche se tutti gli uccelli di grandi dimensioni, ad esempio cicogne e aironi, sono potenzialmente ad alto rischio; seguono poi i passeriformi e le anatre, in particolare durante il periodo di migrazione. oltre al pericolo derivante dalla collisione diretta, ci sono altri tipi di impatto che occorre considerare, prima fra tutte la perdita di habitat. La presenza di corpi idrici rappresenta un ulteriore rischio, in quanto ad essi si associa una maggiore densità di uccelli. Al fine di mitigare i danni che tali impianti arrecano alla fauna selvatica si potrebbe pensare di mettere in atto una serie di misure tra cui: o il controllo delle specie preda che, come messo in risalto costituiscono un attrazione per le popolazioni di rapaci aumentandone conseguentemente il rischio di collisioni. L eradicazione, o il controllo di queste popolazioni, limiterebbe sicuramente il rischio di collisione; o utilizzare esclusivamente modelli tubolari di turbine; queste infatti non forniscono posatoi adatti alla sosta dei rapaci contribuendo alla diminuzione del rischio di collisioni; Osborn (2001) infatti, evidenzia come l utilizzo di turbine tubolari e la presenza di posatoi naturali (alberi) riduca sensibilmente il rischio di impatto. Sarebbe quindi opportuno prevedere azioni di miglioramento ambientale che interessino le aree limitrofe all impianto, in modo da fornire agli uccelli una valida alternativa all utilizzo del parco eolico. o Strickland (1998) riporta un caso in cui sono state utilizzate delle sagome come deterrenti applicati alle turbine, per impedire che i rapaci usino le stesse come posatoi (con una percentuale di rischio di collisioni molto maggiore); o l utilizzo di particolari vernici visibili nello spettro UV, campo visivo degli uccelli, hanno provocato, secondo Curry (1998)una significativa riduzione della mortalità. Poiché tale accorgimento renderebbe più visibili le pale rotanti; altri studi invece non evidenziano nessun risultato significativo (Strickland et al., 2000). Alcune ricerche si sono concentrate su quale colorazione rendesse più visibili le pale degli aereogeneratori; McIsaac (2000) ha dimostrato che bande colorate che attraversano la superficie, in senso trasversale, delle pale, vengono avvertite dai rapaci a maggior distanza. 26

27 Hodos invece,(2000) afferma che, colorando una sola delle tre pale di nero e lasciando le altre due bianche, si ridurebbe l effetto Motion Smear (corpi che si muovono a velocità molto alte producono immagini che rimangono impresse costantemente nella retina dando l idea di corpi statici e fissi), e gli uccelli riuscendo a percepire molto meglio il rischio, potrebbero, in tempo utile, a modificare la traiettoria di volo. DENSITA VENATORIA REALE L indice di densità venatoria reale per l annata di caccia 2008/2009, ai sensi all art. 13, comma 11, della L.R. 9/96, è stata calcolato in funzione della Superficie Agro-Silvo- Pastorale (SASP), cioè della superficie provinciale soggetta a pianificazione faunistica, utilizzando come secondo parametro il numero di cacciatori residenti, esercitanti l attività venatoria. Il Ministero dell Agricoltura, sulla base La densità venatoria rappresenta il numero di cacciatori presenti sul territorio dei dati censuari dei territori di caccia, ha fissato, con D.M , l indice di densità minima per il territorio nazionale, che è pari a 0,0526 cacciatori/ha ovvero a 19,1 ettari/cacciatore, onde distribuire i cacciatori sul territorio di caccia e, quindi, tendenzialmente uniformare la pressione venatoria sul territorio, ciò per regolamentare l accesso dei cacciatori non residenti. La Regione Calabria con il limite di 45,38 ettari/cacciatore nell ATC Kr1 e di 55,14 ettari/cacciatore nell ATC Kr2 indica la pressione venatoria massima. Dal rapporto tra i due valori si è ottenuta la S.A.S.P effettivamente disponibile per ogni cacciatore nell annata 2008/2009 (indice di densità venatoria reale), distinta per ATC, come riportato nella Tabella successiva. Da tutto ciò si evidenzia che la pressione venatoria risulta di 89,99 ettari per cacciatore nell ATC KR1 e di 88,73 ettari per cacciatore nell ATC KR2. In tutte e due i casi siamo ben lontani dai limiti stabiliti dalla regione. Tab.- Densità venatoria reale per ATC espressa in ettari disponibili della S.A.S.P. per ciascun cacciatore ATC Kr1 ATC Kr2 N cacciatori che hanno svolto attività venatoria annata 08/09 Superficie territoriale Ettari Sup. Agro silvo pastorale Utile alla caccia ettari ETTARI disponibili per Cacciatore , ,64 89, , , , ,45 88,73 89,34 27

28 ASSETTO SOCIALE- CARATTERIZZAZIONE DELLA POPOLAZIONE VENATORIA Dall andamento, riscontrabile nella successiva tabella, del numero di cacciatori residenti nella Provincia di Crotone si registra una legger trand negativo negli ultimi 8 anni, infatti si passa da un totale n 1690 cacciatori della stagione venatoria 2001/2002 agli attuali 1650 con una riduzione di 40 unità. Numero di cacciatori residenti nella Provincia di Crotone STAG. VEN. ATC KR 1 ATC KR2 TOTALE 2001/ / / / / / / / Fonte: Provincia di Crotone Ufficio Caccia e Pesca Entrando nei singoli ATC,così come evidenziato nella tabella precedente,il numero è in leggero aumento nell ATC KR1 e in leggera diminuzione nell ATC Kr2. Cacciatori residenti nella Provincia di Crotone numero ATC KR 1 ATC KR2 TOTALE 2001/ / / / / / / /2009 stagione venatoria Nelle tabelle successive sono riportate le autorizzazioni rilasciate ai cacciatori non residenti, per stagione, ed a quelli residenti in altro ATC. E stato sempre rispettato il limite di n 120 cacciatori giornalieri non residenti La tendenza risulta in negativo. 28

29 Numero di cacciatori non residenti nell ATC KR1 e KR2 STAG. VEN. ATC KR 1 ATC KR 2 TOTALE 1999/ / / / / / / / / / Fonte: Provincia di Crotone Ufficio Caccia e Pesca Numero di cacciatori non residenti per stagione venatoria nell ATC KR1 STAG. VEN. NON RESIDENTI Nella provincia * RESIDENTI Nell ATC KR2 TOTALE 1999/ / / / / / / / / / Fonte: Provincia di Crotone Ufficio Caccia e Pesca Numero di cacciatori non residenti per stagione venatoria nell ATC KR2 STAG. VEN. NON RESIDENTI * RESIDENTI nell ATC KR1 TOTALE 1999/ / / / / / / / / / Fonte: Provincia di Crotone Ufficio Caccia e Pesca * Si intendono cacciatori residenti nell altro ATC della provincia, che chiedono l'esercizio dell attività venatoria temporaneamente in un ATC diverso da quello di residenza anagrafica. 29

30 Dalla tabella successiva, invece rileviamo il numero totale di cacciatori sia residenti che non residenti, nei diversi anni. Anche in questo caso, si registra una flessione delle presenze passando dai 2506 della stagione venatoria 2001/2002 ai 2308 della stagione venatoria 2008/2009. Numero di Cacciatori residenti e non residenti nella provincia di Crotone STAG. VEN. Residenti Non residenti TOTALE 2001/ / / / / / / / Fonte: Provincia di Crotone Ufficio Caccia e Pesca CACCIATORI PRESENTI PER STAGIONE VENATORIA N CACCIATORI / / / / / / / /2009 STAGIONE VENATORIA Residenti Non residenti TOTALE Le seguenti tabelle mettono a confronto il numero di cacciatori con la popolazione residente, la superficie territoriale, la superficie agro-silvo-pastorale, il territorio di caccia. Confronto fra n di cacciatori residenti e dati territoriali Sup. agro silvo Cacciatori Popolazione Superficie pastorale n. totale territoriale Ettari n. Ettari , ,44 Estrapolando i dati tabellari riferiti all intera Provincia, si evincono i seguenti rapporti: n. cacciatori/popolazione = 0,00949; 30

31 n. cacciatori/superficie territoriale = 0,00961;. cacciatori/s.a.s.p. = 0,00997 Confronto fra n. di cacciatori residenti e dati territoriali dell ATC KR 1 Sup. agro silvo Cacciatori Popolazione Superficie pastorale n. totale territoriale Ettari n. Ettari ,23 Estrapolando i dati tabellari riferiti all intero ATC, si evincono i seguenti rapporti: n. cacciatori/popolazione = 0,01471; n. cacciatori/superficie territoriale = 0,00993; n. cacciatori/s.a.s.p. = 0, Confronto fra n. di cacciatori residenti e dati territoriali dell ATC KR 2 Sup. agro silvo Cacciatori Popolazione Superficie pastorale n. totale territoriale Ettari n. Ettari ,21 Estrapolando i dati tabellari riferiti all intero ATC, si evincono i seguenti rapporti: n. cacciatori/popolazione = 0,00714; n. cacciatori/superficie territoriale = 0,00933; n. cacciatori/s.a.s.p. = 0,00901 Il territorio della provincia ha necessità di un maggior numero di ettari da sottoporre a protezione da attività di prelievo venatorio, pertanto l istituzione di Zone di Ripopolamento e Cattura diventa uno dei principali obiettivi dell attuale programmazione. Definizione di superficie agro-silvo-pastorale (S.a.s.p.) Analisi ambientale del Territorio Provinciale per la definizione della Superficie Agro- Silvo-Pastorale Per quanto riguarda le analisi ambientali dell'intero territorio provinciale, sono stati acquisiti e analizzati i seguenti archivi formato digitale: 31

32 Cartografia CORINE LAND-COVER IV livello che consente una precisa definizione delle tipologie di uso del suolo esistenti, della ripartizione del territorio provinciale in comprensori omogenei in riferimento a diverse caratteristiche geomorfologiche. Carte digitalizzate e georeferenziate in dotazione all Ente provinciale, consente altresì una rapida e precisa misurazione delle superfici territoriali ad un livello di precisione mai ottenuto prima dell'utilizzazione di questi metodi. Le informazioni territoriali sono state gestite mediante l'uso di Sistemi Informativi Territoriali e in particolare mediante analisi effettuate in ambiente GIS, grazie alla collaborazione del Servizio Agropedologico dell ARSSA. Determinazione e destinazione delle superfici agro-silvopastorali La legge quadro nazionale (art. 10, comma 1) dispone che l'intero territorio agro-silvopastorale sia soggetto a pianificazione faunistico-venatoria. Il Territorio può essere destinato a protezione faunistica a gestione privata o a gestione programmata della caccia. La definizione e la quantificazione del territorio agro-silvo-pastorale assume pertanto importanza fondamentale per determinare le porzioni destinate alle citate destinazioni. Tuttavia, ai fini delle fasi successive della programmazione faunistico-venatoria, sulla base della carta di uso del suolo, utilizzata per l'analisi ambientale, e tenendo conto delle indicazioni del Primo Documento Orientativo sui Criteri di Omogeneità e Congruenza dell'istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, sono state determinate a livello comunale, le superfici agro-silvopastorali. I criteri contenuti nel documento citato consentono di giungere ad una corretta determinazione di detta superficie, escludendo dalla superficie territoriale complessiva le seguenti categorie di uso del suolo: le aree urbane, le zone verdi urbane e gli impianti sportivi, le zone estrattive, le discariche, le zone industriali, le aree portuali, la rete ferroviaria, le strade principali extraurbane e le zone non foto interpretabili comprese quindi le aree militari. Le superfici comunali e la S.A.S.P. ricavata per ciascun comune sono riportate nella Tab. successiva. La superficie agro-silvo-pastorale corrisponde a quella parte del territorio in cui è in atto una utilizzazione agricola, avendo per oggetto la coltivazione dei fondi, la silvicoltura, l allevamento del bestiame ed attività annesse. La superficie agro-silvo-pastorale utile scaturisce dalla S.A.S.P. meno le aree vincolate ai fini venatori che ai sensi dell art. 21 (Divieti) della L. 157/92, entrano a far parte delle superfici sottratte alla caccia. Queste riguardano le Foreste demaniali e regionali, le oasi di protezione,i parchi pubblici e parchi archeologici, le zone sottoposte a divieti e le zone di ripopolamento e cattura (24% come da L.R. 9/96). Qui di seguito verranno descritti solo le Foreste demaniali e Regionali ed i parchi pubblici e parchi archeologici, mentre le altre aree sono state descritte nei capitoli e

33 Le foreste demaniali e regionali ricadenti nella provincia di Crotone, dalle indagini eseguite presso l Azienda delle Foreste Regionale, si estendono su una superficie di Ha 865,99 e ricadono nei seguenti sei comuni Castelsilano, Savelli, Verzino, Mesoraca, Petilia Policastro e Cotronei. Inoltre i territori dei comuni di Savelli, Petilia Policastro, Mesoraca e Cotronei le suddette superfici coincidono con il Parco Nazionale della Sila. Tali territori non possono essere considerati al pari delle riserve naturali, ma è certo che trattasi di aree efficacemente protette che, controllate e gestite efficacemente in modo coordinato, possono costituire una rete di biotipi per un programma di ricostituzione ecologica. I dati sulle superfici sono riportati nella seguente tabella. Foreste Demaniali e Regionali SUPERFICIE ( ETTARI ) COMUNE Totali Castelsilano 194,37 Verzino 671,62 Totale 865,99 Parchi Pubblici ed Archeologici Fra i parchi pubblici ricadenti nella superficie agro-silvo-pastorale, vi è quello dell Azienda Forestale in Castelsilano, esteso Ha 10 e sito in località Serra Pirai, sede del Centro di Educazione Ambientale Villa Daino e quello della Montagnella in Carfizzi, esteso per ettari 15. Fra i parchi archeologici è presente il Parco di Capo Colonna a Crotone esteso per ettari 137 e sede anche del museo archeologico. Parchi pubblici e Archeologici SUPERFICIE ( ETTARI ) COMUNE Castelsilano 10 Carfizzi 15 Crotone 137 Totale

34 Superficie Agro Silvo Pastorale Utile della Provincia di Crotone per Comune COMUNE SUPERFICIE Comunale Ha SUPERFICIE Urbanizzata Ha S.A.S.P. BELVEDERE DI SPINELLO 2998,30 94,2 2904,08 62, ,58 94,77 CACCURI 6049,70 131,1 5918,64 459, ,94 90,23 CARFIZZI 2050,00 52,9 1997,10 15, ,10 96,69 CASABONA 6693,80 97,4 6596,41 482, ,31 91,34 CASTELSILANO 3964,00 60,4 3903,58 577,20 194,37 10, ,01 78,76 CERENZIA 2197,00 77,2 2119,76 441, ,86 76,37 CIRO' 7033,30 158,8 6874,51 40, ,01 97,17 CIRO' MARINA 4137,60 504,0 3633, ,55 87,82 COTRONEI 7838,60 425,2 7413, ,4 4681,99 59,73 CROTONE 17979, , ,89 606,7 1143,7 137, ,49 82,63 CRUCOLI 4991,70 87,5 4904, ,16 98,25 CUTRO 13219,60 437, ,63 134, ,33 95,68 ISOLA DI CAPO RIZZUTO 12520,80 710, ,63 102, ,93 93,51 MELISSA 5110,50 222,7 4887,82 56,9 4830,92 94,53 MESORACA 9379,60 139,6 9239, ,8 8232,16 87,77 PALLAGORIO 4400,70 111,9 4288, ,83 97,46 PETILIA POLICASTRO 9731,40 253,2 9478, ,9 0,6 6047,69 62,15 ROCCA DI NETO 4443,10 226,0 4217, ,05 94,91 ROCCABERNARDA 6418,70 194,3 6224, ,7 4786,70 74,57 SAN MAURO MARCHESATO 4145,70 75,1 4070,62 868,5 3202,12 77,24 SAN NICOLA DELL'ALTO 775,50 48,7 726,79 6,2 720,59 92,92 SANTA SEVERINA 5174,80 99,0 5075,84 534,1 4541,74 87,77 SAVELLI 4841,60 92,7 4748, ,94 58,26 SCANDALE 5366,20 114,5 5251, ,65 97,87 STRONGOLI 8461,1 318,8 8142,33 434,5 490,2 7217,63 85,30 UMBRIATICO 7256,70 116,1 7140,56 73, ,46 97,39 VERZINO 4515,10 99,0 4416,12 20,80 671, ,70 82,47 TOTALE , , , , , ,90 865,99 162, ,45 85,86 PARCO SILA SIC OASI NETO Foreste Demaniali altro S.A.S.P. U. S.A.S.P.U. % Riepilogo Superfici Agro-silvo-pastorali utile Superfice agro-silvo-pastorale ,44 Superficie aree protette 17233,00 Aree AFOR 865,99 Sub Totale ,99 S.A.S.P.U ,45 % Zone di Protezione su SASP 10,94 INDIVIDUAZIONE DEI COMPRENSORI OMOGENEI 34

35 La particolarità del territorio della provincia di Crotone è che nonostante abbia un ampio sviluppo sul mare Ionio, una buona parte di esso è caratterizzato da estese ed aspre montagne con un altimetria che varia dallo 0 metri della linea di costa fino ai 1723 del monte Femminamorta. In funzione della carta altimetrica e all elaborazione di un modello digitale con isoipse ogni 25 metri, sono stati definiti tre sistemi territoriali (TAV. 3): - Sistema Montano (oltre 600 m) - Sistema Collinare (100 a 600 m) - Sistema Costiero (ambito di pertinenza e di rispetto della linea di costa) I sistemi territoriali costituiscono, ai diversi livelli, elemento di riferimento primario per l organizzazione delle scelte strategiche per il governo del territorio. L ambito appartenente al Sistema Costiero comprende tutti i comuni che si affacciano sul mar Ionio; qui il territorio si presenta pressoché pianeggiante (costa bassa) con una linea di costa che si sviluppa abbastanza linearmente secondo la direzione nord-sud; da Crotone, invece, procedendo verso sud fino a Capo Piccolo la costa diventa più frastagliata con rilievi, prossimi al mare, che raggiungono anche i 130 metri (costa alta) e addentrandosi verso l interno si affaccia verso il golfo di Squillace. Il Sistema Collinare che comprende la maggior parte del territorio ed interessa molti comuni che si presentano con una predisposizione fortemente agricola, e che si possono identificare con i centri abitati di: Belvedere di Spinello, Carfizzi, Casabona, Cirò, Cirò Marina, Crucoli, Pallagorio, San Mauro Marchesato, Roccabernarda, San Nicola Dall'alto, Umbriatico e Verzino. Una terza fascia che definisce il Sistema Montano, si insinua nella Sila fino a rilievi che raggiungono i 1700 metri e comprende i comuni di Caccuri, Castelsilano, Cerenzia, Cotronei, Mesoraca, Petilia Policastro e Savelli. Nel passaggio marina-collina-montagna, si alternano paesaggi di particolare pregio naturalistico ambientale. La costa, caratterizzata da tratti che si protendono nel mare Ionio come Punta Fiume Nicà, punta Alice, Capo Colonna, Capo Cimiti, Capo Rizzuto, Capo Piccolo e Capo di Le Castella. La collina, il territorio dell antico Marchesato con i caratteristici mammelloni argillosi, ma anche con la presenza di rilievi significativi come Monte Fuscaldo. La montagna, ovvero la Sila con i suoi rilievi di origine granitica caratterizzata dalla presenza di estese foreste di pino laricio. Una peculiarità che distingue il territorio della provincia di Crotone risiede proprio nel forte carattere naturalistico-ambientale dei tre Sistemi Territoriali, caratteristica, questa difficilmente riscontrabile in altri territori. Tale condizione territoriale dovrà essere l elemento di riferimento primario per l organizzazione delle scelte strategiche per il governo del territorio. Infatti a parte la costa, che ha subito il disordine di un urbanizzazione selvaggia, gli altri sistemi territoriali mantengono ancora intatti i loro caratteri identitari e i loro valori naturalistici-ambientali. Questi tre sistemi li possiamo definire dei comprensori omogenei all interno dei quali è omogenea anche la fauna presente. Tali fasce si susseguono, in ordine, dalla fascia montana a ovest, fino al litorale ionico verso est. 35

36 La fauna di questi luoghi è riconducibile principalmente a quella che, nel continente europeo, vive nella fascia mesomediterranea e submediterranea, eccezionalmente nella fascia termomediterranea. La distribuzione e la concentrazione delle diverse specie è conseguenza dello stato di naturalità/degrado degli ecosistemi, nei diversi ambienti. Bisogna tenere conto del fatto che, pur essendo ampiamente verificate queste differenze, molti organismi si possono incontrare in più fasce o zone, per la loro distribuzione spaziale o per la capacità di muoversi in funzione delle stagioni o di altri eventi locali. Nel Sistema Montano, al di sopra dei 600 metri s.l.m., si può dire cha la fauna è rappresentata soprattutto dalle specie legate agli ecosistemi forestali. Qui si assiste al passaggio dai boschi quasi puri di faggio Fagus silvatica e Pino laricio Pinus laricio, o Cerro Quercus cerris, a formazioni vegetali in cui si ritrovano, oltre a queste ultime, altre specie arboree più spiccatamente mediterranee. La fauna vertebrata, di questa parte annovera presenze di gran pregio come il Lupo Canis lupus, il Capriolo Capreolus capreolus, il Gatto selvatico Felis silvestris, il Tasso Meles meles, lo Scoiattolo nero Sciurus vulgaris meridionalis e la Martora Martes martes, tra i mammiferi; il Picchio nero Dryocopus martius, l Astore Accipiter gentilis, il Falco pecchiaiolo Pernis apivorus, il Nibbio bruno Milvus migrans e il Nibbio reale Milvus milvus tra i numerosissimi uccelli; e ancora la Vipera dell Hugy Vipera aspis hugyi (presente in quasi tutta la provincia), la Salamandra pezzata nella varietà meridionale Salamandra salamandra giglioli, tra la abbondante erpetofauna, e, fra i pesci, probabile la Trota fario macrostigma Salmo trutta macrostigma, laddove le popolazioni pure non avrebbero incontrato ceppi di trota fario derivanti dalle numerose immissioni ittiche. Nel Sistema Collinare, tra i 100 e i 600 metri s.l.m., si prosegue con i versanti che degradano verso lo Ionio. Sono generalmente acclivi nelle quote più alte per poi raccordarsi dolcemente al passaggio tra le litologie cristalline ed i terreni sedimentari. Questi ultimi territori sono quelli più propriamente collinari che s incontrano procedendo verso est e che coincidono con parte del Marchesato crotonese. Quest area è caratterizzata da profondi valloni e canyon scavati dall acqua, ambienti con elevata diversità biologica. Alle quote più alte ( m.), sono ancora presenti boschi con latifoglie, come i boschi misti di Cerro Quercus cerris e Farnetto Quercus frainetto, a cui si alternano pinete di diverse specie. La fauna è riconducibile a quella descritta in precedenza. Frammisti a queste essenze, a quote più basse si trovano altre specie quercine che qui diventano dominanti, quali la Roverella Quercus pubescens e il Leccio Quercus ilex, localmente in associazione con la sughera Quercus suber. La copertura vegetale è più spesso rappresentata da associazioni più degradate dove le piante con portamento arboreo lasciano, sempre più spesso, posto a una vegetazione dall habitus prevalentemente cespitoso. A queste aree si avvicendano vaste estensioni di pascolo, pseudosteppe mediterranee, ma soprattutto coltivi tra i quali spiccano uliveti e vigne. Tali aspetti sono stati determinati da trasformazioni che hanno prodotto un aumento della diversità di specie ed habitat, modificando un paesaggio originariamente monotono in un 36

37 movimentato mosaico di vegetazioni e utilizzi del suolo. Come diretta conseguenza le comunità animali si sono arricchite di specie. La fauna vertebrata di queste aree trova le presenze più importanti sicuramente tra i rettili, fra cui citiamo la Testuggine di Hermann Testudo hermanni e il Cervone Elaphe quatuorlineata e, tra gli uccelli, fra i quali spiccano come nidificanti alcuni fra i più rari del nostro paese, oltre al già citato Nibbio reale Milvus milvus, il Capovaccaio Neophron percnopterus, il Biancone Circaetus gallicus, il Lanario Falco biarmicus, la Cicogna bianca Ciconia ciconia e la Cicogna nera Ciconia nigra, il Gufo reale Bubo bubo, e l Occhione Burhinus oedicnemus, quest ultimo presente almeno durante i suoi spostamenti migratori e di probabile riproduzione. Tra gli anfibi è stata riscontrata, in più stazioni, la presenza del Tritone italico Triturus italicus, e di diverse specie di anuri, fra i quali il Rospo smeraldino Bufo viridis, la Raganella Hyla intermedia e altre specie di interesse conservazionistico. Tra i mammiferi va annoverata la presenza dell Istrice Hystrix cristata, accanto a quella della Faina Mustela foina, della Volpe Vulpes vulpes, del Cinghiale Sus scrofa, del Tasso Meles meles, del Riccio Erinaceus europeus. Non è da escludersi la Lepre italica Lepus corsicanus, così come nel settore più a monte, la cui presenza è dubbia a causa soprattutto delle immissioni venatorie di Lepus europea. Scarsamente rilevabile, invece, l esatta distribuzione di micromammiferi e chirotteri, pur essendo state segnalati il Ghiro Myoxus glis, il Quercino Elyomis quercinus, la Talpa romana, arvicole, crocidure e muridi. Tra questi ultimi il rappresentante più abbondante è senza dubbio l Arvicola di Savi Microtus savi, che costituisce la preda più importante per tutti i carnivori di piccola e media taglia. Nel Sistema Costiero ma non solo, sotto i 100 metri s.l.m., sono particolarmente ampie le zone alluvionali, alla base di terrazzamenti marini prodotte dai principali corsi d acqua e dai loro affluenti (fiumi Neto, Tacina e Lipuda). Sui litorali le loro foci rappresentano le zone più importanti, per la diversità biologica fra i vertebrati. In particolare, la foce del fiume Neto, fra le più importanti zone umide della Calabria, fondamentale per la salvaguardia di uccelli migratori, svernanti e nidificanti di interesse comunitario ed internazionale. Notevoli, ad esempio, le concentrazioni di Ardeidi, Threskiornithidi, Laridi ed altri Charadriformi, oltre ai numerosi Passeriformi in periodo migratorio. Di grande importanza anche dal punto di vista erpetologico, con presenze di estremo valore conservazionistico, tra cui la Testuggine d acqua Emys orbicularis che alla foce del Neto è presente con una delle più importanti popolazioni dell intero territorio. Nella maggioranza della provincia insieme alle presenze eccezionali, sono diffuse le specie ornitiche tipiche degli ambienti sopra menzionati: Columbidi, Corvidi, Silvidi, Irundinidi e Apodiformi, Coraciformi, Turdidi, Paridi, Lanidi, Fringillidi ed Emberizidi. Molte specie di Strigiformi, inoltre, sono state segnalate in tutta l area, con popolazioni numericamente importanti a livello locale: l Allocco Strix aluco, in particolare nelle aree boscate, la Civetta Athene noctua, l Assiolo Otus scops, anche come svernante, il Barbagianni Tyto alba e il Gufo comune Asio otus in periodo invernale. 37

38 Indicazioni per la predisposizione dello studio d incidenza La citata legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio, integrata dalla legge 3 ottobre 2002, n. 221, e attuativa dell art. 9 della direttiva 79/409/CEE, del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale L 103 del , pagg La direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche. Le citate direttive partono dalle seguenti considerazioni di fondo: a) la salvaguardia, la protezione e il miglioramento della qualità dell'ambiente, compresa la conservazione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatiche, costituiscono un obiettivo essenziale di interesse generale perseguito dalla Comunità conformemente all'articolo 174 (ex art. 130 R) del Trattato; b) Scopo principale della direttiva n. 92/43/CEE e, com e noto, quello di promuovere il mantenimento della biodiversita, tenendo conto al tempo stesso delle esigenze economiche, sociali, culturali e regionali. In questo modo il legislatore comunitario contribuisce all'obiettivo generale di uno sviluppo durevole. Il mantenimento di detta biodiversita puo in taluni casi richiedere il mantenimento e la promozione di attivita umane; c) Nel territorio europeo degli Stati membri, gli habitat naturali non cessano di degradarsi e che un numero crescente di specie selvatiche e gravemente minacciato; gli habitat e le specie minacciati fanno parte del patrimonio naturale della Comunita e i pericoli che essi corrono sono generalmente di natura transfrontaliera, per cui e necessario adottare misure a livello comunitario per la loro conservazione; d) Tenuto conto delle minacce che incombono su taluni tipi di habitat naturali e su talune specie,e necessario definirli come prioritari per favorire la rapida attuazione di misure volte a garantirne la conservazione; e) Per assicurare il ripristino o il mantenimento degli habitat naturali e delle specie di interesse comunitario in uno Stato di conservazione soddisfacente, occorre designare zone speciali di conservazione per realizzare una rete ecologica europea coerente secondo uno scadenzario definito; f) Tutte le zone designate, comprese quelle gia classificate o che saranno classificate come zone di protezione speciale ai sensi della direttiva 79/409/CEE del Consiglio, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, dovranno integrarsi nella rete ecologica europea coerente; g) In ciascuna zona designata, occorre attuare le misure necessarie in relazione agli obiettivi di conservazione previsti; h) I siti che possono essere designati come zone speciali di conservazione vengono proposti dagli Stati membri; si deve tuttavia prevedere una procedura che consenta, in casi eccezionali, la designazione di un sito non proposto da uno Stato membro che la Comunita consideri essenziale per il mantenimento di un tipo di habitat naturale prioritario o per la sopravvivenza di una specie prioritaria; i) Qualsiasi piano o programma che possa avere incidenze significative sugli obiettivi di conservazione di un sito già designato o che sarà designato deve formare oggetto di una 38

39 valutazione appropriata; j) L'adozione di misure intese a favorire la conservazione di habitat naturali prioritari e specie prioritarie di interesse comunitario e responsabilità comune di tutti gli Stati membri; tali misure possono tuttavia costituire un onere finanziario eccessivo per taluni Stati membri poichè, da un lato, tali habitat e specie non sono distribuiti uniformemente nella Comunità e dall'altro, nel caso specifico della conservazione della natura, il principio "chi inquina paga" e di applicazione limitata; k) In questo caso eccezionale dovrebbe essere previsto un contributo mediante cofinanziamento comunitario entro i limiti delle risorse disponibili in base alle decisioni della Comunità; l) Occorre incoraggiare, nelle politiche di riassetto del territorio e di sviluppo, la gestione degli elementi del paesaggio aventi un'importanza fondamentale per la flora e la fauna selvatiche; m) Occorre garantire la realizzazione di un sistema di verifica dello stato di conservazione degli habitat naturali e delle specie di cui alla presente direttiva; n) E necessario istituire, a complemento della direttiva 79/409/CEE un sistema generale di protezione di talune specie di fauna e di flora; si devono prevedere misure di gestione per talune specie, qualora il loro stato di conservazione lo giustifichi, compreso il divieto di taluni modi di cattura o di uccisione, pur prevedendo la possibilità di deroghe, subordinate a talune condizioni; o) Per garantire il controllo dell'attuazione della presente direttiva, la Commissione europea periodicamente prepara una relazione di sintesi, basata, tra l'altro, sulle informazioni trasmesse dagli Stati membri in merito all'attuazione delle disposizioni nazionali adottate a norma della direttiva; p) Il miglioramento delle conoscenze scientifiche e tecniche e indispensabile per attuare la presente direttiva e pertanto occorre di conseguenza incoraggiare la ricerca e i lavori scientifici necessari a tal fine; q) Occorre prevedere misure complementari per regolamentare la reintroduzione di talune specie di fauna e di flora indigene, nonche l'eventuale introduzione di specie non indigene; r) L'istruzione e l'informazione generale relative agli obiettivi della presente direttiva sono indispensabili per garantirne l'efficace attuazione. Tutto ciò considerato, il legislatore comunitario ha fornito, nella citata direttiva 92/43/CEE, la definizione di Zona speciale di conservazione (ZPS), ovvero un sito di importanza comunitaria designato dagli Stati membri mediante un atto regolamentare, amministrativo e/o contrattuale in cui sono applicate le misure di conservazione necessarie al mantenimento o al ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e/o delle popolazioni delle specie per cui il sito e designato. Tali ZPS svolgono un ruolo determinante nella conservazione delle specie di avifauna migratoria. Onde rendere accettabile il disturbo causato dall attività venatoria sulle specie citate, vengono adottate misure precauzionali per evitare impatti eccessivamente devastanti, soprattutto nei periodi di migrazione prepuziale, evitando il più possibile che vi siano abbattimenti accidentali o sottrazione di zone di alimentazione e rifugio, specie nei periodi climaticamente più disagiati. 39

40 2.2 CONTENUTI ED OBIETTIVI DEL PIANO Il territorio della Provincia di Crotone, con la presenza della ZPS Marchesato- Fiume Neto, con i 21 SIC, con il Parco Nazionale della Sila e con la Riserva Marina Protetta di Isola Capo Rizzuto, che testimoniano dell importanza naturalistica di questo territorio nel contesto regionale e nazionale, si evidenzia come un area estremamente naturale e poco modificata da attività antropiche, urbanizzazioni e sfruttamenti industriali. Detto ciò, è importante sottolineare quanto gestire un habitat significhi innanzitutto conoscerne lo status generale e locale, l evoluzione e le tendenze che lo coinvolgono; in tal senso, la presenza di specie selvatiche rappresenta il frutto di una coevoluzione e l abbondanza di una popolazione è condizionata da stretti rapporti tra le specie oltre che da modificazioni naturali ed antropiche degli habitat. Pertanto per un efficace programmazione non si può prescindere dalla continua ed approfondita conoscenza di due elementi fondamentali: o il territorio attraverso lo strumento del catasto ambientale redatto in termini quantitativi (ettaraggio, superficie relativa e indice di dispersione delle diverse tipologie ambientali) e cartografico; o il quadro faunistico espresso dal territorio, vale a dire informazioni precise e dettagliate sulla distribuzione, l'effettiva densità e, per alcune specie, la struttura (cioè il rapporto tra i sessi e le classi di età), o valutazione critica di indici di abbondanza relativa. Infatti Infatti le operazioni di censimento andranno a determinare anche i quantitativi relativi alle immissioni ed ai prelievi. La chiave di volta della gestione faunistica consiste nel comprendere il ruolo di ciascuno di questi elementi e nel modificarli in funzione dei risultati che si intendono ottenere. Molto spesso la fauna reale non corrisponde a quella potenziale, sia per ciò che concerne la diversità (numero delle specie), sia per quanto riguarda la densità (numero di individui per unità di superfice). Ciò è il risultato di una pesante interferenza delle cause di mortalità diretta che è stata esercitata storicamente (estinzione di alcune specie a livello nazionale o locale) o che tuttora sviluppa la propria azione. In termini generali obiettivo primario dei piani di assestamento faunistico dovrebbe essere quello di far coincidere fauna reale e fauna potenziale attraverso una serie di provvedimenti che prevedano il controllo della mortalità indotta dall'uomo, in maniera non programmata ed eccedente l'incremento utile annuo di popolazioni in equilibrio dinamico, con la capacità portante dell'ambiente e, ove necessario, conducendo opportune operazioni di reintroduzione. La valutazione della capacità portante dell'ambiente espresso da un determinato territorio per ciascuna delle specie di interesse gestionale (sensu lato) risulta dunque il primo obiettivo programmatico da raggiungere. In riferimento alle attività di ripopolamento delle varie specie d interesse faunistico venatorio, appare evidente, quanto il successo dell attività sia legato alla qualità dei soggetti introdotti sul territorio attraverso l utilizzo di soggetti giovani e di cattura con prelievi effettuati in areali limitrofi e brevissimi trasporti nei siti di destinazione. Anche l adeguatezza degli ambienti di 40

41 acclimatamento e di neo-introduzione attraverso la realizzazione di prati polifiti o trasemine, le giuste dimensioni delle recinzioni, che non dovranno essere inferiori a 2 ha e la natura del terreno dovrà essere tendenzialmente sabbiosa per permettere un maggiore drenaggio del terreno e quindi non favorire l insorgenza di patologie, sono ulteriori elementi che contribuiscono alla felice riuscita dell attività di ripopolamento. Anche l incentivazione dei miglioramenti ambientali, con ripristini, mantenimenti o creazione ex-novo di seminativi a perdere, impianti di siepi, punti di abbeverata con diverse dislocazioni nelle fasce collinari, di pianura e di montagna, oltre una necessaria formazione della popolazione venatoria e dei soggetti preposti alla vigilanza sono elementi cardine della futura programmazione. 2.3 RAPPORTO CON ALTRI PIANI E PROGRAMMI PERTINENTI La strategia dell Unione Europea per lo sviluppo sostenibile, adottata dal Consiglio europeo di Goteborg nel 2001, ha messo in evidenza, quale elemento politico fondamentale, il fatto che tutte le politiche debbano ruotare attorno al concetto di sviluppo sostenibile. La strategia sottolineava inoltre che, per una valutazione sistematica delle proposte,era necessario disporre di migliori informazioni. La direttiva sulla VAS rappresenta uno strumento importante per fornire informazioni di questo genere, che consentano di integrare più efficacemente le considerazioni ambientali nelle proposte settoriali man mano che queste vengono presentate e trovare, dunque, soluzioni più sostenibili. Prima dell introduzione della direttiva 2001/42/CE, i progetti di rilevante entità che potevano avere un impatto sull ambiente dovevano essere sottoposti a valutazione nell ambito della direttiva 85/337/CEE1 concernente la valutazione dell impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati. Tale valutazione avveniva, tuttavia, in una fase in cui le possibilità di apportare cambiamenti sensibili erano spesso limitate: le decisioni riguardo all ubicazione del progetto o alla scelte di alternative potevano, infatti, già essere state prese nell ambito di piani riguardanti un intero settore o un area geografica. Inoltre, il pubblico deve essere consultato sui progetti e sulla valutazione ambientale ed occorre tener conto delle opinioni che esprime. Come indicato nel titolo della direttiva, l obiettivo del legislatore europeo e quello di garantire un elevato livello di protezione dell ambiente e di contribuire all integrazione delle considerazioni ambientali nei piani e programmi sia all atto della loro elaborazione sia all atto della successiva adozione La direttiva definisce la Valutazione ambientale come un processo sistematico inteso a valutare le conseguenze sul piano ambientale delle azioni proposte, delle politiche, dei piani o delle iniziative nell ambito di programmi, al fine di garantire che tali conseguenze siano incluse a tutti gli effetti ed affrontate in modo adeguato fin dalle prime fasi del processo decisionale e poste sullo stesso piano delle considerazioni di ordine economico e sociale. In questa ottica la 41

42 VAS e da intendersi come uno strumento di supporto per le decisioni, e tutto il processo di valutazione e centrato attorno alla possibilità di migliorare la qualità della decisione. Proprio per queste ragioni va inserita nei punti strategici del processo decisionale, fermo restando la sua natura di processo valutativo. Viene applicata a tutti i piani e programmi elaborati per i settori: agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, dei trasporti, ai piani e programmi elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337/CEE applicati su piccole aree o per le loro modifiche. La VAS, quindi, non e solo elemento valutativo ma permea il piano e ne diventa elemento costruttivo, gestionale e di monitoraggio. Bisogna sottolineare che i processi decisionali politici sono fluidi e continui: quindi la VAS deve intervenire al momento giusto del processo decisionale. Occorre quindi certamente approfondire gli aspetti tecnico-scientifici, ma senza perdere il momento giusto e rendendola inutile anche se rigorosa,ricordando che la VAS e uno strumento e non il fine ultimo. Sempre più, negli ultimi tempi,l attenzione si e spostata quindi dalla metodologia all efficacia. Come sottolinea la direttiva, la prima fase della valutazione ambientale non può prescindere dall individuare gli interlocutori sociali (stakeholders) per poi pianificare e gestire meglio la loro partecipazione alla discussione. Prima di entrare nel vivo della valutazione stessa e altresì necessario analizzare il processo decisionale tramite il diagramma della decisione. In questa fase trova spazio una rassegna esaustiva delle varie fasi del processo, degli attori coinvolti e del loro titolo, per meglio individuare dove e come intervenire con le considerazioni relative alla sostenibilità. 3. QUADRO NORMATIVO E PROGAMMATICO PER LA DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI DI SOSTENIBILITA AMBIENTALE 3.1 PREMESSE E RIFERIMENTI NORMATIVI REGIONALI, NAZIONALI, INTERNAZIONALI La Legge quadro sulla caccia 157/1992 ha introdotto una novità importante nel panorama faunistico venatorio, quella di una strategia di concertazione importante tra il mondo agricolo, ambientalista ed ovviamente quello venatorio. E attraverso tale nuova formula, infatti, che la caccia deve poter trovare un equilibrio tra le proprie esigenze di un prelievo commisurato alle risorse faunistiche e le attività produttive, in particolare quelle agricole. D altra parte la stessa 157/92 al primo articolo dispone che il prelievo venatorio è ammesso purché non contrasti con le esigenze della conservazione della fauna e non arrechi danno alle attività agricole. In tale frangente il Piano Faunistico Venatorio deve fornire gli indirizzi e gli strumenti necessari per l ottenimento di quest equilibrio. Il Piano rappresenta il momento di avvio, da integrare 42

43 con procedimenti correttivi e di perfezionamento, di un procedimento pianificatorio e programmatorio di grande rilevanza. E attraverso questo strumento che si delineano le scelte strategiche di intervento gestionale, come i piani di miglioramento ambientale, di ripopolamento, di controllo numerico dei predatori, ecc., e soprattutto che si pianifica il tipo di utilizzo faunistico e venatorio dell intero territorio provinciale e regionale. Una tale politica di programmazione permette, un più razionale impiego delle risorse disponibili, ma può essere in grado di condizionare, grazie ai nuovi campi di applicazione, anche la logica che sta alla base della stessa gestione faunistico venatoria. Il processo di pianificazione coinvolge, a diverso livello, la regione e le province chiamate, ciascuna in ordine alle rispettive competenze, a dotarsi del rispettivo piano faunisticovenatorio. Il P.F.V.P. deve attenersi, naturalmente, a quanto disposto a livello Comunitario, Nazionale e Regionale. La disciplina nazionale di conservazione e tutela della fauna selvatica persegue gli scopi definiti a livello comunitario ed internazionale con numerosi trattati e convenzioni di seguito riportati. Il quadro normativo di riferimento a livello regionale è costituito: -dalla Legge Regionale 17 maggio 1996 n. 9 Norme per la tutela e la gestione della fauna selvatica e l organizzazione del territorio ai fini della disciplina programmata dell esercizio venatorio ; -dal Documento di Indirizzo e Coordinamento della Pianificazione Faunistico-Venatoria Provinciale della Regione Calabria Dip. 6 Agricoltura, Foreste, Forestazione, Caccia e Pesca Gennaio In particolare, per quanto riguarda gli indirizzi di pianificazione contenuti nel quadro normativo di riferimento, l art. 10 della Legge 157/92 specifica e caratterizza gli obiettivi della pianificazione faunistico venatoria, indicando le finalità da perseguire, vale a dire la tutela della fauna selvatica omeoterma vivente stabilmente o temporaneamente in stato di libertà sul territorio nazionale anche attraverso la regolamentazione dell esercizio venatorio. La pianificazione deve garantire la conservazione delle specie carnivore attraverso il mantenimento delle effettive capacità riproduttive, e deve prevedere il controllo, in relazione al contenimento naturale delle altre specie. In coerenza con l art. 10 della Legge 157/92, la pianificazione faunistica venatoria provinciale deve tendere: -per quanto attiene le specie carnivore: alla conservazione delle effettive capacità riproduttive per le specie presenti in densità sostenibili; al contenimento naturale per le specie presenti in soprannumero. -per quanto riguarda le altre specie: al conseguimento della densità ottimale e alla loro conservazione mediante la riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio. 43

44 Il processo di pianificazione coinvolge, a diverso livello, le regioni e le province chiamate, ciascuna in ordine alle rispettive competenze, a dotarsi del rispettivo piano faunisticovenatorio. Nota: La Sentenza TAR Calabria n.47 del 27/01/2010 ha annullato le ZPS Marchesato e Fiume Neto cod. IT Pertanto il PFVP si avvarrà delle pertinenze del PTCP Preliminare non in contrasto con l erario ed i legittimi interessi dei proprietari dei beni. Quadro normativo nazionale -Legge quadro 157/1992 di cui già detto in premessa. L'applicazione delle Direttive Comunitarie sopradette ha determinato l'emanazione di vari atti legislativi, succedutisi negli scorsi anni, che hanno riguardato la Rete Natura 2000, di seguito si riportano i seguenti riferimenti normativi: -Decreto del Presidente della Repubblica dell'8 settembre 1997, n. 357 "Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali nonché della flora e della fauna selvatiche" e successive modificazioni. Tale decreto ha recepito entrambe le direttive comunitarie e i relativi allegati, prevedendo la procedura di valutazione di incidenza nell'ambito della pianificazione e programmazione territoriale, al fine di tenere conto della valenza naturalistico-ambientale dei siti di importanza comunitaria e delle zone speciali di conservazione. II decreto è stato aggiornato dal D.P.R. del 12/3/2003 n. 120, che, oltre a chiarire vari punti del precedente Regolamento, definisce con maggior precisione modalità di valutazione ed ambiti di interesse per la redazione di studi e valutazioni di incidenza, confermando, tra l'altro, che essi debbono essere elaborati per tutti i tipi di siti della rete NATURA 2000 (psic, SIC, ZPS). -Decreto del Ministero dell'ambiente del 3 settembre 2002, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 224 del 24 settembre 2002, in cui vengono enunciate le linee guida per la gestione dei siti Natura Decreto del Ministero dell'ambiente 25 marzo 2004, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 167 del 19 luglio 2004, con il quale è stato definito l'elenco dei SIC per la regione biogeografica alpina in Italia, in relazione alla Decisione 2004/69/CE della Commissione. del 22 dicembre 2003, recante adozione dell'elenco dei siti di importanza comunitaria (SIC) per la regione biogeografica alpina. -Decreto del Ministero dell'ambiente 17 ottobre 2007, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 258 del 6 novembre 2007, riguardante criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS), modificato dal decreto 22 gennaio Altri documenti fondamentali sono i documenti tecnici dell'infs (Istituto Nazionale della Fauna Selvatica, le cui funzioni sono oggi svolte dall ISPRA Istituto Superiore per la Protezione e la 44

45 Ricerca Ambientale), i cosiddetti Quaderni, che forniscono la base per la programmazionefaunistica in Italia; la collana "Quaderni di Conservazione della Natura" ha come scopo quello di divulgare le strategie di tutela e gestione del patrimonio faunistico nazionale. I temi trattati spaziano da quelli di carattere generale, che seguono un approccio multidisciplinare, a quelli dedicati a problemi specifici di gestione alla conservazione di singole specie. Sono stati pubblicati i seguenti 28 Quaderni. N. 1 - Raccolta delle norme nazionali e internazionali per la conservazione della fauna selvatica e degli habitat; N. 2 - Mammiferi e uccelli esotici in Italia: analisi del fenomeno, impatto sulla biodiversità e linee guida gestionali; N. 3 - Linee guida per la gestione del cinghiale (Sus scrofa) nelle aree protette; N. 4 - Linee guida per il controllo dello Scoiattolo grigio (Sciurus carolinensis) in Italia; N. 5 - Linee guida per il controllo della Nutria (Myocastor coypus); N. 6 - Piano d'azione nazionale per il Gabbiano corso (Larus audouinii); N. 7 - Piano d'azione nazionale per il Chiurlottello (Numenius tenuirostris); N. 8 - Piano d'azione nazionale per il Pollo sultano (Porphyrio porphyrio); N. 9 - Piano d'azione nazionale per la Lepre italica (Lepus corsicanus); N Piano d'azione nazionale per il Camoscio appenninico (Rupicapra pirenaica ornata); N Mammiferi dei Monti Lepini; N Genetica forense in applicazione della Convenzione di Washington CITES; N. 12bis - Forensic genetics and the Washington Convention - CITES; N Piano d'azione nazionale per la conservazione del Lupo (Canis lupus); N Mammiferi d'italia; N Orchidee d'italia - Capitoli Generali - Schede specifiche; N Uccelli d'italia; N Pesci d'acqua dolce; N Atti del Convegno - La conoscenza botanica e zoologica in Italia: dagli inventari al monitoraggio; N Monitoraggio chirotteri - Errata corrige; N. 19bis - Guidelines for bat monitoring; N Pesci delle acque interne d'italia; N Uccelli d'italia (Falconiformes, Galliformes); N Uccelli d'italia (Gaviiformes, Podicipediformes, Procellariiformes, Pelecaniformes, Ciconiiformes, Phoenicopteriformes, Anseriformes); N Piano d azione nazionale per l Anatra marmorizzata (Marmaronetta angustirostris); N Piano d azione nazionale per il Lanario(Falco biarmicus feldeggii); N Piano d azione nazionale per la Moretta tabaccata (Aythya nyroca); N Piano d azione nazionale per il Falco della Regina (Falco Eleonorae); N Linee guida per l'immissione di specie faunistiche; N Linee guida per la conservazione dei Chirotteri nelle costruzioni antropiche e la 45

46 risoluzione degli aspetti conflittuali connessi. La disciplina comunitaria di conservazione e tutela della fauna selvatica:persegue gli scopi definiti a livello comunitario ed internazionale con numerosi trattati e convenzioni di seguito brevemente descritti. -La Convenzione Internazionale di Berna è relativa alla conservazione della natura e dell ambiente naturale in Europa. È stata adottata nel 1979 ed è stata ratificata dal nostro paese nel 1981, con la legge n Obiettivo della Convenzione di Berna è la conservazione della flora e della fauna selvatiche e dei loro habitat naturali, con particolare riferimento alle specie minacciate di estinzione e vulnerabili. Tra gli allegati della Convenzione sono presenti due liste di specie animali: l allegato 2 delle specie rigorosamente protette (comprendente tutte le specie delle quali è vietata qualsiasi forma di gestione o sfruttamento); l allegato 3 delle specie protette (comprendente tutte le specie per le quali è possibile attuare forme di gestione e sfruttamento compatibile con la loro conservazione). Gli elenchi delle specie protette riportati negli allegati sono oggi in gran parte superati da quelli di successive Direttive CEE. -La Convenzione di Bonn riguarda la conservazione delle specie migratorie appartenenti alla fauna selvatica. Essa è stata firmata nel 1979 ed adottata dall Unione Europea nel Obiettivo della Convenzione è la realizzazione di azioni internazionali per la conservazione delle specie migratrici, attraverso il mantenimento degli habitat e dei siti di sosta, riproduzione, svernamento. Finalità della direttiva è quella di assicurare un stato di conservazione favorevole delle specie migratrici, tenendo conto delle dinamiche di popolazione, consistenza, area di distribuzione e conservazione degli habitat. L allegato 1 della Convenzione riporta le specie da sottoporre ad assoluta tutela, mentre l allegato 2 della Convenzione riporta le specie che necessitano, per il perseguimento di una efficace attuazione della Convenzione stessa, la stipula di accordi tra diversi stati interessati dagli spostamenti delle specie ornitiche. -La Convenzione di Rio de Janeiro del 1992 o convenzione sulla diversità biologica è stata ratificata in Italia con la legge 124/94. La convenzione prevede la conservazione della diversità biologica attraverso l elaborazione, da parte di tutte le nazioni coinvolte, di un piano di attuazione che individui e tenga costantemente monitorato il patrimonio locale di diversità biologica anche attraverso l elaborazione di un osservatorio nazionale di informazione. Lo scopo è quello di individuare i componenti della biodiversità che hanno rilevanza ai fini della conservazione ed all uso durevole degli stessi, onde permettere una ripartizione equa dei benefici derivanti da una utilizzazione razionale. L annesso 1 alla Convenzione individua quali componenti gli ecosistemi e gli habitat contenenti un elevata biodiversità oltre che specie endemiche o specie migratorie, ma contempla anche alcune specie e comunità oltre che tipi di genomi e geni di importanza sociale, scientifica o economica. -La Direttiva 79/409/CEE Uccelli con le successive modifiche (Direttiva 85/411/CEE, 91/244/CEE) riguarda la conservazione di numerose specie di uccelli, indicati negli allegati della direttiva stessa, e l individuazione da parte degli Stati membri dell unione di aree da destinarsi alla conservazione di talune specie, le cosiddette Zone di Protezione Speciale (ZPS). -La Direttiva 92/43/CEE Habitat ha quale obiettivo quello della salvaguardia della biodiversità 46

47 mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo. Questa Direttiva, recepita a livello nazionale dal D.P.R. 357/97, prevede di adottare misure volte a garantire il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di interesse comunitario. Gli allegati della Direttiva riportano liste di habitat e specie animali e vegetali per le quali si prevedono diverse azioni di conservazione e diversi gradi di tutela: l allegato 1 contempla zone speciali di conservazione; l allegato 2 le specie di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione; l allegato 3 i criteri di selezione dei siti che presentano caratteristiche per essere designati zone speciali di conservazione; l allegato 4 le specie di interesse comunitario la cui conservazione richiede una protezione rigorosa. Le aree di maggiore importanza per la conservazione degli habitat e delle specie vegetali ed animali sono proposti all Unione Europea come Siti di Interesse Comunitario (SIC). I SIC vengono valutati dalle competenti commissioni dell Unione Europea per la successiva designazione a Zone Speciali di Conservazione (ZSC) che, assieme alle ZPS, costituiscono il sistema delle aree protette europee, la cosiddetta RETE NATURA Segue Tabella sintetica. 47

48 DIRETTIVE COMUNITARIE QUADRO DI RIFERIMENTO Dir. Uccelli 79/409/CEE 2 Aprile 1979 Protezione degli uccelli selvatici e regolamentazione dello sfruttamento istituzionale di zone di protezione (ZPS); Misure speciali di conservazione per specie; Specie per cui è ammissibile il prelievo; Specie per cui viene regolamentato il commercio. Conservazione Habitat naturali e seminaturali, flora e fauna selvatica; Dir. Habitat 92/43/CEE 21 Maggio 1992 Costituzione della rete ecologica europea Natura 2000; - Siti di importanza comunitaria (SIC) che conservano habitat naturali in Allegato 1 o specie elencate in Allegato II (* specie o habitat prioritari); - Criteri di costituzione. Parigi (18 Ottobre 1950) Ramsar (2 Febbraio 1971) Washington CITES 3 Marzo 1973 Bonn (23 Giugno 1979) Berna (19 Settembre 1979) Salisburgo ALPI ( 14 Ottobre 1999) Protezione degli uccelli: durante il periodo di riproduzione; la migrazione di ritorno (marzoluglio) e tutto l anno per le specie minacciate di estinzione; regolamentazione mezzi di caccia. Conservazione zone umide di importanza internazionale e degli uccelli acquatici. Regolamentazione commercio specie minacciate di estinzione. Protezione delle specie migratrici Integrazione delle misure di protezione dei diversi stati. Conservazione vita selvatica e ambiente naturale in Europa, della flora e fauna selvatiche e degli habitat. Protezione ambiente alpino: popolazioni e cultura, pianificazione territoriale, salvaguardia della qualità dell aria, economia nella gestione dell acqua, protezione della natura e tutela del paesaggio, agricoltura di montagna, foreste montane, turismo e tempo libero, energia. Rio de Janeiro (5 Giugno 1992) Conservazione della biodiversità, uso durevole dei suoi componenti, ripartizione equa dei benefici delle biotecnologie. 48

49 3.2 INDIVIDUAZIONE DEI PIANI PERTINENTI Nella sua strategia il PFVP fa innanzitutto riferimento ai piani di carattere provinciale,che sono i più vicini al territorio pur essendo rapportati alle linee dei piani sovraprovinciali. Pertanto si ritrovano pertinenze in merito al PTCP Preliminare della Provincia di Crotone (con collegamento al PAI), al Piano d Ambito Provinciale ed al Piano Rifiuti della Provincia, comprensivi anche della situazione energetica locale. Il PTCP di Crotone costituisce un quadro di riferimento fondamentale per la pianificazione territoriale; definisce linee d indirizzo e strategie per il futuro della provincia fondate sul riconoscimento e la valorizzazione delle risorse locali; ha un ruolo essenziale per il coordinamento ed il raccordo delle scelte pianificatorie che, a vari livelli (sovraregionale, regionale, provinciale, e comunale), interessano la provincia di Crotone. Il livello di pianificazione provinciale si pone su una scala intermedia di confronto e raccordo ideale tra la pianificazione sovraregionale e regionale e quella comunale e di dettaglio. Da un lato infatti, il PTCP segue indirizzi e prescrizioni generali derivanti dagli strumenti di programmazione e pianificazione di ordine superiore, dall altro individua le esigenze dei Comuni e degli attori pubblici e privati che operano nella provincia per presentare soluzioni coerenti con le necessità e gli interessi collettivi, attraverso uno schema di scelte organiche di Pianificazione territoriale. Il PTCP si configura come strumento strategico per lo sviluppo sostenibile del territorio, persegue obiettivi di qualità dell ambiente, crescita sociale ed economica, individuando ipotesi di assetto territoriale, organizzate secondo uno scenario di progetto condiviso e congruente per la provincia, contenente un sistema di azioni di piano che si relazionano con gli indirizzi e le prescrizioni già prefigurati dal QTR.Aree classificate PAI e confermate pericolose o a rischio(r2- R1). Il PTCP rappresenta quindi lo strumento di carattere generale su cui si fa grande riferimento per il PFVP. Il PTCP infatti intende perseguire l obiettivo della qualità ambientale attraverso strumenti di tutela e valorizzazione del patrimonio paesaggistico ambientale e culturale (rafforzando tali azioni soprattutto sull ambiente costiero e montano), ponendo la stessa come condizione alla base di ogni trasformazione del territorio e volgendo l attenzione necessaria al recupero e alla riqualificazione del patrimonio compreso nel sistema insediativo e relazionale (con particolare riferimento alle aree degradate o dismesse). Inoltre il PTCP prevede la bonifica dei siti inquinati e la riduzione del livello di inquinamento già registrato in alcune aree del territorio. La Provincia di Crotone comprende un patrimonio ambientale di grande valore riconosciuto, per il quale l Amministrazione ha già individuato una ipotesi di Rete Ecologica che dovrà essere ulteriormente sviluppata nell ambito del PTCP. Ai fini della tutela e della gestione delle aree il PTCP valuterà i beni inclusi nella suddetta Rete non come singole unità ma come sistema. Per quanto riguarda la definizione e gestione dei vincoli, essi saranno considerati in relazione 49

50 al ruolo che i beni stessi assumeranno per il territorio. In questo contesto la valorizzazione dell Area Marina Protetta e la creazione di un Centro di Ricerca di Biologia Marina rientrano non solo nella finalità di ricerca scientifica sulle risorse naturalistiche ma anche sul rafforzamento del concetto stesso di identità mediterranea. Riferimenti di Piani e Programmi pertinenti ARGOMENTI DI PIANIFICAZIONE/PROGRAMMAZIONE Acqua Beni culturali, architettonici, archeologici e paesaggio Cambiamenti climatici Energia Fauna flora e biodiversità Inquinamento atmosferico Popolazione e salute Rifiuti Rumore Suolo sottosuolo e Rischio REGIONALE Piano di tutela per le acque Piano Energetico Ambientale Regionale (PEAR) PIS Rete Ecologica Regionale (POR Calabria ) Piano Regionale Gestione Rifiuti Piano Stralcio di Bacino per l assetto Idrogeologico (PAI) Programma regionale d azione per le zone vulnerabili da nitrati di origine agricola PROVINCIALE Piano ATO n 3 PTCP Preliminare PTCP Preliminare Rete provinciale monitoraggio PTCP Preliminare PTCP Preliminare PTCP Preliminare. Rete provinciale monitoraggio PTCP Preliminare PTCP e Piano Provinciale Gestione Rifiuti PTCP Preliminare. Rete provinciale monitoraggio PTCP Preliminare Servizio provinciale PTCP Preliminare 50

51 3.3 IL SISTEMA DEI VINCOLI PIANO/PROGRAMMA DESCRIZIONE SINTETICA OBIETTIVI D INTERESSE VINCOLI/PRESCRIZIONI Progetto Integrato Strategico Rete Ecologica Regionale IL PIS Rete Ecologica è un progetto complesso finalizzato alla creazione della Rete Ecologica Regionale. Con il PIS Rete Ecologica si è inteso valorizzare e sviluppare gli ambiti territoriali regionali caratterizzati dalla presenza di rilevanti valori naturali e culturali, garantendo al contempo l integrazione tra i processi di tutela ambientale e di sviluppo sociale ed economico. Corrispondenti a quelli del Piano di Gestione dei SIC. Completare il quadro dei siti Natura 2000 Piano regionale dei rifiuti Il Piano Regionale di gestione dei rifiuti, elaborato dall ufficio del Commissario Delegato per l Emergenza Ambientale in Calabria, prevede l organizzazione del sistema integrato di gestione dei rifiuti urbani, individua i fabbisogni e l offerta di smaltimento complessiva oer i rifiuti speciali, effettua una prima indagine sui siti inquinanti o potenzialmente inquinanti da rifiuti urbani, inerti, ingombranti e speciali. - Garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di efficienza ed economicità all interno degli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) coincidenti con le cinque province; - Riduzione qualiquantitativa dei rifiuti; - Conseguimento obiettivi di raccolta differenziata (35% a partire dal 2003) (D.Lgs. n. 22/97); - Abbandono della discarica come sistema di smaltimento e minimizzazione degli impatti degli impianti; - Contenimento dei costi e attivazione di opportunità di lavoro connesse con il sistema di gestione - Stabilisce i criteri per l individuazione di aree idonee e non idonee alla localizzazione di impianti; - Stabilisce la dotazione impiantistica primaria del sistema integrato di gestione dei rifiuti urbani (non ancora completata per mancanza del consenso da parte delle popolazioni) Piano Stralcio di Bacino per L assetto idrogeologico (PAI) Il Piano Stralcio di bacino per l assetto idrogeologico (PAI) persegue le finalità del DL 180/98 (Decreto Sarno) emanato per accelerare quanto già previsto dalla legge organica sulla difesa de suolo n. 183/89. Il Piano è finalizzato alla valutazione del rischio di frana ed alluvione ai quali la Regione Calabria, per la sua specificità territoriale (730 Km di costa), ha aggiunto quello conseguente l erosione costiera. - Perimetrazione delle aree a diverso grado di pericolosità e di rischio, da alluvione e da frana; - Definizione delle misure di salvaguardia e i vincoli all uso del suolo, atti a non incrementare il rischio nelle zone in cui esiste già un pericolo; - Individuazione degli interventi di difesa (strutturali, non strutturali, di manutenzione, ecc.) con relative stime IL PAI ai sensi della legge 365/2000 art.1 comma 5 bis, ha valore sovraordinatorio sulla strumentazione urbanistica locale. Pertanto è necessario recepire nei Piani sotto-ordinati tutte le misure di salvaguardia e i vincoli all uso del suolo, atti a non incrementare il rischio nelle zone in cui esiste già un pericolo. 51

52 3.4 SCHEDE DI SINTESI DEGLI OBIETTIVI DI SOSTENIBILITà AMBIENTALE Nelle tabelle sono riportati lo schema PFVP della provincia di Crotone, distinto in macroobiettivi e obiettivi specifici e gli obiettivi di sostenibilità ambientale. Codice macroobiettivo M.O. Macro - obiettivo Obiettivi in base ai principi della Direttiva 79/409/CEE : Non pregiudicare le azioni di conservazione nell area di distribuzione. Obiettivi in base ai principi della Direttiva 79/409/CEE : Saggia utilizzazione, impatto sulla popolazione,uso degli habitat, gestione della selvaggina, educazione e formazione dei cacciatori. Cod. Strumenti attuazione generale O.S.1 O.S.2 O.S.3 O.S.4 O.S.5 O.S.6 Strumenti Individuazione dei comprensori omogenei Realizzazione cartografia di vocazione agro-forestale potenziale Valutazione della vulnerabilità delle specie presenti all interno dei siti Natura SIC - ZPS derivante dalle attività faunistico-venatorie Pianificazione degli interventi di miglioramento ambientale Pianificazione delle immissioni di fauna selvatica Istituzione dell Osservatorio faunistico-venatorio provinciale Obiettivi ambientali del PFVP Rispetto dei criteri per la gestiione dell attività venatoria con le esigenze delle risorse ambientali e di tutela e conservazione delle specie faunistiche. Tutela e miglioramento degli ambienti della fauna selvatica per il rifugio, la sosta, l alimentazione e la riproduzione. Controllo e gestione delle zone di protezione, ripopolamento e cattura. Limitazioni nell uso di munizioni a piombo. Obiettivi in base ai principi della Direttiva 79/409/CEE : Non pregiudicare le azioni di conservazione nell area di distribuzione. Assicurare una attività venatoria compatibile con il mantenimento delle popolazioni delle specie interessate da azioni di conservazione intraprese nell area di distribuzione di tali specie, evitando che la caccia non sia una minaccia significativa per le azioni di conservazione delle varie specie. 52

53 Rispetto dei criteri per la gestiione dell attività venatoria con le esigenze delle risorse ambientali e di tutela e conservazione delle specie faunistiche. Riduzione della caccia eccessiva lungo la rotta migratoria per non compromettere le azioni di conservazione. Tutela e miglioramento degli ambienti della fauna selvatica per il rifugio, la sosta, l alimentazione e la riproduzione. Controllo e gestione delle zone di protezione, ripopolamento e cattura. Limitazioni nell uso di munizioni a piombo. Obiettivi ambientali del PFVP Rispetto dei criteri per la gestione dell attività venatoria con le esigenze delle risorse ambientali e di tutela e conservazione delle specie faunistiche. Tutela e miglioramento degli ambienti della fauna selvatica per il rifugio, la sosta, l alimentazione e la riproduzione. Controllo e gestione delle zone di protezione, ripopolamento e cattura. Implementazione autoriproduzione selvaggina cacciata. Rispetto dei criteri per la gestione dell attività venatoria con le esigenze delle risorse ambientali e di tutela e conservazione delle specie faunistiche. Tutela e miglioramento degli ambienti della fauna selvatica per il rifugio, la sosta, l alimentazione e la riproduzione. Controllo e gestione delle zone di protezione, ripopolamento e cattura. Implementazione autoriproduzione selvaggina cacciata. Obiettivi in base ai principi della Direttiva 79/409/CEE : Saggia utilizzazione, impatto sulla popolazione,uso degli habitat, gestione della selvaggina, educazione e formazione dei cacciatori. Garantire che il prelievo venatorio non comporti una riduzione della consistenza numerica delle specie cacciabili evitando, in generale, un livello troppo elevato di sfruttamento delle risorse. Proteggere le specie, attraverso l adozione di misure per mantenere o adeguare le popolazioni ad un livello correlato alle esigenze ecologiche, scientifiche e culturali, pur tenendo conto delle esigenze economiche e ricreative. 53

54 Rispetto dei criteri e delle linee guida per la gestione dell attività venatoria compatibile con le risorse ambientali. Tutela delle popolazioni di specie soggette a prelievo venatorio, ed in particolare della fauna autoctona. Miglioramento degli ambienti dove la fauna selvatica possa trovare condizioni per il rifugio la sosta l alimentazione la riproduzione Gestione delle specie Istituzione delle oasi di protezione, delle zone di ripopolamento e cattura. Contenimento delle specie faunistiche alloctone Predisporre validi sistemi di monitoraggio, tali da assicurare una utilizzazione nei livelli sostenibili per le popolazioni selvatiche senza incidere negativamente sul ruolo della specie nell ecosistema. Rispetto dei criteri e delle linee guida per la gestione dell attività venatoria compatibile con le risorse ambientali. Miglioramento degli ambienti dove la fauna selvatica possa trovare condizioni per il rifugio la sosta l alimentazione la riproduzione Gestione delle specie Istituzione delle oasi di protezione e zone di ripopolamento. Limitazioni nell uso di munizioni a piombo. Fruizione sostenibile delle zone umide, impiego di munizioni non tossiche, fissazione di limiti quantitativi alla caccia, creazione di una rete di riserve di caccia ed adeguamento delle stagioni venatorie alle esigenze ambientali. Gestione delle specie Istituzione delle oasi di protezione, Dare possibilità di accesso e di fruizione della delle zone di ripopolamento e cattura. fauna selvatica anche da parte di soggetti Miglioramento degli ambienti dove la fauna selvatica possa trovare condizioni per il rifugio la sosta l alimentazione la riproduzione. Contenimento delle specie faunistiche che causano gravi problemi alle attività antropiche e all agricoltura. diversi dai cacciatori, accesso e fruizione che devono essere gestiti in maniera sostenibile e in modo tale da recare solo benefici. Rispetto dei criteri e delle linee guida per la gestione dell attività venatoria compatibile con le risorse ambientali. Gestione delle specie Istituzione delle oasi di protezione, delle zone di ripopolamento e cattura. Limitazioni nell uso di munizioni a piombo in accordo con le specifiche norme vigenti. Evitare quei disturbi significativi sugli habitat, specie le zone umide, che possano indurre modificazioni comportamentali quali ad esempio l abbandono degli habitat. Rispetto dei criteri e delle linee guida per la gestione dell attività venatoria compatibile con le risorse ambientali. Miglioramento degli ambienti dove la fauna selvatica possa trovare condizioni per il rifugio la sosta l alimentazione la riproduzione Gestione delle specie Istituzione delle oasi di protezione, delle zone di ripopolamento e cattura. Limitazioni nell uso di munizioni a piombo in accordo con le specifiche norme vigenti. Favorire le Buone pratiche di Gestione finalizzate ad assicurare la disponibilità di habitat più adatti, migliori possibilità di alimentazione, nonché una minore predazione e una riduzione delle malattie e del bracconaggio, con conseguente miglioramento delle condizioni di vita di ogni specie. 54

55 Gestione delle specie Istituzione delle oasi di protezione, Favorire piani di gestione diretti al ripristino delle zone di ripopolamento e cattura. Tutela delle popolazioni di specie soggette a prelievo venatorio, ed in particolare della fauna autoctona. dello stato di conservazione delle specie integrati da programmi di monitoraggio in grado di individuare eventuali variazioni dello stato di conservazione. Gestione delle specie Istituzione delle oasi di protezione, Educazione, formazione e sensibilizzazione dei delle zone di ripopolamento e cattura. Rispetto dei criteri e delle linee guida per la gestione dell attività venatoria compatibile con le risorse ambientali cacciatori per promuovere la saggia fruizione. 4. CONTESTO AMBIENTALE E TERRITORIALE DI RIFERIMENTO 4.1 ASPETTI PERTINENTI ALLO STATO DELL AMBIENTE ATTUALE La Provincia di Crotone si estende per ettari, di cui ettari di pianura, ettari di montagna e ettari di collina, distribuiti nei 27 Comuni. Geologia e geomorfologia Dal punto di vista geologico, il territorio della Provincia di Crotone presenta una notevole varietà di tipologie, infatti, dalle rocce di origine granitica dell altopiano della Sila si passa ad un tipo di terreno, quello vicino alla costa, di natura alluvionale con sedimenti argillosi di natura allumino silicatica. Gran parte del territorio e compreso nel Bacino Crotonese costituito da una vasta estensione di depositi che si estendono verso est fino al mare Ionio, separati dal massiccio della Sila, ad ovest da una scalinata di faglie normali ad andamento circa N-S; il Bacino Crotonese e diviso in due grandi porzioni dall elemento trascorrente E-O di S. Nicola dell Alto. Nella porzionesettentrionale affiorano, trasgressivi sul substrato metamorfico, depositi terrigeni di età serravalliano tortoniana (Ogniben, 1955 e 1962), cui si intercalano estese coltri gravitative,costituite sia da litotipi del substrato cristallino (p.es. olistolite di S.Nicola dell Alto) che da faldead affinita liguride. Rete idrografica e qualità delle acque Dal punto di vista delle risorse idriche, il contesto territoriale e caratterizzato dalla presenza di due importanti corsi d acqua, i fiumi Neto e Tacina, ai cui bacini idrografici si aggiungono quelli dei loro affluenti e di altri torrenti minori. Ad esclusione del Neto, tutti gli altri fiumi hanno un carattere torrentizio con piene e secche che si alternano in funzione delle stagioni. A tal proposito va precisato che, malgrado lo sviluppo poco significativo dei suddetti torrenti, essi 55

56 presentano alvei abbastanza ampi dovuti alle piene che si verificano durante le stagioni delle piogge. Sisegnala la presenza nella provincia di Crotone di due laghi che sono il S.Anna e l Ampollino. IDROGRAFIA della Provincia di Crotone Delle risorse idriche fanno anche parte, oltre alle sorgenti dei principali torrenti succitati, le acquesulfuree ricadenti nei comuni di Pallagorio, S. Nicola dell Alto, Casabona, Caccuri, Cotronei e Petilia Policastro (dal preliminare al PTCP, 2007). I principali laghi individuati sono due: il lago Ampollino e il lago di S. Anna. La storia del lago Ampollino e legata agli anni del primo dopoguerra infatti a partire dal 1920, in Sila, sono stati creati dei laghi artificiali che si sono perfettamente integrati nel contesto ambientale circostante. Nati per lo sfruttamento idroelettrico dei corsi d'acqua silani, questi invasi, hanno finito per acquisire una notevole valenza paesaggistica dando un identita specifica al territorio. Il lago Ampollino, nato nel 1926, raccoglie le acque del fiume omonimo, e circondato dai monti Scorciavuoi, Gariglione, Zingomarro e Monte Nero. Il versante sud ricade nel territorio comunale di Cotronei ed e proprio in questa parte che sono nati importanti villaggi turistici cometrepido e Palumbosila. Lo sbarramento che ha originato il lago e una diga posizionata all estremita est alta circa 39 metri e si trova a metri s.l.m. e puo raccogliere circa 68 milioni di mc d'acqua. Il lago di S. Anna, che ricade ai margini tra il territorio di Cutro e quello di Isola Capo Rizzuto, si configura come un modesto invaso di origine lacustre situato sul limite nord del pianoro di S. Anna Rosito. Dopo la riforma agraria per risolvere i problemi derivanti dalla siccita durante le stagioni estive sono stati realizzati un gran numero di laghi e invasi artificiali collegati a un complesso sistema irriguo di canali per permettere un utilizzo dei terreni piu aridi a fini agricoli, fra questi vi e appunto il lago di S. Anna che negli ultimi decenni e stato oggetto di importanti lavori di manutenzione finalizzati ad un suo potenziamento per la pratica agricola dei terreni delbasso Marchesato. La parte piu consistente delle risorse idriche della provincia e costituita da fiumi, torrenti e sorgenti. Tolto il Neto tutti gli altri fiumi hanno un carattere pressoche torrentizio con piene e secche che si alternano in funzione delle stagioni. Idrografia di superficie Torrente Lipuda. Posto nella parte piu settentrionale della Provincia di Crotone, il Torrente Lipuda ricade anche nella ZPS Marchesato Fiume Neto nel tratto iniziale del suo bacino idrografico. Si origina tra il Monte Mazzagullo (696 m s.l.m.) e il Cozzo Perticara (709 m s.l.m.), costeggia il comune di Umbriatico e sfocia a 2 Km a sud di Ciro Marina.Fiume Neto. Il fiume Neto ha origine dalle falde del Timpone Sorbello (1850 m s.l.m.) in provincia di Cosenza; ha una lunghezza di circa 90 Km, con una portata media misurata alla foce di 15 mc/s ed una pendenza media del 3%. Secondo fiume della Calabria dopo il Crati, il suo bacino idrografico, con un ampiezza complessiva di 1078 Km2, e pero il piu vasto della regione. 56

57 Lungo il suo percorso riceve le acque di diversi tributari, due dei quali, il Vitravo e il Lese. Le sue acque vengono intensivamente sfruttate a scopi irrigui e per la produzione di energia elettrica. Sfocia nel Mar Ionio tra i comuni di Strongoli (loc. Fasana) e Crotone (loc. Cannonieri). L ultimo tratto della su asta fluviale, un tempo linea di confine tra i due comuni, ricade attualmente nel solo comune capoluogo. Vengono di seguito riportate le caratteristiche altimetriche e di superficie del bacino e dei sottobacini del Neto. Caratteristiche del bacino e sottobacini del fiume Neto Fiume Tacina Ha origine dal Timpone Morello (1665 m s.l.m.) nella provincia di Catanzaro. Lungo 65 Km, con un bacino idrografico complessivo di 426 Km2, e il secondo fiume della provincia di Crotone. Riceve le acque dei due principali affluenti, il torrente Soleo e il torrente S.Antonio. Sfocia nel Golfo di Squillace in localita Steccato di Cutro, 2 Km a est dell abitato di Botricello. Nel suo tratto montano, il Tacina presenta pesanti interventi di derivazioni delle sue acque, destinate alla produzione di energia elettrica nelle centrali di Orichella, Timpa Grande e Calusia. Ulteriori derivazioni, nel settore pedemontano-vallivo, hanno ridotto gravemente le portate del Tacina e del Soleo, con gravi ripercussioni ambientali e di natura igienico-sanitaria. Vengono di seguito riportate le caratteristiche altimetriche e di superficie del bacino e dei sottobacini del Tacina. Caratteristiche bacino e sottobacini del fiume Tacina Studi condotti nel 2002 da un equipe di ricercatori universitari (Gallo et al., 2003) hanno messo in evidenza significative correlazioni tra lo stato delle comunita macrobentoniche fluviali e lo sfruttamento antropico dei principali bacini idrografici della provincia di Crotone. Questi ultimi si caratterizzano (come risultato dai sopralluoghi eseguiti in loco) per la presenza di aree ad elevata naturalità nelle zone montane, e di attività umane a potenziale impatto sull ambiente in quelle vallive. Tra queste vanno menzionate l escavazione degli alvei per l estrazione di inerti e l utilizzo agricolo del territorio. Lo studio ha previsto prelievi faunistici in 22 stazioni scelte sui fiumi Neto e Tacina e sugli affluentilese, Vitravo e Ampollino del primo e Soleo e S. Antonio del secondo. Si e proceduto, quindi, al calcolo dell Indice Biotico Esteso (I.B.E.) ed alla valutazione della struttura trofico-funzionale,della ricchezza e dell abbondanza dei taxa presenti. Tralasciando il dettaglio dei dati strettamente biologici, vengono di seguito riportati i risultati del suddetto studio, con particolare riferimento agli effetti dell azione antropica sulla fauna campionata nel periodo V-VI e X-XI Neto e suoi affluenti (escluso Ampollino) Nel primo campionamento il fiume Neto presenta una chiara compromissione monte-valle della qualita biologica delle sue acque. La stazione piu a monte mostra un elevato valore di naturalità (I.B.E.) mentre, tra quelle piu a valle, le ultime tre appaiono pesantemente impattate dai reflui associati all attività di silos, cementifici ed industrie agroalimentari. Ciò e 57

58 testimoniato dalla massiccia presenza di microrganismi associati a condizioni di degrado ambientale. In questa stesse stazioni, nel secondo campionamento, realizzato dopo un periodo a moderata piovosità, aumentano gli organismi filtratori, anch essi indicatori di una certa compromissione, tra cui alcune specie resistenti all inquinamento organico. Il fiume Vitravo, ad eccezione della prima stazione, mostra gravissimi segni di alterazione riconducibili a processi di deviazione del corso e di captazione delle acque a scopo irriguo che determinano un regime idrologico inferiore a quello del Deflusso Minimo Vitale. Il protrarsi di tale condizione fino al mese di novembre genera effetti di anaerobiosi che di fatto riduce la comunità macrobentonica a pochissimi organismi estremamente tolleranti. Situazione simile a quella del Neto si presenta per il fiume Lese, con aumento verso valle di organismi associati a condizioni di degrado e inquinamento delle acque. Tacina e suoi affluenti Per quanto riguarda il fiume Tacina, la stazione di monte, collocata a valle di una diga, appare chiaramente risentire dell attivita di quest ultima in termini, ad esempio,di alterazione del chimismo delle acque da essa rilasciate. Piu a valle si notano effetti riconducibili alla riduzione della portata, per captazione di acqua ad uso potabile ed irriguo e per attività agricole ed industriali. Ad esempio, nella terza stazione, in autunno, si trovano abbondanti organismi associati a condizioni di inquinamento organico e tracce di un deposito oleaginoso probabilmente dovuto allo sversamento di un frantoio a monte. I fiumi Soleo e S. Antonio, nel tratto superiore, presentano condizioni di elevata integrità ambientale, testimoniata dalla presenza di una comunità macrobentonica caratterizzata da numerosi organismi utilizzatori della lettiera vegetale. Nei tratti inferiori si nota lo sviluppo di una moderata alterazione associabile alle attività agricole ivi esercitate oltre che, nel caso del S. Antonio, a lavori di regimentazione idraulica. Nel complesso, tanto il Neto quanto il Tacina, mostrano palesi segni di alterazione delle comunita macrobentoniche. Tra i sottobacini quello del Vitravo risulta il piu compromesso per lesistematiche e macroscopiche captazioni a scopo irriguo. 58

59 Sistemi e mezzi di controllo ambientale- La rete provinciale di rilevamento della qualità dell aria L'ufficio ambiente della Provincia di Crotone ha adottato un sistema integrato per il monitoraggio e la prevenzione dell'inquinamento atmosferico, messo a punto da Philips Automation. L'obiettivo principale di questo progetto di monitoraggio è quello di fornire un valido supporto alla gestione del fenomeno, ormai sempre più diffuso, dell'inquinamento dell'aria. La rete di rilevamento della qualità dell'aria della Provincia di Crotone è attualmente composta da due stazioni di monitoraggio: una stazione mobile che controlla attualmente la qualità dell'aria a Crotone (da gennaio 1998); una stazione fissa posta a Caccuri (da maggio 1999); Operativamente le due stazioni sono seguite dai tecnici della Provincia di Crotone e della Project Automation (PHILIPS AUTOMATION) per manutenzioni e calibrazioni. Le 2 stazioni di rilevamento sono attrezzate per il rilievo dei principali inquinanti e di alcuni parametri meteorologici e sono dotate di un sistema periferico di acquisizione e gestione. Lo svolgimento delle funzioni applicative è supportato da un pacchetto software. Le strutture hardware e software del sistema rispettano le prescrizioni dettate dalle normative italiane vigenti in materia (DM 20/05/ Allegato I - Criteri per la realizzazione di sistemi di rilevamento dei dati di qualità dell'aria - punto Sistema di acquisizione elaborazione e gestione delle apparecchiature). Tutti gli strumenti sono certificati ed approvati da EPA-US (United States Environmental Protection Agency). Il sistema di rilevamento dei parametri meteorologici prevede la misurazione della velocità del vento (tacoanemometro), della sua direzione (gonianemometro), temperatura dell'aria e umidità relativa, precipitazioni (pluviometro), radiazioni solari (radiometro). Gli analizzatori, oltre quelli metereologici. Il sistema di rilevamento degli agenti inquinanti prevede la misurazione di: Particolato Sospeso PM10, sulla base del principio di misura radiometrico; Ozono (O 3 ), si tratta di un'analisi spettrofotometrica; Monossido di Carbonio (CO), sulla base dell'assorbimento di radiazioni IR; Ossidi di Azoto (NO, NO 2, NO x ), attraverso analisi fotometrica. 59

60 : Influenze sul CLIMA: In funzione della concentrazione di ozono, si ha anche un effetto serra : la radiazione infrarossa che viene dispersa dalla superficie della terra rimane in parte bloccata dall ozono troposferico, e pertanto contribuisce all innalzamento della temperatura, accentuando gli effetti legati all anidride carbonica. Influenza sulla VEGETAZIONE e sui MATERIALI : Le piante hanno danni al proprio metabolismo per concentrazioni anche dell ordine del centinaio di µg/m 3 per esposizioni di poche ore, in particolare per il tabacco ed il carciofo. L apparato fogliare può ricoprirsi di una moltitudine di aree necrotiche tondeggianti di piccola dimensione, limitando così la possibilità di fotosintesi più o meno gravemente. Tale sensibilità è utilizzata nei sistemi di rilevazione dell ozono tramite i bioindicatori. Anche alcuni materiali, in particolare le gomme, le plastiche, le vernici e prodotti tessili, subiscono importanti danni per esposizione nel tempo. Influenza sulla SALUTE : Si tratta di un gas che è tossico che riesce a raggiungere in profondità l apparato respiratorio. Gli studi condotti dimostrano danni specifici ai polmoni ed alla gola. Si sono rilevate anche irritazioni agli occhi per causa dei composti ossociati alla produzione di ozono (aldeidi, PAN, ). Si riporta di seguito una tabella di fonte W.H.O. (1990), sugli effetti sulla salute in base a varie concentrazioni di ozono: Conc. OZONO ( g/ m 3 ) < > 400 Irritazione occhi, naso, gola Nessun effetto Alcuni soggetti sensibili < 30% popolazione > 50% popolazione Diminuzione F.E.V. all aperto Tutti 10% più sensibile Risposta infiammatoria o broncocostrizione per attività all aperto Sintomi respiratori Entità disturbi Nessuno Nessuno Nessuna Nessuno % 10% lieve 15% 30% Moderata 25% 50% Grave Oppressione toracica, tosse Aumento sintomi Ulteriore aumento sintomi Lievi Moderati Gravi 60

61 FORMAZIONE ED INFLUENZA DELLE POLVERI In funzione dell importanza delle concentrazioni di polveri che in Caccuri si sono rilevate rispetto ad altri inquinanti aeriformi, si dedica la seguente appendice. Si tratta di materie solide o liquide finemente disperse nell aria, anche con diametri inferiori a 10 micron ( PM 10 ). La composizione di tali particelle può essere di vario genere, ovviamente in indipendenza della causa che li produce e cioè naturale, industriale, riscaldamento urbano, traffico veicolare. e, pertanto il grado di tossicità può essere estremamente variabile. Gli effetti dannosi sono riscontrabili su: CLIMA In funzione della densità della massa dispersa nell atmosfera e dell aggiunta di condensazione acquosa sul supporto particellare, possono determinarsi ostruzioni più o meno o meno consistenti della radiazione solare. VEGETAZIONE Il fogliame è uno degli apparati più colpiti per via della possibilità delle polveri di depositarsi e di aggregarsi e persino cementarsi sulle superfici esposte. In tali situazioni, oltre alle eventuali caratteristiche di tossicità intrinseche nella materia, il danno può verificarsi facilmente per inibizione della funzione di fotosintesi clorofilliana. COSE Anche qui le superfici esposte sono soggette a subire il deposito, per gravità, delle particelle di polveri disperse nell atmosfera. L effetto immediato percepibile è quello dello sporcamente, con evidenti danni di carattere estetico. Il danno può interessare anche la resistenza ed integrità dei materiali, in funzione dell umidità e dell aggressività degli elementi di composizione delle polveri. OZONO (O 3 ) Si ha un chiaro andamento a campana che raggiunge il culmine nei mesi più caldi, quando più elevata è la radiazione solare; è evidente che l ozono si forma per influenza diretta del sole sull ossigeno e cresce più o meno repentinamente, nella bassa atmosfera, a causa delle combustioni metereologiche. A industriali ed urbane e degli apporti stratosferici in particolari condizioni differenza della stratificazione nell alta atmosfera, che funge da barriera ai raggi ultravioletti, l effetto dell ozono in troposfera può risultare dannoso alle persone, alla vegetazione e alle cose in base alle concentrazioni che si raggiungono sulla base dell inquinamento fotochimico. Le medie giornaliere raramente hanno riscontrato superamenti del livello di attenzione, con valori oltre 180 µg/m³ per qualche media oraria di particolari giornate estive. 61

62 MONOSSIDO DI CARBONIO (CO) La rilevazione strumentale fornisce valori di media oraria e giornaliera normalmente molto inferiore ai livelli di attenzione, ad eccezione di alcuni picchi sporadici per i quali si cui può ipotizzare un momentaneo disturbo dovuto alla momentanea presenza di elevata concentrazione di autoveicoli in prossimità della stazione. Appena percettibile (considerato i bassi livelli di CO) è l effetto di addensamento al suolo in corrispondenza dei valori più alti dell umidità. Complessivamente, comprendendo anche l effetto di trascinamento dell umidità dell aria, la rilevazione strumentale non trova significative differenze dell andamento di CO nel raffronto nel corso degli anni. OSSIDI DI AZOTO ( NO X NO NO 2 ) I valori medi sono sempre al di sotto dei livelli di attenzione e mostrano maggiori concentrazioni proprio dove l umidità è alta, acuendo il problema del trascinamento al suolo di inquinanti che trovano difficoltà a disperdersi nell atmosfera. Nell elaborazione grafica delle medie giornaliere gli ossidi di azoto, se messi in correlazione con l umidità relativa, evidenziare anche l influenza dell umidità sulle concentrazioni dell inquinante a basse quote. POLVERI Da questi rischi non sono indenni neppure ambienti urbani con pregevole collocazione ambientale quando, ad esempio,c è forte uso di camini per riscaldamento. Per tali motivi è stata posta una cabina di monitoraggio delle polveri (in particolare PM 10), nel centro abitato di Caccuri e sono stati rilevati valori istantanei e medie orarie e giornaliere per periodi di osservazione annuali. Nelle giornate più fredde ed umide si sono verificate alcune concentrazioni sporadiche tenute in attenzione. In rapporto ai valori guida del D.P.R. 203/88 (40 60 µgr/mc), si rileva che il giorno tipo non raggiunge tali valori ma si avvicina in prossimità delle ore 10 e 20. PARAMETRI METEREOLOGICI Temperatura umidità: i grafici mostrano le medie giornaliere per ogni anno dal Sui grafici è possibile notare una tendenza ad anticipare ai mesi primaverili temperature vicine alle medie estive; questo si può verificare dal raffronto degli elaborati grafici, man mano che si va avanti nell osservazione. PIOGGIA : Sono stati costruiti istogrammi che si riferiscono alle altezze di pioggia (in millimetri) caduta nei giorni a partire dell anno 1998, sino al Il quadro, pur coprendo intervalli dell ordine del decennio, fornisce un andamento ben distinto e facilmente confrontabile, mettendo in risalto le caratteristiche della piovosità che in Crotone tendono ad essere più variabili e violente. Tale scenario fa pensare a condizioni climatiche che cambiano verso situazioni di paesi di diverse latitudini. 62

63 Tale regime di precipitazioni dà luogo a magre persistenti dei corsi d'acqua culminanti nell'annullarsi, o quasi, dei deflussi fino all autunno inoltrato, allorché a seguito delle piogge, talvolta di eccezionale intensità e, per effetto dei bassi tempi di corrivazione propri dei bacini, i deflussi accrescono notevolmente dando luogo a piene improvvise e violente. Il fenomeno si è rafforzato in questi anni per le concomitanti azioni antropiche di disboscamento su terreni prettamente argillosi o rocciosi. Gli elaborati grafici, appresso riportati, sono il risultato del monitoraggio ultradecennale effettuato dalla Provincia di Crotone. Questa situazione trova collegamento con i dati della temperatura monitorata anch essa nel sopradetto periodo, ed accentua la tendenza del clima verso tipicità di paesi più a sud. Difatti il grafico delle medie orari, negli ultimi dieci anni di monitoraggio provinciale, qui allegato, mostra chiaramente una progressiva crescita uni). Tutto ciò acuisce la problematica della regimentazione del sistema idrico superficiale di questo territorio provinciale. Dal punto di vista idrografico nel territorio dell Ambito sono presenti pochi fiumi di consistente portata e numerosi torrenti in gran parte tributari dei due corsi d acqua maggiori, il Fiume Neto e il Fiume Tacina. Il Fiume Neto, con un bacino di kmq ed una lunghezza di 85 km. è il corso d acqua più significativo, la cui portata risente però dei molti utilizzi sia per usi idroelettrici ( invasi artificiali dei laghi Ampollino ed Arvo) che per usi irrigui, produttivi (zona industriale) e idropotabili (approvvigionamento di Crotone e di altri comuni diverse latitudini. 63

64 Valori giornalieri Rete Rete di Crotone Valori dal giorno 01/01/1998 Al giorno 30/06/2009 Valori Assoluti Percentuali 64

65 Valori giornalieri Rete Rete di Crotone Valori dal giorno 01/01/1998 Al giorno 30/06/2009 Valori Assoluti Percentuali 65

66 Valori giornalieri Rete Rete di Crotone Valori dal giorno 01/01/1998 Al giorno 30/06/2009 Valori Assoluti Percentuali 66

67 Valori giornalieri Rete Rete di Crotone Valori dal giorno 01/01/1998 Al giorno 30/06/2009 Valori Assoluti Percentuali 67

68 Rosa dei Venti Rete Rete di Crotone - Stazione Unità Mobile Valori dal giorno 01/01/1998 Al giorno 31/05/

69 Il Clima Il notevole dislivello che caratterizza il territorio della Provincia determina una certa zonazione del clima, tipicamente mediterraneo nella fascia costiera e collinare, che diventa generalmente più umido al di sopra dei m di altezza; la piovosità del territorio provinciale e distribuita omogeneamente nei mesi autunnali ed invernali, con massimi di precipitazione che raggiungono i mm annui nel piano montano e che decrescono drasticamente a 788 mm annui nella fascia costiera. La temperatura media annua varia tra i 10 C ed i 12 C sull altopiano silano ed aumenta sino ad oltre16 Cnella fascia costiera. Per la caratterizzazione climatica e bioclimatica del territorio studiato, sono stati utilizzati i dati di stazioni meteorologiche e rilevamento inquinamento atmosferico ricadenti nel territorio. 4.2 IL SISEMA DEI VINCOLI - Aree tutelate e loro caratteristiche. Qui di seguito si riporta una elencazione tabellata sui vincoli di pertinenza ed inoltre rappresentazioni cartografiche, anche con rilevazioni eseguite da strutture e personale provinciale. 69

70 PIANO/PROGRAMMA DESCRIZIONE SINTETICA OBIETTIVI D INTERESSE VINCOLI/PRESCRIZIONI Progetto Integrato Strategico Rete Ecologica Regionale IL PIS Rete Ecologica è un progetto complesso finalizzato alla creazione della Rete Ecologica Regionale. Con il PIS Rete Ecologica si è inteso valorizzare e sviluppare gli ambiti territoriali regionali caratterizzati dalla presenza di rilevanti valori naturali e culturali, garantendo al contempo l integrazione tra i processi di tutela ambientale e di sviluppo sociale ed economico. Corrispondenti a quelli del Piano di Gestione dei SIC. Completare il quadro dei siti Natura 2000 Piano regionale dei rifiuti Il Piano Regionale di gestione dei rifiuti, elaborato dall ufficio del Commissario Delegato per l Emergenza Ambientale in Calabria, prevede l organizzazione del sistema integrato di gestione dei rifiuti urbani, individua i fabbisogni e l offerta di smaltimento complessiva oer i rifiuti speciali, effettua una prima indagine sui siti inquinanti o potenzialmente inquinanti da rifiuti urbani, inerti, ingombranti e speciali. - Garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di efficienza ed economicità all interno degli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) coincidenti con le cinque province; - Riduzione qualiquantitativa dei rifiuti; - Conseguimento obiettivi di raccolta differenziata (35% a partire dal 2003) (D.Lgs. n. 22/97); - Abbandono della discarica come sistema di smaltimento e minimizzazione degli impatti degli impianti; - Contenimento dei costi e attivazione di opportunità di lavoro connesse con il sistema di gestione - Stabilisce i criteri per l individuazione di aree idonee e non idonee alla localizzazione di impianti; - Stabilisce la dotazione impiantistica primaria del sistema integrato di gestione dei rifiuti urbani (non ancora completata per mancanza del consenso da parte delle popolazioni) Piano Stralcio di Bacino per L assetto idrogeologico (PAI) Il Piano Stralcio di bacino per l assetto idrogeologico (PAI) persegue le finalità del DL 180/98 (Decreto Sarno) emanato per accelerare quanto già previsto dalla legge organica sulla difesa de suolo n. 183/89. Il Piano è finalizzato alla valutazione del rischio di frana ed alluvione ai quali la Regione Calabria, per la sua specificità territoriale (730 Km di costa), ha aggiunto quello conseguente l erosione costiera. - Perimetrazione delle aree a diverso grado di pericolosità e di rischio, da alluvione e da frana; - Definizione delle misure di salvaguardia e i vincoli all uso del suolo, atti a non incrementare il rischio nelle zone in cui esiste già un pericolo; - Individuazione degli interventi di difesa (strutturali, non strutturali, di manutenzione, ecc.) con relative stime IL PAI ai sensi della legge 365/2000 art.1 comma 5 bis, ha valore sovraordinatorio sulla strumentazione urbanistica locale. Pertanto è necessario recepire nei Piani sotto-ordinati tutte le misure di salvaguardia e i vincoli all uso del suolo, atti a non incrementare il rischio nelle zone in cui esiste già un pericolo. 70

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72 TERRITORIO PROVINCIALE, SULLA BASE DEL PAI E RILEVAZIONI PROVINCIALI ELABORAZIONE DELLO STATO DI RISCHIO IDRO GEOLOGICO DELL INTERO 72

73 Nell ambito della pianificazione alla scala provinciale il Piano di Assetto idrogeologico rappresenta oltre che uno strumento di riferimento obbligatorio, con il quale le scelte urbanistiche devono essere coerenti, anche un punto di partenza fondamentale nel censimento dei fenomeni di rischio idrogeologico sia per ciò che concerne il rischio frana che per ciò che riguarda il rischio inondazione ed erosione costiera. Lo strumento PAI norma le aree a rischio anche e soprattutto sotto l aspetto dell utilizzo ai fini edificatori; risulta ovvio, vista la natura di Piano sovraordinato, che le scelte operate in sede di pianificazione urbanistica devono essere operate in accordo e coerentemente con i vincoli imposti dal PAI. Tuttavia in accordo con quanto riportato nelle Norme Tecniche del PAI e nelle Linee Guida dello stesso Piano, tutte le informazioni contenute nel PAI devono essere adeguatamente verificate e confermate prima di divenire elemento discriminante per le scelte di pianificazione. Tutele, divieti e vigilanza per le Aree Protette PARCO NAZIONALE DELLA SILA ISTITUZIONE Il Parco Nazionale della Sila viene istituito con Decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre Esso comprende due aree denominate Sila Grande e Sila Piccola che precedentemente costituivano il Parco Nazionale della Calabria che cessa di esistere. Contestualmente viene istituito anche l Ente Parco Nazionale della Sila che ha personalità di diritto pubblico ed è sottoposto alla vigilanza del Ministero dell Ambiente e del Territorio, al quale si applicano le disposizioni di cui alla legge 20 marzo La perimetrazione del Parco, riportata in scala 1: è allegata al suddetto Decreto ed è stata depositata presso il Ministero dell Ambiente e del Territorio, presso la Regione Calabria e presso la sede dell Ente Paro Nazionale della Sila. STORIA Il Parco Nazionale della Sila, anche se di recente istituzione, ha una storia molto lunga alle spalle strettamente legata a quella del Parco Nazionale della Calabria istituito con Legge n 503 del 02\04\1968 con lo scopo di conservare interessanti caratteristiche ambientali di alcuni territori calabresi particolarmente significativi e di soddisfare la funzione di educazione alla natura. Tuttavia ci furono molte perplessità a riguardo sia da parte di tecnici che da parte di ambientalisti. Il parco che nasceva, infatti, sarebbe stato il risultato di diverse aree di interesse naturalistico sparse nel 73

74 territorio della Regione Calabria e distanti fra di loro anche centinaia di chilometri senza una vera e propria perimetrazione. La perimetrazione definitiva del Parco Nazionale della Calabria avvenne solo dieci anni dopo ed individuava tre distinte aree protette: la Sila Grande in provincia di Cosenza, con una estensione di ettari; la Sila Piccola in provincia di Catanzaro, con una estensione di ettari; e l Aspromonte in provincia di Reggio Calabria, con una estensione di ettari. Dopo la legge quadro sui parchi n 394\91 l Aspromonte è divenuto parco a sé. Si è avviato così il procedimento che ha portato alla nascita del Parco Nazionale della Sila con un area che si estende nei comuni di Cosenza, Catanzaro e Crotone. Divieti generali Su tutto il territorio del Parco nazionale della Sila sono vietate le seguenti attività: la cattura, l'uccisione, il danneggiamento ed il disturbo delle specie animali ad eccezione di quanto eseguito per fini di ricerca e di studio previa autorizzazione dell'ente parco, salvo gli eventuali abbattimenti selettivi o prelievi faunistici necessari per ricomporre equilibri ecologici compromessi, accertati dall'ente parco ai sensi dell'art. 11, comma 4 della legge 6 dicembre 1991, n 394; la raccolta e il danneggiamento della flora spontanea, salvo nei territori in cui sono consentite le attività agro silvo pastorali e nel rispetto delle normativa degli usi civici locali; e' fatta salva la raccolta di funghi, come disciplinata da specifica normativa regionale; l'introduzione in ambiente naturale non recintato di specie vegetali o specie animali estranee alla flora e alla fauna autoctona, fatte salve le foraggere ed altre specie vegetali impiegate nelle coltivazioni agrarie e le specie animali in transumanza; il prelievo di materiali di rilevante interesse geologico e paleontologico, ad eccezione di quello eseguito per fini di ricerca e di studio previa autorizzazione dell'ente parco; l'apertura e l'esercizio di cave, di miniere e di discariche, l'asportazione di minerali; le cave e/o le miniere in coltivazione e regolarmente autorizzate potranno restare in esercizio fino ad'esaurimento delle autorizzazioni attraverso specifici piani di coltivazione, dismissione e recupero autorizzati dall'ente parco; l'introduzione da parte di privati, di armi, di esplosivi, e di qualsiasi mezzo distruttivo o di cattura, se non autorizzata, fatto salvo quanto previsto dall'art. 21, comma 1, lettera g), della legge 11 febbraio 1992, n. 157; il campeggio, al di fuori delle aree destinate a tale scopo ed appositamente attrezzate, ad eccezione del campeggio temporaneo autorizzato; il sorvolo non autorizzato dalle competenti autorità, secondo quanto espressamente definito dalle leggi sulla disciplina del volo; il transito di mezzi motorizzati fuori dalle strade statali, provinciali, comunali, vicinali gravate da servitù, fatta eccezione per i mezzi di servizio e per i mezzi accessori all'eserc izio delle attività agrosilvo-pastorali; 74

75 lo svolgimento di attività pubblicitarie al di fuori dei centri urbani, non autorizzate dall'ente Parco. Regime attuativo generale 1. l'adozione dei nuovi strumenti urbanistici generali e loro varianti generali e parziali per la parte ricadente nell'area del parco deve essere preceduta da intesa col soggetto gestore del parco. 2. le attività silvo colturali, comprese quelle interessanti demani statali, regionali e comunali, sono autorizzate dall'autorità territoriale competente, secondo quanto specificato dalla delibera della giunta regionale n del 18 settembre 1989; 3. tutti gli interventi e le opere da realizzare nelle aree proposte e/o designate ai sensi delle direttive comunitarie 92/43/CEE e 79/409/CEE sono sottoposti alla necessaria valutazione di incidenza ai sensi dell'art. 5 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357; Modalità di richiesta di autorizzazioni L'eventuale rilascio di autorizzazioni da parte dell'organismo di gestione, per quanto disposto dai precedenti articoli 6, 7 e 8, e' subordinato al rispetto, da parte del richiedente, delle seguenti condizioni: gli elaborati tecnici relativi alle istanze prodotte dovranno essere corredati di tutte le autorizzazioni, i nulla-osta, i pareri, comprese le eventuali prescrizioni, da parte degli Enti istituzionalmente competenti per territorio secondo quanto richiesto alla normativa vigente; l'autorizzazione e' rilasciata entro sessanta giorni dalla ricezione della documentazione richiesta, completa in ogni sua parte; tale termine potrà essere prorogato, per una sola volta, di trenta giorni per necessità di istruttoria. Vigilanza e sorveglianza La vigilanza sulla gestione del Parco nazionale della Sila e' esercitata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. La sorveglianza del territorio di cui all'art. 1 e' affidata al Corpo forestale dello Stato, nei modi previsti dall'art. 21 della legge 6 dicembre. 1991, n. 394, e all'arma dei carabinieri ed alle altre Forze di polizia i cui appartenenti rivestano la qualifica di agente o di ufficiale di polizia giudiziaria, ai sensi del codice di procedura penale. Le eventuali esigenze di potenziamento della sorveglianza potranno essere esercitate mediante l'utilizzo di personale dell'ente parco nei modi di cui al comma 2 dell'art. 21 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, nonché attraverso operatori di eventuali servizi di polizia ecologica dell'ente Parco. 75

76 DISCIPLINA DI TUTELA DEL PARCO NAZIONALE DELLA SILA Zonizzazione Il Parco Nazionale della Sila, così come delimitato nella cartografia in scala 1:50000 allegata al D.P.R. 14\09\2002 è suddiviso nelle seguenti zone: Zona 1 di rilevante interesse naturalistico e paesaggistico con inesistente o limitato grado di antropizzazione Zona 2 di rilevante interesse naturalistico, paesaggistico con maggior grado di antropizzazione e di presenza di attività agro silvo pastorali. Tutela e promozione dello sviluppo sostenibile Nell abito del territorio del Parco Nazionale della Sila sono assicurate - la conservazione di specie animali o vegetali, di associazioni vegetali o forestali, di formazioni geologiche, di singolarità paleontologiche, di comunità biologiche, di biotipi, di processi naturali, di equilibri ecologici; - l applicazione di metodi di gestione del territorio, idonei a realizzare una integrazione fra uomo e ambiente mediante il mantenimento e lo sviluppo della attività agro silvo pastorali tradizionali; - l'applicazione di metodi di gestione del territorio, idonei a realizzare una integrazione tra uomo e ambiente mediante il mantenimento e lo sviluppo delle attività agro-silvo-pastorali tradizionali; - la promozione e lo sviluppo dell'agricoltura biologica attraverso opportune forme di incentivazione per la riconversione delle colture esistenti. A tale fine, entro sessanta giorni dalla nomina degli organi del parco, il consiglio direttivo appronterà un piano di riconversione delle colture esistenti a colture biologiche, con la previsione dei relativi fabbisogni finanziari, da sottoporre all'esame della Regione Calabria nel quadro dei finanziamenti compresi nel Quadro comunitario di sostegno 2000/2006; - la conservazione del bosco e la gestione delle risorse forestali attraverso interventi che non modifichino il paesaggio e le caratteristiche fondamentali dell'ecosistema; - la promozione di attività di educazione, di formazione e di ricerca scientifica anche interdisciplinare nonché di attività ricreative compatibili; - la difesa e la ricostituzione degli equilibri idraulici ed idrogeologici; - la sperimentazione e valorizzazione delle attività produttive compatibili. 76

77 IL TERRITORIO Il Parco Nazionale della Sila ha una estensione di circa ettari, ricadente in 21 comuni, 5 comunità montane e 3 province. Nella provincia di Crotone ricadono 9085,10 ettari. La Sila è costituita da un grosso massiccio granitico cristallino di natura piuttosto variabile. Di rado si tratta di veri e propri graniti; quasi sempre sono granodioriti, dioriti quarziferi con filoni di pegmatite. Confina a nord con la pianura di Sibari, a ovest con la valle del Crati, mentre a est e a sud degrada lentamente verso il mare Ionio. La morfologia si presenta con forme moderate e rotondeggianti, i cui rilievi più importanti come Monte Altare (1.651 m.), Monte Scuro (1.650 m.), Monte Pettinascura (1.685 m.), Monte Botte Donato (1.929 m.), Monte Nero (1.880 m.), Monte Gariglione (1.750 m.), fanno da contorno ai tre laghi artificiali Ampollino, Arvo e Cecita. I tre laghi furono realizzati fra il 1920 ed il 1950 per la produzione di energia idroelettrica. Ed oggi costituiscono un punto di forza del paesaggio con gli innumerevoli scenari che offrono durante il trascorrere delle stagioni. Numerosi, inoltre, sono i corsi d'acqua che attraversano il parco e che costituiscono una fonte di importanza enorme per la vita nel parco. Tra i più importanti citiamo il Cecita, che origina l'omonimo lago dopo aver attraversato una profonda vallata ricca di boschi di pino laricio, faggi ed abete bianco, il Neto, il Lese, la fiumarella di Macchialonga che percorre i pascoli di alta quota, Il Tacina che origina la splendida vallata in prossimità del Gariglione MICROCLIMA La piovosità annua raggiunge in media i mm. La distribuzione è caratterizzata da massimi principali in autunno e secondari a fine inverno inizio primavera, mentre i minimi sono estivi con 100 mm. Fra giugno e agosto. Notevoli sono le precipitazioni nevose, con manti che raggiungono i due metri di altezza, ma di scarsa persistenza se non nelle vallecole più riparate ed esposte a nord. Durante annate eccezionali, in cui il carico di neve può superare i tre metri si verifica spesso danno al soprassuolo arboreo più giovane danneggiando decine di ettari di pineta. La Sila Piccola è leggermente più piovosa della Sila Grande per la differenza disposizione dei monti appenninici. I venti della circolazione generale, provenienti dal Tirreno, non devono superare barriere come Serra della Guardia, Monte Scuro e Botte Donato e possono far sentire più facilmente il loro effetto. L'umidità relativa dell'aria è elevata con una media annua del 75%. La temperatura media annua è di 8 9 Â C con una escursione di circa 17 Â C, la temperatura media del mese più freddo (dicembre) oscilla su 1-2Â C, quella di agosto sui 17-19Â C. FLORA Oltre la bellezza del paesaggio, la Sila Piccola occupa un posto di primo piano a livello naturalistico per la presenza diffusa di boschi naturali di Pino laricio (Pinus laricio Poir.) e di boschi misti di Faggio 77

78 (Fagus selvatica Linn,) e Abete bianco (Abies alba Mill.) e per il notevole corteggio floristico che conta più di un migliaio di specie, alcune delle quali rare, altre endemiche di origine balcanica, e per questo di grande interesse fitogeografico. La pineta pura di Pino laricio costituisce la formazione vegetale più estesa, ed attraversa il Parco senza soluzione di continuità lungo una fascia compresa tra e metri di altitudine, coprendo oltre 3000 Ha di superficie, il che la rende assieme alla pineta della Sila Grande, unica nel suo genere in Europa. Al limite inferiore si associa con le specie quercine e verso l'alto con il Faggio e l'abete bianco. Sul suolo nudo ove la pineta si è insediata, si è affermata nel tempo la flora più varia, dalle Graminacee ai vari Trifogli, agli Asfodeli, alle Felci e ai vari Arbusti (Cisti, Rose canine, Rovi, Lamponi, Biancospini, Meli selvatici) per arrivare alle Latifoglie come il Faggio, l'acero, Lontano. Nell'ambito dei popolamenti di Pino laricio si trovano inoltre degli individui aventi particolari caratteristiche di pregio: tra questi si segnala un ecotipo di Pino laricio, chiamato "Pino Vutullo", da alcuni ritenuto una varietà botanica, presenta un fusto cilindrico con corteccia liscia, è privo di nodi, ed ha un durame più esteso del normale. Verso il limite superiore del territorio considerata è inclusa la Riserva Naturale Biogenetica "Gariglione- Pisarello" ove avviene la raccolta di un seme di Abete bianco dall'elevato valore genetico, in quanto le abetine nate da questo seme mostrano particolare resistenza alle cosiddette "Piogge Acide". La vasta superficie occupata dal territorio preso in considerazione, rende possibile il diversificarsi di vari ambienti e formazioni vegetali caratteristici dell'orizzonte Montano Inferiore del Piano Montano, in cui ricade totalmente il Parco della Sila Piccola. Nel Suborizzonte Inferiore il Pino laricio trova il suo optimum ecologico e vi domina incontrastato raggiungendo dimensioni maestose come in località Roncino e Acqua delle Donne; al limite Inferiore si mescola col Cerro, col Castagno e con altre Querce caducifolie. Verso il limite Superiore si ha una giustapposizione del Pino col Faggio, pur rimanendo quest'ultimo subordinato al primo, tranne che in qualche stazione umida e più esposta a Nord ove si verifica un'inversione di tendenza. Nel Suborizzonte Superiore domina il Faggio che inferiormente confina con le pinete di Laricio, mentre verso l'alto tende a mescolarsi con l'abete bianco, di cui si riscontra una abbondante rinnovazione naturale. Nel complesso del Gariglione i boschi di faggio e abete si trovano associati con piante sparse o a gruppi, di sorbociavardello, acero di label, acero opalo e con un carteggio floristico di pregio. FAUNA Oltre alla grande varietà di specie è oltremodo significativa la presenza del Lupo, un tempo oggetto di efferate persecuzioni, oggi al centro di un oculato progetto di ripopolamento unitamente a quello di reintroduzione di Cervi, Caprioli e Gufo Reale che occupano un ruolo fondamentale per il riequilibrio della catena alimentare. 78

79 Infatti la presenza del Lupo (Canis lupus), trovandosi all'apice di una complessa catena alimentare, è indicativa della ricchezza varietale delle specie faunistiche che popolano il Parco (vi si annoverano oltre 20 specie fra mammiferi, uccelli, rettili e pesci). Nel territorio del Parco è presente la fauna tipica dell'appennino con grandi predatori come il Lupo ed il Gatto selvatico. Vengono di seguito riportate le specie più importanti: - lupo, gatto selvatico, tasso, volpe, faina, puzzola, donnola, martora, scoiattolo, ghiro, quercino, moscarino, topi selvatici etoporagni, cinghiale, capriolo, picchio, poiana, gheppio, falco, gufo, salamandra, trota, rana, raganella, vipera ecc. RISERVA MARINA PROTETTA Capo Rizzuto Sempre nel 2002 e precisamente il 19 febbraio, il Ministero dell Ambiente istituisce la riserva marina denominata Capo Rizzuto. La Riserva Naturale Capo Rizzuto interessa l area marina costiera antistante i Comuni di Crotone ed Isola Capo Rizzuto ed esattamente da Capo Donato (poco a sud di Crotone) a Barco Vercillo (subito prima della località Praialonga), per tutto il tratto di mare ricompresso, in linea di massima, fino all isobata (profondità) dei 100 metri con una superficie complessiva stimata è di Ha. L area marina protetta oltre ad offrire un interessante scenario naturalistico sottomarino, con le enormi praterie di Posidonea Oceanica che costituiscono una vera e propria oasi di vita ricca e diversificata, si protrae sulla costa che in questo tratto si frastaglia fuoriuscendo con numerose lingue di terra che costituiscono i promontori di Capo Colonna, Capo Cimiti, Capo Rizzuto e Le Castella, per uno sviluppo costiero di circa 40 Km; si alternano così coste rocciose a strapiombo sul mare a spiagge basse e sabbiose offrendo ulteriori paesaggi di rara bellezza. Inoltre alla notevole vita biologica dei fondali si affianca la ricchezza di testimonianze archeologiche; a pochi metri d'acqua, infatti, ed in particolare sulle numerose secche è possibile scorgere reperti (colonne marmoree e carichi di navi) risalenti all epoca greca e romana. SITI RETE NATURA 2000 Nella provincia di Crotone è presente la ZPS (Zona di Protezione Speciale) denominata Marchesato- Fiume Neto istituita con un provvedimento deciso dalla Giunta regionale del 27/6/2005 in merito alla "Revisione del sistema regionale delle ZPS, direttiva 79/409/CEE Uccelli, recante conservazione dell'avifauna selvatica e direttiva 92/43/CEE Habitat relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali nonché della flora e della fauna selvatica. La ZPS Marchesato-Fiume Neto interessa tutti i comuni dell entroterra della provincia ed è stimata per una superficie pari a Ha e comunque va rilevato la mancanza di un organico monitoraggio ambientale di queste aree dovuto probabilmente ad una scontata valutazione della naturalità delle stesse, come nel caso delle foci del fiume Neto e Tacina. Nota: la ZPS IT è stata annullata dal TAR Calabria. 79

80 Sono state individuate dalla Regione le aree SIC (Siti di Interesse Comunitario) che nel territorio della provincia di Crotone raggiungono il numero di 21 di cui due si trovano a mare; per ogni singolo sito SIC è stata predisposta una scheda riassuntiva, articolata secondo le disposizioni di Natura 2000, nella quale vengono elencate le principali competenti caratteristiche che lo contraddistinguono e che rappresentano il patrimonio biologico da proteggere. Per ogni habitat sono disponibili le seguenti informazioni: Codice del sito: codice Natura 2000 di identificazione del sito Nome del sito: denominazione del sito Codice dell'habitat: codice Natura 2000, identificativo di ogni singolo habitat Percentuale di copertura dell'habitat: Valore di copertura in percentuale dell'habitat calcolato sulla superficie del singolo sito Rappresentatività: grado di rappresentatività del tipo di habitat naturale sul sito, seguendo il seguente sistema di classificazione: rappresentatività eccellente; buona conservazione rappresentatività significativa presenza non significativa Nei casi in cui la rappresentatività sia significativa (A,B,C) sono disponibili informazioni relative ai seguenti altri campi: Superficie relativa: superficie del sito coperta dal tipo di habitat naturale rispetto alla superficie totale coperta da questo tipo di habitat naturale sul territorio nazionale, secondo la seguente codifica: percentuale compresa tra il 15.1% ed il 100% della popolazione nazionale; percentuale compresa tra il 2,1% ed il 15% della popolazione nazionale; percentuale compresa tra lo 0% ed il 2% della popolazione nazionale; Stato di Conservazione: grado di conservazione della struttura e delle funzioni del tipo di habitat naturale in questione e possibilità di ripristino, secondo la seguente codifica: conservazione eccellente; buona conservazione conservazione media o ridotta Valutazione globale: valutazione globale del valore del sito per la conservazione del tipo di habitat naturale, secondo la seguente codifica: valore eccellente valore buono valore significativo 80

81 CLASSI DI HABITAT dato relativo alla indicazione della divisione del sito in classi generali di habitat, secondo il seguente sistema di codice di riferimento ANFIBI E RETTILI Per ogni sito contenuto in banca dati vengono riportate le informazioni relative alle specie di Anfibi e Rettili, in esso segnalate, inserite in allegato II della Direttiva Habitat. Per ogni specie sono disponibili le seguenti informazioni: Codice del sito: codice Natura 2000 di identificazione del sito Nome del sito: denominazione del sito Numero della specie: codice Natura 2000, identificativo di ogni singola specie Nome della specie: nome scientifico della specie I campi "RESIDENZA", "NIDIFICAZIONE/RIPRODUZIONE" "SVERNAMENTO" "TAPPA" contengono le informazioni dati relative alla consistenza della popolazione della specie all interno del sito, secondo la seguente codifica: numero di individui (i), o numero di coppie (p) se conosciuti; In assenza di dati numerici vale la seguente codifica: C. la specie è comune R. la specie è rara V. la specie è molto rara In assenza di qualsiasi dato relativo alla popolazione, viene segnalata semplicemente la presenza nel sito con la seguente codifica: P. specie presente nel sito (non si hanno informazioni quantitative) Il campo popolazione contiene i dati relativi alla dimensione e alla densità della popolazione della specie presente nel sito, rispetto alle popolazioni presenti sul territorio nazionale, secondo la seguente codifica. popolazione compresa tra il 15,1% ed il 100% della popolazione nazionale; popolazione compresa tra il 2,1% ed il 15% della popolazione nazionale; popolazione compresa tra lo 0% ed il 2% della popolazione nazionale; popolazione non significativa Nei casi in cui la popolazione sia significativa (A,B,C) sono disponibili informazioni relative ai seguenti altri campi: Campo "Conservazione": grado di conservazione degli elementi dell habitat importanti per la specie in questione e possibilità di ripristino, secondo la seguente codifica: conservazione eccellente; buona conservazione conservazione media o limitata Campo "Isolamento": grado di isolamento della popolazione presente sul sito rispetto all area di ripartizione naturale della specie in Italia, secondo la seguente codifica: 81

82 popolazione (in gran parte) isolata popolazione non isolata, ma ai margini dell area di distribuzione popolazione non isolata all interno di una vasta fascia di distribuzione Campo "Valutazione globale": valutazione globale del valore del sito per la conservazione della specie interessata, secondo la seguente codifica valore eccellente valore buono valore significativo MAMMIFERI per ogni sito contenuto in banca dati vengono riportate le informazioni relative alle specie di Mammiferi in esso segnalate, inserite in allegato II della Direttiva Habitat. Per ogni specie sono disponibili le seguenti informazioni: Codice del sito: codice Natura 2000 di identificazione del sito Nome del sito: denominazione del sito Numero della specie: codice Natura 2000, identificativo di ogni singola specie Nome della specie: nome scientifico della specie I campi "RESIDENZA", "NIDIFICAZIONE/RIPRODUZIONE" "SVERNAMENTO" "TAPPA" contengono le informazioni dati relative alla consistenza della popolazione della specie all interno del sito, secondo la seguente codifica: numero di individui (i), o numero di coppie (p) se conosciuti; In assenza di dati numerici vale la seguente codifica: C. la specie è comune R. la specie è rara V. la specie è molto rara In assenza di qualsiasi dato relativo alla popolazione, viene segnalata semplicemente la presenza nel sito con la seguente codifica: P. specie presente nel sito (non si hanno informazioni quantitative) Il campo popolazione contiene i dati relativi alla dimensione e alla densità della popolazione della specie presente nel sito, rispetto alle popolazioni presenti sul territorio nazionale, secondo la seguente codifica. popolazione compresa tra il 15,1% ed il 100% della popolazione nazionale; popolazione compresa tra il 2,1% ed il 15% della popolazione nazionale; popolazione compresa tra lo 0% ed il 2% della popolazione nazionale; popolazione non significativa 82

83 Nei casi in cui la popolazione sia significativa (A,B,C) sono disponibili informazioni relative ai seguenti altri campi: Campo "Conservazione": grado di conservazione degli elementi dell habitat importanti per la specie in questione e possibilità di ripristino, secondo la seguente codifica: conservazione eccellente; buona conservazione conservazione media o limitata Campo "Isolamento": grado di isolamento della popolazione presente sul sito rispetto all area di ripartizione naturale della specie in Italia, secondo la seguente codifica: popolazione (in gran parte) isolata popolazione non isolata, ma ai margini dell area di distribuzione popolazione non isolata all interno di una vasta fascia di distribuzione Campo "Valutazione globale": valutazione globale del valore del sito per la conservazione della specie interessata, secondo la seguente codifica valore eccellente valore buono valore significativo SIC DELLA PROVINCIA DI CROTONE 83

84 CODICE DENOMINAZIONE ETTARI COMUNE ETTARI COMUNE ETTARI SIC/ COMUNE % 1 IT Parco Nazionale della Cotronei, Petilia ** Calabria Policastro, Mesoraca, Savelli 2 IT Stagni sotto Timpone S. 11,9 ROCCABERNARDA 6418,7 11,9 0,2 Francesco 3 IT PESCALDO 73,1 UMBRIATICO 7256,6 73,1 1,0 4 IT FOCE NETO 542,8 CROTONE 17937,5 366,0 2,0 STRONGOLI ,9 2,4 5 IT Fondali di Gabella Grande 484 CROTONE * 6 IT Fondali da Crotone a Le 4453 CROTONE ISOLA CAPO * Castella RIZZZUTO 7 IT DUNE DI MARINELLA 40,5 CIRO 7033,3 40,5 0,6 8 IT CAPO COLONNA 28,7 CROTONE 17937,5 19,2 0,1 9 IT DUNE DI SOVERETO 104,1 ISOLA DI CAPO RIZZUTO 12520,8 102,7 0,8 10 IT CAPO RIZZUTO 12,3 ISOLA DI CAPO RIZZUTO 12520,8 11,3 0,1 11 IT COLLINE DI CROTONE 606,7 CROTONE 17937,5 606,7 3,4 12 IT STECCATO DI CUTRO e 258,0 CUTRO 13219,5 134,3 1,0 COSTA DEL TRUCHESE 13 IT MONTE FUSCALDO 2827,3 SANTA SEVERINA 5174,7 532,4 10,3 ROCCABERNARDA 6418,7 1425,8 22,2 PETILIA POLICASTRO 9731, ,01 S. MAURO MARCHESATO 4145,6 868,5 21,0 14 IT TIMPA DI CASSIANO 348,7 CASABONA 6693,8 270,3 4,0 CASTELSILANO 3964,0 16,5 0,4 BELVEDERE SPINELLO 2998,5 61,8 2,1 15 IT MURGIE DI STRONGOLI 709,4 MELISSA 5110,3 56,9 1,1 SAN NICOLA DELL ALTO 775,5 6,2 0,8 STRONGOLI 8461,0 434,5 5,1 CASABONA 6693,8 211,8 3,2 16 IT FIUME LESE 1239,9 SAVELLI 4841,4 12,0 0,2 VERZINO 4515,0 20,8 0,5 CASTELSILANO 3964,0 560,7 14,1 CERENZIA 2196,8 441,9 20,1 CACCURI 6049,5 202,1 3,3 BELVEDERE DI SPINELLO 2998,5 0,7 0,0 SANTA SEVERINA 5174,7 1,7 0,0 17 IT FIUME LEPRE 257,6 CACCURI 6049,5 257,6 4,3 18 IT Monte Gariglione 604 ** 19 IT Monte Femminamorta 658 ** 20 IT Torrente Soleo 1184 ** 21 IT Fiume Tacina 1075 ** 84

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104 Valutazione generale dei Siti Siti a dominanza di habitat marini I siti a dominanza di habitat marini ( Fondali di Gabella Grande, IT , e Fondali da Crotone a Le Castella, IT ) sono caratterizzati dalla presenza dell habitat prioritario Praterie di Posidonia (cod. 1120*). Siti a dominanza di habitat costieri-dunali Siti a steppe salate mediterrane I siti che rientrano in questa tipologia sono Capocolonne (IT ) e Caporizzuto (IT ), caratterizzati dalla vegetazione alofila legata alle stazioni rocciose più prossime al mare e direttamente sottoposte all aerosol marino. a emicriptofite e nanofanerofite 104

105 Lo status di conservazione delle formazioni rupestri di scogliera mediterranea presenti all interno dei due SIC non risulta essere di buon livello: la vegetazione di tali siti, esposta direttamente all azione della salsedine, non è soltanto drasticamente ridotta rispetto al passato ma, soprattutto, si presenta raramente nel suo stadio climax. Siti a vegetazione dunale I siti che presentano habitat dunali sono Dune di Marinella (IT ), Dune di Sovereto (IT ), Steccato di Cutro e Costa del Turchese (IT ). Siti a dominanza di habitat montano-collinari I SIC appartenenti a questa tipologia sono 5: Pescaldo (IT ), Monte Fuscaldo (IT320110), Timpa di Cassiano Belvedere (IT ), Colline di Crotone (IT ), Murgie di Strongoli (IT ). Siti a dominanza di habitat umido-fluviali Rientrano in questa tipologia di siti 4 SIC caratterizzati prevalentemente da vegetazione igrofila: Stagni sotto Timpone San Francesco, IT , Foce del Neto, IT , Fiume Lese, IT , Fiume Lepre, IT

106 4.3 SINTESI DELLE CRITICITA Le seguenti tabelle racchiudono tutte le criticità possibili, sintetizzandole in voci generali. Tabella Fattori di pressione presenti nei siti a dominanza di habitat marini Fattore di criticità Disturbo antropico Insabbiamento della Posidonia Scarsa conoscenza, informazione, sensibilizzazione delle specie ed habitat di interesse comunitario Ricerca ed estrazione di oli e gas Habitat di Interesse Comunitario sensibile al fattore di criticità Praterie di Posidonia (Posidonion oceanicae) X X X X Tabella Fattori di pressione presenti nei siti a dominanza di habitat costieri dunali Fattore di criticità Disturbo antropico Erosione costiera e dunale Presenza di specie alloctone Scarsa conoscenza, informazione, sensibilizzazio ne delle specie ed habitat di interesse comunitario Incendi incontrollati Habitat di Interesse Comunitario sensibile al fattore di criticità Step pe salat e medi terra nee Arb usteti term o- medi terra nei Scogliere con vegetazione delle coste mediterrane e con Limonium spp.endemi ci Fores te di Olea e Cerat onia Vegetazion e annuale delle linee di deposito marine Percorsi substep pici di gramina cee e piante annue dei Thero- Brachip odietea Dun e cost iere con Juni peru s spp Dune fisse del litorale del Crucian ellion maritim a X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X 106

107 Tabella Fattori di pressione presenti nei siti a dominanza di habitat montano - collinari Fattore di criticità Disturbo antropico Gestione forestale Introduzione di specie alloctone Incendi incontrollati Rimboschime nti Frammentazio ne/estensione ridotta degli habitat Scarsa conoscenza, informazione, sensibilizzazio ne delle specie ed habitat di interesse comunitario abbandono dei sistemi pastorali Habitat di Interesse Comunitario sensibile al fattore di criticità Laghi e stag ni distr ofici natur ali Torbi ere bass e alcali ne Gallerie e forteti ripari meridionali (Nerio- Tamaricetea e Securinegio n tinctoriae) Foreste a galleri a di Salix alba e Popul us alba Foreste di Quercus ilex e Q. rotundifolia Percorsi substep pici di gramina cee e piante annue dei Thero- Brachyp odietea Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitiac X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X Tabella Fattori di pressione presenti nei siti a dominanza di habitat umido fluviali Fattore di criticità Fiumi medit erran ei a flusso Torb iere bass e alcal Gallerie e forteti ripari meridiona li (Nerio- Habitat di Interesse Comunitario sensibile al fattore di criticità Forest Praterie e Comunità Fores Forest e a fruticeti aloigrofile te di e di galleri alofili mediterran Querc Olea e a di mediterra ee con us Cerato Salix nei e Juncus sp. ilex e nia Dune mobili del cordone litorale con Ammophila arenaria Dune con prati dei Brachypodie talia e vegetazione 107

108 Tamarice tea e Securine gion tinctoriae) termoatlantici (Sarcocor netea fruticosi) Disturbo antropico Modificazi oni strutturali e alterazioni degli equilibri idrici Fonti di inquiname X X X X nt Pericolo di incendi X X X X Salinizzazi one della falda Scarsa conoscenz a, informazio ne,sensibil izzazione delle specie ed habitat di interesse comunitari o X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X ISTITUTI FAUNISTICI ISTITUITI AI SENSI DELLA LEGGE N. 157/92: DISTRIBUZIONE, CARATTERISTICHE E PROBLEMATICHE Nel presente capitolo si descrive l attuale situazione dei diversi istituti faunistici. Il precedente piano ne prevedeva la creazione di diversi tipi, dei quali risultano attivati solo quelli riportati in seguito. Zone di Addestramento Cani (ZAC) La provincia di Crotone con proprio disciplinare, approvato dal Consiglio provinciale n. 74 del 19/05/2005, ha regolamentato l istituzione e la gestione delle zone per l allenamento, l addestramento e le gare e prove cinofile. Le ZAC hanno lo scopo di promuovere l educazione cinofila e venatoria dei cacciatori ed il recupero dei 108

109 territori marginali. Le zone per l allenamento, l addestramento e le gare cinofile sono state distinte in: o zone dove le attività cinofile sono consentite su selvaggina di allevamento appartenente alle specie cacciabili, senza abbattimento della stessa, denominate ZAC di tipo A la cui superficie non può essere inferiore a 80 ettari; o zone dove le attività cinofile sono consentite su selvaggina di allevamento appartenenti alle specie caccibili, con abbattimento della stessa, denominate ZAC di tipo B. Tali zone devono avere una superficie compresa tra i 3 ed i 20 ettari e devono essere distanti più di 150 metri dai centri abitati e 500 metri dalle oasi di protezione, zone di ripopolamento e cattura, centri pubblici di produzione di fauna selvatica allo stato naturale, appostamenti fissi, parchi nazionalei, parchi naturali regionali e riserve naturali; I soggetti che possono richiedere l autorizzazione sono: le associazioni venatorie ed agricole riconosciute a livello nazionale ed operanti sul territorio provinciale, gli imprenditori agricoli singoli o associati e le associazioni cinofile dell ENCI operanti nella provincia. Ad ogni associazione venatoria o cinofila non potrà essere data in concessione più di una zona aumentata di altra unità per ogni 1500 tesserati. L ufficio provinciale della caccia verifica che la superficie impegnata, insieme alle altre strutture a gestione privata della caccia già autorizzate, non comporti il superamento del limite del 15% previsto dalla lettera b) comma 2 della L.R. n. 9/96. In allegato si riporta l intero disciplinare approvato dalla Provincia di Crotone. Nella territorio provinciale crotonese sono state istituite cinque Zone di Addestramento Cani di tipo B di seguito riportate in tabella. COMUNE LOCALITA SUP. HA Ciro Porcari 5,70 Cirò Medullà 15 Cirò Niballo cotura 20 Rocca di Neto Destro Iuca 3,70 Isola di Capo Rizzuto In comune di Cirò sono presenti tre ZAC di tipo B di seguito descritte. La prima della ditta Zampino Cataldo è sita in località Porcari nel comune di Cirò. Ha una superficie di ettari al foglio 52 p.lle Il sito è posto a 5 km dal centro abitato ed ubicato in una zona interna rispetto alla strada provinciale n. 7 Cirò Cirò Marina. E stata approvata con Determina Dirigenziale n. 706 del 29/05/07. La seconda, sita in località Medullà, ha un estensione di 15 ettari e catastalmente ricade nel foglio 48 particella 20 in parte. La superficie è completamente recintata con rete esagonale composta dal filo di ferro zincato sostenuta da paletti di sezione a T di altezza variabile da 1.5 a 2 metri. All interno del recinto sono collocata 10 altane di altezza di 3 metri, in ferro tubolare, e poste tra loro a notevole distanza, e sì che lo sparo avvenga dall alto in basso senza rischio per i cacciatori. La selvaggina immessa per l addestramento, a parte i cinghiali, allevati in azienda, proviene da aziende accreditate. I 109

110 terreni su cui insiste la ZAC sono della Società Silvo Faunistica S. domenica di Tessitore Antonio & C. s.a.s con sede in cirò Marina all C.da Madonna d Itria P.IVA: L istituzione è avvenuta con Determina Dirigenziale n.710 del 30/05/07. La terza è posta in località Niballo Cutura ed identificato in catasto al foglio 57 particelle per una superficie di ettari. La superficie è recintata con pali di castagno di altezza fuori terra di 2 metri ad interasse di 2 metri con interposta rete metallica di tipo pastorizio. E Stata autorizzata con Determina Dirigenziale n del 06/11/08. La quarta ZAC, sita nel comune di rocca di Neto alla località destro Iuca, ha una superficie di ettari. Catastalmente ricade nel foglio di mappa n. 17 particella 172, il terreno è per lo più di natura pianeggiante ed in minima parte collinare. La zona è completamente recintata con pali in cemento e rete per un altezza di 1.40 metri. E stata autorizzata con determina Dirigenziale n. 618 del 08/05/08. La quinta ed ultima ZAC ricade nel comune di Isola Capo Rizzuto alla località Vermica Saletella ed è identificata in catasto al foglio 14 particelle per una superficie di ettari. La ha giacitura pianeggiante. E stata autorizzata con Determina Dirigenziale n. 966 del 10/06/09. Azienda Agri Turistico-Venatoria Nel territorio provinciale è stata autorizzata (D.G.R. n del 19/12/05) l istituzione di un azienda agrifaunistica venatoria denominata Due cime di proprietà del signori Morelli. L azienda ricade nel comune di San Mauro Marchesato in località Due Cime Piano del Re ed ha una superficie complessiva di ettari. La ripartizione colturale prevede le seguenti qualità di coltura: QUALITA SUPERFICIE HA Uliveto Seminativo Pascolo cespugliato Querceto Agrumeto TOTALE COLTURE Fabbricati rurali TOTALE AZIENDALE Il fondo presenta una orografia varia. E inserito in parte su terreni pianeggianti asciutti, dove prevalgono le coltivazioni di graminacee e leguminose in rotazione, in parte irrigui dove prevalgono la coltivazione di agrumi e foraggere (erba medica e mais). Nelle zone declivi, che presentano pendenze variabili dal 5 al 25% è coltivato l olivo, nelle aree a minore pendenza e sono presenti zone a pascolo e a macchia mediterranea nelle aree con maggiore pendenza. Esistono dei fabbricati rurali in parte ristrutturati per una superficie complessiva di 9877 mq. L azienda è posta a circa 3.5 km dal centro 110

111 abitato di Roccabernarda ed è collegata ai centri abitati attraverso una strada poderale che si allaccia alla ss 109 ter dalla quale dista circa 500 metri. Ha una posizione ottimale essendo a circa 15 km dal mare e a 30 dalla Sila. Miglioramenti ambientali Se pur previsti dal precedente piano faunistico-venatorio non sono mai stati effettuati miglioramenti ambientali. Centri di recupero della fauna Alla fine degli anni sessanta incominciano a nascere in Italia le prime strutture adibite al soccorso, alle cure e alla liberazione degli animali selvatici in difficoltà Dall ultimo censimento del 2004 (Mariachier A Indagine sui Centri di Recupero per Animali Selvatici in Italia. Dipartimento di Scienze Animali, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli Studi di Padova, Legnaro), risulta che i C.R.A.S. in Italia sono 85, con una maggiore concentrazione nel Nord Italia 54%, Centro Italia 21%, Sud Italia 25%. In Calabria esistono due di questi centri, uno nella provincia di Cosenza presso l Istituto Todaro, Contrada Lacone di Rende e uno a Catanzaro. Quest ultimo istituito il 13/09/2005, è stato realizzato dall Amministrazione Provinciale di Catanzaro, ed ubicato presso il Parco della Biodiversità Mediterranea. Degli esemplari consegnati ai C.R.A.S. non sono giunte a questo Ente notizie o statistiche in merito, se non quelle riportate in tabella esplicitamente richieste. Nella provincia di Crotone non esiste alcun centro per il recupero della fauna, ma sarebbe auspicabile che in un prossimo futuro venisse istituito. Allevamenti autorizzati (Art. 17 L 157/92) Gli allevamenti, di cui all art. 17 della L. n. 157/92 e art.9 della L.R. n. 9/96, sono destinati ai seguenti scopi: ripopolamento e/o reintroduzione in natura, alimentazione e detenzione a scopo amatoriale e ornamentale. Negli impianti nei quali si esercitano diverse tipologie di allevamento (alimentare, ripopolamento, ornamentale) le aree destinate ad ogni tipologia devono essere nettamente distinte e separate da idonee recinzioni. E, altresì, ammesso il recupero, la detenzione e la cura di fauna selvatica in difficoltà per la sua reintroduzione in natura. L autorizzazione per l allevamento e/o detenzione di fauna selvatica a scopo di ripopolamento e alimentare è rilasciata dalla Giunta Regionale. La Giunta Regionale, sentita la Provincia interessata sulla conformità della richiesta al P.F.V.P., rilascia l autorizzazione ed informa la Provincia per l aggiornamento delle superfici disponibili da destinare a gestione privata della caccia. Negli allevamenti di selvaggina da ripopolamento deve essere mantenuta una densità secondo i rapporti minimi di seguito indicati per le specie cacciabili: 111

112 a) fagiano e germano reale: dai 30 ai 60 giorni, 0,5 mq per capo; oltre i 60 giorni, 1mq per capo; b) starne e coturnici dai 30 ai 60 giorni, 0.25 mq per capo; oltre i 60 giorni, 0.5 per capo; c) lepri allevate in recinto, 10 mq per capo; d) ungulati (cinghiale, capriolo, daino, cervo e muflone), 500 mq di superficie recintata a capo. Per le altre specie eventualmente allevate le Province daranno indicazione della densità minima da rispettare. I selvatici allevati per fini di ripopolamento ed appartenenti a specie cacciabili stanziali devono essere autoctoni e mantenuti in purezza; la Provincia si riserva l eventuale verifica, tramite l I.N.F.S., la purezza delle specie allevate, attraverso prelievi a campione degli animali presenti nella struttura. I recinti e le voliere per l accrescimento dei soggetti da ripopolamento devono contenere al loro interno appropriata vegetazione cespugliata e/o colture seminative per facilitare l ambientamento degli animali nel territorio oggetto del ripopolamento ed evitare il fenomeno di cannibalismo tra specie stesse. L autorizzazione per l allevamento e/o detenzione di fauna selvatica a scopo ornamentale e/o amatoriale è rilascia dalla Provincia competente per territorio. A tale scopo possono essere detenuti e/o allevati esemplari di specie e numero di capi sottoindicati: a) starna: non superiore a trenta capi; b) coturnice: non superiore a trenta capi; d) fagiano e germano reale: non superiore a trenta capi d) quaglia: non superiore a cinquanta capi; e) lepre: non superiore a cinque capi; e) ungulati (cinghiale, capriolo,daino, cervo e muflone): non superiore a tre capi. I capi in sovrannumero nella fase riproduttiva possono essere utilizzati a scopo alimentare, pr I beneficiari devono garantire una permanenza degli animali tale da eliminare qualsiasi tipo di sofferenza e/o maltrattamento evia comunicazione del responsabile dell allevamento, all Ufficio Caccia. L eventuale allevamento e/o detenzione a scopo ornamentale e/o amatoriale di qualsiasi altro tipo di selvaggina appartenente alle specie cacciabili é autorizzato dalle Province competenti con le modalità stabilite ai commi precedenti; nel caso in esame il numero massimo di capi da allevare e/o detenere non deve essere superiore a dieci. Il titolare dell azienda agricola che, all interno di essa, alleva selvatici a scopo di ripopolamento, alimentare, amatoriale ed ornamentale è tenuto a darne comunicazione agli Uffici Regionali e Provinciali della Caccia. La comunicazione dovrà contenere le indicazioni delle specie di selvaggina allevate, nel quadro del rispetto della normativa vigente ed in particolare di quella igienico-sanitaria, e dovrà essere corredata, salvo altra richiesta degli uffici competenti,. da: a) titolo di proprietà dell area o documento equivalente: b) corografia del territorio scala l: con l individuazione della zona; c) estratto mappa catastale in scala 1:2000 con indicati foglio e particelle interessate; d) nulla-osta della A.S.L competente (solo per allevamenti a scopo alimentare). 112

113 Il titolare dell impresa dovrà altresì documentare il suo stato giuridico di titolare di impresa agricola. Ad oggi esiste un solo allevamento di fauna selvatica nell azienda agricola Santa Domenica s.a.s., autorizzato con Delibera Giunta Regionale n del 05/12/96, con centro aziendale in località Favaro, agro di Cirò ed estesa Ha 60,00, che alleva e riproduce cinghiale e daini. Per quanto riguarda l allevamento del cinghiale, nell azienda sono presenti capi di ceppo autoctono e capi di ceppo ungherese, debitamente separati. Il ceppo autoctono è composto da 9 femmine e 2 maschi posti in un recinto di 25 ettari di bosco. La media dei nati è di 1 capo/femmina/anno. Il ceppo ungherese, allevato a scopo alimentare, è posto in 2 recinti, in ognuno dei quali è tenuta una famiglia. Nell allevamento sono presenti 2 maschi e la media di nati all anno è di 4/femmina/anno. Nell azienda è presente un allevamento di daini composto da 24 femmine e 6 maschi con la media di nati di 1/femmina/anno, di cui circa il 50% restano in vita. 5. DETERMINAZIONE E VALUTAZIONE DEGLI IMPATTI DEL PIANO 5.1 Situazione generale- peculiarità e problematiche Il territorio della provincia è caratterizzato da una evidente eterogeneità ambientale che influenza in modo diretto la ripartizione spaziale delle specie animali, a seconda delle particolari esigenze ecologiche di ciascuna di esse. Diverse le situazioni di frammentazione di habitat naturale riscontrabili che, oltre a rappresentare un fattore di drastica riduzione dell ambiente vitale per gli animali, è direttamente collegata alla distribuzione e ai valori di abbondanza delle specie sul territorio. Malgrado questo ed altri fattori limitanti al mantenimento delle condizioni favorevoli per la conservazione della fauna il territorio è caratterizzato ancora oggi da valori di ricchezza in specie di notevole importanza a livello sia regionale che nazionale. Tale diversità è concentrata sopratutto in quelle aree che hanno mantenuto discreti o buoni livelli di naturalità, o che rappresentano, nel caso degli uccelli, grazie alla loro posizione geografica, stazioni di sosta e alimentazione strategiche rispetto alle normali rotte migratorie. La ricchezza in specie di uccelli rappresenta senza dubbio la chiave di lettura principale per la comprensione dell importanza naturalistica dell area. Essa costituisce in termini assoluti uno dei territori di maggiore valenza ornitologica della Regione, annoverando la presenza di specie di elevato interesse conservazionistico a livello nazionale ed europeo. Ciò è possibile grazie alle particolari fisionomie geomorfologiche, botaniche e paesaggistiche favorevoli alla nidificazione, sosta ed alimentazione di specie rare e localizzate, con consistenti presenze corrispondenti, in diversi casi, alle più alte concentrazioni registrate sinora in Calabria e, per alcune specie, in Italia. La provincia di Crotone, grazie alla sua strategica posizione geografica, 113

114 rappresenta un ideale corridoio migratorio per tutte quelle specie di uccelli che sfruttano l asse ionico costiero per i loro spostamenti annuali dai quartieri di svernamento a quelli riproduttivi, e viceversa. I settori particolarmente interessati da questo consistente flusso migratorio sono individuabili lungo l intera fascia costiera della provincia e nei territori interni della stessa, con direttrici che seguono indicativamente direzione SW-NE. Ai numerosi contingenti primaverili di Falconiformi, Ciconiformi e Passeriformi, si aggiungono le numerose e spesso rare presenze autunnali di Charadriformi (limicoli, sterne e gabbiani) che, soprattutto lungo la fascia costiera, raggiungono concentrazioni spesso di rilevanza nazionale. Principali rotte di migrazione europee Detto ciò bisogna considerare però che uno strumento di pianificazione che si prefigge l obiettivo di gestire il territorio e sfruttare le sue risorse naturali deve partire dalla dalla conoscenza dell entità delle risorse stesse. Questo all attualità, data la carenza di banche dati provinciali, risulta la principale difficoltà incontrata al fine di redigere nella maniera più efficace la programmazione faunistica venatoria. In effetti la nuova legge introduce il concetto di caccia compatibile con la disponibilità stimata della selvaggina e pertanto il prelievo deve risultare compatibile con la conservazione della fauna oggetto del prelievo stesso.ciò significa che il quantitativo di capi abbattuti nel corso di ogni stagione venatoria deve risultare inferiore a quello che in gergo tecnico viene chiamato l incremento utile annuo della popolazione, dato dalla differenza tra il numero di individui nati nell anno e quello dei soggetti deceduti. Se la somma della mortalità naturale più il numero di individui prelevati supera la natalità, inevitabilmente il numero d individui che riesce a riprodursi diviene ogni anno più esiguo finché, se il prelievo continua con la stessa intensità, si giunge all estinzione della popolazione. Per la determinazione dei prelievi è necessario quindi che si verifichino 114

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