Jeremy Thomas presenta una coproduzione Recorded Picture Company / Peninsula Films / Fiction. un film di. Bernardo Bertolucci THE DREAMERS

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1 Jeremy Thomas presenta una coproduzione Recorded Picture Company / Peninsula Films / Fiction un film di Bernardo Bertolucci THE DREAMERS scritto da Gilbert Adair distribuzione MEDUSA uscita: 10 ottobre 2003 Ufficio Stampa Studio PUNTOeVIRGOLA

2 CAST ARTISTICO MATTHEW THEO ISABELLE IL PADRE LA MADRE PATRICK Michael Pitt Louis Garrel Eva Green Robin Renucci Anna Chancellor Florian Cadiou crediti non contrattuali 2

3 CAST TECNICO Regia Prodotto da Sceneggiatura Scenografia Direttore della fotografia Montaggio Costumi Direttori del casting Suono Trucco Acconciature Allenatore Stunt Special F/X Co-Produttore Produttori associati Bernardo Bertolucci Jeremy Thomas Gilbert Adair Jean Rabasse Fabio Cianchetti Jacopo Quadri Louise Stjernsward Howard Feuer e Lucy Boulting Stuart Wilson Thi Loan Nguyen Aldo Signoretti Patrick Cauderlier Gregoire Delage John Bernard Hercules Bellville Distribuzione Medusa Ufficio stampa Studio PUNTOeVIRGOLA Olivia Alighiero e Flavia Schiavi tel cell ; puntoevirgola@iol.it Durata: 130 crediti non contrattuali 3

4 SINOSSI Rimasti soli a Parigi mentre i genitori sono in vacanza, Isabelle (Eva Green) e suo fratello Theo (Louis Garrel) invitano nel loro appartamento Matthew (Michael Pitt), un giovane americano incontrato alla Cinémathéque. I tre ragazzi si chiudono in casa stabilendo delle regole di comportamento e arrivano a una conoscenza reciproca, dopo aver esplorato emozioni, erotismo, in un crescendo di giochi mentali sempre più estremi. Sullo sfondo del turbolento panorama politico che portò al Maggio 68 in Francia, quando la voce dei giovani stava irrompendo in tutta Europa, THE DREAMERS è la storia della presa di coscienza di tre studenti che si mettono alla prova l un l altro per vedere quanto lontano possano spingersi. 4

5 Il tempo discende dal futuro, che ancora non esiste, diventa presente, che non dura e subito si trasforma in passato, che non esiste più. Sant Agostino. DAL LIBRO AL FILM THE DREAMERS è nato quasi per caso e se non lo avesse realizzato Bertolucci, Gilbert Adair, l autore del romanzo, non avrebbe voluto nessun altro. Quando per la prima volta Bernardo Bertolucci legge The Holy Innocents, scritto da Adair nel 1988, sta proprio pensando al suo prossimo film e questo racconto introspettivo di un ménage à trois ambientato a Parigi nel maggio del 68 gli suscita sentimenti contrastanti. Francofilo per sua stessa ammissione, il regista si sente troppo vicino agli eventi di quel periodo così turbolento per farne un film ed ha parecchie perplessità su come adattare il romanzo per il grande schermo: teme di sminuire la sua esperienza e quella di tante altre persone che avevano vissuto quegli anni con passione e coinvolgimento. «Nel corso della mia carriera ho realizzato pochi film», racconta il regista, «perché ogni film rappresenta veramente una parte della mia vita». Prima di leggere il libro di Adair, Bertolucci sta pensando ad una sorta di sequel di NOVECENTO (1976), il film che raccontava le vite parallele di un contadino e di un proprietario terriero e finiva nel «Volevo continuare la storia e farla durare fino alla fine del secolo», commenta il regista, che aveva già pensato al Maggio Parigino del 1968 come uno dei momenti salienti del film. «Ma poi mi sono detto: sii realista. Che cosa c era alla base di NOVECENTO? Una grande speranza politica, cosa che oggi non vedo affatto e quindi ho deciso di accantonare il progetto». Il romanzo di Adair gli ha riportato alla mente dei ricordi fantastici. «Non mi riferisco tanto agli eventi del 68, alle manifestazioni di piazza e alla violenza», continua il regista, «quanto allo spirito dell epoca». Per Bertolucci, che aveva esordito nella poesia e aveva poi scoperto il suo amore per il cinema grazie al cinema francese degli anni 30 e poi ai registi della Nouvelle Vague, lo spirito di quell epoca è fatto di una sbalorditiva miscela di elementi. «Gli anni 60 avevano qualcosa di magico», ricorda Bertolucci, «perché tutti noi sognavamo se vogliamo usare questa parola. Fondevamo cinema, politica, musica, jazz, rock n roll, sesso, filosofia, droghe e divoravamo tutto». Colpito dal romanzo di Adair, Bertolucci lo fa leggere al suo produttore Jeremy Thomas, suo collaboratore fisso dall ULTIMO IMPERATORE in poi. «Era da tempo che Bernardo accarezzava l idea di realizzare un film a Parigi, ambientato negli anni 60», racconta Thomas. «Aveva pensato a varie ipotesi, senza però arrivare a nulla di concreto. Poi un giorno mi dice: Vorrei che leggessi una cosa e mi dà il romanzo di Gilbert. L ho letto e ho commentato: Potrebbe diventare un film molto evocativo. E poiché sarebbe stata la mia quinta collaborazione con Bernardo, ho pensato che sarebbe stato fantastico girare un film a Parigi con l uomo che aveva diretto IL CONFORMISTA e ULTIMO TANGO A PARIGI proprio in quella città. Mi sono detto: «Non c è due senza tre»! E così Thomas contatta l agente di Adair. Se quella telefonata fosse stata fatta da qualcun altro, la risposta sarebbe stata certamente «no». Insoddisfatto del romanzo, basato in parte sui suoi ricordi personali, Adair aveva già rifiutato le proposte potenzialmente vantaggiose di altri produttori, anche a seguito del successo di critica 5

6 ottenuto dal film tratto dal suo romanzo precedente, Amore e Morte a Long Island. In effetti, lo scrittore aveva detto al suo agente di non chiamarlo nel caso in cui fossero arrivate altre richieste di produttori cinematografici. «Era una cosa molto frustrante per lui», racconta l autore. «Infatti aveva smesso di telefonarmi. Ma un giorno ha rotto gli indugi e mi ha chiamato, dicendomi, Ti ho telefonato perché si tratta di una persona speciale: è Jeremy Thomas il produttore di Bernardo Bertolucci. Devo confessare che non sono riuscito a resistere a quella tentazione. Il mio romanzo parla di film, di politica, di cinema, e di conseguenza sembra un soggetto fin troppo ovvio per un adattamento cinematografico ed è per questo che ha suscitato l interesse di tanti produttori. Tuttavia, ho capito che l interesse di Bernardo andava oltre perché il mio romanzo conteneva temi che erano in parte anche i suoi». E così, spronato da Bertolucci, Adair si è messo all opera non soltanto per scrivere l adattamento cinematografico ma anche per riscrivere il suo romanzo e farne una nuova edizione anche se, ammette lui: «Non sarà identico al film. Non credo che sia una buona idea avere un film e un libro gemelli. Diciamo che sono due gemelli ma non identici». Sebbene il regista e lo scrittore non si conoscessero negli anni 60, è apparso subito chiaro che avevano vissuto esperienze molto simili. Come Bertolucci, Adair arrivò a Parigi appena gli fu possibile. «Sono sempre stato francofilo», ammette lo scrittore, «e non appena terminai l università decisi di trasferirmi a Parigi. Oggi resto francofilo pur vivendo da anni in Francia e questa è una grande prova». Bertolucci era giunto a Parigi qualche anno prima, dopo aver realizzato il suo primo film nel 1962; quando rilasciò la sua prima intervista, disse al giornalista che lo intervistava: «Se non le dispiace vorrei fare l intervista in francese». E il giornalista: «Perché? Siamo tutti Italiani qui». E Bertolucci : «Parce que le français, c est la langue du cinéma». Ride ancora ripensando a quella frase e a quell intervista, «In altre parole», commenta il regista, «il francese è la lingua del cinema. Il cinema parla francese». Gilbert Adair era a Parigi quando Henri Langlois, direttore della Cinémathèque Française, venne sollevato dal suo incarico con grande scalpore e proteste da parte dei cinefili e degli studenti che affollavano le proiezioni dei suoi film rari e preziosi. Furiosa con il governo, all inizio della protesta la folla scese in strada per difendere un uomo, ma poi per molto di più. «Fu un grosso avvenimento», ricorda lo scrittore. «Era la prima volta che i giovani se la prendevano con lo Stato e che vincevano perché alla fine Langlois venne nuovamente insediato. Molti hanno sostenuto che quelle manifestazioni di piazza furono il preludio ai disordini del Maggio del 68, e in un certo senso è stato come l omicidio dell Arciduca Ferdinando che ha scatenato la Prima Guerra Mondiale. C era uno spirito di ribellione nell aria che è esploso all improvviso. Sono stato lì per tutto quel periodo e anche negli anni successivi, e volevo scrivere qualcosa sull argomento. Ma non volevo fare un romanzo autobiografico, e certamente The Holy Innocents non lo è, sebbene ci siano diversi elementi autobiografici. Volevo scrivere soprattutto un libro su un periodo che ha segnato per sempre la mia vita». In ogni modo il film sfiora soltanto gli elementi storici dell epoca. «E la storia di tre giovani che vivono a Parigi nel 1968», racconta Thomas, che all epoca aveva 19 anni e lavorava con Ken Loach ai Pinewood Studios. «Quelle giornate parigine sono state il focolaio di tanti idealismi: la politica, lo stile di vita e il cambiamento della morale. Per me è un periodo molto interessante sul quale fare un film, un periodo particolare e forte anche a Londra, anche se comunque è a Parigi che è successo tutto». 6

7 Adair conferma che il suo libro non vuole essere una lezione di storia. «È come un brano di musica da camera», commenta lo scrittore. «Sebbene in alcuni momenti del film, la Storia irrompa nelle loro vite sotto le spoglie del Maggio del 68, il film parla di un giovane studente americano che vive a Parigi e che fa amicizia con due gemelli, un ragazzo e una ragazza francesi». Commenta Bertolucci «Tutto comincia in una giornata particolare a Parigi quando i nostri eroi s incontrano per la prima volta. I genitori dei due fratelli francesi sono andati in vacanza per un mese e quindi il trio decide di chiudersi in casa. In quelle settimane stabiliscono un rapporto molto intenso e vivono una vera iniziazione. Quando finalmente escono dall appartamento, sono diventati adulti». «Il film parla del loro viaggio di scoperta», aggiunge Adair. «Parla della primavera: della primavera di Parigi, della primavera del risveglio politico e della primavera dei loro corpi. Quello che succede nell appartamento rispecchia, in un certo senso, quello che succede fuori». In effetti, gli eventi del 1968 hanno significati diversi per tutti coloro che vi hanno partecipato, e non si tratta solo di significati politici. «La gente mi chiede se è un film sul 68», chiarisce Bertolucci. «E io rispondo: sì, si svolge nel 68, e c è molto dello spirito di quell epoca, ma non è un film sulle barricate o sugli scontri nelle strade. È un film che affronta quell esperienza in generale. Io c ero e so che è stata un esperienza indimenticabile. Quei giovani nutrivano tantissime speranze ed era una cosa che non era mai successa prima e che non si ripeterà mai più. Il tentativo di buttarsi nel futuro e nella libertà che questo incarnava, era meraviglioso. È stata l ultima volta che si è verificata una tale esplosione di utopie e ideali». LA SCELTA DEGLI ATTORI Da quando nel 1973 scoprì l allora ventunenne Maria Schneider protagonista di ULTIMO TANGO A PARIGI, nei panni della compagna perfetta dello straniero stanco della vita interpretato da Marlon Brando, Bernardo Bertolucci si è fatto la fama di scopritore di talenti. Nel corso della sua carriera non ha mai tradito questa fama, a cominciare da IL CONFORMISTA nel 1970 fino a IO BALLO DA SOLA nel 1996 e L ASSEDIO nel Concentrandosi su una storia che coinvolge tre giovani, si è accinto ad un compito difficile. Come spiega Jeremy Thomas: «Quando fai un film che parla dei giovani è difficile trovare attori tra i 19 e i 20 anni che siano già delle star e quindi hai maggiori opportunità di scoprire dei nuovi talenti». Per Bertolucci, comunque si è trattato di un qualcosa di più di una semplice ricerca di attori emergenti. «In generale» commenta «non cerco una persona che corrisponda esattamente al personaggio descritto nella sceneggiatura. La cosa che conta di più per me è la sensazione di avere qualcuno che conservi un alone di mistero. Qualcuno che riuscirà a mantenere la curiosità della macchina da presa e dello spettatore fino alla fine del film». Una volta cominciata la fase di pre-produzione, l unica cosa certa era che avevano bisogno di due giovani attori francesi e di un americano. «Siamo andati a Los Angeles e a New York per cercare il giovane attore americano», racconta Thomas «e abbiamo visto circa 200 ragazzi prima di scegliere Michael Pitt. Lo stesso è successo con i due attori francesi: inizi con tanti attori, poi ti concentri su quelli che secondo te si 7

8 immedesimerebbero meglio con il personaggio e alla fine ne individui uno e da quel momento non riesci più a pensare a nessun altro». La ricerca del giovane americano non è stata facile perché il regista desiderava preservare un certo mistero sul progetto. «Bernardo era molto reticente e abbottonato sulla sceneggiatura», ricorda Pitt, «e quindi ha voluto che io la leggessi davanti a lui ma senza portarla a casa con me». Ci sono stati comunque alcuni problemi relativi alla sceneggiatura, in America soprattutto. Pur essendo quasi soft per gli standard odierni, ULTIMO TANGO A PARIGI aveva suscitato un certo scalpore e un gran numero di proteste in tutto il mondo per lo schietto ritratto della sessualità che aveva portato sullo schermo, al punto che ancora oggi alcuni agenti erano piuttosto preoccupati nel proporre questa nuova sceneggiatura di Bertolucci ai loro attori. «Gli Stati Uniti sono un paese molto puritano», commenta Bertolucci, «e gli Americani hanno parecchi problemi su questi argomenti. Ma io non ho perso troppo tempo per cercare di convincerli. Per me questa è una sceneggiatura che o ti piace immediatamente oppure non vale la pena di sforzarsi per farsela piacere. Mentre cercavo, ho incontrato Michael a New York e devo confessare che all inizio avevo una forma di resistenza nei suoi confronti. Ero certo che avrei scelto qualcun altro, ma poi mi sono reso conto che avevo torto. Avevo paura che a causa del suo aspetto potesse apparire un narcisista, ma lo avevo sottovalutato. È un attore più che bravo. Penso che se all inizio provavo resistenza è proprio perché mi era piaciuto molto e non volevo ammetterlo.» Protagonista del controverso film di Larry Clark Bully, dove interpreta uno dei componenti di un clan di assassini adolescenti, Pitt si è velocemente imposto come uno dei giovani attori americani più in vista del momento, grazie anche al successo della soap opera televisiva Dawson s Creek. Questi due ruoli così diversi lo hanno in un certo senso preparato al personaggio che interpreta in THE DREAMERS. «Nel film di Bertolucci sono Matthew», racconta il giovane attore, «uno studente americano che è andato in Francia per motivi di studio. Matthew è cresciuto in una tipica famiglia della media borghesia americana. È il classico bravo ragazzo e al tempo stesso è anche un po ingenuo. Viene da San Diego e ha vissuto una vita protetta, esattamente all opposto degli hippie e quindi il suo risveglio, o la sua liberazione, cominciano a Parigi. E i due fratelli francesi che conosce a Parigi sono gli artefici di questa sua evoluzione che può anche essere vista come una corruzione. Forse gli aprono soltanto gli occhi o meglio gli danno il permesso di aprirli». Gilbert Adair racconta la storia: «All inizio del film, Matthew è un ragazzo piuttosto solitario. Frequenta la Cinémathèque tutte le sere, ha pochi amici e ai primi scontri tra cinefili e polizia conosce i due fratelli, Theo e Isabel. Sono due gemelli, anche se non sono identici, e abbiamo subito la vaga impressione che i due abbiano preso di mira Matthew da tempo e che l incontro sia in un certo senso organizzato. Da quel momento, i loro destini sono legati». La ricerca degli attori che avrebbero interpretato Theo e Isabel è stata altrettanto lunga perché Bertolucci cercava degli attori che potessero portare sullo schermo il sentimento e l intimità che caratterizzano i gemelli. «Non cercavo la somiglianza fisica», racconta il regista, «ma qualcosa di più sottile. I due attori scelti vengono entrambi da una famiglia della media borghesia parigina, sono entrambi abbastanza colti e consapevoli». Per Theo il regista ha scelto Louis Garrel, che ha uno strano quanto inaspettato collegamento con il 68. «Conoscevo suo padre», racconta 8

9 Bertolucci. «È un regista che ammiro e che nel 68 era molto giovane e quindi ero curioso di conoscere suo figlio. Mi è piaciuto al primo incontro; c è un qualcosa di romantico in lui ma al tempo stesso possiede anche una certa severità». Garrel ha colto intuitivamente questo aspetto del suo personaggio. «Il film parla di una coppia di gemelli che hanno bisogno di qualcuno di esterno che li aiuti nella loro iniziazione sessuale», racconta l attore. «Conoscono il giovane americano e all inizio lo usano entrambi proprio per la sua innocenza; Theo se ne serve per allontanarsi da sua sorella e Isabel lo vuole per separarsi da suo fratello». Una volta scelto Garrel, Adair si è reso conto che il film stava cominciando a vivere una vita propria. «Theo è un personaggio misterioso», commenta lo scrittore, «più di quanto non lo fosse nel romanzo e questo è dovuto in gran parte a Louis. Credo che per un po il pubblico non si renderà conto se è Theo che manipola Isabel o viceversa. All inizio, sembra quasi dominato da lei, ma mano a mano che scopriamo le insicurezze di Isabel, ci chiediamo se Theo non stia giocando ad un gioco molto sottile. Il gioco tra i due diventa un gioco a tre ed è di questo che il film parla realmente». Per completare il terzetto, Bertolucci ha scelto un esordiente, Eva Green, una ragazza che ha studiato teatro e che è al suo debutto cinematografico. «Quando l ho incontrata», racconta Bertolucci «dopo soli dieci secondi ho detto È Isabel». È vero che la prima impressione è quella che conta. Aggiunge Adair «All inizio Isabel è un personaggio affascinante, consapevole della sua bellezza, e del suo farsi icona, prendendo a modello le star del cinema che ammira. Ma poi scopriamo tante altre cose di lei e ci rendiamo conto che è molto vulnerabile e molto meno sicura di come appare. È intelligente, pronta, arguta e molto vivace, ma nasconde un segreto che il film ci rivelerà solo a tempo debito». Anche se il passaggio dal palcoscenico al grande schermo la spaventava un po, Green ha raccolto la sfida. «È un ruolo meraviglioso perché Isabel è una ragazza molto misteriosa», commenta la giovane attrice. «Non sappiamo mai se sta recitando o meno, perché in realtà sembra che reciti sempre. Si ispira alla grandi attrici del cinema - Greta Garbo, Lauren Bacall, Bette Davis ed è molto ambigua. È come la Sfinge. A volte appare dura, invece nasconde una grande sensibilità. Ha paura della solitudine, ha paura di separarsi dal fratello, ma ha anche paura dell amore che prova per lui». Una volta completato il cast, Bertolucci ha svelato agli attori i suoi piani per la loro preparazione e per facilitare il loro inserimento nel luogo e nel momento storico nei quali è ambientata la storia. «Il mio obiettivo era che questi tre giovani attori contemporanei riuscissero a confrontarsi con tre ragazzi del 68», commenta il regista. «Il punto di partenza è stato: cosa sanno del 68 Michael, Louis ed Eva? Quasi nulla. In generale i giovani di oggi non sanno nulla del 68 e quindi ho cercato di rimediare, facendogli vedere numerosi filmati con i notiziari dell epoca. Ho anche consigliato dei testi da noi considerati fondamentali negli anni 60, ma poi ho capito che stavo esagerando, perché in questo modo li avrei spinti a porre una serie di domande alle quali sarebbe stato difficile rispondere e quindi ho deciso di lavorare in modo più sottile». 9

10 Green si è accorta subito dello stile istintivo del regista ed è rimasta positivamente colpita. «L atmosfera dei suoi film è inebriante e sensuale», commenta l attrice. «All inizio ero un po spaventata all idea di lavorare con lui, ma poi mi sono accorta che è una persona molto piacevole, che ama lavorare a stretto contatto con gli attori ed è al tempo stesso molto rassicurante. È molto esigente, ma riesce a manipolarti senza dare l impressione che lo stia facendo. Con lui sembra tutto così semplice: riesce a comunicare tutto quello che vuole con una sola parola o con un semplice gesto. È molto misterioso», conclude ridendo. Non sai mai a cosa stia pensando»! aggiunge Pitt. «Bernardo sembra incredibilmente svagato, disordinato ma in realtà lavora sempre su qualcosa di molto preciso». Questa precisione ha avuto il suo prezzo. Mentre gli attori entravano nei rispettivi ruoli, Bertolucci e Adair si sono accorti che la storia stava prendendo una piega inaspettata. «Lavorare con Bernardo è stata un esperienza indimenticabile e stressante al tempo stesso», racconta Adair. «Per lui, il film è un organismo vivente che ad un certo punto comincia a vivere di vita propria. Di tanto in tanto doveva mostrarmi cosa aveva filmato e montato fino a quel punto perché la sceneggiatura non era più una guida affidabile vista la direzione che il film aveva preso. Sono stato costretto a riscrivere i dialoghi in continuazione per seguire l evoluzione dei personaggi. All inizio ero preoccupato ma poi ho imparato una grande lezione da Bernardo. In passato pensavo che bisognasse prendere gli attori e infondere in loro il personaggio così com è descritto nella sceneggiatura. Bernardo invece mi ha insegnato che è esattamente il contrario: è l attore che dà forma al personaggio, che lo modella a sua immagine e somiglianza». I CINEFILI Per Bernardo Bertolucci e Gilbert Adair, Parigi resterà per sempre legata all amore per il cinema e in entrambi i casi la passione è stata alimentata dalla Cinémathèque. «Sono arrivato a Parigi a 18 anni, dopo la maturità», racconta Bertolucci. «I miei genitori mi avevano dato qualche soldo; giunto a Parigi insieme a mio cugino che aveva la mia stessa età, ho scoperto un posto chiamato Cinémathèque Française, del quale avevo letto qualche cosa». Erano gli anni della nascita della Nouvelle Vague, quando film come I quattrocento colpi di François Truffaut (1959) o Fino all ultimo respiro di Jean-Luc Godard (1960) stavano infondendo una nuova forza al cinema mondiale con la loro energia cinetica, le loro ambizioni intellettuali e le motivazioni politiche. I registi della Nouvelle Vague erano nati e cresciuti all interno della Cinémathèque, guidati dal suo fondatore evangelico Henri Langlois. «La Cinémathèque Française non era un semplice museo», commenta Adair, «e questo solo grazie alla politica di Langlois. Proiettava tutto quello che aveva e si rifiutava di tenere i film negli archivi o in cassaforte. Anche se si trattava di pellicole rare, delicate, fragili, le proiettava comunque, perché sapeva che così facendo avrebbe ispirato un intera generazione di giovani che negli anni sarebbero diventati cinefili, critici cinematografici o registi. Ed è stato lì che Jean-Luc Godard, Jacques Rivette, Claude Chabrol e Alain Resnais hanno imparato ed affinato la loro tecnica, guardando un enorme quantità di film». Bertolucci è completamente d accordo con lui. «Uno straniero che arrivava a Parigi restava letteralmente ipnotizzato dalla Cinémathèque», racconta, «e di conseguenza dal cinema. Per me e per tanti altri che come me andarono a Parigi per frequentarla, era una specie di cattedrale». 10

11 Arrivato qualche anno dopo Bertolucci, Adair ha frequentato la Cinémathèque negli anni delle contestazioni causate dal licenziamento di Langlois. «È stato incredibile», commenta. «Da un lato c erano i cinefili che manifestavano esponendo striscioni e cartelli che inneggiavano, Films pas flics (Film non poliziotti) e dall altra i poliziotti in tenuta anti-sommossa che li attaccavano. Io sono stato inseguito dai poliziotti, François Truffaut è stato colpito alla testa, Jean-Luc Godard venne preso a spintoni e la moglie del regista Yves Boisset finì all ospedale. Fu una cosa scioccante che finì sulle prime pagine di tutti i giornali e la presenza di vecchie star come Jean Marais, interprete dei film di Jean Cocteau e di Jean Renoir, che all epoca aveva 70 anni, non fece che aumentare l effetto». L ambiente del cinema e dei cinefili aggiunge un altro strato alla storia che è già ben radicata nel mondo delle immagini e dell identità. «Credo che THE DREAMERS sia un film che parla di tre utopie», commenta Adair. «Innanzitutto, l utopia politica, vale a dire la sensazione che si prova quando sei fermamente convinto che le cose stiano per cambiare. Poi, l utopia cinematografica: parliamo di un epoca nella quale la gente si appassionava ai film come si appassiona oggi per il calcio. Anche se non esistevano fenomeni come quelli degli hooligan, c erano comunque degli scontri, la gente discuteva di cinema e perdeva anche le staffe. Adesso, con il videoregistratore o il DVD, è possibile vedere qualunque cosa in qualunque momento e quindi quella passione è andata un po perduta. Per esempio, se all epoca ti perdevi la proiezione alla Cinémathèque di un film di Nicholas Ray, era come averlo perso per sempre. E poi c è la terza utopia: l utopia sessuale. Gli anni 60 hanno fatto seguito al decennio più conformista e moderato del secolo scorso. All improvviso i giovani scoprivano i loro diritti e la loro libertà sessuale. Era un esperienza sessuale andare al cinema, non era una cosa da sfigati. Truffaut era un cinefilo, ma al tempo stesso era bello e elegante». Per i giovani protagonisti del film, nati e cresciuti nell era delle multisale, del video e del DVD, la parola cinefilo è stata illuminante. «Ho dovuto imparare molte cose e vedere tanti film», commenta Eva Green. «Ho visto film tipo La regina Cristina, con Greta Garbo, e Peccato, con Bette Davis, che mi ha impressionata molto perché era una vera femme fatale. Guardare quei film mi ha aiutata molto ed è stato utile cercare di immaginare che cosa ci sia dietro al mio personaggio, che cosa la spinga a comportarsi così, perché lei vive in una sorta di bozzolo insieme al fratello e vorrebbe allontanarsi dal mondo reale. Per lei il cinema è una maniera per sfuggire alla realtà». Per Louis Garrel, invece, le cose sono state leggermente più facili. «Riesco a capire la passione per il cinema», commenta. «Forse perché mio padre è regista, mia madre è regista teatrale e mio nonno era un attore, il cinema ha sempre fatto parte della mia vita». Oltre che nei comportamenti dei tre protagonisti, e in particolare di Isabel, l influenza del cinema si manifesta anche nei giochi che scelgono per mettersi alla prova. «I cinefili sono una razza buffa e particolare», commenta lo scrittore. «Spesso sono più interessati a parlare e sviscerare i testi e i significati dei film piuttosto che a vederli. Amano cose come le locandine e i titoli di coda perché amano sapere chi ha fatto cosa e non fanno altro che compilare liste infinite. Liste dei film preferiti, liste dei film che vengono subito dopo i preferiti e via dicendo. I giochi che i tre protagonisti fanno nel film sono simili a quelli che facevamo noi negli anni 60. Bastava lanciare una moneta e subito tutti pensavamo a George Raft che lancia la moneta in 11

12 Scarface. Una donna si fermava sopra una grata dalla quale usciva dell aria e le si sollevava la gonna e tutti dicevano: Ah, Marilyn Monroe in Quando la moglie è in vacanza». I giochi di THE DREAMERS sono densi di significati sessuali che secondo Adair sono assolutamente intenzionali. «Per noi il cinema era un esperienza altamente erotica», commenta. «I film che vedevamo erano fatti a Hollywood ed erano molto repressi. Pur lasciando intendere molto e nonostante qualche battuta salace, non mostravamo mai apertamente quello che succedeva. Anche le coppie sposate dormivano in letti separati. E quindi i giochi che facevamo sembravano portare allo scoperto quello che nei film era sotteso e taciuto; se non conoscevi la risposta, dovevi fare una penitenza ed è lì che il gioco diventava sensuale. Nel film di Bernardo i ragazzi nell appartamento fanno tutto quello che non sentono o non vedono sullo schermo». THE DREAMERS è in parte un tentativo di esplorare il rapporto tra cinema e spettatore in un epoca precedente allo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa, quando il cinema creava miti prima che venissero sezionati, svelati e resi terreni. Per questo motivo, Bertolucci fa riferimento ad alcuni classici amati da Adair e dai suoi amici dell epoca (la commedia del 1956 di Frank Tashlin Gangster cerca moglie, il dramma dark del 1932 di Tod Browning Freaks). Inoltre Bertolucci ha scelto degli estratti dall opera di Godard, un regista che ha ammirato sin dalla gioventù al punto da trasmettere il suo entusiasmo anche a giovani registi come Quentin Tarantino, con il quale ha parlato a lungo della sceneggiatura. Racconta Bertolucci, «Ho chiesto a Godard di usare due secondi di Bande A Part (1964) e anche alcuni secondi di Fino all ultimo respiro». La risposta di Godard ha reso felice Bertolucci e la dice lunga sul tipo di cinema che lo ha ispirato. Senza ricorrere a documenti, avvocati e formule pompose, Godard gli ha detto semplicemente, «Puoi fare quello che vuoi. Non esistono diritti d autore, solo doveri». RIVISITARE GLI ANNI 60 Per Bertolucci, tornare a Parigi per girare THE DREAMERS è stata un esperienza emotivamente molto forte. Racconta Gilbert Adair, «Due dei film più famosi di Bernardo sono ambientati a Parigi: ULTIMO TANGO A PARIGI e IL CONFORMISTA. Sul set di THE DREAMERS abbiamo spesso scherzato dicendo che si sarebbe dovuto intitolare Primo tango a Parigi! Bernardo ha la capacità straordinaria di girare dei film a Parigi conservando la prospettiva di uno che non è né parigino né francese ma che conosce benissimo la città. Sa istintivamente che tipo di ambientazioni vuole utilizzare e sebbene Parigi sia stata il set di numerosi film dei registi della Nouvelle Vague, Bertolucci la filma in maniera diversa da tutti gli altri registi francesi». Il regista sapeva benissimo che sarebbero stati fatti molti confronti con i suoi film precedenti. «Ho cercato deliberatamente di evitare tutti i luoghi scelti per IL CONFORMISTA e ULTIMO TANGO A PARIGI», commenta il regista. «Non volevo che ci fosse nessun collegamento visivo tra THE DREAMERS e gli altri film da me realizzati a Parigi. In realtà, anche se gli eventi narrati in THE DREAMERS si svolgono 35 anni fa, Bertolucci si è subito reso conto che uno stile documentaristico e diretto era fuori questione. Lo scenografo Jean Rabasse spiega: «Bernardo sapeva che avevo lavorato 12

13 per Vatel, un film sfarzoso su Luigi XIV, ambientato a Versailles nel XVII secolo, e avevamo faticato molto per ricostruire quel periodo. Per THE DREAMERS la parola d ordine era meno è meglio. Bernardo mi ha detto che non pensava ci fosse bisogno di tanti dettagli. Gli anni 60 a Parigi sono un periodo difficile da ricostruire, proprio perché relativamente vicino. Quindi invece di aggiungere accessori di scena e costruire set, abbiamo deciso di restare sul semplice. A volte, mentre guardavamo i giornalieri dicevamo, Se gli spettatori non lo considereranno un film in costume, allora avremo vinto la nostra scommessa. Abbiamo cercato di mostrare il meno possibile perché cose come le auto d epoca, i mobili d epoca possono distrarre». Su questo punto Bertolucci è chiaro. «Non volevo fare un film storico nel vero senso della parola», commenta il regista. «Volevo ricreare lo spirito del 68 ma non volevo assolutamente fare un opera di ricostruzione. Credo che sia stata proprio questa preoccupazione ad impedirmi per un po di tempo di fare film ambientati in quel periodo. È il presente che mi interessa. Infatti l unica maniera per fare un film ambientato nel passato, almeno per me, è farlo come se il passato fosse l epoca nella quale viviamo ora. Quando giri un film, la realtà, la gente, i paesaggi, i volti e i corpi che sono davanti alla macchina da presa, anche se indossano i costumi del passato, sono contemporanei a te che giri. L unico tempo che la macchina da presa può usare è il presente». Su questo punto Bertolucci è stato molto chiaro con Gilbert Adair mentre scriveva la sceneggiatura. «Nel romanzo originale», spiega Adair, «c erano troppe descrizioni su quello che succedeva per le strade di Parigi, ma Bernardo mi ha detto subito che non voleva una ricostruzione esatta e dettagliata degli eventi, in parte perché a questo punto della sua carriera non gli interessava come tema cinematografico, e poi perché, mi ha confessato: Tu c eri, io c ero e c è un qualcosa di osceno nel cercare di imitare qualcosa che abbiamo vissuto personalmente. Intendo dire che in L ULTIMO IMPERATORE ha ricostruito la Rivoluzione Cinese, ma si trattava di un qualcosa lontano anni luce dalla sua esperienza personale. Questa storia invece è parte della mia e della sua vita e quindi non voleva seguire quella strada». Ciò detto, Bertolucci non si è certo risparmiato per quanto riguarda le ricerche. «Bernardo fa più ricerche di qualunque altro regista che io conosca», racconta Thomas. «Prima di cominciare il film, sa già tutto sull argomento che affronterà. Questo non vuol dire che utilizzerà tutte le informazioni che ha raccolto». Dopo aver soddisfatto la sua curiosità si è preoccupato che anche i giovani attori conoscessero bene la realtà dell epoca. «Bernardo ci ha mostrato alcune riprese delle manifestazioni di quei giorni», racconta Eva Green, «e anche gli scioperi e quindi abbiamo imparato molto, ma prima di allora non sapevo assolutamente nulla. Sono rimasta molto colpita: non pensavo che si trattasse di avvenimenti così importanti». Nonostante la portata relativamente limitata del progetto, non è stato comunque un film facile. Nel corso della sua carriera, Bertolucci si è sempre rifiutato di girare in studio e THE DREAMERS non ha fatto eccezione. «E stato tutto girato in esterni», conferma Thomas. «Tutti i film che ho fatto con Bernardo sono stati girati in esterni, tranne alcune scene di L ULTIMO IMPERATORE che abbiamo girato in studio perché non potevamo girare nelle sale del palazzo e quindi le abbiamo ricostruite a Cinecittà. Ma generalmente tutti i suoi film sono realizzati in esterni». Per sua stessa ammissione, Bertolucci fa questo per evitare le distrazioni che potrebbero nascere dal confort di uno studio. «In studio è tutto più facile», commenta. «Hai sempre la luce 13

14 giusta, se vuoi allontanare la macchina da presa lo puoi fare, puoi anche buttare giù una parete. Quando giri in esterni non puoi fare nulla di tutto questo, ed è esattamente quello di cui ho bisogno. I limiti di un luogo reale sono sempre molto stimolanti. Mi piace sentire che la mia macchina da presa, come il mio corpo, ha un rapporto organico con l architettura che mi circonda. È per questo motivo che non ho girato ULTIMO TANGO A PARIGI in studio. Mi ricordo che Renoir mi disse che sul set bisogna lasciare sempre una porta aperta perché durante le riprese potrebbe arrivare qualcuno che non aspettavi. Questo è cinema e questa è la realtà che invade il tuo set. In uno studio la realtà non può mai irrompere sul set». Come capita con qualunque altra produzione moderna, l impegno all autenticità ha creato numerosi problemi logistici. «Per il responsabile delle location è stato un incubo», racconta Rabasse, «perché, come succede in tutte le grandi città, ottenere i permessi per girare è stata un impresa ardua». Mentre Jean-Luc Godard, François Truffaut e i loro colleghi potevano girare liberamente per strada senza chiedere né permessi, né autorizzazioni, oggi lo sviluppo urbano e la paranoia post-11 settembre hanno reso tutto molto difficile. «Ogni film ha i suoi problemi», commenta Thomas. «Le scene del 1968 sono state difficili da ricostruire perché le autorità non ci hanno dato il permesso di scendere in strada con manganelli sfollagente, idranti, manifestanti che tiravano pietre e rovesciavano automobili. In ogni caso, girare per le strade di una città è sempre molto difficile, che si tratti di Parigi, Londra o di qualunque altra metropoli. Fortunatamente non si tratta di ostacoli insormontabili ma è un qualcosa al quale bisogna dedicare tempo ed energie. Il problema maggiore sono state le automobili e i passaggi pedonali che nel 1968 erano gialli. Ogni volta che abbiamo girato per la strada abbiamo dovuto dipingere le strisce gialle. Trovare automobili di quel periodo è stato un altro lavoro difficile perché negli ultimi anni lo stato ha concesso degli incentivi per liberarsi delle automobili usate e comprarne delle nuove e quindi ormai è difficile trovare in giro automobili che abbiano più di 10 anni». Mentre per alcune scene non ci sono stati problemi, come per esempio quelle girate alla Cinémathèque e al Louvre, dove i tre protagonisti ricreano il famoso sprint del film di Godard Bande A Part, altre ambientazioni non sono state più usate per le difficoltà incontrate. Per esempio, all inizio si era pensato di ambientare le scene degli scontri a St German; tuttavia la zona è stata scartata perché i disordini del 68 hanno avuto delle ripercussioni incredibili su tutta la zona. «E stato impossibile girare a St German», racconta Rabasse, «e lo abbiamo capito subito. Dopo il maggio 68, il Sindaco di Parigi ha tolto tutto il pavé perché pensava che fosse troppo pericoloso lasciare quelle munizioni a disposizione degli studenti. Oggi le strade con il pavé si trovano solo nei quartieri più ricchi di Parigi, quelli che non sono frequentati dagli studenti». All inizio Gilbert Adair era scettico riguardo alla capacità della troupe di lavorare con simili limitazioni ma, cosa sorprendente per un cinefilo come lui, ammette di aver sottovalutato le risorse della troupe. «Lo scenografo e i suoi assistenti hanno fatto un lavoro magnifico», ammette lo scrittore. «All inizio pensavo che non avrebbe funzionato perché erano cambiate troppe cose alcuni bar che io ritenevo fondamentali per ricreare l atmosfera non c erano più. Quando abbiamo filmato le scene dei disordini, pur essendo organizzati alla perfezione, ho avuto la sgradevole sensazione che le cose sarebbero andate male. Quando poi ho visto i giornalieri sono rimasto estremamente colpito. All improvviso sono stato investito dai 14

15 ricordi del 68, cosa che non era successa mentre osservavo le riprese. Per me, questo è cinema». Una volta risolto il problema delle scene in strada, girate in agosto quando Parigi è pressoché deserta, Bertolucci si è concentrato sulle scene nell appartamento dove i giovani mettono in scena il loro psicodramma. Come racconta Rabasse, Bertolucci è molto preciso nella scelta delle ambientazioni e pretende che riflettano esattamente la storia. «Ricordo di avergli mostrato una fotografia del set che avevo scelto per l albergo dove alloggiava Matthew e lui mi ha risposto: ma cosa pensi? Che storia è questa? Che posto è mai questo? E così ho capito che non avevo scelto il posto giusto e abbiamo ricominciato tutto dall inizio; abbiamo dovuto tinteggiare nuovamente le pareti e cambiare gli arredi e Bernardo mi ha detto che nello scegliere un set dovevo sempre pensare soprattutto a chi viveva in quella stanza, e a che tipo di persona l avrebbe scelta. Quando si ricostruisce un ambiente bisogna sempre pensare alla vita che dovrebbe svolgersi lì dentro e non soltanto ai dettagli materiali». Dopo numerose ricerche, è stato trovato anche l appartamento che soddisfaceva le esigenze di tutti, non solo quelle di Bertolucci. Racconta Thomas, «Abbiamo trovato un intero edificio con un cortile e siamo riusciti a farci entrare tutta la troupe. C era posto anche per i camerini e le sale trucco. L unica cosa rimasta all esterno è stata la roulotte del catering. E stata la situazione ideale perché l appartamento è un altro protagonista del film, che vive e respira». L appartamento scelto ha colpito molto anche Adair, visto che in questo film ha un ruolo altrettanto importante quanto quello del luogo umido e impersonale occupato da Brando e Schneider in ULTIMO TANGO A PARIGI. «In un certo senso», spiega, «l appartamento è il vero protagonista del film. Per gran parte delle riprese il set era chiuso e quindi c eravamo solo noi e i corpi nudi o semi-nudi dei tre ragazzi, e quell appartamento è diventato il nostro mondo. È come quando si fa una crociera in mezzo all oceano: il mondo si restringe sempre di più e non t importa più nulla di quello che succede fuori. In un certo senso è quello che stava succedendo ai personaggi: non possono uscire dall appartamento, nonostante tutto quello che sta succedendo intorno a loro. Sentiamo le grida, le sirene della polizia e anche loro le sentono, ma quello che sta succedendo nelle loro vite è molto più importante». Nonostante i facili riferimenti, Thomas insiste nel dire che non si tratta di un tentativo per sfruttare il successo di ULTIMO TANGO A PARIGI e fare un altro film scandaloso. «Non vogliamo creare scalpore», commenta, «è soltanto una bella storia su tre ragazzi in un momento ben preciso della loro vita». Michael Pitt è d accordo con lui. «Si vedono tante cose che altri film non hanno il coraggio di mostrare, il che è piacevole. Non credo che sia un film scandaloso. Credo che l unico motivo per il quale film come questo facciano scalpore è perché sono pochi quelli che li fanno. Penso anche che film del genere facciano meno scalpore in Europa piuttosto che in America, dove il pubblico è più severo nei confronti del sesso che della violenza, per esempio. È una cosa molto strana», conclude l attore: «Il pubblico è libero di vedere scene di violenza anche gratuita, ma non persone nude». CONSIDERAZIONI FINALI Con THE DREAMERS, Bernardo Bertolucci spera di correggere quello che a suo avviso è un errore della storia. È convinto che oggi gli eventi del 68 vengano giudicati facendo riferimento a canoni moderni e attenendosi soltanto ai risultati ottenuti, ed è proprio 15

16 qui che sta l errore maggiore. «Alcuni pensano che il 68 sia stata una guerra persa», commenta il regista, «il che è completamente sbagliato. Il 68 ha portato molti cambiamenti importanti ma il problema vero è la mancanza di memoria, e il fatto che tanta gente non abbia raccontato ai propri figli quello che è successo veramente nel 68. I giovani hanno una specie di buco nero e credo che questo sia dovuto in parte al fatto che i genitori non gliene hanno mai parlato. È come se ci fosse stata un enorme censura su tutto quello che ha a che fare con il 68 e penso che sia assurdo. Infatti, anche se il sogno rivoluzionario è fallito, il 68 resta comunque un anno importante perché ha cambiato radicalmente i comportamenti delle persone. Tutto è cambiato. In Italia, la gente veniva multata solo perché si baciava per strada! E i ragazzi di oggi, che danno per scontata la loro cosiddetta libertà, non sanno che gran parte delle loro libertà sono state conquistate nel 68. È interessante vedere come i miei attori riusciranno a vivere quegli anni. Tutto ciò che non viene detto resta tra le righe. Porteranno sullo schermo una grande emozione». Bertolucci ci tiene a dire che non vuole impartire nessuna lezione ai giovani facendo una sorta di operazione nostalgica su un età dell oro ormai scomparsa. «In un certo senso», afferma, «THE DREAMERS serve a ricordare, come farebbe un brano musicale o un improvviso raggio di sole. Ci riporta ad un periodo in cui un intera generazione si è svegliata una mattina con aspettative incredibili. Forse perché ho visto che i giovani di oggi sono piuttosto malinconici rispetto al futuro, voglio ricordare loro un epoca nel quale il futuro era visto come un qualcosa di assolutamente positivo». In realtà, Louis Garrel condivide il punto di vista di Bertolucci e spera che i giovani si immedesimino nell energia di quei giorni. «Sono tanti quelli che stanno tentando di uccidere il mito del 68», dice il giovane attore. «Continuano a dire che è un epoca morta, creata dalla borghesia. E tanta gente non fa che screditarla». Per Bertolucci si tratta di un retaggio emotivo, fatto di ottimismo e speranze. «C era un eccesso di romanticismo», osserva il regista, «ma non era una cosa che creava imbarazzo a nessuno di noi o che ci faceva sentire a disagio». Per Gilbert Adair, adattare il suo romanzo per il grande schermo è stato un viaggio inaspettato ma soddisfacente, cominciato tanti anni fa. «Il film finisce bene e male al tempo stesso», racconta. «Finisce bene perché i protagonisti arrivano alla fine del viaggio avendo imparato molto su loro stessi, ma finisce anche male perché c è sempre una punta di tristezza quando si arriva alla fine di qualche cosa. Suppongo che è così che mi sento rispetto agli anni 60. Guardavo alcuni filmati con Bernardo, e pensavo Mio Dio, ma eravamo veramente così ingenui, ci vestivamo veramente così male? Ma al tempo stesso mi sembra che sia stato il periodo più felice della mia vita». 16

17 CAST ARTISTICO MICHAEL PITT Matthew Michael Pitt interpreta il ruolo del giovane studente americano Matthew, che passa gran parte del suo tempo alla Cinémathèque di Parigi dove incontra Theo e Isabelle. Nell estate del 2000, Michael Pitt è stato incluso tra i venticinque Nuovi Volti del Cinema Indipendente dal Filmmaker Magazine dopo essere stato scelto per interpretare Tommy Gnosis nel film premiato al Sundance Film Festival del 2001, Hedwig la diva con qualcosa in più. In seguito ha interpretato il controverso film di Larry Clark, uscito nell estate del 2001, intitolato Bully. Di recente Michael è stato il co-protagonista di Formula per un delitto diretto da Barbet Schroeder e prodotto dalla Castlerock Entertainment. Il film è interpretato anche da Sandra Bullock e Ryan Gosling ed è stato presentato quest anno al Festival di Cannes. Ha lavorato con Gus Van Sant in Scoprendo Forrester e ha terminato le riprese di Rhinoceros Eyes, diretto da Aaron Woodley e realizzato da Madstone Films. Michael ha iniziato la carriera in teatro nell estate del 1999 interpretando Dalton nella produzione del New York Theatre Workshop di The Trestle at Pope Lick Creek scritto da Naomi Wallace e diretto da Lisa Peterson. Daily Variety ha definito la sua interpretazione sensazionale e il New York Post ha scritto «Pitt, mette in Dalton tutta la poesia, la passione e l apertura che il testo e l allestimento trattengono». Michael ha lavorato nuovamente con Naomi Wallace nella prima americana di Birdy al Duke University, nella primavera del 2000, diretto da Kevin Knight. Restando al teatro, ricordiamo la prima americana Off Broadway di Monster, adattamento del Frankenstein di Mary Shelley, diretto dal regista Michael Grief, premiato col Tony & Obie. Michael ha anche lavorato con Faye Dunaway, al suo debutto come regista, nel cortometraggio The Yellow Bird. Tra gli altri suoi film ricordiamo anche Nydia s Chuletta s e Hi Life. Per quanto riguarda la televisione, ricordiamo il ruolo di guest star in Law & Order e un ruolo da guest star ricorrente in Dawson s Creek, stagione 1999/2000. Michael è nato e cresciuto nel New Jersey e oltre che attore, è scrittore, musicista e filmaker. LOUIS GARREL Theo Louis Garrel interpreta Theo, un giovane studente di cinema e un habitué della Cinémathèque che fa amicizia con Matthew e lo invita a passare un po di tempo a casa sua mentre i suoi genitori sono in vacanza. Louis ha già interpretato due film: La Guerre à Paris (2001) di Yolande Zauberman Ceci est mon corps (2000) di Rodolphe Marconi. 17

18 EVA GREEN Isabelle Eva Green interpreta Isabelle, la sorella di Theo, che condivide il suo amore per il cinema. THE DREAMERS è il primo film di Eva. Nata a Parigi, ha frequentato la St Paul School per tre anni prima di partecipare ad un laboratorio teatrale a Londra alla scuola Webber Douglas. Da quando è tornata a Parigi ha interpretato due spettacoli teatrali: Jealousie 3 fax di Didier Long e Turcarcet di Gerard Deshartes. ROBIN RENUCCI - Il padre Robin Renucci, interpreta il padre di Theo e Isabelle. Star del cinema e del teatro francese, la carriera cinematografica di Robin Renucci comprende tra gli altri: Prestami il rossetto, Stella, Fort Saganne, Volto segreto- Masques, Faux et usage de faux, Je pense à vous, Mefie-toi de l eau qui dort, Les Enfants du Siecle e più di recente Total Kheops. Nel 97 ha ricevuto una nomination per la sua interpretazione in Des enfants dans les arbres ed è stato premiato per Parents a mi-temps al 7d Or Film de Television ANNA CHANCELLOR La madre Anna Chancellor interpreta la madre di Theo e Isabelle. L attrice inglese Anna Chancellor ha studiato alla London Academy of Music and Dramatic Art; ha lavorato a lungo in teatro, alla televisione e in numerosi film tra i quali: The Man Who Knew Too Little, La Principessa Caraboo, Staggered, Quattro matrimoni e un funerale, Killing Dad, Crush e più di recente American Girl. Anna ha fondato la Wicked Theatre Company ed è stata candidata come Migliore Attrice non Protagonista agli Olivier Awards nel

19 CAST TECNICO BERNARDO BERTOLUCCI Regista Nato a Parma e intenzionato inizialmente a fare il poeta, Bertolucci comincia ad interessarsi di cinema dopo l incontro con Pier Paolo Pasolini; nel 1961 abbandona gli studi all Università di Roma per diventare l aiuto regista di Pasolini in Accattone. L anno seguente scrive la sceneggiatura del suo primo film LA COMARE SECCA, che ottiene un enorme successo al Festival di Venezia. Segue, nel 1964 PRIMA DELLA RIVOLUZIONE. Nel 1968 Sergio Leone chiede a Bertolucci di scrivere la sceneggiatura di C era una volta il West. Nel 1969 dirige LA STRATEGIA DEL RAGNO e poi IL CONFORMISTA, adattato dall omonimo romanzo di Alberto Moravia. Nel 1973 ottiene un grande successo di pubblico e di critica con il controverso ULTIMO TANGO A PARIGI, con Marlon Brando e Maria Schneider, all epoca censurato in Italia. Nel 1976 dirige l epopea NOVECENTO, con Robert De Niro e Gerard Depardieu, in cui esplora le lotte tra la sinistra e il movimento fascista nel corso di due generazioni. Seguono LA LUNA e LA TRAGEDIA DI UN UOMO RIDICOLO. Nel 1985, dopo quattro anni di preparazione laboriosa, Bertolucci si imbarca nel suo progetto più ambizioso dirigendo L ULTIMO IMPERATORE, la storia vera di Pu Yi, l ultimo imperatore della Cina, girato nella Città Proibita di Pechino. Il film riscuote un incredibile successo in tutto il mondo e vince nove Oscar, compreso quello per il Miglior Film e il Miglior Regista. Nel 1990 gira nel Sahara IL TÈ NEL DESERTO, interpretato da Debra Winger e John Malkovich e adattato dal romanzo The Sheltering Sky di Paul Bowles. Nel 1992 Bertolucci torna in Oriente per dirigere IL PICCOLO BUDDA, interpretato da Keanu Reeves e girato in esterni in Nepal e nei monasteri del remoto regno Himalayano del Bhutan. Tre anni dopo è di nuovo in Italia per girare IO BALLO DA SOLA, con Jeremy Irons, Liv Tyler, Donal McCann e Sinead Cusack. Infine è del 1998 L ASSEDIO, che Bertolucci definisce un pezzo di musica da camera per il cinema. Interpretato da Thandie Newton e David Thewlis, L ASSEDIO è stato girato tra Roma e il Kenya. Bernardo Bertolucci Filmografia essenziale: 2000 HISTOIRE D EAUX 1998 L ASSEDIO 1995 IO BALLO DA SOLA 1993 IL PICCOLO BUDDA 1990 IL TÈ NEL DESERTO 1986 L ULTIMO IMPERATORE 1981 LA TRAGEDIA DI UN UOMO RIDICOLO LA LUNA NOVECENTO 1972 ULTIMO TANGO A PARIGI 1970 IL CONFORMISTA 19

20 1970 LA STRATEGIA DEL RAGNO PARTNER AMORE E RABBIA (episodio: Agonia ) IL CANALE (cortometraggio) LA VIA DEL PETROLIO (documentario TV) 1964 PRIMA DELLA RIVOLUZIONE LA COMARE SECCA MORTE DI UN MAIALE (16mm) LA TELEFERICA (16mm) Sceneggiature: THE TRIUMPH OF LOVE di Clare Peploe L INCHIESTA di Gianni Amico 1968 C ERA UNA VOLTA IL WEST di Sergio Leone BALLATA DI UN MILIARDO di Gianni Puccini JEREMY THOMAS Produttore Il cinema è sempre stato parte integrante della vita di Jeremy Thomas. Nato a Londra da una famiglia di cineasti - suo padre Ralph e suo zio Gerard erano entrambi registi - sin da piccolo Thomas ha sempre desiderato lavorare nel cinema. Appena terminati gli studi comincia a lavorare dalle mansioni più umili e diventando in breve addetto al montaggio. Dopo aver montato il film di Philippe Mora Brother Can You Spare a Dime, ha prodotto nel 1974 in Australia il suo primo film, Braccato a vita dello stesso Mora. In seguito è tornato in Inghilterra per produrre il film di Jerzy Skolimowski L Australiano, vincitore del Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes. Lo spirito indipendente di Thomas ha dato i suoi frutti sia dal punto di vista artistico che commerciale. La sua carriera comprende tre film diretti Nicolas Roeg: Il lenzuolo viola, Eureka e La Signora in bianco; il film di Julien Temple The Great Rock 'N' Roll Swindle; Furyo di Nagisa Oshima e Vendetta di Stephen Frears. Nel 1986 ha prodotto il film epico di Bernardo Bertolucci, L ULTIMO IMPERATORE, film indipendente la cui lavorazione è durata tre anni. Trionfo commerciale e di critica, il film ha vinto nove premi Oscar nel 1987, compreso quello come Miglior Film. Dopo L ULTIMO IMPERATORE, Thomas ha prodotto numerosi film tra i quali film Alla ricerca dell assassino di Karel Reisz, IL TÈ NEL DESERTO, IL PICCOLO BUDDA e IO BALLO DA SOLA di Bertolucci; Il pasto nudo di David Cronenberg; inoltre è stato il produttore esecutivo di Crash. Nel 1997 ha diretto All The Little Animals con John Hurt, Christian Bale e Daniel Benzali, che ha partecipato in concorso al Festival di Cannes. Nel 2000 Thomas ha prodotto il film di Takeshi Kitano Brother e Sexy Beast-L ultimo colpo della bestia di Jonathan Blazer, per il quale Ben Kingsley è stato candidato 20

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