In questo numero: Tutti in Vetta Come il giorno della costituzione della Sezione, ottant anni fa. L abisso degli abissi: la Spluga della Preta

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1 Edizione a colori Anno 42 - N. 94 In questo numero: Tutti in Vetta Come il giorno della costituzione della Sezione, ottant anni fa. L abisso degli abissi: la Spluga della Preta Spedizione in Abbonamento Postale 70% Cagliari Trekking nel Parco Naturale del Gruppo di Tessa, Alpi Venostane e Alpi dello Stubai Mont Blanc Resoconto della traversata del massiccio, e dell ascesa alla cima del Monte Bianco Spedizione in Egitto Cronaca di un arrampicata nel deserto Nuove Ascensioni Rubrica di alpinismo

2 Direttore Responsabile Massimiliano Piras Direttore Editoriale Pierfrancesco Boy Impaginazione, grafica Antonio Palumbo Foto di copertina Carmen Locci Stampa Sainas Industrie Grafiche srl Via G.Agnelli Z.I. Pip Villaspeciosa (CA) Sede, Amministrazione Club Alpino Italiano Sezione di Cagliari Via Piccioni, CAGLIARI TEL/FAX: 070 / Su internet info@caicagliari.it GENNARGENTU NOTIZIARIO DELLA SEZIONE DI CAGLIARI DEL CLUB ALPINO ITALIANO La rivista non é in vendita, viene inviata ai soci della Sezione di Cagliari del CAI, ad Enti Pubblici e scuole. Segnalazioni di mancato ricevimento vanno indirizzate alla Sezione. Autorizzazione del Tribunale di Cagliari n 58 del 5/10/96 Anno 42 - N semestre 2012 CLUB ALPINO ITALIANO SEZIONE DI CAGLIARI La Sezione che è, la Sezione che fa. Tutte le idee che hanno enormi conseguenze sono sempre idee semplici. In natura gli organismi, per crescere, devono differenziare e specializzare i loro organi e apparati. Questo processo non solo non è dannoso, ma è necessario. Alla soglia dei 400 iscritti, la Sezione non può crescere indefinitamente senza strutturarsi in modo organico. I Soci che praticano la stessa disciplina, per affinità di interessi, si aggregano fra loro, in gruppi, spontanei o formalmente costituiti, fra i quali il direttivo mantiene il ruolo di coordinamento della compagine sociale. E con questo spirito che si è incoraggiata la costituzione del Gruppo Escursionistico, forte delle competenze di accompagnatori titolati, oltre ad un buon numero di escursionisti formati nei corsi di base ed avanzati. E un segno della Sezione che cresce, accompagnato dai più vivi auguri al Gruppo, nuovo come costituzione, ma erede di una solida esperienza nella preparazione e conduzione delle escursioni sociali. E si vanno sempre meglio delineando le attività Seniores, il coro, il cicloescursionismo, ancora in rodaggio, ma che ben promettono di avere in un futuro non troppo lontano un assetto stabiele La nascita del Gruppo escursionistico è stata anche l occasione per riconsiderare l impostazione del bilancio preventivo. Ve ne propongo una chiave di lettura a mio avviso abbastanza semplice e chiara. Nel bilancio ci sono delle entrate che sono determinate semplicemente dal fatto che la Sezione esiste e sono costituite dalla quote sociali. Provengono da tutti i Soci e vengono spese a beneficio di tutti i Soci. Infatti corrispondono a quanto dovuto alla sede centrale per il tesseramento e ad un margine di utile che copre le spese generali della sede, la stampa sociale e la biblioteca, le trasferte istituzionali. Dagli importi si vede chiaramente che la Sezione potrebbe sopravvivere anche solo con queste voci di bilancio. Ma è evidentemente un assurdo pensare ad una Sezione che si accontenta dalla sussistenza. Se i Soci sono le solide basi, l attività svolta è il nostro motore. La misura della nostra vitalità è data proprio dalla voce attività sociale. Contiene le iniziative, eventualmente anche aperte ai non soci, inserite in calendario così come proposte dai diversi settori. I margini di utile sono devolute in toto ai proponenti e costituiscono un autofinanziamento. Gruppi, Scuole e Commissioni amministrano in autonomia queste somme, destinandole alle spese di funzionamento, alla formazione e all aggiornamento dei propri titolati. E tutta la contabilità, a garantire la massima trasparenza e correttezza della gestione, viene espressa in bilanci che confluiscono nel bilancio sezionale. Questa forma di autonomia permette al direttivo sezionale di affrontare problemi che investono la Sezione nella sua globalità, sia per il suo funzionamento interno che nei rapporti con gli Enti pubblici, che non sono da vedere come ostici erogatori di avari contributi, ma interlocutori da affrontare con reciproco rispetto. Tanto il lavoro da fare nel campo della tutela e dell educazione ambientale, in generale nel contesto sociale e con il coinvolgimento delle scuole, come suggerito anche dal recente protocollo di intesa fra CAI e MIUR, aspetti ancora suscettibili di forte incremento in Sezione. Crescere ancora, la sfida che ci aspetta nel La Presidente Carmen Locci

3 GENNARGENTU PRIMA DEGLI 80 ANNI Domenico Lovisato, il Club Alpino Sardo e la teoria della Deriva dei Continenti di Bruno Puggioni Quest anno si commemorano gli 80 anni di vita della nostra sezione, fondata infatti nel 1932 dal geologo Silvio Vardabasso con una memorabile escursione al Monte Santu Miali, in quel di Villacidro. L impresa è stata ripetuta dai nostri escursionisti nello scorso mese di maggio, con in testa il nostro primo presidente rosa della sezione, la quale, nello scorso numero del notiziario Gennargentu aveva riassunto la nascita del sodalizio consultando la fonte dell Unione Sarda del mese di maggio di quel lontano I nostri soci però oggi non ignorano l esistenza di precedenti sezioni alpinistiche presenti in Sardegna alla fine dell 800. A Cagliari e a Sassari infatti erano state istituite due sezioni del CAI che però ebbero vita breve chiudendo bottega la prima dopo un anno e quella sassarese due anni dopo la loro creazione, avvenuta nel Più duratura e consistente fu invece la vita del Club Alpino Sardo, fondato a Cagliari dal geologo istriano Domenico Lovisato nel L iniziativa dello scienziato e la storia del sodalizio, autonomo rispetto al CAI, è stata illustrata nel n 60 del Gennargentu del 1993 con una interessante relazione, frutto di minuziose ricerche d archivio, scritta dal nostro compianto presidente, il prof. Angelo Berio. Trovo invece interessante evidenziare con questa nota un particolare poco noto ai più, dovuto alla genialità del prof. Lovisato, docente di Mineralogia e Geologia all Università, prima di Sassari e poi di Cagliari. E convocata l Assemblea Ordinaria dei Soci presso la sede sociale della sezione di Cagliari in Via Piccioni, 13 il giorno giovedì 25 ottobre 2012 alle ore 12:00 in 1 convocazione il giorno venerdì 26 ottobre 2012 alle ore 20:00 in 2 convocazione Ordine del giorno 1- Elezione del presidente e del segretario dell Assemblea 2- Approvazione verbale dell Assemblea precedente 3- Relazione della Presidente della Sezione 4- Esame e approvazione del Bilancio preventivo Varie ed eventuali E convocata l Assemblea Straordinaria dei Soci presso la sede sociale della sezione di Cagliari in Via Piccioni, 13 il giorno giovedì 22 novembre 2012 alle ore 12:00 in 1 convocazione il giorno venerdì 23 novembre 2012 alle ore 20:00 in 2 convocazione Ordine del giorno 1- Elezione del presidente e del segretario dell Assemblea 2- Approvazione verbale assemblea precedente 3 - Rinnovo cariche sociali del Collegio dei probiviri e del Comitato elettorale 4 Varie ed eventuali Sardo di adozione, il patriota era nato a Isola d Istria nel 1842 e morto nel 1916 a Cagliari, dove è sepolto sotto un blocco di granito di Caprera nel cimitero di Bonaria. A seguito della sua spedizione in Patagonia, organizzata dalla Società Geografica Italiana nel 1881, aveva scritto: Un sistema lineare circuntellurico venne a tagliare quasi in due metà il nostro Globo, portando qua rotture e là separazioni, da una parte spostamenti e dall altra scoscendimenti, le cui falde sarebbero, da una parte la costa occidentale d Europa e d Africa, e dall altra la costa orientale d America. Si intuisce subito che si tratta della essenza di quella teoria, oggi studiata fin dalla scuola dell obbligo, che va sotto il nome di Deriva dei Continenti. Il Lovisato non approfondì con ulteriori indagini e ricerche la sua straordinaria intuizione per cui l ipotesi secondo cui alcune terre emerse fossero riunite in un unica massa continentale sarà pubblicata quasi quarant anni dopo, dal geofisico e meteorologo Alfred Wegner ( ). Sembra comunque che questo scienziato non sia mai venuto a conoscenza dell esistenza del nostro precursore italiano. La ricerca, come sappiamo, è andata avanti; le scienze della Terra oggi ci confermano la validità di questa teoria che, rivista e aggiornata, va sotto il nome di Dinamica della Tettonica a Placche. Se a Cesare bisogna dare quel che è di Cesare allora a Domenico Lovisato bisogna riconoscergli la preveggenza dei Grandi. 4 Per partecipare all Assemblea è necessario presentare la tessera sociale. La Presidente Carmen Locci

4 I Magnifici 7 di Stefania Fulgheri. L anno scorso il GGC è stato contattato da una cooperativa che gestisce attività rivolte a ragazzi con problemi psico-motori, che chiedeva di far vivere ai loro ospiti, una giornata in grotta. I pazienti hanno tutti problematiche differenti, e qualcuno, purtroppo, ha anche problemi di deambulazione, ma ci tenevamo molto ad accontentare queste persone meno fortunate di noi. Così dopo diversi incontri tra me, i membri del vecchio direttivo e la responsabile della cooperativa, scambi di mail e telefonate, per discutere e fare le dovute valutazioni del caso, decidiamo di portarli alle grotte di San Giovanni a Domusnovas. Concordiamo così la data del 21 aprile. Io, personalmente, conto i giorni non vedo l ora di incontrare questi ragazzi di cui tanto ci parla la responsabile. E finalmente arriva il gran giorno. Appuntamento alle 9.30 a Decimomannu. Arrivano puntalissimi su un lucente pulmino rosso. Sette ragazzi, due educatrici e abbiamo pure il fotografo per immortale questa particolare giornata. Facciamo strada fino a Domusnovas, dove ci parcheggiamo all ingesso nord della grotta. I ragazzi scendono e le educatrici fanno le dovute presentazioni. I ragazzi, ci stringono timidamente la mano e si presentano a turno. Ci guardano incuriositi mentre prepariamo i caschi. Ne consegniamo uno a ciascuno, con tanto di illuminazione e comincia la gita. Via via che il tempo passa, sono sempre meno timidi e si affacciano alla ringhiera della grotta... osservano attentamente ogni centimetro della roccia, guardano curiosi quello stillicidio e ascoltano le spiegazioni che forniamo su cosa sia una concrezione, come si forma e quant altro suscita la loro curiosità. Percorriamo tutta la grotta fino a giungere all ingresso sud, dove incontriamo dei ragazzi che arrampicano. Facciamo per un po gli spettatori con tanto di applauso finale. Pausa al bar e si ritorna alle macchine, passando nuovamente all interno della grotta e così abbiamo modo di ammirare qualche angolino sfuggito prima. Finita la passeggiata, è ora di pranzo e ci dirigiamo in un area pic nic, poco distante da lì. Accendiamo il fuoco e qualcuno di loro aiuta con la legna e un simpaticissimo ragazzo aiuta il nostro arrostitore a mettere la salsiccia sulla graticola. Siamo tutti affumicati a causa del venticello che ci butta il fumo addosso e ci fa bruciare gli occhi, ma il fuoco ci piace troppo per allontanarci. E finalmente ci sediamo a tavola e tra una chiacchiera e una risata, si pranza. A noi, piacerebbe fare un altra passeggiata nel bellissimo bosco circostante, ma, ahimè, si è fatto tardi. Bisogna rientrare. I loro visi sono visibilmente stanchi, ma i loro occhi sono pieni di gioia, ci salutano e ci ringraziano. Spero che questa sia solo la prima di tante altre belle esperienze di questo tipo. E stata una giornata speciale che mi ha permesso di conoscere dei ragazzi simpaticissimi che hanno tanto da insegnare e tanto affetto da dare. Un grazie di cuore lo devo al mio amico e collega Gabriele Cirina che ha guidato egregiamente questa giornata e mi ha accompagnata in questa particolare esperienza. Ma il grazie più grande va a questi magnifici 7. COMUNICAZIONI CONVEGNO Il 15 dicembre prossimo, si terrà in città presso la Sala polifunzionale nel Parco di Monte Claro, un convegno a conclusione del nostro 80 anno, con annessa Mostra storica sulle attività e le attrezzature della sezione. Al pomeriggio nella stessa sala verrà presentato alle ore 17 il programma di attività della sezione per il Successivamente il Coro I Fenicotteri si esibirà in alcuni canti alpini. I Soci sono tutti invitati. A chiusura della giornata il comitato organizzatore propone una pizzata sociale. CORO Il Coro sezionale si riunisce ogni venerdì alla ore per le prove; chi fosse interessato, è il benvenuto. COSTITUZIONE DEL GESCAI GRUPPO ESCURSIONISTICO SEZIONE DI CAGLIARI La ricostituzione del Gruppo Escursionistico, richiesta da molti Soci ed approvata dal CDS si è concretizzata il 28 settembre nell Assemblea costituente del Gruppo. Sono stati eletti il presidente ed il direttivo che in seguito si sono riuniti per assegnare gli incarichi previsti. I risultati: Presidente Paolo Selis Vicepresidente Maria Meloni segretaria Emilia Sechi Tesoriere Raimondo Canargiu Magazziniere Giampaolo Muscas Direttore Tecnico Silvana Usai Il giorno assegnato dal CDS per riunioni e incontri resta il lunedì; il Gruppo ha anche un suo sito internet 5

5 GENNARGENTU In Vetta Proprio come il giorno della costituzione della Sezione, ottant anni fa. di Carmen Locci Per ingannare l attesa, mentre in biblioteca aspetto le fotocopie del Bollettino 1893 del Club alpino sardo, da cui spero di trarre materiale per l 80, mi viene la curiosità di vedere se per caso la fondazione della Sezione nel 1932 avesse un po movimentato la placida vita cagliaritana e avuto eco nella pagine dei quotidiani locali. La scarna nota della Rivista mensile del CAI a luglio 1932 dà la Sezione per già costituita. Devo andare poco a ritroso sulle copie de L Unione sarda per trovare negli articoli del 15, 17, 20, 21 e 24 maggio tutti i dettagli sull assemblea costitutiva e la certezza che la fondazione avvenne il 22 maggio sui monti di Villacidro. Quest anno la data risulta stretta fra l Assemblea nazionale dei Delegati del 20 maggio e un escursione sociale già in programma il 27, che fare? All Assemblea non posso rinunciare, ma la responsabile dell escursione accetta di buon grado uno scambio di date e si procede con l organizzazione della giornata. Sarebbe bello riproporre tal quale quella prima escursione. Alcuni soci dedicano con entusiasmo e competenza diverse giornate a studiarla, con qualche adattamento necessario per terminare in tempo utile a riunire tutti, chi sale in cima e chi aspetta a valle, a consumare insieme il pranzo. Il vecchio stendardo sociale per l occasione abbandona il chiuso della sede per riassaporare un ascensione sulle cime del monte santu Miali. Impeccabile lo studio del percorso e molto piacevole la percorrenza, sotto un sole già caldo. L Amministrazione comunale di Villacidro, malgrado i tempi stretti fra i primi contatti e la realizzazione dell iniziativa, 6

6 ci ha accolto ben volentieri, concedendo il patrocinio alla manifestazione, inclusa nel calendario della Primavera villacidrese. Non si è trattato di un puro e semplice formalismo burocratico, ma di una fattiva collaborazione che ci ha aperto le porte del magnifico parco Castangias che è stato sede della celebrazione. Gli amministratori ci hanno supportato nella logistica e con molta cordialità sono intervenuti a portarci un saluto e gli auguri. Nel Parco hanno trovato posto diverse iniziative. Molto gradita l esposizione di fotografie e cimeli, frutto di una paziente raccolta, allestita al pian terreno dell edificio di Castangias. Un viaggio a ritroso nel tempo che ha fatto da degna cornice alla prima uscita pubblica del neonato Coro sezionale. All aperto si tiene una dimostrazione di tecnica speleologica con una teleferica che ha dato modo ai nuovi Soci di cimentarsi con gli ancoraggi e ai più piccini di sperimentare il brivido del passaggio in corda. Magliette, materiale tecnico, e risposte puntuali a mille domande hanno corredato lo stand visitato con curiosità e piacere da Soci e amici. Le incombenze di segreteria e logistica sono ricadute, chi più e chi meno, sui consiglieri; è pur vero che si sono candidati con spirito di servizio verso la Sezione, ma in questa occasione sono andati ben oltre l impegno assunto. Quello spirito di volontariato e abnegazione che abbiamo riscontrato nei giovani sportivi di Villacidro che con tanta bravura ci hanno supportato nell allestimento del pranzo. La partecipazione dei Soci è stata piacevolmente numerosa e ha pressoché eguagliato quella dell Assemblea fondativa, di 170 persone. Abbiamo avuto il piacere di avere con noi il Presidente regionale e il Presidente della Sezione di Sassari che hanno voluto accompagnare in vetta lo stendardo, gli auguri del Presidente generale e della Sezione sarda dell ANA che fu a suo tempo presente.che ci resta della giornata? Un gradito ricordo, tante fotografie, la bella sensazione di essere un associazione che fa buone cose e continuerà nella strada intrapresa. Ciclo escursionismo Con due escursioni organizzate rispettivamente in territorio di Arbus, lungo il Rio Irvì fino a Piscinas, ed in territorio di Cabras, lungo le spiagge e sopra le scogliere della costa del Sinis, è iniziata l attività ciclo-escursionistica della Sezione. Una decina i soci bikers che hanno inforcato le proprie mountain bike e partecipato con entusiasmo ad entrambe le uscite. Non voglio cavarmela con il solito ringraziamento generico per non fare torto a nessuno. La giornata, in cui ho creduto fin dal momento in cui ho avuto fra le mani la copia dell Unione del 15 maggio, non sarebbe stata possibile senza (in rigoroso ordine alfabetico): Giorgio Argiolas, Elisa Azario, Gregorio Bonadies, Pierfrancesco Boy, Paola Campesi, Raimondo Canargiu, Piero Castelli, Tore Cirronis, Manuela Cogoni, Stefania Corona, Mario Gimelli, Giorgio Muntoni, Giampaolo Muscas, Carlo Murgia, Rosaria Natalini, Antonio Palumbo, Teresa Pani, Barbara Pisu, Andrea Placido, Bruno Puggioni, Andrea Scano, Eugenia Scano, Franco Secci, Giuseppina Selis, Miriam Selis, Paolo Selis, Marcello Sello, Cesare Serra, Paola Serra, Giancarlo Sessego, Claudio Simbula, Francesco Spada, Luisa Zedda. Se dimentico qualcuno, sono pronta a scusarmene e preferisco essere considerata smemorata piuttosto che irriconoscente. Grazie ancora a tutti. 7

7 GENNARGENTU Cronache Speleologiche Settembre 2012 L abisso degli abissi: la Spluga della Preta. di Alessio Caddeo Siamo in 3, il 9 sera a lasciare la Sardegna a bordo della nave. Diretti a Livorno, per proseguire poi verso la provincia di Verona, per una vacanza speleologica desiderata da tempo. Se n è parlato a lungo nella sede del gruppo grotte di Cagliari, rileggendo le indicazioni fornite dagli amici del CAI di Verona, e facendo un riassunto del materiale necessario. Arriviamo il 10 pomeriggio a Sant Anna d Alfaedo e subito andiamo a visitare il ponte di Veja, nel parco della Lessinia, utilizzato dal CAI di Verona come palestra. Ne approfittiamo per appenderci e ripassare qualche manovra. Siamo solo in 3 ed è importante che tutto sia in ordine, sia nell attrezzatura, che nella nostra testa. Verso il tramonto, c è anche il tempo per un sopralluogo all ingresso della spluga. Alessio M e Paolo verificano lo stato degli armi del primo pozzo. Io preferisco non vederla, voglio scoprirla completamente il giorno dopo. Andiamo al B&B e scopriamo che il fratello del proprietario è entrato anch egli alla spluga, ci prepara un ottimo risotto e ci mostra il DVD l abisso che parla proprio della storia delle esplorazioni alla spluga. Fantastico. Ci mettiamo a letto, immaginando i pozzi ed i meandri di uno degli abissi più famosi. La mattina ci alziamo con calma e facciamo un ottima colazione, ci prepariamo e alle 11 siamo nuovamente all ingresso della grotta. Un grande pozzo, il de Battisti, con una calata da 131 metri, tutti sul vuoto. Paolo prepara l armo, ed in breve è al primo ed unico frazionamento, che va sul vuoto sino al fondo del pozzo, 130 metri sotto. Sono le 12, la giornata è serena, il sole riscalda e nonostante i 1495 msl la tuta speleo mi fa sudare. Paolo dà il libera, tocca al secondo. Chi va? Pari o Dispari? Pari! Va Alessio M. Continuo a fare foto e a rilassarmi mentre anche il secondo arriva sul fondo. Tocca a me, arrivo! La sensazione è fortissima, il vuoto sotto immenso, riesco a mantenere la concentrazione e ripasso mentalmente tutte le manovre mentre le effettuo. Sto concentrato sugli attrezzi e riesco a ignorare quel vuoto incredibile che c è sotto. Scendo, accendo la luce e mi guardo intorno: un pozzo con un apertura di 4 metri di diametro circa, si allarga a campana man mano che scendo, gli ambienti diventano enormi, a stento riesco a vedere le luci dei miei compagni che stanno sul fondo... incredibile che cosa è riuscita a fare la natura! Facciamo le foto di rito, e ci avviamo con determinazione verso le viscere più profonde della terra, uno sguardo al rilievo e alla descrizione dei passaggi e subito affrontiamo un saltino di 4 metri, un breve meandro e due salti da 10. La grotta è tutta armata con corde nuove, e questo semplifica notevolmente la nostra progressione. Arriviamo in breve tempo al pozzo da 108 metri, con numerosi frazionamenti, che percorriamo abbastanza spediti, sempre con la massima concentrazione. Arrivati alla base, inizia un meandro, non è particolarmente stretto, ma portiamo con noi le sacche con il materiale per fare il campo, e questo ci rallenta un poco. Alcuni passaggi caratteristici, come la cassa da morto, conducono in sala Spugne. Piccola pausa, un po di acqua, un po di frutta secca e si riparte. La grotta ha 6 gradi centigradi costanti, ma camminando si sta bene. Continuiamo la progressione attraverso meandri e passaggi. Le indicazioni sono quasi sempre chiare, e sono presenti vari caposaldi che ci confermano la direzione. Ogni sala poi ha il nome indicato. Arriviamo al pozzo da 88, poi ancora meandro e quindi, finalmente siamo in sala Cargnel. Qui incontriamo il torrente, che seguiremo per il resto della progressione. Affrontiamo uno stretto meandro di 90 metri, con alcuni passaggi in strettoia, tecnico e faticoso, talvolta strisciando nell acqua del torrente. 8

8 Finalmente siamo in sala Boegan, caratterizzata da un forte stillicidio, continuiamo e scendiamo il pozzo del frastuono, la sala del serpente e proseguiamo nei meandri della spluga. Scendiamo attraverso un caratteristico passaggio, chiamato la botola ed arriviamo al pozzo del chiodo, 45 metri di discesa. Sono ormai quasi le 23, siamo stanchi, decidiamo di fare il campo e riposarci un po. Cuciniamo un risotto alla marinara ed una zuppa d orzo, un lusso mangiare qualcosa di caldo la giù a -500 metri dalla superficie, con 6 e 100% di umidità. E meglio riposare qualche ora, riordinare le idee e decidere il da farsi. Dormiamo nei sacchi a pelo, con le coperte termiche, e numerosi strati di pile sopra, ma il freddo e l umido si sentono eccome. Alle 3 siamo tutti svegli, e ci prepariamo un cappuccino bollente. Piccole cose che si fanno apprezzare! Siamo almeno a 12 ore dall ingresso e per il pomeriggio le previsioni davano temporale... sarà meglio arrivare almeno in sala Cargnel per quell ora penso. Decidiamo di rientrare, ci aspettano numerosi e faticosi pozzi da risalire, ma almeno ci scaldiamo! Tolgo dall imbrago tutto quello che non mi occorre per risalire, in modo da essere più spedito nelle strettoie. Una pedalata dopo l altra, un frazionamento dopo l altro, un pozzo dopo l altro ci ritroviamo piano piano sempre più vicini all uscita, ancora una volta sono le strettoie a rallentarci ma ormai ricordiamo le posizioni da assumere e filiamo lisci anche nei punti più insidiosi. Alle 16 arriviamo finalmente al pozzo iniziale, il 131. Gocciola, ma dall ingresso non cadono pietre. Inizio la risalita, lunga e faticosa, con la sacca appesa pedalo con costanza per guadagnare l uscita. Inizia a piovere, ho passato la metà, continuo, senza guardare in alto. Non si sa mai che possa cadere qualche sassolino. Arrivato a poche decine di metri dall uscita, il tempo peggiora, piove forte, a tratti grandina. Non manca molto, per montare il discensore e scendere, impiegherei lo stesso tempo che ci vuole ad uscire. Continuo, aumentando il ritmo. In breve son fuori, comunico via radio con i miei compagni che il tempo è pessimo, il vento forte, e piove tanto. E inutile forzare i tempi, loro si mettono comodi in un posto protetto. Io vado alla macchina, mi cambio, controllo le previsioni del tempo e avviso della situazione i compagni del gruppo di Cagliari che attendevano nostre notizie. Sono quasi le 18, pioverà sino alle 2 di notte. La situazione non è certamente ideale, ma non è nemmeno pericolosa, in montagna spesso bisogna solo saper aspettare. Comunico via radio le previsioni e aggiorno ogni tanto i compagni sulla situazione. In questa situazione, sono consapevole che ho una grossa responsabilità: sono l anello di comunicazione tra i miei compagni ed il mondo esterno. Quando non c è niente da fare, meglio non fare niente, la situazione si sistemerà da sola. Mi metto in macchina e leggo. I miei compagni si sdraiano nei sacchi a pelo e aspettano notizie. Il temporale è veramente forte. Il vento freddo ogni tanto scuote la macchina, i lampi solcano il cielo e piove che dio la manda! I miei compagni mi raccontano che alla base del pozzo si forma addirittura una cascata che crea un notevole spostamento d aria. chissà come sarà il torrente che passa in sala Cargnel penso. Ma i miei compagni sono in un posto grande e tranquillo, centinaia di metri sopra la parte attiva della grotta. Mantenere la calma anche nelle situazioni impreviste, evita la maggior parte degli incidenti. E i miei compagni son gente in gamba, non mi preoccupo più di tanto. Continuo a leggere e aspetto. Intorno alle 23 ormai non piove più da una buona mezz ora, il cielo inizia a schiarirsi e spuntano le stelle. Mi fiondo al bordo del pozzo, e sveglio i ragazzi. Forza, salite! Il temporale è passato. Buttano tutto nelle sacche, e si lanciano sulla corda, iniziando la lunga risalita. Prima Alessio M poi Paolo raggiungono l uscita, il vento è ancora freddo e sistemiamo la roba in fretta. In macchina finalmente ci rilassiamo, assaporando ancora l esperienza appena vissuta. Sono le 3 del mattino, accendiamo la macchina e partiamo, destinazione dolomiti di Brenta! Un ringraziamento ai compagni Alessio Mereu e Paolo Ibba per la splendida avventura, a Giorgio Annichini del CAI di Verona per tutte le utili indicazioni, e al b&b Molina per il supporto! 9

9 Trekking nel Parco Naturale del Gruppo di Tessa Alpi Venostane e Alpi dello Stubai GENNARGENTU di Eugenia Scano 10 DAL 18 AL 25 AGOSTO 2012 PARTECIPANTI: Eugenia Scano, Gigi Moi, Carmela Erriu, Mario Gimelli, Paola Toriggia, Sandro Galzerino, Alba Majeron, Roberto Lai, Enrica Giagu, Elena e Pierfrancesco Boy Ecco, finalmente ci siamo! E trascorso un anno dall ultima esperienza e ora pronti, si parte! Lasciamo Cagliari al suo caldissimo agosto, eccitati ed emozionati voliamo a Verona. Da qui in treno ci spostiamo a Merano dove incontriamo Luisa ed Antonio Palumbo, in loro compagnia trascorriamo una piacevole serata. Merano, cittadina elegante e vivace circondata da splendide montagne, è davvero in una posizione ideale come base di partenza per il parco naturale del Gruppo di Tessa. La nostra passione e la magia della montagna hanno nuovamente permesso l avvio e la realizzazione di questo piacevole e appassionante trekking. L entusiasmo del gruppo, unito alla scoperta magica della natura, hanno reso indimenticabile questa nuova esperienza, caratterizzata da camminate affascinanti e accoglienti rifugi. Il nostro trekking, prevalentemente escursionistico, interpreta nel migliore dei modi lo spirito dello Statuto del Club Alpino Italiano, ovvero la conoscenza e la frequentazione delle montagne. cosi tra i monti, inizia la nostra avventura: zaino in spalla attraversiamo sentieri e tratti boscosi; ben presto incominciamo a guadagnare quota, un saliscendi dopo l altro. Proseguiamo tra campi coltivati, sotto un sole cocente, quando finalmente raggiungiamo Maso Gelato. Qui, si elevano in circolo, quasi come una corona, le montagne, tutte con qualche residuo di neve ghiacciata. In questo primo giorno, nonostante la fatica, godiamo di momenti magici per la natura che ci circonda. La mattina successiva siamo tutti tranquilli ed euforici per le previsioni meteo a dir poco eccezionali, almeno per qualche giorno! L unico timore rimane il caldo, che affrontiamo rinfrescandoci nelle acque gelide delle numerose cascate che incontriamo durante il percorso. Sì, è vero, abbiamo le gambe provate dal caldo e dalle salite del giorno prima, ma la simpatia, le chiacchierate coi compagni e i paesaggi stupendi ci fanno dimenticare la fatica. Camminiamo su un bel sentiero fino al rifugio, la giornata è davvero splendida. Ci ritroviamo sorpresi ed entusiasti per aver raggiunto quasi senza accorgercene la seconda meta, la bellezza di queste montagne ci fa sopportare qualsiasi fatica. Petrarca e gruppo Sguardo verso Valle e Giogaia di Tessa L Altissima è di fronte a noi, splendida nel sole, imponente nella sua forma. Mentre alcuni di noi cercano di riposare, Gigi e Roberto, si dirigono verso la vetta. Hanno deciso di affrontare un ulteriore sforzo e arrivare in cima davvero un grande impegno!

10 Maso Lazins con vista verso l Altissima Il giorno seguente, superata la faticosa discesa, decidiamo di proseguire e raggiungere il lago Ehrensee. La giornata, alquanto impegnativa, si conclude con una sistemazione particolarmente confortevole: ci hanno riservato una saletta per la cena dove godiamo di uno spettacolare panorama montano, gustando le pietanze offerte dalla cucina locale. In lontananza notiamo il rifugio Plan (2989 m), arroccato in un incantevole posizione è un tale spettacolo che ci sembra di sognare, un vero paradiso. Di sopra e vicini alla grande Cima delle Anime (3489 m) il panorama è davvero unico, siamo circondati dal piccolo ghiacciaio di Plan, notevolmente ritirato a causa dei noti cambiamenti climatici. Insieme all aria pura e fresca, si respira davvero tanta emozione troviamo Pierfrancesco con la piccola Elena e così percorriamo il tragitto in loro compagnia sino al rifugio Monteneve. Elena, iscritta all Alpine Baby Club della nostra Sezione, da subito dimostra una certa disinvoltura nell andare per monti e stupisce tutti. Complimenti a Elena! Siamo tutti un po stanchi, ma soddisfatti per le bellezze del paesaggio. Sentiamo e viviamo un grande senso di libertà nel camminare tra queste montagne finché, superata una serie di tornanti in salita, davanti a noi spunta la chiesetta e il rifugio Monteneve; salvi giusto in tempo da un altro temporale!! Il giorno dopo, nonostante il tempo incerto riprendiamo la nostra marcia; pian piano la perturbazione lascia spazio a qualche schiarita, le montagne riprendono forma, resiste ancora per poco una leggera foschia dopodiché le cime ci appaiono nuovamente nel loro splendore.. È fantastico, siamo circondati da un paesaggio di una marmotta straordinaria bellezza. Ci riempiamo gli occhi di montagne meravigliose, montagne severe che superano i 3000 metri. Tutti noi siamo contenti, ripensiamo all itinerario condiviso in questi giorni, un percorso bellissimo con salite e discese non sempre facili che ci hanno procurato qualche affanno; proprio per questo la nostra soddisfazione è ancora più grande! Molti raggiungono la malga, mentre Gigi inizia una lunga e ripida salita fino ai primi laghetti, sulle cui rive si dice ci sia una colonia di marmotte, lui attende pazientemente ed ecco le buffe marmotte che appaiono, per poi scomparire velocemente. Plan 2989 m Il sentiero, a tratti attrezzato con funi di sicurezza, ci impegna maggiormente nella discesa, cosi pure il dislivello che stiamo per affrontare, quando, a metà percorso, ci sorprende un forte temporale. Camminiamo a passo sostenuto nonostante i lampi e i tuoni ma improvvisamente ecco l arcobaleno, i colori e il paesaggio sono un incanto. Mario va avanti a scattare fotografie anche sotto la pioggia. Dopo un attimo di esitazione nel capire quel che stava facendo, scoppiamo in una risata! L indomani, ripreso il cammino, affrontiamo la discesa ed in tre ore raggiungiamo Moso in Passiria. Ad attenderci gruppo fine trek La nostra avventura sta per terminare, ci dispiace lasciare la meravigliosa Valle di Lazzago dove Erwin, gestore della malga ha accolto il gruppo con simpatia facendoci sentire a casa nostra. Poi, la discesa verso la Val Ridanna sino raggiungere il grazioso centro medievale di Vipiteno. Noi tutti siamo sicuri che questa entusiasmante esperienza rimarrà a lungo nei nostri ricordi 11

11 GENNARGENTU Mont Blanc di Sandro Demelas Resoconto della traversata del massiccio e dell ascesa alla cima del Monte Bianco (4810 m), compiuta, tra il 22 e il 26 luglio 2012, dai soci Sandro Demelas e Amina Garau. L articolo è un utile riferimento per coloro che, pur privi di esperienza di alta montagna, intendessero, dopo un attenta preparazione, e coltivando un sacro rispetto verso la meteorologia, intraprendere l ascensione in autonomia. Per il testo integrale dell articolo e le foto - tiscali.it/2012/08/01/113-mont-blanc/ 12 PRIMO GIORNO da Cagliari (6 m slm) a Chamonix (1035 m) Ho dormito bene e la giornata inizia lenta. Sgrano il solito rosario di gesti primitivi, in attesa di raggiungere insieme a Amina l aeroporto. Durante il volo per Bergamo, attraverso lo stretto oblo di plexiglas, e nei giorni successivi, non mancherò mai di osservare segretamente gli auspici meteorologici del cielo, la forma delle nuvole, il vento, almanaccando sempre e comunque bel tempo da Nord. Giunti a Orio al Serio, noleggiamo un auto e partiamo verso Chamonix. Trascorriamo la notte in un albergo della cittadina dell Alta Savoia. La finestra della nostra camera si apre verso sud. So che lui è lì. Ne ho già intuita la sagoma lungo la strada per giungere fino a qui, ma senza chiamarlo mai per nome. Esco sul balcone, ed eccolo, senza possibilità di confonderlo con qualche altra cima. Chiamo Amina e glielo indico con il dito: quasi quattromila metri più in alto di noi, ecco il Bianco. La calotta di ghiaccio del Monte Bianco è ornata da un diadema di nubi filamentose che si allungano e si dissolvono seguendo i capricci del vento in quota. Ancora la meteorologia, e ancora avverto una sensazione lenta, un plesso caldo che si dilata all altezza della bocca dello stomaco. Indico in silenzio il monte ad Amina e lei risponde invece con un sorriso, entusiasta, come se fosse naturale, come se si trattasse di uscire dall albergo, svoltare dietro l angolo, e arrivare lassù. Sono contento che Amina sia qui. Abbiamo studiato insieme l ascensione. Abbiamo valutato ogni dettaglio, l allenamento, la dieta, l acclimatamento, l attrezzatura e l abbigliamento, il percorso e le vie di fuga, la tecnica, la logistica e la psicologia. Abbiamo scelto di effettuare la salita che dal Cosmiques porta alla spalla del Mont Blanc du Tacul, poi al colle del Mont Maudit, e fino alla vetta del Monte Bianco poiché tutti gli autori ne forniscono una descrizione entusiastica. Si tratta di un percorso vario e panoramico, anche se è più complesso della salita per la via normale, lungo la quale scenderemo. La traversata permette di conoscere una parte molto ampia del massiccio. La salita sarà progressiva e favorirà l acclimatamento. Oggi pernotteremo a Chamonix (1000 m). Domani saliremo in quota con la teleferica dell Aiguille du Midi (3800 m) e trascorreremo la giornata sul ghiacciaio, per poi ridiscendere e dormire al Plan de l Aiguille (2200 m). Il giorno dopo, saliremo direttamente al rifugio des Cosmiques (3600 m) e trascorreremo una giornata di completo relax in attesa di partire per l ascesa finale, lungo la via nota come dei Tre Mont Blanc. Partiremo per la vetta nelle prime ore del giorno seguente e cammineremo sui ghiacciai per circa 1500 m complessivi di dislivello in salita. Raggiungeremo la cima del Mont Blanc in 8/10 ore. La via di discesa prevista è quella che passa per il rifugio Gouter, ovvero la via normale francese, che chiude il percorso di traversata del Massiccio. Si tratta anche della soluzione più pesante, in termini di dislivello in discesa: circa tremila metri. Lasciamo aperta la possibilità di valutare, una volta giunti in vetta, il percorso di discesa, in base alla nostra condizione fisica, e al meteo. Le scelte sono, in ordine di impegno fisico crescente: il rientro all Aiguille du Midi sul medesimo percorso dell andata, la discesa, per les Grand Mullet, al Plan del l Aiguille (2500 m di dislivello in discesa), la discesa prevista verso Bellevue per il Gouter (3000 m). A Chamonix compriamo gli occhiali da ghiacciaio, grado di protezione quattro, noleggiamo i ramponi e facciamo scorta di alimenti energetici in barrette e in gel. E d obbligo una visita al monumento che ricorda il sardo Balmat e il savoiardo Paccard, la prima ascensione al Monte Bianco del 1786, e con essa, la nascita dell Alpinismo.

12 La nostra dieta è costituita da carboidrati e verdure in quantità, poche proteine e pochi grassi. Alla ricerca di un ristorante dove cenare, ci imbattiamo nell Annapurna Restaurant. Il nome è propizio, e il cibo, indiano: riso speziato con verdure e carne. Su una parete del locale, è appesa una fotografia dell Annapurna, l Ottomila nepalese, quella montagna la cui ascensione è considerata tra le più pericolose del nostro pianeta. Ma questo, ad Amina, non lo dico. Non le dico nemmeno che il Monte Bianco è la montagna dove avvengono più incidenti mortali al mondo: ogni anno, circa cento; e dove è maggiore il tasso di fallimento delle ascensioni: un alpinista su tre desiste prima di arrivare in cima. Non glielo dico, ma sappiamo entrambi che la nostra ascensione richiede molta concentrazione e prudenza. Il proprietario indiano del ristorante s infervora quando gli chiediamo il significato originario del nome di quel monte, che è anche il nome del suo ristorante. Ogni montagna, in Nepal, ha il nome di un dio, dice. Annapurna è la dea dell Abbondanza. Rientriamo in albergo, prepariamo gli zaini, e collochiamo ciò che non porteremo con noi nel baule dell auto. Nella tradizione giudaica e musulmana, i nomi di Dio sono numerosissimi, a testimoniare l incapacità umana di esprimere la totalità del Dio con un solo nome. Dio, Javhé, Al-Ghaniyy (Colui che abbonda di ogni cosa); Annapurna. SECONDO GIORNO da Chamonix (1035 m) a l Aiguille du Midi (3800 m) e al Plan de l Aiguille (2203 m) Dopo la colazione, eccoci alla stazione della teleferica che collega Chamonix con il Plan de l Aiguille (2317 m), prima, e con l Aiguille du Midi (3842 m), poi. La teleferica attraversa da Nord a Sud il massiccio del Monte Bianco e prosegue verso Courmayer. L Ottava meraviglia del mondo fu costruita negli anni Cinquanta, senza l uso dell elicottero, superando il dislivello con soluzioni arditissime, tra cui il cosiddetto pilone sospeso, un artificio introdotto per ovviare all impossibilità di costruire i piloni della teleferica lungo il percorso di cinque chilometri sopra i ghiacciai. In venti minuti la teleferica ci trasporta su fino all Aiguille du Midi. La temperatura dell aria è prossima allo zero. Noi indossiamo i nostri indumenti pesanti. Non altrettanto fanno i numerosi turisti che salgono all Aiguille in sandali e maglietta. All uscita della cabina, attraversiamo un tunnel scavato nella roccia e sostiamo alcuni istanti su un vertiginoso ponte sospeso. Rientriamo all interno della roccia e giungiamo, con percorso sotterraneo, all ultimo tratto del tunnel nel ghiaccio, e al terrazzino terminale aperto verso il ghiacciaio. Un cancelletto con la chiusura a molla impedisce ai turisti di proseguire. Solo gli alpinisti possono proseguire. Indossiamo i ramponi e le ghette, e ci leghiamo in cordata. Ci proteggiamo la pelle del viso con la crema solare, e siamo pronti. Poi, ci avviamo lungo la sottile cresta di neve ghiacciata che ci condurrà al Col du Midi. Il primo impatto con la tecnica di progressione su ghiaccio è positivo, malgrado la cresta che percorriamo in discesa sia molto ripida ed esposta. La traccia è larga appena cinquanta centimetri. Sia a destra, sia a sinistra del nostro senso di marcia, si estendono pendii ghiacciati inclinati ben oltre i 50. L impressione generale è che, semplicemente inciampando sui propri ramponi, si corra il rischio di scivolare giù, direttamente sui tetti di Chamonix. Il nostro programma prevede una breve escursione attraverso il Col du Midi, allo scopo di trascorrere qualche ora in quota e di impratichirci nella progressione con i ramponi (che nessuno di noi due ha finora mai usato), della piccozza e delle tecniche di sicura. Scendiamo fino alla quota di 3500 m. Poi, risaliamo lungo il primo tratto del versante del Tacul, fino alla quota di 3600 m. Il respiro si fa già corto. Infine, risaliamo verso l Aiguille du Midi e totalizziamo un modesto dislivello in salita di circa quattrocento metri, sufficienti a farci sudare e sbuffare come caffettiere. Attraversiamo alcuni crepacci, e siamo di nuovo sulla cresta affilata, in prossimità della stazione della teleferica. Al riparo delle vetrate dell Aiguille, seduto all interno del panoramico ristorante della stazione ormai deserto, mi sento un po come un astronauta sulla stazione spaziale, dopo una giornata di attività extra-veicolare. Decidiamo che ci meritiamo una cioccolata calda. Restiamo seduti per un po, godendo del calore del ristorante e di quello stesso silenzio che poi, anche dopo il rientro a casa, mi accompagnerà per molti giorni ancora. Poi, ridiscendiamo al Plan de l Aiguille con la teleferica e raggiungiamo il rifugio (2203 m) dove pernotteremo. Il menù è saporito, e abbondante. Mangiamo la minestra di verdure, con pane e formaggio, carne di agnello con contorno di tagliatelle (ma qui siamo in Francia, e nessuno ha naturalmente nulla da obiettare), un dolce, il tutto accompagnato da acqua fresca in quantità. Dopo aver fatto una doccia calda, l ultima fino al rientro a casa, ci addormentiamo profondamente. TERZO GIORNO DA PLAN DE L AIGUILLE (2203 m) AL RIFUGIO DES COSMIQUES (3613 m) Dopo la colazione, risaliamo all Aiguille con la teleferica. Discendiamo la cresta affilata con un passo un po più sicuro rispetto a quello del giorno prima e, giunti al Col du Midi, ci dirigiamo tranquilli verso il vicino rifugio des Cosmiques (3613 m). Sono quasi le Ora attenderemo con tranquillità, e in assoluto riposo, il momento della partenza verso la vetta. 13

13 GENNARGENTU QUARTO GIORNO traversata dal rifugio des Cosmiques (3613 m) al Mont Blanc (4810 m), al rifugio Tete Rousse (3100 m) Mi sento bene. Il ritmo respiratorio è profondo e regolare. L aria sottile stuzzica l appetito. Mangiamo pane e miele, albicocche e mandorle secche, marmellata, una mela. Dalla terrazza del rifugio, il Bianco si mostra proprio davanti a noi, e possiamo anche studiare a vista la prima parte del percorso di ascesa, fino alla spalla del Tacul. Vediamo, in basso rispetto a noi, anche la via des Grand Mullet, un alternativa alla discesa per Gouter. Sotto di noi si distende il bellissimo ghiacciaio des Bossons, tormentato da seracchi caotici e crepacci profondissimi, colorato di verde e blu. Parla la stessa lingua primordiale di una colata vulcanica, e restiamo a osservarlo a lungo, nella sua discesa ipnotica verso valle. Trascorriamo parte del pomeriggio seduti in terrazza, crogiolandoci al calore del sole, finché a un tratto, il cielo si rannuvola, e cala la sera. Ceniamo con l immancabile minestra di verdure, il formaggio, il riso, la carne, il dolce. La nostra camera ospita molti alpinisti che già dormono da un pezzo. Dopo un controllo dell attrezzatura, andiamo a dormire nei nostri sacchi lenzuolo. Amina imposta la sveglia per l una del mattino e, poco dopo, nel buio, sento il suo respiro farsi lieve e rapido; dorme. Io devo fare ancora i conti con la pianificazione della giornata che ci attende, esploro ancora tutte le variabili, cercando di dare una risposta sensata a tutte le domande che affiorano tra i miei pensieri in questa notte di attesa. Passano le ore e il sonno non mi raggiunge. Nemmeno con i tappi piantati bene in fondo alle orecchie riesco a prendere sonno, in mezzo al sonoro russare che mi circonda. Tra breve suonerà la sveglia. Sono vigile, teso. Finalmente, mi rilasso, sento il peso dei piedi, poi quello delle gambe e poi quello della schiena appoggiarsi sul materasso. Allontano i pensieri rumorosi fuori dalla mia percezione. Intuisco che il cuore rallenta e il respiro si fa profondo. Ricostruisco un paesaggio amico, la cima del Monte Arcosu, il sole caldo e il cielo terso, senza una bava di vento, come l ultima volta che vi siamo saliti insieme con Amina, con le farfalle rosse e gialle intorno, e il terreno morbido e profumato di timo dove sdraiarsi a faccia in su, coprendo gli occhi con il cavo del braccio, e quell assopirsi quieti, come se il sole, nella sua parabola diurna, si fosse fermato per un lungo istante all apice, prima di muoversi ancora verso il pomeriggio e darci una scossa per dirci: è ora di andare. Amina è precisa. Si è occupata dell organizzazione del viaggio e la tabella di marcia è scritta su un lungo foglio elettronico che include tutte le informazioni sui luoghi e sugli orari, da quelle necessarie, a quelle semplicemente utili, a quelle amabilmente inutili. L orario della partenza dal rifugio, l 1.35, era già stato stabilito cabalisticamente da mesi. La sveglia del telefono e quella del suo orologio digitale suonano a distanza di pochi secondi una dall altra. Ci alziamo e, alla luce delle lampade frontali, ci vestiamo rapidamente. La colazione dell una del mattino è già pronta sui tavoli del refettorio. Un cartello all ingresso del rifugio, chiarisce: Colazione servita alle 01.00, alle 03.00, alle e alle 07.00, precise. Prima dell ora, non è ancora ora. Dopo l ora, non è più ora. Paghiamo con un piccolo ritardo sull orario di partenza la nostra mancanza di esperienza alpina. Tra la regolazione dei ramponi, operazione non banale a meno cinque gradi sotto zero, i guanti di Amina che non si trovano (ne abbiamo portato con noi due paia a testa), la formazione della cordata, ci ritroviamo fuori dal rifugio, sotto le luci alogene esterne, alle due e dieci. Taro l altimetro aneroide: ci troviamo a 3610 m sul livello del mare. Siamo gli ultimi a muoverci, di quella che è una breve colonna di alpinisti. Le luci dei primi sono già lontane nella notte e risalgono a zig-zag il ripido versante del Tacul. Prima di partire, scattiamo alcune foto. Le riguardo ora, e noto che entrambi sorridiamo. C è un fatto da dire, sulle foto: la temperatura sotto zero e il vento in faccia non si avvertono più, quando si riguardano, a casa. Nella foto non sono rappresentati né i seracchi incombenti, né la labile traccia notturna che si perde nella neve ghiacciata. Certo, il ricordo di quello che mi passava per la testa in quel momento resta, in qualche modo, appiccicato alla fotografia. Ma questo, tu che guardi ora la foto, non lo puoi vedere. Il primo tratto è in discesa, verso il Col du Midi. Le alogene del rifugio proiettano le nostre ombre su una balza nevosa di fronte a noi e, per alcuni minuti, ci pare di camminare 14

14 assieme ad altri alpinisti. Poi, le alogene si spengono, e proseguiamo da soli lungo la traccia nel buio. Il nostro abbigliamento consiste, di pantaloni in schoeller, sopra, e calzamaglia in pile, sotto; maglia in polipropilene, pile pesante e giacca. Abbiamo entrambi un tubolare in pile che protegge il collo, e un cappuccio, anch esso in pile, oltre al cappuccio antivento della giacca, e al casco da roccia. Calziamo guanti e calze da sci. Io indosso scarponi rigidi. Amina calza pedule, con due paia di calze da sci. Durante le pause, soffrirà un po il freddo ai piedi e alle mani. Sul casco è montata la lampada frontale. Trasporto due litri e mezzo d acqua, distribuiti tra una borraccia coibentata a bocca larga, un thermos e una bottiglia in PET. Alla fine della giornata, all arrivo al Gouter, avrò bevuto tutta la mia acqua, condita da amari sali minerali al sapore di arancia. Nello zaino ho riposto il GPS con la cartografia elettronica e le tracce del percorso e delle vie alternative. In tasca, a parte il coltello Edelrid e il burro-cacao, ho un vecchio altimetro aneroide, la bussola da orienteering e le fotocopie della cartografia IGN. La macchina fotografica è a portata di mano, nella tasca pettorale della giacca. All interno del casco ho riposto il telo termico e un fischietto. Siamo legati in cordata con una corda gemella da 50 m, e procediamo di conserva a una distanza reciproca variabile, dai due ai dieci metri, a seconda della natura del terreno. Utilizziamo il cordino da ghiacciaio. L attrezzatura tecnica personale, oltre ai ramponi, alla piccozza, a due bacchette con rotelle e all imbrago, consta di tre moschettoni tipo HMS, un discensore, una carrucola con sistema autobloccante, fettucce e cordini. Ho con me due viti da ghiaccio. Il cielo è coperto. La temperatura non è così bassa come mi aspettavo. Le previsioni meteo, che leggiamo ogni giorno da settimane, descrivono una nottata con cielo coperto e una mattinata serena. Durante la serata è previsto qualche rannuvolamento. Lo zero termico, durante il giorno, salirà fino ai 4000 metri. I venti in quota saranno deboli o assenti. Il bollettino di ieri accenna a una possibile perturbazione ciclonica di origine africana che potrebbe investire il massiccio nel pomeriggio di domani. Con questi pensieri, attacchiamo la salita verso la spalla del Tacul. La neve ghiacciata scricchiola sotto i nostri ramponi. Dopo un lungo tratto, recuperiamo il contatto con una cordata che ci precede. Procediamo dietro di loro, in fila indiana, su una pendenza che, a tratti, cresce fino a quaranta gradi. Attraversiamo alcuni gruppi di crepacci e intuisco che ci troviamo sotto una seraccata. Aumentiamo il passo. In circa due ore dalla partenza, e dopo aver attraversato il crepaccio terminale senza problemi, siamo alla spalla del Tacul (4150 m). Facciamo una breve pausa per bere e sgranocchiare qualche alimento. Intanto, già dalla metà circa della salita, camminiamo avvolti da una fitta nebbia. Durante la sosta, spuntano dal nulla due alpinisti che, marciando in direzione opposta alla nostra, ci incrociano e mormorano al nostro indirizzo: sembra che quella non sia la strada giusta per la cima! Davanti a noi, la cordata che ci precedeva è sparita nel buio. La mia mappa mentale del Monte Bianco contempla che, dopo il superamento della spalla del Tacul, si debba contornare in leggera discesa i versanti del Mont Maudit in senso orario, fino al Col Maudit (4035). La nostra direzione sembra giusta. Sorella bussola e fratello altimetro confermano. Un gesto di saluto ai due alpinisti che vanno nella direzione opposta, e siamo di nuovo in marcia. Siamo sopra quota quattromila metri, il vento è teso e la temperatura è scesa rapidamente. La temperatura avvertita non supera i quindici gradi sotto zero. Camminiamo per un po nel buio. Individuo alcuni crepacci disposti longitudinalmente rispetto al nostro verso di marcia e risalgo 15

15 16 GENNARGENTU un po lungo il pendio, mantenendo una rispettosa distanza da quelli. Respiriamo bene e non soffriamo la quota. Verso le cinque del mattino, una luce bluastra che si diffonde tutt intorno, annuncia che l alba è vicina. Intanto abbiamo riagganciato il gruppetto dei tre. In lontananza, davanti a noi, si sentono grida concitate. Incrociamo gruppi di alpinisti che tornano indietro lungo il percorso. Quattro o cinque cordate girano i tacchi e rinunciano, davanti alla salita del muro di ghiaccio del Col del Mont Maudit (4354 m). Preferiscono rientrare verso il Cosmiques. Sembra che la fama del Mont Maudit, il monte Maledetto, anche oggi si nutrirà della suggestione di molti alpinisti. Con le prime luci dell alba, la nebbia lascia filtrare l immagine di un gruppo di alpinisti appeso alla parete davanti a noi. Il muro del Col del Mont Maudit è una parete d inclinazione pari a sessanta gradi. Lo sviluppo complessivo della parete è di sessanta metri. Un primo tratto di circa trenta metri, presenta ghiaccio vivo. Un passaggio su roccette di una decina di metri porta al secondo tratto, di neve ghiacciata, un po meno inclinato e, poi, al colle. La salita è armata con corde fisse di condizione e ancoraggio incerti. Dopo una breve risalita a zig-zag sul pendio sottostante, alle sei del mattino ci ritroviamo alla base del muro. La via è occupata da almeno cinque cordate. Una corda fissa arriva dall alto e termina in prossimità della cengia sulla quale ci troviamo ora. In realtà la cengia non è altro che un margine del crepaccio terminale del ghiacciaio sottostante. Il pendio prosegue ripidamente verso il basso, e la nebbia non lascia intuire per quanto. Scivolare lungo la salita del muro, significherebbe andare a scoprire cosa c è là sotto. A cinque metri da me, più in alto, è in sosta una guida spagnola che sta cercando di tirare su il proprio cliente. C è anche, ad un metro da lui, un francese che assicura dal basso il compagno che risale lungo una corda fissa tesa un po oltre. Una cordata di quattro occupa una corda fissa che risale direttamente fino alle roccette trenta metri più in alto. Altri fanno sicura dall alto ai propri clienti, i quali risalgono utilizzando altre corde che qua e là spuntano dal ghiaccio. Molti alpinisti sono aggrappati contemporaneamente alle stesse corde logore ghiacciate. Si sente la concitazione degli avambracci contratti e dei ramponi che incidono la superficie verde del ghiaccio vivo lasciando morsi di metallo; urla, dall alto, in tutte le lingue, mugugni, dal basso, nella lingua universale di chi, su quel muro, ha deciso di non muoversi se non issato di peso da un braccio amico. Il passaggio non sembra particolarmente difficile. Il contorno, però, desta inquietudine. Ghiaccio e verticalità descrivono un paesaggio dove tutto, prima o poi, sembra attratto senza possibilità di appiglio, verso il basso. Attendiamo il nostro turno. Amina ha freddo e anch io inizio ad avvertire un certo disagio. Ci troviamo a metà di una parete di ghiaccio, il vento ci maltratta e la sensibilità di mani e piedi sarà difficilmente garantita a lungo, se resteremo qui fermi. La nebbia contribuisce a rendere la situazione più scura. A tratti, non si vede a un palmo dal naso. Non sarebbe facile rientrare al Cosmiques da qui, e non mi piace l idea di passare sotto i seracchi del Tacul di giorno. E poi, ancora e sempre di più, soffriamo il freddo. Dobbiamo muoverci, e in fretta. Questo è il momento in cui si decide la nostra avventura sul Bianco, penso. Non possiamo aspettare che le altre cordate liberino la via. Dobbiamo salire, adesso. Io salgo comunque, dico ad Amina. Quando saremo sopra, decideremo il da farsi. Se il tempo non migliorerà, magari ridiscenderemo e torneremo pure indietro, verso il Cosmiques, ma, prima, dobbiamo superare questo passaggio e aspettare in cima per conoscere come si metterà la giornata. Non so se Amina sia in grado di farmi sicura dal basso, con le mani congelate. Nel dubbio, salgo qualche metro da solo, lasciando perdere le corde fisse e l umanità che vi è appesa. Salgo in punta di ramponi e piccozza. Le conseguenze di una scivolata sarebbero incerte. Mi muovo con cautela e cerco di mantenere sempre tre punti di contatto con il ghiaccio, utilizzando le punte dei ramponi, la piccozza e, a tratti, la corda fissa. Mi aiuto a braccia sulle corde fisse alle quali sono appese le altre cordate che supero sulla sinistra in pochi istanti. Poi, in corrispondenza di un gruppo di altri alpinisti appesi, cambio corda, spostandomi lateralmente di cinque o sei metri; quindi, raggiungo la prima sosta. Qui siamo in tre. Gli altri due si danno da fare per assicurare o recuperare dall alto i propri clienti. Prolungo uno dei tanti cordini di sosta abbarbicati attorno alle rocce, e avvolgo una mia fettuccia intorno a uno spuntone. Sorry, mate, dico ad una delle guide, un americano, e mi appendo tra lui e la roccia, senza aspettare un suo cenno, un metro al di sotto del suo punto di ancoraggio. Lui non fa una grinza; è già molto occupato a badare alla sua gente, di sotto. In poco tempo Amina risale dietro di me, supera le altre cordate e si porta più in alto, alla sommità delle roccette. Arrampica veloce ed esperta. Non esita un momento e sale con i capelli incrostati di ghiaccio, e un largo sorriso stampato in faccia. Smonto la mia sosta. Le due guide, intanto, proseguono il loro lavoro e mi rivolgono un saluto e un rassicurante gesto di approvazione. Raggiungo Amina poco più in alto, e proseguo rapidamente verso la cima, su neve ghiacciata. Dopo poco, siamo entrambi fuori dal muro

16 maledetto. Sono le nove del mattino: per inesperienza, abbiamo perso più di due ore lì sotto aspettando che si liberasse la via! A un tratto, appare il sole e la nebbia si dissolve. Ci riscaldiamo velocemente. Ora vediamo, lontanissima, l Aiguille du Midi, il Cosmiques e gran parte del massiccio. L immagine che appare di fronte a noi, guardando verso sud è, invece, tra quelle immagini che hanno il potere di imprimersi per sempre nella memoria con la luce soprannaturale del mito: stupefacente e grandiosa, ecco la calotta abbagliante del Monte Bianco che si staglia sul cielo terso e incredibilmente azzurro, a due passi da noi. Anche attraverso il potente filtro degli occhiali, la luminosità della scena è assoluta, la nitidezza, sconcertante. Il giorno inizia caldo e luminoso e spazza via i fantasmi della notte fredda e incerta. La temperatura del morale sale rapidamente. Facciamo una lunga pausa e ci rifocilliamo. Scendiamo al Col de la Brenva (4303 m) e affrontiamo la salita finale. Nelle ore successive, passo dopo passo, ci tireremo su verso la cima del Monte Bianco. Impiegheremo altre due ore, per risalire gli ultimi cinquecento metri di dislivello. Ci teniamo distanti dalle cornici di ghiaccio che orlano i tratti in cresta, e dalle lastre prodotte da vento. L altitudine è notevole, e l effetto della rarefazione dell aria sulla nostra prestazione è sensibile. Il respiro si accorcia, rapido, e le gambe diventano pesanti. Superiamo le Rochers Rouges (4506 m) contornandole in senso antiorario. Gli ultimi cento metri sono pesantissimi. Amina si lamenta. La nostra marcia prevede una breve pausa per tirare il fiato ogni qualche decina di passi. Ogni convessità del pendio sembra nascondere la cima vera e propria, che non raggiungiamo mai. Quando, poco distante da me, vedo due alpinisti che tendono le braccia al cielo, davanti ad una macchina fotografica, capisco che ci siamo. Amina, ci siamo, dico con un soffio, e non so se il groppo che mi si chiude in gola sia un effetto dell altitudine o dell emozione. Aspetto Amina, e insieme scaliamo la vetta. Ci abbracciamo per un minuto. Abbiamo lasciato Cagliari tre giorni fa. Poi, abbiamo imparato a usare i ramponi e la piccozza. È accaduto soltanto un giorno fa. Camminiamo ormai da dieci ore, e la traccia che abbiamo percorso ha attraversato notte fredda e buia. Abbiamo superato il muro di ghiaccio del Monte Maudit. Sembra che questi eventi siano accaduti in un sogno precedente. Ora siamo qui, e siamo saliti da soli sul Monte Bianco. Andiamo un po oltre il punto dove ci siamo inizialmente fermati. Dov è esattamente la cima? Un tratto di circa cento metri di lunghezza è pressoché pianeggiante. Ma no, ecco, il punto più elevato è qui. Piantiamo la piccozza nella neve. Sono le del 25 luglio 2012 e siamo in cima al Monte Bianco. L altimetro segna, incredibilmente, 4810 metri. Tutto è perfetto. Ci guardiamo intorno e, inutile dirlo, tutto il resto del paesaggio è ben al di sotto dell orizzonte. Il panorama è amplissimo, su tutte le Alpi occidentali e le pianure italiane e francesi. Lo chiedono tutti, e la risposta è no, il mare dalla cima del Bianco, non si vede. Non sento se non un insolita fluidità dell aria. Respiro profondamente. Direi che, sebbene l aria sia sottile e il respiro avido, l aria attraversi la gola più facilmente qui che non al livello del mare. Non avverto sintomi di mal di testa o nausea. La discesa, fino al Dome de Gouter, è interamente visibile dalla cima, lungo una cresta che porta fino al bivacco Vallot (4362 m). Scendiamo veloci con un energia riacquistata. La contropendenza che ci porta in salita al Dome de Gouter (4304 m, per inciso, questo è il secondo Quattromila che scaliamo oggi) ci lascia di nuovo senza fiato. Guardando verso il Colle del Dome de Gouter, il pensiero va a quei due sfortunati alpinisti che, una settimana fa, vi hanno perso la vita, insieme a quei nove che, alcuni giorni prima, sono stati travolti da un seracco sulla via per il Tacul, la stessa che abbiamo percorso stanotte. Intanto il cielo inizia a scurirsi per via di minacciose nubi, tra cui alcuni antipaticissimi cumulonembi, che provengono da sud. Superiamo una zona di piccoli seracchi e, più in basso, una zona di crepacci aperti. Affrettiamo l andatura e, superato il Dome, il nuovo rifugio del Gouter appare, giù a 3817 m, nella sua veste hi-tech di vetro e acciaio inox. Non è ancora agibile, e gli alpinisti utilizzano la vecchia struttura, poco più di una baracca di lamiera, dove ci fermiamo giusto il tempo per prendere fiato. Il rifugio è sporco e caotico, ed è al completo. Riponiamo i ramponi e la piccozza nello zaino e, dopo aver lasciato passare una breve grandinata, affrontiamo la discesa. Procediamo su roccette con tratti in facile arrampicata, armati con mancorrenti di acciaio, e giungiamo in prossimità del famigerato attraversamento del Couloir de Gouter, una ripida pietraia con frequenti scariche di sassi. Lo superiamo rapidamente e, in breve, siamo al rifugio Tete Russe (3167 m). Anche questo rifugio è al completo. Tuttavia è tranquillo e pulito. Decidiamo di cenare e di pernottare qui, sistemati in qualche modo nel refettorio comune. QUINTO GIORNO dal rifugio Tete Rousse (3167 m) a Bellevue (1800 m) e a Chamonix (1035) Sono le del mattino, quando attraversiamo il piccolo ghiacciaio di Tete Rousse. Ci aspetta ancora un dislivello di 1200 m in discesa che, sommato ai 1800 m di ieri, porta a complessivi 3000, i metri della nostra discesa. Procediamo fino al rifugio Nid d Aigle (2372 m) su un lungo e piacevole sentiero roccioso. Il servizio del trenino a cremagliera, che in altri periodi consente di scendere direttamente a valle, è interrotto. Proseguiamo, quindi, a piedi verso la stazioncina di Bellevue (1790 m) e, da qui, alla stazione della cabinovia che ci conduce giù fino al fondovalle a Les Houches (1001 m). In autobus, giungiamo a Chamonix alle undici del mattino. A Orio sul Serio, l imbarco per Cagliari chiude alle del pomeriggio. 17

17 GENNARGENTU Spedizione in Egitto 2012 Alla scoperta di nuove pareti tra deserto e beduini Testo Isabella Zuddas, foto Marco Marrosu 18 È l alba quando atterro a Hurgada. Che meraviglia da togliere il fiato il sole illumina il deserto rendendolo ai miei occhi un immenso mare con il colore dell oro. Sono arrivata e sono le 6 del mattino, i taxi sono là che aspettano oltre l uscita. So che devo barattare. Un po per la stanchezza e un po per l impazienza di raggiungere i miei compagni di avventura accetto la cifra che dopo pochi tira e molla riesco a stabilire, pago in euro e in pochi minuti sono nell hotel stabilito. Solo poi, riesco a capire che la corsa mi è costata quattro volte di più. Sono partita da sola, da Cagliari. Nessuna novità, le partenze per me vogliono dire una sola cosa: uscire dal posto di lavoro e precipitarmi al gate delle partenze! Da sempre e con entusiasmo rincorro il tempo libero con la speranza di poter sfruttare ogni istante e di vivere sino all ultimo ogni attimo a disposizione Cosa importante, in quest avventura non sono sola, Marco e Giacomo sono già sul posto. L arrivo al Cairo avviene alle tre e mezza del mattino, piena notte. Stanca, ritiro il mio bagaglio compresa l attrezzatura da arrampicata eh già, perché l obiettivo del viaggio è proprio questo: aprire nuove vie nelle montagne che incorniciano il deserto attorno ad Hurgada. Una donna sola e occidentale che circola nell area esterna all aeroporto, che prova ad arrivare dallo scalo internazionale al nazionale, ha il suo fascino per i soli esemplari maschi egiziani in circolazione. Gli egiziani fanno sistematicamente i cascamorto per corteggiare le donne anche in maniera pesante, sarà che il prototipo di turista femmina per loro vuol dire turiste russe, mezzo nude e ubriache Altro ostacolo da superare è la dogana alle partenze dal nazionale del Cairo, per l imbarco del mio zaino carico di ferraglia, che dopo i dovuti controlli e domande, mi danno l ok per l imbarco per Hurghada. Con un sospiro di sollievo, stringo i miei due documenti, carta d identità e passaporto, portati nel caso di smarrimento o sequestro di uno dei due. Hurgada è una città finta, costruita attorno ai turisti, poco reale e improntata sul turnover settimanale dei milioni di turisti che da tutto il mondo arrivano in vacanza con formula allinclusive per le meraviglie del mondo sommerso. Quindi, raramente arrivano turisti fai da te con destinazione le montagne. La passeggiata per le vie del centro è una lotta per evitare commercianti pronti a venderti di tutto ma anche a fregarti e spillarti quattrini, l unica soluzione è: camminare veloci e se si avvicinano far finta di non capire la lingua. Purtroppo anche i bambini hanno lo stesso atteggiamento assillante per ottenere pochi spiccioli. I primi due giorni trascorrono rapidi, cercando di capire come e dove noleggiare l auto, magari un fuoristrada, l ideale per quello che è il nostro programma per i prossimi giorni. Trovare uffici di noleggio aperti è da pazzi, tutto è chiuso o sembra irraggiungibile e alla fine esasperati ci troviamo costretti ad adottare la soluzione più rapida: noleggiare tramite l hotel. La scelta è limitata alla sola Nissan Sunny, 100 km con un pieno (!), 2000 di cilindrata (peggio di un cammello) e per cinque giorni ad un prezzo proibitivo. Purtroppo conveniva noleggiare da casa via internet, auto e anche guida locale. Non fosse per altro, il poco tempo a disposizione e le non poche difficoltà per trovare la giusta strada per raggiungere le pareti. Altro vantaggio è che, sia che una femminuccia viaggi accompagnata da un uomo o in compagnia di altre donne, è decisamente più sicuro. La strada tra Hurgada e Safaga direzione sud o quella verso nord, direzione Il Cairo, non si avvicina mai né alle montagne né al mare, ma in compenso lungo la strada sono presenti, all inizio di ogni incrocio principale, postazioni di controllo della polizia locale, ovviamente armati, alla quale chiedere informazioni!!

18 Insomma, gli accessi alle montagne sono tramite piste bianche che non sono assolutamente indicate. L unica strada che in maniera inconfondibile va verso i monti è quella per Qena. Alla fine la strada per Qena porta anche a Mons Claudianus, delle cave romane tra i monti, un luogo improbabile da raggiungere che è diventato per noi la meta e in caso di bisogno anche una bella scusa nel caso ci avessero trovato fuori pista gli abitanti nomadi del luogo: ci siamo persi! I wadi non sono niente altro che delle codule sabbiose e piatte, difficilmente rintracciabili ma facili da seguire se hai un 4x4 e per percorrerli conviene vedere il tracciato da Google earth, stamparlo e portarselo dietro (cosa che è stata fatta). I miei compagni sono decisi a farla pagare cara a chi ci ha noleggiato l auto e lanciano la nostra berlina lungo fuoristrada sabbiosi e ricchi di spine che chirurgicamente dobbiamo asportare dal copertone. Localizzate in lontananza, finalmente, delle alte pareti, ne veniamo ipnotizzati e ne seguiamo la direzione lungo una pista bianca, ormai febbricitanti. Impietositi dall auto che ormai chiedeva pietà non rimane che fermarci, stabilire un campo base in un wadi laterale e fortuna vuole che non ci imbattiamo in nessun beduino poco ospitale. Cosa invece accaduta il giorno prima, in un altro wadi! L auto è sicuramente visibile a distanza però troviamo un anfratto che occulta in parte la prova della presenza di estranei. Il resto della giornata la impieghiamo a percorrere tutto il wadi e ad attraversare un grosso crocevia di sabbia che unisce il nostro wadi con altri due, e proprio il wadi difronte a noi, porta alla base della montagna scelta per la salita. Deciso! Domani sveglia all alba, stesso percorso per osare l ascesa. Resta da organizzare il bivacco e la nostra umile ma accogliente dimora è una funzionale tenda igloo che ci ospiterà durante la notte. È la vigilia di Capodanno e, visto che la parete da scalare è decisa, ora non resta che dedicarsi al menù per il cenone di questo spartano fine anno. Rovistiamo tra le proviste e con pochi ingredienti organizziamo un colorato piatto unico per professionisti del randagismo. Caspita, auguri!! Auguri anticipati perché, finita la cena e fatta una rapida igiene personale, la stanchezza prende il sopravvento. Capodanno insolito, compleanno insolito, già che bel regalo, uno dei più belli che ho mai ricevuto, non è da indossare, né da annusare ma solo da vivere Trascorro una notte serena, mi convinco che ho due supereroi vicino a me, funziona anche la notte successiva. Gli zaini sono pronti, ci dirigiamo alla base della parete. Sale per primo Marco e a seguire anche io e Giacomo. L impatto con la roccia è a tratti rassicurante e a tratti no, il tipo di granito lascia che le scarpette aderiscano perfettamente, ci sono appigli per mani e piedi ma quando meno te lo aspetti, si sfalda. Man mano che salgo, la mia concentrazione aumenta sino a che lo sguardo non coglie lo spettacolo alle mie spalle quale meraviglia può offrire anche un paesaggio lunare come questo. È tardo pomeriggio quando arriviamo in cima e il rosso è il colore che spezza l azzurro del cielo e che domina l orizzonte, montagne di granito rosso infuocate, eccezionale! Non scorderò mai le emozioni di quei giorni poco comodi ma carichi di profumi diversi che gioia. La mia esperienza nell arrampicata classica è poca, e solo con Marco e Giacomo è stato possibile arrampicare, salire la cima e aprire con loro la via Turisti su Marte. Ma ancor più bello è che questa esperienza, ha fatto nascere in me il desiderio di nuove avventure e di abbracciare seppure timidamente questa grande passione che tanti hanno. Salire sul dorso di una montagna quasi in punta di piedi senza lasciare traccia del proprio passaggio è stato fantastico. Grazie Non resta che tornare nella città finta, ma qualche chilometro prima dell ingresso di Hurghada, facciamo una sosta. Breve consulto e, tempo pochi secondi, svuotiamo il cofano. Tutto il cibo avanzato decidiamo di offrirlo ad un uomo e al figlio che vivono in una baracca ai margini della città. Con la testa affollata da mille pensieri, il desiderio di regalargli quello che avevamo ma anche la paura tremenda di offenderlo o di non riuscire a fare capire il nostro gesto, ci dirigiamo verso di lui. Si avvicina, vedendoci attraversare lo spazio intorno alla sua abitazione, e ascoltate le nostre titubanti parole, accetta il nostro regalo e discretamente ci ringrazia e ci offre per la prossima volta quello che possiede: cammelli e asini. SCHEDA TECNICA Turisti su Marte / Cima 1095 m ( Torre Isabella top. prop.), versante sud, Gebel Abu Hamr 1433 m - V-/V Prima salita di Marco Marrosu, Giacomo Satta e Isabella Zuddas il 1/01/12 Disl.: 175 m; Svil.: 270 m; Materiale: friend, cordini, possono essere utili dei chiodi; Tempo: 2h 30 Coordinate attacco: N E, WGS84 Coordinate vetta: N E, WGS84 Coordinate parcheggio con auto normale (nissan sunny-berlina) N E; parcheggio probabile (con un 4x4) N E, WGS84 Note: la roccia è un granito a grossi grani che si sfalda a cipolla. Accesso: da Hurghada verso sud per Safaga. In prossimità di Safaga, grande incrocio e cavalcavia, si segue per 37,7 km la strada per Qena, per inoltrarsi a ovest in una strada che si dirige a ovest tra i monti verso Mons Claudianus e Qena. Dopo 20,5 km la strada asfaltata passa sotto la mole del Gebel Abu Karìf e si svolta a destra ( N E) in una sterrata che si inoltra nel wadi. Proseguendo nel wadi è facile raggiungere tutte le pareti che si vedono in lontananza a nord ovest. Il fondo della strada è sabbioso ma abbastanza solido. 19

19 GENNARGENTU Alfredo Alfredo una nuova via di arrampicata dedicata ad Alfredo Papini di Corrado Pibiri 20 Dopo aver iniziato il progetto quasi un anno fa, e averlo dovuto procrastinare per mille ragioni, ce l abbiamo fatta. Con un caldo allucinante e la sosta in vetta spittata al buio, crediamo di aver concluso un bel lavoretto. Il caro Alfredo Papini, socio della sezione di Calolziocorte(BG), grande alpinista e soprattutto amico carissimo scomparso prematuramente ormai da due anni, se lo meritava proprio. Non potevo non dedicargliela. La mia amicizia con Alfredo risale alla fine degli anni 70. Ero ancora un alpinista in erba quando cominciai a legarmi alla sua corda, puntualmente ogni estate, quando veniva giù in Sardegna con la Meloni (come affettuosamente chiamava lui la moglie) e le bambine. Venivano a trovare i parenti della moglie, per andare al mare e per scalare, lui, il fine settimana, lontano dalla calca che affollava le spiagge. Alfredo è diventato presto, per me, un punto di riferimento. Una persona che dietro ad un umiltà unica celava una conoscenza della montagna che aveva pochi eguali. Con le sue oltre 2000 ripetizioni su tutto l arco alpino chiunque altro si sarebbe posto in una certa posizione di prestigio. Ma non lui. Umile e modesto mi ha sempre insegnato tantissimo senza mai far trasparire la sua competenza e superiorità. Era un serbatoio di informazioni e notizie inesauribile; ogni qualvolta avessi deciso di andare a ripetere qualche grossa via in Dolomiti lo chiamavo per vedere se ne sapeva qualcosa. E puntualmente, lui, quella via l aveva non solo ripetuta, ma ne ricordava a memoria attacco, lunghezza, tiri, difficoltà e passo chiave. Anno dopo anno non mi stancavo mai di chiedergli di raccontarmi per l ennesima volta della sua ripetizione (forse la decima in assoluto) della Cassin al Badile. Mi sembra di ricordare avesse appena 18/19 anni. Quando ad agosto del 2010, a Dorgali, sul cellulare, ho visto squillare il suo numero ho subito pensato con gioia su quali vie saremmo potuti andare in quell estate torrida. Era invece Sabrina. Ed ora Alfredo è con me più che mai. Non c è volta che non pensi a lui quando vado a scalare in Supramonte. SCHEDA TECNICA Alfredo Alfredo Monte Oddeu, versante est, [Dorgali (NU)] 6b obbligatorio Aperta l 11 maggio 2012 da Corrado Pibiri e Fabio Erriu; Svil.: 200 m; Materiale: aperta dal basso e attrezzata completamente con fix inox da 10, 18 rinvii, corde 50 m. Note: due passi sopra la quinta sosta li ho risolti in artificiale (6c+) e così pure il tettino immediatamente prima della sesta sosta (7a). I gradi sopra il 6c sono stati dati da Vigiani che ha ripetuto la via liberandola a vista! Il settimo tiro sono 40 m da non credere!!!!! Roccia stupenda e da uno strapiombo all altro con maniglioni incredibili. Strepitoso!!!! 5c, 5c+, forse un passo di 6a alla partenza del diedrino finale sotto la sosta di vetta. Forse... Non ho messo placchette ad anello alle soste perchè credo che poi le calate sarebbero un po troppo in diagonale e perchè poi in definitiva si arriva giù molto più velocemente che non in doppia. Avvicinamento: Dal parcheggio sotto scal e Surtana, prendere il sentiero per la scala. Dopo circa 150 mt lasciarlo e salire sulla sx seguendo la recinzione fin sotto la parete. Proseguire sempre verso sx fino all evidente diedro. 20 min. dall auto. Descrizione: S1 30m 5c; S2 30m 6a, 6b+, 7a; S3 30m 6b+, 6c; S4 20 m 6a; S5 25 m 6a; S6 25 m (3 passi artificiale, 6c+/7a?); S7 40 m 5c+/6a Discesa: a piedi in 40 minuti all auto.

20 Nuove Ascensioni Rubrica a cura di Marco Marrosu in cima alla Guglietta Sa rocca de Forra Q 630 m [Burcei (CA)] Accesso: dalla vecchia SS125 al K30,1 si arriva al passo Arcu e Tidu dove si svolta per Burcei. All ingresso del paese si intravedono le pareti a sinistra e dopo le prime case si svolta a sinistra seguendo l indicazione Monte Serpeddì e poi la via Emilio Lussu, presso il cimitero, per intercettare una stradina bianca che si sviluppa in periferia e si dirige a sudovest verso le pareti. La strada è sterrata e dopo 700 m si svolta al secondo bivio a sinistra, per seguire una sterrata in discesa per 330 m e parcheggiare presso l imbocco di un altra strada che si innesta a destra. Avvicinamento: seguire la sterrata che arriva a destra e che segue le pareti sotto il loro versante est-nord est. Una volta arrivati sotto la struttura più importante si risale tra gli alberi seguendo una recinzione di rete metallica, sino alla base della parete. Le vie sono state indicate nel 2012 sulla parete con omini e delle frecce di vernice rossa alla base. 1) Formiche Assassine versante nordest, V-, R3 Prima salita di Marco Marrosu e Roberto Angioni il , Svil.: 80 m; Materiali: nut, friend, cordini, 2 mezze corde da 60 m Descrizione: si attacca la parete alla base dello spigolo di sinistra. Risalire una fessura sino a raggiungere lo spigolo, 7 m, IV-, salire sullo spigolo passando dalla sua sinistra e raggiungere il piccolo bosco posto tra la sommità del pilastro e la parete vera e propria, S1 su albero, 40 m, IV-, salita infastidita molto dal marcio e dai licheni; traversare a sinistra per entrare in aperta parete e risalirla dritti, cercando di seguire i tratti con la roccia più pulita per poi salire Sa rocca de Forra Q 630 m [Burcei (CA)] affianco a un albero e traversare decisamente a sinistra, V-, per raggiungere lo spigolo e seguirlo sino a comoda cengia, S2 cordino di calata su albero vicino, 25 m; altri 15 m facili portano alla cima. Discesa: in calata dalla S2, 40 m 2) Il Traverso nel Limbo pilastro versante nordest di Sa Rocca de Forra, Quota 630 m, VI-, R1 Prima salita di Marco Marrosu e Roberto Angioni il , Svil.: 47 m; Materiali: friend medi e piccoli, cordini. Descrizione: la via si trova 15 m a destra della precedente, segue l evidente frattura che incide la parete generando un bel pilastro con una cima affilata. Attacco alla base della frattura, presso un leccio, cordino su albero nei primi 6 m. Risalire la frattura sino ad arrivare sotto il tetto, tra grossi blocchi. Quà è possibile uscire dalle difficoltà seguendo un tunnel oppure, metodo seguito dagli apritori, traversare a sinistra in aperta parete per poi raggiungere la cengia alberata della S1 di Formiche Assassine, S1, 37 m, VI-. Dalla sosta raggiungere la cima del pilastro traversando a destra per poi seguire lo spigoletto sino all esigua vetta, S2 cordino e moschettone da calata, passo di IV. Discesa: in calata dalla cima del pilastro, 30 m 21

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