EDIFICI IN MURATURA IN ZONA SISMICA

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2 LUCIANO BOSCOTRECASE FRANCESCO PICCARRETA EDIFICI IN MURATURA IN ZONA SISMICA

3 Luciano Boscotrecase - Francesco Piccarreta EDIFICI IN MURATURA IN ZONA SISMICA ISBN RISTAMPA: aprile by Dario Flaccovio Editore s.r.l. - tel fax info@darioflaccovio.it Boscotrecase, Luciano <1933> Edifici in muratura in zona sismica / Luciano Boscotrecase, Francesco Piccarreta. Palermo : D. Flaccovio, ISBN Edifici Consolidamento Zone sismiche 2. Edifici Dinamica Zone sismiche I. Piccarreta, Francesco <1939-> CDD-21 SBN Pal CIP - Biblioteca centrale della Regione siciliana Alberto Bombace Stampa: Tipografia Priulla, Palermo, aprile 2009 Nomi e marchi citati sono generalmente depositati o registrati dalle rispettive case produttrici. Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata dagli aventi diritto/dall SERVIZI GRATUITI ON LINE Questo libro dispone dei seguenti servizi gratuiti disponibili on line: filodiretto con gli autori le risposte degli autori a quesiti precedenti files di aggiornamento al testo possibilità di inserire il proprio commento al libro. L'indirizzo per accedere ai servizi è:

4 Indice

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6 Presentazione... pag. 13 Presentazione alla ristampa aggiornata...» 15 PARTE PRIMA Edifici di nuova costruzione 1. Generalità...» Materiali 2.1. Malte...» Muratura costituita da elementi resistenti artificiali...» Muratura costituita da elementi resistenti naturali...» Determinazione sperimentale della resistenza a compressione degli elementi resistenti artificiali e naturali...» Determinazione della resistenza caratteristica a compressione degli elementi resistenti artificiali...» Determinazione della resistenza caratteristica a compressione degli elementi resistenti naturali...» Caratteristiche meccaniche delle murature 3.1. Murature composte da elementi resistenti artificiali pieni o semipieni...» Resistenza caratteristica a compressione...» Resistenza caratteristica a taglio...» Murature composte da elementi resistenti naturali...» Resistenza caratteristica a compressione...» Resistenza caratteristica a taglio...» Muratura armata...» Prescrizioni in zona sismica per materiali, murature, orizzontamenti e coperture 4.1. Materiali...» Murature...» Orizzontamenti e coperture...» Criteri generali di progettazione 5.1. Distanze e altezze degli edifici in muratura...» Regolarità di un edificio...» Elementi strutturali secondari...» 36

7 6. Regole specifiche per gli edifici con struttura in muratura 6.1. Premessa...» Criteri di progetto e requisiti geometrici...» Fondazioni...» Edifici semplici...» Regole specifiche per gli edifici con struttura in muratura ordinaria 7.1. Criteri di progetto...» Particolari costruttivi...» Regole specifiche per gli edifici con struttura in muratura armata 8.1. Criteri di progetto...» Particolari costruttivi...» Strutture soggette a sisma 9.1. Cenni di dinamica strutturale...» Richiami di ingegneria sismica...» Generalità...» Prestazioni attese dalle strutture per edifici soggetti a sisma...» Valutazione delle azioni sismiche Spettri di risposta...» Duttilità...» Azione sismica Terreni di fondazione...» Valutazione dell azione sismica...» Zone sismiche...» Descrizione dell azione sismica Spettro di risposta elastico...» Fattori di struttura...» Spettri di progetto...» Combinazione dell azione sismica con le altre azioni...» Combinazione delle componenti dell azione sismica...» Fattori di importanza...» Valutazione degli spostamenti...» Metodi di analisi Premessa...» Modellazione della struttura...» Analisi statica lineare...» Generalità...» Forze ai piani...» Analisi della struttura...» 66

8 11.4. Analisi statica non lineare...» Generalità...» Analisi pushover...» Problemi di modellazione...» Analisi dinamica modale...» Generalità...» Modello ad n gradi di libertà...» Analisi sismica modale per edifici con struttura in muratura...» Analisi dinamica non lineare...» Azione sismica ortogonale al piano delle pareti...» Generalità...» Valutazione del primo periodo di vibrazione della struttura...» Valutazione dei periodi propri e dei momenti flettenti nelle pareti..» Verifiche di sicurezza per gli edifici in muratura ordinaria Generalità...» Verifiche di sicurezza per edifici studiati a mezzo di analisi lineare Stato limite ultimo...» Pressoflessione nel piano...» Verifiche a taglio per scorrimento...» Verifica a taglio per crisi da trazione...» Pressoflessione fuori del piano...» Travi in muratura...» Verifiche di sicurezza per edifici studiati a mezzo di analisi lineare Stato limite di danno...» Verifiche di sicurezza per edifici studiati a mezzo di analisi statica non lineare Stato limite ultimo...» Premessa...» Crisi per pressoflessione nel piano...» Crisi da taglio per scorrimento...» Crisi da taglio per fessurazione diagonale...» Verifiche di sicurezza per edifici studiati a mezzo di analisi non lineare Stato limite di danno...» Verifiche di sicurezza per gli edifici in muratura armata Generalità...» Verifiche di sicurezza per edifici studiati a mezzo di analisi lineare Stato limite ultimo...» Ipotesi di base per le verifiche a pressoflessione nel piano e fuori del piano...» Campi di rottura...» Metodo approssimato...» 116

9 Domini di rottura adimensionalizzati...» Verifiche a pressoflessione nel piano...» Verifiche a taglio...» Verifica a pressoflessione fuori del piano...» I principi di gerarchia delle resistenze...» Verifiche di sicurezza per edifici studiati a mezzo di analisi lineare Stato limite di danno...» Verifiche di sicurezza per edifici studiati a mezzo di analisi statica non lineare Stato limite ultimo...» Premessa...» Crisi per pressoflessione nel piano...» Crisi da taglio...» Verifiche di sicurezza per edifici studiati a mezzo di analisi statica non lineare Stato limite di danno...» Applicazioni...» Analisi statica lineare...» Analisi statica non lineare...» Analisi dinamica modale...» 154 PARTE SECONDA Edifici esistenti 15. L edilizia esistente. Quadro generale...» Introduzione...» Ricadute normative e nuova classificazione sismica...» Evoluzione normativa: il » La situazione normativa nell Italia pre-unitaria e di fine 800: disposizioni antisismiche tradizionali, ripercussioni ad oggi...» La normativa antisismica del secolo scorso, dopo i grandi terremoti del primo novecento (Messina, 1908; Marsica, 1915)...» La tradizione operativa: considerazioni e confronti...» Le esperienze jugoslave, il metodo POR. L evoluzione delle conoscenze: dalle regole costruttive tradizionali all accertamento della sicurezza...» Gli interventi su larga scala nel territorio italiano...» L edilizia storica e l edilizia recente...» Considerazioni introduttive...» Le pareti e i pilastri in muratura...» Strutture murarie di piano...» Solai in legno...» 204

10 Solai in ferro...» Solai in calcestruzzo armato...» Coperture a tetto...» Scale...» Cenni di storia delle tecniche costruttive...» Introduzione...» Le radici della scienza del costruire. Leonardo da Vinci, fra intuizione e rigore sperimentale...» Il fervore del secolo XVII: da Galilei a Mariotte ed a Hooke, passando per le grandi realizzazioni murarie in Francia...» Il rigore del secolo XVIII: la matematica e la scienza sperimentale, la scuola italiana...» Le innovazioni del secolo XIX...» Le convergenze del secolo XX...» Problematiche del rilievo Introduzione...» Il rilievo geometrico...» Il rilievo costitutivo...» Connotazione storica...» Analisi del quadro fessurativo...» Diagnostica. Prove sperimentali in sito...» Il rilievo statico...» I livelli di conoscenza...» La verifica della sicurezza Introduzione...» Adeguamento e miglioramento antisismico...» Le tecniche d intervento...» Organizzazione tipologica...» Materiali impiegati. Effetti prodotti...» Interventi in fondazione...» Interventi su pareti murarie di elevazione...» Interventi su pilastri murari...» Interventi sugli elementi di orizzontamento...» Interventi sulle coperture...» Riepilogo...» Aspetti di modellazione strutturale...» Modellazione e analisi Premesse...» 311

11 18.2. Analisi cinematica lineare e non lineare...» Analisi cinematica lineare...» Analisi cinematica non lineare...» Meccanismi di I modo. Analisi cinematica lineare...» Ribaltamento di parete monopiano...» Cinematismo per rottura interna in parete incatenata...» Cinematismo per ribaltamento composto di parete monopiano...» Ribaltamento di parete con due piani...» Meccanismi di II modo...» Generalità...» Pannello murario soggetto a forze complanari...» Parete con aperture...» Considerazioni conclusive sull analisi cinematica...» Valutazione della sicurezza per edifici in muratura esistenti...» Generalità...» Analisi e verifiche...» Il progetto di consolidamento...» Criteri d impostazione...» Interventi provvisori di salvaguardia della sicurezza...» Intervento di restauro e protezione antisismica del Palazzo Pretorio a Gubbio...» Introduzione...» Il complesso monumentale della Piazza Grande e le vicende costruttive del Palazzo Pretorio...» Il sisma umbro-marchigiano del 1997 e la perizia di agibilità del Palazzo. Manifestazione e carattere dei dissesti...» L intervento di restauro e miglioramento antisismico: scelte progettuali, variazioni in corso d opera, analisi e valorizzazione delle emergenze architettoniche...» Cerchiature e contenimenti di pilastri: analisi del beneficio Introduzione...» Approccio sperimentale...» Impostazione analitica...» 369 Appendice A Norme tecniche per le Costruzioni D.I » 373 Appendice B Norme tecniche per le Costruzioni D.M » 389 Bibliografia...» 413

12 Presentazione L Ordinanza 3274 del 20 marzo 2003 nasce sull onda emotiva generata dai tragici eventi dovuti al sisma del Molise del 31 ottobre 2002 e si inserisce a colmare un ritardo nel periodico aggiornamento normativo, in particolare in quello sismico. Tale Ordinanza tuttavia risente della grande celerità con cui è stata concepita e realizzata, per cui successivamente, con la Ordinanza 3316 ed in via definitiva con la Ordinanza 3431, si sono meglio tarate e messe a punto numerose prescrizioni conseguenti all avvenuto progresso scientifico, alla necessità di aderire maggiormente agli Eurocodici e forse anche a rispondere alle istanze del mondo professionale. In definitiva l Ordinanza 3431 è pienamente in linea con la più aggiornata Ricerca scientifica consolidata, circostanza che forse per la prima volta si verifica in pieno in una Normativa. Questa richiamata circostanza se da un lato qualifica positivamente il testo normativo, dall altro rappresenta una vera svolta nella vita professionale dei Progettisti strutturali. Da qui la necessità per i progettisti di un aggiornamento culturale rispetto a consolidate procedure di analisi che pur hanno presentato nel tempo una loro evoluzione. Oggi sono necessarie al progettista solide basi di conoscenza anche di dinamica, di ingegneria sismica e di analisi non lineare. Questa necessità è confermata, per i professionisti, dai numerosi corsi di aggiornamento promossi dagli Ordini degli Ingegneri e, per le generazioni in formazione, dalla continua evoluzione dei Corsi Universitari. Sollecitati dall Editore, abbiamo deciso quindi, con questo volume, di fornire un contributo all evoluzione culturale in atto. Si è scelto l ambito della costruzione muraria, caratterizzata nel tempo dal passaggio da un dimensionamento per analogia, ad una progettazione basata sull analisi strutturale e sulle verifiche alle tensioni in primo tempo ed agli stati limite oggi. Di pari importanza è la considerazione che, nel settore dell esistente, le costruzioni in muratura rappresentano una cospicua parte del patrimonio edilizio, in particolare storico. Obiettivo di questo volume è quindi di costituire un percorso il più possibile completo, che parte dai modelli semplici della Dinamica Strutturale e dalle nozioni di base dell Ingegneria sismica, si sviluppa attraverso i metodi di analisi lineari e non, sino a pervenire alle verifiche di sicurezza agli Stati Limite ultimo e di danno. Questo percorso è stato seguito sia per gli edifici di nuova costruzione che per gli esistenti ed è sempre accompagnato da una esemplificazione numerica di dettaglio. Il volume è suddiviso in due parti, relative rispettivamente agli edifici di nuova costruzione, in muratura ordinaria o armata, ed agli edifici esistenti. In particolare, per quanto riguarda le nuove costruzioni in muratura, la Prima Parte è articolata con una introduzione sui materiali, con le relative prescrizioni per la zona sismica, con i Criteri generali di progettazione. Seguono i Cenni di Dinamica e l introduzione dell Ingegneria Sismica, la valutazione

13 dell Azione Sismica, i metodi di analisi e le verifiche di sicurezza per la muratura sia ordinaria che armata. La Prima Parte si conclude con un capitolo dedicato alle Applicazioni. La Seconda Parte, che utilizza con le dovute accortezze metodologie definite nella Prima Parte, si sviluppa sui temi della conoscenza dell organismo costruttivo, delle tecniche di intervento, della modellazione ed analisi strutturale sotto sisma. Il primo tema comprende la descrizione tipologica dell organismo costruttivo, una sintetica Storia delle Tecniche costruttive nel loro sviluppo temporale, l analisi di consistenza e di conservazione nello stato di fatto, una metodologia di prima approssimazione per l analisi dello stato di sollecitazione in opera. Segue una rassegna critica delle tecniche d intervento, corredata da esemplificazioni esecutive. La definizione dello stato di sollecitazione sotto sisma, prima e dopo l intervento, rientra nell ambito dei problemi di modellazione ed analisi. In particolare in tale ambito viene introdotta l analisi cinematica per meccanismi locali. Conclude l esposizione la definizione del Progetto di consolidamento, accompagnata dalla descrizione di un intervento realizzato per un Edificio storico. A lavoro virtualmente concluso, sono state pubblicate in data le Norme Tecniche per le Costruzioni che comprendono anche le prescrizioni per la progettazione in presenza di azioni sismiche. Tale Normativa conferma tra l altro la validità della Ordinanza 3431, nel rispetto dei livelli di sicurezza stabiliti nella presente norma. Per le Costruzioni in muratura in particolare, le variazioni introdotte nelle Norme Tecniche sono essenzialmente quantitative, mentre le metodologie di analisi e verifiche introdotte dall Ordinanza 3431 restano pienamente valide. Per tali motivi si è deciso di riportare in una Appendice le diversità introdotte dalle Norme Tecniche anche complete di una esemplificazione numerica. Resta negli autori la speranza di avere centrato l obiettivo posto, insieme con la consapevolezza che il volume non pretende di esaurire in tutto le tematiche affrontate. Saremo quindi grati ai colleghi Ingegneri ed Architetti impegnati nella vita professionale, per tutti quei suggerimenti che potranno contribuire in futuro ad un miglioramento dei contenuti di questo volume. Ringraziamo, infine, Dario Flaccovio e i suoi collaboratori che con grande competenza e professionalità, hanno reso possibile la realizzazione di questo volume. Gli autori

14 Presentazione alla ristampa aggiornata Lo spirito alla base della prima edizione del presente testo, finita di stampare nel luglio 2006, è stato presentare ed applicare alle costruzioni murarie le nuove norme antisismiche contenute nelle Ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri (in varie edizioni a partire dal marzo 2003 {2}) evidenziandone i riflessi sulla progettazione delle nuove costruzioni e degli interventi sull Edilizia esistente. A testo ormai ultimato, era stata emanata l edizione 2005 delle Norme Tecniche per le Costruzioni {9}: un testo generale che riguarda i diversi tipi di materiali, tipologie, azioni. Di ciò si era tenuto conto, ad immediato ridosso della stampa del libro, inserendo una appendice che conteneva le (limitate) varianti introdotte relativamente alle costruzioni in muratura. L equilibrio normativo allora raggiunto è stato nuovamente modificato dall edizione 2008 delle Norme Tecniche per le Costruzioni {10}: edizione che diventerà vincolante a partire dal 30 giugno Fino a tale data il D.L. cosiddetto milleproroghe 2009 conserva la validità anche di tutto il precedente pacchetto normativo con l eccezione delle opere a carattere strategico, per le quali le NTC 2008 sono già vincolanti che va dal D.M. 20 novembre 1987 {1} alle NTC In questo quadro è possibile operare la scelta del testo normativo da applicare per la singola progettazione. Come si vede, ci si trova in una situazione normativa in possibile evoluzione, considerato l avvenuto cambiamento della compagine governativa italiana. Pertanto, in attesa della prossima scadenza al termine del mese di giugno 2010 e di eventuali nuovi indirizzi normativi, si è deciso di procedere a una ristampa aggiornata, con una seconda appendice, relativa alle novità introdotte dalle NTC 2008: fondamentali, tra queste, la classificazione sismica puntuale del territorio nazionale e la valutazione dell azione sismica. Per facilitare l identificazione delle novità introdotte, a piè di pagina di ogni capitolo o paragrafo interessato da modifiche, sono riportati ed evidenziati i corrispondenti riferimenti alle NTC In definitiva questa prima ristampa contiene quindi le innovazioni più significative introdotte dalle NTC Una nuova edizione, del tutto organica, è invece rimandata a tempi di raggiunta certezza normativa. Gli autori

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16 Parte Prima Edifici di nuova costruzione

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18 1 Generalità Gli edifici in muratura di nuova costruzione sono realizzati con elementi resistenti artificiali o naturali collegati da malta. Un insieme di elementi resistenti è organizzato in un elemento strutturale definito muro. L insieme dei muri portanti di un edificio costituisce la struttura portante verticale dell edificio stesso. I muri sono disposti in genere secondo due direzioni ortogonali e possono così distinguersi: muri longitudinali esterni; muri trasversali esterni; muro o muri di spina; muri trasversali interni. Le intersezioni devono essere tali da garantire un adeguato vincolo tra i muri stessi. A livello di piano i muri sono collegati da impalcati rigidi, di solito orizzontali. Gli impalcati sono realizzati da cordoli di piano e solai. I solai possono essere realizzati con elementi portanti in acciaio o in c.a. normale o parzialmente precompresso (ad esempio con travetti prefabbricati in c.a.p. completati in opera). I cordoli di piano hanno la funzione di trasmettere i carichi verticali dai solai ai muri verticali; inoltre essi assicurano sia la cerchiatura dell edificio, che incrementa notevolmente la capacità di assorbimento delle azioni orizzontali, che il collegamento tra muri longitudinali e trasversali, funzionando da catena. Le strutture portanti verticali ed orizzontali devono costituire un insieme scatolare (fig. 1.1) che garantisca quindi l assorbimento delle azioni verticali ed orizzontali (vento o sisma). La normativa di riferimento 1 nel progetto o verifica di un edificio in muratura è: {1}D.M. 20 novembre 1987 Norme tecniche per la progettazione, esecuzione e collaudo degli edifici in muratura e per il loro consolidamento. {2}Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri del n Normativa tecnica per le costruzioni in zona sismica e connessa classificazione sismica del territorio nazionale. {3}Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri del n Modifiche ed integrazioni all Ordinanza del Presidente del C.M. n del {4}Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri del n Ulteriori modifiche ed integrazioni all Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n del 20 marzo In questo elenco di normative vanno aggiunte le Norme Tecniche per le Costruzioni ed {9} e ed {10}, illustrate rispettivamente in Appendice A ed Appendice B.

19 Oltre tali normative, verranno considerati, se necessario, i seguenti Eurocodici: {5}Eurocodice 6 Progettazione delle strutture in muratura. {6}Eurocodice 8 Indicazioni progettuali per la resistenza sismica delle strutture. Fig

20 2 Materiali MALTE La normativa {1} in sintesi prescrive: l acqua per gli impasti deve essere limpida, priva di sostanze organiche o grassi, non deve essere aggressiva nè contenere solfati o cloruri in percentuale dannosa; la sabbia da impiegare per il confezionamento delle malte deve essere priva di sostanze organiche, terrose o argillose. Le calci aeree, le pozzolane ed i leganti idraulici devono possedere le caratteristiche tecniche ed i requisiti previsti dalle vigenti normative. L impiego di malte premiscelate pronte per l uso è consentito purchè ogni fornitura sia certificata dal fornitore con indicazione del gruppo della malta, il tipo e la quantità dei leganti e degli eventuali additivi. Le tipologie di malta e la loro composizione sono indicate nella successiva tabella. Classe Tipo di malta Cemento Calce aerea Calce idraulica Sabbia Pozzolana M 4 Idraulica M 4 Pozzolanica M 4 Bastarda M 3 Bastarda M 2 Cementizia 1-0,5 4 - M 1 Cementizia Alla malta cementizia si può aggiungere una piccola quantità di calce aerea con funzione plastificante. Ai fini della equivalenza di altri tipi di malta con le classi innanzi descritte, viene stabilito che la resistenza media a compressione deve avere valori non inferiori ai seguenti: 12 N/mm 2 per l equivalenza alla malta M 1 8 N/mm 2 per l equivalenza alla malta M 2 5 N/mm 2 per l equivalenza alla malta M 3 2,5 N/mm 2 per l equivalenza alla malta M 4 Poichè la normativa {4} richiede, per le malte, una resistenza caratteristica non inferiore a 5 MPa, risultano escluse in zona sismica le malte M 4. Sono in ogni caso da preferire le malte cementizie. 1 L aggiornamento alle NTC 2005 e 2008 è riportato ai paragrafi A.4.1 e B.4.1.

21 2.2. MURATURA COSTITUITA DA ELEMENTI RESISTENTI ARTIFICIALI La muratura è costituita da elementi aventi generalmente forma parallelepipeda, posti in opera in strati regolari di spessore costante e legati tra loro tramite malta. Gli elementi resistenti possono essere in: laterizio normale; laterizio alleggerito in pasta; calcestruzzo normale; calcestruzzo alleggerito. Gli elementi resistenti artificiali possono avere sia forature verticali che orizzontali. Gli elementi sia in laterizio che in calcestruzzo si distinguono in base alla percentuale di foratura φ nelle seguenti categorie: Elementi pieni φ 15% Elementi semipieni 15% < φ 45% Elementi forati 45% < φ 55% Indicata con A l area lorda della faccia dell elemento, e con f l area media della sezione normale di un foro, deve essere: Elementi pieni in laterizio f 9 cm 2 Elementi semipieni in laterizio f 12 cm 2 Elementi forati in laterizio f 15 cm 2 Elementi in calcestruzzo con A 900 cm 2 Elementi in calcestruzzo con A > 900 cm 2 f 0.10 A f 0.15 A Per altri dettagli sui fori si rimanda alla stessa nomativa {1} MURATURA COSTITUITA DA ELEMENTI RESISTENTI NATURALI La muratura è costituita da elementi in pietra legati tra di loro tramite malta. Le pietre, che si ricavano in genere per abbattimento di rocce, devono essere non friabili o sfaldabili, resistenti al gelo per murature esposte agli agenti atmosferici, non devono contenere in misura sensibile sostanze solubili o residui organici. Le pietre inoltre devono presentarsi monde da cappellaccio e da parti alterate. L impiego di elementi provenienti da murature esistenti è subordinato al soddisfacimento dei requisiti sopra elencati ed al ripristino della freschezza delle superfici a mezzo di pulitura e lavaggio delle superfici stesse. Le murature costituite da elementi resistenti naturali si distinguono nei seguenti tipi: MURATURA IN PIETRA NON SQUADRATA Composta con pietrame di cava grossolanamente lavorato, posto in opera in strati pressoché regolari. MURATURA LISTATA Costituita come la muratura in pietra non squadrata, ma intercalata da fasce in conglomerato semplice o armato oppure da ricorsi orizzonta- 22

22 li costituiti da almeno due filari in laterizio pieno, posti ad interasse non superiore a m 1.6 ed estesi a tutta la lunghezza ed a tutto lo spessore del muro. MURATURA IN PIETRA SQUADRATA Composta con pietre di geometria pressoché parallelepipeda poste in opera in strati regolari DETERMINAZIONE SPERIMENTALE DELLA RESISTENZA A COMPRESSIONE DEGLI ELEMENTI RESISTENTI ARTIFICIALI E NATURALI La normativa {1} fissa le modalità di prova per tale determinazione. In sintesi si stabilisce quanto segue: la produzione degli elementi resistenti sia naturali che artificiali per ogni stabilimento di produzione (elementi artificiali) o per ogni cava (elementi naturali) deve essere controllata almeno annualmente, e per le cave ogni qualvolta cambino la natura e le caratteristiche meccaniche del materiale; il controllo di accettazione in cantiere, eventualmente richiesto dal direttore dei lavori, sarà effettuato su uno o più campioni ciascuno di tre elementi da provare a rottura per compressione. Per ogni campione, indicata con f 1, f 2, f 3 la resistenza a compressione dei relativi elementi, ed essendo: f 1 < f 2 < f 3 il controllo è positivo se risultano verificate le due condizioni: (f 1 + f 2 + f 3 )/ f bk ; f f bk essendo f bk resistenza caratteristica a compressione indicata dal produttore DETERMINAZIONE DELLA RESISTENZA CARATTERISTICA A COMPRESSIONE DEGLI ELEMENTI RESISTENTI ARTIFICIALI La resistenza caratteristica a compressione nella direzione dei carichi verticali, rappresenta quella resistenza al di sotto della quale ci si deve attendere di trovare solo il 5% della popolazione di tutte le misure di resistenza. Con riferimento ad un numero minimo di 30 elementi, la resistenza f bi del generico elemento è definita da: f bi = N/A; in tale espressione N rappresenta il carico di rottura in direzione ortogonale al piano di posa ed A l area lorda della faccia delimitata dal suo perimetro. La resistenza caratteristica f bk si valuta con l espressione: f bk = f bm ( δ) con f bm = Σ f bi /n, dove n è il numero di elementi provati; δ = s/f bm (coefficiente di variazione); s = stima dello scarto quadratico medio; 23

23 Σ( ) 2 fbm fbi s = (la sommatoria è estesa agli n elementi provati). n-1 Il valore f bk non è accettabile se δ > 0.2. La resistenza caratteristica a compressione in direzione ortogonale ai carichi verticali e nel piano della muratura sarà ricavata in funzione della resistenza media : f bm f bk = 0.7 f bm La resistenza media è riferita a prove su un minimo di 6 campioni DETERMINAZIONE DELLA RESISTENZA CARATTERISTICA A COMPRESSIONE DEGLI ELEMENTI RESISTENTI NATURALI La resistenza media a compressione f bm per le pietre, esclusi i tufi, si determina sulla base di quanto prescritto nel Regio Decreto n relativo alle norme per l accettazione delle pietre naturali. Per i tufi, la resistenza media a compressione f bm si determina su campioni di trenta elementi da provare nella direzione di lavoro. Non sono ammessi tufi con f bm < 20 kg/cmq e per i quali il singolo elemento presenti resistenza a compressione inferiore a 15 kg/cmq. Per tutti gli elementi resistenti naturali si assume: f bk = 0.75 f bm 24

24 3 Caratteristiche meccaniche delle murature 1 Le murature vengono classificate in funzione di due propietà fondamentali: la resistenza caratteristica a compressione f k e la resistenza caratteristica a taglio f vk. Note tali proprietà ed in assenza di una determinazione sperimentale, si possono valutare i moduli elastici con le relazioni che seguono: modulo di elasticità normale secante: E =1000 f k modulo di elasticità tangenziale secante: G = 0.4 E. Tutto quanto detto in questo capitolo non è in alcun modo applicabile a murature di edifici esistenti, per le quali verranno fornite indicazioni specifiche nella seconda parte di questo volume MURATURE COMPOSTE DA ELEMENTI RESISTENTI ARTIFICIALI PIENI O SEMIPIENI Resistenza caratteristica a compressione La resistenza caratteristica a compressione della muratura in esame si determina sperimentalmente con le modalità indicate nell allegato 2 della normativa {1}, ovvero per murature assemblate con elementi pieni o semipieni si valuta in funzione delle proprietà dei suoi componenti con la tabella successiva. La tabella è valida per murature aventi giunti orizzontali e verticali riempiti con malta con le caratteristiche di cui al paragrafo 2.1 e di spessore compreso tra i 5 ed i 15 mm. In ogni caso in progetto deve essere indicata la resistenza caratteristica a compressione f k prevista. Quando sia richiesto un valore f k > 8 N/mm 2, è necessario il controllo sperimentale di f k con le modalità indicate nel citato all.2. Resistenza caratteristica a compressione f bk dell elemento N/ mm 2 Malta tipo M 1 Malta tipo M 2 Malta tipo M 3 Malta tipo M 4 N/mm 2 N/mm 2 N/mm 2 N/mm L aggiornamento alle NTC 2005 e 2008 è riportato ai paragrafi A e B.4.2.

25 Resistenza caratteristica a taglio La resistenza caratteristica a taglio della muratura in assenza di carichi verticali f vk0 si determina sperimentalmente come indicato nel già citato allegato 2 (normativa {1}). Per le murature costituite da elementi resistenti artificiali pieni o semipieni tale resistenza caratteristica può essere valutata in funzione delle proprietà dei suoi componenti. Premesso che si definisce resistenza caratteristica a taglio f vk della muratura la resistenza all effetto combinato delle forze orizzontali e verticali agenti nel piano del muro, tale resistenza si determina con la relazione: con f vk0 σ n f vk = f vk σ n resistenza caratteristica a taglio della muratura in assenza di carichi verticali; tensione normale media dovuta ai carichi verticali agenti nella sezione da verificare. Il valore di f vk0 è fornito nelle due seguenti tabelle, valide per murature aventi giunti orizzontali e verticali riempiti con malta con le caratteristiche di cui al paragrafo 2.1 e di spessore compreso tra i 5 ed i 15 mm. Elementi artificiali in laterizio pieni e semipieni Resistenza caratteristica a compressione f bk dell elemento N/mm 2 Tipo di malta f vk0 N/mm 2 f bk 15 M 1 - M 2 - M 3 - M f bk > 15 M 1 - M 2 - M 3 - M Elementi artificiali in calcestruzzo pieni e semipieni Resistenza caratteristica a compressione f bk dell elemento N/mm 2 Tipo di malta f vk0 N/mm 2 f bk 3 M 1 - M 2 - M 3 - M f bk > 3 M 1 - M 2 - M f bk > 3 M Per le murature formate da elementi semipieni o forati si deve assumere f vk f vklim, dove f vklim viene valutato in funzione del valore caratteristico della resistenza f bk degli elementi in senso orizzontale e nel piano del muro: f vklim = 1.4 f bk 3.2. MURATURE COMPOSTE DA ELEMENTI RESISTENTI NATURALI Resistenza caratteristica a compressione La resistenza caratteristica a compressione della muratura si determina sperimentalmente su campioni della stessa muratura, con le modalità riportate nell allegato 2 della normativa {1}. In via alternativa la resistenza caratteristica a compressione si valuta in funzione delle caratteristiche dei suoi componenti con la successiva tabella. La tabella è valida per murature con giunti orizzontali e verticali riempiti con malta con le caratteristiche di cui al paragrafo 2.1 e di spessore compreso tra i 5 ed i 15 mm. 26

26 Si assume convenzionalmente, nell uso di tale tabella, come resistenza caratteristica a compressione degli elementi resistenti f bk il valore: f bk = 0.75 f bm con f bm resistenza media degli elementi in pietra squadrata, deteminata come prescritto nell allegato 1 della normativa {1}. Valore di f k per murature formate da elementi naturali in pietra squadrata Resistenza caratteristica a compressione f bk dell elemento N/mm 2 Malta tipo M 1 Malta tipo M 2 Malta tipo M 3 Malta tipo M 4 N/mm 2 N/mm 2 N/mm 2 N/mm Sono ammesse interpolazioni ma mai estrapolazioni. In ogni caso la resistenza caratteristica a compressione della muratura richiesta deve essere indicata in progetto. Se in progetto la resistenza caratteristica richiesta f k risulta maggiore o eguale a 8 N/mm 2, la direzione lavori deve procedere ai controlli sperimentali di cui al già citato allegato Resistenza caratteristica a taglio La resistenza caratteristica a taglio della muratura in assenza di carichi verticali f vko si determina sperimentalmente su campioni della stessa muratura, con le modalità di cui al citato all. 2 della normativa {1}. In via alternativa la resistenza caratteristica a taglio f vk0 si valuta in funzione delle caratteristiche dei suoi componenti con la successiva tabella. La tabella è valida per murature con giunti orizzontali e verticali riempiti con malta con le caratteristiche di cui al paragrafo 2.1 e di spessore compreso tra i 5 ed i 15 mm. Valore di f vk0 per murature formate da elementi naturali in pietra squadrata Resistenza caratteristica a compressione f bk dell elemento N/mm 2 Tipo di malta f vk0 N/mm 2 f bk 3 M 1 - M 2 - M 3 - M f bk > 3 M 1 - M 2 - M f bk > 3 M

27 La resistenza caratteristica a taglio della muratura f vk, definita come resistenza all effetto combinato delle forze orizzontali e dei carichi verticali agenti nel piano del muro, si valuta ancora con la formula: f vk = f vk σ n con σ n tensione normale media per effetto dei carichi verticali agenti nella sezione MURATURA ARMATA La muratura armata nasce con la necessità di migliorare le caratteristiche della muratura, in particolare per quanto riguarda l assorbimento di forti azioni orizzontali dovute all azione sismica. Le prime applicazioni sono relative a murature rinforzate con elementi lignei orizzontali e verticali, irrigiditi da elementi diagonali. Un esempio si può trovare nelle case antisismiche proposte da Vivenzio al governo borbonico dopo il terremoto del 1783; tale tipologia, detta casa baraccata, fornì poi buone prestazioni in occasione del terremoto di Messina del Oggi si definisce muratura armata una muratura rinforzata con barre di armatura diffuse nella muratura ovvero concentrate in particolari regioni del pannello murario. La muratura è realizzata con elementi artificiali semipieni dotati di alloggiamenti o scanalature tali da consentire la posa delle armature verticali ed orizzontali. Gli elementi artificiali avranno le caratteristiche meccaniche viste al paragrafo 2.2. Si adoperano esclusivamente malte cementizie del tipo M 1 o M 2 ovvero calcestruzzo nelle zone da riempire in corrispondenza delle armature. Le armature saranno del tipo Fe B 38 k ovvero Fe B 44 k, ad aderenza migliorata. La muratura armata con armatura diffusa è caratterizzata da elementi metallici disposti ad intervalli regolari sia in direzione orizzontale che verticale (figure 3.1 e 3.2). Fig. 3.1a. Armatura verticale diffusa Fig. 3.1b. Armatura orizzontale nei giunti di malta Fig Armatura verticale diffusa 28

28 L armatura orizzontale si realizza con tralicci o semplici barre come in figura 3.1b. Nel primo caso i tralicci sono posizionati in corrispondenza dei ricorsi di malta del necessario spessore; nel caso di armatura con semplici barre, queste possono essere posizionate come per i tralicci ovvero disposte in apposite scanalature dei blocchi. Le armature verticali sono costituite da barre che corrono in appositi alloggiamenti ottenuti con una opportuna sagomatura dei blocchi, tale da consentire lo sfalsamento tra i blocchi disposti in due corsi successivi. La muratura armata con armatura concentrata è caratterizzata da elementi metallici disposti in travetti e pilastrini in calcestruzzo, che delimitano riquadri di muratura; i pilastrini possono essere anche di spessore maggiore rispetto a quello della muratura. L armatura orizzontale può anche disporsi in apposite scanalature dei blocchi. Un esempio di armatura verticale concentrata è presentato in figura 3.3. Fig Armatura verticale concentrata 29

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30 4 Prescrizioni in zona sismica per materiali, murature, orizzontamenti e coperture 4.1. MATERIALI La normativa {4} impone, per gli edifici in muratura di nuova edificazione, il pieno rispetto della normativa {1}. In particolare a tale ultima normativa ci si deve riferire per quanto riguarda le caratteristiche fisiche, meccaniche e geometriche degli elementi resistenti naturali ed artificiali e per i relativi controlli di produzione e di accettazione in cantiere. Per quanto riguarda i materiali, in zona sismica è inoltre prescritto quanto segue: la percentuale volumetrica degli eventuali vuoti non sia superiore al 45% del volume totale del blocco; per gli elementi in laterizio di area lorda A superiore a 580 cm 2 è ammesso un foro per l eventuale alloggiamento di armature, la cui area non superi 70 cm 2 ; non sono soggetti a tale limitazione i fori che verranno comunque interamente riempiti di calcestruzzo; per gli elementi in calcestruzzo di area lorda A superiore a 580 cm 2 è ammesso un foro per l eventuale alloggiamento di armature, la cui area non superi 70 cm 2 ; di area lorda superiore a 700 cm 2 il limite delle dimensione dei fori è elevato a 0.1 A; di area lorda superiore a 900 cm 2 il limite delle dimensioni dei fori è elevato a 0.15 A; non sono soggetti a tali limitazioni i fori che verranno comunque interamente riempiti di calcestruzzo; gli eventuali setti disposti parallelamente al piano del muro siano continui e rettilinei; le uniche interruzioni ammesse sono in corrispondenza dei fori di presa o per l alloggiamento delle armature; la resistenza caratteristica a rottura nella direzione portante f bk, non sia inferiore a 5 MPa, calcolata sull area al lordo delle forature; la resistenza caratteristica a rottura nella direzione perpendicolare a quella portante, nel piano di sviluppo della parete, calcolata nello stesso modo, non sia inferiore a 1.5 MPa. f bk La malta di allettamento dovrà avere resistenza media non inferiore a 5 MPa e i giunti verticali ed orizzontali dovranno essere riempiti con malta. L utilizzo di materiali o tipologie murarie diverse rispetto a quanto sopra specificato deve essere supportato da adeguate prove sperimentali che ne giustifichino l impiego. Sono ammesse murature realizzate con elementi artificiali o elementi in pietra squadrata. È esclusa la possibilità di utilizzare la muratura listata nelle zone 1, 2 e MURATURE La geometria delle pareti resistenti al sisma, al netto dell intonaco, deve rispettare i requisiti indicati nella seguente tabella:

31 t min (h 0 /t) max (l/h) min Muratura ordinaria, realizzata con elementi in pietra squadrata 300 mm Muratura ordinaria, realizzata con elementi artificiali 240 mm Muratura armata, realizzata con elementi artificiali 240 mm 15 qualsiasi Muratura ordinaria, realizzata con elementi in pietra squadrata, in zona 3 e mm Muratura realizzata con elementi artificiali semipieni, in zona mm Muratura realizzata con elementi artificiali pieni, in zona mm dove zona 4 è la zona a più basso livello di sismicità, come verrà precisato in seguito; t indica lo spessore della parete; h 0 l altezza libera d inflessione pari a ρ h p, con h p altezza interna di piano e ρ fattore laterale di vincolo fornito nella successiva tabella; h l altezza massima delle aperture adiacenti alla parete ed l la lunghezza della parete. Valori di ρ per muro senza aperture, irrigidito con vincolo efficace da due muri trasversali con spessore 20 cm, posti ad interasse a Valori di ρ h p / a < h p / a 1 3/2 - h p / a h p / a > 1 1 ( ) 2 1+ h p / a Se il generico muro trasversale ha delle aperture (porte o finestre) si ritiene convenzionalmente che la sua funzione di irrigidimento possa essere espletata quando lo stipite delle aperture disti dalla superficie del muro irrigidito almeno 1/5 dell altezza del muro stesso; in caso contrario si assumerà ρ = 1, così come per il muro isolato ORIZZONTAMENTI E COPERTURE Le strutture costituenti orizzontamenti e coperture non devono essere spingenti. Eventuali spinte orizzontali, valutate tenendo in conto l azione sismica, devono essere assorbite per mezzo di idonei elementi strutturali. I solai devono assolvere funzione di ripartizione delle azioni orizzontali tra le pareti strutturali, pertanto devono essere ben collegati ai muri e garantire un adeguato funzionamento a diaframma. La distanza massima tra due solai successivi non deve essere superiore a 5 m. 32

32 5 Criteri generali di progettazione DISTANZE E ALTEZZE DEGLI EDIFICI IN MURATURA La normativa {4} pone delle limitazioni in altezza funzione del sistema costruttivo e della zona sismica. Si premette che la citata normativa prevede quattro zone, numerate da 1 a 4, con livelli di sismicità decrescenti dalla zona 1 alla zona 4, come verrà precisato in seguito. Nella successiva tabella vengono presentate le limitazioni in altezza relative agli edifici con struttura in muratura. Le altezze massime di tabella sono incrementate del 50% per edifici isolati alla base. Altezze massime consentite Zona sismica Sistema costruttivo Altezza massima ml Altezza massima ml Altezza massima ml Altezza massima ml Edifici con struttura in muratura ordinaria Edifici con struttura in muratura armata nessuna limitazione nessuna limitazione Fig. 5.1 Fig L aggiornamento alle NTC 2005 e 2008 è riportato ai paragrafi A.5 e B.5.

33 Agli effetti delle limitazioni sopradette l altezza dei nuovi edifici, nelle strade e nei terreni in piano, è rappresentata dalla massima differenza di livello tra il piano di copertura più elevato ed il terreno, ovvero, ove esista, il piano stradale o del marciapiede nelle immediate vicinanze degli edifici stessi. Sono esclusi dal computo dell altezza eventuali volumi tecnici come torrini delle scale ed ascensori (fig. 5.1). Nel caso di copertura a tetto detta altezza va misurata dalla quota d imposta della falda (fig. 5.2) e, per falde con imposte a quote diverse, dalla quota d imposta della più alta. Nel caso in cui l edificio abbia piani cantinati o seminterrati, la differenza di livello tra piano più elevato di copertura e quello di estradosso delle fondazioni non può eccedere di più di 4.00 m i limiti riportati nella precedente tabella. Nel caso di edifici costruiti su terreni in pendio, le altezze indicate in tabella possono essere incrementate di 1.5 m, a condizione che la media delle altezze di tutti i fronti rientri nei limiti indicati. Due edifici possono essere costruiti a contatto solo nel caso in cui sia realizzata una completa solidarietà strutturale. La distanza tra due edifici contigui non può essere inferiore alla somma degli spostamenti massimi determinati per lo SLU, calcolati per ciascuno degli edifici, secondo le modalità indicate in seguito; in ogni caso la distanza tra due punti degli edifici posti alla medesima altezza non potrà essere inferiore ad 1/100 della quota dei punti considerati misurata dallo spiccato delle strutture in elevazione, moltiplicata per a g /0.35 g. Nella precedente espressione a g rappresenta l accelerazione orizzontale massima su suolo di categoria A relativa alla zona sismica di pertinenza dell edificio, mentre 0.35 g è la stessa grandezza in zona 1. Circa le categorie di suolo, esse verranno precisate di seguito. Qualora non si eseguano calcoli specifici, lo spostamento massimo di un edificio contiguo esistente, non isolato alla base, potrà essere stimato in 1/100 dell altezza dell edificio, moltiplicata per a g /0.35 g. Le prescrizioni innanzi richiamate sono generali, valide quindi per qualunque sistema costruttivo, ma la definizione delle altezze consentite è stata limitata ai soli sistemi costruttivi in muratura REGOLARITÀ DI UN EDIFICIO Il concetto di regolarità di un edificio è generale, valido quindi per qualunque sistema costruttivo. Di seguito si illustrano le relative definizioni fornite dalla normativa {4}. Gli edifici devono avere quanto più possibile caratteristiche di semplicità, simmetria, iperstaticità e regolarità, quest ultima definita in base ai criteri di seguito indicati. In funzione della regolarità di un edificio saranno richieste scelte diverse in relazione al metodo di analisi e ad altri parametri di progetto. Si definisce regolare un edificio che rispetti sia i criteri di regolarità in pianta sia i criteri di regolarità in altezza. Un edificio è regolare in pianta se tutte le seguenti condizioni sono rispettate: a) la configurazione in pianta è compatta e approssimativamente simmetrica rispetto a due direzioni ortogonali, in relazione alla distribuzione di masse e rigidezze; b) il rapporto tra i lati di un rettangolo in cui l edificio risulta inscritto è inferiore a quattro (fig. 5.3); c) almeno una dimensione di eventuali rientri o sporgenze non supera il 25% della dimensione totale dell edificio nella corrispondente direzione (fig. 5.4); d) i solai possono essere considerati infinitamente rigidi nel loro piano rispetto agli elementi verticali e sufficientemente resistenti. 34

34 Fig Rettangolo d inscrizione Fig Sagoma dell edificio Un edificio è regolare in altezza se tutte le seguenti condizioni sono rispettate: e) tutti i sistemi resistenti verticali dell edificio (quali telai e pareti) si estendono per tutta l altezza dell edificio; f) massa e rigidezza rimangono costanti o variano gradualmente, senza bruschi cambiamenti, dalla base alla cima dell edificio (le variazioni di massa da un piano all altro non superano il 25%, la rigidezza non si abbassa da un piano al sovrastante più del 30% e non aumenta più del 10%); ai fini della rigidezza si possono considerare regolari in altezza strutture dotate di pareti o nuclei in c.a. di sezione costante sull altezza o di telai controventati in acciaio, ai quali sia affidato almeno il 50% dell azione sismica alla base; g) il rapporto tra resistenza effettiva e resistenza richiesta dal calcolo non è significativamente diverso per piani diversi (il rapporto fra la resistenza effettiva e quella richiesta 35

35 Fig Sezione dell edificio calcolata ad un generico piano non deve differire più del 20% dall analogo rapporto determinato per un altro piano); può fare eccezione l ultimo piano di strutture intelaiate di almeno tre piani; h) eventuali restringimenti della sezione orizzontale dell edificio avvengono in modo graduale, da un piano al successivo, rispettando i seguenti limiti: ad ogni piano il rientro non supera il 30% della dimensione corrispondente al primo piano, né il 20% della dimensione corrispondente al piano immediatamente sottostante (fig. 5.5). Fa eccezione l ultimo piano di edifici di almeno quattro piani per il quale non sono previste limitazioni di restringimento ELEMENTI STRUTTURALI SECONDARI Anche le prescrizioni relative agli elementi strutturali secondari sono generali, valide quindi per qualsiasi sistema costruttivo. Di seguito si riporta quanto indicato nella normativa {4}. Alcuni elementi strutturali possono venire definiti secondari. Sia la rigidezza che la resistenza di tali elementi viene ignorata nell analisi della risposta. Tali elementi tuttavia devono essere in grado di assorbire le deformazioni della struttura soggetta all azione sismica di progetto mantenendo la capacità portante nei confronti dei carichi verticali, pertanto i particolari costruttivi definiti per gli elementi strutturali si applicano limitatamente al soddisfacimento di tale requisito. La scelta degli elementi da considerare secondari può essere cambiata a seguito di analisi preliminari, ma in nessun caso tale scelta può determinare il passaggio da struttura irregolare a struttura regolare. 36

36 6 Regole specifiche per gli edifici con struttura in muratura PREMESSA Si è già precisato che la normativa {4} prevede, per gli edifici in muratura, anche il pieno rispetto della normativa {1} relativa alle costruzioni in muratura in zona non sismica. Le strutture in muratura vengono distinte in strutture in muratura ordinaria e strutture in muratura armata. Per quanto riguarda l acciaio di armatura si precisa che è valido quanto detto nella normativa in vigore per il calcestruzzo armato, come eventualmente modificato nella {4}. Si prescrive inoltre, in zona sismica, che per le verifiche di sicurezza sia obbligatorio l utilizzo del metodo semiprobabilistico agli stati limite. Il coefficiente parziale di sicurezza in zona sismica è: γ m = CRITERI DI PROGETTO E REQUISITI GEOMETRICI Le piante degli edifici dovranno essere quanto più possibile compatte e simmetriche rispetto ai due assi ortogonali. Le pareti strutturali, al lordo delle aperture, dovranno avere continuità in elevazione fino alla fondazione, evitando pareti in falso. Fig Solaio in acciaio e c.a., sezione trasversale e vista laterale travi 1 L aggiornamento alle NTC 2008 è riportato al paragrafo B.8.3

37 I requisiti richiesti per gli orizzontamenti e le coperture sono stati illustrati nel paragrafo 4.3. In particolare i solai potranno essere schematizzati come infinitamente rigidi nel proprio piano se le aperture presenti in essi non ne riducono in modo sensibile la rigidezza. Essi saranno in genere realizzati in calcestruzzo armato ovvero con elementi strutturali in acciaio o legno e soletta in c.a.di almeno 50 mm, collegata da connettori a taglio delle necessarie dimensioni a detti elementi strutturali. Un esempio con elementi strutturali in acciaio viene proposto in figura 6.1. I requisiti geometrici richiesti per le pareti sono stati illustrati nel paragrafo 4.2. I criteri di progetto ed i requisiti geometrici richiesti vogliono garantire un buon comportamento scatolare d insieme della struttura dell edificio. In particolare la richiesta di simmetria e compattezza in pianta tende ad escludere, sotto l azione sismica, la possibilità di moti torsionali e quindi con risposta ottimale dell edificio stesso FONDAZIONI La normativa {4} prescrive quanto segue: Le strutture di fondazione devono essere realizzate in cemento armato utilizzando le sollecitazioni derivanti dall analisi. Dovranno essere continue, senza interruzioni in corrispondenza di aperture nelle pareti soprastanti. Qualora sia presente un piano cantinato o seminterrato in pareti di cemento armato esso può essere considerato quale struttura di fondazione dei sovrastanti piani in muratura portante, nel rispetto dei requisiti di continuità delle fondazioni, e non è computato nel numero di piani complessivi in muratura EDIFICI SEMPLICI Per la {4} sono classificati come edifici semplici gli edifici che rispettano le caratteristiche descritte nel seguito, oltre a quelle di regolarità in pianta ed elevazione di cui al paragrafo 5.2 e quelle relative ai particolari costruttivi specificate in seguito nei paragrafi 7.2 e 8.2 (muratura ordinaria o armata). Per gli edifici classificati semplici non è richiesta alcuna analisi e verifica di sicurezza. Le pareti portanti dell edificio devono essere continue dalle fondazioni alla sommità dell edificio. In ciascuna delle due direzioni, si devono prevedere almeno due sistemi di pareti di lunghezza complessiva, al netto delle aperture, ciascuno non inferiore al 50% della dimensione dell edificio nella corrispondente direzione. Nella valutazione della lunghezza complessiva si dovranno considerare esclusivamente i setti murari che rispettano i requisiti geometrici della tabella presentata al par La distanza tra questi due sistemi di pareti in direzione ortogonale al loro sviluppo longitudinale in pianta deve essere non inferiore al 75% della larghezza dell edificio nella stessa direzione (ortogonale alle pareti). Almeno il 75% dei carichi verticali dovrà essere portato da pareti che siano impegnate nell assorbimento delle azioni orizzontali. In ciascuna delle due direzioni devono essere presenti pareti resistenti alle azioni orizzontali con interasse 7.00 ml per muratura ordinaria ovvero 9.00 ml per muratura armata. Le altezze d interpiano devono essere non superiori a 3.5 m. Per ciascun piano il rapporto tra area della sezione resistente delle pareti e superficie del 38

38 piano deve risultare non inferiore, per ciascuna delle due direzioni ortogonali, ai minimi indicati nella seguente tabella in funzione del numero di piani dell edificio e della zona sismica. Area delle pareti resistenti in ciascuna direzione ortogonale per edifici semplici Accelerazione di picco del terreno: a g xsxst (1) 0.07g 0.10g 0.15g 0.20g 0.25g 0.30g 0.35g 0.40g 0.45g g Tipo di Numero struttura piani Muratura ordinaria % 3.5 % 4.0 % 4.5 % 5.0 % 5.5 % 6.0 % 6.0 % 6.0 % 6.5 % % 4.0 % 4.5 % 5.0 % 5.5 % 6.0 % 6.5 % 6.5 % 6.5 % 7.0 % % 4.5 % 5.0 % 5.5 % 6.0 % 6.5 % 7.0 % % 3.0 % 3.0 % 3.0 % 3.5 % 3.5 % 4.0 % 4.0 % 4.5 % 4.5 % Muratura armata % 3.5 % 3.5 % 3.5 % 4.0 % 4.0 % 4.5 % 5.0 % 5.0 % 5.0 % % 4.0 % 4.0 % 4.0 % 4.5 % 5.0 % 5.5 % 5.5 % 6.0 % 6.0 % (1) % 4.5 % 4.5 % 5.0 % 5.5 % 5.5 % 6.0 % 6.0 % 6.5 % 6.5 % con a g si indica l accelerazione massima su suolo di categoria A nella zona di competenza; con S si indica il fattore che tiene conto del profilo stratigrafico del suolo di fondazione; con S T si indica il coefficiente di amplificazione topografica, da considerare solo per strutture con fattore d importanza γ I > 1; i fattori a g, S, S T e γ I verranno definiti al capitolo 10. Da questa tabella si deduce che gli edifici, per essere considerati semplici, devono avere non più di 3 piani se in muratura ordinaria e non più di 4 piani se in muratura armata. Per ciascun piano, si deve inoltre verificare che: σ N = A in cui N è il carico verticale totale alla base del piano in esame; A è l area totale dei muri portanti (relativamente ai carichi verticali) allo stesso piano; f k è la resistenza caratteristica a compressione in direzione verticale; γ m è il coefficiente parziale di sicurezza per la muratura (γ m = 2). Le fondazioni possono essere dimensionate in modo semplificato considerando le tensioni normali medie e le sollecitazioni sismiche globali valutate con l analisi statica lineare che sarà presentata in seguito f k γ m

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40 7 Regole specifiche per gli edifici con struttura in muratura ordinaria 7.1. CRITERI DI PROGETTO Gli edifici in muratura ordinaria devono rispettare i criteri di progetto di cui al paragrafo 6.2 ma anche le regole specifiche riportate di seguito. Si richiede che le aperture praticate nei muri siano di regola verticalmente allineate. Quando questo requisito non è soddisfatto, il modello strutturale deve essere particolarmente accurato per tener conto delle discontinuità e delle irregolarità nella trasmissione delle azioni interne dovute al disallineamento delle aperture. Analoga cura deve essere riservata alle verifiche, sempre per la stessa ragione. In assenza di modelli particolarmente accurati, si devono prendere in considerazione nel modello strutturale e nelle verifiche esclusivamente le porzioni di muro che siano continue verticalmente dal piano oggetto di verifica fino alle fondazioni (fig. 7.1). Fig. 7.1

41 7.2. PARTICOLARI COSTRUTTIVI I particolari costruttivi da cui non è ammesso derogare sono quelli illustrati nel seguito. Ad ogni piano deve essere realizzato un cordolo continuo all intersezione tra solai e pareti. La larghezza dei cordoli sarà come minimo pari alla larghezza del muro, con un arretramento massimo consentito di 6 cm dal filo esterno (fig. 7.2). Fig. 7.2 Fig. 7.3 L altezza minima dei cordoli dovrà essere pari all altezza del solaio. L armatura corrente dei cordoli sarà come minimo di 8 cm 2 ; le staffe con diametro minimo φ 6 e passo non superiore a 25 cm. 42

42 Travi metalliche o prefabbricate di solaio dovranno essere inserite nel cordolo per almeno la metà della sua larghezza e comunque per non meno di 12 cm, ed adeguatamente ancorate ad esso. In corrispondenza di incroci d angolo tra due pareti perimetrali, sono prescritte, sulle due pareti, zone di parete muraria di lunghezza non inferiore a 1 ml, compreso lo spessore del muro trasversale. Anche se non espressamente richiesto dalla normativa, è buona regola costruttiva seguire tale prescrizione anche in altri tipi di incroci. Due esempi sono presentati nella figura 7.3. Al di sopra di ogni apertura deve essere realizzato un architrave resistente a flessione efficacemente ammorsato alla muratura. Anche se non imposto dalla normativa, è buona regola costruttiva controventare ciascun muro che collabora all assorbimento delle azioni orizzontali con muri ad esso ortogonali ad interasse non superiore a 7.00 ml. 43

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44 8 Regole specifiche per gli edifici con struttura in muratura armata 8.1. CRITERI DI PROGETTO Le pareti portanti dell edificio devono essere considerate, singolarmente, come strutture complessive forate in corrispondenza delle aperture. Tutte le pareti murarie devono essere efficacemente collegate da solai tali da poter essere considerati diaframmi rigidi e che siano in possesso dei requisiti indicati ai paragrafi 4.3 e 6.2. Le pareti nel loro insieme devono esibire, sotto l effetto delle azioni orizzontali, un comportamento di tipo globale considerando il solo contributo della resistenza delle pareti nel loro piano PARTICOLARI COSTRUTTIVI Sono valide le prescrizioni di cui al paragrafo 7.2, con le seguenti varianti e ulteriori prescrizioni. Gli architravi sopra le aperture possono essere realizzati anche in muratura armata. Un esempio è presentato in figura 8.1. Le barre di armatura, esclusivamente del tipo ad aderenza migliorata, dovranno essere opportunamente ancorate alle estremità mediante piegature attorno alle barre verticali. In alternativa per le armature orizzontali potranno essere utilizzate armature a traliccio o comunque conformate in modo da assicurare adeguate aderenze ed ancoraggi. Fig. 8.1 Fig Armatura orizzontale diffusa

45 Si dovrà garantire una sicura protezione contro la corrosione. L armatura orizzontale viene collocata nei letti di malta ovvero in opportune scanalature nei blocchi. Tale armatura orizzontale deve essere realizzata con barre di diametro minimo 5 mm, con interasse non superiore a 60 cm (fig. 8.2). La percentuale di armatura deve essere contenuta nei seguenti limiti: As 0. 04% 0.% 5 A con A s area di acciaio orizzontale ed A m area lorda della muratura. L armatura verticale dovrà essere collocata in opportuni alloggiamenti o cavità tali che in ciascuno di essi sia inscrivibile un cilindro con un diametro minimo di 6 cm. Armature verticali di sezione complessiva 200 mm 2 devono essere disposte a ciascuna estremità delle pareti portanti, in corrispondenza di ogni intersezione tra pareti, in corrispondenza di ciascuna apertura e comunque ad interasse 4.00 ml. La percentuale di armatura verticale deve rispettare i seguenti limiti: m 0. 05% A A sv m 1.0% con A sv area di acciaio verticale ed A m area lorda della muratura. In figura 8.3 si illustrano tali limitazioni. Fig Armatura verticale minima Le sovrapposizioni devono assicurare la continuità della trasmissione degli sforzi di trazione in modo tale che lo snervamento dell armatura preceda la crisi della giunzione. La lunghezza delle sovrapposizioni, in mancanza di dati sperimentali, deve essere di almeno 60 φ. Parapetti ed elementi di collegamento tra pareti dovranno essere ben connessi alle pareti adiacenti, in modo da garantire la continuità dell armatura orizzontale e, ove possibile, di quella verticale. Agli incroci tra pareti perimetrali è possibile derogare dalla prescrizione che impone di avere su entrambe le pareti zone di parete muraria di lunghezza non inferiore a 1 ml. Nel caso di coefficiente di protezione sismica > 1 è buona regola di progettazione, al fine di ottenere una buona duttilità nella muratura, integrare le armature minime orizzontali e verticali delle figure 8.2 e 8.3 con armature diffuse orizzontali e verticali poste ad interasse tale da realizzare, insieme con le armature minime, una distanza tra le barre di acciaio non superiore al doppio dello spessore della stessa muratura. Nell ipotesi di coefficiente di protezione sismica = 1, l armatura diffusa, disposta anche ad interasse maggiore del caso precedente, garantisce comunque un buon grado di duttilità. 46

46 9 Strutture soggette a sisma CENNI DI DINAMICA STRUTTURALE Per comprendere il comportamento delle strutture soggette a sisma e la normativa che ne deriva, occorre ricordare alcuni concetti di base della dinamica strutturale. Per introdurre con facilità tali concetti, si ricorre a modelli semplici che comunque permettono di fornire gli strumenti necessari anche per capire quanto esposto in normativa. Il più utilizzato è l oscillatore semplice di figura 9.1 costituito da due ritti di rigidezza complessiva k e da un traverso immaginato infinitamente rigido, sede di una massa m. Fig. 9.1 Fig. 9.2 Se si applica una forza F(t) funzione del tempo, l equilibrio dinamico dell oscillatore si esprime con: mẋ + k x = F(t) Nel caso di azione sismica orizzontale (fig. 9.2), l eccitazione è dovuta al moto impresso alla base della struttura x F. L equazione che regge il problema è quindi: mẋ + k x = -mx F In assenza di forze F(t) o di spostamenti del tipo x F (t) ma con l oscillatore eccitato da un moto che per t = 0 presenta spostamento x 0 e velocità ẋ 0, ci si trova in condizioni di vibrazioni libere. L equazione del moto si può allora porre nella forma: 1 L aggiornamento alle NTC 2008, per quanto riguarda il par. 9.2, è riportato ai paragrafi B.6.3 e B.6.5.

47 2 ẋ + ω x = 0 con ω, pulsazione del moto, definita da: ω = (9.1) L equazione differenziale (9.1), omogenea ed a coefficienti costanti, presenta una soluzione del tipo: x(t) = B 1 sin ωt + B 2 cos ωt (9.2) Le costanti B 1 e B 2 si determinano in base alle condizioni iniziali del moto: x(0) = x 0 e x( 0) = x 0 ; la (9.2) quindi assume la forma: k m x (t) = sin ω t + x 0 cos ω t ω La rappresentazione grafica di tale funzione è riportata in figura 9.3. ẋ 0 (9.3) Fig. 9.3 La funzione è periodica di periodo T, cioè assume eguali valori per ω(t + T) ovvero per (ωt + 2π); ne consegue che: T = 2 π = 2 π ω Dalla precedente relazione deriva che il periodo, che si misura in secondi, cresce se cresce la massa e decresce se cresce la rigidezza. Ma il moto innanzi descritto, periodico e indefinito nel tempo, serve a ricordare alcune nozioni fondamentali ma non è rappresentativo del comportamento strutturale. Le strutture al contrario presentano oscillazioni libere che decrescono nel tempo fino ad esaurimento. Quindi il modello di figura 9.1 deve essere completato da uno smorzatore di costante c, che m k 48

48 fornisce al sistema la forza cẋ, proporzionale alla velocità ẋ. Tale modello è presentato in figura 9.4. L equazione del moto per vibrazioni libere, in questo caso, diventa: mẋ + cx + k x = 0 (9.4) Se si pone: ξ = c 2mω Fig. 9.4 si ottiene: 2 x + 2 ξω x + ω x = 0 (9.5) la cui soluzione si presenta nella forma: -ξωt x 0 + ξω x0 x (t) = e ( sin ωst + x 0 c os ω s t) (9.6) ω s con ω s, pulsazione del moto smorzato, espressa da: ω = ω 1 - ξ s 2 Fig. 9.5 In figura 9.5 è consegnato il grafico della funzione x(t) RICHIAMI DI INGEGNERIA SISMICA Generalità Si è visto in precedenza che le vibrazioni libere di un oscillatore smorzato dipendono dal periodo T (o dalla pulsazione ω) e dal fattore di smorzamento ξ. In caso di sisma, il moto è innescato dagli spostamenti che le onde sismiche imprimono alle fondazioni (fig. 9.2). Le forze d inerzia che nascono sono proporzionali alle accelerazioni. I risultati trovati sono validi anche per le strutture, che possono essere viste come sistemi ad n gradi di libertà. Un esempio è il telaio pluripiano (modello 2D), che nell ipotesi di traversi infinitamente rigidi ha gradi di libertà pari al numero di piani. Anche la struttura di un edificio nel suo complesso è un sistema spaziale ad n gradi di libertà. Nel caso quindi di una struttura ad n gradi di libertà, il problema delle vibrazioni libere è retto dal sistema di equazioni differenziali: [M]{ x}+ [C]{ x } + [K]{x} = 0 (9.7) dove [M], [C] e [K] sono rispettivamente le matrici delle masse, dei coefficienti di smorzamento e delle rigidezze; { x}, { x }, {x} sono i vettori delle accelerazioni, delle velocità e degli spostamenti. Nel merito della valutazione di tali matrici e vettori si entrerà in seguito. 49

49 Nel caso di vibrazioni forzate eccitate da un terremoto, il sistema di equazioni diventa: [ M]{ x} + [C]{ x } + [ K]{ x} = { F(t) } (9.8) Il vettore {F(t)}, dipende dallo spostamento al piede x F (t) dovuto al sisma, nonchè dalle masse e dalla loro distribuzione. Anche in questo caso la risposta della struttura è condizionata dalla distribuzione delle masse, delle rigidezze e degli smorzamenti. Il problema rientra quindi nell ambito della dinamica strutturale dei sistemi a più gradi di libertà e sarà affrontato successivamente. La normativa, per edifici definiti regolari in altezza, le cui caratteristiche sono state illustrate nel paragrafo 5.2, consente una analisi statica lineare, con forze applicate staticamente, cioè non dipendenti dal tempo, che simulano il comportamento delle strutture sotto sisma e ne rappresentano gli effetti massimi. Per gli edifici che non possono essere considerati regolari in altezza, è richiesta una analisi dinamica. Altre metodologie di analisi, che studiano il comportamento della struttura oltre il limite elastico e sino al raggiungimento di uno stato limite (ultimo o di danno), verranno presentate in seguito. I concetti espressi in precedenza sono in ogni caso essenziali per valutare l azione sismica e per la comprensione della normativa Prestazioni attese dalle strutture per edifici soggetti a sisma Ciascun terremoto ha caratteristiche proprie, che possono essere sintetizzate da un accelerogramma, che non è altro che una registrazione delle accelerazioni al suolo nel tempo di durata del terremoto stesso. Si definisce poi periodo di ritorno di un terremoto di data intensità, l intervallo di tempo dopo il quale è statisticamente probabile che un tale evento sismico si ripeta. Naturalmente i terremoti hanno periodi di ritorno tanto più grandi quanto più forte è la loro intensità. Ai fini delle verifiche, interessano i valori massimi delle azioni trasmesse, in particolare delle accelerazioni al suolo. Le prestazioni strutturali richieste sono: A - SLU (stato limite ultimo) - per un terremoto violento quindi con un forte periodo di ritorno, gli edifici, pur subendo gravi danni agli elementi strutturali e non strutturali devono conservare una residua resistenza e rigidezza nei riguardi delle azioni orizzontali e l intera capacità portante nei confronti dei carichi verticali. In altre parole deve essere escluso il pericolo di crollo, anche se sono ammessi danni gravi. L azione sismica di progetto, così come definita al successivo capitolo 10, è caratterizzata da una probabilità di superamento non maggiore del 10% in 50 anni. B - SLD (stato limite di danno) - per un terremoto di media intensità con periodo di ritorno decisamente più basso rispetto a quanto previsto per lo SLU, le costruzioni nel loro complesso con i relativi elementi strutturali e non strutturali ivi comprese le apparecchiature rilevanti ai fini della funzionalità dell edificio, non devono subire danni gravi ed interruzioni d uso. La probabilità di occorrenza di un tale evento è maggiore di quella relativa all azione sismica di progetto, ma non maggiore del 50% in 50 anni, quindi con significative possibilità di verificarsi più di una volta nel corso della durata utile dell opera. I danni strutturali per tale evento devono risultare di entità trascurabile. Nel caso di edifici per i quali è necessario conservarne la completa funzionalità anche dopo eventi sismici violenti, si devono adottare valori maggiorati delle azioni, facendo riferimento a probabilità di occorrenza simili o più vicine a quelle adottate per la sicurezza nei confronti del collasso. Su tali concetti è basata la normativa {4}, le cui finalità sono indicate al relativo punto 1: 50

50 ... Lo scopo delle norme è di assicurare che in caso di evento sismico sia protetta la vita umana, siano limitati i danni e rimangano funzionanti le strutture essenziali agli interventi di protezione civile Valutazione delle azioni sismiche Spettri di risposta Con riferimento ad una famiglia di terremoti statisticamente probabile in un certo sito, si definisce spettro di risposta elastico delle accelerazioni la risposta in termini di accelerazioni di un oscillatore semplice elastico di dato fattore di smorzamento ξ e periodo variabile da 0 ad un certo valore prefissato T*. Dovendo lo spettro coprire le risposte per tutti i terremoti della famiglia, le sue ordinate possono ricavarsi solo con procedure statistico-probabilistiche, fornendo valori legati ad un unico valore della probabilità che possano essere superati, ammesso che avvenga un evento sismico di data intensità. In tal senso si parla di spettro isoprobabile. Se non si dispone di dati statistici sufficienti, si utilizzano dati relativi a siti simili, ottenendo così spettri medi. In tal modo si è regolata anche la normativa italiana, come si vedrà in seguito. Si definisce spettro normalizzato, lo spettro relativo alle risposte per un evento di intensità unitaria. Lo spettro elastico si ottiene poi moltiplicando lo spettro normalizzato per il valore dell accelerazione massima del terreno che caratterizza il sito. Si definisce spettro di progetto per lo SLU, lo spettro elastico ridotto nel rapporto 1/q, con q = fattore di struttura, che tiene conto delle capacità dissipative della struttura. Nel caso di edifici in muratura le capacità dissipative sono limitate rispetto a quelle che si hanno con edifici in c.a. o acciaio, quindi il coefficiente di struttura che si deve assumere è relativamente basso, come si vedrà in seguito. Infine lo spettro di progetto per lo SLD è una aliquota dello spettro elastico. Di norma si ha: spettro di progetto per lo SLD = spettro elastico / 2.5. A titolo di esempio si riporta in figura 9.6 lo spettro normalizzato secondo la normativa italiana. Fig Spettro normalizzato 51

51 Tale spettro è definito dalle seguenti relazioni: 0 T < T B S n (T) = {1 + (2.5-1)T/ T B } T B T < T C S n (T) = 2.5 T C T < T D S n (T) = 2.5 (T C / T) T D T S n (T) = 2.5 (T C T D / T 2 ) Duttilità Come detto in precedenza, la filosofia su cui sono fondate le più moderne normative, tra cui quella italiana, si basa sulle seguenti considerazioni: 1) per effetto di un terremoto di media intensità la struttura deve restare in campo elastico; 2) per effetto di un terremoto violento, la struttura può subire danni gravi, ma deve essere evitato il pericolo di crollo. Tale ultima considerazione porta ad affermare che la struttura in questo caso deve necessariamente uscire dal campo elastico ed esibire un buon comportamento elasto-plastico. L assumere spettri di progetto desunti dallo spettro elastico ma ridotti nel rapporto 1/q, con q = fattore di struttura, comporta che la struttura deve presentare elevata capacità di spostamenti in campo plastico, senza giungere al crollo. Il rapporto tra spostamenti richiesti δ u allo stato limite ultimo e gli spostamenti al limite elastico δ e, è il coefficiente di duttilità. In definitiva, se non si esegue una analisi non lineare, la capacità di dissipazione di energia della struttura con comportamento duttile può essere tenuta in conto da una analisi lineare basata su uno spettro di progetto ridotto del fattore q rispetto al comportamento elastico. Il fattore di struttura q è quindi, con buona approssimazione, il rapporto tra le forze sismiche che la struttura può sopportare esibendo un comportamento elastico con smorzamento del 5%, e le forze sismiche minime che debbono essere utilizzate, in un modello convenzionalmente lineare, che assicurino una risposta soddisfacente della struttura. Si ribadisce che gli edifici in muratura presentano capacità dissipative ridotte rispetto a strutture di altro materiale e di ciò tiene conto la normativa attraverso fattori di struttura q relativamente bassi. 52

52 10 Azione sismica TERRENI DI FONDAZIONE Per i siti di costruzione ed i terreni in esso presenti dovranno essere indagati e valutati l occorrenza di possibili fenomeni di instabilità di pendii e di cedimenti permanenti causati da fenomeni di liquefazione o eccessivo addensamento in caso di terremoto, nonchè di rottura di faglia in superficie secondo quanto stabilito nelle Norme tecniche per il progetto sismico di opere di fondazione e di sostegno dei terreni e dalle disposizioni vigenti, in particolare dal D.M ed eventuali sue successive modifiche od integrazioni. Le indagini devono permettere la classificazioni del terreno in una delle categorie riportate di seguito. Altre prescrizioni sono relative alle indagini da effettuare nel caso di costruzioni su pendii, al fine di valutare le condizioni di stabilità del complesso opera - pendio in presenza delle azioni sismiche. I risultati di tutte le indagini effettuate devono essere illustrati nella relazione sulle fondazioni. Per gli accertamenti potranno essere considerate anche le eventuali apposite indagini effettuate sul territorio dall Ente Locale competente. Ai fini della definizione dell azione sismica di progetto si definiscono le seguenti categorie di profilo stratigrafico del suolo di fondazione (le profondità si riferiscono al piano di posa delle fondazioni, i valori da utilizzare per V s, N SPT, e c u sono valori medi): A - FORMAZIONI LITOIDI O SUOLI OMOGENEI MOLTO RIGIDI caratterizzati da valori di V s30 superiori a 800 m/s comprendenti eventuali strati di alterazione superficiale di spessore massimo pari a 5 m. B - DEPOSITI DI SABBIE O GHIAIE MOLTO ADDENSATE O ARGILLE MOLTO CONSISTENTI con spessori di diverse decine di metri, caratterizzati da un graduale miglioramento delle propietà meccaniche con la profondità e da valori di V s30 compresi tra 360 e 800 m/s... C - DEPOSITI DI SABBIE E GHIAIE MEDIAMENTE ADDENSATE O ARGILLE DI MEDIA CONSISTENZA con spessori variabili da diverse decine fino a centinaia di metri, caratterizzati da valori di V s30 compresi tra 180 m/s e 360 m/s... D - DEPOSITI DI TERRENI GRANULARI DA SCIOLTI A POCO ADDENSATI OPPURE COESIVI DA POCO A MEDIAMENTE CONSISTENTI caratterizzati da valori di V s30 < 180 m/s... E - PROFILI DI TERRENO COSTITUITI DA STRATI SUPERFICIALI ALLUVIONALI con valori di V s30 simili a quelli dei tipi C o D e spessore compreso tra 5 e 20 m, giacenti su di un substrato di materiale più rigido con V s30 > 800 m/s. In aggiunta a queste categorie, per le quali nel seguito vengono definite le azioni sismiche da considerare nella progettazione, se ne definiscono altre due denominate S1 ed S2, per le quali sono richiesti studi speciali per la definizione dell azione sismica da considerare: 1 L aggiornamento alle NTC 2008 è riportato ai paragrafi B.2 e B.6.

53 S1 Depositi costituiti da, o che includono, uno strato spesso almeno 10 m di argille/limi di bassa consistenza,... S2 Depositi di terreni soggetti a liquefazione, di argille sensitive o qualsiasi altra categoria di terreno non classificabile nei tipi precedenti. Nelle definizioni precedenti V s30 è la velocità media di propagazione entro 30 m di profondità delle onde di taglio e viene calcolata Si precisa ancora che con N SPT si indica la resistenza penetrometrica mentre con c u si indica la coesione non drenata. Il sito verrà classificato sulla base del valore di V s30 se disponibile, altrimenti sulla base del valore di N SPT. Le indicazioni omesse sono relative a parametri geotecnici di interesse per lo specialista dei terreni VALUTAZIONE DELL AZIONE SISMICA Zone sismiche Ai fini dell applicazione di queste norme, il territorio nazionale viene suddiviso in zone sismiche, ciascuna contrassegnata da un diverso valore del parametro a g = accelerazione orizzontale massima su suolo di categoria A, con probabilità di superamento del 10% in 50 anni. I valori di a g espressi come frazione dell accelerazione di gravità g, da adottare in ciascuna delle zone sismiche del territorio nazionale sono, salvo più accurate determinazioni, che possono portare a differenze comunque non superiori al 20% dell accelerazione nelle zone 1 e 2 e non superiori a 0.05 g nelle altre zone: Zona Valore di a g g g g g Le prescrizioni riportate in tabella sono generali, cioè valide per qualunque tipologia costruttiva. Per gli edifici in muratura si deroga da queste indicazioni stabilendo che in zona 4 i valori da assumere sono 0.07 g e 0.04 g per muratura ordinaria o armata rispettivamente Descrizione dell azione sismica Spettro di risposta elastico Il modello di riferimento per la descrizione del moto sismico in un punto della superficie del suolo è costituito dallo spettro di risposta elastico, che si definisce in questo paragrafo. Qualora siano eseguite determinazioni più accurate del moto sismico atteso, corrispondenti alle probabilità di superamento già definite per lo SLU ed lo SLD, è consentito utilizzare spettri specifici per il sito purchè le ordinate di tali spettri non risultino in nessun punto del campo di periodi di interesse inferiori all 80% delle ordinate dello spettro elastico standard applicabile in relazione alla categoria di suolo. Per applicazioni particolari, il moto del suolo può essere descritto mediante accelerogrammi. 54

54 Il moto orizzontale è considerato composto da due componenti ortogonali caratterizzate dallo stesso spettro di risposta. In mancanza di documentata informazione specifica, la componente verticale del moto sismico si considera rappresentata da uno spettro di risposta elastico diverso da quello delle componenti orizzontali, come specificato di seguito. Lo spettro di risposta elastico (della componente orizzontale) è costituito da una forma spettrale (spettro normalizzato), considerata indipendente dal livello di sismicità e già presentata al paragrafo 9.2.3, moltiplicata per il valore dell accelerazione massima (a g S) del terreno che caratterizza il sito. In definitiva lo spettro di risposta elastico della componente orizzontale è definito dalle espressioni seguenti: 0 T < T S (T) = a S ( 1 + T B e g T T T < T B C S ( T) = a S η 25. e g B ( η )) (10.1.1) (10.1.2) T C T < T D S = a S ( T C e( T) g η 25. ) T T D T S e( T ) = a S ( T CTD g η 25. ) 2 T (10.1.3) (10.1.4) nelle quali S η T T B, T C, T D fattore che tiene conto del profilo stratigrafico del suolo di fondazione; fattore che tiene conto di un coefficiente di smorzamento viscoso equivalente ξ, espresso in punti percentuali, diverso da 5 (η = 1 per ξ = 5): η= 10/(5 + ξ) 0.55; periodo di vibrazione dell oscillatore semplice; periodi che separano i diversi rami dello spettro, dipendenti dal profilo stratigrafico del suolo di fondazione. I valori di S, T B, T C, T D da assumere, salvo più accurate determinazioni, per le componenti orizzontali del moto e per le diverse categorie di suolo di fondazione sono riportati nella tabella Tabella Parametri relativi allo spettro di risposta elastico delle componenti orizzontali Categoria suolo S T B T C T D A B, C, E D Per strutture con fattore d importanza γ I > 1, erette sopra o in vicinanza di pendii con inclinazione > 15 e dislivello superiore a circa 30 metri, l azione sismica definita dalle 10.1 dovrà essere incrementata moltiplicandola per un coefficiente di amplificazione topografica S T. In assenza di studi specifici si potranno utilizzare per S T i seguenti valori: a) S T = 1.2 per siti in prossimità del ciglio superiore di pendii scoscesi isolati; b) S T = 1.4 per siti prossimi alla sommità di profili topografici aventi larghezza in cresta molto inferiore alla larghezza alla base e pendenza media > 30 ; c) S T = 1.2 per siti del tipo b) ma con pendenza media inferiore. 55

55 Il prodotto S x S T può essere assunto non superiore a 1.6. Lo spettro della risposta elastica della componente verticale viene definito come segue: 0 T < T B S v e (T) = 0.9 ag S ( 1 + T T T T < T T T B C D C Sv e ( T) = 0.9 a g S η 30. B ( η )) T < T D S v e ( T) = 0.9 a g S ( T C η 30. ) T TD T S v e T = 0.9 a g S ( T C ( ) η 30. ) 2 T (10.2) con i valori dei parametri riportati nella tabella Tabella Parametri relativi allo spettro di risposta elastico della componente verticale Categoria suolo S T B T C T D A, B, C, D, E Lo spettro di risposta elastico dello spostamento potrà ottenersi per trasformazione diretta dello spettro di risposta elastico delle accelerazioni, usando la seguente espressione: T SDe ( T) = S e ( T) 2 π 2 (10.3) Gli spettri di risposta così definiti sono applicabili per periodi di vibrazione non superiori a 4 secondi, quindi certamente per le strutture in muratura che presentano sempre periodi bassi. Nei casi in cui non si possa valutare adeguatamente l appartenenza del profilo stratigrafico del suolo di fondazione ad una delle categorie da A ad E, ed escludendo comunque i profili S1 e S2, si adotterà la categoria D o, in caso di incertezza di attribuzione tra due categorie, la condizione più cautelativa Fattori di struttura La normativa sismica prevede due stati limite già definiti in precedenza: a) Stato limite ultimo (SLU) corrispondente ad un terremoto violento; b) Stato limite di danno (SLD) corrispondente ad un terremoto di media intensità. Come già visto al paragrafo lo spettro di progetto per lo SLU si ottiene riducendo lo spettro elastico nel rapporto 1/ q, con q fattore di struttura che tiene conto delle capacità dissipative della struttura stessa. Come già detto la muratura ordinaria ha limitate capacità dissipative, mentre abbastanza buone sono le prestazioni dissipative della muratura armata, se proget- Tabella 10.3 Edifici in muratura ordinaria regolari in elevazione Edifici in muratura ordinaria non regolari in elevazione Edifici in muratura armata regolari in elevazione Edifici in muratura armata non regolari in elevazione Edifici in muratura armata progettati secondo i principi di gerarchia delle resistenze q = 2.0 α u /α l q = 1.5 α u /α l q = 2.5 α u /α l q = 2.0 α u /α l q = 3.0 α u /α l 56

56 tata correttamente. Di questa realtà tiene conto la normativa {4} che fissa i fattori di struttura riportati in tabella I coefficienti α l e α u sono definiti come segue: α l α u è il moltiplicatore della forza sismica orizzontale per il quale, mantenendo costanti le altre azioni, il primo pannello murario raggiunge la sua resistenza ultima (a taglio o a pressoflessione); è il 90% del moltiplicatore della forza sismica orizzontale per il quale, mantenendo costanti le altre azioni, l edificio raggiunge la massima forza resistente. Il valore di α u /α l può essere calcolato per mezzo di una analisi statica non lineare (di cui si parlerà in seguito) e non può in ogni caso essere assunto superiore a 2.5. Qualora non si proceda ad una analisi non lineare, possono essere adottati per la valutazione di α u /α l i seguenti valori: edifici in muratura ordinaria ad un piano α u /α l = 1.4 edifici in muratura ordinaria a due o più piani α u /α l = 1.8 edifici in muratura armata ad un piano α u /α l = 1.3 edifici in muratura armata a due o più piani α u /α l = 1.5 edifici in muratura armata progettati con la gerarchia delle resistenze α u /α l = Spettri di progetto Come già visto in precedenza, lo spettro di progetto per lo SLU relativo alle componenti orizzontali si ottiene riducendo lo spettro elastico nel rapporto 1/q, con q fattore di struttura definito al paragrafo precedente. Valutato quindi q, si può definire detto spettro con le espressioni: T 0 T < T (10.4.1) B S d (T) = ag S TB 25. q T (10.4.2) B T < T C Sd ( T ) 25. = ag S q 25. T C T (10.4.3) C T < TD Sd ( T) = ag S q T 25. T T C D (10.4.4) TD T S d (T ) = ag S 2 q T in cui i parametri S, T B, T C, T D sono stati definiti nella tabella A meno di adeguate analisi giustificative, lo spettro di progetto della componente verticale dell azione sismica è dato dalle seguenti espressioni, assumendo q = 1.5 per qualunque tipologia strutturale e di materiale e con T B, T C e T D definiti nella tabella 10.2: 0 T < T B Svd(T) = 0.9 ag S 1 + T T T T < T T B C C S v d( T) = 0.9 a S T < T Sv ( T) = 0.9 a S D d g TD T Svd ( T) = 0.9 ag S g 30. q B 3. 0 T C q T 3.0 TC T D 2 q T 30. q -1 (10.5) 57

57 Lo spettro di progetto per lo SLD che consente di limitare i danni nel caso di terremoti di media intensità, si ottiene riducendo lo spettro elastico di un fattore 2.5, salvo più sofisticate valutazioni. Per meglio comprendere il concetto di spettro di progetto e di fattore di struttura, si consideri di dover procedere alla definizione del livello massimo dello spettro elastico e di progetto in zona 1 e per un suolo di categoria A. Il valore da assumere per a g ed S è quindi: a g = 0.35 g; S = 1 In figura 10.1a si presenta il livello massimo dello spettro elastico e dello spettro di progetto delle componenti orizzontali per lo SLU per una struttura in muratura ordinaria con fattore di struttura q = 3.6. In figura 10.1b è riportato il diagramma forze-spostamenti per la struttura a comportamento elastico indefinito, e per la struttura in muratura per lo SLU (spettro di progetto). Nel caso quindi di strutture in muratura esse vengono progettate allo SLU per un livello di forze corrispondente allo spettro di progetto mentre, al verificarsi di un evento sismico violento e quindi con forte periodo di ritorno, la struttura uscirà dal campo elastico ma non giungerà al crollo se è in grado di subire spostamenti pari a q δ A (questo per l uguaglianza degli spostamenti tra struttura inelastica e struttura a comportamento elastico indefinito). Le strutture in muratura presentano limitate capacità di comportamento inelastico, tuttavia si ribadisce che, pur progettate per forze ridotte, possono subire un terremoto violento con a g = 0.35 g (nell esempio) con danni seri, ma senza crolli, a condizione che siano in grado di sostenere spostamenti pari a q volte gli spostamenti al limite elastico. Alcune delle prescrizioni di normativa tendono proprio a far conseguire alla struttura il richiesto grado di duttilità. a) b) Fig. 10.1a/b 58

58 10.3. COMBINAZIONE DELL AZIONE SISMICA CON LE ALTRE AZIONI La verifica allo stato limite ultimo o di danno deve essere effettuata per la seguente combinazione della azione sismica con le altre azioni: γi E + G K + P K + i ( ψ2i Q Ki ) (10.6) dove γ I fattore d importanza; E azione sismica per lo stato limite in esame; G K carichi permanenti al loro valore caratteristico; P K valore caratteristico dell azione di precompressione a cadute di tensione avvenute; ψ 2i coefficiente di combinazione che fornisce il valore quasi-permanente della azione variabile Q i ; Q Ki valore caratteristico dell azione variabile Q i. Gli effetti dell azione sismica saranno valutati tenendo conto delle masse associate ai seguenti carichi gravitazionali: G + K i (ψ Ei Q Ki) (10.7) dove ψ Ei coefficiente di combinazione dell azione variabile Q i, che tiene conto della probabilità che tutti i carichi ψ Ei Q ki siano presenti sull intera struttura in occasione del sisma, e si ottiene moltiplicando ψ 2i per ϕ. I valori dei coefficienti ψ 2i e ϕ sono riportati nelle successive tabelle. Coefficienti ψ 2i per varie destinazioni d uso Destinazione d uso ψ 2i Abitazioni, uffici 0.30 Uffici aperti al pubblico, scuole, negozi, autorimesse 0.60 Tetti e coperture con neve 0.20 Magazzini, archivi, scale 0.80 Vento, variazione termica 0.00 Coefficienti ϕ per edifici Carichi ai piani ϕ Copertura 1.0 Archivi 1.0 Carichi correlati 0.8 Carichi indipendenti COMBINAZIONE DELLE COMPONENTI DELL AZIONE SISMICA Le componenti orizzontali e verticali dell azione sismica saranno in generale considerate come agenti simultaneamente. Nel caso di analisi lineari (statica e modale) i valori massimi della risposta ottenuti da ciascuna delle due azioni orizzontali applicate separatamente potranno essere combinati som- 59

59 mando, ai massimi ottenuti per l azione applicata in una direzione, il 30% dei massimi ottenuti per l azione applicata nell altra direzione. Nel caso di analisi non lineare statica non si applica la combinazione delle due componenti dell azione sismica: l analisi della risposta strutturale è svolta considerando l azione sismica applicata separatamente secondo ciascuna delle due direzioni orizzontali. Nel caso degli edifici in muratura di nuova costruzione le condizioni per le quali è obbligatorio per la {4}, considerare anche gli effetti dell azione sismica verticale, di solito non sussistono FATTORI DI IMPORTANZA La normativa {4}, in sintonia con le più aggiornate normative internazionali, intende fornire alle costruzioni un livello di protezione antisismica differenziato e crescente con il crescere della loro importanza e del relativo uso e quindi in funzione degli effetti più o meno gravi derivanti da un loro danneggiamento a seguito di un evento sismico. In particolare si vuole poi mantenere la piena funzionalità delle strutture essenziali alla Protezione Civile. Per raggiungere questo obiettivo, gli edifici sono classificati in tre categorie, cui corrispondono le definizioni ed i fattori di importanza γ l indicati nella tabella seguente: Tabella Fattori di importanza γ l Categoria Edifici Fattore di importanza I II III Edifici la cui funzionalità durante il terremoto ha importanza fondamentale per la protezione civile (ad esempio ospedali, municipi, caserme dei vigili del fuoco) Edifici importanti in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso (ad esempio scuole, teatri) Edifici ordinari, non compresi nelle categorie precedenti L azione sismica E di progetto per le costruzioni ordinarie, sia per lo SLU che per lo SLD, viene quindi amplificata al valore γ l E e di conseguenza varia la probabilità che i relativi eventi possano accadere. Il livello di protezione sismica da assumere per le costruzioni esistenti, nel caso di progetto di adeguamento sismico, può essere ridotto rispetto a quanto occorre prevedere per una nuova costruzione, come verrà indicato nei capitoli relativi agli edifici esistenti VALUTAZIONE DEGLI SPOSTAMENTI Gli spostamenti dovuti all azione sismica per lo SLU si ricavano moltiplicando gli spostamenti relativi allo spettro di progetto SLU per il fattore di struttura q e per il fattore d importanza γ l. Gli spostamenti dovuti all azione sismica per lo SLD si ricavano moltiplicando gli spostamenti relativi allo spettro di progetto SLD per il fattore d importanza. Nel caso di analisi non lineare, statica o per integrazione delle equazioni del moto, l analisi stessa fornisce gli spostamenti. 60

60 11 Metodi di analisi PREMESSA Il sisma è un fenomeno dinamico che imprime alle fondazioni spostamenti variabili nel tempo ed induce nelle masse strutturali forze d inerzia proporzionali alle masse stesse ed alle relative accelerazioni. I metodi di analisi più congeniali al fenomeno sono necessariamente metodi dinamici. Le vibrazioni della struttura in generale nascono da una complessa sovrapposizione di modi di vibrare traslazionali con modi di vibrare torsionali intorno ad un asse verticale. Tuttavia, per edifici con caratteristiche di simmetria e compattezza in pianta ma soprattutto regolari in altezza secondo quanto stabilito al paragrafo 5.2 (con esclusione del punto g), si può ritenere che i modi di vibrazione torsionali non si presentino o siano comunque trascurabili. In tal caso, considerando i soli due primi modi di vibrazione che presentano ciascuno spostamenti di piano crescenti linearmente con l altezza in una delle due direzioni principali e trascurando gli altri modi che inducono nella struttura effetti non significativi, è possibile analizzare la struttura stessa con metodi statici, cioè con forze applicate non dipendenti dal tempo che producono effetti che simulano il comportamento della struttura sotto sisma con sufficiente approssimazione. Il modello della struttura è poi elastico lineare ovvero con comportamento non lineare. In definitiva gli strumenti di analisi, tra cui si deve poi scegliere il più adatto al problema in esame, sono: a) analisi statica lineare; b) analisi statica non lineare; c) analisi dinamica modale; d) analisi dinamica non lineare. È opportuno precisare che i metodi richiamati sono relativi ad una analisi globale della struttura. Ma il comportamento globale si innesca solo se le pareti investite ortogonalmente dal sisma sono in buone condizioni di stabilità e quindi in grado di trasmettere l azione sismica ai diaframmi orizzontali di piano che la distribuiscono alle pareti disposte con la dimensione maggiore nella direzione di tale azione (fig. 11.1). All analisi globale occorre quindi premettere una serie di verifiche locali relative alle pareti investite ortogonalmente dal sisma, con le modalità illustrate al capitolo 12, ovvero con i modelli dell analisi cinematica lineare presentati al capitolo 18 per le costruzioni esistenti. Per gli edifici classificati come semplici, con le caratteristiche quindi specificate al paragrafo 6.4, non è obbligatoria alcuna analisi sismica o verifica, resta solo l obbligo della verifica semplificata prescritta dalla normativa {1} e la verifica a ciascun piano indicata nello stesso paragrafo 6.4.

61 Fig Struttura scatolare in muratura, meccanismo resistente per azione orizzontale in direzione x MODELLAZIONE DELLA STRUTTURA Il modello della struttura da analizzare terrà conto della effettiva distribuzione delle masse e delle rigidezze considerando, quando necessario, il contributo degli elementi non strutturali. Il modello sarà poi composto da elementi strutturali piani a telaio o a parete collegati, ai piani, da diaframmi orizzontali rigidi. Nell ipotesi di diaframmi sufficientemente rigidi, tenendo conto delle bucature in essi presenti, i gradi di libertà dell edificio sono tre per piano, due traslazioni secondo gli assi di riferimento orizzontali ed una rotazione intorno all asse verticale passante per il baricentro delle rigidezze. Naturalmente masse e rigidezze vanno concentrate nei rispettivi baricentri, piano per piano. 62

62 Per gli edifici classificati come regolari in pianta, con i parametri di cui al paragrafo 5.2, è possibile considerare nell analisi due modelli piani indipendenti, ciascuno secondo una delle due direzioni principali. Oltre l eccentricità effettiva, ad ogni piano deve essere considerata una eccentricità accidentale e ai introdotta con lo spostamento del centro di massa, in ogni direzione considerata, di una quantità pari a ± 5% della massima dimensione del piano in direzione ortogonale all azione sismica. Queste prescrizioni sono valide qualunque sia la tipologia del materiale costituente la struttura. Nel caso di strutture in muratura, si può tener conto degli effetti della fessurazione considerando, per gli elementi strutturali, una rigidezza flessionale e a taglio ridotta. Altre prescrizioni relative alla modellazione delle strutture in muratura verranno illustrate nei paragrafi relativi ai diversi metodi di analisi ANALISI STATICA LINEARE Generalità L analisi statica lineare può essere effettuata per costruzioni regolari in altezza a condizione che il primo periodo di vibrazione della struttura T 1, nella direzione in esame, non superi 2.5 T c. Per edifici che non superano i 40 m di altezza, in assenza di calcoli più dettagliati, T 1 può essere stimato utilizzando la formula seguente: T = C H 4 ( sec. ) 1 1 dove H è l altezza dell edificio in metri dal piano di fondazione e C 1 = per edifici con struttura in muratura. Per avere un ordine di grandezza del primo periodo, stimato con tale formula, si veda la tabella Tabella H (ml) Strutture in muratura (C 1 = 0.050) T 1 (sec.) Le prescrizioni richiamate sono generali, quindi valide per edifici con struttura realizzata con qualunque materiale. Per gli edifici con struttura in muratura, nella progettazione, devono inoltre essere osservate le prescrizioni specifiche riportate di seguito. L analisi statica lineare è applicabile anche nel caso di edifici irregolari in altezza, ma occorre porre λ =1 (λ coefficiente che entra nella valutazione del taglio alla base dell edificio). La valutazione delle rigidezze degli elementi murari deve tener conto anche del contributo tagliante, oltre che di quello flessionale. 63

63 Preferibilmente sono da utilizzare le rigidezze fessurate che, in assenza di più precise valutazioni, si possono considerare pari alla metà delle rigidezze non fessurate. I solai vengono considerati infinitamente rigidi nel proprio piano, a condizione che le bucature non riducano in modo significativo tale rigidezza, se sono realizzati in c.a. o anche in latero-cemento con soletta in calcestruzzo armato di spessore 40 mm ovvero in struttura mista con soletta in c.a. di spessore 50 mm collegata con opportuni connettori a taglio agli elementi strutturali principali in acciaio o legno. Per altre soluzioni costruttive l ipotesi di infinita rigidezza dovrà essere valutata e giustificata dal progettista. Nell ipotesi di solai infinitamente rigidi, il modello della struttura comprenderà i soli elementi murari continui dalle fondazioni alla sommità, collegati da diaframmi rigidi orizzontali ai piani. Se si considerano nel modello anche gli elementi di accoppiamento tra pareti diverse, quali travi o cordoli in c.a. e travi in muratura (se efficacemente ammorsate alle pareti), le verifiche di sicurezza devono necessariamente riguardare anche tali elementi strutturali. Travi di accoppiamento in muratura ordinaria possono essere inserite nel modello solo se sorrette da un cordolo di piano o da un architrave resistente a flessione ed efficacemente ammorsato alle estremità. Gli elementi di accoppiamento in c.a. si considerano efficaci se di altezza almeno pari a quella del solaio. In presenza di elementi di accoppiamento, il modello stesso si configura come un modello a telaio, con elementi infinitamente rigidi Fig

64 corrispondenti alle parti di muratura intersezione tra elementi orizzontali e verticali (vedi fig relativa ad una unica parete). In ogni caso, nell ipotesi di solai rigidi, si potrà modificare la distribuzione del taglio nei pannelli di uno stesso piano così come determinata con una analisi lineare ma sempre nel rispetto dell equilibrio globale di piano. Tale modifica deve quindi lasciare inalterati il modulo e la posizione della forza globale di piano. La ridistribuzione del taglio deve inoltre rispettare la condizione che il valore assoluto della variazione del taglio in ciascun pannello non risulti superiore a: V max 0.25 V, 0.1 V { piano } con V taglio nel pannello e V piano taglio totale al piano nella direzione parallela al pannello. Quindi nel caso che ci si trovi in difficoltà nella verifica di alcune pareti, si può tenere implicitamente conto della fase inelastica, decrementando il taglio su queste ed incrementando tale caratteristica in altre pareti in grado di sopportare tale incremento ma comunque nel rispetto dell equilibrio complessivo e nei limiti precisati. Nel caso di solai deformabili, la ridistribuzione può essere effettuata solo tra pannelli complanari collegati da cordoli o incatenamenti ovvero appartenenti alla stessa parete. In tal caso i limiti per la ridistribuzione si calcolano come nel caso precedente, a condizione di considerare V piano come somma dei tagli nei pannelli complanari ovvero appartenenti alla stessa parete Forze ai piani L analisi statica prevede l applicazione di un sistema di forze distribuite lungo l altezza dell edificio assumendo una distribuzione lineare degli spostamenti. La forza da applicare a ciascun piano è data dalla formula seguente: F = F i h ( z i Wi ) ( z j Wj) (11.1) dove F h S d (T 1 ) W λ/g (taglio alla base); F i è la forza da applicare al piano i; W i e W j sono i pesi delle masse ai piani i e j rispettivamente; z i e z j sono le altezze dei piani i e j rispetto alle fondazioni; S d (T 1 ) è l ordinata dello spettro di risposta di progetto; W è il peso complessivo della costruzione; λ è un coefficiente pari a 0.85 se l edificio ha almeno tre piani e se T 1 < 2 T C, pari a 1.0 in tutti gli altri casi. Tale coefficiente riduttivo tiene conto che, in un edificio con tali caratteristiche e con possibilità traslazionali in tutte le direzioni, in generale le masse partecipanti al modo fondamentale di vibrazione sono l 85% della massa totale; g è l accelerazione di gravità. Gli effetti torsionali accidentali possono essere considerati applicando ad ogni piano la forza sismica F i con eccenticità e ai. Per edifici aventi massa e rigidezza distribuite, con buona approssimazione, simmetricamente in pianta e inscrivibili in un rettangolo con rapporto tra i lati inferiore a 4 gli effetti torsionali accidentali possono essere considerati amplificando le forze derivanti dalla distribuzione (11.1) in ciascun elemento resistente con il fattore δ risultante dalla seguente espressione: 65

65 δ = x/l e dove x è la distanza dell elemento resistente verticale dal baricentro geometrico dell edificio, misurata perpendicolarmente all azione sismica considerata; è la distanza tra i due elementi resistenti più lontani, misurata allo stesso modo. L e Valutate le forze di piano con la (11.1), esse vanno concentrate nel relativo baricentro delle masse Analisi della struttura Come detto, la struttura può essere considerata nella sua globalità spaziale ovvero suddivisa in due sub-strutture piane, la prima costituita dai k 1 setti con la dimensione maggiore disposta secondo x, la seconda costituita dai k 2 setti con la dimensione maggiore in direzione y. Nella figura 11.3a è evidenziato, ad un piano generico, uno dei k 1 setti (direzione x) mentre nella figura 11.3b uno dei k 2 setti (direzione y). La ripartizione delle azioni sismiche è funzione della rigidezza dei pannelli e della loro disposizione in pianta. a) b) Fig

66 A = area della sezione I = momento d inerzia della sezione G, E = moduli elastici della muratura h = altezza d interpiano Fig La rigidezza del singolo pannello, tenendo conto anche del contributo del taglio e con le notazioni di figura 11.4, si presenta nella forma: K = G A 1.2 h G E h I 2 (11.2) Tale formulazione per la rigidezza del pannello è valida nell ipotesi che gli orizzontamenti siano in grado di impedire le rotazioni di estremità del pannello e si può ricavare, con opportuni passaggi, quale inverso della deformabilità del pannello: K = 1 3 h 12 E I h G A (11.3) con I = t l 3 /12. Nell ipotesi che le strutture orizzontali di piano non siano in grado quanto meno di limitare le rotazioni flessionali all estremità delle pareti, le pareti stesse hanno un comportamento a mensola incastrata alla base e la rigidezza assume l aspetto: K = 1 3 h 3 E I h G A (11.4) Questa ultima ipotesi rappresenta uno schema limite certamente molto gravoso per la struttura. Il baricentro delle masse al generico piano i si determina considerando i pesi w i gravanti su ciascuna parete, concentrati nei rispettivi baricentri. In copertura è buona norma considerare il peso della metà superiore delle pareti sottostanti. 67

67 Indicando con k = k 1 + k 2 il numero complessivo di pareti e con x i e y i le coordinate del baricentro della generica parete, le coordinate x G ed y G del baricentro delle masse risultano quindi: x G = k w i x i 1 k w i 1 ; y = G k w y i i 1 k w i 1 (11.5a) Le coordinate del baricentro delle rigidezze x R ed y R allo stesso piano si ricavano con le formule: x R = k K k k K k jy x j jy ; y R = k 1 K 1 k 1 K 1 jx y j jx (11.5b) Al generico piano i l eccentricità tra baricentro delle rigidezze e baricentro delle masse è quindi: e x = x G - x R ; e y = y G - y R A tali eccentricità si deve sommare l eccentricità accidentale definita al paragrafo 11.2, ottenendo: e x = e x ±e aix ; e y = e y ±e aiy (il segno di e aix ed e aiy deve essere tale da rendere massime le relative eccentricità e x ed e y ). Per effetto dell eccentricità del baricentro delle rigidezze rispetto a quello delle masse, si generano i momenti torcenti: sisma agente in direzione x, m xi = F i e y ; sisma agente in direzione y, m yi = F i e x. La forza di piano viene assorbita poi dalle k 1 pareti (sisma secondo x) ovvero dalle k 2 pareti (sisma secondo y), in funzione delle rispettive rigidezze. Infatti, considerando la F i agente in direzione x, lo spostamento δ xi del piano i è fornito dal rapporto tra la forza e la rigidezza complessiva del piano k1 K jx ; per la presenza del piano rigido tutte le k 1 pareti presentano lo stesso spostamento δ xi, che è esprimibile anche come rapporto tra la forza in direzione x nella generica parete j e la relativa rigidezza K jx. In definitiva risulta: 1 δ xi = F = F = F... = F k1 K K K K 1 i 1x 2x jx jx... = F k 1 x K 1x 2x jx k1 x 68

68 e quindi F jx= F i K k1 jx K 1 jx (11.6) Analogo ragionamento può essere fatto se la forza agisce in direzione y; in questo caso le pareti interessate sono quelle da k a k. Per il momento torcente m xi (sisma in direzione x), collaborano tutte le pareti; si introduce quindi il momento d inerzia polare del piano i: k 1 k 2 2 pi = jk jy + jy jx 1 k1+ 1 I K d K d (11.7) con d j distanza della generica parete dal baricentro delle rigidezze. La rotazione torsionale del piano i intorno ad un asse verticale passante per il baricentro delle rigidezze vale: m xi φ i = Ip i Tale rotazione provoca in tutte le pareti uno spostamento lungo l asse maggiore della parete che, per la generica parete j vale φ i d j. Tale spostamento induce quindi in ciascuna parete una forza proporzionale alla rispettiva rigidezza: pareti in direzione x F jx = m xi K d = F e K jx d jy jx jy i y (11.8a) Ipi Ipi pareti in direzione y F jy = m K jy d jx = -F e K jy d jx xi i y (11.8b) Ipi Ipi Analogo è il comportamento delle pareti in presenza di un momento m yi. In definitiva si può ora definire la forza che compete al piano i alla generica parete j, che tiene conto sia dello spostamento che della rotazione di piano. Con riferimento al sisma agente in direzione x, per la generica parete j (con dimensione maggiore disposta secondo x) sommando gli effetti definiti dalla (11.6) e dalla (11.8a), risulta: jx jx jy jx F + F i e K d k1 y Ipi K jx 1 F = i K = F i R x Con riferimento al sisma agente in direzione y, per la parete generica parete j (con dimensione maggiore disposta secondo y) con analogo ragionamento si ottiene: jy jy i + F i e k x F = F K k1 + 1 K jy Kjydjx I pi = F i R y 69

69 I coefficienti R x ed R y sono i coefficienti di ripartizione della forza sismica in direzione x ed y rispettivamente ed assumono la forma: R = x R = y K k1 jx K 1 k K k1 + 1 jx jy K + e K jx d y Ipi jy jy + e K jy d x Ipi jx (11.9a) (11.9b) ANALISI STATICA NON LINEARE Generalità L analisi statica non lineare o pushover analysis è una metodologia che consente di indagare sul comportamento di una struttura sotto sisma oltre il limite elastico e sino allo stato limite ultimo. Il metodo è statico equivalente, ma tuttavia la simulazione tiene conto dei più importanti aspetti dinamici. La pushover analysis si sviluppa nei primi anni 90 in particolare con riferimento alle strutture in c.a. ed in acciaio; solo più recentemente sono stati svolti studi ed applicazioni anche per le strutture in muratura. Tale metodologia è suggerita ed accettata in molte normative estere (vedi ad esempio {7} e {8}) ed ora è stata recepita anche nella {4} che tiene conto dei più aggiornati studi di settore. I risultati forniti dall analisi statica non lineare, confrontati con quelli ottenuti con analisi dinamiche non lineari, hanno dimostrato che in generale l analisi statica non lineare è uno strumento sufficientemente affidabile purchè siano rispettate alcune regole di cui si dirà in seguito. Il metodo è applicabile nella progettazione di edifici definiti regolari in pianta ed in altezza, il cui comportamento dinamico sia regolato in modo essenziale dai primi due modi di vibrazione (in direzione x ed y rispettivamente). Per gli edifici non regolari ovvero per gli edifici alti il metodo è ancora applicabile, a condizione che si considerino l evoluzione delle rigidezze e le forme di vibrazione conseguenti allo sviluppo progressivo delle deformazioni anelastiche (metodi evolutivi). In definitiva si può ritenere la pushover analysis uno strumento efficace di progettazione per gli edifici regolari, specie quando tra i progettisti si sia consolidata una cultura del non-lineare. In particolare il metodo è utile per valutare le capacità di edifici esistenti nei riguardi del sisma, sia per le possibilità di indagare sul comportamento non lineare, sia in considerazione anche delle difficoltà che possono sorgere per tale tipo di edifici in una analisi dinamica lineare. Al contrario per gli edifici non regolari il metodo, per quanto prima specificato, è ancora applicabile in una normale progettazione, ma rimane valido in casi particolari e da affidare a specialisti del settore. Per la modellazione della struttura verranno adoperati gli stessi criteri adottati in una analisi statica lineare ovvero modelli più sofisticati purchè idonei e adeguatamente documentati. Per gli edifici in muratura con un massimo di due piani è consentita una analisi separata per ciascun interpiano. Per gli edifici in muratura con un numero di piani superiore a 2 occorre considerare, nel modello, anche gli effetti dovuti alla variazione delle forze verticali causata dall azione sismica e garantire gli equilibri locali e globali. 70

70 Analisi pushover Per introdurre con semplicità e chiarezza i concetti alla base di una tale analisi, ci si riferisce ad una semplice parete con tre piani, costituita da due maschi murari collegati a ciascun piano da elementi monodimensionali assialmente indeformabili, che hanno la funzione di eguagliare gli spostamenti di piano dei due maschi (fig. 11.5). Fig FASE 1 La prima fase dell analisi consiste nell applicare alla struttura i carichi verticali e almeno due sistemi di forze orizzontali che, mantenendo invariati i rapporti relativi tra le forze stesse, vengono tutte scalate in modo da far crescere monotonamente lo spostamento orizzontale di un punto di controllo sulla struttura, fino al raggiungimento delle condizioni ultime. Nel caso di costruzioni in muratura il punto di controllo è posto a livello della copertura. I sistemi di forze orizzontali da applicare alla struttura in corrispondenza del baricentro di ciascun piano sono quindi almeno due: sistema 1 costituito da una distribuzione di forze proporzionali alle masse (ovvero ai pesi) di piano; sistema 2 costituito da una distribuzione di forze proporzionali al prodotto delle masse per la deformata corrispondente al primo modo di vibrazione. In figura 11.6 si riporta la deformata normalizzata rispetto al punto di controllo relativa al primo modo di vibrazione, per la parete di figura

71 Fig Sono richiesti almeno i due sistemi di forze innanzi precisati in considerazione del fatto che l obiettivo è quello di simulare il più fedelmente possibile le forze d inerzia che si manifestano sulla struttura durante il sisma. Studi e confronti con l analisi dinamica non lineare presenti in letteratura portano a concludere che fin quando la struttura resta in campo elastico, forze proporzionali al prodotto delle masse per il primo modo di vibrazione (sistema 2) approssimano meglio la risposta dinamica della stessa struttura. Al contrario per forti deformazioni la risposta dinamica è approssimata con maggiore fedeltà da forze proporzionali alle masse. Con i due sistemi quindi, per edifici regolari, si colgono i limiti delle distribuzioni delle forze d inerzia che agiscono sulla struttura sotto sisma. Come primo risultato dell analisi si ottiene, per ciascun sistema di forze, un diagramma che presenta sulle ascisse lo spostamento del punto di controllo d c e sulle ordinate il taglio alla base F b. In figura 11.7 si presenta l andamento qualitativo di due generiche curve pushover (sistemi 1 e 2 di forze). Il comportamento non lineare della struttura, evidenziato con le curve di figura 11.7, è condizionato dal comportamento non lineare dei singoli maschi di altezza pari all interpiano. Per poter eseguire una analisi pushover è quindi necessario definire il comportamento di ciascun maschio, ovvero un diagramma taglio-spostamento orizzontale che segua l evoluzione di tali parametri sino allo stato limite ultimo, per ciascuno dei possibili meccanismi di rottura che possono innescarsi; nello specifico: 1 rottura per pressoflessione nel piano; 2 rottura per taglio con fessurazione diagonale; 3 rottura per taglio-scorrimento. 72

72 Fig Fig È opportuno sin da ora precisare che, per l analisi statica non lineare le proprietà degli elementi possono essere basate, salvo diversa indicazione, sui valori medi delle proprietà dei materiali. L evidenza sperimentale mostra che il legame tra i detti parametri è non lineare, tuttavia è lecito sostituire alla curva una bilatera che caratterizza un comportamento elastico-perfettamente plastico (fig. 11.8). 73

73 La bilatera, relativa ad uno dei possibili meccanismi di rottura, è definita dal taglio ultimo V u, dalla rigidezza del maschio k e dallo spostamento ultimo d u. Per ora non è possibile definire tali bilatere, in quanto sono necessarie le conoscenze contenute nei capitoli 12 e 13, relative alle verifiche di sicurezza. Le curve di figura 11.7 prendono il nome di curve di capacità e sono costruite con un procedimento step by step che ad ogni passo somma alle sollecitazioni e spostamenti del passo precedente le analoghe grandezze incrementali (dovute all incremento di taglio alla base nel passo). Ad ogni passo vengono quindi eseguite le verifiche di sicurezza nei maschi murari. Se nel passo considerato uno o più elementi si portano dal campo elastico al campo plastico, la matrice di rigidezza deve essere aggiornata annullando la rigidezza a taglio per tali elementi (gli elementi in fase plastica vengono schematizzati come bielle in grado, nei passi successivi, di assorbire solo sforzo normale). La procedura riprende con nuovi passi, con le stesse modalità illustrate in precedenza. Quando si raggiunge una condizione di collasso in almeno un maschio murario, dovuta ad una delle seguenti cause: spostamento orizzontale oltre il limite d u (fig. 11.8); insorgere nel maschio di sollecitazioni di trazione che annullano la possibilità di reazione del maschio stesso; occorre revisionare il modello, escludendo del tutto il maschio o i maschi collassati e ricominciando dall origine (corrispondente all azione dei soli carichi verticali) e procedendo con la costruzione di una diversa curva di capacità. La costruzione delle curve di capacità che considerano la progressiva perdita di resistenza della struttura dovuta al progressivo collasso nei maschi murari si esaurisce, quando la struttura diviene labile. La curva di capacità finale della struttura si ottiene raccordando superiormente le varie curve con segmenti verticali ed è rappresentativa della progressiva perdita di resistenza della struttura dovuta al progressivo collasso dei maschi murari; la forma di tale curva è a denti di sega. La capacità di spostamento dell edificio riferita agli stati limite di danno e ultimo viene poi determinata sulla curva forza-spostamento innanzi descritta, in corrispondenza dei punti seguenti: stato limite di danno: dello spostamento minore tra quello corrispondente al raggiungimento della massima forza e quello per il quale lo spostamento relativo fra due punti sulla stessa verticale appartenenti a piani consecutivi eccede i valori d r = h per edifici con struttura portante in muratura ordinaria e d r = h per edifici con struttura portante in muratura armata (d r è lo spostamento d interpiano, h è l altezza del piano); stato limite ultimo: dello spostamento corrispondente ad una riduzione della forza non superiore al 20% del massimo. Proseguendo quindi nell esposizione del metodo si passa alla fase successiva. FASE 2 La fase 2 del procedimento consiste nell identificare, per ciascun sistema di forze, una struttura ad un grado di libertà 1GL equivalente da un punto di vista dinamico alla struttura a molti gradi di libertà MGL. Tale struttura avrà a sua volta un comportamento non lineare che viene approssimato ad un comportamento bilineare (fig. 11.9). Le relazioni che legano, in campo elastico, forza F * e spostamento d * del sistema 1GL alle analoghe grandezze del sistema MGL possono esprimersi come segue: F * b * = F ; d = d c Γ Γ (11.10) 74

74 Fig con m i Φi Γ coefficiente di partecipazione modale: Γ = ; (11.11) 2 m Φ Φ vettore rappresentativo del primo modo di vibrare della struttura relativo alla direzione presa in esame per l azione sismica, normalizzato all unità per la componente relativa al punto di controllo. Il punto rappresentativo dello snervamento presenta coordinate (in assenza di valutazioni più accurate): * * * Fy Fy = F bu ; d y = * (11.12) Γ k con F bu k * resistenza ultima dell edificio; rigidezza secante a snervamento del sistema equivalente, valutata in modo da ottenere l uguaglianza tra l area sottesa dalla curva non lineare di figura 11.9 e l area sottesa dal sistema bilineare equivalente. Con riferimento alla figura 11.10a, detta E * m l area sottesa dalla curva non lineare, eguagliando tale area all area sottesa dalla bilatera di figura 11.10b espressa in funzione dell incognito spostamento a snervamento d * y, risulta: E m = 1 2 d y F y + F y (d m - d y ) i i e quindi: m d y = 2 (d m - E F y ) (11.13) 75

75 a) b) Fig La rigidezza secante a snervamento è quindi definita dall espressione: k y = F d y (11.14) Il periodo elastico T* del sistema 1GL è quindi definibile: con m = m i Φi T = 2 π m k (11.15) FASE 3 La fase 3 prevede come primo obiettivo la valutazione della risposta massima in termini di spostamento del sistema equivalente 1GL, utilizzando lo spettro di risposta elastico. Nell ipotesi che T* T C la risposta massima in termini di spostamento del sistema anelastico si assume eguale a quella di un sistema elastico con periodo T*: * d max * e, max = d = S (T ) De * (11.16) con S De spettro di risposta elastico dello spostamento. Se al contrario risulta T* < T C la risposta massima in termini di spostamento risulta maggiore di quella del corrispondente sistema elastico e si valuta come segue: e, max C d max d e, m ax = d q [ ] 1 + (q - 1) T T (11.17) con q = S De (T ) m Fy sistema equivalente., rapporto tra forza di risposta elastica e forza di snervamento del 76

76 Per q c1 si assume comunque d max = de, max. Per giustificare quanto innanzi esposto a proposito della valutazione della risposta massima del sistema 1GL, si rimanda ai testi specializzati di Dinamica sismica. d max FASE 4 Come prima cosa nella fase 4 si calcola lo spostamento massimo del punto di controllo nel sistema MGL con la relazione: d max = d Γ max (11.18) mentre la configurazione deformata dell edificio sotto l azione sismica di progetto è fornita dalla forma modale Φ moltiplicata dal fattore di scala Γd max. Si deve quindi controllare che, durante l analisi non lineare, sia stato raggiunto uno spostamento d c almeno pari a d max. Per gli edifici in muratura quindi, la verifica strutturale consiste, per lo stato limite considerato, in una verifica globale in spostamento mentre non sono previste le verifiche nei singoli elementi. Volendo riassumere in forma sintetica la procedura per l analisi statica non lineare, i primi passi da compiere sono: 1) modellazione della struttura con le stesse modalità viste per l analisi statica lineare; 2) valutazione dei due sistemi di forze definiti come sistema 1 e sistema 2; 3) per ciascuno dei due sistemi di forze la procedura si sviluppa poi secondo il diagramma di flusso sintetizzato in figura PROCEDURA PER L ANALISI STATICA NON LINEARE Curva pushover F b - d c e individuazione di F bu Riduzione della curva F b - d c nella curva equivalente riferita a un sistema 1GL Sostituzione della curva equivalente con una bilineare rappresentativa di un oscillatore elastico-perfettamente plastico Calcolo di k* e T* Valutazione della risposta massima d* max in termini di spostamento del sistema equivalente 1GL Spostamento massimo del punto di controllo sistema MGL d max = Γ d* max Configurazione deformata: ΦΓd* max Controllo d c almeno pari a d max Fig

77 Problemi di modellazione Con riferimento ad una parete, lo schema di figura 11.5 che è stato utilizzato per descrivere con semplicità le procedure dell analisi statica non lineare non è utilizzabile nella progettazione se la parete stessa ha un numero di piani superiore a due. La normativa {4} infatti prescrive che, per un numero di piani maggiore di 2, nel modello si debba tener conto degli effetti generati dalla variazione delle forze verticali ed inoltre è necessario garantire l equilibrio alla rotazione degli elementi di intersezione tra muri e fasce, che possono essere considerati infinitamente rigidi. Tali requisiti sono forniti da un modello a telaio del tipo presentato in figura 11.2 con elementi infinitamente rigidi che corrispondono alle parti di muratura di intersezione tra elementi orizzontali e verticali (fig ). Le fasce di piano possono presentare due meccanismi di rottura: per pressoflessione o per taglio. Altro modello possibile è quello che schematizza la muratura verticale e le fasce orizzontali di piano agli elementi finiti, ma in questo caso occorre che gli elementi siano a comportamento elasto-plastico. Passando agli edifici, sono possibili ancora schematizzazioni a telaio, in questo caso spaziale, con elementi rigidi ovvero modelli spaziali agli elementi finiti a comportamento elasto-plastico. In una schematizzazione a telaio, per quanto riguarda un generico maschio murario (fig ), si può ipotizzare che le deformazioni relative al piano x-z e quelle relative al piano y- z siano indipendenti. L intersezione tra pareti ortogonali nel modello-telaio può schematizzarsi con più bracci rigidi, come presentato in figura In definitiva tra le due modellazioni, telaio spaziale ed elementi finiti, si può affermare che quella a telaio spaziale pur risultando poco sofisticata fornisce risultati abbastanza soddisfacenti come è dimostrato nella letteratura tecnica. Inoltre tale modello riduce di molto il lavoro di input e permette di tenere più agevolmente sotto controllo i risultati. Per queste ragioni è opportuno, nella progettazione, ricorrere a programmi di analisi basati su tale schematizzazione. Fig Fig

78 11.5. ANALISI DINAMICA MODALE Generalità L analisi dinamica modale riferita allo spettro di risposta di progetto ed applicata ad un modello tridimensionale della struttura è, per la normativa {4}, il metodo normale da utilizzare per la ricerca delle sollecitazioni di progetto. Il termine modale indica che il complesso modo di vibrare di una struttura ad n gradi di libertà viene scomposto isolando gli n modi di vibrare, relativamente semplici, che lo compongono. Per gli edifici classificati regolari in pianta (par. 5.2), il modello tridimensionale può essere suddiviso in due modelli piani separati, secondo quanto già detto al paragrafo In definitiva per la modellazione della struttura, per la eventuale ridistribuzione degli effetti taglianti sulle pareti e per gli effetti torsionali accidentali, restano valide le considerazioni fatte nel caso di analisi statica lineare Modello ad n gradi di libertà Per introdurre con semplicità l analisi dinamica modale, si consideri un sistema strutturale costituito da n piani e due pilastri di rigidezza complessiva k i al piano i ed n traversi considerati infinitamente rigidi ai piani e sede di masse m i. I pilastri si considerano assialmente indeformabili. Un esempio, con n = 3, è presentato in figura Le equazioni relative alle vibrazioni libere per tale sistema non smorzato a 3 gradi di libertà, in quanto sono possibili solo traslazioni orizzontali ai piani, si presentano nella forma: Fig

79 m x + kx - k ( x - x ) = 0 m x + k ( x - x ) - k ( x - x ) = m 3 ẋ 3 + k 3 ( x 3 - x 2 ) = 0 Tale sistema di equazioni differenziali si trasforma, in notazione matriciale, nella forma: [M] { x} + [ K ] { x }= { 0 } (11.19) con [M ] e [K] matrici delle masse e delle rigidezze che nel caso in esame assumono la forma: m k 1+k 2 -k 0 2 M = 0 m 2 0 ; K = -k 2 k 2+k 3 -k m 0 -k k Una soluzione del sistema (11.19) può essere del tipo: Sostituendo la (11.20) nella (11.19), risulta: che si pone nella forma: {x} = {ψ} sen (ω t + θ) (11.20) ω 2 [M] {ψ} sen ω t + [K] {ψ} sen ω t = {0} ([K] - ω 2 [M]) {ψ} = {0} (11.21) La (11.21) lineare, ammette soluzioni diversa dalla banale se si annulla il determinante dei coefficienti: Det ([K] - ω 2 [M]) = 0 (11.22) La (11.22) rappresenta una equazione di terzo grado nell incognita ω 2 ; le sue radici ω 1 2, ω 2 2, ω 3 2, reali e positive, prendono il nome di autovalori. Ad ogni autovalore ω i 2, corrisponde un autovettore {ψ (i) } definito a meno di un fattore arbitrario. Quanto presentato per il semplice modello di figura può essere esteso ad una qualunque struttura ad n gradi di libertà di cui siano q 1, q 2,... q n le coordinate generalizzate tali che, nella condizione di equilibrio iniziale, siano tutte nulle: q 1 = q 2 =... = q n = 0 Per tale struttura la (11.19) assume la forma: [M] {q} + [K] {q} = {0} (11.23) con [M] e [K] matrici delle masse e delle rigidezze, di ordine n. La (11.22) formalmente resta immutata ma in questo caso rappresenta una equazione di ordine n nell incognita ω 2 ; le sue radici ω 1 2, ω 2 2,...ω n 2, reali e positive, sono ancora gli autovalori ed a ogni autovalore, ω i 2, corrisponde un autovettore {ψ (i) }. 80

80 Si raggruppino ora gli autovettori in una matrice di ordine n, in cui gli autovettori sono disposti per colonna: () 1 ( 2) ( n) ψ1 ψ1... ψ 1 ( 1) ( 2) ( n) ψ2 ψ2... ψ2 [ X]= ( 1) ( 2 ) (n) (11.24) ψn ψn... ψn Si consideri ora il caso che sulla struttura agisca un sistema di forze generalizzate {Q}; il sistema di equazioni assume la forma: [M] {q} + [K] {q} = {Q} (11.25) Si introduca un nuovo sistema di coordinate generalizzate p i, dette coordinate principali, legate alle q i dalla relazione: {q} = [X] {p} (11.26) Premoltiplicando ciascun termine della (11.25) per la trasposta [X] T di [X] e con le posizioni: [L] = [X] T [M] [X] (11.27) [N] = [X] T [K] [X] (11.28) il sistema (11.25) prende la forma: T [L] { ṗ } + [N] {p} = [X] {Q} (11.29) La matrice [L] è diagonale come lo è la matrice [M]; se quindi si indicano con l 11, l 22, l 33,...l nn i suoi elementi, la sua inversa [L] -1 sarà composta dai termini 1/l 11, 1/l 22, 1/l 33,...1/l nn ; è noto inoltre che: [L] -1 [L] = [I], con [I] matrice unitaria di ordine n. Premoltiplicando quindi la (11.29) per [L] -1, si ricava: -1-1 T {p} + [L] [N] {p} = [L] [X] {Q} (11.30) Nei problemi di analisi sismica il vettore delle forze {Q} è costituto dalle forze d inerzia - m i ẋ F dovute all accelerazione del terreno ẋ F (si veda il modello dell oscillatore semplice di figura 9.2). La precedente equazione diventa quindi: -1-1 T { p} + [L] [N] {p} = - [L] [X] [M] (11.31) Se si esegue il prodotto [L] -1 [N] si ottiene una matrice diagonale i cui termini sono coincidenti con i termini ω i 2. Introducendo ora un vettore {g} così definito: x F {g} = [L] -1 [X] T [M] (11.32) 81

81 la (11.31) si può porre nella forma: p p 2 + ω p = -g x F 2 + ω p = -g x F ṗ n + n p = -g n ẋ F ω 2 n (11.33) Con la procedura illustrata si raggiunge il risultato di passare dal sistema di equazioni (11.25) al sistema di equazioni (11.33) disaccoppiate nel senso che la generica equazione posta alla riga i contiene la sola incognita p i. I coefficienti g i che compaiono nella (11.33), vengono definiti coefficienti di partecipazione dei modi principali di vibrazione. I coefficienti g i possono poi essere espressi in funzione dei relativi autovettori, tenendo presente la (11.32) in cui compare la matrice [L] -1. Ma il generico elemento l ii di [L], che è una matrice diagonale, si valuta con l espressione: l ii = {ψ (i) } T [M] {ψ (i) } Considerando ancora la (11.32), in definitiva il generico coefficiente di partecipazione si valuta con la formula: g i = n j = 1 n j = 1 (11.34) Risolte le equazioni (11.33) le p i rappresentano ciascuna gli effetti, come coordinate principali, dell aliquota di terremoto giẋ F. Se alla generica accelerazione ẋ F si sostituisce per ciascun modo i l accelerazione sismica massima e costante a i = S d (T i ), ricavabile dallo spettro di progetto, per p i si può assumere come valore massimo il termine: p i = g a i i (11.35) corrispondente ad un integrale particolare della equazione i delle (11.33). Per ciascun modo di vibrazione i, tenendo presente la (11.26), le coordinate {q (i) } si valutano con l espressione: q 1 (i) = p i ψ 1 (i) q 2 (i) = p i ψ 2 (i)... (11.36)... q n (i) = p i ψ n (i) Riprendendo ora il semplice modello di figura 11.14, l analisi sismica modale relativa al modello stesso richiede i seguenti dati: m m j j ψ ψ ω 2 i (i) j (i) 2 j 82

82 geometria della struttura; masse ai piani e dimensione dei pilastri per valutarne la rigidezza; spettro delle accelerazioni di progetto S d. La soluzione dell equazione (11.22) fornisce i tre autovalori ω i 2 ed i corrispondenti periodi T i. Noti gli autovalori, si ricavano con la (11.21) i corrispondenti autovettori ψ (i). In figura si presentano i tre modi di vibrare del modello, avendo posto m 1 = m 2 =m 3. Fig Ritornando al caso generale di una struttura ad n gradi di libertà, occorre osservare che nella progettazione non è possibile considerare tutti gli n modi di vibrazione, tenuto conto che n può assumere un valore elevato e che solo i primi modi di vibrazione forniscono un contributo significativo all assorbimento dell azione sismica. La normativa {4} suggerisce di limitarsi ai modi con massa partecipante superiore al 5% ovvero considerare un numero di modi la cui massa partecipante totale sia superiore all 85%. In generale per una struttura spaziale di un edificio, il considerare i primi 9 modi di vibrazione, se n 9, dovrebbe essere sufficiente per rientrare nei limiti indicati. La valutazione della massa partecipante al generico modo viene fornita dal programma di calcolo. Per la sua definizione si rimanda ai testi specializzati. Definito quindi il numero di modi di vibrazione a cui limitarsi e lo spettro delle accelerazioni di progetto S d, le (11.36) risolvono il problema della determinazione dei vettori q (i) per ciascuno dei modi prescelti. Occorre ancora precisare che i valori massimi delle risposte modali, in termini di spostamenti o accelerazioni, non sono sommabili per ottenere la risposta massima globale in quanto in generale tali risposte modali risultano sfasate nel tempo. La normativa suggerisce, detto E il valore totale della risposta sismica che si sta considerando ed E i il contributo del modo i, di combinare i contributi dei vari modi con la formula: E = 2 i ( E ) (11.37) 83

83 Tale formula è applicabile se il periodo di vibrazione di ciascun modo differisce da tutti gli altri di almeno il 10%. In caso contrario viene fornita una formula più complessa su cui non ci si sofferma. Noti i vettori q (i) per i modi prescelti, è possibile ricavare tutti i parametri necessari per le verifiche, per i quali valgono le stesse regole di combinazione. In particolare le forze d inerzia relative al generico modo i si ottengono moltiplicando la matrice delle masse per il vettore delle accelerazioni massime relative a tale modo: {F (i) } = [M] {Ψ (i) } [g i S d (T i )] (11.38) In figura si presenta il diagramma di flusso per i problemi di analisi sismica modale. Tutti i programmi di analisi strutturale sono in grado di fornire la soluzione per tale tipo di problema. In generale il calcolo degli autovalori (eq ) e degli autovettori viene perseguito con metodi iterativi basati sul metodo di Jacobi, per i quali si rimanda ai testi specializzati. Si consideri poi che i dati d ingresso per l analisi sismica modale non sono più complessi rispetto a quelli necessari per una analisi statica, che non sempre è consentita, che i tempi di calcolo per l analisi modale non sono onerosi ed infine che l analisi modale certamente approssima meglio il fenomeno fisico rispetto a quanto è possibile ottenere da una analisi statica, se applicabile. È quindi auspicabile il diffondersi, tra i progettisti, di una cultura dinamica che consenta l utilizzo dell analisi sismica modale anche quando non sia esplicitamente prescritta dalla normativa. Nella trattazione precedente si è trascurato, per semplicità di esposizione, l effetto dello smorzamento viscoso che al contrario è un fenomeno non trascurabile in una analisi dinamica modale. Volendo ora tener conto dello smorzamento, le equazioni (11.25) assumono la forma: [M] { q} + [C] {q} + [K] {q} = {Q} (11.39) con [C] matrice di smorzamento viscoso. Non si entra nel merito della valutazione di tale matrice, che non presenta aspetti significativi in una analisi dinamica lineare; basti sapere che essa deve essere assunta in modo tale che i modi di vibrare restino disaccoppiati come visto con le equazioni (11.33). Tali equazioni, tenendo conto dello smorzamento, si possono quindi porre nella forma: 2 p1 + 2 ξ ω p + ω p = - g x F 2 p2 + 2 ξω 2 2 p 2 + ω p = - g x F (11.40) pn + 2 ξn ωn p n + ω p n n = - gn ẋ F In pratica i coefficienti di smorzamento relativi ai vari modi si possono assumere eguali e pari al valore ξ. Sostituendo all accelerazione ẋ F l accelerazione sismica massima a i = S d (T i ), la generica equazione j delle (11.40) assume la forma: p + 2 ξω p + ω 2 p = - g a j j j j j j i (11.41) Risolte le n equazioni disaccoppiate del tipo (11.41), la procedura è la stessa vista nel caso in cui non si tenga conto dello smorzamento. 84

84 ANALISI SISMICA MODALE - Geometria della struttura - Caratteristiche inerziali degli elementi - Masse - Numero di modi di vibrazioni da considerare - Spettro di progetto delle accelerazioni. - Matrice delle rigidezze - Matrice delle masse - Determinazione degli autovalori ω 2 i (eq ) - Autovettori ψ (i) (11.21) - Matrice [X] degli autovettori (11.24) - Coefficienti di partecipazione modale g i (11.34) - Coordinate principali p i (11.35) - Calcolo delle risposte modali {q (i) } (11.36) - Forze d inerzia {F (i) } = [M] {ψ (i) } [g i S d (T i )] (11.38) - Calcolo delle forze d inerzia complessive (11.37) Fig

85 In definitiva, ai dati d ingresso elencati nella figura 11.16, occorre aggiungere solo il valore del coefficiente di smorzamento ξ. Al contrario, nel caso di analisi dinamica non lineare, è essenziale la definizione della matrice [C]; per tale problema si rimanda ai testi specializzati Analisi sismica modale per edifici con struttura in muratura Per gli edifici in muratura, se si accetta la schematizzazione dei maschi murari come elementi monodimensionali, esistono due possibilità nella modellazione: 1) si trascurano nel modello le fasce di piano e quindi si valuta la rigidezza di ciascun maschio murario relativo ad una parete, relativamente all altezza d interpiano, con la (11.2) ovvero la (11.4); 2) si considerano nel modello anche le fasce di piano e quindi la parete viene modellata a telaio con elementi infinitamente rigidi corrispondenti alle zone di muratura intersezione delle fasce di piano con i maschi murari, come presentato in figura La struttura spaziale dell edificio nel suo complesso nasce poi dall assemblaggio delle substrutture piane innanzi descritte. La presenza dei diaframmi rigidi di piano riduce i gradi di libertà del modello spaziale a 3 n p, con n p numero dei piani. Infatti ciascun piano può traslare secondo una coppia di assi di riferimento contenuti nel piano e con origine nel baricentro delle rigidezze R e può ruotare intorno ad un asse verticale passante per lo stesso punto (fig ); nella stessa figura G m è il baricentro delle masse. Fig Le masse relative ai pesi gravanti sulle pareti, sono concentrate nei rispettivi baricentri. La matrice delle masse riferita al baricentro delle rigidezze assume quindi l aspetto di figura

86 Fig Fig Fig

87 dove M i è la massa complessiva del piano i ed I pi il momento d inerzia polare rispetto al baricentro delle rigidezze: ' 2 ' 2 I pi = Σ [m j ( + y )] (11.42) Nella precedente espressione la sommatoria è estesa a tutte le masse del piano i, mentre con ' ' x j ed y j si indicano le coordinate della massa m j rispetto al baricentro delle rigidezze R. In modo analogo si valuta la matrice delle rigidezze che quindi prende la forma di figura Nella figura si è adottata la seguente simbologia: a) K xi è la matrice di rigidezza complessiva al piano i in direzione x, somma delle rigidezze k xi di tutte le pareti che confluiscono in detto piano e hanno la dimensione maggiore in direzione x; b) K yi è la matrice di rigidezza complessiva al piano i in direzione y, somma delle rigidezze k yi di tutte le pareti che confluiscono in detto piano e hanno la dimensione maggiore in direzione y; c) I pri è il momento d inerzia polare delle rigidezze complessivo al piano i, somma dei corrispondenti momenti d inerzia polari delle rigidezze k i di tutte le pareti che confluiscono in detto piano: ' 2 ' 2 I pri = Σ [k i ( + y )] Modellazioni più sofisticate delle pareti di un edificio in muratura sono possibili con elementi finiti bidimensionali del tipo lastra o guscio. L elemento lastra (fig a) è dotato di due gradi di libertà per nodo, traslazioni secondo due assi di riferimento contenuti nel piano dell elemento. È un elemento rappresentativo di uno stato piano di tensione con tensioni tangenziali nulle. Il campo di sforzo è costante nell elemento. L elemento guscio (lastra-piastra) di figura 11.21b è un elemento a 8 nodi dotato di sei gradi di libertà per nodo. I nodi interni possono essere anche non allineati con i nodi di spigolo ed in questo caso i lati dell elemento sono curvilinei. x j x j j j a) b) Fig

88 Fig In figura si mostra una possibile modellazione per la parete presentata in figura È possibile simulare, per la struttura spaziale di un edificio, i diaframmi rigidi di piano. Naturalmente, in ogni caso, bisogna ricorrere ad un apposito programma di calcolo. La formazione delle matrici di rigidezza e delle masse, base di partenza per una analisi sismica modale, è automaticamente eseguita dal programma per cui non è necessario entrare in dettaglio sulla formulazione di tali matrici. Occorre solo osservare che il problema si configura con un numero di gradi di libertà certamente elevato sia a causa della presenza di nodi non contenuti nei diaframmi rigidi di piano, sia in considerazione del maggior numero di gradi di libertà posseduto da un nodo di un elemento bidimensionale del tipo guscio rispetto ad un nodo di un elemento monodimensionale nel piano. Le dimensioni del problema (gradi di libertà del modello della struttura) tuttavia in genere rientrano nelle potenzialità dei programmi di calcolo disponibili ANALISI DINAMICA NON LINEARE La normativa considera, come metodo da utilizzare per l analisi dinamica non lineare, il metodo noto come Time History ovvero storia della risposta che consiste in una analisi dinamica nel dominio del tempo che fornisce la risposta in termini di spostamenti e sforzi di una struttura soggetta ad una accelerazione variabile nel tempo quale è quella sismica. Questo metodo è applicabile sia ad un modello a comportamento lineare della struttura, che ad uno a comportamento inelastico. 89

89 Per semplificare l esposizione dei criteri operativi del metodo, ci si riferisce ad un modello elastico lineare. L accelerazione variabile nel tempo è fornita da un accelerogramma, che rappresenta la registrazione delle accelerazioni nel tempo riferite ad un terremoto realmente accaduto. È possibile utilizzare anche accelerogrammi simulati. Il procedimento consiste in una prima fase in cui si esegue una analisi modale che consente di disaccoppiare le equazioni dinamiche di equilibrio: [M] { q} + [C] { q } + [K] {q} = - [M] {a ( t )} (11.43) con [C] matrice degli smorzamenti. Implicitamente quindi si considera che la risposta strutturale possa essere descritta con ottima approssimazione da un numero relativamente limitato di modi di vibrazione. La seconda fase prevede l integrazione diretta delle equazioni disaccoppiate; come metodo di integrazione si sceglie un metodo incondizionatamente stabile, come ad esempio il metodo Θ di Wilson, per il quale si rimanda alla letteratura specializzata. Suddiviso quindi il tempo di durata del terremoto in intervalli t sufficientemente piccoli, l integrazione delle equazioni disaccoppiate è ripetuta per ogni intervallo t. È richiesto un modello tridimensionale della struttura. Sono prescritti, per la rappresentazione dell azione sismica, gruppi di tre accelerogrammi diversi agenti contemporaneamente nelle tre direzioni principali della struttura. Il numero di gruppi di accelerogrammi deve essere almeno pari a 3. Altre caratteristiche degli accelerogrammi da utilizzare sono contenute al punto della {4}. Il modello non lineare può essere ad esempio un modello con degradazione della rigidezza della struttura nel tempo. Il modello costitutivo utilizzato per la rappresentazione del comportamento non lineare della struttura dovrà essere giustificato, anche in relazione alla corretta rappresentazione dell energia dissipata nei cicli di isteresi. Nel caso in cui si utilizzino almeno 7 diversi gruppi di accelerogrammi gli effetti sulla struttura (sollecitazioni, deformazioni, spostamenti, etc.) potranno essere rappresentati dalle medie dei valori massimi ottenuti dalle analisi, nel caso di un numero inferiore di gruppi di accelerogrammi si farà riferimento ai valori più sfavorevoli. Il fattore d importanza γ I dovrà essere applicato alle ordinate degli accelerogrammi. In particolare per gli edifici in muratura si prescrive quanto segue. Si applica integralmente il punto (analisi dinamica non lineare) facendo uso di modelli meccanici non lineari di comprovata e documentata efficacia nel riprodurre il comportamento dinamico e ciclico della muratura. Si può quindi concludere che il risultato di una elaborazione Time History è una registrazione completa della risposta strutturale nel tempo di durata del terremoto. Tuttavia il metodo innanzi sommariamente esposto non fornisce uno strumento agile e di facile utilizzo nella normale progettazione e viene quindi impiegato solo in casi particolari che richiedono l intervento di progettisti specializzati. Per le ragioni innanzi esposte, nel seguito non si approfondisce il procedimento con delle applicazioni. g AZIONE SISMICA ORTOGONALE AL PIANO DELLE PARETI Generalità Per gli edifici in muratura, la normativa {4} prescrive che le verifiche delle pareti soggette ad 90

90 azioni fuori del piano possono essere svolte separatamente dalle altre analisi, con le forze equivalenti previste al punto 4.9 della {4} per gli elementi non strutturali. Viene precisato che l azione sismica ortogonale alla parete potrà essere simulata considerando una forza orizzontale distribuita pari a S a γ I /q a volte il peso della parete e forze orizzontali concentrate pari a S a γ I /q a volte il peso dovuto agli orizzontamenti che poggiano sulla parete, se queste non sono efficacemente trasmesse a muri trasversali disposti parallelamente alla direzione del sisma. Negli edifici nuovi tale trasmissione può considerarsi realizzata in modo corretto; per tale ragione negli sviluppi successivi tali forze orizzontali concentrate non vengono considerate. Quindi in definitiva la forza risultante F a, valutata nel baricentro della parete, è fornita dalla relazione: F a = W a S a γ l / q a (11.44) con W a peso della parete; γ l fattore d importanza; q a fattore di struttura che si può assumere pari a 3; S a coefficiente sismico che si calcola con la formula (11.45) Nella si adotta la seguente simbologia: a g S è l accelerazione di progetto al suolo; Z è l altezza del baricentro della parete rispetto alla fondazione; H è l altezza della struttura; g è l accelerazione di gravità; T a è il primo periodo di vibrazione della parete nella direzione considerata, valutato anche in modo approssimato; per pareti con i requisiti geometrici elencati nella prima tabella del paragrafo 4.2, si può assumere T a = 0; il primo periodo di vibrazione della struttura, nella direzione considerata. T 1 S a = ag S g 3(1+ Z/H) (1 - T / T ) 2 a 1 ag S g La parete può essere modellata in uno dei seguenti modi: A) come trave ad asse verticale, incernierata agli estremi e soggetta al proprio sforzo normale (fig a); tale modellazione si considera valida se la parete non è vincolata sui suoi bordi verticali; Fig a 91

91 Fig b Fig c B) come piastra incernierata sui quattro bordi, se la parete possiede vincoli efficaci sui bordi verticali (fig b); C) come costituita da elementi finiti tipo guscio (fig c); in tal caso la modellazione consente di considerare anche pareti con aperture Valutazione del primo periodo di vibrazione della struttura Il primo periodo proprio della struttura T 1 nella direzione considerata è noto, se si è eseguita una analisi modale della struttura nel suo complesso. In caso contrario, si può ricorrere alla formula approssimata già presentata nel paragrafo : T = C H 4 ( sec. ) (11.46) dove H è l altezza dell edificio in metri dal piano di fondazione e C 1 = per edifici con struttura in muratura. 92

92 Valutazione dei periodi propri e dei momenti flettenti nelle pareti MODELLO A) È noto che la prima pulsazione del modello è fornita dalla relazione: ω 1 π = h 2 2 EI m (1 - N N crit ) (11.47) con E modulo di elasticità del materiale; I lt 3 /12; A area della sezione orizzontale = l t; γ peso specifico del materiale; m massa per unità di lunghezza della trave (lunghezza della trave = h) pari a accelerazione di gravità; 2 E I N crit = π 2 h, con g Nota ω 1, si calcola il periodo T a = 2 π ω1 Il coefficiente sismico S a e la forza F a sono forniti dalla (11.45) e (11.44), mentre il carico distribuito p = F a /h. Il momento flettente nella mezzeria della trave vale: M fl = 1 8 p h 2 γ A g MODELLO B) Per la piastra incernierata sul perimetro, trascurando a vantaggio di stabilità l effetto dei carichi verticali, la prima pulsazione del modello si valuta con la relazione: ω1 = π ( 1 h + 1 ) 2 l 2 con 3 E t B = ; 2 12 (1 - ν ) γm t µ = ( γm peso specifico della muratura, µ massa per unità di area). g 2 B µ (11.48) Nota ω 1, si calcola il periodo T a = 2 π. ω1 Il coefficiente sismico S a e la forza F a sono forniti ancora dalle (11.45) e (11.44). Il carico uniforme agente sulla piastra si ricava come segue: Fa p = l h 93

93 Per il modello piastra vincolata a cerniera sul perimetro e caricata uniformemente, in letteratura sono noti i risultati. Indicando con l x ed l y i lati della piastra, con l x l y, i momenti flettenti m cx e m cy, nella mezzeria della piastra, risultano: m cx = (c 1 + c 2 ν) p m cy = (c 2 + c 1 ν) p l x 2 l x 2 (11.49a) (11.49b) con i coefficienti c 1 e c 2 tabellati in funzione del rapporto l y /l x. MODELLO C) L analisi modale consente di valutare il primo periodo di vibrazione T a del modello agli elementi finiti. Noto tale valore si calcolano S a (11.45) e la forza F a (11.44). Tale forza viene ripartita uniformemente sul modello; una analisi statica consente di ricavare i momenti flettenti orizzontale M o e verticale M v nel centro della piastra. ESEMPIO Si vogliono calcolare i momenti al centro di una parete di dimensioni l = 3.60 m, h = 3.00 m e spessore t = 0.30 m, situata al terzo piano di un edificio (fig ) in zona 2, soggetta ad un sisma agente ortogonalmente alla parete stessa; il suolo di fondazione è di categoria C, il fattore d importanza γ l = 1. Risulta quindi: a g = 0.25 g; S = La parete presenta le seguenti caratteristiche: peso specifico γ = 1800 dan/m 3 = dan/cm 3 ; E = dan/cm 2 ; ν = 0.2. Piano di posa delle fondazioni Fig Parete investita ortogonalmente. 94

94 Il peso proprio della parete vale: = 5832 dan. La parete inoltre è soggetta ad un carico verticale in sommità pari a 3000 dan/ml. Il primo periodo proprio dell edificio è: MODELLO A) La (11.47) fornisce il valore di ω 1 : T 1 = C 1 H 1 3/4 = /4 = 0.28 sec. I = l t = cm 2 E I 6 N crit = π = dan ; N = = dan 2 h 2 5 π ω1 = 300 [ π T a = = sec ( 6 )] = rad sec -1 MODELLO B) E t B = 2 12 (1 - ν ) 3 = ( ) = ; µ = = ; 981 la ( ) consen te di ricavare: 2 = ( 1 h + 1 B ω1 π ) 2 2 = rad sec l µ e quindi T a = 2 π = sec. ω 1-1 MODELLO C) Fig Fig

95 La parete è stata modellata agli elementi finiti con elementi-guscio a 4 nodi, come presentato in figura In figura si presenta il primo modo di vibrare della parete, nella direzione considerata. L analisi modale fornisce inoltre il primo periodo proprio T a : T a = sec praticamente coincidente con il valore trovato con il modello B). ANALISI STATICA Il coefficiente sismico S a si valuta con la (11.45), la forza risultante F a con la (11.44). Con i dati del problema, risulta: a S g g Z = = ; = H MODELLO TRAVE La forza F a assume il valore: 3 ( ) S a = = F a = = 1581 dan 3 Il carico distribuito sarà quindi: p = 1581 = 527 dan/ ml. 3.0 Il momento flettente nella mezzeria della trave risulta: M fl = = 593 dan m MODELLO PIASTRA 3 ( ) S a = = F = a = 1487 dan p = 1487 ( ) = 138 dan/mq. 96

96 La tabellazione innanzi richiamata fornisce i valori c 1 = e c 2 = ; i valori dei momenti risultano quindi, per le 11.49): m cx = 74 dan m/m m cy = 56 dan m/m con m cx momento M v agente sulle fibre verticali e m cy momento M o agente sulle fibre orizzontali. MODELLO AGLI ELEMENTI FINITI 3 ( ) S a = F a = = 1487 dan p = = 138 dan/mq. ( ) L analisi statica sul modello di figura fornisce i valori dei momenti: M v = 73 danm/m M o = 55 danm/m = praticamente coincidenti con i valori forniti dal modello piastra. Per comparare il modello piastra con il modello trave si valuta il momento relativo al modello trave riferito all unità di larghezza, dividendo il momento ricavato in precedenza per la larghezza di 3.60 m, ottenendo: 593 = 165 danm/m da confrontare con il valore 73 danm/m ottenuto in direzione verticale dal modello piastra. Tale confronto evidenzia l importanza della presenza di vincoli efficaci anche sui bordi verticali delle pareti. In ogni caso dall esempio svolto risultano modesti valori dei momenti, certamente compatibili con lo spessore di 30 cm. La verifica di sicurezza relativa al modello trave verrà svolta nel capitolo successivo. 2 97

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98 12 Verifiche di sicurezza per gli edifici in muratura ordinaria GENERALITÀ Per gli edifici classificati semplici non è necessaria alcuna verifica, se non quelle previste dalla normativa {1} in assenza quindi di azione sismica e le verifiche di piano indicate al paragrafo 6.4 di questo volume. Per tutte le altre tipologie di edifici sono necessarie verifiche che si differenziano a seconda del tipo di analisi che è stata effettuata (lineare o non lineare). In questo capitolo ci si limita alla formulazione teorica relativa alle verifiche di sicurezza ed alla esemplificazione numerica per il solo caso di pressoflessione fuori del piano, mentre si rimandano al capitolo 14 esempi numerici di dettaglio VERIFICHE DI SICUREZZA PER EDIFICI STUDIATI A MEZZO DI ANALISI LINEARE STATO LIMITE ULTIMO A valle di una analisi lineare le verifiche di sicurezza richieste prevedono, indicando con R d ed E d le resistenze e le sollecitazioni di progetto allo stato limite ultimo, che risulti E d R d per i possibili meccanismi di collasso: a) pressoflessione nel piano delle pareti; b) taglio nel piano delle pareti; b1) meccanismo per scorrimento; b2) meccanismo per fessurazione diagonale; c) pressoflessione fuori del piano delle pareti Pressoflessione nel piano La verifica a pressoflessione di una sezione di un elemento strutturale è positiva se risulta M d M u, quindi si ipotizza implicitamente che si arrivi dalle condizioni di progetto a quelle di rottura con sforzo normale di progetto P d inalterato. ll momento ultimo si valuta considerando la muratura non reagente a trazione ed assumendo una distribuzione non lineare delle compressioni. Tuttavia, in analogia a quanto si considera nel caso del calcestruzzo armato, la distribuzione non lineare delle compressioni (diagramma parabola - rettangolo) può essere sostituita da una distribuzione uniforme delle compressioni agente su di una area opportunamente ridotta rispetto all area di muratura compressa. La formula fornita dalla normativa, nel caso di una sezione rettangolare, è: 1 L aggiornamento alle NTC 2008 è riportato al paragrafo B.8.

99 2 σ 0 σ0 M u = l t f d (12.1) con M u momento corrispondente al collasso per pressoflessione; l lunghezza complessiva della parete, comprensiva della zona tesa; t spessore della parete; σ 0 tensione normale media, riferita all area totale della sezione (= P d /(l t), con P d forza assiale agente, positiva se di compressione). Se P d è di trazione, risulta M u = 0. f d = f k / γ m resistenza a compressione di calcolo della muratura. Fig Con riferimento alla figura 12.1, la precedente formula (12.1) si giustifica con le seguenticonsiderazioni: la lunghezza della zona compressa è 3 u; il diagramma delle compressioni uniformi si estende per una lunghezza pari u = 2 u = 2 ( l 2 - M u P ) risulta P d = l t = 2 ( l 2 - u σ 0 Ml t ) t 0.85 f d; σ 0 dalla precedente eguaglianza è facile ricavare la formula (12.1) di normativa Verifiche a taglio per scorrimento La verifica a taglio per scorrimento corrisponde al meccanismo di rottura che si manifesta con scorrimento relativo tra le due parti in cui si può suddividere il pannello; tale fenomeno in genere si manifesta attraverso i giunti di malta. d 100

100 La {4} prevede, per gli edifici di nuova costruzione, solo tale tipo di verifica a taglio e valuta il taglio ultimo per una sezione rettangolare con la formula V t = l t f vd (12.2) con l lunghezza della parte compressa della parete; t spessore della parete; f vd = f vk /γ m f vk = f vk σ n così come stabilito nella normativa {1} paragrafo , calcolando la tensione normale media sulla sola zona compressa della sezione: σ n = P d /(l t); γ m = 2. Il criterio di crisi deriva da quello di Mohr-Coulomb; il termine f vk0 tiene conto della coesione tra malta e blocchi e 0.4 è il valore assunto per il coefficiente di attrito. In ogni caso f vk non può superare il valore 1.4 f bk, con f bk resistenza caratteristica a compressione degli elementi nella direzione di applicazione della forza, né può essere maggiore di 1.5 Mpa. Nella (12.2) si ritiene quindi che la sola zona compressa, sotto l effetto della pressoflessione, sia in grado di resistere a taglio (fig. 12.2). Fig Verifica a taglio per crisi da trazione Questo tipo di verifica non è richiesto dalla {4} per gli edifici di nuova costruzione. Al contrario, per gli edifici esistenti, questo tipo di verifica sostituisce la verifica a taglio per scorrimento in quanto meglio rappresenta il reale comportamento di tale tipo di edifici. Un pannello murario di altezza h e dimensioni in pianta l t, sollecitato sulla sezione superiore da una forza verticale eccentrica N e da uno sforzo di taglio V, vincolato con un incastro alla base e un insieme di doppi pendoli in sommità, presenta la distribuzione di tensioni tangenziali e normali di figura I valori medi di tali tensioni sono: τ med V N = ; σmed = (l t) ( l t) La tensione τ max si può esprimere in funzione della τ med : τ max = b τ med 101

101 Fig con b coefficiente che assume il valore 1.5 per una distribuzione parabolica come in figura, mentre assume il valore b =1 per una distribuzione uniforme. È stato dimostrato che si possono assumere per b i seguenti valori: a) pannelli tozzi con h/l 1: b = 1; b) pannelli snelli con h/l 1.5: b = 1.5; mentre per valori intermedi si può assumere b = h/l. Si adotta un criterio di crisi che pone un limite f t alla tensione principale di trazione, oltre il quale, facendo crescere ancora V con N costante, cominciano a presentarsi le tipiche lesioni diagonali che si sviluppano poi con gradualità dal centro verso due spigoli opposti del pannello stesso (fig. 12.4). Si indichi con σ med la tensione normale media in corrispondenza Fig della sezione baricentrica e con τ med la tensione tangenziale media nella stessa sezione: σ med = N/ (l t); τ med = V/(l t) Alle soglie della fessurazione, sia V u lo sforzo di taglio, cui corrisponde una tensione tangenziale media τ lim = V u /(l t) ed una tensione tangenziale massima pari a b τ lim. Lo stato tensionale in corrispondenza del baricentro è rappresentato dal Cerchio di Mohr di figura 12.5a. Il raggio di tale cerchio si definisce con: r = f t mentre risulta C (0.5 σ med, 0). L intersezione del cerchio con l asse τ consente di definire il valore del termine b τ lim. σ med 102

102 a) b) Fig Le tensioni f t, σ med e τ lim sono legate dalla seguente relazione: σ med 2 σ ( f + ) = ( b τ ) 2 + ( ) t 2 lim med 2 2 (12.3) che risulta evidente osservando il triangolo CPO. Sviluppando la (12.3) si ottiene successivamente: f 2 2 t + f t σmed = b τlim f 2 t τ lim σ 1 + f = f t b med t ( ) = b τ σ 1 + f ( lim ) med t 2 Il valore ultimo del taglio risulta quindi: V u = l t ft b 1 + σ f med t mentre il valore di calcolo è: V t = l t ftd b 1 + σ f med td (12.4) 103

103 con f td resistenza di calcolo a trazione per fessurazione diagonale. Tale valore si ottiene, per gli edifici esistenti, dalla corrispondente resistenza f t dividendone il valore medio (tabella 16.3 riportata in seguito) per il rispettivo fattore di confidenza e per il coefficiente parziale di sicurezza (γ m = 2). Nel caso di sforzo normale nullo il Cerchio di Mohr risulta centrato rispetto all origine degli assi e di raggio r = f t (fig. 12.5b). La (12.3) si riduce quindi nella: f t = b τ 0 (12.5) La tensione τ 0 assume quindi il significato di tensione tangenziale media nel centro di un pannello murario sollecitato da solo taglio, quando la tensione normale di trazione corrisponde al valore di rottura f t. Allo stesso modo, in presenza di taglio e sforzo assiale, la τ lim è la corrispondente tensione tangenziale media. Dalla (12.5) si ricava anche: τ 0 = f t /b (12.6) Tenendo presente la (12.5), la (12.3) si può porre nella forma: 2 σ med 2 (b τ0) + ( ) + b τ0 σmed = (b τlim ) 2 + ( 2 σ med 2 2 ) (12.7) Da tale espressione, si ricava la tensione tangenziale media di collasso, in presenza di sforzo assiale, τ lim : σ med τlim = τ0 1 + (12.8) b τ 0 Per b = 1.5 si ritrova la nota formula di Turnsek-Cacovic su cui si basa il metodo Por ed i metodi da esso derivati. Una espressione alternativa alla (12.4) è la seguente: V t = l t 1.5 τ b 0d σ τ med 0d (12.9) in cui si è posto, come da normativa, f td = 1.5 τ 0d ; τ 0d rappresenta il valore di calcolo della resistenza a taglio della muratura. Nell ipotesi che nel pannello siano presenti tiranti verticali e/o orizzontali (muratura consolidata), per cui sia necessario tener conto di tensioni orizzontali σ x e verticali σ z agenti al centro del pannello, la (12.8) si trasforma nella: τlim = τ0 1 + σ + σ + σ 1.5 τ med x z 0 σ + ( + σ ) σ med z x τ0 (12.10) in cui si è posto b = 1.5. Se V d è il taglio di progetto, la verifica consiste nel controllare che: V d V t 104

104 Pressoflessione fuori del piano Il valore del momento di collasso M u per azioni ortogonali al piano della parete si calcola assumendo un diagramma rettangolare delle compressioni con un valore della sollecitazione pari a 0.85 f d e trascurando la resistenza a trazione della muratura. Si consideri quindi una sezione trasversale di un muro e sia N d lo sforzo normale applicato ed x la dimensione della zona compressa per effetto del momento di rottura M u dovuto ad azioni ortogonali al piano della parete (fig. 12.6). Si suppone che si arrivi al collasso con valore P d = N d costante. Fig Con le condizioni di equilibrio si ricava: Introducendo il parametro N d = 0.85 f d x l t M u = 0.85 f d x l ( - x ξ = x 2 2 ) risulta: t N d = 0.85 f d ξ t l M u = 0.85 f d ξ t 2 1 ξ l ( - ) l 2 2 Le espressioni precedenti possono essere adimensionalizzate con le posizioni: (12.11a) (12.11b) In definitiva si ottiene: Nd n = 0.85 f d t l 6 Mu m = f t l d (12.12) n = ξ (12.13) m = 3 ξ (1 - ξ) Nella verifica, n è noto e quindi è noto ξ; dalla seconda delle (12.13) si ricava m e successivamente dalla seconda delle (12.12) il valore del momento ultimo M u. 105

105 Fig Il legame n - m espresso dalle (12.13) può essere graficizzato facendo variare ξ da 0 a 1, ottenendo così il dominio di rottura della muratura di figura 12.7 Per presentare un esempio risolto analiticamente, si riprende il caso della parete di figura 11.24, valutando il momento di progetto con il modello trave: M fl = M d = 593 danm. Si ipotizza un valore della resistenza caratteristica a compressione della muratura f k = 70 dan/cmq. Risulta quindi: 0.85 f d = = dan / cmq N d = = dan n = = La verifica è positiva in quanto M d < M u. m = ( ) = M u = = 1970 danm

106 Travi in muratura Le travi in muratura si configurano come elementi strutturali ad asse orizzontale di sezione hxt e luce netta l, vincolate ai maschi murari attraverso elementi di nodo schematizzati come elementi infinitamente rigidi (fig. 12.8). Fig Nell ipotesi di azione assiale di progetto nota dopo l analisi sismica, le verifiche non differiscono da quanto presentato per i maschi murari. Al contrario, quando il modello di analisi non fornisce tra i suoi risultati l azione assiale nelle travi in muratura, ad esempio nel caso di modello a telaio con solai infinitamente rigidi nel proprio piano, la verifica è possibile se in prossimità delle zone tese sono presenti elementi resistenti a trazione quali catene o cordoli. In tal caso i valori delle resistenze, corrispondenti ai meccanismi di rottura per taglio o pressoflessione, devono essere assunti non superiori a quanto in seguito presentato. a) Resistenza a taglio V t La resistenza a taglio delle travi in muratura nell ipotesi che collabori un cordolo di piano o un architrave resistente a flessione ben ammorsato ai suoi estremi nella muratura, può essere valutata in forma approssimata con l espressione: con h f vd0 V t = h t f vd0 (12.14) altezza della sezione della trave; f vk0 / γ m, resistenza di calcolo a taglio in assenza di compressione. b) Momento resistente M u e taglio ultimo V p per pressoflessione In presenza di elementi orizzontali resistenti a trazione, in grado di trasmettere alla trave in muratura una tensione orizzontale media pari a: σ 0 = H p h t (12.15) 107

107 il momento resistente M u si valuta in analogia a quanto visto per i maschi murari. La (12.1), per una trave in muratura di sezione h t, si scrive: 2 σ0 M u = h t 2 ( 1 - σ f hd ) (12.16) con f hd = f hk / γ m valore della resistenza di calcolo a compressione della muratura in direzione orizzontale ovvero nel piano della parete, in considerazione che la compressione agisce in tale direzione. Sostituendo la (12.15) nella (12.16), si ottiene facilmente la formula di normativa: M u = H h H p p ( 0.85 f h t ) (12.17) con H p valore minimo tra la resistenza a trazione dell elemento orizzontale teso ed il valore 0.4 f hd h t La resistenza a taglio per pressoflessione si può valutare con: 2 Mu V p = (12.18) l con l luce netta della trave. La resistenza a taglio per l elemento trave in muratura ordinaria sarà valutata quindi come minimo tra i valori di V t e V p. hd VERIFICHE DI SICUREZZA PER EDIFICI STUDIATI A MEZZO DI ANALISI LINEARE STATO LIMITE DI DANNO La verifica di sicurezza per lo SLD consiste nel controllo che, sotto l azione di progetto relativa a tale stato limite, gli spostamenti strutturali non producano danni tali da rendere temporaneamente inagibile l edificio. La verifica si deve considerare positiva se gli spostamenti d interpiano d r, per edifici in muratura ordinaria, rispettano la limitazione: d r < h con h altezza d interpiano. Gli spostamenti si ottengono moltiplicando gli spostamenti relativi all azione di progetto per il coefficiente d importanza VERIFICHE DI SICUREZZA PER EDIFICI STUDIATI A MEZZO DI ANALISI STATICA NON LINEARE STATO LIMITE ULTIMO Premessa A valle di una analisi statica non lineare non sono richieste verifiche di sicurezza per le pareti dell edificio. Come visto al paragrafo , la verifica consiste nel constatare che la capacità di spostamento d c dell edificio, in corrispondenza del punto di controllo, risulti almeno eguale alla domanda di spostamento d max. 108

108 Fig Tuttavia alla base del comportamento non lineare della struttura nel suo complesso si pongono i comportamenti non lineari, dovuti alla fessurazione, dei singoli maschi murari. Occorre definire, per ciascun maschio murario e per ciascuno dei tre possibili meccanismi di collasso, delle bilatere taglio-spostamento (fig. 12.9) che approssimano il legame non lineare fra tali parametri, del tipo visto in figura Come si nota dalla figura, il valore dello spostamento d e al limite elastico è fornito dalla relazione: d e = 0.9 V u k Fig

109 con k rigidezza del maschio sull altezza libera h tra le due fascie orizzontali di muratura presenti al piano (fig ), ovvero sull altezza d interpiano nel caso di mancanza di tali fascie e presenza di soli cordoli. Nel caso di figura, i maschi al primo livello hanno un altezza pari a 210 cm mentre i maschi del secondo livello hanno un altezza pari a 140 cm ovvero 230 cm se si trascura il contributo del sottofinestra alto 90 cm ma molto spesso di spessore ridotto per esigenze funzionali. La rigidezza di un generico maschio murario si determina in generale così come presentato nel caso di analisi statica lineare, con il modello alla Grinter di figura 11.4 e la formulazione (11.2) Crisi per pressoflessione nel piano Il momento ultimo, con riferimento alla figura 12.1, si calcola con la formula (12.1) assumendo f d uguale al valore medio della resistenza a compressione della muratura. Quindi nell analisi statica non lineare non si considera il coefficiente γ m (vedi {4} par ). Il taglio ultimo, con il modello alla Grinter assunto, è fornito da: Risulta quindi: V u = M u 05. h (12.19) 0.9 Vu 0.9 M u = (12.20) 0.5h con h valutata come visto in precedenza. Il valore di d u, per la {4}, si può assumere pari allo 0.8% dell altezza h per gli edifici nuovi ed allo 0.6% per gli edifici esistenti. In ogni caso, in un problema di pressoflessione, è opportuno assumere un coefficiente di duttilità: compreso tra 2 e 5. µ = d du e Crisi da taglio per scorrimento La crisi da taglio per scorrimento si manifesta in una sezione già fessurata per pressoflessione; tenendo presente la (12.2) e con riferimento alla figura 12.11, la lunghezza l della zona compressa è fornita da: l' = 3 (0.5 l - e ) con e = M u N. d Fig

110 Si ha quindi: 09. V = 0.9 l t f u ' vd (12.21) con f vd = f vm σ n ; il termine f vm0 rappresenta la resistenza media a taglio della muratura, in assenza di sforzo normale, che si può porre in mancanza di diretta determinazione nella forma: f vm0 = f vk0 / 0.7 (vedi {4} paragrafo ). In ogni caso il valore di f vd non potrà superare il valore 2.0 f bk ed il valore di 2.2 Mpa. La rigidezza k si valuta come visto per la pressoflessione. Lo spostamento ultimo d u, secondo la normativa sismica, si può assumere pari allo 0.4% dell altezza h. In ogni caso, in un problema di taglio, è opportuno assumere un coefficiente di duttilità: compreso tra 1.5 e 2. µ = d du e Crisi da taglio per fessurazione diagonale Tale criterio di crisi (crisi da trazione) può non essere considerato per gli edifici nuovi mentre necessariamente deve sostituire il criterio di crisi visto al paragrafo precedente per gli edifici esistenti. Per la valutazione del taglio ultimo sono valide le formule equivalenti (12.4) e (12.9) che per comodità si riportano di seguito: V u = V = l t t ftd b 1 + σ f med td = l t 1.5 τ b 0d σ τ med 0d Nel caso di edifici esistenti ed analisi non lineare il valore di calcolo da assumere per f td è pari al valore medio diviso il corrispondente fattore di confidenza. Qualora, per gli edifici nuovi, si voglia utilizzare anche questo criterio di crisi in aggiunta al criterio di crisi per taglio visto al paragrafo precedente, il valore di calcolo da assumere per f td è pari al valore medio di tale resistenza. La rigidezza k si valuta come visto per la pressoflessione. Lo spostamento ultimo d u si può assumere anche in questo caso pari allo 0.4% dell altezza h del pannello murario. Per questo tipo di crisi è opportuno assumere un coefficiente di duttilità µ compreso tra 1.5 e VERIFICHE DI SICUREZZA PER EDIFICI STUDIATI A MEZZO DI ANALISI NON LINEARE STATO LIMITE DI DANNO La verifica di sicurezza per lo SLD non differisce da quanto visto per strutture in muratura analizzate con analisi lineare. La verifica si deve considerare positiva se gli spostamenti d interpiano d r, per edifici in muratura ordinaria, rispettano la limitazione: d r < h con h altezza d interpiano. Da notare che, nel caso di analisi statica non lineare, gli spostamenti si ricavano direttamente dall analisi. 111

111

112 13 Verifiche di sicurezza per gli edifici in muratura armata GENERALITÀ Gli edifici in muratura armata sono costituiti da un insieme di pareti armate e da solai di piano e cordoli che devono poter essere modellati come diaframmi rigidi che collegano le pareti tra loro, nel senso specificato in precedenza. La struttura, sotto l effetto delle azioni sismiche orizzontali, deve esibire un comportamento di tipo globale con il contributo solo della resistenza delle pareti nel loro piano. Anche nel caso di edifici in muratura armata, sono previste comunque procedure di verifica differenziate a seconda del tipo di analisi effettuata (lineare o non lineare) VERIFICHE DI SICUREZZA PER EDIFICI STUDIATI A MEZZO DI ANALISI LINEARE STATO LIMITE ULTIMO Allo stato limite ultimo, dette R d ed E d le resistenze e le sollecitazioni di progetto, deve risultare per i tre possibili meccanismi di collasso: E d R d a) pressoflessione nel piano delle pareti; b) taglio nel piano delle pareti; c) pressoflessione fuori del piano delle pareti. Nella valutazione delle resistenze di progetto si terrà conto naturalmente delle armature previste e della loro posizione Ipotesi di base per le verifiche a pressoflessione nel piano e fuori del piano Le ipotesi alla base delle verifiche a pressoflessione per la muratura armata sono le seguenti: le sezioni piane restano piane dopo la deformazione; la muratura non è resistente a trazione; l armatura presenta le stesse variazioni di deformazione della muratura adiacente (perfetta aderenza); il legame tensioni-deformazioni nella muratura può presentare andamento parabolico, a parabola-rettangolo (fig. 13.1) o bilineare; il legame tensioni-deformazioni per l acciaio si presenta con una schematizzazione bilatera a trazione ed a compressione (fig. 13.2); la rottura è caratterizzata dal verificarsi di una delle seguenti condizioni indipendenti: a) eccesso di deformazione plastica nell acciaio teso; b) schiacciamento della muratura per sezione parzializzata; c) schiacciamento della muratura per compressione semplice. 1 Le modifiche che interessano questo capitolo conseguono alle ridefinizioni degli Stati limite (par. B.6.3) ed alle caratteristiche dell acciaio (par. A.9.2).

113 la condizione a) si raggiunge convenzionalmente quando la deformazione specifica dell acciaio teso arriva al valore del 10 ; le condizioni b) e c) si raggiungono quando la deformazione specifica della muratura è pari al 3.5 ed al 2.0 rispettivamente; il valore di progetto della tensione di compressione nella muratura si assume pari a 0.85 f d ; il valore di progetto della tensione di snervamento per l armatura si assume pari a f yd = f yk /1.15, con f yk tensione caratteristica di snervamento. I legami tensioni-deformazioni che derivano dalle ipotesi richiamate sono presentati nelle figure 13.1 e Fig Diagramma tensioni/deformazioni per la muratura Fig Diagramma tensioni/deformazioni per l acciaio Campi di rottura Con le limitazioni imposte alle deformazioni, le azioni agenti possono innescare nella sezione da verificare diversi meccanismi di rottura che consentono di definire differenti campi di rottura. 114

114 Fig Con riferimento ad una parete di lunghezza l e spessore t con sola armatura tesa, tali campi vengono definiti e presentati in figura Campo 1 - Il punto A è rappresentativo della massima deformazione possibile nell acciaio teso. Le possibili rette di deformazione appartengono ad un fascio passante per A e delimitato dalle rette corrispondenti ad x = - ed x = 0. Tutta la sezione risulta tesa, si è in presenza di trazione semplice o composta e quindi il campo non risulta interessante per i problemi di pressoflessione. Campo 2 - Il punto B è rappresentativo della massima deformazione accettata nella muratura (3.5 ). Le possibili rette di deformazione fanno parte di un fascio passante per A e delimitato dalle rette corrispondenti ad x = 0 ed x = d. L asse neutro interseca la sezione e quindi resistono l acciaio e la muratura compressa. Si è in presenza di pressoflessione con debole armatura; la crisi della sezione è dovuta in generale a crisi nell acciaio. Nel solo caso di x = d si ha crisi contemporanea nell acciaio e nella muratura. Infatti detto valore si ricava dalla relazione: x = d = d Campo 3 - Si riporti, in corrispondenza dell acciaio, il punto rappresentativo del valore di ε yd. Si ricorda che ε yd, deformazione dell acciaio al limite elastico, è fornita dalla relazione: ε yd = f yd E Le possibili rette di deformazione appartengono ad un fascio passante per B e delimitato dalle rette x = d ed x = x lim. Il valore di x lim si ricava dalla relazione: 3.5 xlim = d = ξlim d ε L asse neutro interseca la sezione, si è quindi sempre in presenza di pressoflessione con sezione parzializzata. La crisi della sezione è dovuta a crisi nella muratura mentre in generale l acciaio è in campo plastico (ε ε yd ) ma con deformazione minore del 10. Nel caso di x = x lim, l acciaio si trova al limite elastico (ε = ε yd ). yd 115

115 Campo 4 - Le rette di deformazione appartengono ad un fascio di rette passanti per B, con x lim x d. Anche in questo caso si è in presenza di pressoflessione con sezione parzializzata. La crisi della sezione è dovuta a crisi nella muratura, mentre in generale l acciaio è in campo elastico o al suo limite (ε ε yd ); la tensione nell acciaio risulta minore o uguale alla tensione f yd. Per x = d, l acciaio risulta non sollecitato (ε = 0). La sezione si considera a forte armatura. Campo 5 - Le rette di deformazione appartengono ad un fascio di rette passanti per B, con d x l. L armatura è in generale debolmente compressa, ovvero scarica se x = d. La sezione è quasi completamente compressa (per x < l) ovvero totalmente compressa per x = l. La crisi della sezione è dovuta a crisi nella muratura. Campo 6 - Le rette di deformazione appartengono ad un fascio di rette passanti per C, con l x. Il punto C è sulla retta corrispondente ad x = passante per il punto 2 e definito dalla sua coordinata x, fornita dalla relazione: x = l = l La sezione è quindi interamente compressa (pressoflessione con piccola eccentricità per x < ovvero compressione semplice per x = ). La crisi della sezione è dovuta a crisi nella muratura Metodo approssimato Sezione rettangolare a doppia armatura Anche per gli edifici in muratura armata la normativa consente di adottare una metodologia semplificata, basata su un diagramma di tensioni costante nella muratura compressa, con valore della tensione pari alla tensione di calcolo 0.85 f d, esteso per una profondità pari a 0.8 x (fig. 13.4). È stato dimostrato infatti che il metodo approssimato fornisce risultati del tutto accettabili per le applicazioni tecniche. Fig Con riferimento alla sezione rettangolare a doppia armatura di figura le equazioni di equilibrio assumono la forma: N u = σ s A s - σ s A s f d t 0.8 x M u = σ s A s (0.5 l - c) + σ s A s (0.5 l - c) f d t 0.8 x (0.5 l x) (13.1) 116

116 Nelle applicazioni, è conveniente porre tali equazioni in forma adimensionale, con l introduzione dei seguenti parametri: percentuale meccanica di armatura rapporto tra le armature ai bordi Da notare che, in presenza di sisma, le armature ai bordi devono essere uguali, per l alternarsi di tale azione. Risulterà quindi u = 1. livello di tensione nelle armature ' ' σs σs λs = ; λs = f f il generico valore di λ può essere espresso, in funzione della corrispondente deformazione ε λ ( ε ) = ε sforzo normale specifico allo Stato limite ultimo u n u = N, con N 0 = t d 0.85 f d N momento flettente specifico allo Stato limite ultimo M u m u = d N Si pone inoltre: ξ 0 As fyd q = t d 0.85 f yd u = A ' As = x δ d ; = c d ; l d = d +c = 1 + δ d CRISI NEI CAMPI 2 5 Per asse neutro contenuto nella sezione, 0 x l, e con l ipotesi di un diagramma a rottura nella muratura uniforme e con intensità pari a 0.85 f d, le condizioni di equilibrio sono espresse dalle (13.1). Tenendo presente che: s yd 0 d yd 1 t d 0.85 f = q A f d s yd ; l = d + c ; l 2 d - c d = 1-2 δ ; l d = 1 + δ ; (**) si passa alle equazioni in forma adimensionale dividendo i termini della prima equazione (13.1) per N 0 = t d 0.85 f d ed i termini della seconda equazione per d N 0 : n u = q ( u λ - λ ) ξ s ' s (13.2a) ' m = q ( u + ) 1 - δ u λs λs ξ ( 1 + δ ξ ) 2 (13.2b) 117

117 CRISI NEL CAMPO 6 (pressoflessione con piccola eccentricità) Per x > l e quindi con asse neutro esterno alla sezione, in analogia a quanto stabilito nel calcestruzzo armato, si utilizza un diagramma delle tensioni nella muratura di forma rettangolare (fig. 13.5), ma se ne limita l altezza ad un valore a l definito dalla relazione: α l = x l x l l Si pone inoltre, in tale campo, una limitazione alle deformazioni massime che progressivamente passano, al crescere di x, dal valore al valore 0.002, conservando sempre il valore all altezza del punto C posto a distanza 3/7 l dal bordo della sezione. Con queste premesse e con riferimento ancora alla figura 13.5, le deformazioni specifiche nei materiali risultano: ε m x ' x - c x - d = εs x - 3 ; = l x - 3 ; ε s = l x - 3 l 7 Le equazioni di equilibrio si scrivono nella forma: N u = σ' s A s + σ s A s f d t αl M u = σ' s A s (0.5 l - c) - σ s A s (0.5 l - c) f d t αl (0.5 l αl) (13.3) Tenendo presente le (**), si passa alle equazioni in forma adimensionale dividendo i termini della prima equazione per N 0 = t d 0.85 f d ed i termini della seconda equazione per d N 0, ottenendo: n u ' s = q (u λ + λ ) + α (1 + δ ) s (13.4a) m u ' = q (u - ) 1 - δ λs λ s α (1 + ) 1 - α δ 2 (13.4b) Fig

118 Domini di rottura adimensionalizzati Sulla base di quanto stabilito al paragrafo precedente è possibile definire classi di domini di rottura tracciando le relative frontiere, dette anche curve d interazione. Ciascuna classe è definita da assegnati parametri u, ε yd, δ, mentre ciascun elemento della classe è caratterizzato da un valore q della percentuale meccanica di armatura. La generica curva è tracciata per punti, facendo variare ξ e valutando n u ed m u con le (13.2) ovvero con le (13.4) a seconda del campo di crisi in cui si trova ξ. Per completezza grafica i domini sono comprensivi anche del campo 1. Si è già osservato che nelle pareti in muratura le armature A s ed A s sono necessariamente eguali per l alternarsi dell azione sismica, per cui risulta u = 1. Di seguito si ricavano i valori di ε yd per i due tipi di acciaio ad aderenza migliorata disponibili: Acciaio Fe B 38 k f yk = 375 N/mm 2 ; E s = N/mm ε yd = = 1.63 Acciaio Fe B 44 k f yk = 430 N/mm 2 ; E s = N/mm ε yd = = 1.87 Nelle figure 13.6a e 13.6b si presentano i domini di rottura per l acciaio Fe B 38 k, u = 1 e per due valori di δ, mentre le figure 13.7a e 13.7b sono relative ai domini per l acciaio Fe B 44 k. a) b) Fig

119 a) b) Fig Verifiche a pressoflessione nel piano PARETI CON ARMATURA CONCENTRATA AI BORDI Per tale disposizione delle armature si utilizzano i domini di resistenza del tipo presentato nelle figure 13.6 e 13.7, che posseggono tutti i requisiti di normativa. Sono disponibili programmi di calcolo che generano il dominio richiesto e valutano lo sforzo normale ultimo N u ed il momento flettente ultimo M u sulla base di quanto esposto ai paragrafi e Si accetta in generale l ipotesi che si passi dalla condizione di progetto caratterizzata dai valori N d ed M d alla condizione ultima lasciando inalterato lo sforzo normale N d, considerando quindi N u = N d, controllando che risulti M d M u. Si voglia ad esempio verificare la parete di figura 13.8a, realizzata con materiali con le seguenti caratteristiche: muratura con f k = 82 dan/cmq. Risulta quindi 0.85 f d = = dan/ cmq. ; armatura in acciaio Fe B 38k; A s = A s = 4.62 cm 2. 2 Per l acciaio: f yd = = 3260 dan/ cm. Fig. 13.8a 120

120 La percentuale meccanica di armatura ed il parametro δ assumono i valori: q = = δ = = Nella figura 13.8b si presenta il dominio relativo a tale verifica. Fig. 13.8b Risulta: N 0 = t d 0.85 f = = dan n = d = ; m d = d = Il punto P è rappresentativo della condizione di progetto; l orizzontale per P interseca la frontiera nel punto P 1, rappresentativo delle condizioni ultime. La coordinata orizzontale di P 1 vale: m u = Il momento ultimo è quindi: M u = = danm la verifica è soddisfatta. Si propone ora una soluzione approssimata del problema della pressoflessione nel piano, utile quando non si voglia ricorrere ai domini di resistenza. La procedura si articola nelle seguenti fasi: si ipotizza che a rottura le armature, tesa e compressa, lavorino oltre il limite elastico; tale ipotesi è plausibile per le consuete percentuali di armatura. Si ipotizza inoltre che si arrivi a rottura con sforzo normale costante N d ; 121

121 con tale ipotesi nella (13.2a) i termini relativi all acciaio, per u = 1, hanno somma algebrica nulla, per cui risulta: N d n u = = 0.8 ξ (13.5) t d 0.85 f da tale ultima espressione si ricava ξ; dalla (13.2b) si determina m u e quindi M u = m u d N 0. Si verifica ora con tale procedura la parete di figura 13.8 già verificata con il relativo dominio di resistenza. In tale esempio si ha: n u = n d = = 0.8 ξ Applicando la (13.2b) e tenendo presente che u = 1, λ s = λ s, si ottiene: m u = ( ) = M u = = dan m trovando così un valore in eccesso di meno del 3% rispetto al valore ricavato con il dominio di resistenza. PARETI CON ARMATURA DIFFUSA Per pareti con armatura diffusa si propone una soluzione approssimata basata sulla ipotesi che le barre di armatura sia tese che compresse, con esclusione di quelle più prossime all asse neutro che vengono trascurate, lavorino oltre il limite elastico. Tale ipotesi è plausibile per le normali percentuali di armatura. Si ipotizza inoltre che si arrivi a rottura con sforzo normale costante N d. In figura 13.9 si mostra una parete con armatura diffusa, con il presunto andamento del diagramma delle deformazioni in base alla prima ipotesi; si mostrano inoltre le forze in gioco. d Fig

122 Il procedimento prevede le seguenti fasi: a) si stima un valore di prima approssimazione per 0.8 x, considerando soggette a trazione il 50% delle barre e trascurando il contributo delle altre. L equazione di equilibrio alla traslazione si scrive nella forma: da cui: 08. x = N d + ( A f ) i = 1 si yd 0.85 f d t b) si calcola lo sforzo di compressione nella muratura (13.6) C m = 0.8 x 0.85 fd t (13.7) c) sulla base del valore di x che deriva dalla (13.6), si escludono le barre prossime all asse neutro e si valuta la risultante C s delle forze nelle k 1 barre ritenute attive a compressione e la risultante T delle forze nelle k 2 barre ritenute attive a trazione: 0.5 n 0.5 n d i = 1 si yd N d = 0.8 x 0.85 f t - ( A f ) d) si controlla l equilibrio: se risulta C s = ( A f ) k 1 i = 1 k 2 T = ( A f ) i = 1 si si yd yd C m + C s - T > N d (13.8) (13.9) si riduce x in proporzione. Al contrario per C m + C s - T < N d si incrementa x in proporzione; e) si ripetono gli step da b) a d) sino a quando il valore assoluto dello scarto tra due valori di x ricavati in due iterazioni successive non risulti minore di un valore ε prefissato: x j - x j-1 ε si può assumere 2% ε 5%. In generale sono sufficienti poche iterazioni; f) trovato un valore di x sufficientemente approssimato, indicando con x i la coordinata della generica barra rispetto al bordo compresso, il momento flettente ultimo M u è fornito dalla espressione: k 1 k 2 m si yd i i = 1 si yd M u = C ( l x ) + [( A f 2 i = 1 ( x - l i 2 )] ) ( l - x )] + [( A f ) 2 (13.10) Con il procedimento proposto, si vuole verificare la parete di figura

123 Fig I valori delle caratteristiche di sollecitazione di progetto sono: N d = dan; M d = dan m. Le caratteristiche meccaniche dei materiali sono: 0.85 f d = dan/cm 2 ; f yd = 3260 dan/cm 2. Con la (13.6) si trova un valore di primo tentativo per 0.8 x e quindi per x, considerando tesa il 50% dell armatura totale: 05. (A s ) = = 7.39 cmq x = = cm ; Con tale posizione dell asse neutro si escludono dalla verifica sia il ferro la cui posizione quasi coincide con lo stesso asse neutro che i due ferri (uno teso ed uno compresso) più prossimi a tale asse. Con queste precisazioni, la prima iterazione fornisce: C = = dan ; C = = dan m Σ T = ( ) 3260 = dan C + C - T = dan > N m s d Nella seconda iterazione si riduce il valore di 0.8 x del 15%: 0.8 x = = cm ; x = 75.3 cm. s x = cm. Si ha quindi: C = = dan ; C = = dan m T = ( ) 3260 = dan C + C - T = dan > N m s d s 124

124 Tale approssimazione già sarebbe sufficiente. Comunque, a scopo dimostrativo, si esegue una terza iterazione, con una riduzione del 3% del valore di 0.8 x: Con questo ultimo valore di x risulta: C = = dan ; C = = dan m C m + C s - T = 50037, valore praticamente coincidente con N d. Il momento ultimo si calcola con la (13.10): 0.8 x = = cm ; x = cm. T = ( ) 3260 = dan M u = ( ) ( ) ( ) [( ) + ( ) + ( )] = dan m La verifica è positiva in quanto risulta M d < M u Verifiche a taglio La resistenza a taglio V t si considera come somma dei contributi della muratura V t,m e dell acciaio V t,s. Per quanto riguarda la muratura, si adotta la formula: s (13.11) In tale formula: d è la distanza tra il lembo compresso ed il baricento dell armatura posta al lembo opposto; t è lo spessore della parete; f vk = f vk σ n, con σ n tensione normale media valutata sulla sezione di lunghezza d, σ n = N/(d t). Il contributo dell acciaio è poi determinato con la formula: V ts, V tm, = d t f vk γ sw yd = (0.6 d A f ) s (13.12) con d già definita in precedenza; A sw è l area dell armatura a taglio disposta nella direzione dello sforzo di taglio, con passo s misurato ortogonalmente a tale direzione. Si nota con evidenza che la (13.12) è simile alla formula di normativa che valuta il contributo delle staffe nel taglio per travi in calcestruzzo armato. Infatti anche nel caso della muratura il modello di riferimento è il traliccio di Mörsch. Una fessura diagonale a 45 (fig ) incontra n staffe orizzontali, con n fornito da: n = 0.9 d s dove s è il passo delle staffe. Il coefficiente 0.9 viene corretto poi con un coefficiente λ di origine sperimentale tale che risulti: 0.9 λ = 0.6 e quindi si giustifica la (13.12). m 125

125 Fig Ancora in analogia con il calcestruzzo armato è necessaria una verifica a compressione delle bielle di muratura. Il taglio agente non deve superare il valore: V t,c = 0.30 f d t d (13.13) con t spessore della parete; resistenza a compressione di progetto, nella direzione dell azione agente. f d Come esempio si vuole trovare il taglio ultimo per la parete di figura 13.10, con armatura orizzontale 1 φ 10 passo 40, realizzata con materiali con le seguenti caratteristiche: MURATURA: f k = 82 dan/cmq; f d = f k /2 = 41 dan/cmq; f vk0 = 2.0 dan/cmq σ n = = 5.75 dan / cmq ; f v k = = 4.3 dan / cmq ; f d in direzione orizzontale: 10 dan/cmq. ACCIAIO: Fe B 38 k con f yd = 3260 dan/cmq. Si ha quindi: V t, M = = d ( ) V t, S = = dan 40 V t = = dan Il taglio agente V t,d deve comunque risultare minore o uguale al taglio V t,c definito dalla (13.13): = = dan; V d dan. V t,c t, 126

126 Verifica a pressoflessione fuori del piano Le verifiche a pressoflessione fuori del piano si presentano come verifiche con sola armatura tesa, disposta in generale sull asse della parete (fig ). La parete ha larghezza l mentre risulta d = 0.5 t. Con le consuete percentuali di armatura, l acciaio lavora oltre il limite elastico. Si ipotizza inoltre che si arriva a rottura con sforzo normale costante N d. Fig Se si indica con A s la somma delle aree di acciaio, le equazioni di equilibrio assumono la forma: N d = 0.85 f d l 0.8 x - f yd A s (13.14a) M = 0.85 f l 0.8 x ( t d 2 - u 0.4 x ) (13.14b) Per tale problema non è necessario porre le equazioni di equilibrio in forma adimensionale. Dalla (13.14a) si ricava x: 127 (13.15) e, sostituendo il valore di x così ricavato nella (13.14b), si valuta il momento ultimo. Con tale procedura si vuole trovare il momento ultimo per pressoflessione fuori del piano, relativo alla parete di figura soggetta ad uno sforzo normale N d = dan. Considerando una muratura con f k = 82 dan/cmq ed acciaio Fe B 38 k, risulta: 0.85 f d = dan/cmq ed f yd = 3260 dan/cmq L armatura totale è: Si ha quindi, per la (13.15): Il valore di M u si ricava con la (13.14b): N d + f yd A s x = 0.85 f l 0.8 A s = = cmq x = = cm M u = ( ) = dan m 100 d

127 I principi di gerarchia delle resistenze Il principio più importante di gerarchia delle resistenze, applicabile solo per muratura armata, si realizza se si ottiene che per ogni pannello murario sia evitato il collasso da taglio in quanto sempre preceduto da una modalità di collasso per flessione. Tale obiettivo si considera raggiunto se il pannello murario risulta verificato a flessione per le azioni di progetto ed è verificato a taglio relativamente alle azioni risultanti dalla resistenza a collasso per flessione, amplificate del fattore γ Rd = VERIFICHE DI SICUREZZA PER EDIFICI STUDIATI A MEZZO DI ANALISI LINEARE STATO LIMITE DI DANNO La finalità di tale verifica, anche per gli edifici in muratura armata, è quella di garantire che per effetto dell azione di progetto relativa a tale stato limite, gli spostamenti strutturali siano tali da non produrre danni che possano rendere temporaneamente inagibile l edificio. La verifica è positiva se gli spostamenti d interpiano d r rispettano la limitazione: d r < h con h altezza d interpiano. Gli spostamenti si ottengono moltiplicando gli spostamenti relativi all azione di progetto per il coefficiente d importanza VERIFICHE DI SICUREZZA PER EDIFICI STUDIATI A MEZZO DI ANALISI STATICA NON LINEARE STATO LIMITE ULTIMO Premessa Anche per gli edifici in muratura armata sono validi i principi generali presentati al paragrafo 12.4 per gli edifici in muratura ordinaria. I possibili meccanismi di crisi vengono illustrati di seguito. Naturalmente variano, per la presenza delle armature, le modalità con cui si determinano le bilatere taglio-spostamento relative ai possibili meccanismi di collasso. La rigidezza di un generico maschio murario in generale è valutata ancora con il modello alla Grinter di figura 11.4 e la formulazione (11.2) Crisi per pressoflessione nel piano Il momento ultimo M u si determina con le procedure indicate nei paragrafi , e , assumendo f d pari al valore medio della resistenza a compressione della muratura. Il taglio ultimo, con il modello alla Grinter assunto, sarà: Mu Mu V u = (13.16); risulta quindi 0.9 V u = h 0.5 h con h valutata come già visto al paragrafo Il valore di d u per la {4}, si può assumere pari al 1.2% dell altezza del pannello Crisi da taglio Il taglio ultimo V u si valuta come somma dei contributi della muratura V t,m e dell acciaio V ts : V u = V = V + V t t,m t,s 128

128 con i valori di V t,m e V t,s forniti rispettivamente dalle (13.11) e (13.12) del paragrafo Come valori di calcolo si assumeranno i valori medi delle resistenze dei materiali. Lo spostamento ultimo d u si può assumere pari allo 0.6% dell altezza h del pannello VERIFICHE DI SICUREZZA PER EDIFICI STUDIATI A MEZZO DI ANALISI STATICA NON LINEARE STATO LIMITE DI DANNO La verifica di sicurezza per lo SLD relativa agli edifici in muratura armata non differisce da quanto visto per strutture della stessa tipologia analizzate con analisi lineare. La verifica si deve considerare positiva se gli spostamenti d interpiano d r, per edifici in muratura armata, rispettano la limitazione: d r < h con h altezza d interpiano. Da notare che, nel caso di analisi statica non lineare, gli spostamenti si ricavano direttamente dall analisi stessa. 129

129

130 14 Applicazioni 1 In questo capitolo si presentano alcuni esempi di edifici analizzati con le metodologie illustrate nel capitolo 11 ed alcune verifiche di elementi strutturali relativi a tali edifici, con le procedure illustrate nei capitoli 12 (murature ordinarie) e 13 (murature armate) ANALISI STATICA LINEARE Si vuole analizzare con tale metodologia l edificio la cui pianta al piano terra è rappresentata in figura e si ripete identica ai due piani sovrastanti, salvo lo spessore dei muri. Fig Per il paragrafo 14.1 l aggiornamento alle nuove normative è riportato al paragrafo A.9.1.

131 Fig

132 Fig Le sezioni trasversali dell edificio sono riportate nelle figure 14.2 a, b, c. Nelle sezioni sono evidenziate le cordolature in c.a. di piano e le fondazioni dirette, anche esse in c.a. Gli spessori della muratura sono pari a 0.40 ml dalla fondazione al primo impalcato e 0.30 ml dal primo impalcato alla copertura. In questo esempio si vogliono analizzare gli effetti del sisma nella direzione x, definita in figura In tale figura sono evidenziate le pareti con la dimensione maggiore nella direzione del sisma considerato e sono definite le caratteristiche geometriche di tutte le pareti al primo livello. MATERIALI Muratura di mattoni e malta cementizia tipo M 1 ; peso specifico 1800 dan/m 3. Resistenza caratteristica a compressione dell elemento f bk = 10 N/mm 2 = 100 dan/cm 2. Resistenza caratteristica a compressione della muratura f k = 6.2 N/mm 2 = 62 dan/cm 2. Resistenza caratteristica a taglio della muratura in assenza di carichi verticali f vko = 0.2 N/mm 2 = 2.0 dan/cm 2. Moduli elastici: E = 1000 f k = dan/cm 2 ; G = 0.4 E = dan/cm

133 CARICHI UNITARI A) SOLAI a 1 ) Solai ai piani: Solaio laterocementizio H = = 24 cm, i = 50 cm, b = 10 cm. p.p. soletta 0.04 x 2500 = 100 dan/mq solaio = 180 pavimento, massetto, intonaco = 110 incidenza tramezzi = carichi fissi 440 dan/mq carico utile 200 dan/mq carico totale 640 dan/mq Ai fini della valutazione dell azione sismica: G k + ψ E Q k = = 470 dan/mq. Ai fini della valutazione dei carichi verticali da combinare con l azione sismica: G k + ψ 2 Q k = = 500 dan/mq. a 2 ) Solaio di copertura praticabile Solaio laterocementizio H = = 24 cm, i = 50 cm, b = 10 cm. p.p. soletta = 100 dan/mq solaio = 180 pavimento, massetto, intonaco = 110 pendenze, imp.ne, isolamento = carichi fissi 450 dan/mq carico utile 200 dan/mq carico totale 650 dan/mq Ai fini della valutazione dell azione sismica G k + ψ E Q k = = 510 dan/mq. Ai fini della valutazione dei carichi verticali da combinare con l azione sismica: G k + ψ 2 Q k = = 510 dan/mq. a 3 ) Solaio di copertura torrino praticabile Solaio laterocementizio H = = 20 cm, i = 50 cm, b = 10 cm. p.p. soletta = 100 dan/mq solaio = 140 pavimento, massetto, intonaco = 110 pendenze, imp.ne, isolamento = carichi fissi 410 dan/mq carico utile 200 dan/mq carico totale 610 dan/mq Ai fini della valutazione dell azione sismica: G k + ψ E Q k = = 470 dan/mq. Ai fini della valutazione dei carichi verticali da combinare con l azione sismica: G k + ψ 2 Q k = = 470 dan/mq. 134

134 a 4 ) Cornicione Soletta piena in c.a. spessore 16 cm. peso proprio = 400 dan/mq ricoprimento, imperm., intonaco = carichi fissi 460 dan/mq carico utile (neve zona 2) 115 dan/mq carico totale 575 dan/mq Ai fini della valutazione dell azione sismica: G k + ψ E Q k = dan/mq Ai fini della valutazione dei carichi verticali da combinare con l azione sismica: G k + ψ 2 Q k = dan/mq B) MURATURE b 1 ) peso/mq spessore 0.30 : = 540 dan/mq spessore 0.40 : = 720 dan/mq b 2 ) peso/ml Murature perimetrali in copertura Murature non perimetrali in copertura Murature 2 impalcato Murature 1 impalcato : ( ) 540 = 1350 dan/ml : = 810 dan/ml : = 1620 dan/ml : = 1890 dan/ml C) CORDOLI Copertura e 2 impalcato: = 180 dan/ml 1 impalcato: = 240 dan/ml D) SCALA Gradini a sbalzo, pav. e intonaco = 400 dan/mq Carico utile: = 400 dan/mq Ai fini della valutazione dell azione sismica: G k + ψ E Q k = = 720 dan/mq Ai fini della valutazione dei carichi verticali da combinare con l azione sismica: G k + ψ 2 Q k = = 720 dan/mq Con tali carichi unitari si sono determinati i carichi gravanti sulle singole pareti a tutti i piani. Come esempio, si riportano nella tabella 14.1 le analisi relative al primo impalcato, con la precisazione che i pesi in detrazione sono relativi ai vuoti per porte e finestre. 135

135 Tabella 14.1 PESI 1 IMPALCATO Parete Sviluppo Peso Solaio Peso Sviluppo Peso Sviluppo Peso Peso parete parete (mq.) solaio cordoli e cordoli scale scale totale (ml.) (dan.) corn. (dan.) (ml.) (dan.) (dan.) (ml.) Pareti direzione x Pareti direzione y da 8 a Totale =

136 Peso 1 impalcato W 1 = = dan. In modo analogo si è svolta l analisi per gli altri piani, che per brevità non si riporta, ottenendo i seguenti risultati: Peso 2 impalcato W 2 = dan Peso copertura + torrino W 3 = dan Nelle tabelle 14.2a e 14.2b sono riportati i carichi progressivi per le singole pareti. Tabella 14.2a. Pesi Parete w 3 (1) dan w 2 dan w 3 + w 2 dan w 1 dan w 3 + w 2 +w 1 dan Pareti direzione x (1) comprensivo del peso del torrino Tabella 14.2b. Pesi Parete w 3 (1) dan w 2 dan w 3 + w 2 dan w 1 dan w 3 + w 2 +w 1 dan Pareti direzione y da 8 a (1) comprensivo del peso del torrino 137

137 Tabella 14.3 Parete Carico dan x i (ml) y i (ml) Parete Carico dan x i (ml) y i (ml) da 8 a Per il 1 impalcato, nella tabella 14.3, sono riportati i dati necessari per la determinazione del baricentro delle masse. Le coordinate di tale baricentro sono fornite da: x G = Σ w i x i / Σ w i ; y G = Σ w i y i / Σ w i dove le sommatorie sono estese a tutte le pareti del piano. Tali coordinate risultano: x G1 = 6.96 ml; y G1 = ml In modo analogo si ricava, per il 2 impalcato e per la copertura: x G2 = 7.02 ml; y G2 = ml x G3 = 7.20 ml; y G3 = ml Si passa ora a determinare le rigidezze per le pareti del 1 impalcato, di spessore t = 0.40 ml. ed altezza h = 3.25 ml. Si ipotizza un vincolo d incastro alla base ed un vincolo costituito da una cortina di pendoli in sommità e quindi si utilizza la (11.2). 138

138 Nelle tabelle 14.4a e 14.4b sono presentati i valori K xi e K yi di tali rigidezze. Tabella 14.4a-b Parete Lunghezza (ml) x i (ml) y i (ml) K xi (dan/cm) e e Parete Lunghezza (ml) x i (ml) y i (ml) Σ = e + 7 K yi (dan/cm) e e e e e e+6 Σ = e+7 Risulta: x R1 = 6.75 ml y R1 = ml I p1 = e

139 I valori di x R1, y R1 sono stati ricavati con la (11.5b) mentre il momento d inerzia polare è fornito dalla (11.7). L eccentricità effettiva vale quindi: e x1 = x G1 - x R1 = = 0.21 ml e y1 = y G1 - y R1 = = 0.00 ml A tali eccentricità deve essere sommata algebricamente l eccentricità accidentale pari 0.05 L, con L lunghezza dell edificio in direzione ortogonale alla direzione del sisma. Il segno dell eccentricità accidentale deve essere tale da far crescere, in valore assoluto, l eccentricità di calcolo. Nel caso di sisma in direzione x, risulta: e y1 = L y = = 1.25 ml Con procedura analoga, che per brevità non si riporta in dettaglio, si è operato agli altri piani. I risultati trovati sono presentati di seguito. 2 impalcato x G2 = 7.02 ml; y G2 = ml; x R2 = 6.73 ml; y R2 = ml Σ (k xi ) = e + 6; I p2 = e + 12 e y2 = = 1.26 ml Copertura x G3 = 7.20 ml; y G3 = ml; x R3 = 6.73 ml.; y R3 = ml Σ (k xi ) = e + 6; I p3 = e + 12; e y3 = = 1.27 ml. I coefficienti di ripartizione Rx per sisma in direzione x si valutano, per i tre piani, con le (11.9a). I risultati trovati sono riportati nelle tabelle 14.5a, 14.5b e 14.5c. Tabella 14.5a 1 Impalcato Parete K xi (dan/cm) K xi /ΣK xi y gi -y R (ml) e e Rx 140

140 Tabella 14.5b 2 Impalcato Parete K xi (dan/cm) K xi /ΣK xi y gi -y R (ml) e e Rx Tabella 14.5c Copertura Parete K xi (dan/cm) K xi /ΣK xi (ml) y gi -y R (ml) e e Rx ANALISI DELLE AZIONI SISMICHE ORIZZONTALI - STATO LIMITE ULTIMO a) L edificio è in zona 2 ed è fondato su suolo di categotia C. I dati di progetto relativi all analisi delle azioni sismiche sono quindi: a g = 0.25 g; S = 1.25; T B = 0.15 sec.; T C = 0.50 sec. 141

141 Fattore d importanza γ I = 1. Valutazione approssimata del 1 periodo proprio di vibrazione T 1 : T 1 = C H 3/4 = /4 = 0.31 sec con H altezza dell edificio valutata dal piano di fondazione. b) Fattore di struttura q. Per l edificio considerato le variazioni di massa e di rigidezza rientrano nei limiti stabiliti per la definizione di regolarità in altezza. Tuttavia la presenza del torrino, considerato in via schematica solo per il termine di peso, genera una certa irregolarità. Ciò consiglia di assumere per q la formula: q = 1.5 α u /α l valida per edifici in muratura ordinaria non regolari in altezza. Risulta α u /α l = 1.8 (edifici in muratura ordinaria a due o più piani) e quindi: q = = 2.7 c) Lo spettro di progetto S d (T e ) si valuta con la formula di normativa, che assume nel caso in esame il valore: S (T ) = a S d e g = 0.25 g 1.25 q 2.7 = g Peso complessivo dell edificio: W = dan. Taglio alla base: F h = S Te W 1 d ( ) λ = = dan g Si è posto λ = 1 coerentemente alle considerazioni svolte per il fattore di struttura. Le forze orizzontali di piano F i ed i taglianti di piano sono determinati nella tabella Si vogliono ora verificare allo SLU le pareti 1 e 6 al piano terra. Tabella 14.6 Impalcato W i (dan) z i (ml) z i W i z i W i Σ z j W j Forza di piano F i (dan) Tagliante di piano (dan) Copertura Totale Il taglio V d che compete a ciascuna parete si ottiene moltiplicando, ad ogni piano, la forza di piano F i per il relativo coefficiente di ripartizione R x contenuto nelle tabelle 14.5a, b, c e quindi sommando i vari termini. Il momento flettente è poi: M d = V d 0.5 h. Per quanto riguarda lo sforzo normale di progetto, occorre incrementare, a ciascun piano esclusa la copertura, il sovraccarico di 30 dan per mq di solaio gravante sulla parete considerata (vedi analisi precedenti). 142

142 PARETE 1 l = 240 cm; t = 40 cm V d = = dan M d = = danm P d = = dan σ 0 = σ med = / (240 40) = 2.65 dan/cmq PARETE 6 l = 440 cm; t = 40 cm V d = = dan M d = = danm P d = = dan σ 0 = σ med = / (440 40) = 3.46 dan/cmq VERIFICHE PARETE 1 f d = 62/2 = 31 dan/cmq; f vk0 = 2.0 dan/cmq Pressoflessione: 2 σ0 σ0 1 M u = ( l t ) (1 - ) 2 f 100 = ( d 2 ) ( ) = danm > M d. Taglio per scorrimento: e = M d / P d = 0.75 ml; u = = 0.45 ml; l = 3 u = 1.35 ml σ n = = 4.71 dan/cmq ; f vk = f vk σ n = 3.88 dan/cmq = V = l t f vk t 2 = dan < V - sezione non verificata d Taglio per crisi da trazione (verifica non richiesta dalla {4} e qui svolta come esempio): si assume f t = 3.0 dan/cmq; f td = 3.0/2 = 1.5 dan/cmq h / l = 3.25 / 2.40 = 1.35; b = σ med = 2.65 dan / cmq. V t = 1 = dan > V d (vedi formula 12.4) VERIFICHE PARETE 6 f d = 62 / 2 = 31 dan/cmq; f vk0 = 2.0 dan/cmq Pressoflessione: 2 σ0 σ0 1 M u = ( l t ) (1 - ) f 100 = (4 = danm > M d. Taglio per scorrimento: e = M d / P d = ml; u = = 1.46 ml; l = 3 u = 4.38 ml σ n = = 3.48 dan/cmq f vk = f vk σ n = 3.39 dan/cmq d ) ( ) = V = l t f vk t 2 = dan > V d 143

143 Taglio per crisi da trazione: Si assume f t = 3.0 dan/cmq; f td = 3.0/2 = 1.5 dan/cmq h/l = 3.25/4.40 = 0.74; b = σ med = 3.46 dan/cmq V t = = dan > V d 1.5 Sono state qui considerate, a titolo esemplificativo, le due sole pareti 1 e 6 al piano terrra scelte come campione essendo ripetitiva l estensione a tutte le pareti ed a tutti i piani. In termini di normativa la verifica di una parete va fatta sovrapponendo agli effetti del sisma in una direzione (nella fattispecie la direzione x) il 30% degli effetti relativi al sisma in direzione ortogonale (direzione y). Si osserva che gli effetti per sisma y per una parete disposta secondo x sono legati esclusivamente ai termini di eccentricità e x. In questo caso e x < e y ( = 0.88 ml contro 1.25 ml) ed inoltre occorre effettuare la riduzione al 30%, mentre il termine di rigidezza per eccentricità è di per sè piccolo rispetto al termine di rigidezza alla traslazione. Tutto ciò rende modesto, in questo caso, il termine di taglio aggiuntivo per cui restano sostanzialmente validi i valori innanzi trovati per le verifiche. A dimostrazione di quanto affermato si svolgono le analisi numeriche per la parete 1: = dan ' 0.88 V d = ( ) = 354 dan (vedi tabella 14.5a) 1.25 V d = = dan > dan L incremento di taglio è modesto e non ha conseguenze rilevanti sulle verifiche a pressoflessione; lo scarto tra V d e V t per la parete 1 rientra nei limiti consentiti per la ridistribuzione del taglio tra le varie pareti. ANALISI DELLE AZIONI ORIZZONTALI STATO LIMITE DI DANNO La verifica allo stato limite di danno consiste nel controllare che gli spostamenti della struttura, provocati dalle azioni sismiche di progetto, non producono danni tali da rendere temporaneamente inagibile l edificio. Tale verifica si può ritenere positiva se a ciascun piano gli spostamenti d r d interpiano ricavati dall analisi soddisfano, per edifici con struttura in muratura ordinaria, il limite: d r < h con h altezza del piano considerato. Nel caso in esame deve risultare: d r < = cm. Lo spettro di progetto S d (T e ) è pari allo spettro elastico ridotto di un fattore pari a 2.5, quindi: S = S 2.5 d( T e ) αg = 0.25 g 1.25 = g 2.5 Con il peso dell edificio W = dan e λ = 1, il taglio alla base F h risulta: F h = = dan Le forze orizzontali di piano F i ed i taglianti di piano sono determinati nella tabella

144 Tabella 14.7 Impalcato W i (dan) z i (ml) z i W i z i W i Σ z j W j Forza di piano F i (dan) Tagliante di piano (dan) Copertura Totale A ciascun piano i, lo spostamento medio d interpiano d rimed è pari al rapporto tra il tagliante di piano e K xi, dove con K xi si indica la sommatoria delle rigidezze di tutte le pareti aventi la direzione maggiore nella direzione del sisma. Per effetto del momento torcente M ti dovuto all eccentricità di calcolo, il piano i ruota intorno all asse verticale passante per il baricentro delle rigidezze di un angolo φ i pari a: Mti φ i = I con I pi momento d inerzia polare del piano. Lo spostamento della generica parete jx in direzione x dovuto a tale rotazione vale quindi: con (y jx - y R ) distanza, in direzione y, della generica parete dal baricentro delle rigidezze. Dovendo valutare spostamenti, è consigliabile far riferimento alle rigidezze fessurate. Le verifiche vengono sviluppate per le pareti 3 e 4, che presentano il massimo valore per (y jx - y R ) e quindi per il termine d rjx. PRIMO PIANO - PARETI 3-4 ' d rjx = (y - y φ i jx R Tagliante di piano = dan; e = = 1.25 ml; M t1 = danm d r1 med = = cm pi ) = φ 1 13 = rad d r1,(3) = = cm. SECONDO PIANO - PARETI 3-4 Tagliante di piano = dan; e = = 1.26 ml; M t2 = danm d r2 med = 6 = cm φ 2 = = rad d r2,(3) = = cm. 145

145 TERZO PIANO - PARETI 3-4 Tagliante di piano = dan; e = = 1.27 ml; M t3 = danm d r 3 med = 6 φ = = = cm d r3,(3) = = cm. Nell esempio sviluppato per le pareti 3 e 4 si ritrovano spostamenti d interpiano modesti, conseguenza della regolarità planimetrica d insieme e della buona organizzazione in pianta delle pareti che inoltre presentano modeste bucature. In definitiva, per le pareti prese in esame, gli spostamenti d interpiano risultano ampiamente al di sotto dei limiti imposti dalla normativa rad ANALISI STATICA NON LINEARE Per poter illustrare con chiarezza la metodologia da seguire nei problemi di analisi statica non lineare, si presenta un esempio relativo alla semplice parete di figura 14.4, pensata come facente parte di un edificio in zona 2 su suolo di fondazione categoria (A). La parete si sviluppa su tre piani ed è composta da tre maschi murari le cui lunghezze si rilevano in figura, collegati a ciascun piano da fascie orizzontali di altezza 1.00 ml. Maschi e fascie presentano uno spessore pari a t = 0.30 ml. Fig

146 I carichi verticali agenti sulla parete sono dovuti al peso proprio ed ai solai di piano la cui area d influenza sulla parete è larga 5.00 ml e lunga 9.1 ml. I carichi dei solai, eguali a tutti i piani, sono così fissati: carico permanente 400 dan/mq ; carico utile 200 dan/mq Le caratteristiche meccaniche della muratura sono: f k = 62 dan/cmq ; f vko = 2.00 dan/cmq ; E = dan/cmq ; G = dan/cmq. Il peso specifico della muratura è pari a 1800 dan/mc. Volendo eseguire una analisi non lineare, in conformità con quanto previsto in normativa le resistenze di calcolo si assumono pari ai valori medi delle proprietà di resistenza della muratura. I valori delle resistenze di calcolo assunti nell analisi sono riportati di seguito. a) Maschi murari pressoflessione: f d = 62/0.7 = 88 dan/cmq taglio: f vd = f vmo σ n, con f vmo = 2.00/0.7 = 2.85 dan/cmq b) Travi in muratura pressoflessione: f hd = 20 dan/cmq taglio: f vdo = 2.85 dan/cmq. Il modello a telaio della parete è presentato in figura 14.5, dove sono evidenziati i bracci rigidi orizzontali e verticali. I bracci rigidi orizzontali hanno lunghezza pari alla semilunghezza della corrispondente parete, mentre i bracci rigidi verticali hanno altezza pari all altezza delle fascie. Fig

147 Il terremoto di progetto presenta le seguenti caratteristiche: a g = 0.25 g ; S = 1; fattore d importanza = 1 Sono state considerate due distribuzioni di forze orizzontali: (A) forze proporzionali alle masse; (B) forze proporzionali al prodotto delle masse per la deformata corrispondente al primo modo di vibrazione (approssimata a quella da utilizzare per una analisi statica lineare). L analisi è stata sviluppata con un apposito programma di calcolo. Di seguito si presentano i risultati ottenuti. (A) Forze proporzionali alle masse Eseguita l analisi dei carichi, il programma fornisce un valore della massa complessiva della parete pari a: dan 2 M = 9605 sec m Tale risultato può essere facilmente controllato con la seguente analisi. COPERTURA p.p. parete: ( ) = 6048 dan p.p. travi: = 1296 carico permanente solaio: = carico utile solaio: = dan Si è applicato, al carico utile del solaio, il coefficiente riduttivo ψ E = 0.3. La massa di piano è quindi: m 3 = 28274/9.81 = 2882 dan/m sec 2 PIANI 1 E 2 p.p. parete: ( ) = dan p.p. travi: = 1296 carico permanente solaio: = carico utile solaio: = dan Si è applicato, al carico utile dei solai, il coefficiente riduttivo ψ E = = La massa di piano è quindi: m 1 = m 2 = 32957/9.81 = dan/m sec 2. La massa totale della parete assume il valore: M = m 1 + m 2 + m 3 = 9601 dan/m sec 2 praticamente coincidente con il valore trovato dal programma. DISTRIBUZIONE DI FORZE (A) In figura 14.6 si presenta la curva non lineare taglio alla base-spostamento del punto di controllo, elaborata dal programma. La curva viene troncata quando, al passo successivo, il valore del taglio alla base decresce di una quantità superiore al 20%. Le coordinate del punto terminale della curva sono: F b = F bu1 = dan ; d c = 7.23 mm 148

148 Fig Le ordinate di destra del diagramma evidenziano il rapporto taglio alla base totale/carico verticale totale. Il programma fornisce un valore della rigidezza iniziale elastica pari a dan/m. Sistema bi-lineare equivalente Il sistema bi-lineare equivalente ha massa m * definita da: m * = Σ m i φ i con Φ vettore rappresentativo del modo di vibrazione nella direzione x considerata. Per la distribuzione di forze (A), che prevede forze proporzionali alle masse, il vettore Φ risulta essere il vettore unitario di ordine 3: Φ T = [1 1 1]. La massa m * del sistema bi-lineare equivalente: m * = Σ m i φ i = Σ m i = 9605 dan/m sec 2. Il coefficiente di partecipazione assume il valore: Γ= m i φ i/ mi φ 2 = 1 i La rigidezza secante a snervamento si ottiene congiungendo l origine col punto della curva corrispondente allo 0.7 del taglio massimo ( = dan); il tratto orizzontale della bi-lineare è individuato dall eguaglianza delle aree sottese dalla curva non lineare e dalla bi-lineare. La soluzione proposta dall elaboratore è la seguente: 149

149 k * = dan/m (= % della rigidezza elastica iniziale), mentre il punto di snervamento è definito dai seguenti parametri: spostamento d * = 1.51 mm; forza F * y = dan = 0.94 F bu1 Il periodo elastico T * si calcola come segue: T * = 2 π * m k * = sec DATI DI PROGETTO Periodi di spettro: T B = sec; T C = sec; T D = sec (vedi tabella 10.1). Accelerazione al suolo a g = g; fattore di suolo S = 1; fattore d importanza γ I = 1. RISPOSTA DEL SISTEMA ELASTICO DI PARI PERIODO Risulta: T * < T B < T C. Posto η =1, la risposta del sistema elastico in termini di accelerazione è (vedi la ): Se ( T*) = a S [ 1 + T* g ( 2.5-1)] = 0.25 T La risposta in termini di spostamento è, per le 10.3 e 11.16: d e max = S e (T * ) (T * /2 π) 2 = (0.11/2π) 2 = 1.59 mm Indicando con q * il rapporto tra forza di risposta elastica e forza di snervamento risulta: q * * ( T ) = S e m * F y B * g [ ] = g = = La risposta in spostamento del sistema anelastico, considerato che T * < T C, si valuta con la (11.17): * d max = d e max * 1 + (q -1 ) T C = * * q T = mm. a) b) c) Fig

150 Lo spostamento effettivo di risposta del punto di controllo risulta: Γd * max = 1.81 mm. In definitiva si è ottenuto: domanda sismica di spostamento = 1.81 mm; capacità di spostamento allo SLU = 7.23 mm. Risultando: capacità > domanda, la verifica è positiva. Nelle figure 14.7a, b, c si mostra il progressivo degrado degli elementi costituenti la parete. Gli effetti sono dovuti al taglio per scorrimento: gli elementi in verde sono in campo elastico, quelli in giallo in campo plastico, mentre l elemento in grigio non è reagente perchè soggetto a trazione. In particolare nella figura 14.7a si nota il primo elemento entrato in campo plastico, nella figura 14.7b si presenta la situazione ad un passo intermedio dell analisi, mentre in figura 14.7c si presenta la situazione per i vari elementi strutturali allo stato limite ultimo. Per lo stato limite di danno, gli spostamenti d interpiano d r sono valutati in corrispondenza del valore del taglio alla base pari a 0.9 F bu1 = dan. I risultati sono riportati nella seguente tabella: Piano h (ml) d r (mm) d r /h Il rapporto dr/h risulta sempre inferiore al 3, la verifica è quindi positiva. DISTRIBUZIONE DI FORZE (B) Fig

151 Le masse di piano assumono i valori visti in precedenza: m 3 = 2882 dan/m sec 2 ; m 2 = m 1 = dan/m sec 2 Nella figura 14.8 si presenta la curva non lineare taglio alla base-spostamento del punto di controllo elaborata dal programma. Le coordinate del punto terminale della curva presentano i valori: F b = F bu2 = dan ; d c = 1.70 mm Il programma fornisce il valore della rigidezza elastica iniziale = dan/m. Sistema bi-lineare equivalente Il vettore Φ, rappresentativo del primo modo di vibrare (approssimato), normalizzato all unità in corrispondenza del punto di controllo, assume la forma: La massa del sistema è: Φ T = [ ] m * = Σm i φ i = = 6241 dan/m sec 2 praticamente coincidente con il valore 6244 dan/m sec 2 trovato dal programma. Il coefficiente di partecipazione assume il valore: Γ= m i φ i/ mi φ 2 = i La definizione della bi-lineare si effettua con gli stessi criteri visti per la distribuzione di forze (A). La soluzione proposta dall elaboratore è la seguente: k * = dan/m (= 100% della rigidezza elastica iniziale), mentre il punto di snervamento è definito dai seguenti parametri: spostamento d * = 1.07 mm; forza F * y = dan Il periodo elastico T* si calcola come segue: T * = 2 π * m * k = sec. DATI DI PROGETTO Periodi di spettro: T B = sec; T C = sec; T D = sec. Accelerazione al suolo a g = g; fattore di suolo S = 1; fattore d importanza γ I = 1. RISPOSTA DEL SISTEMA ELASTICO DI PARI PERIODO Risulta: T * < T B < T C Posto η = 1, la risposta del sistema elastico in termini di accelerazione è: Se ( T*) = a S [ 1 + T* g ( 2.5-1)] = 0.25 T B g [ ] = g 152

152 La risposta in termini di spostamento è: T* 2 de max = S e( T*) ( ) = ( ) 2 = 1.00 mm 2 π 2 π Il rapporto q * tra forza di risposta elastica e forza di snervamento vale: q * = = Per q * 1 risulta: d * max= d emax = 1.00 mm. Lo spostamento effettivo di risposta del punto di controllo risulta: Γd * max = 1.32 mm. In definitiva si è ottenuto: domanda sismica di spostamento = 1.32 mm; capacità di spostamento allo SLU = 1.70 mm. Risultando: capacità > domanda, la verifica è positiva. Nelle figure 14.9a, b, c si mostra il progressivo degrado degli elementi costituenti la parete. Gli effetti sono dovuti al taglio per scorrimento. In particolare nella figura 14.9a si notano i primi elementi entrati in campo plastico, nella figura 14.9b si presenta la situazione ad un passo intermedio dell analisi, mentre in figura 14.9c si presenta la situazione per i vari elementi strutturali allo stato limite ultimo. a) b) c) Fig Per lo stato limite di danno, gli spostamenti d interpiano d r sono valutati in corrispondenza del valore del taglio alla base pari a F bu2 = dan. I risultati sono riportati nella seguente tabella: Piano h (ml) d r (mm) d r /h Il rapporto dr/h risulta sempre inferiore al 3, la verifica è quindi positiva. 153

153 14.3. ANALISI DINAMICA MODALE Si presenta ora un esempio riferito ad un edificio analizzato con le procedure relative all analisi dinamica modale. L edificio deriva dall edificio presentato al paragrafo 14.1, ma in questo caso presenta un arretramento al 2 piano, come evidenziato nella relativa pianta, mentre le piante al piano terra ed al 1 piano restano inalterate. Nelle figure a, b, c, d si presentano le piante a tutti i piani, compresa quella in copertura. a) b) Fig Le sezioni A-A, B-B, C-C restano invariate e sono già state presentate nelle figure La sezione D-D, in scala maggiorata rispetto alle figure 14.10a, b, c, d, è in figura 14.10e. Gli spessori della muratura sono pari a 0.40 ml dalla fondazione al primo impalcato e 0.30 ml. dal primo impalcato alla copertura. In figura si mostra una vista prospettica dell edificio La pianta strutturale al piano terra è ancora quella presentata in figura Per i piani superiori le relative piante strutturali sono consegnate, in scala ridotta, nelle figure a, b, c. Le caratteristiche geometriche delle pareti a piano terra sono state definite in figura 14.3; per le pareti ai piani superiori tali caratteristiche per brevità non sono evidenziate. Le caratteristiche dei materiali ed i carichi unitari non cambiano rispetto all esempio del paragrafo 14.1 e comunque vengono di seguito riepilogati. MATERIALI Muratura di mattoni e malta cementizia tipo M1. Resistenza caratteristica a compressione dell elemento f bk = 100 dan/cm 2. Resistenza caratteristica a compressione della muratura f k = 62 dan/cm 2. Resistenza caratteristica a taglio della muratura in assenza di carichi verticali f vko = 2.0 dan/cm 2 154

154 c) d) e) Fig Fig

155 a) b) c) Fig

156 Moduli elastici E = 1000 f k = dan/cm 2 ; G = 0.4 E = dan/cm 2 CARICHI UNITARI a) Solai a1) Solai ai piani: carichi fissi = 440 dan/mq; carico utile = 200 dan/mq a2) Solaio di copertura praticabile: carichi fissi = 450 dan/mq; carico utile = 200 dan/mq a3) Solaio cop. torrino praticabile: carichi fissi = 410 dan/mq; carico utile = 200 dan/mq a4) Cornicione: carichi fissi = 460 dan/mq; carico utile = 115 dan/mq N.B. ai carichi utili si applicano i coefficienti riduttivi di normativa. b) Murature: Si assume un peso specifico per la muratura pari a 1800 dan/mc. I pesi dei maschi murari e delle travi in muratura vengono calcolati automaticamente dal programma utilizzato. c) Cordoli: il peso dei cordoli è conglobato nel peso delle murature. d) Scala: carichi fissi = 400 dan/mq; carico utile = 400 dan/mq. PARAMETRI DI CALCOLO PER L ANALISI DINAMICA MODALE Si è utilizzato un programma di calcolo in grado di sviluppare l analisi dinamica modale quando si sia modellata la struttura e definiti i parametri di calcolo. La modellazione della struttura è stata eseguita così come indicato al punto 2) del paragrafo , con i solai considerati infinitamente rigidi nel proprio piano. I parametri di calcolo sono descritti di seguito. Direzione del sisma: ± x, ± y. Tipo di analisi: dinamica modale 3D. Categoria del suolo di fondazione: categoria C, S = Coefficiente di amplificazione topografica: S T = Zona sismica: zona 2, a g = g. Combinazione componenti dell azione sismica: sommare ai massimi per l azione sismica agente in una direzione, il 30% dei massimi ricavati per l azione sismica applicata in direzione ortogonale. Coefficiente di smorzamento viscoso: ξ = 5%. Fattore di struttura: q = = 2.7. Fattore d importanza: γ I = Eccentricità accidentale al piano i: e ai = ± 5% della dimensione massima del piano in direzione ortogonale a quella dell azione sismica. Rigidezze: si sono considerate le rigidezze fessurate, assunte pari al 50% delle rigidezze elastiche. Metodo di calcolo degli autovalori: metodo di Jacobi generalizzato. Numero di modi da calcolare: 12. Numero di modi da considerare: un numero di modi la cui massa partecipante complessiva sia superiore all 85%. Metodo di combinazione dei modi: radice quadrata della somma dei quadrati se ciascun modo differisce almeno del 10% da tutti gli altri; in caso contrario si utilizza la combinazione quadratica completa. Tipo di edificio: nuovo, coefficiente parziale di sicurezza γ m = 2.0. Ridistribuzione del taglio: applicare la tecnica di ridistribuzione del taglio in caso di verifica non soddisfatta, rispettando i massimi di riduzione e di aumento di normativa. Numero max. di cicli di verifica: 10. Verifiche di resistenza: 157

157 a pressoflessione complanare; a taglio per scorrimento. Risultati dell analisi Modale - SLU Numero gradi di libertà dinamici: 12 Numero di modi calcolati 12 - Numero di modi effettivamente considerati: 5 Coefficienti di partecipazione Modo X Y Z Modo Autovalore (rad/sec) 2 Frequenza cicli/sec Periodo sec Masse modali efficaci Totale progressivo % X Y Z X Y Z I risultati relativi ai sette modi successivi calcolati sono riportati di seguito. Modo Autovalore (rad/sec) 2 Frequenza cicli/sec Modo Coefficienti di partecipazione X Y Z Periodo sec Masse modali efficaci Totale progressivo % X Y Z X Y Z

158 Nelle figure 14.13a, b, c, d, e si mostrano i primi 5 modi di vibrazione dell edificio, riferiti all impalcato a quota 6.50 ml. a) b) Fig a-b Come si rileva dalle figure 14.13a e b i primi due modi eccitano le masse a vibrare in direzione y. Rispetto a tale direzione l edificio non presenta irregolarità di rilievo in pianta od in altezza e quindi non si innescano moti torsionali. Dalle figure 14.13c e d si rileva che i modi 3 e 4 eccitano le masse a vibrare in direzione x. Rispetto a tale direzione l edificio presenta irregolarità sia in pianta che in altezza e quindi si innescano moti torsionali dell edificio stesso. Infine il modo 5 eccita le masse a vibrare ancora in direzione y. I modi di vibrazione sono naturalmente in accordo con i relativi coefficienti di partecipazione. Risolto il problema dell analisi modale, il programma fornisce le caratteristiche della sollecitazione di progetto per le pareti allo SLU e le verifiche a pressoflessione ed a taglio. I risultati numerici di tali verifiche evidenziano quanto segue: 1) tutte le pareti sono verificate a pressoflessione; 2) tutte le pareti sono verificate a taglio per scorrimento, ad eccezione della parete 31 che presenta un rapporto V t /V d molto minore di 1 al primo piano tra le quote ml e ml. 159

159 c) d) Fig c-d Quest ultimo risultato è spiegabile con il modesto valore del carico verticale agente, conseguente alla specifica conformazione altimetrica. Per sanare tale situazione la soluzione più semplice è quella di armare la parete in oggetto per la sua intera altezza, dalla fondazione a quota In figura si presenta, per la parete 31, una sezione verticale tra le quote e con le armature proposte. Si esegue ora la verifica a taglio per scorrimento per la citata parete, con le armature di figura. Dall analisi svolta, risultano i seguenti dati: N = 7855 dan; V d = dan. La resistenza a taglio V t è somma dei contributi della muratura V t,m e dell acciaio V t,s. I valori di V t,m e V t,s si valutano con la (13.11) e la (13.12) che di seguito si richiamano. Risulta: f vk0 = 2.0 dan/cm 2 ; σ n = N/(d t) = 0.67 dan/cm 2 ; f vk = = 2.27 dan/cm 2 ; e) Fig e 160

160 Fig = d t f = = dan d A sw fyd = s 40 vk V t, M γm V ts, = = dan in tale ultima espressione si è assunto f yd = 3260 dan/cm 2 (acciaio Fe B 38 k). La resistenza a taglio assume il valore V t = dan. La verifica è positiva in quanto risulta V d < V t. Occorre ancora effettuare la verifica (13.13); si assume come valore della resistenza a compressione di progetto nella direzione orizzontale f d = 10 dan/ cm 2. Si ha quindi: V t,c = 0.30 f d t d = = dan. Risultando V d < V t,c, anche questa verifica è positiva. Una diversa soluzione per sanare la situazione trovata per la parete 31, non considerando la possibilità di armare la parete stessa, si può trovare operando sui valori di spessore, resistenza e carico verticale della parete. In particolare l aumento di tale carico è ottenibile variando la tessitura del campo di solaio compreso tra le pareti 13, 31, 16, 15, 30; questa modifica non dovrebbe comportare riduzioni sensibili di carico nelle pareti 15 e 16 in particolare, che restano comunque gravate dal peso del parapetto e del cornicione. Per stabilire un confronto con le analoghe pareti dell edificio verificato con l analisi statica lineare, si sono prescelte le pareti 1 e 6 al piano terra, che per i due fabbricati si trovano in condizioni simili di carico verticale. Si considerano i risultati per sisma in direzione x. Nelle analisi eseguite al paragrafo 14.1 i valori delle caratteristiche della sollecitazione sono: PARETE 1 l V d M d = 240 cm; t = 40 cm. = = dan = = danm 161

161 P d σ 0 = = dan = σ med = / (240 40) = 2.65 dan/cmq. PARETE 6 l V d M d P d σ 0 = 440 cm; t = 40 cm. = = dan = = danm = = dan = σ med = / (440 40) = 3.46 dan/cmq. Nel caso dell edificio relativo a questo esempio i valori forniti dall elaboratore sono invece: PARETE 1 l V d σ 0 = 240 cm; t = 40 cm = 9276 dan; M d = danm; P d = dan = σ med = 2.49 dan/cmq PARETE 6 l V d σ 0 = 440 cm; t = 40 cm = dan; M d = danm; P d = dan = σ med = 3.91 dan/cmq VERIFICHE PARETE 1 f d = 62/2 = 31 dan/cmq; f vk0 = 2.0 dan/cmq Pressoflessione: 2 σ 0 σ0 1 M u = l t f 100 = = danm > M d d = Taglio per scorrimento: e = M d / P d = 0.50 ml; u = = 0.70 ml; l = 3 u = 2.10 ml σ n = = 2.85 dan/cmq f vk = f vk σ n = 3.14 dan/cmq 3.14 V t = = dan>v d 2 VERIFICHE PARETE 6 f d = 62 / 2 = 31 dan/cmq; f vk0 = 2.0 dan/cmq Pressoflessione: 2 σ 0 σ0 M u = l t f = danm > M d d = = 162

162 Taglio per scorrimento: e = M d /P d = ml < l/ σ n = = 3.91 dan/cmq f vk = f vk σ n = dan/cmq V = t 2 = dan>v d Per quanto riguarda lo stato limite di danno il programma calcola gli spostamenti d interpiano per ciascuna parete dovuti alle azioni sismiche corrispondenti a tale stato limite. In uscita è riportato il massimo di tali spostamenti d r ad ogni piano. Il rapporto d r /h tra il massimo spostamento d interpiano e l altezza h di piano deve risultare minore del 3. I valori trovati sono riportati nella seguente tabella: Piano h (ml) Parete d r (mm) d r /h Si desume quindi che tale verifica è soddisfatta. 163

163

164 Parte Seconda Edifici esistenti

165

166 15 L edilizia esistente. Quadro generale Fig Armonie cromatiche e strutturali nella Medina di Tripoli, in Libia

167 15.1. INTRODUZIONE Il consolidamento è arte antica: diuturna e paziente, parca e mirata, ha seguito la vita dell uomo nelle continue vicende di offese belliche e di miglioramenti difensivi, di frane e di alluvioni, di terremoti e d incendi, di desideri d immagine e di delusioni esecutive, di innovazioni e d insuccessi costruttivi, di mutazioni sociali e di maggiori esigenze, ed in un continuo adattamento fra la tradizione del costruire ed il progredire delle tecniche e dei materiali impiegabili, alla ricerca della massima affidabilità dei risultati e della minima spesa possibile. Dal punto di vista operativo, i provvedimenti tecnici d intervento possono essere raggruppati in funzione degli obiettivi proposti: aumento della resistenza degli elementi strutturali, ivi inclusa la riparazione di danni preesistenti; inserimenti di nuovi elementi resistenti nel tessuto costruttivo esistente (quali: architravi, contrafforti, pareti, catene, ecc); riduzione delle azioni sull organismo di fabbrica, in particolare dei carichi, o degli effetti prodotti. Quanto alle cause di danno, numerosi e svariati possono esserne i tipi. Non infrequenti sono, ad esempio, situazioni di danno prodotte da impreviste azioni esercitate dalla vegetazione: quali alberature di forte sviluppo che vengono a sollecitare elementi murari col tronco o con le radici. Un caso esemplare è documentato in figura 15.2a: trattasi di un pilastro in mattoni a 3 teste, posto in un angolo di una recinzione muraria, che sorregge in sommità una pianta rampicante il cui eccessivo sviluppo ne ha provocato il dissesto, consistente in un marcato ribaltamento ed in un incipiente scorrimento (evidenziati nello schema grafico di rilievo diretto, riportato nella figura 15.2b). Il meccanismo di crisi mostra il binomio di effetti flessione-scorrimento indotti dalle due componenti di carico: peso e tiro. In generale si può stilare un elenco delle principali, più frequenti, cause di danno, avvenuto o temuto, che possono affliggere in tutto o in parte l opera architettonica in studio. Senza esaurire le molteplici possibilità di cause si possono elencare: i cedimenti fondali differenziali, ascrivibili al terreno di fondazione o alla fondazione stessa; lo sbilanciamento delle spinte esercitate da archi e volte, o da terrapieni; le modifiche o alterazioni del tessuto murario o degli elementi costitutivi in generale; le vibrazioni o urti ripetuti, specie se prodotti da operazioni effettuate nel corpo murario; le azioni esercitate dalla vegetazione; l esecuzione non rispondente alle regole dell arte, in particolare sottodimensionamento degli elementi costruttivi o scadente qualità dei materiali impiegati nella costruzione; le variazioni nelle condizioni di conservazione; le variazioni dei carichi d esercizio; le sopraelevazioni o ampliamenti; le azioni sismiche. Non sono da escludere a priori possibilità di sovrapposizione, eventualmente anche non in concomitanza, di più cause. Gli effetti prodotti, sempre più marcati quanto peggiori sono le condizioni di manutenzione e conservazione dell opera architettonica in esame e quanto più elevato è lo stato di sollecitazione nei singoli elementi strutturali, possono costituire il dato di partenza per risalire alla causa o alle cause che li hanno prodotti. Nel seguito della trattazione ci si soffermerà in particolare sulle azioni sismiche, che costitui- 168

168 Fig. 15.2a Fig. 15.2b 169

169 Legenda: 1 Meccanismo di ribaltamento della porzione di parete compresa tra le due bucature al livello superiore 1 Meccanismo di ribaltamento della porzione superiore della parete 3 Meccanismo di collasso parziale per effetto del martellamento della trave di colmo 4 Meccanismo di ribaltamento dell intera parete frontale 3 Meccanismo di collasso della parete priva di tiranti Fig

170 Fig scono la più temibile origine di danno, limitandosi ad accennare alle problematiche connesse all individuazione delle cause ed alla determinazione delle condizioni di sicurezza. Come noto, le azioni sismiche si esercitano in corrispondenza delle masse dell organismo di fabbrica e sono, dunque, distribuite su ogni componente costruttivo: ciò richiede una conveniente sicurezza non solo a carattere globale (che riguarda, cioè, la struttura nel suo insieme) ma anche a carattere locale in ogni porzione costruttiva. Il danno conseguente ad una manifestazione sismica può essere graduato a seconda dell intensità del sisma e delle condizioni locali, e va da dissesti variamente distribuiti (lesioni, distacchi, sfilamenti parziali, fuori piombo, ecc), a crolli di porzioni costruttive (travature, porzioni di pareti, materiali di finitura, ecc), a crolli totali. A titolo esemplificativo, lo scenario di danno può essere convenientemente descritto dai cinque meccanismi 1 della figura 15.3, relativi all elemento di testata di una schiera di fabbricati per abitazione in un centro urbano. L immagine della figura 15.4, relativa ad un edificio del centro storico di Villamaina (Avellino), ne mostra una concreta attuazione a seguito del terremoto del 1980; gli effetti del sisma, in questo caso, sono stati amplificati dalla specifica tipologia a putrelle e voltine del solaio di sottotetto; tessuto parallelamente alla facciata, e quindi già di per sé non in grado di effettuare un azione di ancoraggio, esercitava su quest ultima le azioni di spinta delle voltine murarie: azione che resta comunque una causa secondaria, rispetto alla mancanza di ammorsatura della facciata con i muri ortogonali (meccanismo di 1 modo). 1 Rielaborati da: Sicurezza e conservazione dei centri storici. Il caso Ortigia [39]. 171

171 S. Pietro S. Pietro S. Agostino Meccanismi nel piano Meccanismi nel piano Sfondamento della parete laterale della facciata dell arco trasversale per martellamento e spinta dell arco Fig

172 Analogamente, per un edificio sacro, qui rappresentato nella tipologia caratteristica delle chiese di Gubbio, un possibile scenario di danno è descritto nella successiva figura 15.5; ai meccanismi illustrati corrispondono, in basso, i danni effettivamente prodotti dai sismi del 1984 e del Anticamente si cercava di fare fronte a possibili situazioni di danno applicando le regole dell arte con provvidenze specifiche per le zone sismiche, incentrate nel ricorso a: murature compatte e di congruo spessore, disposte a reticolo nelle due direzioni e bene ammorsate fra loro; architravature in legno su tutte le aperture praticate nei muri, per una conveniente lunghezza; dormienti in legno o in pietra inglobati nella muratura, all imposta di travature isolate nei muri; collegamento o fasciatura dei muri mediante catene in ferro o legno; collegamento delle travi di solaio ai muri; puntellature murarie a contrasto (archi); orizzontamenti a volta limitati al solo piano cantinato; sagomatura a scarpa dei muri di facciata; limitate altezze complessive. Insieme con rifacimenti a scuci e cuci di porzioni murarie, le provvidenze indicate venivano anche a costituire il patrimonio d intervento per sanare i danni da sisma e rinforzare i fabbricati. L intero capitolo 15, infine, è indirizzato alla conoscenza dell organismo costruttivo dell opera architettonica in esame, nelle sue varie componenti costitutive: non solo attraverso l osservazione diretta in situ (15.4), ma anche per mezzo della delineazione costruttiva legata alle specifiche normative e regole tecniche vigenti (15.3), all utilizzazione di materiali da costruzione conseguente anche alle disponibilità locali, alle innovazioni tecnologiche introdotte nella produzione edilizia (15.5). Largo spazio è dedicato alla descrizione di costituzione e consistenza, innestate sulla regola dell arte cioè sul patrimonio di conoscenze condensato in regole di proporzionamento dettate dalla secolare esperienza del costruire. Regole, poi, articolate e adattate ad una molteplicità di situazioni derivanti ad esempio dalla specifica localizzazione geo-topografica dell opera, dalle tradizioni locali, dal carattere proprio dell opera stessa, dalle disponibilità economiche, da eventuali esigenze difensive, ecc. La presentazione di numerosi esempi ed illustrazioni è pertanto rapportata a preparare l investigatore alla pluralità di situazioni conseguente agli effetti sopra indicati, pur nell inquadramento generale della regola dell arte; parimenti, la descrizione qualitativa è costantemente accompagnata dalle regole di dimensionamento tratte dalla manualistica disponibile, a sua volta risultante sia dall esperienza che dalle regole del sapere conseguenti al progresso delle conoscenze scientifiche RICADUTE NORMATIVE E NUOVA CLASSIFICAZIONE SISMICA 1 Le motivazioni all origine di un intervento di consolidamento su un organismo di fabbrica in muratura, in particolare su un fabbricato storico, possono consistere nella manifesta necessità di effettuare: la riparazione di danni rilevati; l adeguamento preventivo a prestazioni di tipo ambientale o di tipo funzionale: queste ultime conseguenti a maggiori carichi, in tipo o entità, o a diverse, rispetto alle originarie, esigenze distributive. 1 Questo paragrafo va integrato con quanto riportato al paragrafo B.9.2 relativamente alle NTC

173 Le linee operative e la consistenza dell intervento su fabbricati in muratura sono già definite al titolo II della normativa tecnica di base per edifici del tipo considerato e valida in generale: il già citato D.M.LL.PP. 20 novembre 1987, Norme tecniche per la progettazione, esecuzione e collaudo degli edifici in muratura e per il loro consolidamento. Tali norme fissano le basi del corretto procedimento, che deve scaturire nel dettaglio da una spontanea sensibilità e cultura del progettista. Nel testo vengono preliminarmente specificati i casi in cui si rende obbligatorio un intervento di consolidamento, identificati in sintesi nel: a) sopraelevare o ampliare l edificio 2 ; b) apportare variazioni di destinazione che comportino incrementi dei carichi originari superiori al 20%; c) trasformare l organismo edilizio mediante un insieme sistematico di opere; d) rinnovare e sostituire parti strutturali dell edificio in modo da alterarne il comportamento globale; e) reintegrare l organismo esistente nella sua funzionalità strutturale. Viene poi stabilito che l indirizzo progettuale deve scaturire dallo studio preliminare dell organismo edilizio; lo studio è volto a determinare: le caratteristiche architettoniche, strutturali, di destinazione d uso del fabbricato nella situazione esistente (stato attuale); l evoluzione, nel tempo, delle dette caratteristiche; il comportamento strutturale della compagine costruttiva e l accertamento delle cause e dei meccanismi di formazione degli eventuali dissesti in atto, con particolare riferimento al sottosuolo di fondazione. Nel dettaglio delle operazioni preliminari, viene precisato che il progetto deve essere basato sui risultati delle seguenti attività: rilievo, atto ad individuare lo schema strutturale nello stato attuale; valutazione delle caratteristiche di resistenza degli elementi strutturali interessati dall intervento e della sicurezza nello stato attuale, avendo riguardo alla degradazione dei materiali ed alla presenza di dissesti in atto; scelta dei provvedimenti tecnici d intervento; verifica di sicurezza nello stato di progetto. Nella definizione dello schema strutturale, la qualità della costruzione viene in particolare riferita ad un adeguata rigidezza dei solai, nel proprio piano, e ad efficaci collegamenti sia tra questi ultimi e le pareti murarie sia tra le pareti murarie stesse (collegamenti lungo l orizzontale e lungo la verticale rispettivamente). Nella definizione degli obiettivi che gli interventi si propongono, vengono evidenziati l aumento della resistenza degli elementi strutturali e l inserimento di nuovi elementi resistenti; ad essi si aggiunge: la riduzione delle sollecitazioni, ove possibile, in particolare dovute ai carichi verticali. Nel testo normativo specifica attenzione è dedicata alle strutture di fondazione che possono non essere coinvolte dall intervento di consolidamento, su motivato giudizio del progettista, quando coesistano le condizioni: 2 Sopraelevazione è l aumento, rispetto allo stato attuale, dell altezza di parte o dell intero edificio. Ampliamento è l aumento di altezza delle sole parti di edificio più basse rispetto alle altre, senza aumento dell altezza nello stato attuale. 174

174 siano assenti dissesti attribuibili a cedimenti fondali (affidabilità del sistema fondale); a seguito degli interventi previsti in progetto restino sostanzialmente invariati i meccanismi di trasferimento dei carichi al terreno; siano assenti, parimenti, rilevanti variazioni di pesi e sovraccarichi del fabbricato; non sussistano modifiche in atto all assetto idrogeologico del sito della costruzione che possano influenzare la stabilità delle fondazioni. La nuova normativa tecnica relativa alle costruzioni antisismiche, la già citata Ordinanza P.C.M. n del 3 maggio 2005, conferma la validità del testo normativo precedentemente richiamato e, al capitolo 11, prende in esame gli edifici esistenti; in particolare in 11.5 considera gli edifici in muratura. In tale ambito sono specificati, con riguardo alle azioni sismiche, i casi in cui occorre eseguire valutazioni di sicurezza sismica ed effettuare interventi di adeguamento. Si tratta sostanzialmente degli stessi casi elencati da a) a d) dalla normativa {1}, che vengono a costituire un esempio di adeguamento a prestazioni di tipo ambientale. Al di fuori dei casi elencati, l eventuale intervento è mirato al miglioramento antisismico inteso come raggiungimento, per mezzo dell intervento di consolidamento, di un maggiore grado di sicurezza nei confronti delle azioni sismiche: maggior grado di sicurezza del quale è richiesta la dimostrazione. Per gli edifici di speciale importanza artistica (Legge 2 febbraio 1974, n. 64, art. 16) l esigenza della tutela giustifica la deroga dalle prescrizioni normative. Si richiede, però, che vengano calcolati i livelli di accelerazione al suolo (corrispondenti al raggiungimento di ciascuno degli stati limite previsti per la tipologia strutturale dell edificio) nelle condizioni attuali e nelle condizioni dopo l intervento. La valutazione della sicurezza è riferita a due possibili stati limite della costruzione, così delineabili (si veda il paragrafo 16.1): stato limite ultimo, corrispondente in generale a danni rilevanti degli elementi strutturali che possono produrre anche il collasso di parti del fabbricato; stato limite di danno, corrispondente alla manifestazione di danni di modesta entità; ed è rapportata al grado di conoscenza raggiunto con le operazioni di analisi e di rilievo dell opera architettonica nel suo insieme EVOLUZIONE NORMATIVA: IL La situazione normativa nell Italia pre-unitaria e di fine 800: disposizioni antisismiche tradizionali, ripercussioni ad oggi Le fonti archivistiche e documentarie relative al consolidamento, in specie antisismico, di singoli edifici dissestati forniscono un quadro sufficientemente ampio degli interventi storici di consolidamento e prevenzione. Trattasi in sostanza di operazioni affidate a maestranze esperte e basate sulla regola dell arte, suffragate dalla tradizione costruttiva e descritte dai trattatisti: le tecniche sostanzialmente già introdotte nel paragrafo A livello di pianificazione, il primo regolamento per l edilizia in zone sismiche Norme tecniche ed edilizie per ricostruire le case distrutte fu predisposto dal Governo napoletano il 20 marzo 1784, a seguito del terremoto che nell anno precedente aveva devastato la Calabria. Le norme furono redatte sulla falsariga delle corrispondenti emanate a Lisbona dopo il terremoto del 1755, in particolare per quanto riguarda l introduzione dell intelaiatura lignea per gli edifici murari, dei limiti di altezza dei fabbricati, dei minimi di larghezza delle strade. Peraltro queste due ultime disposizioni erano già state poste in essere in un precedente documento 175

175 Consiglio ed istruzioni fatte dal vicario generale duca, che fu di Camastra, col voto dell ill.mo Senato, e corpo ecclesiastico, per la nuova reedificazione della città emanato dal Governo siciliano il 28 giugno 1694 per la ricostruzione della città di Catania colpita dal sisma del Le norme del 1784 codificarono in particolare il ricorso al sistema costruttivo cosiddetto baraccato che aveva dato buona prova di sé tanto a Lisbona quanto, in singoli casi, in Italia (a Nocera Calabra, a L Aquila, nel Beneventano); trattasi di un intelaiatura spaziale in legno, costituita da montanti, travi e diagonali, le cui maglie venivano richiuse dalla muratura: evoluzione dell opus craticium romana e delle costruzioni del nord Europa. Anche il Governo pontificio emanò specifiche norme antisismiche Regolamento edilizio da osservarsi per le fabbriche nel comune di Norcia il 17 novembre 1859, introducendo una chiara distinzione tra fabbricati da restaurare e fabbricati di nuova costruzione. Le volte, in particolare, potevano essere conservate fino al piano terreno e dovevano essere strette da catene metalliche; nelle nuove costruzioni invece erano ammesse solo negli ambienti sotterranei e la forma doveva essere a tutto sesto semicircolare, a botte, a vela, a schifo; in chiave lo spessore doveva farsi di 25 cm e, per le volte di maggiore estensione, non inferiore a 1/18 del diametro con rinfianco eseguito fino a 1/3 della monta per non gravare eccessivamente la volta. Fortemente consigliato, ma non prescritto, il sistema baraccato per le nuove costruzioni sull esempio di quelle che già esistono e che hanno tanto bene resistito alla forza de tremuoti. Lo spessore dei muri non poteva essere inferiore ai 60 cm, facendo ricorso a pietra di tipo stratiforme, di qualità resistente e di dimensioni non piccole; era escluso il ricorso ai ciottoli; sui fronti esterni era prescritta una leggera conformazione a scarpa nel rapporto 1/20. Le murature in mattoni, altrove consigliate per la loro solidità, non erano prese in considerazione, perché estranee alla tradizione costruttiva locale. Era, infine, prescritto il buon collegamento dei muri esterni ai divisori onde formino una massa tutta unita. Nell Italia unificata dell ultimo quarto del XIX secolo, si succedettero due emanazioni normative: il Regio Decreto 29 agosto 1884, Regolamento edilizio per i Comuni dell isola d Ischia danneggiati dal terremoto del 28 luglio 1883 ed il Regio Decreto 13 novembre 1887, Regolamento contenente le norme per la costruzione ed il restauro degli edifici nei comuni liguri danneggiati dal terremoto del 22 febbraio In generale le norme confermarono le precedenti, modificandole e specificandole ulteriormente in rapporto alle tradizioni locali nei materiali da costruzione e nelle tecniche esecutive. Disposizioni solo apparentemente contrastanti (numero di piani, spessori e composizione delle murature, ecc.) vanno interpretate alla luce del rispetto delle tradizioni costruttive e delle difficoltà negli approvvigionamenti di materiali non disponibili in loco. Così ad esempio le norme del 1887 consentivano l impiego di ciottoli e di pietrame nella costituzione delle murature purché si provvedesse ad effettuarne la legatura con corsi di mattoni o di altro materiale squadrato La normativa antisismica del secolo scorso, dopo i grandi terremoti del primo novecento (Messina, 1908; Marsica, 1915) Si riportano stralci di documenti normativi di specifica rilevanza, il primo dei quali è costituito dal Regio Decreto 18 aprile 1909, n. 193 portante norme tecniche ed igieniche obbligatorie per le riparazioni, ricostruzioni e nuove costruzioni degli edifici pubblici e privati nei luoghi colpiti dal terremoto del 28 dicembre 1908 e da altri precedenti elencati nel R.D. 13 aprile 1909 e ne designa i Comuni. 176

176 La normativa è riferita ai Comuni, espressamente riportati in apposito elenco, ricadenti nelle tre province calabresi e nella provincia di Messina. Al titolo I della normativa tecnica, Nuove costruzioni, vengono fornite le regole costruttive antisismiche che da un lato introducono la regola dell arte e dall altro portano in luce le modalità costruttive in uso nelle zone considerate dal R.D.; ad esempio si stabilisce che: l altezza dei nuovi fabbricati, determinata dal massimo dislivello fra la linea di gronda ed il piano circostante, non può eccedere 10 m; l interpiano non può eccedere 5 m; il sistema costruttivo deve prevedere un ossatura di membrature di legno, di ferro, di cemento armato, o di muratura armata, capaci di resistere contemporaneamente a sollecitazioni di compressione, trazione e taglio; negli edifici col solo piano terreno è ammessa anche la muratura ordinaria; per gli edifici in muratura ordinaria le fondazioni debbono essere costituite da muri continui concatenati fra loro; la pressione statica unitaria sul terreno non roccioso non può eccedere i 2 kg/cm 2 ; è vietata la muratura a secco e quella con ciottoli, se non convenientemente spaccati e posti in opera con struttura listata; è pure vietato l impiego della ghisa e di qualunque altro materiale fragile per travi, per colonne e in genere per parti essenziali dell organismo resistente degli edifici; è vietato l uso delle volte impostate al di sopra del suolo; sono ammesse quelle del piano sotterraneo, purché con saetta non minore del terzo della corda, e munito di tiranti per elidere le spinte. Al titolo III, Riparazioni, vengono fornite regole coerenti con le precedenti stabilendo preliminarmente che le riparazioni organiche, intese cioè a modificare o consolidare le strutture resistenti degli edifici o di qualche loro parte essenziale, debbono corrispondere, per quanto è praticamente possibile, alle norme di cui ai titoli precedenti, tenuto presente quanto è disposto negli articoli seguenti; ad esempio si stabilisce che: le volte esistenti negli edifici da riparare sono tollerate, a condizione espressa che non siano lesionate, o non siano impostate su muri lesionati o strapiombanti, e sempre quando sia provveduto ad eliminare le spinte coll apposizione di robuste cinture, chiavi e tiranti. In ogni caso però dovranno sostituirsi con strutture non spingenti le volte in sommità degli edifici, a più piani; si debbono sostituire le scale di muratura o a sbalzo, con scale di legno o sopra intelaiature, salvo il caso in cui i gradini poggiano su due muri maestri; si debbono sostituire i tetti spingenti con altri senza spinte; l altezza degli edifici danneggiati deve essere ridotta a quella stabilita nei precedenti articoli; si debbono ridurre gli aggetti, le cornici, i balconi e le strutture sovrastanti i piani di gronda e disporre le condotte e le canne di scarico di qualsiasi specie in modo da non intaccare le murature, anzi da permetterne l integrazione, ove l indebolimento sia avvenuto; le murature comunque lesionate, che presentano strapiombo o si manifestano eseguite coi sistemi esclusi dai precedenti articoli, nonché quelle in cui si nota fessuramento diffuso, debbono essere demolite. È vietato l impiego di archi di muratura per puntellamento o collegamento dei muri; gli edifici lesionati e non costruiti col sistema intelaiato o baraccato, elevantisi oltre il piano terreno, previamente ridotti ove occorra, devono essere rafforzati da montanti di legno, di ferro o di cemento armato, infissi solidamente a incastro nelle fondazioni, continui fino alla sommità dell edificio e rilegati fra loro da cinture al piano della risega di fondazione, e a quelli del solaio e della gronda, in modo da formare un armatura a gabbia. I detti montanti debbono essere collocati almeno in corrispondenza di tutti gli spigoli dell edificio e in 177

177 ogni caso a distanza non maggiore di 5 m l uno dall altro. Le cinture debbono essere riunite con le travi del solaio, prolungandone una almeno ogni 3 m, impalettata esternamente. A carattere generale, cioè per l intero territorio nazionale e non più circoscritti alle zone colpite da sisma, sono i successivi documenti tecnici. Regio Decreto Legge 13 marzo 1927 n. 431, Norme tecniche ed igieniche di edilizia per le località colpite dai terremoti. Viene fornito, per la prima volta, un elenco delle località sismiche divise in due categorie in relazione al loro grado di sismicità, ed alla loro costituzione geologica. L altezza massima degli edifici è stabilita, rispettivamente per la prima e per la seconda categoria, in 10 m per due piani ed in 12 m per tre piani. In merito alle riparazioni restano sostanzialmente le prescrizioni precedentemente stabilite, senza differenze tra le due categorie, con l indicazione generica di riportarsi, per quanto possibile, alle caratteristiche fissate per le nuove costruzioni. In particolare restano le legature verticali ed orizzontali per gli edifici lesionati, come restano le prescrizioni relative alle volte murarie (contenimento delle spinte; demolizioni ai piani alti). Legge 25 novembre 1962 n. 1684, Provvedimenti per l edilizia con particolari prescrizioni per le zone sismiche. L altezza massima fuori terra degli edifici è stabilita, per le due categorie sismiche considerate, in 7,50 m (due piani) ed in 11 m (tre piani) rispettivamente; per la costituzione delle murature è richiesto l impiego di mattoni o blocchi, pieni, legati con malta cementizia. In merito alle riparazioni, le norme non si discostano sostanzialmente dalle precedenti emanazioni. Legge 2 febbraio 1974 n. 64, Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche. Costituisce, per tutto il restante arco temporale del 900, il documento-base per la progettazione strutturale degli interventi di costruzione o di consolidamento dei fabbricati in generale. Al titolo I vengono fissati gli argomenti trattati nelle norme tecniche di successiva emanazione, con il meccanismo dei Decreti Ministeriali: a) criteri generali tecnico-costruttivi per la progettazione, esecuzione e collaudo degli edifici in muratura e per il loro consolidamento; b) carichi e sovraccarichi e loro combinazioni, anche in funzione del tipo e delle modalità costruttive e della destinazione dell opera; criteri generali per la verifica di sicurezza delle costruzioni; c) indagini sui terreni e sulle rocce, stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, criteri generali e precisazioni tecniche per la progettazione, esecuzione e collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione; d) criteri generali e precisazioni tecniche per la progettazione, esecuzione e collaudo di opere speciali, quali ponti, dighe, serbatoi, tubazioni, torri, costruzioni prefabbricate in genere, acquedotti, fognature; e) protezione delle costruzioni dagl incendi. Al titolo II vengono stabiliti i criteri e le definizioni generali delle norme per le costruzioni in zona sismica, norme da specificare con successivi Decreti Ministeriali e da aggiornare periodicamente secondo le occorrenze. D.M. 3 marzo 1975, Norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche. Costituisce la prima emanazione di Decreti Ministeriali sull argomento specifico, succedutisi con continuità fino al

178 Per gli edifici in muratura vengono stabilite regole di proporzionamento di carattere costruttivo; in particolare l altezza massima (specificata, per la prima volta, a seconda del tipo di struttura) viene stabilita in 7,50 m ed in 11 m per le due categorie sismiche mentre gli spessori minimi delle pareti sono fissati, sempre con riferimento alle due categorie dette, in 40 cm ed in 30 cm oppure in 50 cm ed in 30 cm rispettivamente per costituzione in mattoni (o blocchi) oppure in pietrame. Quanto agli interventi di riparazione scompaiono, in particolare, le prescrizioni di demolizione delle volte ai piani più alti e di incatenamento con chiavi e tiranti delle rimanenti ai piani più bassi (se i muri sono adatti a sostenerne anche le spinte); solo nel caso di considerevoli stati di lesione o di palese insufficienza delle murature di supporto se ne prescrive la demolizione, consentendone la ricostruzione ove lo richiedano esigenze funzionali o estetiche La tradizione operativa: considerazioni e confronti La tradizione costruttiva documentata, quale risulta dalle emanazioni legislative dal 1694 al 1962, è basata sull osservazione dei danni subiti dagli edifici in occasione dei terremoti; le prescrizioni tecniche che ne conseguono sono espresse come regole costruttive in termini di consistenza e di proporzioni da conferire alle parti costruttive del fabbricato da realizzare. Le stesse regole, per quanto riguarda i criteri d intervento, sono riversate sulle costruzioni da consolidare, con gli ovvi adattamenti conseguenti al dovere operare su un edificio già realizzato (spesso, da molto tempo). Nel rapporto proposizione normativa/osservazione dei danni di frequente si notano modifiche e sostituzioni e, spesso, reinserimenti di prescrizioni: in una continua ricerca mirata ad ottenere il massimo risultato in termini di sicurezza. Nel prospetto cronologico-comparativo della tabella 15.1 sono elencate quelle che erano le regole diffuse nella cultura antisismica dell epoca per la riparazione degli edifici danneggiati Tabella 15.1 AVVISO DI ENTRATA IN VIGORE DELLE NORME Dispositivi antisismici specificati ) Catene di ferro per eliminare la spinta nelle volte e negli archi no sì sì sì no no sì sì sì 2) Sostituzione delle volte con i solai no no sì sì sì sì sì sì sì 3) Catene di ferro per collegare murature lesionate o con no sì no no no sì sì sì sì funzione cerchiante 4) Speroni murari o conformazione a scarpa no no sì no no no no no no 5) Archi di contrasto no no no no no no (*) (*) (*) 6) Risarcitura delle murature lesionate mediante cuci e scuci no no no no no sì sì sì sì Dispositivi riscontrati nelle fonti d archivio Dispositivi non riscontrabili nelle fonti d archivio 7) Indicazioni sulle modalità d esecuzione delle opere no no sì sì sì sì sì sì sì secondo la regola d arte (**) 8) Sostituzione dei tetti spingenti no no sì no sì sì sì sì sì 9) Demolizione dei piani alti no no no no no no sì sì no 10) Sostituzione delle scale in muratura o a sbalzo no no no no no sì sì sì sì 11) Riduzione degli aggetti no sì no no no sì sì sì sì 12) Ingabbiamento dell edificio no no no no no no sì sì sì (*) La norma vieta espressamente gli archi per puntellamento o collegamento di muri. (**) Anche se non costituisce un vero e proprio dispositivo antisismico, questa indicazione è rilevante nella prevenzione dei danni relativi al sisma. 179

179 da terremoti e ne sono evidenziate le successive conferme o variazioni. I sì indicano l esplicito riferimento alla specifica regola. Ne risulta una conferma per alcune tecniche, restate continuamente in vigore e venute a costituire l insieme di quelle tecniche tradizionali che oggi concentrano in sé gli aspetti di economicità, di affidabilità, di minima invadenza e, spesso, di reversibilità 3. In particolare, si rileva da tempo la scomparsa dell impiego di archi di contrasto e, più recentemente, del ricorso alla demolizione dei piani più alti come metodologia generalizzata d intervento Le esperienze jugoslave, il metodo POR. L evoluzione delle conoscenze: dalle regole costruttive tradizionali all accertamento della sicurezza Il terremoto nell area macedone della città di Skopje (1963) ed il terremoto di Banja Luka (1969) segnarono l inizio di una stagione di studi sul comportamento, fino al collasso, delle murature. Fondamentali, in proposito, risultarono le esperienze di Turnsek e Cacovic (1970) e di Tomazevic e Turnsek alle quali fece séguito un attività di ricerca sempre più marcata in Italia. Le analisi di resistenza alle forze orizzontali vennero effettuate su un macroelemento strutturale costituito da un pannello murario rettangolare di spessore t (maschio murario) soggetto a forze agenti nel piano medio del pannello stesso, una forza verticale ed una forza di taglio orizzontale, e vincolato con incastro fisso alla base e con incastro scorrevole (glifo) in sommità, secondo il modello strutturale a shear-type (alla Grinter). Le modalità di prova consistettero nel mantenere costante, su un prefissato valore, il carico verticale e facendo variare la forza orizzontale per cicli alternati d intensità crescente fino alla rottura, ogni serie di cicli essendo composta da 5 alternanze. Parametri dello studio: qualità della muratura, rapporto dimensionale altezza/base, valore del carico verticale in rapporto all area della sezione orizzontale; variabili dello studio: forza e spostamento orizzontali (diagramma costitutivo). I risultati vennero espressi come tensione tangenziale ultima (in funzione di un parametro intrinseco della muratura, la tensione tangenziale caratteristica, e di un parametro di carico costituito dalla tensione media di compressione al centro del pannello), come moduli elastici nella schematizzazione a bilatera del diagramma costitutivo, come valore dello spostamento orizzontale ultimo (duttilità). Fra gli anni 70 e 80 furono svolti numerosi studi sull argomento; nell ambito anche del Progetto Finalizzato geodinamica del CNR vennero effettuate ricerche sul comportamento sperimentale e teorico su modelli semplificati in scala di costruzioni murarie e prove comparative diagonali su pannelli murari prima e dopo il rinforzo. Individuati i meccanismi di collasso delle pareti murarie sotto sisma, venne messo a punto il metodo POR, successivamente aggiornato e corretto, per la determinazione delle condizioni di sicurezza di fabbricati a struttura muraria dotati di collegamenti orizzontali indeformabili ai vari piani Gli interventi su larga scala nel territorio italiano Interventi su larga scala per il consolidamento antisismico dei centri storici colpiti dal sisma sono stati effettuati per: il centro storico di Ancona, dopo il sisma del 1972; 3 Termine, quest ultimo, da interpretare come più oltre specificato. 4 Evidentemente per la disponibilità di tecniche d intervento più ampie ed affidabili e per la diffusione di specifici criteri di analisi strutturale. 180

180 i centri storici dell area friulana, dopo il sisma del 1976; i centri storici della regione irpino-lucana dopo il sisma del Se ne effettua qui di séguito una breve descrizione critica che evidenzia il percorso tecnico e culturale compiuto nel settore del consolidamento antisismico dei centri storici. Soprattutto del passaggio dal paziente operare su singoli edifici a mezzo di limitate operazioni tratte dall arte del costruire, alla necessità di provvedere, con una sicurezza sempre più portata alla quantificazione numerica tipica delle opere dell ingegneria, al consolidamento in vaste aree ed in centri abitati con una rapidità sempre più adeguata ai tempi ed alle attese emergenti. Il rione Capodimonte si sviluppa su una delle alture che dominano il porto della città di Ancona e ne costituisce una parte del centro storico. Le strade principali del rione, collegate fra loro da un sistema di poche e strette strade trasversali, salgono dalla spina dei corsi seguendo le linee di massima pendenza del terreno e convergono verso la sommità del colle; di conseguenza gli edifici si sviluppano essenzialmente su lunghe schiere di fabbricati disposti a gradoni, a semplice o doppia fila. La vocazione tradizionalmente abitativa rende poco frequenti edifici con caratteri monumentali, presenti invece in altre zone del centro storico e particolarmente nel rione Guasco San Pietro. Il numero di piani degli edifici è generalmente pari a 3 o 4 nella parte alta del rione mentre è decisamente maggiore, fino a 6 o 7, nella zona più bassa. L impianto costruttivo originario, comune a tutti i fabbricati del rione, è caratterizzato da numerosi muri trasversali, sui quali poggiano gli elementi di piano, quasi ovunque costituiti da solai in legno a semplice orditura e raramente da volte murarie, da due muri longitudinali di facciata (su strada e su corte interna, per gli edifici organizzati su doppia fila), da rari e parzialmente estesi muri longitudinali intermedi, in genere disposti a sostenere la struttura in legno delle scale. I muri di facciata presentano una o al più due file di aperture per ciascuno dei campi, mediamente larghi da 4 m a 5,50 m, delimitati dai muri trasversali. La costituzione delle murature, generalmente ricoperte da intonaco, si ripete in tipo e qualità con le medesime caratteristiche per quasi tutto il rione: le pareti murarie longitudinali sono in mattoni pieni, a più teste le laterali di facciata, ad una testa le intermedie delle scale, mentre le trasversali sono in muratura a sacco, con fodere in mattoni marcatamente o del tutto scollegate fra loro e riempimento caotico per il nucleo interno. Alla base i muri penetrano nel terreno, costituito da un masso compatto ed omogeneo di argille preconsolidate, per piccole profondità e con modeste riseghe di fondazione. Già prima delle manifestazioni sismiche, gli edifici si presentavano in cattivo stato di conservazione non solo per le condizioni di degrado delle murature e di vetustà degli orizzontamenti, ma anche per difetto di collegamento dei muri lungo gli spigoli, scarsezza di fondazione, consistenza intrinseca. Combinando questa situazione con le caratteristiche dell impianto costruttivo è facilmente immaginabile il quadro dei dissesti presenti dopo il sisma. L intervento di consolidamento antisismico è stato individuato dalle esigenze di facile estendibilità e adattabilità, di miglioramento delle caratteristiche delle murature, di realizzazione di efficaci collegamenti fra i singoli muri e fra questi ed i solai. L indirizzo seguito è stato il ricorso ad estesi rifacimenti degli orizzontamenti mediante solai a struttura mista di laterizi e cemento armato ed il rinforzo generalizzato delle murature, previo allargamento delle fondazioni, mediante iniezione del corpo murario e rivestimento con intonaco cementizio armato (tecnica questa già in uso in Italia per il rinforzo di pareti murarie fin dai primi decenni del Novecento, poi estesamente sperimentata in Sudafrica per gli edifici in muratura danneggiati dal Boland earthquake nel 1969). Prelievi di campioni murari di medie dimensioni, a rinforzo eseguito, pur limitati in numero, hanno fornito indicazioni concordanti sia sulla diffusione delle malte (cementizie) iniettate nel corpo murario sia sulla resistenza a compressione raggiunta (valutata in 50 kg/cm 2 circa, più che doppia dell originaria). 181

181 In termini di sicurezza rispetto ai terremoti, si osserva che il rifacimento dei solai, con travetti in cemento armato passanti attraverso il corpo murario, oltre a interrompere le altezze per i muri trasversali ne effettua il collegamento ai muri longitudinali. La presenza dell intonaco armato sulle due facce delle pareti trasversali genera in queste ultime un comportamento a telaio solai-pareti che le porta a collaborare con le pareti di facciata, abbastanza distanti fra loro, per quanto detto, nella resistenza alle azioni del sisma. La quantificazione della sicurezza rispetto al sisma è stata pertanto effettuata con riferimento alle norme sismiche vigenti per le nuove costruzioni (la Legge prima, il D.M poi). L esecuzione dei lavori è stata effettuata per successivi stralci di finanziamento e completata nell arco temporale di 12 anni circa; a distanza di circa 20 anni dall ultimazione, lo stato di conservazione si presenta soddisfacente. In definitiva, l intervento ha operato su un tessuto edilizio omogeneo e sostanzialmente privo di emergenze architettoniche specifiche fatta eccezione per alcuni palazzi nobiliari (quale, ad esempio, il palazzo Malacari del XVII secolo e per il quale l intervento ha assunto una specifica connotazione). L intervento di consolidamento nell area friulana si è sviluppato su una zona più vasta, rispetto al caso precedente, ma caratterizzata da un lato da numerose emergenze architettoniche (edifici di culto, in particolare) e dall altro da una sostanziale uniformità costitutiva di murature in pietrame calcareo ed orizzontamenti in legno ed ha operato con provvedimenti forti, anch essi caratterizzati da una elevata ripetibilità e da una marcata tipizzazione. Trattasi, in sostanza, di interventi di iniezione del corpo murario, di collegamenti con perforazioni armate, di applicazione di lastre cementizie armate, di rifacimenti di solai, di esecuzione di cordolature in breccia e di innesti a coda di rondine, di allargamenti fondali. L accertamento della sicurezza è stato effettuato con i nuovi procedimenti messi a punto attraverso le ricerche teoriche e sperimentali sviluppatesi, in Italia ed all estero, sotto l incalzare delle urgenze di protezione dai sismi, fattisi sempre più frequenti e dannosi. Primo documento organico, per la progettazione strutturale, fu il D.T della Regione Friuli-Venezia Giulia Raccomandazioni per la riparazione strutturale degli edifici in muratura nel quale erano confluite le conoscenze tecniche dell epoca. Il documento è articolato in 4 capitoli che considerano i vari aspetti della progettazione. Sono definite le tecniche d intervento che ad esempio contemplano, per le pareti murarie: iniezioni di malta cementizia, lastre di calcestruzzo armato, perforazioni armate, armature post-tese. Interventi, tutti, fortemente invasivi. Sulla base di prove sperimentali su pannelli murari di grandi dimensioni sono determinate le caratteristiche meccaniche dei principali tipi di muratura, quali riscontrabili nell area friulana e, più generalmente, nel territorio italiano. Sono forniti i valori ultimi della tensione tangenziale ed i moduli elastici nel comportamento ciclico, espressi mediante formule empiriche interpolate dai risultati sperimentali. Le azioni sismiche sono rappresentate mediante una distribuzione di forze statiche orizzontali H poste alle varie quote e rappresentate dalla relazione: H = KW di diretta proporzionalità al peso W alla quota considerata; K è un coefficiente espresso dalla: K = 0,20 C 1 C 2 dipendente, attraverso i due coefficienti che assumono, ciascuno, valori compresi fra 1 e 1,3, dalla risposta meccanica ed idrogeologica del terreno e dalle caratteristiche di struttura morfotettonica e di ubicazione del sito. 182

182 Sono considerati tre stati limite (elastico, di fessurazione, di rottura) per i quali è richiesto un margine di sicurezza in termini, rispettivamente, di 1,10-1,15-1,20. Sono introdotti due metodi di verifica: VeT e POR; quest ultimo è presentato in un dettaglio di applicazione per impiego con calcolatore elettronico. Sono infine forniti particolari costruttivi riportati in 9 tavole e riferiti a fondazioni, muri da collegare, aperture da riquadrare, coperture in legno, ancoraggi. L intervento nella zona apulo-irpino-lucana colpita dal sisma del 30 novembre 1980 ha interessato un area ancora più ampia, coinvolgendo, con danni rilevanti e diversamente estesi, l edilizia muraria dei centri storici e l edilizia in cemento armato o mista delle espansioni urbane. Il documento-base è costituito dal D.M. 2 luglio 1981 Normativa per le riparazioni ed il rafforzamento degli edifici danneggiati dal sisma nelle regioni Basilicata, Campania e Puglia, documento espressamente riferito alle zone colpite dal terremoto del 1980 ma successivamente fatto proprio da numerose Regioni italiane per la riparazione dei danni o per l adeguamento antisismico degli edifici. Trattasi di un insieme organico di disposizioni tecniche che da un lato riflettono la cultura costruttiva e le regole tradizionali e dall altro confermano il ricorso ai procedimenti di accertamento della sicurezza tipici delle nuove costruzioni. I criteri di scelta progettuale devono scaturire da uno studio preliminare dell organismo edilizio, in particolare riferito a: a) le caratteristiche, nella situazione preesistente al sisma, sotto il profilo architettonico, strutturale e della destinazione d uso; b) l evoluzione storica delle predette caratteristiche con particolare riferimento all impianto edilizio originario ed alle principali modificazioni intervenute nel tempo; c) l analisi globale del comportamento strutturale al fine di accertare le cause ed il meccanismo del dissesto; d) l analisi di dettaglio delle caratteristiche dei singoli componenti strutturali. I provvedimenti tecnici da adottare sono distinti, a seconda dell obiettivo da raggiungere, in: provvedimenti intesi a ridurre gli effetti sismici (riduzione delle masse non strutturali, creazione ed adeguamento dei giunti, riduzione degli effetti torsionali, ridistribuzione delle rigidezze) e provvedimenti intesi ad aumentare la resistenza della struttura dissestata. Per la verifica sismica degli edifici in muratura, rapportata allo stato ultimo di resistenza, si fa riferimento alle forze statiche equivalenti la cui risultante è valutata con l espressione: F = 4 C W in cui W è il peso complessivo dell edificio in studio. Le forze sono distribuite con legge triangolare sull altezza dell edificio; il peso alle varie quote è determinato effettuando la riduzione dei carichi accidentali, come indicato dalle norme del D.M. 3 marzo Sono considerate efficaci, ai fini della resistenza alle forze orizzontali, le pareti murarie investite nel proprio piano dalle azioni sismiche; il comportamento degli elementi murari, valutato a singoli maschi oppure a telaio, è elasto-plastico con controllo della duttilità, tenendo conto della deformabilità a taglio ed a flessione. Per l aumento della resistenza di un singolo elemento murario viene fatto riferimento, in via generale, ad uno dei seguenti provvedimenti: risarciture localizzate, iniezioni di miscele leganti, applicazione di lastre in cemento armato o di reti metalliche elettrosaldate e betoncino, inserimento di pilastrini in cemento armato o metallici in breccia nella muratura, tirantature orizzontali e verticali, con l avvertenza che interventi localizzati sono esclusi come unico metodo di consolidamento, se non inseriti in un sistema organico generale di riorganizzazione della struttura muraria. 183

183 Si stabilisce poi che devono essere eliminati indebolimenti locali della muratura in prossimità di innesti e di incroci delle pareti (presenza di canne fumarie o vuoti d altro genere); in caso di irregolare distribuzione delle aperture nelle pareti, quando non sia possibile effettuarne la chiusura con muratura ben ammorsata all esistente si deve provvedere alla cerchiatura dei vani interessati mediante telai in acciaio o in calcestruzzo armato collegati alla muratura con perforazioni armate. La quantificazione numerica delle caratteristiche meccaniche dei vari tipi di muratura è riferita ai valori caratteristici (da intendere non in senso statistico, ma come tipici delle diverse costituzioni) elencati nella tabella 15.2 e nella tabella 15.3 qui di seguito riportate. Tabella 15.2 Tipo di muratura τ k (t/m 2 ) σ k (t/m 2 ) MURATURE NON CONSOLIDATE NON LESINATE Mattoni pieni Malta bastarda Blocco modulare (con caratteristiche rispondenti alle prescrizioni D.M ) (29 x 19 x 19 cm) Malta bastarda Blocco in argilla espansa o calcestruzzo Malta bastarda Muratura in pietra (in presenza di ricorsi di mattoni estesi a tutto lo spessore del muro, il valore rappresentativo di τ k può essere incrementato del 30%) a) pietrame in cattive condizioni b) pietrame grossolanamente squadrato e bene organizzato c) a sacco in buone condizioni Blocchi di tufo di buona qualità MURATURE NUOVE Mattoni «pieni» con fori circolari Malta cementizia Rm 1450 t/m 2 Forati doppio UNI rapp. vuoto/pieno = 40% Malta cementizia Rm 1450 t/m MURAT. CONS. Mattoni pieni, pietrame squadrato, consolidate con 2 lastre in calcestruzzo armato da cm 3 (minimo) Pietrame iniettato Murature in pietra a sacco consolidate con due lastre in cls armato da cm 3 (minimo) G, E = i moduli elastici del materiale di cui è costituito il pannello murario. In assenza di dati sperimentali si pone E/G = 6, con G = 1100 τ k (t/m 2 ). Tabella 15.3 Tipo di muratura µ = spostamento ultimo ammissibile spostamento al limite elastico In pietra non trattata 1.5 In pietra iniettata 1.5 In laterizio preesistente 1.5 In laterizio nuovo 2 In pietra o laterizio con tiranti o rete e betoncino 2 184

184 15.4. L EDILIZIA STORICA E L EDILIZIA RECENTE Considerazioni introduttive Le caratteristiche di un organismo di fabbrica storico possono differire notevolmente dalle corrispondenti di un analogo organismo recente, essenzialmente per la costituzione delle murature, fortemente ancorata alla disponibilità in sito di materiali ed alla tradizione costruttiva locale e spesso risultante da una sorta di accostamento di paretine diversamente costituite 5, e per la consistenza degli orizzontamenti che raramente materializzano i piani rigidi collegati ai muri 6. Le pareti perimetrali del Duomo di Orvieto (Terni) forniscono un esempio di costituzione disuniforme, ma bene organizzata, dei muri nel senso dello spessore. Detta struttura infatti presenta murature di forte spessore (dell ordine dei 2 m) costituite da due paramenti in blocchi regolari di trachite e travertino, disposti per filari alternati, e da un nucleo interno in blocchi di tufo parimenti regolari e sufficientemente collegati ai paramenti. Nucleo e paramenti appaiono posti in opera insieme e non in diverse fasi successive. Ciò è risultato dalle introspezioni effettuate, sia attraverso le esistenti e numerose buche pontaie sia per mezzo di specifici sondaggi ottici che hanno tutti evidenziato la perfetta corrispondenza dei giunti di malta orizzontali, e confermato dall esame costitutivo delle attese murarie poi non proseguite. Ad esempio sul fronte nordest si presenta la situazione illustrata nelle due foto di figura 15.6 e nel relativo schema di disposizione dei blocchi che fornisce, sia pure con riferimento ad operazioni costruttive più tarde rispetto all edificazione originaria, un indicazione certa sulle effettive modalità seguite. Sul fronte opposto, a fornire invece un esempio di muratura a costituzione disuniforme e male organizzata, si colloca una costruzione di modesta altezza sita in località Belvedere lungo la strada statale Eugubina (Perugia) ed illustrata nella figura 15.7, in alto a sinistra. In questo caso la parete è costituita da due distinti strati in muratura di pietrame, accostati e non collegati tra loro in quanto semplicemente congiunti da un riempimento di malta e schegge minute di pietra come mostrato, a destra, nella stessa figura. Lo strato più interno, sul quale poggiano gli elementi lignei della copertura, è rimasto in opera sotto l azione del sisma del 1997 diretta ortogonalmente alla parete; lo strato più esterno invece, di fatto vincolato solo lungo i bordi, ha subito il crollo secondo il meccanismo a parabola tipico di queste situazioni. Un attento osservatore, il Masciari Genoese, nell introduzione del suo Trattato di costruzioni antisismiche [45] così rappresenta le caratteristiche della muratura storica all indomani di un terremoto: muri che erano sovente un semplice insieme di pietre piccole, informi o, peggio, rotonde e liscie, avviluppate da malte incoerenti; molte volte si trattava di costruzioni con mattoni seccati al sole, collegati con fango e ricoperti con un intonaco di calcina, eretti su fondazioni poco profonde; non raramente le pietre squadrate che rivestivano i muri erano superficiali e di natura tale che, non avendo fatto aderenza con la malta, trovavansi lanciate qua e là senza portar seco nessuna traccia di calce; scorgevansi fenditure profonde tra i muri trasversali e quelli di facciata, per difetto di legamento e chiavi; pareti divisorie non immorsate nei muri maestri; questi traforati da vani in mille guise; stipiti di mattoni più o meno disgiunti dal resto del muro, per mancanza di addentellati; arcate e volte troppo ribassate, eccessivamente o male sovraccaricate e senza sufficiente imposta nei muri, mancanza di collegamento trasversale delle travi dei solai tra loro e coi muri ad essi paralleli; capriate prive d intelaiatura di posa, e con puntoni il più delle volte spingenti contro i muri; 5 Una muratura costituita da due paramenti esterni e da un riempimento interno. 6 Proprietà, questa, di fatto posseduta ad esempio dai solai a struttura di calcestruzzo armato impostati sulle murature mediante cordoli di perimetro. 185

185 Fig Fig

186 Catastrofismo, si potrebbe dire, ma certamente una indicazione preziosa: non solo per il rilevatore, già avvertito dei probabili punti di debolezza e quindi più attento all osservazione nelle zone corrispondenti, ma anche per il progettista dell intervento di consolidamento. Lo stesso autore, a proposito di pareti murarie di forte spessore, precisa che... il nucleo interno della muratura dovrà sempre essere costruito contemporaneamente e perfettamente concatenato con gli eventuali rivestimenti esteriori, a malgrado vi possa essere diversità di natura... Specifici pertanto risultano, rispetto a organismi di nuova costruzione, taluni problemi di stabilità e resistenza delle pareti murarie sotto carichi verticali ed orizzontali. I paragrafi di questo capitolo si prefiggono l obiettivo immediato di costituire un supporto culturale e critico alle operazioni di rilievo, con la presentazione delle tipologie costruttive e delle consistenze attese nell esame degli edifici storici e con l esame delle regole dell arte riferite ai tipi ed ai materiali susseguitisi nel tempo per l impiego nelle costruzioni. Con l avvertenza, però, che con questa disamina, ovviamente non esauriente, non s intende effettuare una tipizzazione di essi ma soltanto individuarne le caratteristiche più comuni e che, di fronte ad ogni singolo specifico caso da esaminare, occorre essere preparati alle inevitabili sorprese comportate dalle tradizioni locali, dalla capacità delle maestranze, dalla disponibilità in sito dei materiali da costruzione. Il supporto dei riferimenti alla bibliografia, pur essenziali, ed alla manualistica qui presa in considerazione da un lato, e la cauta esemplificazione fotografica dall altro, vogliono costituire l indirizzo più completo alla metodologia di esame della struttura e della costituzione di ogni singola opera architettonica storica. Metodologia, questa, che trova la propria base sia in una radicata conoscenza sia in una capacità di osservazione critica, con la piena coscienza che un opera del passato raramente ripete in pieno schemi, forme e dettagli acquisiti nella secolare ripetizione del costruire, e che trova la propria finalizzazione nella relativa presentazione alle esigenze di un accorto e completo rilievo quale richiesto dalle recenti normative ed agli obiettivi da perseguire di una conoscenza approfondita dell organismo sul quale si dovrà intervenire Le pareti e i pilastri in muratura Una parete muraria è costituita dalla sovrapposizione, per strisce regolari e per spessori di varia entità, di elementi naturali o artificiali (le pietre, variamente sagomate, ed i mattoni o blocchi rispettivamente) collegati fra loro da strati di malta: questa avente il compito di regolarizzare i piani d appoggio e di contatto e di collegare gli elementi fra loro, quelli aventi il compito di resistere ai carichi applicati. Il risultato di queste operazioni deve essere un solido monolitico, saldamente collegato alle altre pareti della costruzione, atto a sorreggere le strutture di piano e di copertura e quindi a sopportare i carichi agenti, in prevalenza verticali, riportandoli al suolo attraverso il sistema di fondazione adottato (fondazioni dirette, impostate a scarsa profondità, che in generale proseguono con continuità, con aumenti di spessore più o meno marcati a seconda delle caratteristiche del terreno, la sovrastante struttura muraria; fondazioni profonde, a pozzo, disposte a non elevata distanza fra loro e concentrate in corrispondenza dei punti forti della costruzione: spigoli ed innesti di pareti, maschi murari; fondazioni su pali, in legno). Da quanto detto si capisce che vanno guardati con sospetto i forti spessori murari (forieri di possibili discontinuità trasversali, con costituzione a paramenti esterni e riempimento interno), diffidando delle discontinuità dovute all inserimento di canalizzazioni di varia natura (canne fumarie, incassi, tracce per alloggiamento di tubazioni e cavi elettrici). Gli elementi artificiali, i mattoni (meno frequenti i blocchi), sono conformati in volumi parallelepipedi regolari di peso limitato e di misure variabili nelle varie zone: da ,5 cm nel Lazio o ,5 cm nelle Marche ed in Emilia a ,5 in Toscana 7, con spes- 7 Nelle dimensioni assestate e codificate nel Manuale dell Ingegnere Civile, [4]. 187

187 sori di malta abbastanza ridotti e non superiori ad 1 cm. I mattoni di buona confezione presentano colore rosso o giallo forte ed hanno resistenze a compressione comprese fra 150 e 180 kg/cm 2 ; la disposizione nel corpo murario, sempre a giunti verticali sfalsati, porta a consistenze e dimensioni quali indicativamente riportate nella figura 15.8, che mostra la disposizione dei mattoni nello spessore del muro, nei vari casi di muratura omogenea e di muratura con paramenti esterni e nucleo interno (collegato). Lo sfalsamento dei giunti genera il collegamento trasversale degli elementi costitutivi. Fig

188 Fig Agli spessori maggiori, la disposizione diventa tendenzialmente quella limite delle due paretine esterne con nucleo interno di riempimento, spesso di scadenti caratteristiche e privo o poco dotato di elementi trasversali di collegamento. Una tipologia che richiama la tecnica dell opus latericium di epoca romana in cui le paretine esterne, vere e proprie casseforme, erano costituite da mattoni triangolari disposti a file sfalsate, in modo tale da ammorsare con le terminazioni a punta il nucleo interno di conglomerato (spesso di ottime caratteristiche meccaniche). La naturale disposizione dei mattoni è per filari (o ricorsi) orizzontali, in ciò ponendosi con le facce maggiori ortogonali alle linee di carico. Più raramente si riscontra la disposizione in verticale, con appoggi cioè non sulle facce ma secondo le dimensioni dello spessore 8. Gli elementi naturali, le pietre, sono costituite da materiale diverso e diversamente conformato quanto a regolarità e dimensioni: fattori tutti dipendenti dalla disponibilità locale e quindi dalla tradizione costruttiva. Quanto alla costituzione, si va dal tufo, leggero e lavorabile, ma meno resistente, nelle zone con vulcanesimo, alla calcarenite (o tufo calcareo) pugliese, alla pietra calcarea porosa dell area laziale o compatta dell area umbra, alla pietra lavica di numerose zone. Quanto alla conformazione, in parte conseguente anche alla costituzione descritta, si va dalla forma in blocchi regolare (ricorrenti, ad esempio, per la pietra calcarea le dimensioni cm) alla forma più minuta o irregolare fino ai ciottoli di fiume, impiegati come tali o spaccati a metà talora ottenendo anche particolari effetti visivi. Generalmente veniva perseguita con grande cura la collocazione degli elementi lapidei secondo ricorsi orizzontali anche in presenza di una variabilità dimensionale degli elementi impiegati: si veda l esempio della figura 15.9 che rappresenta il paramento esterno di facciata, ad elementi in pietra calcarea con angolate in mattoni o in blocchi di pietra squadrata, di un edificio rurale sito in località Ponte del diavolo presso Perugia. La pezzatura fortemente differenziata, e non particolarmente curata per quanto riguarda il mantenimento anche di confor- 8 Come, ad esempio, nelle alternanze della spina di pesce adottata dal Brunelleschi per la cupola di Santa Maria del Fiore. 189

189 mazioni arrotondate, lascia intravedere una diversa funzione affidata ai singoli elementi nel loro rapporto con lo spessore; angolate, spigoli, piattabande, sistemi di scarico sono affidati ad un accurata esecuzione in mattoni o in blocchi squadrati. Nella tabella 15.4 sono riportate le caratteristiche fisiche e meccaniche (dati desunti e riordinati dalla letteratura tecnica corrente) dei principali tipi di materiale lapideo in uso per costruzioni in muratura. Si osserva che i mattoni, pure di buona qualità, si collocano, con i valori indicati di kg/cm 2, ai gradini più bassi della resistenza meccanica a compressione. Come per i mattoni, raramente il singolo elemento di pietra occupa l intero spessore del muro: ciò pone il problema di realizzarne la monoliticità trasversale. Questo compito può essere affidato a singoli elementi isolati, in genere di forma allungata e disposti col lato maggiore ortogonalmente alla parete: i diatoni, secondo lo spessore oppure, a parziale spessore, ma incuneati sulle due facce contrapposte. Talora questo compito è, più o meno consapevolmente, affidato ad elementi di spoglio inseriti nel corpo murario durante la costruzione; un esempio, riferito al complesso monastico dei Santi Quattro Coronati in Roma, è riportato nelle immagini della figura 15.10: trattasi di rocchi o parti di colonne inseriti nel muro interno di un ambiente sotterraneo e nello sperone angolare esterno sul fronte stradale. Nel primo caso una coppia di rocchi è disposta a croce, col rocchio superiore (trasversale) che sporge dal muro. Nel secondo caso al rocchio si sovrappongono anche blocchi di peperino, di evidente ricollocazione. Tabella 15.4 Roccia Tensione di rottura a compressione σ R (kg/cm 2 ) Caratteristiche meccaniche Tensione di rottura a trazione σ T (kg/cm 2 ) Modulo di elasticità E (kg/mm 2 ) Caratteristiche fisiche Peso specifico γ (t/m 3 ) Coefficiente di imbibizione (% del volume) BASALTO oltre ,75 3,10 PORFIDO ,70 0,1 0,6 GRANITO ,55 2,90 MARMO SACCAROIDE ,70 2,75 0,1 E CIPOLLINO CALCARI CALCARI DOLOMITICI ,40 2, TRAVERTINO 2,10 2, ARENARIE ,80 2,70 1,5 7 CONGLOMERATI 6 12 TUFO CALCAREO TUFO VULCANICO inferiore a ,12 2,00 1,10 1,

190 Fig Fig Nella figura è illustrata la disposizione dei blocchi di tufo in una parete muraria dello spessore di 60 cm circa. La laparatomìa del muro è conseguente all apertura di una vano-porta nella parete interna di un fabbricato rurale del viterbese; i blocchi, sommariamente squadrati, sono tra loro ingranati sulle due opposte facce del muro e sono ben allettati con malta di calce e pozzolana di buona qualità. Molto diffusa la muratura listata, ottenuta intervallando ricorsi di mattoni a blocchi di pietra di forma più o meno regolare; le pietre possono essere in tufo (in blocchi da sbozzati su una faccia a regolari) o in altro materiale, ma spesso si rileva l impiego di pietrame minuto come anche di ciottoli, interi o spaccati. 191

191 Fig I ricorsi di mattoni, su due o tre filari, si estendono per l intero spessore del muro e svolgono la doppia funzione di regolarizzazione dei piani orizzontali e di legatura trasversale della muratura, in ciò supplendo ai blocchi intermedi che non sempre realizzano le condizioni di monoliticità: si vedano gli schemi della figura (nella quale è evidenziata la costituzione di una parete muraria nel tratto compreso tra due ricorsi successivi di mattoni). I ricorsi di mattoni, sempre con le caratteristiche dette, rigirano verticalmente in corrispondenza delle mazzette di porte e finestre ed in corrispondenza degli spigoli e degli innesti murari, con estensione maggiore o minore (ma, talora, anche nulla!). Una particolare conformazione listata si può riscontrare in alcune parti del tratto murario orientale della cinta fortificata di Città della Pieve (Perugia). Le due immagini della figura forniscono le viste d insieme e di dettaglio del paramento di un contrafforte, in muratura listata a ciottoli spaccati trasversalmente e mattoni. Il caso-limite delle pareti in blocchi di pietra è costituito dalla muratura in pietra da taglio, affatto priva di malta (o con esigui e non generalizzati spessori) ed ottenuta dalla sovrapposizione di blocchi parallelepipedi perfettamente lavorati. Archetipo di questa disposizione è la muratura poligonale o ciclopica, costituita da blocchi non parallelepipedi di grandi dimensioni sovrapposti in modo da combaciare perfettamente e sovente disposti a tutto spessore: trattasi per lo più di opere a carattere difensivo, spesso anche con funzione di contenimento di terrapieni a tergo della parete muraria, caratterizzati anche dalla presenza di aperture di passaggio perimetrate da blocchi variamente disposti. Nelle due immagini delle figure e sono riportati due tratti delle mura poligonali della città di Segni (Latina), databili tra la fine del VI e l inizio del V secolo a.c.: rispettivamente un particolare del tessuto murario ed il dettaglio della Porta Saracena. Quest ultima è realizzata con un architrave in pietra lungo 3 m circa atto a realizzare un apertura alta 2,50 m e larga 3,00 m alla base e 1,40 m in sommità; la variazione della larghezza è ottenuta con disposizione a sporgere dei blocchi costituenti gli spigoli verticali. Nella figura è illustrato, sotto due diverse angolature, un particolare della cinta muraria dell acropoli della città di Arpino (Frosinone). La porta è realizzata per aggetto progressivo dei blocchi costituenti gli spigoli laterali, acquistando così una forma archiacuta. La malta, quindi, con minore frequenza, può anche non essere presente nel corpo murario. Nella maggior parte dei casi, viceversa, la malta si può presentare in diverse condizioni di costituzione, come anche di conservazione, in dipendenza della disponibilità locale e quindi delle potenzialità economiche del committente: dalle malte idrauliche di calce e sabbia o di calce e pozzolana, alle malte aeree di calce e sabbia, alle malte povere con tracce di calce e sostanzialmente fango e terra. Con le proprie caratteristiche, la malta influenza fortemente la 192

192 Fig Fig Fig

193 Fig Tabella 15.5 Tipo ed uso dell impasto Legante Sabbia m 3 Acqua m 3 Malta: per murature comuni 0,3 0,4 m 3 0,8 1 0,1 0,2 Grassello di calce idraulica per murature 4 ql 1 1,1 0,1 0,2 Calce idraulica Italcementi di cemento per murature 4 5 ql 0,8 1,1 0,2 0,3 Cemento a lenta presa pozzolanica per muratura 0,3 m 3 1 0,2 Pozzolana e calce spenta per intonaco rustico oppure per intonaco civile oppure per pavimenti in mattonelle di cemento per pavimenti in granaglia alla veneziana 0, ,4 4 6 m 3 ql m 3 ql 1 1 0,8 1 0,1 0,2 0,2 0,3 0,2 0,3 0,3 0,4 3,5 ql 1 0,25 3 ql 1 0,20 per pavimenti in mosaico 3 ql 1 0,15 di gesso per costruzioni 1,2 m 3 0,8 di gesso per intonaci 3 ql Note Calce colata grassa Cemento a lenta presa Grassello e sabbia fine Cemento a lenta presa e sabbia fine Cemento più 0,2 m 3 di grassello e 30 kg di materie coloranti per m 2 di pavimento Parti eguali di calce idr. e cem., più mat. col. come sopra Gesso cotto con event. aggiunta di malta, calce e sabbia Gesso da stucco, più 0,2 m 3 di grassello con event. agg. di sabbia fine Acqua o colla (destrina) 194

194 capacità di resistenza di una muratura alle forze di compressione (lo stato di sollecitazione naturale delle murature). A titolo indicativo, nella tabella 15.5, riprodotta dalla manualistica tecnica dei primi anni 50 del secolo scorso, sono riportate le composizioni delle malte per m 3 d impasto. Inseriti nel corpo murario della parete, possono essere presenti elementi diversamente organizzati che definiscono e riquadrano, orizzontalmente e verticalmente, le aperture di comunicazione e di affaccio: archi, piattabande, architravi, con i relativi stipiti d imposta (più o meno ammorsati alla parete muraria). Ne portano esempio alcune delle precedenti figure eventualmente anche nella versione raddoppiata di archi di scarico posti a protezione dei sottostanti elementi ad architrave od a piattabanda. Elementi orizzontali e verticali ciechi possono poi essere inglobati nel tessuto murario e costituirne una sorta di riquadratura organizzata. Nella figura è riprodotto un tratto di parete di un fabbricato diroccato sito nel centro storico di San Pietro Infine (Frosinone), ove è realizzato un vano-porta delimitato da un arco ribassato e da stipiti lapidei. Gli stipiti sono in più blocchi sovrapposti, non ammorsati alla parete e presentano discontinuità e spostamenti laterali. L arco è in due elementi ed ha subito il movimento a tre cerniere con formazione del triangolo di scarico nella muratura sovrastante. Nell immagine della figura è invece rappresentato il vano-porta dell entrata secondaria al giardino del Castello di Roviano (Roma). Il vano è localizzato in prossimità dello spigolo del muro perimetrale e superiormente è delimitato da un architrave lapideo rinforzato con mensole sottostanti, bene innestate nella muratura in conci di pietra squadrati; lateralmente gli stipiti sono in più blocchi sovrapposti, con ammorsature a mezza altezza alla parete mediante blocchi squadrati: uno di questi è prolungato fino alla connessione con lo spigolo. Il pilastro in muratura rappresenta l estrinsecazione monodimensionale della parete presentandone, in generale, la stessa costituzione: omogenea, in mattoni, in pietra sbozzata o squadrata, in pietra da taglio, o non omogenea, del tipo listato oppure con un paramento perimetrale più o meno spesso ed un nucleo interno di riempimento più o meno organizzato. Fig Fig

195 Fig Fig Localizzati dove si richiedono ampi spazi liberi o di comunicazione (porticati, navate di chiese, saloni di riunione, ecc.) i pilastri sono essenzialmente soggetti a sforzi di compressione, centrati o eccentrici, talora accompagnati da (modesti) sforzi di taglio: spesso con un elevato stato di tensione al quale si fa fronte mediante una confezione più accurata ed attenta dei componenti. Ad illustrazione di quanto esposto, nella figura è raffigurato il pilastro centrale di un vasto ambiente voltato al piano terra del palazzo del Capitano a Todi (Perugia). Il corpo ottagonale del pilastro è in conci di pietra squadrata e costituisce l imposta per le costolature di un sistema di quattro volte a crociera nervate, in mattoni. Nella figura è raffigurato il pilastro centrale posto a sostegno dell avancorpo di un fabbricato nella frazione Poggio di Croce del Comune di Preci (Perugia). La sezione è circolare, con diametro di circa 80 cm, e la costituzione è in blocchi di pietra squadrata conformati a cuneo e disposti radialmente, con locali Fig

196 Fig riempimenti in mattoni. Nella figura è raffigurato uno dei pilastri del chiostro minore del complesso già benedettino di San Pietro, a Gubbio (Perugia). Il pilastro, che poggia su un basamento in pietra arenaria (localmente dilavato e corroso), ha sezione rettangolare di lati 87 cm e 77 cm circa ed è costituito da un paramento perimetrale in mattoni pieni e da un nucleo centrale in pezzame di mattoni in un masso di malta di calce. In sommità il pilastro fornisce l imposta, a tutto spessore, per le volte e per le arcate del porticato. Nella versione monolitica del pilastro, la colonna, la costituzione è in pietra o, meno frequentemente, in legno (si pensi, ad esempio, alle architetture micenee); più recente è la costituzione in ghisa o in ferro. Esemplificazioni di questi tipi sono riportate nelle illustrazioni che seguono. Nella figura è riportato un particolare dal chiostro maggiore dello stesso complesso di San Pietro, raffigurato prima dell intervento di restauro recentemente completato. Nel loggiato originario, a rinforzo delle esili e parzialmente dilavate colonne in pietra arenaria (diametro medio di 38 cm circa), in epoche diverse sono stati inseriti sottarchi e contropilastri in mattoni. Sui due fianchi della stessa colonna i contropilastri risultano collegati fra loro in sommità mediante tiranti metallici e piastre di ancoraggio; la sezione complessiva risulta inscritta in un rettangolo di lati 110 cm e 55 cm circa. Come accennato in precedenza, sui quattro lati del chiostro l intervento di rinforzo appare eseguito in epoche diverse. Due casi di costituzione lignea sono riportati in figura 15.23a ed 15.23b; ivi sono illustrati rispettivamente: un dettaglio, all imposta su un basamento lapideo, di un elemento del colonnato ligneo nella zona medievale di Bologna; l elemento presenta una cinturazione metallica di rinforzo ortogonale alle fibre; 197

197 Fig a Fig b Fig

198 una vista di scorcio del loggiato di uno dei chiostri della sede storica della Università Nazionale Maggiore di San Marco nel centro storico di Lima (Perù); le colonne sono leggermente sagomate e sorreggono una trabeazione lignea mentre altrove sorreggono arcate in legno, con rivestimento ligneo dei timpani. Nella figura è riportato un esempio di colonnato metallico a sostegno di un edificio in muratura. L edificio è posizionato sulla riva destra del Tamigi, in corrispondenza del Tower Bridge nella vecchia zona portuale di Londra (oggi recuperata per uso abitativo e per uffici). La caratterizzazione statica di una muratura, e cioè la quantificazione dell attitudine a sopportare carichi verticali, ha costituito l impegno di studiosi e costruttori che, abbandonata la logica delle proporzioni determinate dalla regola dell arte, imboccarono decisamente la strada della resistenza dei materiali da costruzione. Prove fino a rottura di elementi di malta, pietra, mattone, legno vennero effettuate, in forma organizzata, di pari passo con lo sviluppo ed il perfezionamento dei macchinari di prova, a partire dalla fine del secolo XVIII, nella prospettiva poi di stabilire un limite ai livelli di sollecitazione che lasciasse un conveniente margine di sicurezza rispetto alla rottura. Un attendibile quantificazione può essere effettuata a partire dalle caratteristiche dei due costituenti, gli elementi di muratura (pietra, mattone) e le malte dei ricorsi: caratterizzazione che era già stata introdotta nei manuali tecnici dell inizio del secolo scorso e che è stata codificata dalle ultime norme tecniche per le costruzioni in muratura. Questa è una visione che prelude ad una rappresentazione continua ed omogenea, per macroelementi, del materiale muratura, dalla quale non ci si può che attendere 9 una notevole dispersione dei risultati, che costituisce il prezzo da pagare per una rappresentazione di indubbie doti di efficacia e concretezza. Con riferimento a murature di mattoni pieni, la manualistica degli anni 50 del secolo scorso individua la regola empirica seguente, valida per elementi murari di nuova costruzione (adattabile, qualitativamente, a murature in opera nelle condizioni iniziali oppure ad avvenuta ricostituzione dei giunti di malta). Malta ordinaria: R mur = (0,30 0,45) R m Malta cementizia: R mur = (0,70 1,00) R m E = kg/cm 2 E = kg/cm 2 R m = kg/cm 2 R m = kg/cm 2 Nelle precedenti espressioni R m ed R mur rappresentano la resistenza a compressione rispettivamente dell elemento mattone e della muratura. Lo scatto di qualità della malta (da ordinaria a cementizia) porta all aumento di oltre il doppio per la resistenza della muratura e ad un aumento ancora superiore per il modulo d elasticità. Con più ampia casistica, nella tabella 15.6, estratta anch essa dalla manualistica della prima metà del secolo scorso, sono riportati i valori delle tensioni medie di esercizio accettabili in elementi murari di varia costituzione e grossezza. Si osserva che i valori sono via via ridotti passando da murature di forte spessore a murature meno spesse ed a pilastri isolati: elementi costruttivi in cui si fanno più sensibili gli effetti di eccentricità del carico e di snellezza. Una previsione più accurata della resistenza (caratteristica) a compressione di una muratura con malta ordinaria in opere esistenti, in condizioni di buona conservazione, può essere effettuata sulla base delle tabelle fornite dalla normativa vigente {1} considerando il caso della malta M4. 9 Trattandosi di un materiale da costruzione fortemente caratterizzato anche dalle modalità di esecuzione, affidate tradizionalmente alla perizia delle maestranze e potenzialmente variabile da una zona all altra della stessa opera architettonica. 199

199 Tabella 15.6 N Genere delle murature Muri dello spessore non inferiore a 60 cm kg/cm 2 Muri dello spessore minore di 60 cm kg/cm 2 Pilastri isolati kg/cm 2 1 Muratura di pietrame a secco 1 1,5 2 Murature di pietrame e malta comune Muratura di pietrame e malta idraulica 4,5 5 3,5 2 4 Muratura mista e malta comune 4,5 3,5 2,5 5 Muratura mista e malta di cemento 7 5,5 3,5 6 Muratura di pietrame e malta cementizia 5,5 6 4,5 5 2,5 7 Muratura di mattoni e malta comune 5 7 3,5 5 2,5 3,5 8 Muratura di mattoni e malta idraulica Muratura di mattoni e malta cementizia 7, ,5 3, Muratura in mattoni forati pesanti 2, Muro di pietra da taglio (calcare compatto) Muro di pietra da taglio (granito) Muro di calcestruzzo di cemento (dosaggio magro) Muro di calcestruzzo di cemento (dosaggio medio) Tabella 15.7 Diametro esterno (mm) Spessore (mm) Massimo carico in quintali per altezza di 3 m 3,50 m 4 m 4,50 m 5 m 6 m 7 m 8 m 9 m 10 m

200 Fig Con spirito analogo, la manualistica di fine 800 fornisce i valori di portanza di colonne in ghisa. Nella tabella 15.7 ne è riportato un esempio, relativo a colonne di sezione circolare cava di diversa altezza. Architravi lapidei, da un lato, archi e piattabande in muratura, dall altro, sono costituenti speciali di una parete muraria: necessari per delimitare superiormente un vano (di affaccio o di passaggio) svolgono la conseguente funzione statica con un diverso regime di sollecitazioni, nel seguito analizzato. Talora accoppiati (figura 15.9) nel sistema arco di scarico/architrave o arco di scarico/piattabanda, godono di una qualità esecutiva generalmente più curata e sovente svolgono anche una funzione decorativa. È questo il caso, portato, uno per tutti, ad esempio, della piattabanda nella parete di un edificio in Foligno, frazione S. Eraclio, raffigurata nelle immagini della figura Strutture murarie di piano Le strutture di piano in muratura sono costituite dalle volte. Archetipo ne è la volta a botte: impostata su due muri longitudinali paralleli essa vi scarica le forze verticali (carichi) e le forze orizzontali (spinte), generalmente uniformemente distribuite lungo lo sviluppo dei muri. Una volta a botte può pensarsi generata dalla traslazione, lungo un segmento di data lunghezza, di un arco i cui piedritti vengono a generare i muri d appoggio. Dal punto di vista costitutivo le volte a botte possono essere: in mattoni, ad una o più teste; in blocchi di pietra; in getto organizzato (concrezione); miste, in mattoni disposti in foglio e sovrastante concrezione; alleggerite, con elementi laterizi cavi; a incannucciata rivestita d intonaco e sorretta da una struttura in legno (per controsoffitti). 201

201 Dal punto di vista della conformazione trasversale le volte a botte possono essere, come gli archi: a tutto sesto; ribassate; a sesto acuto. Dal punto di vista della conformazione longitudinale le volte a botte possono essere: cilindriche, orizzontali o inclinate; toroidali/elicoidali; rampanti; tronco-coniche, orizzontali o inclinate; secondo la disposizione schematica della figura Fig

202 Fig La resistenza a compressione è quantificabile nei valori relativi alla muratura costitutiva corrispondente. A seconda dello stato di conservazione della volta in esame si può considerare un leggero incremento per tenere conto della maggiore cura nell esecuzione di tali elementi costruttivi. All imposta della volta a botte sui muri longitudinali, poi, possono essere realizzate orlature costituite da successioni di piccole lunette aventi il compito di alleggerire l effetto visivo della volta. Ciò, naturalmente, comporta la concentrazione di pesi e spinte nelle effettive zone d imposta, peraltro abbastanza ravvicinate fra loro. L intersezione di due volte a botte uguali, e dei relativi muri longitudinali, disposte ortogonalmente fra loro determina 8 unghie: quattro inferiori ed altrettante superiori. Si genera una volta a padiglione se si considerano le quattro unghie inferiori, ciascuna impostata con continuità sul muro corrispon- Fig

203 dente, lungo il quale esercita il peso e la spinta prodotti dai carichi verticali applicati. Si genera una volta a crociera se si considerano le quattro inferiori, convergenti nei quattro spigoli ove esercitano pesi e spinte. Come la volta a botte, la volta a crociera può presentare una disposizione rampante, con due imposte più in alto delle altre due. Dalla volta a padiglione si può derivare, inserendo un tratto di volta a botte fra le due coppie contrapposte di unghie, la volta a botte con testate di padiglione (che, rispetto alla volta a botte propriamente detta, migliora l effetto visivo dell innesto con i due muri trasversali di testata). Da questa si genera infine la volta a specchio (o a schifo) inserendo nella zona centrale a botte un tratto piano a pianta rettangolare, sovente leggermente rientrante nello spessore della volta. Nelle foto delle figure e sono rappresentati due casi di risoluzione con volte murarie di aggetti esterni, per balconi o per scale; il primo si riferisce ad un edificio del centro storico di Egna-Neumarkt (Bolzano) per il quale le volte sono affiancate tra loro e sporgono dal fabbricato poggiando su mensole in pietra; il secondo si riferisce ad un edificio sull Isola Tiberina in Roma e presenta un articolato percorso esterno su mensoloni in travertino Solai in legno I solai in legno presentano un orditura principale, semplice o composta, in travi di legno ed un orditura secondaria, in tavole di legno o in mattoni, che realizza un piano continuo orizzontale, atto alla posa in opera della pavimentazione al sovrastante piano di calpestio; meno frequente il ricorso a voltine murarie ribassate, impostate sulle travi di legno, ciò che autorizza a riferirsi nel seguito al caso corrente di conformazione piana. L orditura semplice consiste in una serie di travi parallele organizzate secondo il lato minore dell ambiente che ricoprono. Le travi sono intestate alle estremità nei due muri disposti secondo il lato maggiore; interasse e dimensioni dipendono dalla distanza fra gli appoggi e dal tipo di orditura secondaria. Quest ultima può essere costituita da un tavolato oppure da un pianellato, materializzati rispettivamente da tavole di legno affiancate oppure da file di mattoni di spessore ridotto (le pianelle, di spessore pari a 2 cm o 2,5 cm); nel primo caso l interasse delle travi è di 50/60 cm, mentre nel secondo caso è di circa 30 cm. Più raramente, l orditura secondaria può essere costituita da voltine in mattoni; in questo caso l interasse è ancora maggiore (80/90 cm) come maggiori risultano le dimensioni delle travi. L orditura composta utilizza travi principali rompitratta che costituiscono gli appoggi intermedi per le travi secondarie mentre i due muri di testata costituiscono gli appoggi d estremità. La composizione dei solai in legno è riportata nella tabella mentre la consistenza dei singoli componenti è fornita nella tabella che riporta la codificazione costruttiva di travicelli e travi. Nella figura è riportato un dettaglio di un solaio a struttura lignea con orditura composta ed impiego di pianelle laterizie poggiate sui travicelli. Questi hanno interasse all incirca di 30 cm; le travi principali sono poste a distanza di 1,60 m circa fra loro, hanno luce netta di circa 4,00 m e presentano evidenti irregolarità dimensionali. Inoltre la presenza di archi murari, intervallati alle travi principali, denuncia l esistenza di pareti murarie divisorie al piano sovrastante. 10 Riferimento: Manuale dell Ingegnere Civile, [4]; G.B. Milani, L ossatura murale, [49]. 11 Idem. 204

204 Fig Fig

205 Tabella 15.8 Orditura portante in legno, semplice o composta, con sovrastanti: 1) assito di tavole da 2,5/3,0 cm di spessore, chiodate alla struttura sottostante, giuntate lateralmente e con eventuale listello coprigiunto; oppure, pianellato di elementi laterizi speciali pieni (pianelle da 2,0/2,5 cm di spessore) o forati; 2) caldana di malta da circa 3 cm di spessore, se già lo stesso assito non fa da pavimento; 3) pavimento. Orditura semplice, per portate fino a 4,0/5,0 m: travicelli, posti ad interasse di 30/50 cm ed intestati nei muri per 15/25 cm; oppure panconi posti ad interasse di 50 cm (travi a sezione stretta, da 5/7 cm per 15/20 cm di altezza). Orditura composta, per portate fino a 5,0/7,0 m: travi maestre poste ad interasse di 2,50/5,00 m ed intestate nei muri per 25/35 cm (e protette) e travicelli c.s. Valori indicativi dei pesi elementari: Travicelli ed assito 35 kg/m 2 Caldana e pavimento 80 Soffitto in rete (o canne) intonacato 40 (ove presente) Tabella 15.9 Carico totale sul solaio (kg/m 2 ) A) Orditura semplice (a travicelli) B) Orditura composta (a travicelli su travi principali) Interasse fra le travi Portata in metri cm cm cm cm m m m m m m Essenze impiegate: castagno, larice, rovere, abete Nella figura sono illustrati i particolari costruttivi di un solaio a panconi con orditura semplice in un fabbricato di fine 800 in Roma, ad avvenuta asportazione della controsoffittatura in camera a canne. Si rilevano gli appositi alloggiamenti d appoggio nella muratura di mattoni e la protezione con catrame della zona d innesto dei panconi. Ai fini della quantificazione numerica dello stato di tensione negli elementi lignei si può fare riferimento alle due tabelle seguenti. Nella tabella sono riportate le caratteristiche fisico-meccaniche del legno, con riferimento a due tipi di essenza: conifere (pino, larice) e latifoglie dure (quercia, castagno). Nella tabella sono riportati i corrispondenti valori delle tensioni ammissibili, riferite a legno ben stagionato; congrue riduzioni (almeno del 20%) vanno apportate ai valori indicati per strutture non protette dalle intemperie. 206

206 Tabella Caratteristiche fisico-meccaniche Tenore di umidità del provino 20% 15% Essenze Peso specifico secco (kg/dm 3 ) 0,400 conifere 0,600 latifoglie dure compressione parallela alle fibre TENSIONE DI ROTTURA (kg/cm 2 ) compressione trasversale alle fibre 65 - conifere trazione parallela alle fibre flessione (M r /W) taglio latifoglie dure conifere latifoglie dure MODULO ELASTICITÀ LONGITUDINALE (kg/cm 2 ) parallela alle fibre trasversale alle fibre conifere latifoglie dure conifere latifoglie dure Tabella Conifere Latifoglie dure Tensioni ammissibili (kg/cm 2 ) Compressione parallela alle fibre (σ cp,amm ) Compressione trasversale alle fibre (σ ct,amm ) Trazione parallela alle fibre (σ t,amm ) Flessione (σ f,amm ) Taglio (τ amm ) Carico di punta ,4λ ,8λ λ < 100 ω = ω = 350-2,5 λ 450-3,5λ λ 100 ω = λ 2 /2040 ω = λ 2 / Solai in ferro Gli elementi strutturali metallici affiancano la tradizione costruttiva, ad avvenuta diffusione della produzione industriale del nuovo materiale metallico, ripetendo, con nuovi materiali e nuove tecniche, le caratteristiche dei solai in legno. In particolare le travi di solaio vengono realizzate con profilati in ferro con sezione a doppio T sulle cui ali inferiori poggiano gli elementi secondari costituiti da voltine murarie, volterrane, tavelloni laterizi. 207

207 Nelle illustrazioni delle figure e ne sono mostrati due esempi, entrambi relativi alla soluzione a putrelle e voltine. Il primo si riferisce al solaio della veranda coperta nel cortile di palazzo Bonaccorsi a Castel San Pietro (Rieti); la successione strutturale mostra le putrelle inserite nel muro ad un estremità e poggiate su una trave longitudinale all altra: tale trave è a sua volta intestata nei muri laterali e, per la rilevante distanza fra questi, è sorretta in posizione centrale da una mensola rompitratta a sezione composta di due profilati a doppio T sovrapposti. Il secondo esempio è relativo ad un applicazione industriale della medesima tipologia e si riferisce ad un edificio, già sede della birreria Peroni ed oggi, ristrutturato, sede di un grande magazzino, in via Mantova a Roma; le putrelle e le voltine hanno forte consistenza, stante la destinazione industriale originaria, e beneficiano di un appoggio intermedio costituito da una trave anch essa di forte consistenza: una trave in acciaio, a traliccio, con correnti rinforzati da lamiere in più strati e con collegamenti chiodati. Le caratteristiche dei profilati a doppio T in uso nella seconda metà del XIX secolo, facilmente distinguibili dai profili normalizzati per avere le ali più strette e più spesse e la cui produzione, nell Italia pre-unitaria, era effettuata nelle ferriere di ogni singolo Stato, sono specifiche della produzione locale. Una prima unificazione (profili normali, sigla NP) risale ai primi anni del 900; l attuale normalizzazione europea (sigla: IPE, HE) risale agli anni 60 del secolo scorso. A titolo esemplificativo nella tabella sono riportate le caratteristiche di produzione di due ferriere italiane 12 : la ferriera di Vobarno e le acciaierie di Terni (in alto e in basso rispettivamente). Il confronto dei dati geometrici evidenzia la differenza (agevolmente rilevabile in sito, già dalla stessa osservazione visiva della larghezza e della consistenza della base inferiore) tra la produzione ottocentesca e la produzione dei primi 900. Nella tabella sono riportati, rispettiva- 12 Da: Manuale dell Ingegnere, 43 a /46 a Edizione,[3]. Fig Fig

208 Tabella H (mm) B (mm) s (mm) peso (kg/m) CARICO TOTALE (kg) SU LUCE DI 4 m 5 m 6 m 7 m , , , , Tensione normale massima 10 kg/mm 2 8 kg/mm 2 H (mm) B (mm) s (mm) peso (kg/m) CARICO TOTALE (kg) SU LUCE DI 4 m 5 m 6 m 7 m ,9 6, ,5 8, ,1 11, ,7 14, ,3 17, ,9 21, ,5 26, ,1 31, Tensione normale massima 10 kg/mm 2 Tabella Altezza del profilato (cm) Modalità d impiego Portate in metri 3 3,5 4 4,5 5 5,5 6 VOLTINE in mattoni pieni interasse 1 m p.p. ~340 kg/m 2 VOLTINE in m. forati interasse 0,95 m p.p. ~310 kg/m 2 TAVELLONI p.p. 210 kg/m

209 Tabella PROFILI DI PIÙ COMUNE IMPIEGO NP H B p(kg/m) I x (cm 4 ) W x (cm 3 ) A(cm 2 ) , ,1 10, , ,5 14, , ,8 18, , ,0 22, , ,0 27, , ,0 33, , ,0 39, , ,0 46,1 mente, i pesi unitari dei vari tipi di solaio ed i criteri di proporzionamento delle travi; nella tabella sono riportate le caratteristiche di alcuni profili a doppio T della serie NP. Si può rilevare il sostanziale buon accordo dei dati forniti dalla tabella, per luci medie e per solai a tavelloni, e dei dati derivabili dalla regola empirica di proporzionamento: H = 30 L in cui L è la luce, in metri, del solaio soggetto agli usuali sovraccarichi per abitazione, ed H è l altezza, in millimetri, del profilato da impiegare. Si accenna di seguito a problemi che possono sorgere sui solai per effetto dei muri divisori, o tramezzature, presenti ai piani. Realizzati con varie modalità e consistenza, da costituzione in mattoni pieni a mattoni forati, disposti in entrambi i casi ad una testa oppure di coltello, questi divisori venivano ammorsati nelle pareti murarie principali e non di rado ad essi veniva affidata qualche funzione portante (singole rampe di scale, ad esempio): funzione portante che, di fatto, venivano automaticamente ad assumere in presenza di orizzontamenti fortemente deformabili, quali i solai a struttura di legno o metallica. La facile eliminazione di tali divisori 13 non accompagnata da corrispondenti provvedimenti, è causa non solo di possibile danno ai piani sovrastanti ma anche di perdita delle riserve di mutua connessione della compagine muraria generale: connessione che l edificio comunque possedeva, specialmente nei frequenti casi di forte distanziamento dei muri trasversali fra loro. Specifiche disposizioni potevano essere impiegate per sostenere il solaio in corrispondenza di particolari zone soggette a carichi più elevati dell usuale e di tipo concentrato. Ad esempio, la soluzione più immediata di rinforzo nel caso di pesanti muri di divisione consisteva nel raddoppio, in accostamento, dei profilati di solaio. 13 Sollecitata da pressanti richieste di natura socio-funzionale ed alimentata dalla falsa analogìa con i fabbricati a struttura di cemento armato. 210

210 Fig Nella figura 15.33, tratta dalla manualistica dell epoca 14, è illustrata una possibile disposizione, realmente riscontrata in edilizia di pregio di fine 800 e di inizio del secolo scorso, in uso per sostenere tramezzature, in specie in corrispondenza delle neonate sale da bagno per edifici di abitazione Solai in calcestruzzo armato L orditura portante in calcestruzzo armato è costituita da un elemento continuo sostenuto dalle murature perimetrali direttamente o a mezzo di un sistema di travi, secondarie e principali. L elemento continuo può consistere in: soletta massiccia di calcestruzzo armato, su sistema di travi; solaio misto, inglobante elementi laterizi di alleggerimento. 14 L illustrazione è riprodotta da: C. Formenti, La pratica del fabbricare, [31]. 211

211 Solette in calcestruzzo armato Costituiscono la soluzione storica, ripetendo la tipologia in legno con travi secondarie e travi principali; le caratteristiche di consistenza attese si desumono anche dall esame delle normative tecniche dell epoca. Quando gli appoggi sono disposti soltanto lungo due lati contrapposti del perimetro, la funzione portante si esplica in una sola direzione (ortogonale a detti lati); sollecitazioni ed armature d acciaio (costituite da barre in tondo liscio) erano determinate per strisce larghe 1 m. Nella direzione ortogonale si disponeva un armatura di ripartizione pari al 25% di quella principale. Spessore indicativo: 1/30 della luce, ma non meno di 8 cm. Quanto detto vale anche se, essendo presenti vincoli d appoggio anche sugli altri due lati del perimetro, questi ultimi risultano molto più corti; in tal caso il comportamento si esplica ancora sulla luce minore. Viceversa per lunghezze dei lati nel rapporto non superiore a 5/3 circa, la funzione portante si esplica in entrambe le direzioni (comportamento a piastra). In queste condizioni lo spessore si può ridurre rispetto al caso precedente fino a 1/50 della luce, fermo restando il minimo di 8 cm. L armatura di acciaio, ovviamente, era disposta in entrambe le direzioni. Solai a struttura mista La presenza di elementi di alleggerimento in laterizio, pignatte, con funzione anche di casseratura per il getto del conglomerato, individua nervature resistenti in calcestruzzo armato poste ad interasse variabile fra i 20 cm ed gli 80 cm a seconda del tipo di laterizio. Tali nervature possono essere: parallele, con elementi in laterizio allineati per file successive; incrociate, con elementi in laterizio disposti in doppio ordine di file (in una sorta di disposizione a piastra). Fig

212 Fig

213 Il tipo a nervature parallele è il più diffuso ed utilizza anche una solettina superiore (caldana) in getto di conglomerato dello spessore minimo di 2 cm 15 oppure sostituita da una sagomatura rinforzata dei laterizi stessi. L armatura, costituita da barre lisce, diritte ovvero ripiegate a 45, conformate ad uncino alle estremità, è alloggiata nei vani compresi tra le successive file di laterizi e viene poi inglobata nel successivo getto delle nervature. Nel seguito si riportano alcune tipologie di solaio storiche prodotte dalla ditta R.D.B. Nella figura sono illustrati due tipi di solaio, correntemente impiegati per altezze fino a 20 cm circa; per altezze maggiori è frequente rilevare l impiego del tipo a camera d aria riportato nei prospetti della figura e per il quale la parte laterizia è articolata in più elementi accostati e solidarizzati dal getto. I tipi di solaio mostrati in precedenza, come anche i tipi a soletta piena, richiedono la predisposizione di un impalcatura continua per il montaggio degli elementi, per la posa in opera delle barre d armatura e per il successivo getto di conglomerato. Grande diffusione, per edilizia economica ed in specie nel periodo di ricostruzione post-bellica, hanno avuto i solai SAP (e simili) proporzionati sperimentalmente, con travetti laterizi armati preconfezionati ed autoportanti, caratterizzati da un armatura diffusa in barre di piccolo diametro. Nella figura ne sono illustrate le caratteristiche. La conformazione storica delle travi e degli eventuali pilastri di sostegno, all interno del perimetro murario di un fabbricato d epoca, è facilmente identificabile attraverso gli articolati sistemi di mensolatura, di innesti a coda di rondine, di raccordo degli spigoli: caratteristiche Fig Lo spessore minimo della solettina è stato portato a 4 cm e reso obbligatorio dalle normative tecniche del 1939 ma di fatto realizzato nei primi anni

214 Fig tutte che si possono riscontrare nelle due foto della figura 15.37, eseguite, prima dei lavori di trasformazione, in due ambienti dell ex birreria Peroni nel complesso di via Mantova in Roma. Nella foto in basso si può osservare il curioso e significativo inserimento, quale pilastro intermedio, forse di rinforzo, di una colonna in ghisa: testimonianza del connubio di tecniche costruttive nel periodo di costruzione di inizio

215 Coperture a tetto Nelle tre versioni di materiale, il legno, poi il ferro e quindi il calcestruzzo armato, le coperture a tetto utilizzano la tipologia costruttiva del solaio, appoggiato su elementi portanti atti a conferire la necessaria inclinazione alle falde del tetto: i timpani murari, i sistemi arco-timpano, le capriate, con eventuale interposizione di travi di colmo. Si ripetono, pertanto, le caratteristiche dell orditura secondaria dei solai, a tavole di legno oppure a laterizi pieni o forati, con esclusione delle voltine murarie, e dell orditura principale, generalmente costituita da travi inclinate su travi orizzontali (le terzere, assicurate alle capriate ad esempio mediante gattelli lignei, oppure inglobate nella muratura dei timpani). La costituzione e le caratteristiche attese per la soluzione in legno sono riportate nella tabella Tabella ORDITURA SECONDARIA DELLE COPERTURE A TETTO 1 TERZERE travi secondarie, in legno, disposte orizzontalmente ad interasse di 1 2 m e fissate mediante GATTELLI (1) 2 CORRENTI a b murali 8 x 8 cm, disposti secondo le falde, ad interasse di 30 cm circa, a sorreggere in alternativa - TAVOLATO continuo (2 3 cm spess.) - PIANELLATO in laterizi 30 x 13 x (2,0 2,5) cm con PEDAGNOLA (asse o tavola, in legno, posta al bordo) di contrasto allo slittamento. murali 8 x 8 cm, disposti secondo le falde, ad interasse di cm circa, a sorreggere in alternativa - TAVELLINATO continuo in laterizi forati 40 x 25 x 2,5 cm - CANTINELLE 4 x 4 cm disposte orizzontalmente (secondo le falde) ogni cm per sostegno di tegole marsigliesi. (1) Quando le terzere poggiano sui puntoni di una capriata. Sono invece inglobate, con le estremità, in timpani murari quando sono presenti muri trasversali di spina ad interasse di 3 5 m. In presenza di muri ravvicinati la funzione portante è svolta dai muri stessi, prolungati superiormente a timpano. Per la copertura di un ambiente ampio gli elementi portanti sono costituiti da timpani murari alle due estremità dell ambiente stesso e da capriate intermedie o, meno frequentemente, da sistemi arco-timpano oppure dalle une alternate agli altri. Con riferimento a edifici di culto queste disposizioni sono illustrate nelle figure e 15.39; la prima riproduce, da una stampa del primo 800, la copertura (non visibile, in quanto ricoperta alla vista da una soffittatura lignea) della Basilica di Santa Prassede in Roma, sostenuta da un alternanza di capriate e di archi a tutto sesto con pronunciati timpani di sommità; la seconda si riferisce al Duomo di Gubbio (Perugia) per il quale è mostrata, oltre all orditura strutturale a sistemi di archi a sesto acuto, con esili timpani di sommità, susseguentisi ad interasse di 4,40 m circa, anche la costituzione muraria. Fig

216 Vista esterna dei contrafforti e apparecchio murario in pietra squadrata. Vista interna degli archi e dei piedritti. SEZIONE ASSONOMETRICA. In vista: orditura della copertura (pianellato su orditura di correnti e terzere in legno), archi ogivali, sistema piedritti-contrafforti di scarico. Fig

217 Fig Un esempio di copertura con trave di colmo, disposta fra i due opposti timpani di testata e poggiata su un pilastro intermedio, che sostiene un sistema di falsi puntoni e la struttura secondaria delle due falde è qui di seguito riportato. La documentazione, costituita dagli schemi plano-altimetrici di riferimento della figura e dalla sezione di rilievo riportata nella figura è relativa al palazzo Pretorio di Gubbio, prima dell intervento di restauro e protezione antisismica terminato nel La trave di colmo, disposta a bisecare una pianta poco discosta dalla forma quadrata, con un pilastro al centro, dopo il rifacimento di inizio 900 era costituita da una pesante trave di calcestruzzo armato (sezione: cm) in sostituzione dell originaria in legno; i falsi puntoni, poggianti sulla trave di colmo e sulle due pareti laterali, erano dotati di coppie di saette di contrasto ancorate alla trave stessa di colmo ed erano stati malamente rinforzati o puntellati a contrasto con le sottostanti volte murarie del sottotetto. Sopra questi puntoni era disposta la struttura secondaria in legno, a sostegno di un tavellinato di falda e sovrastante manto di copertura. 218

218 Fig Fig

219 Fig Le foto delle figure e documentano visivamente lo stato di consistenza e di conservazione della copertura lignea, con le sue labilità e con i provvedimenti di puntellamento intervenuti nel tempo (casuali, poco consistenti e malamente disposti). L elemento costruttivo più rappresentativo delle coperture di edifici storici è dunque la capriata, e la capriata in legno alla quale lungamente si è ispirata e materializzata la versione in ferro. Articolata, a seconda delle dimensioni dell ambiente da coprire e della presenza di un eventuale controsoffittatura decorata, in tre componenti (due puntoni superiori ed una catena inferiore) o più (con uno o più monaci, saette, sottopuntoni, controcatena), disposta nella conformazione semplice o raddoppiata, dotata di mensole d estremità o di tacchi intermedi di ripartizione, la capriata costituisce forse l elemento costruttivo più caratterizzato da quella varietà di realizzazione che è propria dell architettura storica. Nella vista d insieme della figura è raffigurata, nella zona di colmo, la copertura a tetto a due falde della Chiesa di San Biagio a Corchiano (Viterbo), vista dal basso con il pianellato sorretto dal sistema di correnti e terzere su capriate con monaco centrale e saette. Si osserva che le capriate sono caratterizzate da una marcata distanza fra il monaco e la catena e da un altrettanto marcata esilità delle due saette, compresse. Nella vista di dettaglio della figura è raffigurato il sistema puntone-catena-mensola d estremità rilevato nella detta Chiesa; si osservi il doppio ordine di staffe metalliche, a diverse funzioni. Nelle due immagini della figura sono riportate, ad esempio della varietà delle possibili situazioni, due viste parziali di una capriata in legno rilevata in un edificio della città di Gubbio. Ivi, per l innesto fra saetta e puntone è interposta una suola di legno, smussata ed inchiodata al puntone: su questa contrasta la saetta, con una modalità che oltre a non com- 220

220 Fig portare riduzione della sezione del puntone effettua una distribuzione dell azione concentrata dalla saetta; la terzera sovrastante è quasi esattamente al nodo 16 e la terzera di colmo poggia direttamente sulla testa del monaco. Per l innesto dei due puntoni nel monaco quest ultimo è smussato alla sommità e resta a filo con i puntoni; in corrispondenza del colmo del tetto è posizionata la terzera di sommità. Fig Nelle immagini della figura da a ad f 17 sono riportati le conformazioni ed i particolari costruttivi usuali delle capriate in legno, comprese (caso f) disposizioni non simmetriche impiegate anche per eventuali modifiche della copertura come talora richiesto da avvenute trasformazioni o ampliamenti dell opera architettonica in esame. Un esempio di modifica di questo genere è rilevabile nella copertura della sala d armi di palazzo Camuccini a Cantalupo (Rieti), le cui capriate vennero modificate e rese non simmetriche per l avvenuta espansione con il loggiato cinquecentesco. Fig La disposizione dei carichi in corrispondenza dei nodi è condizione (come si vedrà in 16.7.) per generare soli sforzi assiali nei vari elementi componenti la capriata e quindi consentire di realizzare strutture meno massicce. 17 Riprodotte da: C. Formenti, R. Cortelletti, La pratica del fabbricare. [32]. 221

221 Fig a 222

222 Fig b 223

223 Fig c 224

224 Fig d 225

225 Fig e 226

226 Fig f 227

227 Le dimensioni dei componenti costruttivi di una capriata sono fornite nella tabella che riporta la codificazione tradizionale sostanziata negli ultimi manuali tecnici del secolo scorso. Occorre però sottolineare che, conseguentemente alla già segnalata variabilità delle situazioni possibili, conformazioni e dimensioni attese possono non essere confermate nei fatti tanto per costituzione d origine quanto per modifiche in corso d opera. Ad esempio di quanto affermato, nelle immagini della successiva figura sono riportati schemi d insieme (dai rilievi diretti di prima fase) e particolari della copertura del Duomo di Palestrina (Roma) dai quali risultano sia le reali caratteristiche di irregolarità nella forma e nelle dimensioni degli elementi lignei sia i provvedimenti succedutisi nel tempo per procedere a rinforzi o sostituzioni. Le capriate si susseguono ogni 3 m circa e sorreggono le terzere, disposte ad interasse di 1 m circa, correnti ogni 50 cm circa, tavelle laterizie e manto di copertura a coppi e canali; nella vista schematica sono fornite le misure principali mentre nelle due foto sono riprodotti i particolari del nodo mensola-catena-sottopuntone-puntone e del sistema catena-monaco-sottopuntone-controcatena. Tabella DATI DI RIFERIMENTO: Le soluzioni tecnologiche impiegate dall ultimo quarto del secolo XIX, nelle quali si ricorre al ferro senza rinunciare del tutto al legno, sono qui rappresentate nelle tre illustrazioni che seguono e si riferiscono alla Cappella sita nell ala di fine 800 del seicentesco palazzo Imperiali Borromeo in Roma. Le caratteristiche d insieme, con le principali dimensioni di riferimento, sono indicate nello schema diretto di rilievo riportato in figura (schemi generali di rilievo) che mostra la sezione trasversale della Cappella e la sezione longitudinale in asse limitatamente alla zona absidale. La soffittatura a volta, autoportante, è una incannucciata conformata a tutto sesto e fissata a travi curve in legno controventate alle pareti murarie perimetrali; la copertura a tetto è sostenuta da un orditura secondaria in legno su capriate in ferro ad elementi diversificati: i puntoni, in particolare, sono costituiti da coppie di profili a C stretti su un nucleo interno costituito da una trave di legno. Nelle immagini delle figure e (foto di dettaglio) sono riportati particolari degli elementi costitutivi della capriata-tipo, con tutti i sistemi di connessione e di messa in tensione. Quest ultimo è costituito da un manicotto tenditore a filettature contrapposte; le connessioni sono realizzate non più con chiodi ma con bulloni. La conformazione della capriata è un evoluzione della capriata Polonceau, a sua volta generata dall accoppiamento, con tirante intermedio, di due travi armate inclinate contrapposte (vedasi lo schema della figura 15.52, rielaborata dalla manualistica della metà del 1900); gli elementi compressi sono in legno o in ghisa e gli elementi tesi in ferro. Nella foto della stesinterasse, 3 5 m carico sui puntoni ~ 700 kg/m pendenza delle falde ~ 25% DIMENSIONI (in cm) DELLA SEZIONE TRASVERSALE CAPRIATA SEMPLICE CAPRIATA CON SAETTONI luce (m) puntone catena monaco saetta

228 Fig

229 Fig

230 Fig Fig Fig

231 Fig a Fig Fig sa figura, che si riferisce alla copertura di un ambiente scolastico nel rione Prati in Roma, è riportato il dettaglio del puntone in ghisa, con gli attacchi ai tiranti in ferro ed al sovrastante puntone in legno. Il successivo passo in avanti, con l impiego di profilati metallici, è riportato nella figura che riproduce il dettaglio di un nodo in cui convergono aste in profilati ad L accoppiati e su cui poggia una terzera, ancora in legno. La piena conformazione metallica ad elementi reticolari è mostrata nella figura che si riferisce al tetto a padiglione di un ambiente dell edificio già sede della Birra Peroni, in Roma, menzionato in precedenza a proposito dei solai. La vista d insieme si riferisce allo stato prima dei lavori di trasformazione, che hanno conservato in opera le strutture metalliche originarie; la vista di dettaglio, al nodo inferiore della capriata posta alla confluenza delle due linee di displuvio, si riferisce alla situazione attuale. 232

232 Fig Fig a Ultime, in ordine di tempo, le coperture in cemento armato a capriate, inizialmente specifiche delle costruzioni industriali, spesso realizzate a piè d opera, quindi montate in sommità del fabbricato e collegate fra loro da una o più travi longitudinali, sorreggenti direttamente un solaio leggero in calcestruzzo armato (o, per interassi maggiori di 2,00/2,50 m, indirettamente mediante travi longitudinali). Spesso il solaio è costituito da un sottotegola in tavelline di laterizio armate, per luci non eccedenti i valori sopra indicati. La copertura con sottotegola in laterizi Perret è costituita da tavelline forate di laterizio (spessore più comune 3,0/5,0 cm, larghezza 25 cm, lunghezza 40 cm) armate con tondini sigillati entro apposite scanalature mediante malta di cemento. Al di sopra del piano così ottenuto vi sono: tegole marsigliesi oppure, molto usati all epoca, elementi di ardesie artificiali (eternit, salonit, ecc.) in lastre di facile posa per il modesto peso di circa 15 kg/m 2. Nella figura sono riportate le caratteristiche del sottotegola prodotto dalla ditta R.D.B. ed impiegato anche per elementi di controsoffittatura. Per maggiori distanze fra le capriate, come detto, si dispongono travi secondarie longitudinali da localizzare in corrispondenza dei nodi delle capriate; tali travi hanno interasse di circa 2 m e costituiscono anche un efficace collegamento delle capriate stesse. A titolo esemplificativo, qui di seguito sono riportate in figura 15.56a (schema di rilievo per riferimento metrico) ed in figura 15.56b (foto di particolari) immagini relative alla copertura di uno dei palazzi storici dell EUR in Roma. Fig b 233

233 Scale Nelle varie versioni storiche di materiale (struttura in pietra, in muratura, in legno, in ferro) le scale realizzano un elemento architettonico articolato nella forma e nelle dimensioni: dalla forte centralità visiva e spaziale alla minimalità dimensionale e costituiva. Analogamente alle coperture, le scale ripetono, nella disposizione inclinata, le caratteristiche delle volte murarie e dei solai piani, articolandosi in soluzioni calibrate a specifiche esigenze di ingombri e di dislivelli: da volte murarie inclinate, a botte o meno frequentemente a crociera, impostate su sistemi di muri paralleli e completate da volte a crociera in corrispondenza dei ripiani, a volte rampanti in successione (si veda, ad esempio, il caso illustrato in figura 15.28), a volte elicoidali impostate su muri circolari e su sistemi di archi e pilastri, a solai inclinati su sistemi di muri paralleli, a scale a chiocciola in pietra o in legno o in ferro. Un esempio di questo ultimo tipo è riportato nelle foto della figura 15.57a che si riferiscono ad una scala di collegamento fra alcuni ambienti del piano terra e del primo piano di palazzo Baglioni a Torgiano (Perugia); la struttura delle rampe è in travi di legno disposte a raggiera elicoidale fra un pilastro murario centrale ed un muro perimetrale semicircolare. Le travi sorreggono una superficie continua di pianelle sulle quali sono riportati i gradini. Disposizione tipica presentano le scale con volte alla romana, per le quali le rampe costituiscono una superficie continua di mattoni in foglio impostati sui muri perimetrali e sui pianerottoli. Il rinfianco collabora alla resistenza, come anche in molti casi collaborano le massicce lastre di pietra, intestate nelle pareti perimetrali, che formano le pedate dei gradini. È, questa, una tecnica ancora posseduta dalle maestranze nel dopoguerra 18 e riscontrata in opera in edifici realizzati nella periferia romana nei primi anni 50. Fig a Fig b 18 Si pensi che in molti degli edifici della E-42 a Roma (eseguiti a partire dal 1938 e terminati nel dopoguerra) le strutture di orizzontamento in cemento armato nelle zone a portico o a loggiato sono controsoffittate con volte a botte di mattoni disposti in foglio e controventate con frenelli anch essi in foglio. 234

234 Un esempio monumentale, illustrato in figura 15.57b, è invece costituito dallo scalone del palazzo di Venezia in Roma. Rampe e pianerottoli sono sorretti da una serie di volte murarie a crociera, rispettivamente inclinate ed orizzontali, impostate sui muri perimetrali da un lato, e su una serie di pilastri dall altro CENNI DI STORIA DELLE TECNICHE COSTRUTTIVE Introduzione Nei paragrafi che seguono si presentano succintamente gli sviluppi della tecnica e della scienza del costruire. Anche qui, come in precedenza, senza la pretesa di una completezza della trattazione ma con lo spirito di sottolineare la necessità di incrociare i dati del rilievo con i tipi e con le tecniche costruttive in modo da trarre indicazioni sull epoca costruttiva e su eventuali modifiche dell organismo architettonico intervenute nel tempo. Si seguono, secolo per secolo, gli sviluppi del pensiero scientifico e delle realizzazioni nel settore delle costruzioni a partire, per semplicità di trattazione, dal periodo compreso tra la fine del Medioevo e l inizio del Rinascimento e cioè, ovviamente, dall operato di Leonardo da Vinci Le radici della scienza del costruire. Leonardo da Vinci, fra intuizione e rigore sperimentale Le ricerche di Leonardo da Vinci ( ) si estendono dalle applicazioni tecniche delle arti meccaniche (argani ed apparecchi di sollevamento a più rinvii, macchine utensili, macchine belliche, artiglierìe, escavatrici, ecc) agli studi teorici. L opera scientifica di Leonardo, modesta nelle matematiche pure, delle quali peraltro aveva svolto l elaborazione intellettuale necessaria agli sviluppi della meccanica, è vasta ed originale nel campo della meccanica pura e della resistenza dei materiali. Fonti prime degli oggetti di studio della meccanica vinciana si riconoscono in Aristotele, Archimede ed Erone ed in Giordano da Nemore e Biagio Pellicani da Parma. Le conclusioni, originali, costituiscono il supporto per i successivi sviluppi della statica e della dinamica. Qui di seguito si riportano brevemente alcune delle questioni investigate. In merito all equilibrio di un corpo pesante poggiato su un piano orizzontale, Leonardo individua il poligono di sostentazione ed afferma che se un corpo pesante poggia su un suolo piano, perché esso sia in equilibrio è necessario che la verticale spiccante dal suo centro di gravità abbia il suo piede nell interno della base. Quanto alla resistenza di travi, assunte di sezione quadrata e in diverse condizioni di vincolo e di carico, trae le seguenti conclusioni da una serie di prove sperimentali: nel caso di vincolo ad incastro ad un estremità e di carico concentrato all altra, la resistenza è proporzionale al quadrato del lato della sezione ed inversamente proporzionale al quadrato della lunghezza; nel caso di trave poggiata agli estremi e caricata al centro, in termini di resistenza viene ribadita la precedente proposizione, mentre in termini di deformazione viene stabilito che la freccia è proporzionale al peso ed al quadrato della lunghezza libera ed inversamente proporzionale alla terza potenza del lato della sezione. Tali conclusioni, di natura empirica, sono qualitativamente corrette (per quanto riguarda la diretta o inversa dipendenza funzionale) ma quantitativamente errate. Sarà nella prima metà del 1800 che verrà determinata la formulazione corretta dei citati problemi. Per quanto riguarda lo studio statico degli archi, Leonardo afferma, con riferimento a confor- 235

235 mazioni circolari o a sesto acuto, che l arco è una fortezza causata da due debolezze; imperocché negli edifici è composto di due quarti di circolo ciascuno desidera cadere oponendosi alla ruina l uno dell altro, le due debolezze si convertono in un unica fortezza. Riconosce che ogni semiarco deve avere uguali il peso (peso proprio) ed il peso di sopra (cioè tutti i sovraccarichi): in queste condizioni si realizza l equilibrio in quanto tanto spingie l uno l altro, quanto l altro l uno. Tra gli altri problemi affrontati da Leonardo, si elencano ad esempio le indicazioni in merito al modo di applicare le catene, al modo di resistere delle spalle, alla grossezza da assegnare ad arco e piedritti, alla posizione ed al tipo delle lesioni nelle configurazioni di rottura, ad un rudimentale andamento della curva delle pressioni. Con i suoi studi sulle travi e sugli archi, Leonardo individua i problemi e ne intuisce la soluzione anche se ne propone espressioni non corrette Il fervore del secolo XVII: da Galilei a Mariotte ed a Hooke, passando per le grandi realizzazioni murarie in Francia Galileo Galilei ( ) si deve considerare il rigeneratore della scienza sperimentale: filosofo e letterato, matematico, astronomo, fisico ed ingegnere fornì contributi fondamentali in tutti i campi del sapere. In particolare per quanto riguarda la resistenza dei materiali analizzò il problema della trave inflessa, interpretata come una leva angolare avente il fulcro nel lembo inferiore della sezione di rottura, figura 15.58a; analogamente alla trave soggetta a trazione, la forza orizzontale R corrisponde a una distribuzione uniforme di tensioni normali alla sezione. Interpretati P L come momento esterno ed R h/2 come momento resistente, quest ultimo risulta proporzionale alla grandezza geometrica b h 2 /2: risultato congruente con lo schema assunto, risolto in termini corretti due secoli più tardi da Navier (momento resistente proporzionale a b h 2 /6) Questo stesso problema venne ripreso più tardi da Edmé Mariotte ( ), fisico di Digione, con un meccanismo analogo ma con resistenza applicata a 2/3 dell altezza h; ciò consegue ad una distribuzione triangolare delle tensioni e comporta un momento resistente proporzionale a b h 2 /3: proposizione ancora non corretta, come precedentemente evidenziato. Di Mariotte, si ricorda ancora la soluzione del problema della resistenza di tubi percorsi da fluido in pressione, trovata sempre per via sperimentale: lo spessore (sottile) del tubo è proporzionale alla pressione interna (uniforme) ed al diametro del tubo; nello schema di figura 15.58b di tale formulazione, ancora oggi impiegata per il proporzionamento dello spessore delle cerchiature di pilastri e colonne, è fornita la spiegazione in termini di equilibrio. Ulteriore contributo alla resistenza dei materiali è la conferma dei concetti espressi da Hooke in merito alla proporzionalità fra le deformazioni e gli sforzi di trazione o compressione di travi sollecitate assialmente. Primo, infatti, ad abbandonare l indeformabilità dei corpi e ad indagarne la deformabilità sotto carico era stato Robert Hooke: matematico e fisico inglese ( ) che affrontò svariati argomenti scientifici, anche nel campo dell elasticità dei materiali. In tema del comportamento a trazione di fili di materiale elastico enunciò, nella forma anagrammata ceiiinosssttuv, la famosa legge di proporzionalità sforzi/deformazioni: Ut tensio sic vis poi applicata allo studio delle vibrazioni di spirali di orologio a bilanciere. Per lo studio delle travi inflesse Hooke riconobbe che le fibre reagiscono a trazione nella parte in cui si manifesta la convessità della trave ed a compressione dalla parte della concavità. 236

236 Fig a Fig b Lo scienziato svizzero Jacques Bernoulli ( ), capostipite di una dinastìa di studiosi, si occupò di numerose questioni di calcolo e di resistenza dei materiali: determinò l equazione della linea elastica della trave inflessa, stabilendo l inversa proporzionalità fra il momento flettente M ed il raggio di curvatura r in un punto qualsiasi dell asse deformato della trave ed integrando con sviluppo in serie l equazione differenziale del secondo ordine che ne consegue. Seguendo la posizione di Mariotte, localizzò l asse neutro della trave al bordo inferio- 237

237 Fig re della sezione con allungamenti proporzionali alla distanza dal bordo stesso; di conseguenza nella formulazione M = C/r risulta errata l espressione della costante C: resta la validità della trattazione generale, che venne ripresa da altri studiosi. Dal punto di vista costruttivo, si comincia a fare strada la collaborazione ferro-muratura per risolvere i problemi statici connessi ad elementi strutturali di grandi dimensioni. Per gli architravi in pietra del colonnato est del Louvre, Claude Perrault, fisico e biologo di grande fama ( ), fece ricorso a sistemi di piattabande armate inserendo ferro in barre entro appositi fori praticati al lembo inferiore dei conci di pietra, vedasi la figura 15.59, tratta da [65] Il rigore del secolo XVIII: la matematica e la scienza sperimentale, la scuola italiana In questo secolo le ricerche teoriche si avvicinarono alla realtà costruttiva concreta, anche sotto l impulso sia delle innovazioni, tecniche e culturali, che si andavano sviluppando sia dell esigenza di risolvere problemi costruttivi sempre più arditi. I matematici e la statica del corpo rigido, da un lato, gli sperimentatori e la resistenza dei materiali, dall altro, cominciarono a sostituire i processi logici di dimensionamento all empirismo delle regole costruttive di proporzionamento. L olandese Pieter van Musschenbroek ( ), esponente del mondo sperimentale, partecipò allo spirito di osservazione che caratterizza questo secolo. Mise a punto raffinati procedimenti sperimentali per eseguire prove di compressione, trazione, flessione su campioni effettuando un estesa tabellazione sulla resistenza di numerosi materiali (vari tipi di legno, metalli, vetro); non si addentrò a formulare alcuna legge di comportamento (legame costitutivo), determinando però il carico di rottura a trazione, l allungamento e la strizione nella sezione resistente. Le prove di flessione su travi di legno misero in evidenza il fenomeno della viscosità: crescita nel tempo della deformazione, a carico costante. Le prove a compressione misero in relazione il carico limite e la lunghezza dell asta snella: la tensione di rottura risultò inversamente proporzionale al quadrato della lunghezza dell asta. Proprio sulla base dei dati sperimentali relativi alla resistenza dei materiali metallici, nel 1742 si sviluppò il primo tentativo di dimensionare un elemento strutturale a partire dal carico ad esso applicato: si trattava dei tre matematici Tommaso Le Seur, Francesco Jacquier e Ruggiero Boscovich incaricati da Papa Benedetto XIV di interpretare i danni subiti dalla cupola della Basilica vaticana e di proporre i rimedi. Peraltro le conclusioni vennero confutate da Giovanni Poleni, letterato, fisico e matematico, professore dell Università di Padova ( ) che, incaricato dal Pontefice di effettuare una perizia sulle condizioni statiche della cupola e di fornire il proprio parere sul lavoro svolto dai tre matematici, sconsigliò l esecuzione della quintupla cerchiatura metallica. Il procedimento di diagnosi, dalla storia dell edi- 238

238 ficio sacro, all analisi dei documenti tecnici disponibili, al rilievo del quadro fessurativo, all interpretazione dei meccanismi di dissesto, e le conclusioni raggiunte sono descritti nel trattato [63] del L eco di questi problemi coinvolse il matematico lombardo Lorenzo Mascheroni ( ), professore all Università di Pavia, che svolse, in maniera corretta e definitiva, l analisi dell equilibrio, già presa in esame da studiosi e tecnici francesi, nei cinematismi di collasso del sistema arco-piedritti soggetto ai carichi verticali conseguenti ai pesi propri e di altre parti costruttive. Fino a tutto il 1700 infatti il proporzionamento del sistema arco-piedritti era affidato a regole empiriche tramandate nel tempo 19 e documentate dall architetto Bernardo Antonio Vittone, torinese. Nel dettaglio il procedimento consiste nel suddividere l intradosso dell arco, completo sino all imposta sui piedritti, in tre parti sottese da corde di uguale sviluppo; le due laterali, prolungate di pari sviluppo, definiscono con le estremità B e D lo spessore minimo da assegnare ai piedritti. La costruzione, figura 15.60, porta per l arco a sesto acuto ad un minore spessore di piedritto rispetto all arco a tutto sesto. Fig Fig Nel suo Dictionnaire raisonné de l Architecture (1871) Viollet Le Duc riporta queste regole, come in uso fino a tutto il XVI secolo, e ne attribuisce una possibile conoscenza ai costruttori gotici. 239

239 Qualitativamente la regola descritta risulta aderente al fenomeno, però non tiene conto né dell entità dei carichi applicati né dell altezza del piedritto: di quest ultimo viene infatti fornito il solo spessore 20. Evidentemente altre condizioni, o la pratica stessa del costruire, insieme con le tipologie ricorrenti, fissavano le altezze massime dei piedritti ed il peso delle murature sovrastanti l arco. Nel 1712 Philippe De La Hire affrontò, per la prima volta, il problema con le leggi della meccanica dei corpi rigidi abbandonando le precedenti regole geometriche. Individuato un modello meccanico, determinato dallo scivolamento della calotta superiore dell arco (figura 15.61), applicò ad esso la regola della leva riferita alle forze in gioco: pesi e spinta sul piedritto. La componente F è generata dalla forza di contatto che, per la supposta assenza d attrito, è ortogonale alla superficie di scorrimento e si esercita nello spigolo d intradosso A (figura 15.62). Fig Fig Il Rondelet, in proposito, criticò questa regola, imputando ad essa un sovradimensionamento dei piedritti. In precedenza Bélidor aveva osservato che questa regola non coinvolge lo spessore dell arco né l altezza dei piedritti. 240

240 Il procedimento è qualitativamente corretto in quanto considera tutti gli elementi in gioco: dai carichi agenti, all altezza del piedritto. Modifiche varie furono successivamente apportate da vari autori. Nel 1785 Lorenzo Mascheroni introdusse, accanto al precedente, un altro meccanismo: a 4 corpi invece che a tre, figura 15.63, ma sempre con contatti concentrati lungo gli spigoli 21. Tale meccanismo comporta lesioni, per rotazione invece che per scivolamento, in numero di 5: 2 al piede dei piedritti, come per il caso precedente, e 3 nell arco, in chiave ed alle reni; queste ultime sono genericamente individuate dall angolo ϕ. Sono individuati i punti in cui i corpi a contatto si scambiano le forze e le entità di esse, figura La posizione del punto A, cioè il valore dell angolo ϕ, non è prefissata ma va cercata per tentativi esplorando tutta la zona dell intradosso; ad ogni valore di ϕ corrisponde un valore di P: il massimo di questo individua l innesco del cinematismo. Fig Il confronto dei due meccanismi proposti, a 3 oppure a 4 corpi, e delle corrispondenti espressioni del carico P fornisce la risposta a quale dei due si manifesti realmente: poiché in genere è ϕ > ϕ risulta maggiore il valore di P relativo al meccanismo per scivolamento che dovrebbe pertanto essere il primo a manifestarsi. Le esperienze eseguite, invece, indicano come più frequente il meccanismo a 5 cerniere, con un apparente contraddizione. Contraddizione, appunto, solo apparente se si osserva che l attrito, implicitamente presente nel modello di Mascheroni, è stato considerato nullo nel modello di De La Hire: e l attrito comporta un raddrizzamento rispetto alla verticale della forza di contatto con conseguente riduzione del braccio di leva e miglioramento delle condizioni di stabilità. Si affiancano alla diffusione delle scienze a carattere popolare (i lumi in Francia e L Encyclopédie di Diderot e D Alembert) le scuole di formazione di tecnici (le scuole parigine: L Ecole des Ponts et chaussées e l Ecole polytechnique) e le accademie degli scienziati (L accademia russa delle scienze, fondata a San Pietroburgo nel 1725; l accademia prussiana delle scienze, fondata a Berlino nel 1740) crogiolo e fonte di diffusione delle nascenti teorie dei corpi deformabili. 21 Sarà nel secolo successivo, con Navier e Méry, che la situazione di equilibrio verrà rappresentata a mezzo di una distribuzione continua di tensioni sopportabili dal materiale. Termine, quest ultimo, da interpretare come più oltre specificato. 241

241 Di spicco, in questo settore, le figure della dinastìa dei Bernoulli e di Eulero: eminenti studiosi, nativi della città svizzera di Basilea. A Jacques, il maggiore dei fratelli Bernoulli, vissuto tra la seconda metà del 1600 ed i primi anni del 1700, è dovuta, come detto nel precedente paragrafo, la formulazione dell equazione della linea elastica delle travi inflesse, ottenuta seguendo la posizione di Mariotte. Jean, il minore dei fratelli Bernoulli, superiore a Jacques per originalità e per fama, si occupò di numerosi problemi spaziando dalle leggi del moto dei pianeti alle applicazioni del principio dei lavori virtuali. Daniel, figlio di Jean, medico e matematico insigne, svolse la trattazione teorico-pratica di idrodinamica e studiò le vibrazioni dei sistemi elastici e la teoria delle probabilità. Leonhard Euler, allievo di Jean Bernoulli nell Università di Basilea, fu letterato, matematico, fisico e svolse studi in tutti i campi delle scienze e delle lettere con pubblicazioni contenute in circa 70 volumi. Affrontò, con metodi variazionali, il problema della linea elastica delle travi pervenendo, per trave rettilinea, alla definizione dell instabilità per compressione assiale ed alla determinazione del valore critico del carico. Il finire del secolo vede lo svolgimento della rivoluzione industriale in Gran Bretagna e l avvento del ferro nel panorama architettonico europeo, il primo sviluppo delle ferrovie, le grandi realizzazioni in ghisa e le prime ricerche sui leganti cementizi. Ancora di rilievo la figura e l operato di Thomas Young: medico, fisiologo, archeologo inglese ( ) che, in tema di travi inflesse, analizzò il caso di sezioni con due assi di simmetrìa. Introdusse il modulo di elasticità, E, che porta il suo nome. Dal punto di vista costruttivo, proseguono le applicazioni della collaborazione ferro-muratura per elementi strutturali di grandi dimensioni. Questa volta si tratta dei timpani murari della chiesa parigina di Sainte Geneviève (oggi, Panthéon), per i quali l architetto Soufflot (1613- Fig

242 1688) ideò un complesso ed articolato sistema di barre in ferro annegate nella muratura, figura 15.65, realizzando una sorta di travi miste [65]. Soufflot fu anche direttore dei lavori di edificazione che, però, non riuscì a completare: alla sua morte l incarico venne assunto da Jean Rondelet che provvide al rinforzo dei piloni murari dell edificio. Il proporzionamento fu basato sui risultati di prove effettuate, con un macchinario di carico appositamente messo a punto, su campioni del materiale da impiegare, con l obiettivo di conferire le minime dimensioni strutturali compatibili con i carichi agenti; per la prima volta venne introdotto il concetto di carico di sicurezza. Fautore di questo nuovo modo di affrontare la progettazione strutturale, osservatore attento della realtà costruttiva e dei fenomeni di dissesto, Rondelet non disconobbe la tradizione costruttiva 22 l arte, pressoché contemporaneamente espressa nel trattato L Architettura pratica [71] di Giuseppe Valadier ( ) ma fece precedere la pratica dalla teoria. Travasò le proprie cognizioni nel trattato edito alla fine del 700 e pubblicato in Italia, nella traduzione della sesta edizione originale, nel 1831 col titolo Trattato teorico e pratico dell arte di edificare 23, [65]. È sul finire del secolo che, sui due opposti lati del Canale della Manica, si sviluppano i primi studi sulle capacità leganti e sulle applicazioni di un nuovo materiale: il cemento Portland Le innovazioni del secolo XIX Nel secolo XIX si manifesta un accentuazione del fervore nella ricerca scientifica, accompagnata da un rapido sviluppo delle applicazioni tecniche in ogni campo del sapere. Nel settore delle costruzioni si ereditano materiali e conoscenze introdotti nel secolo precedente e si sviluppano le due mentalità: speculativa, in Francia e nell Europa continentale, per rappresentare i nuovi problemi costruttivi da affrontare; positivistica e pragmatica, in Gran Bretagna, basata sulla concretezza delle risultanze e sulle riproduzioni sperimentali totali o parziali, mediante modelli strutturali. Prosegue il contributo offerto dai matematici ma si afferma la nuova classe degli ingegneri riuniti, in Gran Bretagna, nella Associazione degli Ingegneri Civili e formati, in Francia, nella scuola Politecnica e nella scuola di Ponts et Chaussées. Con i nuovi contributi sulla meccanica razionale, la Scienza che considera i corpi rigidi, si fonda la resistenza dei materiali, la scienza che introduce la deformabilità sotto carico dei corpi e consente di risolvere i problemi iperstatici e di definire le condizioni di sicurezza delle costruzioni e che trova la prima organizzazione in Louis Marie Henri Navier ( ): figura completa di scienziato, professore alla scuola Politecnica, ingegnere, progettista e, in particolare, teorico dei ponti sospesi. Nel suo trattato Résumé des leçons..., la Scienza delle costruzioni cominciò ad assumere l assetto che oggi si considera classico. Navier raccolse, portandoli a compimento, gli studi svolti precedentemente in particolare da Eulero e da Bernoulli. Base del pensiero di Navier fu la 22 Rondelet fu anche un viaggiatore che visitò, esaminò e misurò gli elementi costruttivi dei monumenti in Francia ed in Italia costituendo una sorta di banca dati dalla quale trasse regole costruttive di dimensionamento. 23 All entusiasmo per l impiego del ferro come elemento compartecipante alla resistenza della muratura si oppose Francesco Milizia che nel suo trattato di fine 700 [50] riporta l affermazione, attribuita al Vignola, che... le fabbriche non si hanno da reggere colle stringhe... osservando che edifici ben costruiti non hanno bisogno di tali allacciature le quali non sono che rimedi per fabbriche dissestate. Meno di cento anni dopo, Aristide Sacchi affermerà [67] che una disposizione bene immaginata di barre di ferro, o catene, in molti casi può essere meno costosa ed egualmente sicura dell aumento della spessezza dei muri maestri. 243

243 constatazione che la maggior parte dei costruttori di edifici o di macchine procedevano al dimensionamento degli elementi strutturali sulla base di regole stabilite dall esperienza cioè dal confronto con le realizzazioni già effettuate. Modo di procedere che portava ad ignorare l entità degli sforzi agenti ed il livello delle sollecitazioni nei materiali impiegati e che poteva essere correttamente applicato alle opere analoghe ad altre precedentemente realizzate e da queste non molto discoste in termini di dimensioni e di pesi. È ovvia la limitazione per i casi che escono da questi confini, in specie per edifici di nuova concezione strutturale. Oggetto del trattato è lo svolgimento di una teoria corretta che consenta, per ciascuno specifico elemento strutturale, di effettuarne il dimensionamento con un valutabile margine rispetto alle condizioni limite: in questo prefigurando la definizione delle condizioni di esercizio. I contributi teorici alla teoria dell elasticità per le travi, per le membrane, per le lastre inflesse costituirono la base per lo sviluppo ottocentesco della meccanica applicata alle costruzioni, a partire dall opera del suo allievo Adhémar Jean Claude Barré de Saint Venant. I nuovi materiali disponibili già dai primi decenni del 1700, la ghisa prima, il ferro fucinabile e l acciaio poi, vennero introdotti nell architettura civile, dopo essersi fatti largo nelle realizzazioni industriali dell epoca e nelle opere ad esse più direttamente connesse. Le prime applicazioni del nuovo materiale da costruzione maturarono nelle costruzioni ferroviarie, sia direttamente, nelle parti costitutive di locomotive e vagoni e nelle rotaie, sia indirettamente, nelle infrastrutture, e nei ponti: palestra esecutiva e teorica 24. Negli edifici multipiano ad uso civile, viceversa, la spinta verso realizzazioni sempre più audaci venne a mancare e la proporzione geometrica, quanto a numero di piani, luci libere degl impalcati, carichi di esercizio, non superava i limiti ai quali si era abituati per la costruzione di case e palazzi. Solo con molta lentezza e gradualità, sotto la spinta delle esigenze di economia degli spazi e di sicurezza agli incendi, tipiche delle destinazioni industriali e commerciali, si procedette alla sostituzione degli elementi costruttivi in legno inserendo al loro posto colonne di ghisa e travi di ghisa (e, poi, di ferro o d acciaio); resistette più a lungo il perimetro murario, poi sostituito da intelaiature controventate, in ferro o acciaio. Significative tappe del processo applicativo sono costituite dalle due seguenti realizzazioni: 1801, Officina Philip & Lee a Salford-Manchester: edificio di 7 piani a pianta rettangolare 42m 14m con pareti perimetrali murarie e sistemi interni di travi principali a T rovescia su colonne circolari cave ogni 3m; colonne e travi erano in ghisa, gli orizzontamenti a voltine murarie sorrette da sistemi di travi secondarie. Le colonne, soggette a pressione centrata, ripetevano lo schema delle tubature con giunti a bicchiere; le travi proponevano una sezione nuova, dissimmetrica, casualmente congeniale alle caratteristiche della ghisa: non linearità di comportamento, scarsa resistenza a tensioni di trazione. L introduzione dei profilati a I con la sostituzione della ghisa con il ferro decretò il successo e la rapida diffusione della tipologia di orizzontamento a putrelle e voltine , Fabbrica Menier a Noisiel-sur-Marne, edificio a 5 piani e pianta all incirca quadrata di lato 25m con struttura interamente metallica con pareti perimetrali a telai con controventi e rivestimento in mattonelle di ceramica decorate. Costruito sulla Marna (la fonte energetica) l edificio poggia su 4 pile da ponte in alveo, con interposizione di travi metalliche a sezione scatolare che raccolgono i carichi verticali dell edificio e le forze orizzontali di vento trasmesse dalle pareti. Acquistato dalla Nestlé, [5], l edificio è stato recentemente restaurato ( ). 24 In particolare si sviluppa, per i ponti di grande luce, la tipologia sospesa a funi o a catene già introdotta alla fine del 1700 e la cui connotazione definitiva, tra insuccessi, tentativi, organizzazione teorica dovuta a Navier, verrà raggiunta oltre un secolo più tardi. 244

244 Dopo circa 100 anni dall introduzione industriale del materiale ferroso nelle costruzioni civili, industriali e meccaniche l architettura di un fabbricato acquisisce una fisionomia propria, nella forma e nella costituzione strutturale, distaccandosi dalle soluzioni con pareti murarie esterne e sistemi trave-pilastro all interno; la stessa strada che dovrà percorrere, più tardi, il cemento armato: l ultimo dei materiali da costruzione ad affermarsi su larga scala sul palcoscenico dell architettura moderna. Personalità emblematiche delle mentalità realizzativa e speculativa di questo secolo, legate da un filo comune costituito dal ponte metallico tubolare Britannia su cinque pile murarie, si possono considerare Robert Stephenson ( ), progettista e costruttore del ponte, e Benoit Paul Emil Clapeyron ( ), autore dell equazione dei tre momenti per la risoluzione della trave su più di due appoggi Le convergenze del secolo XX Si realizza la fusione delle due mentalità a produrre il progetto strutturale di una costruzione; l analisi teorica e la sperimentazione su parti e prototipi si fondono in un unico processo a cui fa seguito l accertamento in opera dei requisiti di sicurezza e funzionalità, fino a che l impiego degli elaboratori (e, soprattutto, l espansione dei PC) con la sperimentazione numerica soppianterà quasi del tutto la sperimentazione fisica su modelli in scala, rimasta in uso per opere speciali, per parti di strutture, per campioni di materiali. Le fasi di approccio teoriche all analisi della sicurezza delle costruzioni sono: il corpo rigido: problemi di equilibrio; la deformazione elastica: problemi di resistenza e di stabilità; l analisi generale col metodo degli elementi finiti. Alle costruzioni in acciaio si affiancano, con un processo similare ma più breve, le costruzioni in cemento armato che gradualmente circoscrivono e poi di fatto annullano il campo delle costruzioni in muratura portante, di fatto confinata a edifici di modeste proporzioni. Per la verifica della sicurezza delle costruzioni, al metodo delle tensioni ammissibili si affianca, gradualmente fino a sostituirlo, il metodo semiprobabilistico agli stati limite. L ultimo quarto del secolo assiste alla ripresa delle costruzioni in muratura, essenzialmente come patrimonio edilizio storico, ed all assestamento delle ricerche sperimentali e teoriche sulla resistenza delle murature al sisma. 245

245

246 16 Problematiche del rilievo * INTRODUZIONE Per l edilizia esistente a struttura muraria, in rapporto all esigenza di assicurare, nel caso di un evento sismico, la salvaguardia delle vite umane, il contenimento dei danni, la funzionalità delle strutture-base della Protezione civile, la normativa tecnica {4} definisce: i requisiti di sicurezza ed i criteri di verifica; i dati di base ed i livelli di conoscenza. In merito alla sicurezza i requisiti non differiscono da quanto stabilito per le nuove costruzioni e fanno riferimento allo stato ultimo della costruzione (caratterizzato, da un lato, dalla manifestazione di uno stato di danno anche grave in tutte le componenti costruttive e, dall altro, dalla conservazione dell intera capacità portante rispetto ai carichi verticali con una residua resistenza rispetto alle azioni orizzontali) ed allo stato limite di danno (caratterizzato, da un lato, dalla mancanza di danni nelle strutture e, dall altro, dall assenza d interruzioni d uso in conseguenza di sismi che abbiano probabilità di manifestazione più alta dell azione sismica di progetto). I requisiti sono soddisfatti sulla base di: scelta dell azione sismica di progetto sulla base della zonazione sismica 1 e delle categorie del suolo di fondazione (previste in numero di 7); adozione di un modello meccanico della struttura tale da descrivere con accuratezza la risposta della costruzione al sisma; scelta di un procedimento di analisi adeguato alle caratteristiche della struttura; esito positivo delle verifiche di resistenza e di compatibilità degli spostamenti; adozione di dettagli costruttivi atti a conferire la necessaria duttilità tanto ai singoli elementi strutturali quanto alla costruzione nel suo complesso. Dovrà essere convenientemente analizzato il terreno interessato dalla costruzione. L acquisizione dei dati necessari al progetto proviene dalle seguenti fonti di conoscenza: documenti di progetto, comprensivi di elaborati grafici e di relazioni strutturale, geologica e geotecnica; eventuale documentazione acquisita sia in corso d opera 2 sia in tempi successivi alla costruzione; rilievo strutturale geometrico, compresi dettagli esecutivi; prove in sito ed in laboratorio. Per edilizia muraria storica, in particolare, le prime due voci si devono intendere come materiale d archivio. * L aggiornamento alle NTC 2008 è riportato al paragrafo B Per edifici esistenti a struttura muraria, ricadenti in zona 4, l ordinata spettrale S d (T 1 ) va assunta pari a 0,08 g. 2 In particolare i documenti contabili e di cantiere, che fanno fede sulla corrispondenza fra progetto ed esecuzione.

247 16.2. IL RILIEVO GEOMETRICO La conoscenza geometrico-dimensionale-costruttiva dell opera nel suo complesso e nei dettagli d esecuzione scaturisce da specifiche operazioni di rilievo svolte a due possibili, diversi, livelli metodologici che conducono rispettivamente ad un rilievo: sommario, che comprende i principali elementi strutturali resistenti a taglio, piano per piano, e la stima a campione dell andamento e della rigidezza degli orizzontamenti; completo, che comprende tutti gli elementi murari, tutti gli elementi di orizzontamento e la valutazione accurata (con verifica sperimentale a campione) della loro rigidezza, nonché la valutazione dei carichi gravanti su ogni elemento di parete. I dettagli costruttivi da esaminare, nel complesso delle operazioni di rilievo, riguardano: a) i collegamenti fra pareti ortogonali tra loro; b) i collegamenti fra orizzontamenti e pareti murarie, con eventuale presenza di cordolature di piano; c) gli architravi resistenti a flessione sui vani porta e finestra presenti nelle murature; d) gli elementi spingenti, con eventuali provvedimenti di assorbimento delle forze orizzontali; e) gli elementi ad alta vulnerabilità; f) la tipologia costitutiva della muratura. Quanto agli strumenti di rilievo si distinguono: verifiche in situ limitate, condotte mediante rilievi visivi diretti effettuati a campione oppure, per i punti a) e b), sulla base di un appropriata conoscenza delle tipologie costruttive; verifiche in situ estese ed esaustive, eseguite con rilievi visivi ricorrendo a locali disintonacature e messa a nudo delle zone di ammorsatura fra pareti murarie oppure fra pareti e orizzontamenti, procedendo in modo sistematico per l intero edificio per tutti i dettagli da a) ad f) IL RILIEVO COSTITUTIVO La determinazione delle caratteristiche meccaniche della muratura deve essere basata sull esecuzione di prove sperimentali in sito, oppure in laboratorio su elementi prelevati dalle strutture del fabbricato in studio o realizzati ex-novo con caratteristiche il più possibile corrispondenti alla situazione in opera. Pertanto si devono ritenere indicativi i valori desumibili dalla letteratura o dagli stessi dati normativi 4 che costituiscono una prima e rapida informazione ottenibile a partire da tipo e stato di conservazione di malte e inerti. Si procederà con: martinetti piatti; prove di resistenza a taglio dei letti di malta; prove di compressione diagonale su pannelli murari; prove combinate di compressione verticale e taglio. Questi procedimenti possono essere affiancati dai metodi d indagine non distruttivi (ultrasuoni, sclerometro, termografìa, ecc.) il cui obiettivo potrà essere rivolto all analisi della continuità del tessuto murario. Le verifiche in sito, conseguentemente alle diverse combinazioni quali-quantitative delle indagini, possono essere di uno dei tre tipi qui sotto indicati e sommariamente descritti: 3 L analisi del quadro fessurativo potrà fornire immediati ed utili complementi sulla qualità dei collegamenti e sull omogeneità di costituzione delle murature. 4 Il D.M fornisce tabelle di previsione numerica della resistenza di murature sia in mattoni sia in pietrame squadrato. 248

248 limitate, se indirizzate a completare i dati sulle proprietà dei materiali ottenibili dalla letteratura o dalle normative; sono di tipo qualitativo, basate su esami visivi effettuati uno per ogni tipo di muratura presente e per ogni piano del fabbricato, e non contemplano prove sperimentali; estese, come le precedenti ma effettuate in maniera estesa e sistematica, basate su almeno una prova per ogni tipo di muratura (oltre, ovviamente, alle verifiche visive ed alle determinazioni qualitative già indicate per le verifiche limitate); esaustive, di tipo quantitativo, basate su prove sperimentali che, per numero e qualità, consentano di valutare le caratteristiche meccaniche della muratura CONNOTAZIONE STORICA La conoscenza dell opera architettonica in studio, lungo l intero arco di tempo compreso fra la sua edificazione originaria e la sua consistenza attuale, attraversando la successione fisiologica di integrazioni e modifiche, si basa sulla lettura dei documenti d archivio e sulla lettura critica del tessuto costruttivo, con informazioni che l una riversa nell altra e che vengono indirizzate ad obiettivi diversi. Per quanto riguarda le operazioni di consolidamento, e di restauro in generale, l analisi critica del tessuto costruttivo, in particolare murario, costituisce la base di una serie di conoscenze che vanno dalla corretta interpretazione di un quadro fessurativo, all individuazione della consistenza costruttiva iniziale ed al rispetto della regola dell arte, all identificazione della concezione strutturale originaria, alla localizzazione di modifiche dell organismo costruttivo, all analisi delle modalità esecutive di eventuali singole operazioni di consolidamento e degli obiettivi proposti. Parametri di conoscenza, questi, da riversare nel progetto di consolidamento in modo tale da intervenire dove effettivamente è richiesto, e nel modo più confacente anche dal punto di vista quantitativo, operando, al di là di specifiche esigenze legate ad una necessità di protezione preventiva o di risanamento di rilevati stati di degrado o di dissesto, dove risultano eventuali carenze costruttive o mancato rispetto della regola dell arte (come nel caso, ad esempio, di mancanza di diatoni a spessore di muro in una parete costituita a più strati) ANALISI DEL QUADRO FESSURATIVO Il quadro fessurativo è costituito dall insieme delle manifestazioni di dissesto che riguardano un organismo di fabbrica nel suo complesso: dagli elementi strutturali verticali ed orizzontali agli elementi di finitura (tramezzi, pavimenti, controsoffitti, soglie di vani, cornici, ecc.) 5. Le manifestazioni di dissesto in elementi murari possono essere classificate in: lesioni o fessure, manifestazioni di discontinuità in una zona, originariamente continua, di un elemento murario; oppure in un singolo elemento lapideo (esempio: frattura di un blocco lapideo sottoposto ad un forte carico concentrato, quale quello esercitato da una trave metallica di solaio); rilevabili su una faccia del muro o corrispondentisi su entrambe le facce (lesioni passanti); distacchi, o sfilamenti, rispettivamente conformati come le lesioni ma localizzati lungo 5 Non va trascurata nessuna delle componenti costruttive indicate, che rivestono tutte la stessa importanza ai fini della definizione dello stato di rischio. Gli elementi di finitura possono infatti causare danni anche se non riguardanti direttamente la stabilità d insieme, come gli elementi strutturali con la caduta di parti; in ogni caso completano gli elementi di valutazione del dissesto in atto. 249

249 preesistenti linee di discontinuità (esempio: accostamento di due distinti corpi di fabbrica, in assenza di ammorsature murarie) o manifestati come variazione della posizione (esempio: spostamento orizzontale di una trave in corrispondenza dell appoggio su una parete); rigonfiamenti/espulsioni, perdita della conformazione piana di una faccia del muro, in una zona o per l intera estensione, o addirittura perdita di materiale; il rigonfiamento si distingue da una possibile irregolarità costruttiva attraverso il suono prodotto da una leggera serie di colpi effettuati con idoneo attrezzo di percussione (il suono è cupo in presenza di un vuoto retrostante il rigonfiamento); il fenomeno è presente essenzialmente in pareti di forte spessore, costituite da più strati contigui poco legati fra loro; fuori piombo, configurazioni di una parete muraria diverse da quella verticale iniziale; la definizione può essere riferita, con ovvio adattamento, anche agli elementi di orizzontamento. Lesioni e distacchi costituiscono la più frequente manifestazione di dissesto di elementi murari che, in tal modo, segnalano l avvenuto mutamento delle originarie condizioni statiche; tali manifestazioni sono caratterizzate da: andamento; estensione; ampiezza e profondità; epoca di formazione. Quanto all ultimo dato si può riconoscere, a grandi linee, se la formazione è recente o antica, osservando: la configurazione assunta, lungo la discontinuità, dai due bordi contrapposti: configurazione agevolmente osservabile specialmente su superfici intonacate; per formazioni recenti i due bordi presentano irregolarità nette e bene corrispondenti fra loro; lo stato di pulizia, sulle superfici ed all interno della discontinuità; formazioni antiche saranno caratterizzate da depositi di polvere e talora di materiale solido; la presenza, a pavimento, di polvere o granuli provenienti da caduta di materiale dalla discontinuità nella muratura. In una scala gerarchica d importanza, ai fini della valutazione dello stato di rischio, le lesioni precedono i distacchi; esse possono essere ricondotte a: insorgenza di stati di trazione rilevanti, imputabili a forti eccentricità o a forti componenti di taglio; l andamento risulta all incirca ortogonale alle linee di trazione; può essere il caso, ad esempio, di un arco soggetto anche a forti carichi concentrati applicati in chiave (eccentricità) oppure verso le reni (scorrimento); ancora: di una parte che abbia subito un cedimento relativo della base fondale; innesco di condizioni di schiacciamento, con andamento prevalentemente verticale nelle pareti e nei pilastri, o comunque assiale, accompagnato da scheggiature nelle zone di maggiore localizzazione. Come precedentemente accennato, la presenza dell intonaco sulle pareti murarie può facilitare l individuazione delle manifestazioni dette; nel caso in cui lo stato di lesione non sia molto pronunciato è viceversa opportuno renderne l esame visivo indipendente dall intonaco mediante asportazioni locali. Infatti l intonaco può subire autonomi stati di fessurazione, più o meno diffusi, in relazione a: eventuali rifacimenti estesi, con rete di lesioni causate da fenomeni di ritiro; presenza di discontinuità sotto traccia, di più o meno recente esecuzione, dovute a canne fumarie, alloggiamenti di cavi elettrici e simili; 250

250 presenza di vani richiusi nel corpo murario, di esecuzione antica o recente, che comportano distacchi nella muratura e conseguenti lesioni nel sovrastante intonaco (che viene così a comportarsi da rivelatore). Le definizioni precedenti possono essere agevolmente estese agli elementi di orizzontamento ed a quelli di finitura, come peraltro già indicato a proposito dei fuori piombo. Anche se il parametro ampiezza-estensione di una lesione non è di per se stesso rappresentativo né dello stato di danno né della causa che lo ha generato, in quanto, come già rimarcato, ne costituisce uno degli aspetti, pare tuttavia utile, anche al fine di familiarizzare con i dati di ampiezza possibile delle lesioni, stilare qui di seguito una sorta di classifica del danno alle murature effettuata sulla base proprio di tale parametro che è il più facile ed immediato da percepire (si veda la tabella 16.1). Ovviamente restano valide le osservazioni fatte in merito sia all analisi delle corrispondenze nei vari elementi costruttivi sia allo studio del terreno di fondazione sia all analisi statica in rapporto alle caratteristiche geometriche e meccaniche scaturite dalle operazioni di rilievo, come anche le osservazioni svolte nel seguito del paragrafo in merito alle determinazioni relative all evoluzione nel tempo del quadro fessurativo. Come già sottolineato, il prospetto di tabella 16.1 nulla dice in merito alle cause che hanno prodotto il danno e che possono acquisire importanza maggiore del danno stesso. Appare interessante specificare che per quanto riguarda possibili cedimenti differenziali di fondazione, un parametro rappresentativo è la distorsione angolare, cioè la rotazione differenziale, che non comporta apprezzabili conseguenze finché contenuta nel valore indicativo di 1/300. La rappresentazione cronologico-grafica e l interpretazione del quadro fessurativo, cioè l analisi delle caratteristiche qualitative e quantitative e la determinazione dell evoluzione nel tempo del quadro dei dissesti, costituiscono un primo elemento per l individuazione delle Tabella 16.1 Classificazione del danno 1. Molto lieve 2. Lieve 3. Moderato 4. Intenso 5. Molto intenso Larghezza Descrizione dei danni tipici approssimativa delle lesioni, in mm Lesioni capillari di larghezza <0.1 mm sono classificate come trascurabili. Sottili lesioni che possono essere riparate in normali lavori di manutenzione e pittura. Possibili modeste lesioni isolate. I muri esterni in mattoni presentano fessure rilevabili con esame attento. ~ 1 Le lesioni possono essere facilmente sigillate; di norma è necessario il ripristino degli intonaci o almeno delle pitture. Presenti numerose modeste lesioni all interno; alcune sono visibili anche all esterno e qualche ~ 5 riparazione esterna può essere richiesta per assicurare l impermeabilità. Porte e finestre possono aprirsi con qualche difficoltà. Le lesioni richiedono l allargamento e la riparazione da parte di un muratore; all esterno può essere necessario il rifacimento di una piccola quantità di muratura. Le lesioni ricorrenti possono essere mascherate con opportuni rivestimenti. Porte e finestre si bloccano; le tubazioni dei servizi possono rompersi; l impermeabilità non è assicurata. Necessari importanti lavori di riparazione, con rimozione e sostituzione di zone di muratura specialmente al di sopra di porte e finestre. I telai di porte e finestre sono distorti; i pavimenti sono inclinati visibilmente; i muri fuori piombo o spanciati. Possibili perdite di appoggio delle travi. Tubazioni dei servizi distrutte. Richiesti importanti lavori di riparazione con demolizione e ricostruzione parziale o totale dell edificio. Le travi perdono appoggio; i muri si inclinano sensibilmente e richiedono puntelli. Le finestre si rompono. Pericolo di crollo ovvero numerose lesioni di ma comunque dipendente dal numero di lesioni generalmente > 25 ma comunque dipendente dal numero di lesioni 251

251 cause e per la determinazione dello stato di sicurezza in atto: obiettivi tutti che richiedono l appoggio dell accertamento della situazione geologica e fondale, e delle risultanze dell analisi statica nelle condizioni di fatto, nonché l incrocio con le determinazioni di rilievo. In particolare la rappresentazione grafica deve coinvolgere, nell assetto tridimensionale dell organismo di fabbrica in studio, tutti gli elementi costruttivi in modo tale da rendere possibili riscontri e corrispondenze in grado di fornire un primo indirizzo di diagnosi sulle cause e sullo stato di sicurezza; ad esempio, uno stato di fuori piombo di una parete deve avere opportune corrispondenze nelle pareti che in essa si intestano e negli orizzontamenti che essa sostiene o lambisce. L analisi cronologica 6, rapportata anche al tipo di dissesto in atto, dev essere indirizzata all individuazione di riduzioni dello stato di sicurezza ed alla necessità di porre in essere provvedimenti urgenti di salvaguardia. Con una frequenza di osservazione determinata dal tipo di dissesto in atto, comunque maggiore in fase iniziale, l analisi potrà essere svolta: con apposizione di spie di vetro (materiale fragile) sagomate a farfalla, applicate, a cavaliere della lesione, sulla faccia viva della muratura 7 mediante malta a base di gesso; registrate, accanto alla spia, data e ora di applicazione, se ne controlla periodicamente l integrità avendo per assunto che ampliamenti della lesione provocherebbero la rottura del vetro; se la posizione della lesione è facilmente raggiungibile, è buona norma applicare, a breve distanza, una seconda spia per evitare che accidentali rotture possano essere scambiate per progressione del fenomeno; con osservazione visiva (diretta oppure con ausilio di lenti graduate), segnando con una crocetta sull intonaco, dopo avere registrato accanto la data e l ora, la posizione di ciascuno dei due estremi della lesione; periodicamente se ne verifica l eventuale successiva estensione posizionando ulteriori crocette e registrando sempre data e ora accanto ad esse; con ausilio di strumenti meccanici, fissi (fessurimetri) o asportabili (deformometri), applicati a cavaliere della lesione ed in grado di misurarne l ampiezza con precisione fino al centesimo di millimetro; i primi, sostanzialmente, sono costituiti da due aste graduate scorrevoli fra loro e fissate una da una parte e una dall altra della lesione: in grado quindi di rilevare variazioni di distanza sia nella direzione del fessurimetro, quindi di ampiezza della lesione, sia nella direzione ortogonale; i secondi, analoghi ma più elaborati e dotati di maggiore precisione, eseguono la lettura tra due basi puntiformi applicate sempre a cavaliere della lesione ad una distanza originaria di 10 cm: sono le due basi ad essere fissate sulla parete mentre lo strumento vero e proprio è applicato di volta in volta (ed è meno soggetto, rispetto a fessurimetri e spie di vetro, a casuali danneggiamenti e rotture); per ottenere anche eventuali altre componenti di spostamento, si può applicare una terza base, in modo tale da costituire un triangolo isoscele, ed effettuare due letture; con ausilio di strumenti a funzionamento elettromagnetico, fissati alla parete e collegati ad una sorgente di energìa elettrica; le due parti scorrevoli fra loro sono avvolgimenti elettrici su nucleo metallico che utilizzano il fenomeno dell induzione conseguente a movimenti relativi tra le due parti; questo sistema consente, a differenza degli altri, la continuità nel tempo delle misure e la registrazione di esse. Distacchi e fuori piombo possono essere misurati mediante livellazioni e traguardi ottici (questi ultimi costituiti da elementi metallici fissati alla parete: opportunamente segnalati devono essere protetti da alterazioni accidentali). Le letture effettuate, al fessurimetro o al deformometro o ad altro strumento, sono riportate in 6 Spesso impropriamente denominata controllo del quadro fessurativo. 7 Quindi con locale asportazione dell intonaco. 252

252 (1) è andamento sicuro: il fenomeno si va stabilizzando nel tempo; (2) è andamento a crescere: il fenomeno tende ad amplificarsi ed occorre infittire le letture ed eventualmente disporre opere di presidio cautelative. Fig Fig grafico nel rapporto ampiezza/tempo. Con riferimento al grafico qualitativo della figura 16.1 si può affermare che un andamento nel tempo come (1) è sicuro in quanto rappresenta un fenomeno che si va attenuando nel tempo mentre un andamento come (2) ne mostra un amplificazione nel tempo e quindi richiede un infittimento delle letture ed eventualmente l assunzione di provvedimenti temporanei di salvaguardia della sicurezza. L intersezione cronologica tra le fasi costruttive di un fabbricato e le manifestazioni di disse- 253

253 sto può consentire di individuare le cause del dissesto stesso e indirizzare opportunamente sia le ricerche diagnostiche che i successivi provvedimenti tecnici. Si consideri, ad esempio, il caso di un fabbricato regolare fondato direttamente su uno strato (uniforme) di terreno ad elevata deformabilità sul quale esercita pressioni di contatto uniformi e produce cedimenti uniformi; si supponga poi che, in una determinata epoca, venga effettuata una sopraelevazione su una parte dell area coperta ed in posizione eccentrica (figura 16.2). Il maggiore peso induce sul terreno una variazione nel diagramma delle pressioni, idealmente rappresentata (in un ipotetico comportamento a blocchi separati) in figura come un incremento uniforme nella zona fondale corrispondente all area sovraccaricata, con conseguenti maggiori cedimenti. A queste variazioni l edificio si adatta in maniera diversa, a seconda che: esista una base rigida; l edificio compie una piccola rotazione restando monolitico e il diagramma delle pressioni di contatto evolve verso un andamento trapezio o triangolare con massimo allo spigolo sovraccaricato: piccole rotazioni alla base comportano spostamenti orizzontali in sommità dell ordine da alcuni centimetri a oltre il decimetro; non esista una base rigida; si genera una frattura, secondo una linea di debolezza, con ampiezza crescente verso l alto o con altre modalità (in dipendenza, ad esempio, della presenza e disposizione di vani per porte o finestre). Negli schemi delle figure 16.3 e 16.4 sono riassunti ed esemplificati due casi rilevati di dissesto, imputabili ad un cedimento degli appoggi o della fondazione. Il primo di essi si riferisce al dissesto conseguente all imbarcamento di un solaio in legno di luce considerevole e consiste nella fessurazione dei tramezzi gravanti su di esso e disposti a definire una serie di ambienti per una comunità religiosa, all interno di un complesso monastico ad elevata valenza storico-artistica. Le travi principali presentano luce variabile fra 6,50 m e 5,00 m circa con interasse di circa 1,40 m. Le dimensioni della sezione trasversale sono visibilmente esigue, anche in rapporto ad una costituzione abbastanza pesante del solaio che presenta un consistente massetto per compensare un esistente inclinazione longitudinale. Al sovrastante calpestio, lo schema delle tramezzature segue la distribuzione tipica a corridoio longitudinale con accessi a singole celle. Le travi risultano fortemente sollecitate già per carichi permanenti. Il quadro fessurativo schematicamente illustrato nella figura 16.3 è conseguente alla situazione descritta per le travi, che presentano massima deformabilità sotto il tramezzo trasversale a : questo tende a distaccarsi dai bordi mentre il tramezzo longitudinale d punta sulle zone di minore deformabilità, costituite da un muro o da una trave di minore luce. L ampiezza delle lesioni è correlata al movimento descritto. Per il rinforzo del solaio, stabilita la conservazione delle travi esistenti, sono stati esclusi sia il rinforzo diretto, con aumento delle sezioni o con inserimento di piastre metalliche, sia il rinforzo indiretto, con inserimento di travi ausiliarie al centro di ogni interasse. Si è pertanto deciso di intervenire mediante riduzione delle luci (inserimento di puntoni metallici verticali nell ambiente sottostante, nel quadro di una generale risistemazione funzionale) e nella sigillatura delle lesioni nei tramezzi, secondo la corrispondenza: eliminazione della causa e successiva riparazione degli effetti prodotti. Il secondo caso, illustrato nella figura 16.4, si riferisce ad un fabbricato di quattro piani, soggetto ad un moto rigido d insieme per cedimento differenziale del terreno di fondazione costituito da una successione di limi con elementi organici, fortemente compressibile. Il fabbricato presenta struttura di fondazione a travi rovesce di cemento armato e struttura di elevazione mista, murature perimetrali con pilastri ed elementi di piano in cemento armato, tipica del- 254

254 Fig Fig. 16.4

255 l edilizia dei primi decenni del secolo scorso. La parte fondale e seminterrata risulta di elevata rigidezza rispetto alla parte sovrastante. Il cedimento, manifestatosi sul fronte lato strada e da ascrivere sia agli effetti del traffico sia ad alterazioni casuali del contenuto d acqua nel terreno, aveva prodotto una rotazione rigida del fabbricato con un fuori piombo in sommità di 10 cm circa. L intervento è consistito nel sottofondare l edificio con micropali, senza recuperare l inclinazione d insieme, ricostituendo l orizzontalità dei solai mediante un sottofondo leggero di spessore variabile. La disposizione dei micropali ha riguardato l intero ingombro planimetrico del fabbricato, ma con una disposizione più fitta sul lato del cedimento e via via più rada sugli altri lati DIAGNOSTICA. PROVE SPERIMENTALI IN SITO Le prove mirate alla determinazione delle caratteristiche costitutive, fisiche e meccaniche di elementi costruttivi dell organismo di fabbrica in studio (della muratura in primo luogo) possono essere catalogate sulla base degli obiettivi e delle finalità perseguiti oppure, come viene qui preferito, sulla base degli effetti prodotti sull elemento costruttivo in prova. Si distinguono, pertanto: A. Prove non distruttive. B. Prove poco distruttive. { dirette, su campioni prelevati direttamente in sito; C. Prove distruttive analogiche, su campioni eseguiti ex-novo con caratteristiche il più possibile analoghe al reale. Si riportano in elenco, con una breve descrizione, le singole prove evidenziandone sia le finalità che l estensione e l attendibilità dei risultati ottenuti. A.1. Prove mediante pacometro, strumento transistorizzato a riluttanza magnetica finalizzato alla rilevazione di barre di acciaio all interno di elementi di calcestruzzo o nel corpo della muratura. Originariamente messo a punto per strutture di cemento armato con barre di diametro fra 10 e 40 mm entro spessori di copriferro non superiori a 10 cm, lo strumento può essere impiegato per l individuazione di elementi metallici nel corpo della muratura (ad esempio: catene poste sopra l estradosso di volte murarie, barre d ancoraggio di spesse lastre lapidee). Quando le linee di flusso magnetico dello strumento si trovano ad avvolgere un elemento metallico, di minore riluttanza, si producono correnti elettriche indotte di maggiore intensità facilmente rilevabili con strumenti elettrici. A.2. Prove mediante sclerometro. Attraverso la misura del rimbalzo di una massa metallica spinta contro la superficie di un elemento di calcestruzzo, lo strumento, sulla base di una taratura di laboratorio, ne fornisce la resistenza caratteristica a compressione come media di almeno 10 letture eseguite nell intorno di una ristretta zona di calcestruzzo non interessata da sottostanti barre di armatura. Con un opportuna taratura lo strumento può fornire, sia pure con maggiori margini d incertezza, la resistenza di materiali lapidei diversi. 256

256 A.3. Controlli radiografici dell integrità di saldature in opera di elementi metallici, effettuati a mezzo di sorgente gammagrafica con isotopi radioattivi emessi da un puntale con comando manuale a distanza. A.4. Misura della velocità di onde ultrasoniche (frequenza superiore a Hz) entro calcestruzzi e murature. La prova, eseguita per trasparenza, evidenzia, in elementi murari di forte spessore, principalmente disomogeneità presenti all interno del corpo murario (vuoti, elementi lignei o metallici, ecc.); con opportuna taratura effettuata in laboratorio si possono ottenere indicazioni sulle proprietà meccaniche. A.5. Auscultazione della muratura mediante percussione manuale con martelletto; estesa ad ampie zone murarie, la prova evidenzia la presenza di vuoti o di discontinuità attraverso il suono più cupo. In forma organizzata, mediante un martello strumentato ed una sonda di ricezione, la prova evolve nella misura della velocità di onde soniche: generate, su una faccia della parete, dal martello e raccolte dalla sonda sulla faccia opposta (prova per trasparenza). In un caso specifico di muratura bene organizzata con blocchi di trachite sui due paramenti e nucleo compatto all interno (t = 1,25 m, complessivo) e di muratura caotica con blocchi irregolari di tufo (t = 0,90 m) le prove hanno fornito valori di velocità rispettivamente comprese fra e m/sec. e fra 500 e m/sec. A.6. Indagini termografìche, effettuate mediante telecamera sensibile all infrarosso che riprende la superficie della parete muraria in esame opportunamente sollecitata termicamente mediante insolazione naturale o tramite dispositivi artificiali. Si procede a videoregistrazione o ripresa fotografica con montaggio di una mappa termografica in cui l andamento delle bande di colore corrisponde alle linee isoterme. Le finalità sono mirate all analisi di omogeneità del paramento murario, alla ricerca di cavità nel corpo murario (intese come mancanza di materiale, di distacco dei rivestimenti, di fessurazioni al di sotto di questi), mappatura del livello di umidità, ricerca di zone di condensazione climatica e di dispersione termica, lettura critica del tessuto architettonico sotto intonaci o rivestimenti vari. A.7. Prove di carico statiche, su parti estese di struttura o su singoli elementi strutturali. Consistono nell applicazione di carichi, verticali od orizzontali, e nella misura degli spostamenti prodotti. I carichi, realizzabili con materassi ad acqua o con materiale minuto di zavorra, oppure mediante uno o più pistoni oleodinamici operanti a contrasto, sono applicati per cicli successivi di ampiezza crescente in modo tale da evidenziare il carico limite, oltre la fase lineare; gli spostamenti sono misurati mediante comparatori millesimali di tipo meccanico o elettrico. A.8. Prove di carico dinamiche, su parti estese di struttura o sull intera costruzione, per la determinazione delle frequenze proprie mediante eccitazione con vibrodina e determinazione di spostamenti ed accelerazioni mediante sismometri o accelerometri, di sensibilità adeguata alle frequenze proprie della struttura in studio. B.1. Carotaggi nel corpo murario per prelievo di campioni cilindrici del diametro di 10 cm o di 20 cm mediante carotatrice a corona diamantata. I campioni prelevati sono utilizzati sia per l esame costitutivo del corpo murario sia, in caso d integrità del campione estratto, per l esecuzione di prove di compressione assiale. B.2. Microcarotaggi nel corpo murario, come sopra ma con diametro da 28 a 50 mm. I campioni sono utilizzati per l esame costitutivo del corpo murario (stratigrafia, consistenza, stato di con- 257

257 servazione) e per la determinazione dell estensione plano-altimetrica di parti murarie non ispezionabili direttamente, quali ad esempio elementi di fondazione. In generale i campioni prelevati non sono utilizzabili per prove di resistenza in quanto non coerenti per lunghezze significative. La scelta del numero e della posizione dei carotaggi va fatta in rapporto ad una maggiore o minore uniformità costitutiva, per evitare ingannevoli estrapolazioni da isolate analisi. B.3. Indagini endoscopiche nel corpo della muratura entro lesioni o discontinuità esistenti o entro fori di diametro ridotto (massimo 20 mm) praticati con trapani a rotazione a basso numero di giri in modo da ridurre vibrazioni ed alterazioni prodotte dalla perforazione. All interno del foro o della discontinuità si inserisce un endoscopio, costituito da un asta con fibra ottica munita di guida luce per l illuminazione della parte in studio; all endoscopio può essere collegata una telecamera o una macchina fotografica reflex per la documentazione dell indagine. I risultati consistono, come nel caso precedente, nell esame costitutivo del corpo murario, effettuato stavolta nella parte rimasta in sede. In casi particolari il foro può essere effettuato con microcarotaggio, in modo da poter disporre dell osservazione sia del materiale in sede sia di quello portato alla luce. B.4. Prova con martinetti piatti, singoli o accoppiati, per la determinazione dello stato locale di tensione nel paramento murario della struttura in esame, del modulo elastico, della resistenza a compressione. Operazioni esecutive: posizionamento di terne di basi estensimetriche poste a cavaliere della zona in cui devono essere inseriti i martinetti piatti e letture di zero con estensimetri meccanici o elettrici; taglio orizzontale, a parziale spessore, del muro in corrispondenza di un ricorso di malta e lettura agli estensimetri; inserimento del martinetto nel taglio, collegamento alla pompa e messa in pressione del fluido fino a tornare con gli estensimetri alle letture di zero. Tabelle di taratura forniscono il valore della tensione di compressione in funzione del valore misurato per la pressione del fluido. La prova può essere proseguita con martinetti accoppiati aumentando la pressione e costruendo il diagramma tensione-deformazione della muratura in studio. Fig

258 Fig. 16.6a Fig. 16.6b

259 Fig A titolo esemplificativo, nel grafico della figura 16.5 sono riportati i diagrammi tensione/deformazioni tipici di una prova con martinetto piatto (a destra le deformazioni verticali, a sinistra le orizzontali); nelle immagini della figura 16.6a sono riprodotti un martinetto, la camera di pressione, la sega ad eccentrico impiegati per prove con martinetti semplici e doppi eseguite da ditta specializzata su alcune parti murarie del Duomo di Orvieto nel Le dimensioni del martinetto sono: profondità 26 cm, larghezza 35 cm. Nella figura 16.6b sono illustrate alcune fasi operative: la lettura di zero, il taglio in corrispondenza di un ricorso fra i blocchi di pietra, l inserimento del martinetto, il collegamento alla camera di pressione. Nella figura 16.7 è riportato, a titolo esemplificativo, il diagramma di carico/scarico ottenuto con una delle prove con martinetti piatti effettuate sulle murature del Duomo di Orvieto. Valore indicativo del modulo di elasticità: kg/cm 2. B.5. Prova con penetrometro Windsor per la valutazione della resistenza di elementi laterizi, mediante infissione di una sonda in lega speciale con l impiego di pistola Windsor per murature. B.6. Prova di sfilamento, eseguita su una barra di acciaio, inserita nel corpo murario per la determinata lunghezza e sigillata con il legante previsto, sporgente dalla parete in studio ed operando a contrasto con la parete stessa. Obiettivo della prova è la determinazione dell aderenza fra barra, legante e muratura e quindi dell efficacia di interventi di collegamento e legatura oppure di ancoraggio mediante inserimento di barre metalliche a scomparsa nella muratura. C.1. Prove di compressione monoassiale, volte a determinare la resistenza caratteristica a compressione f k della muratura soggetta a carico ortogonale alla giacitura principale degli elementi laterizi o lapidei del campione. Le prove possono essere effettuate su campioni lunghi, 260

260 prismi o cilindri, oppure su campioni estesi, muretti o pareti; queste ultime simulano il macroelemento delle costruzioni reali e, a parità di costituzione, forniscono valori di resistenza leggermente inferiori rispetto alle corrispondenti prove per elementi lunghi. Per le prove s impiegano le usuali attrezzature di carico in uso presso i Laboratori di prova dei materiali da costruzione; con l impiego di estensimetri, in numero e posizione opportuni, si possono determinare le curve complete tensione-deformazione assiale-dilatazione trasversale. L applicazione del carico può essere del tipo monotono (forza assiale progressivamente crescente) oppure del tipo ciclico (forza assiale crescente per cicli successivi di carico e scarico, sempre rispettando la condizione di applicazione quasi-statica in modo da non introdurre sensibili effetti di accelerazione). C.2. Prove di compressione diagonale eseguite su pannelli murari disposti in modo tale che i ricorsi di malta della giacitura principale risultino inclinati di 45 rispetto alla direzione del carico applicato, figura 16.8; i pannelli, di spessore t, possono essere circolari o quadrati: rispettivamente di diametro D e di lato B. Le prove forniscono, nell ordine, i valori della tensione di rottura a trazione e della tensione tangenziale di rottura per mezzo delle espressioni: in cui Nu è il valore del carico di rottura. σ kt = 2 Nu /(3,14 D t) τ t = Nu /(1,41 B t) Fig

261 C.3. Prove di compressione e taglio su pannelli rettangolari soggetti a carico verticale costante e forza orizzontale variabile; le due basi del pannello sono vincolate in modo tale da consentire traslazioni orizzontali fra le due basi stesse, quindi in assenza di rotazioni relative. Lo stato di sollecitazione che ne deriva è molto vicino alla situazione effettiva delle costruzioni soggette a sisma, figura Le prove possono essere condotte con forza orizzontale progressivamente crescente fino alla rottura del pannello (prova di tipo monotono) oppure con forza crescente per cicli successivi di carico e scarico, senza o con inversione (prova di tipo ciclico o di tipo alternato, rispettivamente). Il diagramma sperimentale ha il carico P come parametro e, come variabili, la forza V e lo spostamento relativo fra le due basi δ. La condizione ciclica o alternata delle prove evidenzia l innesco delle fessurazioni, la progressiva riduzione di rigidezza del pannello, l accumulo del danno e le modalità di collasso; queste ultime si manifestano per rottura diagonale da trazione oppure per scorrimento lungo un ricorso orizzontale oppure ancora per esaurimento della resistenza a compressione agli spigoli più sollecitati, contrapposti alla base ed alla sommità. Le modalità di rottura per taglio sono rappresentate, nell ordine, dalla resistenza tangenziale da trazione, τ t, oppure dalla resistenza tangenziale da scorrimento, τ c. Mediante queste prove si può determinare la duttilità di comportamento del pannello espressa come rapporto fra lo spostamento ultimo e lo spostamento al limite elastico, quest ultimo convenzionalmente definito. Come detto, il carico P assume il ruolo di parametro di carico, che differenzia i casi di murature fortemente e debolmente caricate. Nelle situazioni di murature soggette a livelli di carico usuale, si rileva un aumento anche considerevole della resistenza alle azioni orizzontali, progressivamente crescente con l aumento del carico verticale. Negli schemi della figura 16.9 sono rappresentate le modalità di carico del pannello, i meccanismi di collasso (riferiti, per immediatezza visiva, a condizioni monotone di carico), il diagramma caratteristico di comportamento e la sua schematizzazione a bilatera. I risultati delle prove e le modalità di collasso dipendono anche dal parametro geometrico costituito dal rapporto dimensionale altezza/base del pannello. Fig

262 Si osserva che, per un evidente confronto dei risultati ottenuti in sedi ed in condizioni diverse, vanno normalizzati i parametri di carico, che influenzano i risultati: primi fra tutti, il numero di cicli e le modalità di applicazione della forza orizzontale. C.4. Prove di aderenza tra file sovrapposte di elementi laterizi o lapidei ed i giunti di malta interposti, condotte su provini di piccole dimensioni costituiti come in figura 16.10, o, più raramente, sugli interi giunti di prismi o muretti. Stante il valore, generalmente modesto, del rapporto H/B la prova coinvolge la sola resistenza allo scorrimento; la forza verticale N assume il ruolo di parametro di carico. Rappresentato il fenomeno con un meccanismo di attrito-coesione perfetto, la resistenza allo scorrimento è caratterizzata da due parametri, indipendenti dal carico applicato: coesione; coefficiente d attrito. Essi definiscono un legame lineare fra la tensione media di compressione σ o = N/(Bt) e la tensione tangenziale media τ c = V /(2Bt). Tali parametri sono da determinare mediante un numero di prove sufficientemente elevato, tale da consentire l interpretazione e la rappresentazione dei risultati mediante un procedimento numerico di regressione 8 Fig IL RILIEVO STATICO L analisi statica dell organismo architettonico in studio, soggetto ai carichi permanenti ed ai sovraccarichi verticali, costituisce un insopprimibile componente di studio preliminare alla fase di progettazione dell intervento che, inserita nel contesto delle operazioni di rilievo, consente di effettuare la stima delle condizioni di sicurezza (e quindi l eventuale necessità di un intervento preliminare di puntellamento) e l individuazione delle zone a rischio, di identificare le possibili cause di danno, di indirizzare le fasi progettuali d intervento. Risultato notevole, per organismi architettonici di rilevanza storica ed artistica, è una possibile connotazione storica anche della fase di costruzione originaria e delle eventuali varianti occorse nel tempo: un aspetto, questo, di particolare importanza per la fedeltà al rispetto della concezione strutturale originaria negli interventi di miglioramento o di adeguamento antisismico come condizione di compatibilità fra il consolidamento strutturale (restauro statico) ed il restauro architettonico degli edifici storici. In questa fase di studio il procedimento va basato sull impiego di modelli strutturali semplici, utilizzabili anche sul campo per verifiche immediate; le verifiche utilizzano il metodo delle tensioni ammissibili che ha per lungo tempo, almeno per tutto l arco temporale di oltre un secolo, costituito il procedimento tradizionale alternativo alla progettazione per via empirica (proporzionamento basato sull esperienza o sulla sperimentazione in laboratorio di parti o di modelli strutturali in scala). Con la definizione del modello strutturale si fa scomparire, in tutto o in parte, l opera archi- 8 Nella realtà sperimentale è insita la dispersione dei risultati ottenuti per cui le coppie di valori τ c /σ o non individuano, nel corrispondente piano coordinato, una retta (sarebbero, altrimenti, sufficienti due sole prove a diverso valore di N) ma determinano una nube di punti nel cui ambito si definisce una retta probabile. 263

263 Fig Fig tettonica in studio (sostituita e rappresentata da un elemento strutturale puramente dotato di materia) così come si fa scomparire la concretezza fisica dei carichi, rappresentandoli con delle frecce: segmenti orientati che ne indicano le entità, le direzioni, i versi, le distribuzioni nello spazio. Così ad esempio la mensola, in ferro, forgiato e lavorato, o in legno, scolpito ed intagliato, sporgente dal muro diventa un insieme di travi connesse tra loro e col muro mediante vincoli: meccanismi ideali che rappresentano le connessioni effettive ed assumono la funzione di trasmettitori di forze. Si vedano, in proposito, le rappresentazioni schematiche della figura 16.11; nel triangolo di vettori a destra sono rappresentate le azioni sul muro che consistono in una compressione inclinata e localizzata ed in un tiro con possibile sfilamento (al quale fare fronte con un opportuno ancoraggio o con la legatura alle travi del retrostante solaio: provvidenza, quest ultima, raccomandata dal Genio Civile negli interventi post o pre-sismici del secolo scorso). Allo stesso modo la struttura di un solaio, in legno o in ferro, diventa una successione di travi 264

264 intestate, con un vincolo di semplice appoggio, nelle due pareti murarie contrapposte sulle quali esercitano azioni localizzate di contatto. Tali azioni sono ripetute all interasse i delle travi, come mostrato nella sezione verticale frontale riportata a sinistra della figura 16.12, e costituite da una distribuzione triangolare di pressioni sulla superficie di contatto b d come mostrato nella sezione verticale trasversale riportata a destra in figura Nella figura stessa sono indicati possibili inconvenienti e conseguenti provvedimenti. Parimenti un balcone in aggetto, in pietra, in legno o in ferro, diventa una successione di travi a mensola con comportamento a leva, ciascuna delle quali esercita sul muro tensioni normali di compressione nelle zone di contatto, localizzate sulla faccia inferiore o sulla faccia superiore della trave (come mostrato nella figura 16.13a) a fornire un apparente resistenza a flessione, e quindi a trazione, della muratura. Quest ultima è in realtà fornita dal peso della muratura sovrastante, che deve essere di entità sufficiente a garantire l equilibrio e la resistenza. Un punto debole può essere rappresentato dagli innesti in corrispondenza del vano-porta di accesso al balcone, in quanto viene a mancare il contrappeso di muratura necessario all equilibrio. Il provvedimento, se necessario, può consistere in una traversa superiore intestata negli stipiti del vano o nel collegamento alle retrostanti travi di solaio; oppure ancora si può ispirare alla disposizione di figura 16.13b, riprodotta dal citato volume di Anselmo Ciappi, [19]. Nelle due ultime figure richiamate sono anche esaminate le possibili situazioni di rischio e sono indicati i possibili provvedimenti. Fig a 265

265 Fig b Archi e volte (a botte), se di spessore non elevato rispetto alle dimensioni in pianta, possono essere rappresentati da archi a tre cerniere (localizzate nei punti centrali delle sezioni di chiave ed alle reni) soggetti a carico verticale distribuito con intensità crescente dalla chiave alle reni, con modalità conseguenti alla forma dell intradosso e qualitativamente rappresentate in figura 16.14: ivi il carico è schematizzato con un tratto centrale uniforme e due tratti laterali trapezi. Fig Infatti, come mostrato nella figura 16.15, il carico si può suddividere in una stesa uniforme d intensità p 1, che rappresenta il peso dei vari strati presenti in chiave, più un eventuale sovraccarico, ed in una stesa variabile che segue la forma della linea d intradosso (con valore nullo in chiave e massimo alle reni). La parte variabile può essere convenientemente rappresentata da due andamenti triangolari estesi a compenso come indicato. Nella figura è riportato l andamento delle forze orizzontali e verticali (X, spinta, ed Y, peso, rispettivamente) sui muri d imposta di una volta a botte; peso e spinta hanno valori diversi fra loro, ovviamente, ma presentano lo stesso andamento: andamento che, per semplicità grafica, viene rappresentato una sola volta, in figura (ed in figura 16.17). Nella stessa figura è poi svolta una disamina del possibile quadro fessurativo, imputabile al 266

266 Fig ribaltamento delle due pareti murarie longitudinali d imposta. Lesioni in chiave sono ovviamente possibili anche senza tendenza al ribaltamento dei muri quando la linea delle pressioni nella sezione della volta è sensibilmente esterna rispetto al terzo medio dello spessore (come accade, ad esempio, per conformazione a tutto sesto in presenza di carichi concentrati). Lo stato di tensione nella volta, rappresentata come una successione di archi paralleli, è monodimensionale. Fig

267 Fig Analoghi diagrammi e considerazioni sono riportati nella figura per una volta a botte con testate di padiglione; le modalità, analoghe per una volta a specchio (o a schifo), sono derivate da una volta a padiglione che grava in modo uguale sui quattro lati (tutti della medesima lunghezza). Lo stato di tensione in questo tipo di volta è bidimensionale. Per quanto riguarda la volta a crociera, generata anch essa come la volta a padiglione dall intersezione di due volte a botte ortogonali (non necessariamente uguali: eventualmente con diversa luce ma sempre con uguale freccia), le azioni alle imposte sono concentrate nei quattro spigoli ove vanno condensati opportuni sostegni. Rispetto alla volta a padiglione il carico verticale complessivamente gravante sulla volta a crociera è inferiore (a parità di spessore complessivo nella zona di colmo); il corrispondente schema strutturale è indicato nella figura ove sono determinate l intensità e la posizione della risultante verticale di carico sia per la parte uniforme, p 0, sia per la parte variabile, p 1 ; per quest ultima il valore di B va definito secondo le indicazioni riportate nella figura Da intensità e posizione della risultante consegue il calcolo delle spinte e della componente verticale di reazione. Per quanto riguarda le coperture, le strutture principali, in legno o in ferro, sono rappresentate da strutture reticolari soggette ai carichi verticali trasmessi dalle sovrastanti strutture secondarie e dal proprio peso: in generale, o in prevalenza, non applicati in corrispondenza dei nodi. Gli sforzi generati sono pertanto di flessione e taglio oltre che assiali; questi ultimi, di trazione o di compressione, rispettivamente nella catena e nel monaco o nei puntoni di falda, di saetta, di controcatena, vanno determinati sostituendo direttamente ai carichi applicati lungo l asse di ogni elemento le reazioni verticali alle due estremità: sostituzione lecita se l inclinazione delle falde del tetto rientra nei valori usuali (modesti) delle nostre latitudini. A questi sforzi assiali si sovrappongono, essenzialmente nei puntoni di falda, il taglio e la flessione derivanti dalla presenza dei carichi fuori dai nodi; i relativi termini di tensione sono general- 268

268 Fig mente molto maggiori dei corrispondenti prodotti dagli sforzi assiali. Lo stato di imbarcamento che spesso si riscontra nelle falde dei tetti è dovuto al regime flessionale in atto sia nei puntoni delle capriate che nelle strutture secondarie 9. È immediato infine osservare che la salute strutturale delle capriate è legata, come primo effetto, alla distribuzione essenzialmente simmetrica dei carichi agenti in mancanza della quale potrebbe venire meno l effetto di contrasto delle saette o potrebbero innescarsi delle labilità di comportamento con conseguenti meccanismi di rottura atipici. Nelle vere e proprie orditure reticolari in ferro, lo stato di sollecitazione prevalente è assiale: conseguenza prima della cura con cui le terzere, e quindi i carichi corrispondenti, sono disposti nei nodi, delle ridotte dimensioni delle sezioni trasversali e, poi, della modesta incidenza in peso dei vari elementi costituenti. Quanto alla muratura, il modello rappresentativo è l elemento compresso, pilastro o parete, soggetto a carico generalmente eccentrico e passibile di crisi per resistenza o per instabilità: termini esasperati da possibili costituzioni disomogenee secondo lo spessore, che trasferiscono agli strati corticali una crisi apparentemente lontana se riferita all intero spessore. Viene posta a zero la resistenza a trazione, ciò che può rendere non immediata l identificazione dell asse neutro in sezioni di forma non rettangolare. Nel caso di muratura monolitica e per sezione rettangolare, qui di seguito sono forniti i domini M, N che definiscono, nell area interna al diagramma, i valori compatibili delle eccentricità (rette uscenti dall origine o parallele all asse M, a seconda delle modalità di applicazione dei carichi). I diagrammi sono forniti nelle due ipotesi di comportamento lineare e lineare-duttile fino a rottura per schiacciamento. 9 Nel secondo volume del citato libro di A. Samuelli Ferretti, [68], è riportata l analisi delle capriate in legno della basilica di Santa Maria Maggiore, in Roma (distanza fra gli appoggi: 18 m circa). 269

269 N 6N Per la sezione rettangolare di lati l e t, introdotte le grandezze adimensionali e 2 σ 0 lt σ 0lt in cui σ 0 rappresenta la tensione di riferimento (il valore massimo di esercizio o la resistenza a compressione) e per comportamento lineare-fragile il dominio sforzo normale/momento adimensionalizzato è rappresentato da una curva costituita da un tratto lineare e da un tratto parabolico raccordati fra loro, figura (corrispondenti rispettivamente al caso di sezione interamente compressa o parzializzata). La curva è non esterna al triangolo che ha per vertici l origine e i due punti di coordinate unitarie. Con riferimento ai valori adimensionali i legami sono rappresentati dalle due relazioni: m = 1 - n m = 3n - 4n 2 Nella rappresentazione elasto-duttile del comportamento a compressione (con duttilità µ = ε u /ε o ), l effetto della duttilità risulta sensibile agli elevati valori dello sforzo di compressione mentre risulta trascurabile per sezione fortemente parzializzata. Nella figura sono riportati i due domini, relativi ai comportamenti fragile e duttile, quest ultimo con valore esemplificativo 2 della duttilità. Da notare che la curva rappresentativa del comportamento elasto-duttile corrisponde (in altra scala) alla analoga ricavata con la schematizzazione uniforme delle tensioni di figura A titolo esemplificativo nelle pagine seguenti si considerano casi di sezioni diverse dalla rettangolare, quali potrebbero essere individuati in spigoli murari o in pilastri a sezione quadrata sollecitati secondo una diagonale. In figura è riportato il dominio m-n di un pilastro murario presso-inflesso con sezione a T; in figura è riportato il dominio per una sezione triangolare isoscele dal quale si può fare derivare, con un procedimento di somma e sottrazione di aree, l analisi di un pilastro a sezione quadrata sollecitato secondo una diagonale (figura 16.27). L analisi è svolta in regime lineare; le eccentricità sono riferite al baricentro della intera sezione. n Fig

270 Qui di seguito si riporta qualche dettaglio degli sviluppi di analisi. 1) SEZIONE A T DI LARGHEZZE B, b ED ALTEZZE H,a Con riferimento alla figura ed operando per a y n H una suddivisione in rettangoli della sezione assegnata, si considerano i seguenti tre contributi: N a risultante dalla parte triangolare del diagramma di tensioni agenti sul rettangolo d ala (B-b) a; N b c.s. per la parte rettangolare del diagramma di tensioni; N c risultante dal diagramma complessivo di tensioni agenti sulla parte compressa del rettangolo d anima, b y n. Fig Espressi, per N ed M, i tre termini costituenti, dopo semplici passaggi si ottiene: 1 H y n N = σobh α ( 1 β) 2 α β + 2 yn α H d A H yn ( ) + yn 1 β 3 2α β 2 1 α H = Hα 3 H 1 β α β yn ( ) 2 + y α H e = d 0 -d A ; M = N e n 2 (16.2) (16.3) Le grandezze sono espresse in funzione della variabile adimensionale y n /H avendo come parametri i rapporti α e β ed il valore σ o. La distanza del centro di pressione dal bordo superiore è indicata con d A. Si individuano tre campi di valori di e, quindi di y n. 1 1 y n /H a/h: N = σobyn ; N ( σobh)= yn H da = yn ; da H = yn H e= d o o yn eh d 1 ; = y H n H 3 3 con d fornito dalla ( 16.) 1 o 271

271 a/h y n /H 1: N è fornito dalla (16.2) d A è fornito dalla (16.3) e = d o - d A 1 < y n /H: valgono le espressioni della presso-flessione per l intera sezione. A titolo esemplificativo, nel diagramma della figura sono riportati i domini N/(σ o BH)-M/(σ o BH 2 ) per i due casi particolari α = β =1/3 ed α = β =1/4. Fig ) SEZIONE TRIANGOLARE ISOSCELE DI BASE B ED ALTEZZA H, SOLLECITATA SECONDO L ASSE DI SIMMETRIA. 2 ) Eccentricità verso il vertice. Fig

272 Per y n H risulta: 2 1 N = σ BH y o n 6 ( H) 2 1 M BH yn A σ o 12 H d M N H A = A / = yn 2 H = ( ) 3 (16.4) 2 1 e d d H H y H y n n = o A = = H H (16.5) 2 ) Eccentricità verso la base Fig Si procede per somma a sottrazione di aree assumendo, per la parte triangolare, i risultati del caso 2 ) precedente. Area maggiorata 1 1 N By BH y n 1 = σo n = σo 2 2 H M N y n 2 1 BH yn A,1 = 1 3 = σ ( ) o 6 H 2 Area in detrazione N 2 1 = σ BH y n o 6 ( H) 1 2 M BH y n A,2 σ o 12 H = ( )

273 Valori complessivi: 2 1 N BH y y = σ n n o H ( H ) M BH yn A = σ o 12 2 y ( H) ( n H ) 2 ( n ) d = M N= H 2 yn y H H A A / 2 3 yn H 6 8 yn 3 yn H H H e= do da = 6 3 yn H + ( ) 3 2 (16.6) (16.7) Nel diagramma della figura sono riportati i domini N/(σ o BH)-M/(σ o BH 2 ) per i due casi di sezione considerati (eccentricità verso il vertice o verso la base rispettivamente). Fig ) SEZIONE QUADRATA DI LATO b, SOLLECITATA SECONDO UNA DIAGONALE. Si procede per somma e sottrazione di aree triangolari, in modo tale da utilizzare il già studiato caso di sezione triangolare con eccentricità verso il vertice. H Per yn 1 si procede come nel caso precedente e si ha, essendo B 1 =2H 1, y n y 2 1 n H y 1 n N= σobh 1 1 = σoh1 e = 6 H 3 H 2 1 H

274 Fig Fig H1 Per y n H 1 si procede per somma e sottrazione di aree, tenendo conto del diverso valore della tensione 2 < massima: yn yn H N= oh σ H1 H1 yn d A H = y y n n y n H H1 H1 H1 yn 2 y n yn H H H y H1 e = 2 ( o 1 ) ( o 1 ) Nel diagramma della figura è riportato il dominio N σ H 2 3 M σ H. 1 da 1 n (16.8) (16.9) 275

275 M/σ 0 H 1 3 Fig Quanto esposto in questo paragrafo consente, con semplici modelli, di valutare in prima approssimazione il livello di sicurezza nello stato di fatto relativo alle sollecitazioni prodotte dai soli carichi verticali al fine anche di introdurre opere provvisionali, se necessarie. Per valutare, poi, con immediatezza ed in prima approssimazione, le sollecitazioni indotte anche dall azione sismica e le capacità attuali dell edificio in esame, un criterio approssimato può consistere nel valutare il peso sismico complessivo del fabbricato a partire dall espressione P = γ 0 V 0 in cui V 0 è il volume occupato dal fabbricato (l ingombro): dal colmo della copertura allo spiccato dalle fondazioni; γ 0 è un peso unitario vuoto per pieno che si può assumere pari a: kg/m 3 per edifici in cemento armato; kg/m 3 per edifici storici in muratura. Dal peso sismico si determina il taglio alla base del fabbricato, con i criteri stabiliti dall analisi statica lineare; il taglio è poi ripartito sulle pareti complanari all azione sismica 10 sulla base del rapporto V 0i /V 0 fra il volume di competenza della parete in esame ed il volume totale. La verifica del comportamento globale è quindi riferita allo schema di prima approssimazione costituito per ogni parete dai soli maschi murari alla base, collegati in serie fra loro. Per l analisi dei meccanismi di 1 modo, come, poi, per le analisi definitive, ci si riferisce a quanto esposto di seguito (capitolo 18). 10 Considerate indipendenti fra loro, cioè senza fare assegnamento sulla rigidezza degli orizzontamenti. 276

276 16.8. I LIVELLI DI CONOSCENZA Il livello di conoscenza acquisito è determinato dalla combinazione di qualità dei rilievi e delle indagini effettuate: ad ogni livello corrisponde un valore del fattore di confidenza FC definito nella tabella Tabella 16.2 Livello di conoscenza LC1 Geometria Dettagli costruttivi Limitate verifiche in-situ Proprietà dei materiali Metodi di analisi FC Limitate indagini in-situ Tutti 1.35 LC2 Rilievo strutturale Estese ed esaustive Estese indagini in-situ Tutti 1.20 verifiche in-situ LC3 Esaustive indagini in-situ Tutti 1.00 In apposito allegato, le norme riportano, per varie tipologie murarie, i valori di riferimento, minimi e massimi, della resistenza e dei moduli elastici. Per il livello LC1 si deve fare riferimento ai valori minimi ivi riportati e per il livello LC2 ai valori medi. Per il livello LC3 si può fare riferimento alla media dei valori desunti sperimentalmente, se almeno in numero di 3; valori inferiori saranno assunti per numero di risultati minore di 3 (si veda il paragrafo di {4}). L introduzione del fattore di confidenza è mirata al duplice scopo di: definire le resistenze dei materiali da utilizzare nelle formule di capacità degli elementi duttili e fragili: le resistenze medie, ottenute dalle prove in situ e dalle informazioni aggiuntive, sono divise per i fattori di confidenza; definire le sollecitazioni trasmesse dagli elementi duttili a quelli fragili. A tale scopo, le resistenze medie degli elementi duttili, ottenute dalle prove in situ e dalle informazioni aggiuntive, sono moltiplicate per i fattori di confidenza. Risulta evidente il premio, in termini sia di riduzione delle azioni di progetto sia di aumento della resistenza, e quindi di economia generale dell intervento, che compete a conoscenze via via più complete e approfondite, che non solo rendono più attendibili le posizioni alla base del progetto d intervento (e lasciano più tranquillo il progettista) ma anche più completo il quadro storico-critico dell opera architettonica. Per comodità di consultazione nella tabella 16.3 sono riportati i valori numerici di riferimento del detto allegato, definiti per: malta di qualità scadente; assenza di ricorsi orizzontali o listature a interasse costante; costituzione a paramenti mal collegati fra loro o appena accostati; muratura non consolidata; e quindi per elementi murari nelle peggiori condizioni possibili. Quanto ai simboli impiegati, f m è la resistenza media a compressione della muratura, τ 0 è la resistenza media a taglio della muratura, E è il valore medio del modulo di elasticità normale, G è il valore medio del modulo di elasticità tangenziale, w è il peso specifico medio della muratura. 277

277 Tabella 16.3 Tipologia di muratura Muratura in pietrame disordinata (ciottoli, pietre erratiche e irregolari) Muratura a conci sbozzati, con paramento di limitato spessore e nucleo interno Muratura in pietre a spacco con buona tessitura Muratura a conci di pietra tenera (tufo, calcarenite, ecc.) Muratura a blocchi lapidei squadrati Muratura in mattoni pieni e malta di calce Muratura in mattoni semipieni con malta cementizia (es.: doppio UNI) Muratura in blocchi laterizi forati (perc. foratura <45%) Muratura in blocchi laterizi forati, con giunti verticali a secco (perc. foratura <45%) Muratura in blocchi di calcestruzzo (perc. foratura tra 45% e 65%) Muratura in blocchi di calcestruzzo semipieni f m (N/cm 2 ) τ 0 (N/cm 2 ) E (N/mm 2 ) G (N/mm 2 ) min-max min-max min-max min-max ,0 3,2 3,5 5,1 5,6 7,4 2,8 4,2 7,8 9,8 6,0 9, ,0 40,0 10,0 13,0 9,5 12,5 18,0 24, w (kn/m 3 ) Nello stesso allegato sono anche definiti i valori dei coefficienti correttivi da impiegare per rapportare i valori delle caratteristiche meccaniche a situazioni in opera migliori rispetto a quelle assunte; ad esempio nei casi di: malte di buone caratteristiche, in presenza di ricorsi o listature orizzontali, in presenza di elementi trasversali di collegamento dei parametri murari. Ciò anche nel caso in cui questo stato sia ottenuto artificialmente, a valle di operazioni di consolidamento. Tali valori dei coefficienti sono contenuti nella tabella 17.2, riportata nel seguito. 278

278 17 La verifica della sicurezza INTRODUZIONE Si presentano in questo capitolo gli strumenti che consentono di incrementare, per un dimostrato stato di necessità, il livello di sicurezza delle costruzioni esistenti nei confronti, in specie, delle azioni sismiche. Per ciascun elemento costruttivo, pertanto, vengono qui descritte le tecniche di rinforzo. Nel successivo capitolo 18 verranno presentati, con sufficiente ampiezza, i metodi di verifica della sicurezza specifici degli edifici esistenti soggetti ad azioni sismiche ADEGUAMENTO E MIGLIORAMENTO ANTISISMICO Le manifestazioni sismiche rappresentano, come già detto, una delle più importanti cause di sollecitazione e di dissesto delle costruzioni, e spesso costituiscono un evento inatteso e per questo ancora più dannoso. Il movimento del terreno in superficie, originato da lacerazioni in profondità (ipocentro), viene trasmesso a tutti gli oggetti che su di esso poggiano, generando in ogni punto di essi componenti di accelerazione orizzontali e verticali. Queste ultime si sovrappongono alle forze peso causando alternativamente aumento e riduzione delle sollecitazioni, con effetti che in generale sono agevolmente sopportati dalle pareti murarie (predisposte per sopportare comunque le forze peso verticali trasmesse dagli elementi costruttivi sovrastanti, oltre alle proprie) che non si trovino in avanzato stato di degrado o che non siano vistosamente sottodimensionate; le prime viceversa sono più pericolose in quanto possono costituire effetti del tutto nuovi o addirittura sovrapposti a spinte di archi o volte che sempre determinano di per sé delicate condizioni di equilibrio. In ogni caso è evidente che le sollecitazioni indotte da un terremoto dipendono dall ampiezza del fenomeno sismico, per la quale si è provveduto ad effettuare la classifica pervenendo alle scale di intensità o ai valori di magnitudo. L intensità di un terremoto può essere basata sulla determinazione degli effetti e dei danni prodotti, ciò che lega immediatamente tale classifica da un lato alla tipologia costruttiva (all origine, peraltro, essenzialmente muraria) e dall altro al giudizio personale dell osservatore. La prima scala d intensità venne presentata dall italiano De Rossi e dallo svizzero Forel nel 1873 e comportava 10 gradi di severità; nel 1902 Mercalli vi apportò correzioni pervenendo alla scala che porta il suo nome e che, opportunamente modificata, è giunta fino ad oggi nelle due versioni MCS (Mercalli, Cancani, Sieberg) ed MM (Mercalli modificata), la prima più usata in Europa. In questa scala sono considerati 12 gradi d intensità definiti in base all entità degli effetti rilevati, sinteticamente raggruppabili in quattro tipi: effetti fisio-psicologici sulle persone (da percezione, a risveglio, a fuga, ecc.), corrispondenti ai gradi dal II al VI della scala Mercalli; 1 L aggiornamento alle NTC 2008 è riportato ai paragrafi B.9.2., B.9.4. e B.9.5.

279 effetti su oggetti e cose (rovesciamento o tintinnio di oggetti, oscillazione di lampadari, rintocco di campane, ecc.), corrispondenti ai gradi dal V al VI; danni agli edifici (caduta di tegole, di calcinacci, lesioni nei muri, ecc.), corrispondenti ai gradi dal VI al X; effetti sull ambiente (intorbidamento di laghi e corsi d acqua, formazione di crepe nei terreni in pendio e nelle pavimentazioni stradali, ecc.), corrispondenti ai gradi dal VII al XII. I 12 gradi sono elencati nella tabella 17.1, nella quale è evidenziata la corrispondenza alle accelerazioni orizzontali del suolo. Tabella 17.1 Grado Scossa Accelerazione del suolo (cm/sec 2 ) I Impercettibile (strumentale) < 0,25 II Molto lieve 0,25 0,50 III Lieve 0,50 1,00 IV Moderata 1,00 2,5 V Abbastanza forte 2,5 5 VI Forte 5 10 VII Molto forte VIII Distruttiva IX Fortemente distruttiva X Rovinosa XI Catastrofica XII Totalmente catastrofica > 500 In particolare, i danni agli edifici definiti ai vari gradi costituiscono un utile viatico a supporto del percorso critico di esame del danno prodotto e delle eventuali condizioni di agibilità dei fabbricati in esame. La classifica in termini di magnitudo è invece basata sulle registrazioni strumentali, effettuate con sismografi, che registrano gli spostamenti del suolo, o su accelerografi, che registrano le accelerazioni (nelle componenti orizzontali e verticale). Introdotta dallo statunitense Richter nel 1934, questa scala si basa sulla grandezza: M = loga - logao in cui A è l ampiezza della registrazione effettuata in un sito per un dato terremoto con epicentro ad una data distanza dallo strumento mentre Ao è l ampiezza di un terremoto scelto come riferimento. Il valore M = 2 rappresenta un sisma molto debole; valori di M compresi fra 4 e 4,5 rappresentano sismi con danni a strutture poco resistenti e corrispondono all incirca al grado VI della scala Mercalli; valori di M superiori a 6 rappresentano sismi distruttivi. Ad oggi, il massimo valore di magnitudo determinato è pari all incirca a 8,5. L esecuzione di opere intese a sanare le deficienze più vistose delle costruzioni nei confronti delle azioni sismiche, in particolare murarie, costituisce un provvedimento di miglioramento del comportamento antisismico della costruzione presa in esame (detto anche di protezione antisismica). 280

280 L esecuzione di opere intese a rendere la costruzione resistente ai sismi secondo i dettami delle norme tecniche vigenti costituisce un provvedimento di adeguamento antisismico. È evidente che le operazioni richieste per conferire ad una costruzione le piene prestazioni antisismiche, in generale comportano numerosi e pesanti interventi nell organismo costruttivo: tali, talora, da alterarne le caratteristiche intrinseche e distributive originarie. Quale che sia il tipo di provvedimento da adottare, la sua definizione esecutiva consiste in un organico insieme di singole tecniche d intervento, quali disponibili sia dal patrimonio offerto dalla secolare esperienza sia dalla produzione più recente, fino alle innovazioni dei nostri giorni, qualitativamente scelte e quantitativamente definite in relazione allo specifico profilo dell opera architettonica sulla quale si deve intervenire. In generale, le tecniche della tradizione costruttiva raggiungevano, a livelli più o meno elevati, il primo obiettivo; altrettanto in generale il secondo obiettivo può essere raggiunto ricorrendo alle tecniche moderne, senza però escludere che una conveniente serie di operazioni tradizionali in numerosi casi possa raggiungere gli stessi risultati LE TECNICHE D INTERVENTO Organizzazione tipologica Le disposizioni normative {4} contengono, per gli edifici esistenti, una descrizione estesa delle tecniche d intervento suddivise e classificate sulla base degli effetti prodotti: interventi volti a ridurre le carenze dei collegamenti; interventi volti a ridurre le spinte di archi e volte; interventi volti a ridurre l eccessiva deformabilità dei solai; interventi volti a incrementare la resistenza nei maschi murari; interventi volti a rinforzare le pareti intorno alle aperture; interventi volti a assicurare i collegamenti degli elementi non strutturali; interventi che modificano la distribuzione degli elementi verticali resistenti; interventi in copertura; interventi in fondazione; interventi alle scale; pilastri e colonne; realizzazione di giunti sismici. La regola dell arte tradizionalmente seguita all epoca nelle operazioni di nuova costruzione o di consolidamento dei fabbricati in muratura può fornire un altro modo di classificare le tecniche d intervento, suddividendole in: tecniche tradizionali; tecniche moderne o innovative; distinte sulla base della anzianità di servizio e della affidabilità accertata in termini di efficacia e di durata nel tempo. In questo capitolo si riporta la descrizione delle tecniche d intervento, effettuata, per comodità di esposizione, singolarmente, elemento costruttivo per elemento costruttivo. Infatti non è da escludere che la stessa tecnica possa raggiungere più effetti; d altra parte una alternativa tradizione/modernità non appare funzionale all obiettivo complessivo, da raggiungere con un meditato connubio fra tutte le possibilità attualmente disponibili. È poi, in realtà, l intervento nel suo insieme che definisce le tecniche da considerare per rag- 281

281 giungere l obiettivo del consolidamento dello specifico organismo di fabbrica, e le stesse tecniche possono assumere connotazioni differenti se applicate ad un diverso organismo. Con questa avvertenza, e senza distinguere fra interventi tradizionali e moderni, si procederà a partire dalle fondazioni fino alla copertura dell organismo di fabbrica. In generale, da un punto di vista logico, l obiettivo che si pone un intervento di consolidamento (il riequilibrio fra le sollecitazioni indotte dalle cause esterne e le prestazioni della struttura, nell insieme e nelle singole componenti) può essere ottenuto non solo con l aumento di queste ultime ma anche con la riduzione delle prime o con la redistribuzione di esse fra gli elementi resistenti. Nel caso di sollecitazioni sismiche, ad esempio, esclusa la possibilità di azzerare le cause esterne stesse, ciò che comporterebbe onerose opere di isolamento sismico alla quota fondale, non sempre possibili, si può fare ricorso all inserimento di elementi di dissipazione opportunamente localizzati 1. Analogamente, ma solo in casi particolari, si può effettuare una riduzione delle masse in gioco asportando porzioni costruttive estranee all originaria concezione del fabbricato (qualificate come superfetazioni). Una redistribuzione delle sollecitazioni può essere ottenuta rendendo gli orizzontamenti rigidi nel proprio piano, in modo tale da coinvolgere organicamente tutte le pareti murarie invece di utilizzarne i singoli contributi. Un altro modo di pervenire ad una diversa distribuzione delle sollecitazioni può consistere nella esecuzione, mediante taglio, di un giunto verticale opportunamente localizzato: una procedura non molto diffusa che, in zona sismica, deve rispondere alle prescrizioni stabilite per l ampiezza dei giunti tra costruzioni accostate Materiali impiegati. Effetti prodotti I materiali d impiego possono essere costituiti da: nuova muratura, da ammorsare e/o da incorporare all esistente, costituita da elementi possibilmente simili agli originari; malte, tradizionali o cementizie, generalmente additivate con prodotti fluidificanti ed antiritiro, oppure trattate per essere rese desalinizzate (in casi particolari d impiego, quali richiesti ad esempio dalla presenza di affreschi sulla superficie del corpo murario da trattare); acciaio, in barre o in trefoli o in profilati, in diverse possibili collocazioni rispetto alla massa muraria da consolidare, eventualmente del tipo inossidabile; prodotti sintetici in fibre o resine, per rinforzi superficiali o per fasciature; legno, in tavole o travi (eventualmente del tipo lamellare). L operatività statica di un operazione di consolidamento può verificarsi all atto stesso della realizzazione oppure può esplicarsi gradualmente nel tempo, di pari passo col progredire o col manifestarsi dei fenomeni che hanno motivato l intervento. Si distingueranno pertanto gli interventi nelle due categorie di interventi attivi e di interventi di presidio, dei quali ultimi sono esempio: le provvidenze antisismiche, alcuni tipi di sottofondazioni per cedimenti del terreno, ecc. Gli interventi attivi ottengono l immediata entrata in funzione del procedimento mediante la generazione di coazioni che possono essere di natura: termica, consistenti in variazioni di temperatura transitoria, fra il montaggio e l esercizio, di uno o più tiranti metallici inseriti nell organismo di fabbrica o in una sua parte; 1 Un esempio recente è costituito dagli smorzatori inseriti alla quota della copertura lignea nelle due navate laterali della Chiesa di Santa Maria di Collemaggio a L Aquila (Enzo Cartapati, Presidi antisismici, in Atlante del restauro [13]). 282

282 meccanica, mediante inserimento di cunei (per ancoraggi, catene, cerchiature) o mediante forzature (determinate dalla messa in opera di elementi strutturali leggermente più lunghi del necessario ad esempio puntelli verticali di travi fortemente inflesse di viti, di martinetti); chimica, o chimico-meccanica, conseguente all impiego di malte e conglomerati espansivi. In rapporto, poi, alla durata nel tempo un operazione di consolidamento può rivestire un carattere provvisorio oppure definitivo: dettato, nel primo caso, da una situazione di urgenza conseguente ad uno stato di pericolo incombente. Gli interventi provvisori, analizzati nel successivo paragrafo 19.2., vengono in genere realizzati con materiali, tecniche e modalità specifiche del carattere di provvisorietà ed urgenza. Qui di seguito vengono presi in esame gli interventi a carattere definitivo. Nei termini evidenziati nel precedente paragrafo, il miglioramento delle caratteristiche meccaniche e costitutive della muratura (introdotto mediante alcune tecniche d intervento, quali ad esempio: iniezioni di malte, applicazione d intonaco armato, connessione trasversale del corpo murario con diatoni artificiali) può essere quantificato mediante i coefficienti correttivi forniti in allegato dalla normativa e qui riportati nella tabella I coefficienti correttivi moltiplicano i valori riportati in tabella 16.3 con le modalità specificate in calce alla tabella Tabella 17.2 Tipologia di muratura Muratura in pietrame disordinata (ciottoli, pietre erratiche e irregolari) Muratura a conci sbozzati, con paramento di limitato spessore e nucleo interno Muratura in pietre a spacco con buona tessitura Muratura a conci di pietra tenera (tufo, calcarenite, ecc.) Situazioni in opera Ricorsi Connessione Malta buona o listature trasversale Consolidamento Iniezioni Intonaco di malta armato 1,5 1,3 1,5 2 2,5 1,4 1,2 1,5 1,7 2 1,3 1,1 1,3 1,5 1,5 1,5-1,5 1,7 2 Muratura a blocchi lapidei squadrati 1,2-1,2 1,2 1,2 Muratura in mattoni pieni e malta di calce 1,5-1,3 1,5 1,5 Muratura in mattoni semipieni con malta cementizia (es.: doppio UNI) Muratura in blocchi laterizi forati (perc. foratura <45%) Muratura in blocchi laterizi forati, con giunti verticali a secco (perc. foratura <45%) Muratura in blocchi di calcestruzzo (perc. foratura tra 45% e 65%) Muratura in blocchi di calcestruzzo semipieni 1, ,3 1, ,3 1, ,3 1, ,3 1, ,3 consolidamento con iniezioni di malta: si applica il coefficiente indicato in tabella, diversificato per le varie tipologie, sia ai parametri di resistenza (f m e τ 0 ), sia ai moduli elastici (E e G); consolidamento con intonaco armato: si applica il coefficiente indicato in tabella, diversificato per le varie tipologie, sia ai parametri di resistenza (f m e τ 0 ), sia ai moduli elastici (E e G); per i parametri di partenza della muratura non consolidata non si applica il coefficiente relativo alla connessione trasversale, in quanto l intonaco armato realizza, tra le altre, anche questa funzione; consolidamento con diatoni artificiali: in questo caso si applica il coefficiente indicato per le murature dotate di una buona connessione trasversale. I valori sopra indicati per le murature consolidate sono da considerarsi come riferimento nel caso in cui non sia comprovata, con opportune indagini sperimentali, la reale efficacia dell intervento e siano quindi misurati, con un adeguato numero di prove, i valori da adottarsi nel calcolo. 283

283 Interventi in fondazione Come specificato in precedenza nel paragrafo 15.2., a proposito delle norme tecniche {1} per gli edifici in muratura, anche le norme antisismiche di recente edizione {4} prendono in considerazione la possibilità di omettere interventi sulle fondazioni quando sono contemporaneamente soddisfatte quattro condizioni; sostanzialmente si tratta delle stesse già indicate in {1}, con qualche ulteriore precisazione: a) nella costruzione non siano presenti importanti dissesti di qualsiasi natura attribuibili a cedimenti delle fondazioni e sia stato accertato che dissesti della stessa natura non si siano prodotti neppure in precedenza; b) gli interventi progettati non comportino sostanziali alterazioni dello schema strutturale del fabbricato; c) gli stessi interventi non comportino rilevanti modificazioni delle sollecitazioni trasmesse alle fondazioni; d) siano esclusi fenomeni di ribaltamento della costruzione per effetto delle azioni sismiche. Si specifica, poi, che la inadeguatezza delle fondazioni è raramente la causa del danneggiamento osservato nei rilevamenti post-sisma. Gli interventi possono essere mirati alla rigenerazione oppure all aumento di portanza delle fondazioni esistenti. In entrambi i casi gli interventi vanno eseguiti dopo avere effettuato il massimo possibile alleggerimento del fabbricato, quanto meno con l eliminazione dei sovraccarichi d esercizio; se previste, anche procedendo alle demolizioni di parti costruttive, in modo da coinvolgere nella funzione resistente, alla successiva rimessa in carico, l intera fondazione rinforzata. La rigenerazione del corpo murario di fondazione, del tipo superficiale o profondo, si ottiene, come per le pareti di elevazione, mediante iniezione di malte leganti che provvedono al riempimento dei vuoti presenti nel corpo murario. Proprio tali vuoti, con la conseguente inevitabile concentrazione di tensioni, possono essere l origine di dissesti rilevati in elevazione a causa dei cedimenti prodotti dagli schiacciamenti nella massa muraria di fondazione 2. L operazione, preceduta sempre dal lavaggio della massa muraria da sottoporre ad iniezione, va eseguita con miscele fluide e procedendo a bassa pressione (per evitare possibili fughe nei vuoti o nelle cavità del terreno). L aumento di portanza può essere ottenuto con allargamento oppure con approfondimento della fondazione. Nel primo caso, di allargamento, ammessa la buona costituzione del terreno d imposta, si aumenta la larghezza della fondazione operando progressivamente in leggera sottofondazione con elementi omogenei oppure affiancando la fondazione esistente con elementi eterogenei (in cemento armato) disposti su entrambi i lati e collegati trasversalmente da elementi passanti ripetuti a passo opportuno. Ad esempio travi longitudinali che affiancano la fondazione sui due lati devono essere collegate tra loro mediante setti trasversali in cemento armato (passanti attraverso il corpo murario) solidarizzati alle due travi mediante opportune armature, oppure mediante inserimenti (non passanti, a pettine), sempre in cemento armato, nel corpo murario oppure ancora mediante perforazioni inclinate armate. In casi particolari si può ampliare l intervento realizzando 2 Le fondazioni del Convitto Nazionale in Roma, in prossimità della riva del Tevere, furono previste del tipo profondo circa 9 m e realizzate tra il 1915 ed il 1920; il cavo di fondazione venne riempito con blocchi e schegge di tufo non sufficientemente avvolti e legati dalla malta. La formazione di lesioni nelle murature portanti, ascritta ai cedimenti conseguenti agli accertati schiacciamenti del tufo nelle zone di contatto dei blocchi, comportò una inchiesta sfociata in opere di consolidamento (consistenti, in sintesi, in coli di malta bastarda nel corpo murario delle fondazioni) e nella chiamata in causa della direzione dei lavori. 284

284 Fig Fig solettoni, in luogo di travi di fasciatura, ancorati ai muri perimetrali (mediante innesti a pettine e perforazioni armate inclinate) e calcolati a piastra con una sottopressione di riferimento, tanto maggiore quanto più marcata è la fase di ricarica, dopo alleggerimento, del fabbricato o quanto più marcato è il rischio di una progressione dei cedimenti fondali: si vedano gli schemi della figura Un esempio di effettiva realizzazione di un solettone di fondazione è riportato in figura 17.2 e si riferisce al rinforzo e collegamento fondale del corpo trecentesco del Palazzo del Podestà, a Gubbio. Nel secondo caso, di approfondimento, si mira al raggiungimento di piani di posa più profon- 285

285 di, ciò che già di per sé aumenta la portanza e comunque consente in generale di raggiungere terreni di migliori caratteristiche rispetto a quelli di superficie, operando in sottofondazione per campioni, o tratte, con elementi murari oppure con micropali di cemento armato: tecnica, quest ultima, che consente, rispetto alla precedente, di raggiungere profondità molto maggiori e che consiste, nella configurazione attuale, in una evoluzione dell originaria versione dei pali radice impiegata e diffusa fin dai primi anni 50 dalla ditta Fondedile per la sottofondazione di numerosi monumenti. La tecnica dei micropali consiste nell eseguire pali trivellati di piccolo diametro attraverso il corpo murario della struttura di fondazione e di parte della struttura di elevazione, proseguendo nel terreno sottostante per la prevista lunghezza. Il diametro dei micropali è compreso fra 80 mm e 250 mm; l armatura è in tubolare di acciaio. I micropali sono in generale leggermente inclinati rispetto alla verticale (circa 9 ) e sono ripetuti, al prestabilito interasse, alternativamente sui due lati del muro da sottofondare, operando direttamente dal piano di calpestìo o, per i muri perimetrali, anche dal piano stradale esterno. In specifici così possono essere adottate inclinazioni maggiori. Fasi di lavoro: bonifica preliminare delle fondazioni (eventuale, nel caso di muratura in blocchi poco legati da malta), ottenuta mediante iniezione di malte previa perforazione effettuata con trapani o con sonde rotative (a bassa velocità, nei casi in cui abbia rilevanza ridurre le vibrazioni indotte dalle operazioni di perforazione) su diametri da 28 mm a 35 mm e per _ profondità corrispondenti a 3/4 dello spessore del corpo murario; perforazione con sonda a rotazione, del previsto diametro, per la prevista lunghezza, allo stabilito interasse, con circolazione di fanghi bentonitici; inserimento, per successivi elementi avvitati fra loro, dell armatura interna costituita da tubi di forte spessore; iniezione della miscela cementizia, ad elevata pressione (tra 2 e 3 atm) e recupero dei fanghi; a rifiuto, leggero aumento della pressione d iniezione (circa 4 atm). Nella figura 17.3 sono rappresentate le caratteristiche costitutive e di disposizione dei micropali nel piano verticale (in alto); a titolo esemplificativo uno stralcio planimetrico, riferito ad un ala del Palazzo Pretorio di Gubbio, mostra in dettaglio la successione dei punti d attacco e l orientamento dei micropali lungo i due lati dei muri perimetrali (in basso). La metodologia descritta è passibile di tutte le varianti conseguenti alla scelta del valore dei parametri sopra indicati: il diametro, la lunghezza, l interasse delle perforazioni e l area dell armatura d acciaio. In particolare il tubo d armatura svolge più funzioni: da veicolo d entrata della miscela cementizia, a sistema di allargamento alla base (la presenza di valvole nell elemento inferiore consente di realizzare una sbulbatura di conglomerato, più o meno marcata, nel terreno), ad ancoraggio di sommità (l elemento terminale superiore può avere conformazione del tipo ad aderenza migliorata), ad elemento resistente sia per carichi verticali sia per forze orizzontali. I risultati ottenibili con la sottofondazione mediante micropali sono esprimibili in termini di: trasferimento di parte del carico a strati profondi di terreno e riduzione del carico trasmesso alla fondazione superficiale, riduzione degli effetti conseguenti ad eventuali diversità nelle quote d imposta delle fondazioni, bonifica degli elementi murari attraversati. Il progetto dei micropali parte dalla quota di carico, P 0, da trasferire in profondità e quindi da applicare ai micropali stessi ed opera pertanto nei termini di diametro ed armatura, lunghezza, interasse delle perforazioni, tenendo conto sia della resistenza del sistema palo-terreno sia dei cedimenti d esercizio; nella figura 17.4 sono forniti criteri empirici di primo dimensionamento 3, da rendere poi definitivo mediante verifiche geotecniche specifiche. 3 Rielaborati da: F. Lizzi, Restauro statico dei monumenti, [43]. 286

286 Fig

287 Fig Fig Per ridurre le sollecitazioni e le vibrazioni trasmesse al muro durante le operazioni di attraversamento e perforazione, come anche per risolvere i casi di insufficienza di fondazione per esiguità di spessore della muratura da attraversare, si può fare ricorso alla disposizione alternativa di micropali verticali eseguiti a leggera distanza dal corpo murario di fondazione ed inglobati in travi longitudinali in cemento armato collegate trasversalmente alla fondazione stessa (vedasi la sezione verticale trasversale di figura 17.5 e, con gli opportuni adattamenti, la sezione di figura 17.1). Vantaggio di operare nel modo detto piuttosto che dal piano esterno: si scopre, e quindi si esamina, anche se non necessariamente per l intera profondità, la fondazione che altrimenti resta celata alla vista. Svantaggio: si rendono necessarie demolizioni della pavimentazione ed asportazioni di materiale, con conseguente alterazione del terreno circostante la fondazione. Fondazioni ex-novo possono essere realizzate nel caso di inserimento nel tessuto costruttivo di nuovi elementi murari di elevazione (pilastri e pareti). In questo caso il piano d imposta delle nuove fondazioni deve essere portato alla quota delle fondazioni esistenti. La tecnica della sottofondazione per campioni consiste nell effettuare, per singole tratte della lunghezza di 1 m circa, lo scavo completo sotto la fondazione, fino alla prevista profondità, ed il successivo riempimento con nuova muratura. La muratura è eseguita con mattoni o blocchi di pietra legati con malta leggermente espansiva e viene lasciata ai due bordi laterali con una conformazione di attesa. Va fatta la successione cronologica dei campioni (col criterio di non procedere in affiancamento ma spostandosi marcatamente dall ultimo campione realizzato in modo tale da evitare disturbi sulla parte già eseguita) anche in rapporto ad un eventuale stato di fessurazione della muratura di elevazione soprastante. È evidente che questa tecnica può raggiungere profondità decisamente minori rispetto alla tecnica dei micropali. 288

288 Interventi su pareti murarie di elevazione Alla descrizione delle singole tecniche d intervento si fa seguire, nella tabella 17.5, un quadro comparativo dei corrispondenti effetti raggiunti. Le risarciture localizzate (interventi a scuci e cuci) consistono nel riprendere porzioni di una parete con muratura avente fattura e materiali analoghi agli originali, in modo tale da eliminare situazioni locali di degrado; di impiego prevalente, a questo fine, sono i mattoni e la pietra squadrata. Per la buona esecuzione si deve realizzare la massima compenetrazione fra la muratura esistente e la nuova, evitando l insorgere di coazioni dovute ad eccessivo contrasto o localizzazioni di carico. Inoltre, proprio perché a carattere locale (in caso contrario si tratterebbe infatti di rifacimenti), le risarciture devono operare su un organismo murario integro nel suo complesso. Gli obiettivi che si raggiungono possono essere: eliminazione di zone in marcato stato di fessurazione o di pronunciata degradazione dei materiali, miglioramento degli innesti fra pareti ortogonali (ammorsature), collegamento fra parti murarie in semplice accostamento, collegamento trasversale fra gli strati eventualmente presenti nello spessore, aumento dello spessore per eventuale conformazione a scarpa, riempimento di vani e cavità presenti nella parete (porte, finestre, canne fumarie, ecc.), specialmente se in prossimità di innesti o incroci di murature. I risultati in termini di resistenza, evidenti, se riferiti a crisi locali per carichi verticali, possono essere notevoli nei termini in cui la parete viene restituita alla sua integrità dimensionale per la resistenza alle azioni sismiche. I risultati in termini di applicabilità sono parimenti notevoli in quanto il carattere locale non determina forti sostituzioni (peraltro effettuate sempre in termini di omogeneità sia di materiali sia di esecuzione) e si sintonizza su una pratica tradizionalmente seguita per le riparazioni ed il rafforzamento dei fabbricati in muratura. La stilatura dei ricorsi di malta, cioè la ricostituzione, più o meno profonda, dei giunti di malta, orizzontali e verticali, sulle facce a vista delle pareti murarie per avvenuta degradazione o asportazione parziale, restituisce la continuità al tessuto murario e va eventualmente effettuata in combinazione con la tecnica precedente nei casi in cui siano presenti anche discontinuità localizzate o lesioni. L operazione va eseguita accuratamente in sottosquadro leggero, senza risvolti o sbavature sui mattoni o sugli elementi lapidei, impiegando una malta di caratteristiche analoghe alle originarie ma con leggera addizione di una componente anti-ritiro. L applicazione, a mano, della nuova malta va preceduta da due fasi operative: scarnificazione dei giunti per eliminare le parti deteriorate o poco aggrappate; lavaggio con acqua della parete. Con molta prudenza va considerata un eventuale sabbiatura dei giunti, a volte troppo violenta e inevitabilmente attuata anche su parte dei mattoni o blocchi di pietra circostanti i giunti interessati. Quanto ai risultati, il provvedimento di stilatura esplica, oltre all ovvia restituzione alla resistenza dell intero spessore murario, la salvaguardia verso la progressione del fenomeno di disgregazione e caduta della malta. In casi particolari la stilatura può essere effettuata a maggiori profondità, operando con una sorta di procedimento a campioni, per ottenere un non trascurabile effetto di confinamento degli elementi laterizi e lapidei (in specie nei pilastri), con consistente aumento della resistenza ai carichi verticali. Le iniezioni di malte nel corpo murario di pareti e di pilastri consistono nel far penetrare la miscela legante, lentamente ed a bassa pressione, in tutti i vuoti presenti nella muratura in modo tale da ricostituire la continuità con i costituenti laterizi o lapidei. 289

289 Il legante può essere il cemento, eventualmente nella versione desalinizzata nei casi di pareti affrescate o decorate, oppure, in caso di incompatibilità chimico-fisica con i costituenti della muratura da trattare, la calce idraulica o la calce con pozzolana. In caso di vuoti rilevanti, alla miscela può essere aggiunta sabbia (fine) con funzione di riduzione del quantitativo di legante da impiegare; pertanto la miscela risulta composta da acqua, legante, sabbia (eventuale), additivi (con funzione fluidificante ed anti-ritiro). L iniezione è effettuata attraverso fori d entrata, predisposti nel corpo murario su un reticolo sfalsato con interassi da 40 cm a 100 cm a seconda del tipo e dello stato di conservazione della muratura da trattare ed a seconda che le perforazioni vengano eseguite su una o entrambe le facce della parete; la posizione d attacco dei fori, da eseguire all incirca perpendicolarmente alla parete, con una leggera inclinazione verso il basso per favorire l immissione della miscela, è scelta in corrispondenza dei ricorsi di malta, ove possibile all incrocio dei ricorsi verticali ed orizzontali. Fasi di lavoro: perforazione trasversale dei muri, effettuata con trapani o con sonde rotative (a bassa velocità, nei casi in cui abbia rilevanza ridurre le vibrazioni indotte dalle operazioni di perforazione), su diametri da 28 mm a 35 mm e per profondità corrispondenti a 3/4 o 1/3 dello spessore a seconda di perforazioni su una o su due facce rispettivamente; inserimento di beccucci di plastica, sigillati all imbocco dei fori; sigillatura di lesioni e vuoti superficiali macroscopici sulle due facce della parete (operazione da svolgere con accuratezza maggiore nel caso di pareti non intonacate) per evitare fuoriuscite di miscela e scoli all esterno; iniezione preliminare di miscela molto fluida o di acqua per bagnare i canali di diffusione e le fessurazioni e per migliorare la penetrazione della malta più densa; iniezione della miscela legante, alla prevista pressione (tra 2,5 e 3 atm) 4, procedendo a salire dai fori più bassi a quelli più alti; a rifiuto, leggero aumento della pressione d iniezione (3,5 4 atm) 4. I dati forniti devono intendersi indicativi di una metodologia, passibile di tutte le varianti comportate dalla presenza delle 3 variabili costituite dalla composizione della malta, dalla frequenza dei fori, dall entità della pressione d iniezione; ad esempio, nel caso di muratura fortemente degradata e di costituzione caotica è prudente ridurre la pressione, modificando di conseguenza i valori delle altre variabili, per evitare il rischio di espulsioni di elementi o parti non solidali col corpo murario. Il risultato di questa operazione è, come per i casi precedenti, l aumento della resistenza unito al raggiungimento di una affidabile continuità costitutiva; i termini quantitativi di tale aumento ed il relativo costo di miscela assorbita, sono indicativamente riportati nel grafico e nel prospetto della figura Si osserva che l incremento di resistenza prodotto nella muratura si va attenuando al crescere della resistenza della malta iniettata; elevate caratteristiche di quest ultima non sono pertanto, in generale, necessarie. Di largo impiego sono oggi le malte speciali anti-ritiro di produzione industriale e pronte all uso. Tali prodotti, composti da cementi selezionati, additivi fluidificanti, agenti espansivi non metallici, sono sottoposti a controlli di qualità e forniti in commercio allo stato secco, in contenitori che riportano i quantitativi d acqua da impiegare per l impasto. 4 I valori indicati della pressione d iniezione devono intendersi rappresentativi di una condizione media. Essi infatti vanno rapportati allo stato di conservazione ed al tipo della muratura da consolidare, da un lato, ed alla fluidità della malta da iniettare, dall altro. 290

290 Muratura Rapporto in peso solidi / acqua Miscela legante Assorbimento (kg per m 3 di muratura) pietrame 0,8/1,0 1,0/1, mattoni 1,0/2, Fig Le iniezioni di formulati chimici nel corpo murario di pareti e di pilastri consistono, come nel caso precedente, nel riempire vuoti e cavità quando le relative ampiezze sono marcatamente ridotte: in termini numerici si può fare riferimento al valore massimo di 2 mm. L impiego più frequente è delle resine epossidiche bicomponenti a bassa viscosità. Il campo di applicazione è di elementi murari consistenti soggetti ad isolate situazioni di degrado o di fessurazione o che presentino superfici affrescate non compatibili con la composizione chimica dei leganti tradizionali. Ferma restando la localizzazione d impiego, nella tabella 17.3 sono mostrati indicativamente i campi di utilizzazione delle resine rispetto alle malte cementizie. La tecnica di iniezione qui descritta si è imposta con l affermazione stessa, nel settore edilizio, del cemento come legante di elevate caratteristiche di resistenza anche se impieghi particolari sono stati effettuati in epoche precedenti. Tabella 17.3 PRODOTTO CONSOLIDANTE Resine epossidiche a bassa viscosità DIMENSIONE DELLE LESIONI (in mm) 0,2 0,6 1,5 2,5 4,5 7,5 15 oltre **** **** **** **** Pasta di cemento **** **** **** **** Malte speciali antiritiro pronte all uso **** **** **** **** 291

291 Il caso-limite di questa tecnica è costituito dal procedimento per semplice colo di miscela entro il corpo murario, da effettuarsi in presenza di discontinuità marcate ma di non grande estensione nella parete e con l impiego di miscele molto fluide. Si osserva infine che a questa tecnica operativa non è attribuibile alcuna funzione di solidarizzazione di parti murarie a contatto, quale invece è possibile ad esempio con la tecnica dello scuci e cuci, come anche stabilito espressamente dalla normativa. Le perforazioni armate, ovvero l inserimento e la cementazione di barre d acciaio entro perfori nella muratura, si propongono gli obiettivi che non riescono alla semplice iniezione di miscele leganti: operare il collegamento fra parti o elementi di muratura, scollegati o male legati fra loro o fessurati. Si tratta di una tecnica assai diffusa nei decenni scorsi, in specie per opere monumentali in quanto effettuata all interno del corpo murario con visibilità pressoché nulla all esterno. Le barre, del tipo in uso per le strutture di cemento armato, eventualmente nella versione in acciaio inossidabile, possono avere qualunque direzione e ripetute ad opportuno interasse possono costituire una striscia o un reticolo diffuso, utili per realizzare ammorsature fra pareti scollegate o per rinforzare archi e piattabande o per aumentare la resistenza di una parete muraria. Le tecniche di perforazione disponibili consentono di raggiungere lunghezze rilevanti (con le dovute precauzioni, fino a qualche decina di metri), ciò che richiede la risoluzione delle giunzioni non disponendo in generale né di barre intere né di sufficiente spazio di manovra. Fasi di lavoro: perforazione longitudinale o trasversale dei muri, effettuata con trapani o con sonde rotative (a bassa velocità, nei casi in cui abbia rilevanza ridurre le vibrazioni indotte dalle operazioni di perforazione), su diametri da 28 mm a 40 mm e nella direzione e per la lunghezza volute; alloggiamento delle barre d acciaio, del tipo ad aderenza migliorata e con diametri generalmente compresi fra 10 mm e 20 mm (in casi particolari si può ricorrere a diametri superiori od a cavi precompressi localizzati); inserimento di beccucci di plastica, sigillati all imbocco dei fori; sigillatura di lesioni e vuoti superficiali macroscopici sulle due facce della parete (operazione da svolgere con accuratezza maggiore nel caso di pareti non intonacate) per evitare fuoriuscite di miscela e scoli all esterno; iniezione preliminare di miscela molto fluida o di acqua per bagnare le pareti del foro e le fessurazioni; iniezione della miscela legante, alla prevista pressione (tra 2,5 e 3 atm), procedendo a salire dai fori più bassi a quelli più alti; a rifiuto, leggero aumento della pressione d iniezione (circa 4 atm). Negli schemi della figura 17.7 sono mostrati alcuni dettagli d esecuzione di perforazioni armate, in particolare nel caso d impiego per ripristinare ammorsature murarie male eseguite o venute meno nel tempo (intersezione d angolo, intersezione a T o a croce). In questo caso la mancanza di connessione agli incroci murari può manifestarsi lungo la linea a o lungo la linea b: le perforazioni devono attraversare queste linee alternandosi, piano per piano, nelle due direzioni: (1)+(2) e (3)+(4); se la costituzione del tessuto murario è scadente, è bene disporre perforazioni laterali aggiuntive (indicate a tratteggio leggero nella figura e numerate con apice). Si osserva che, in generale, se la mancanza di connessione è lungo la linea a la perforazione può anche essere eseguita in asse-muro cioè nel piano medio della parete; in questo caso 292

292 Fig

293 occorre che sia garantita la monoliticità nel senso dello spessore (murature omogenee e ben legate); in tutti gli altri casi è bene che l asse della perforazione sia ruotato nel piano orizzontale in modo da coinvolgere tutti gli strati presenti nello spessore. Questa tecnica, come indicato nel seguito, può essere posta a servizio di interventi più articolati quali: ancoraggi per aderenza di tiranti, quando non sia possibile disporre in vista i capochiavi; ancoraggi perimetrali di volte murarie e di solai; ancoraggi perimetrali di telai metallici di riquadratura di vani (porta o finestra); rinforzo e collegamento interno di pilastri murari eccessivamente caricati o con costituzione a sacco. La tamponatura di vani nelle pareti murarie, da eseguire in leggero sottosquadro impiegando, in specie nei casi di paramenti lasciati in vista, muratura di caratteristiche analoghe all esistente, si prefigge l obiettivo di ricostituire la continuità delle pareti stesse, soprattutto nei casi in cui il vano da richiudere è localizzato in prossimità di un innesto murario. Il fine proposto richiede l esecuzione di ammorsature, lungo il perimetro, della muratura nuova con l esistente. L inserimento di nuove pareti nell organismo esistente complessivo costituisce, in senso lato, un estensione della tecnica precedente proponendosi la ricostituzione della continuità della maglia muraria. Con questi inserimenti si possono attutire gli effetti di eventuali irregolarità planimetriche dell opera architettonica in esame o sanare eventuali rarefazioni delle murature trasversali. Le nuove pareti devono essere dotate di costituzione e spessori correlati alle caratteristiche delle murature esistenti, in particolare per quanto riguarda il piano d imposta delle relative fondazioni. Lungo i bordi, fondazioni comprese, la muratura deve essere ammorsata alle strutture esistenti. Ove specifiche situazioni suggeriscano il ricorso a paretine in cemento armato, il collegamento alle murature esistenti sarà realizzato con perforazioni armate. Un estensione della tecnica descritta può essere rappresentata dalla realizzazione di contrafforti murari o di ringrossi a scarpa per pareti murarie non sufficientemente consistenti in rapporto alla stabilità al rovesciamento sotto azioni trasversali. Particolare importanza assumono le esigenze della connessione nuovo/esistente e della omogeneità fondale. La riquadratura di vani porta o finestra con telai metallici ancorati costituisce il contraltare all operazione di tamponatura del vano con collegamenti a scuci e cuci, quando si voglia lasciare attivo il vano stesso. Il telaio metallico è generalmente alloggiato in corrispondenza degl imbotti del vano ed è costituito da profili della serie HE collegati con saldature e dotati di irrigidimenti trasversali. Il fissaggio alle barre delle perforazioni perimetrali di ancoraggio è effettuato con bullonature e avvitaggi nelle estremità (filettate) delle barre stesse; non è escluso, anche per questa finalità, il ricorso alla saldatura (in opera). L operazione è indicata al caso di tessuto murario di buona costituzione, in quanto tanto il telaio quanto le perforazioni interessano direttamente la parte centrale dello spessore murario; il risultato è la solidarizzazione in un unico elemento resistente di due parti murarie separate (dal vano). Nelle due foto della figura 17.8 sono riportati i particolari delle riquadrature in legno rilevate nelle aperture di alcuni edifici a struttura muraria siti in frazione di Preci (Perugia). Nel vanoporta si rileva l innesto dei montanti nella traversa d architrave, proseguita ad entrambe le estremità entro il corpo murario. Analogo particolare per il vano-finestra, interamente riquadrato e con la traversa d architrave proseguita nel corpo murario. 294

294 Fig La tecnica di rivestimento con intonaco armato di una parete muraria consiste nel realizzare, in aderenza alla muratura da consolidare e su una o entrambe le facce di essa, lastre di cemento armato efficacemente collegate alla muratura stessa. Gli elementi costitutivi sono: a) armature di parete (barre verticali ed orizzontali, di diametro compreso fra 8 mm e 14 mm, poste ad interasse compreso fra 10 cm e 20 cm) eventualmente in reti elettrosaldate; b) armature trasversali di collegamento, o fissaggio al muro, delle armature di parete (barre del diametro 6 mm o 8 mm, disposte in numero di 5 o 6 ogni m 2, alloggiate entro perforazioni passanti oppure a parziale spessore realizzate mediante trapanatura della parete); c) lastre di conglomerato cementizio, aventi spessore compreso generalmente fra 4 cm e 6 cm (all occorrenza anche superiore), costituite da malte ricche di cemento o da micro-conglomerati con addizione di prodotti anti-ritiro. Fasi di lavoro: asportazione dell intonaco, se presente, da una o da entrambe le facce della parete e messa a nudo della muratura; perforazione, passante o non passante, a seconda dei casi, con trapanature del diametro di 24 mm, in numero di 5 o 6 per m 2 ; riprese locali della muratura in corrispondenza di discontinuità o di fessurazioni rilevanti; lavaggio abbondante con acqua della muratura; applicazione delle armature di parete, fissate con chiodi alla muratura ad una distanza proporzionata allo spessore delle lastre; inserimento nei fori delle barre di collegamento e risvolto ad afferrare le armature di parete; inserimento di beccucci di plastica per la sutura dei fori; realizzazione delle due lastre di conglomerato, procedendo a mano per successivi strati (più frequentemente) oppure a spruzzo (spritz beton) oppure ancora con getto entro cassaforma (per gli spessori di rivestimento maggiori); sutura dei fori ed eventuale iniezione dell intero corpo murario. Gli effetti prodotti da questa operazione sono rimarchevoli, in termini sia di resistenza sia di duttilità. Trattasi peraltro, come è evidente, di una tecnica fortemente invasiva e di totale irreversibilità, applicabile nei casi di murature ricoperte da intonaco ed in condizioni deficitarie in termini di spessore o in stato di diffuso degrado e fessurazione o per particolari specifiche esigenze, qualora motivate considerazioni ne sconsiglino la sostituzione completa con una parete di nuova fattura. 295

295 Tale tecnica venne introdotta, col termine di gunite (equivalente a spritz-beton) nei primi decenni del 1900 per il rinforzo di pilastri in cemento armato e poi estesa, negli anni 30, a singole applicazioni su pareti murarie. Molto usata intorno agli anni 70, viene oggi raramente applicata e solo in casi particolari. Ad esempio, nell ambito dell intervento di consolidamento delle strutture murarie del Palazzo Pretorio di Gubbio per miglioramento antisismico, è stata inserita tale tecnica limitatamente alle pareti di un locale seminterrato destinato alla centrale termica generale funzionante a gasolio (sostituita da una batteria di centrali a gas localizzate in altri ambienti ricavati al piano di copertura, nell ambito delle contemporanee operazioni di adeguamento impiantistico). La prolungata esposizione delle murature in pietra calcarea, già soggette ad infiltrazioni d acqua piovana dalla contigua rampa pedonale esterna, ai vapori prodotti ed alle alternanze di temperatura (diurne/notturne, essendo il locale costantemente aerato) aveva prodotto un avanzato e diffuso stato di fessurazione e disgregazione, anche profondo nello spessore, al punto tale da suggerirne il rivestimento, sul solo lato interno e per la sola estensione del piano seminterrato, con lastre in cemento armato. Il rinforzo mediante inserimento di cordoli, pilastrini, diagonali armati nello spessore dei muri, cioè di elementi orizzontali, verticali o inclinati rispettivamente, consiste nel realizzare tracce o tagli nel corpo della muratura, da riempire con getti di cemento armato ancorati al corpo murario circostante per mezzo di perforazioni trasversali armate con barre di piccolo diametro. La finalità è di riquadrare la parete realizzando una sorta di muratura armata oppure di realizzare bielle inclinate resistenti anche a trazione. L intervento non è consigliabile nel caso di muratura caotica, con elementi arrotondati o comunque non squadrati e con malta degradata, o di muratura del tipo a sacco. In generale a tale intervento corrisponde sia l aumento di resistenza della muratura sia l introduzione di una più marcata duttilità di comportamento. Nel caso di sole cordolature il risultato si pone essenzialmente in termini di collegamento delle pareti fra loro o tra parti di murature scollegate (ad esempio, per esecuzione in tempi diversi) e semplicemente accostate fra loro. In questo caso, per murature ben costituite, le cordolature, ripetute ad opportuno interasse, possono diventare delle catenelle di connessione. Di particolare efficacia possono essere le cordolature di sommità, operanti in una zona dove il corpo murario presenta minore unitarietà per il modesto stato di compressione. Quanto alla costituzione, risulta spesso opportuno il ricorso alla muratura (di mattoni) inglobante armature metalliche in piatti o tondi e realizzata con opportune ammorsature (ingranamenti a pettine) alla muratura sottostante. In alternativa la soluzione può essere con cordolature in cemento armato. L applicazione per incollaggio di strisce fibrorinforzate su una o entrambe le facce della parete muraria si propone di realizzare un meccanismo resistente anche a sforzi di trazione, oltre che a realizzare alcuni degli obiettivi perseguibili con le tecniche precedenti. Le strisce fibrorinforzate possiedono elevate caratteristiche sia di resistenza a trazione sia di rigidezza (comparabili e talora addirittura superiori all acciaio); resta però una forte sensibilità alla temperatura, elevati valori della quale possono ridurre notevolmente tali caratteristiche (ad esempio: l irraggiamento solare diretto). Quanto alla costituzione, si possono avere fibre di carbonio (le più rigide) o fibre di vetro o di aramide (queste di caratteristiche similari fra loro). In termini di resistenza i vari tipi si equivalgono; in termini di rigidezza le fibre di carbonio presentano un modulo di elasticità indicativamente 2,5 volte maggiore delle altre, cioè che ne costituisce termine di preferenza per interventi di rinforzo basati sull effetto di contenimento trasversale (ciò che richiede una 296

296 ridotta deformabilità rispetto all elemento murario da contenere, si veda il capitolo 20). L applicazione delle strisce comporta una preparazione preliminare delle superfici murarie interessate, consistente essenzialmente nella pulitura con sabbiatura e spazzolatura e nella regolarizzazione con strati di malta (si veda la successiva figura 17.12). Sulla superficie così trattata vanno poi eseguite, alternativamente, stesura di resine epossidiche ed applicazione delle strisce fino a raggiungere lo spessore resistente di progetto (dell ordine di qualche millimetro). Questa tecnica è adatta per murature regolari, in mattoni o blocchi, da rinforzare preferibilmente su entrambi i lati; non si hanno benefici in termini di collegamento nel senso dello spessore per cui il corpo murario dev essere compatto ed omogeneo (ideale, da questo punto di vista, è il corpo murario delle volte). L inserimento di catene metalliche costituisce una tecnica ben collaudata nel tempo e di sicura affidabilità che si propone, in modo generalmente poco invasivo e facilmente rimovibile, di realizzare il collegamento fra pareti contigue, nel caso di ammorsature poco efficaci, o tra pareti contrapposte, in presenza di orizzontamenti spingenti, in modo tale da impedire la formazione di cinematismi di ribaltamento. Elemento-base è il capochiave, da disporre a ciascuna estremità e spesso da lasciare in vista sulla faccia esterna di ciascuna delle murature da collegare. Le catene vanno dotate di adeguata rigidezza (la sezione trasversale va rapportata alla lunghezza) e poste in stato di pretensione, commisurato al valore del tiro da assorbire in esercizio, agli effetti localizzati sulle pareti murarie, alle inevitabili cadute di tensione nel tempo. La conformazione del capochiave e del relativo innesto della catena costituisce un dato di facile interpretazione per la determinazione cronologica dell intervento. In senso lato questo intervento comprende, con una conformazione chiusa, a cinturazione, la realizzazione di collegamenti perimetrali dell intera maglia muraria; la cinturazione può essere esterna, con elementi di raccordo disposti negli spigoli (figura 17.9), e quindi in vista oppure interna, con ancoraggi doppi e sfalsati in corrispondenza degli spigoli. Gli elementi delle cinture possono essere costituiti da piatti o tondi metallici, con dispositivi di giunzione e di messa in tiro, oppure da strisce fibrorinforzate. L intervento di cinturazione risulta particolarmente efficace nel caso di corpi di fabbrica a costituzione compatta, con soli muri perimetrali: campanili o torri, come nel caso della figura 17.9 relativo al rinforzo della Torre della Moletta nell area nord dell emiciclo del Circo Massimo in Roma. La cintura, disposta nel corso dei lavori di scavo archeologico e d isolamento eseguiti nei primi decenni del secolo scorso presenta, per la propria conformazione e per la specifica collocazione (al di sopra del giro dei beccatelli e seminascosta da una cornice), doti evidenti di reversibilità e di modesta visibilità. Disposizioni più articolate di tali cerchiature andranno adottate per corpi di fabbrica più estesi e con pareti intermedie, in modo da collegare anche gli innesti murari intermedi. In casi particolari, specialmente per collocazione in ambienti angusti che non consentono il ricorso a barre o profilati di elevata lunghezza ed anche in specifiche situazioni di perforazioni armate, possono essere impiegate barre Dywidag che risolvono agevolmente sia il problema delle giunzioni in più elementi di minore lunghezza sia il problema dell ancoraggio alle estremità (mediante inserimento di piastre supplementari di ripartizione) sia infine la regolazione della messa in tensione al montaggio. Dettagli e caratteristiche sono riportati negli schemi e nei prospetti della tabella 17.4 ripresi da materiale divulgativo. A conclusione della descrizione riportata in questo paragrafo, nel prospetto riepilogativo della tabella 17.5 si rapportano le singole tecniche d intervento ai risultati conseguibili. Si osserva 297

297 Fig

298 Tabella

299 che gli stessi risultati possono essere ottenuti, in generale, con tecniche diverse: ciò consente di articolare il progetto di consolidamento non solo riguardo alla specificità dell opera architettonica ma anche in rapporto alla rispondenza migliore ai requisiti posti per ogni operazione di restauro (si veda il capitolo 19). Le tecniche considerate sono riferite alle pareti murarie. Risultati riguardanti le pareti possono anche essere ottenuti indirettamente, operando su altri elementi strutturali (è il caso, ad esempio, dell irrigidimento di solai e coperture nel proprio piano: operazione che presenta risvolti sulle pareti nei termini dei risultati relativi alla 6ª e alla 7ª colonna del prospetto riepilogativo). Tabella 17.5 RISULTATI OTTENIBILI TECNICHE D INTERVENTO Continuità del tessuto murario. Aumento della resistenza Miglioramento degli innesti fra pareti murarie Solidarizzazione di parti murarie non collegate o lesionate Assorbimento di spinte da archi e volte Incremento della maglia muraria Eliminazione dei meccanismi di 1 modo Riduzione delle azioni sismiche sulle pareti Risarciture o rifacimenti localizzati a cuci-scuci x x x TECNICHE TRADIZIONALI O (MUTUATE DALLA TRADIZIONE) Stilatura dei ricorsi di malta Coli ed iniezioni di malte con varie caratteristiche Tamponatura di vani e di rientranze dei muri Inserimento di nuove pareti murarie Cordolature di sommità ed a quota intermedia x x x x x x x x x x x Inserimento di tiranti o di cinture metalliche x x x x Perforazioni armate x x x x TECNICHE MODERNE O INNOVATIVE Riquadratura di vani con telai metallici Rivestimento con intonaco armato Incollaggio di strisce fibrorinforzate x x x x x x x x x x Inserimento di elementi dissipativi x 300

300 Interventi su pilastri murari Il rinforzo di pilastri murari può essere effettuato per via diretta, mediante aumento delle caratteristiche meccaniche, o indiretta, mediante contenimento della deformazione trasversale oppure mediante riduzione del carico applicato. Quest ultima strada dovrà essere percorsa, alleggerendo le strutture sovrastanti oppure trasferendo parte del carico ad altri elementi, più resistenti o in migliori condizioni, quando non sia perseguibile alcun intervento di rinforzo, come spesso accade ad esempio per pilastri monolitici o colonne. Negli altri casi, le tecniche possono essere derivate, più o meno direttamente, dalle corrispondenti descritte per le murature verticali: da risarciture localizzate e da stilature dei ricorsi di malta, a iniezione del corpo murario ed a rivestimento con intonaco armato. In particolare il rinforzo diretto di un pilastro può essere effettuato con la tecnica dell iniezione di miscele leganti leggermente espansive, applicabili, come per le pareti murarie, in tutti i casi di presenza di sconnessioni e vuoti nella parte interna della muratura: quindi prevalentemente in pilastri massicci con costituzione a sacco. Il completamento e la rigenerazione della malta induce un aumento di resistenza tanto più marcato in funzione del rapporto di qualità miscela/muratura. Il contenimento della deformazione trasversale può essere effettuato a mezzo di diffuse perforazioni armate con barre di piccolo diametro, operanti per aderenza col corpo murario: la elevata rigidezza assiale delle barre di acciaio è in grado di ridurre drasticamente la deformazione trasversale specialmente nella fase post-elastica che preannuncia la rottura per schiacciamento. Una tecnica, questa, applicabile per murature in vista; le perforazioni, non interamente passanti e leggermente inclinate verso il basso, hanno il punto d attacco in corrispondenza delle intersezioni fra i giunti di malta orizzontali e verticali. Il contenimento della deformazione trasversale può essere effettuato anche per contrasto a Fig

301 mezzo di elementi esterni, preferibilmente nei casi in cui la presenza di intonaco, sostituibile, consente di occultare gli elementi esterni. Tali elementi, disposti ad opportuno interasse, possono essere costituiti da cerchiature metalliche o da fasciature fibrorinforzate: queste costituenti un intervento di presidio, quelle invece un intervento del tipo attivo (se disposte in leggero stato di presollecitazione, operando mediante forzature di tipo meccanico; si osserva che se le cerchiature sono in vista ed i pilastri sono all esterno, la presollecitazione è necessaria per compensare gli effetti di dilatazione termica differenziale tra l acciaio e la muratura). Nella figura sono mostrate le cerchiature in ferro forgiato poste alla base ed alla sommità dei pilastri del Duomo di Orvieto (Terni). I pilastri hanno sezione circolare con diametro di circa 2 m e presentano costituzione conforme a quanto descritto per i muri perimetrali; ogni cerchiatura è una fascia metallica in due pezzi semicircolari collegati fra loro con cerniera cilindrica e con giunto di chiusura a forchetta, imboccato con cunei metallici di forzatura. Nella figura è mostrato il caso dei pilastri in blocchi di pietra calcarea nel perimetro esterno del Palazzo della Provincia, a Perugia, rinforzati con sistemi di cerchiatura messi a punto nel 1913 da un giovane Sisto Mastrodicasa. Nella figura è invece mostrata una fase del rinforzo con fibre di carbonio dei pilastri in blocchi di tufo collocati a secco della Cattedrale di Palestrina (Roma), aventi sezione all incirca rettangolare di lati 120 cm e 60 cm. Le fasciature sono disposte ad interasse di 60 cm, ad avvenuta sigillatura dei giunti verticali ed orizzontali fra i blocchi; la foto mostra la fase di preparazione dei piani di applicazione delle fasce fibrorinforzate, effettuata con malta cementizia di regolarizzazione e di raccordo degli spigoli (previa asportazione di strisce di intonaco). In casi particolari le cerchiature metalliche possono diventare delle vere e proprie protesi estese per tutta l altezza del pilastro. Nella foto della figura ne è mostrato un esempio; trattasi dei pilastri murari del loggiato sul giardino interno del complesso del Buon Pastore, a Viterbo, di sezione quadrata (lato 60 cm) e costituiti da un tratto di base in peperino e da un tratto superiore in muratura. Il tratto di base è una coppia di blocchi allungati, ciascuno di sezione 30cm 60cm, affiancati tra loro; il tratto superiore è in mattoni e blocchi minuti di tufo legati con malta poco consistente. Il tipo di rinforzo mira da un lato ad aumentare Fig

302 Fig la resistenza della parte muraria 5 e dall altro ad effettuare un affidabile collegamento di sommità dei due blocchi di peperino (non essendo possibile verificare la presenza di grappe di collegamento poste all origine); infatti la sovrastante gabbia metallica è fissata, alla base, su un collare quadrato orizzontale in profilati a L infilato sulla sommità dei due blocchi di peperino e sigillato con malta cementizia. Fig È da notare che, per effetto dell aderenza fra muratura e gabbia metallica, quest ultima può partecipare direttamente 6 a sopportare carichi verticali e quindi a ridurre il termine di carico sulla muratura oltre ad aumentare la resistenza per effetto cerchiante Interventi sugli elementi di orizzontamento Per quanto riguarda gli orizzontamenti a volta, i possibili interventi, mirati tutti alla riparazione dei danni ed alla ricostituzione dell integrità fisica del corpo murario, sono derivati dagli stessi descritti per le pareti murarie: dall inserimento di catene per l eliminazione, totale o parziale, delle spinte, alla sutura di lesioni e sconnessioni con procedimenti a scuci e cuci o con tecniche d iniezione, al rivestimento di estradosso, talora anche d intradosso, mediante lastre di cemento armato, all applicazione, generalmente all estradosso, di strisce fibrorinforzate. Interventi tutti, naturalmente, da rapportare alla particolare forma curva della volta. Mirata invece ad un vero e proprio rafforzamento della volta è l esecuzione di una soletta di estradosso in cemento armato, piana, nello spessore del rinfianco, collegata alle pareti perimetrali mediante perforazioni armate. L intervento, schematicamente rappresentato nelle sezioni verticali della volta a botte della figura 17.14, ha il duplice obiettivo di conferire alla volta una sicura rigidezza nel piano orizzontale, in modo da assicurare il collegamento dei muri perimetrali e la ripartizione delle azioni sismiche orizzontali, e di garantire l assorbimento parziale della spinta prodotta dai carichi verticali. 5 L intervento è stato completato, ad avvenuta applicazione della gabbia metallica, con reintegrazioni di materiale e con locali iniezioni di malta. 6 Se la gabbia è bene ancorata alla muratura, alle estremità superiore ed inferiore. 303

303 Fig La disposizione piana comporta l asportazione del pavimento, del sottofondo e di parte del rinfianco; la eventuale disposizione curva in aderenza comporta l asportazione totale del rinfianco e la messa a nudo della superficie muraria di estradosso. Un caso particolare di volta a botte è rappresentato dalle scale con rampe e pianerottoli alla romana, per le quali la disposizione in foglio dei mattoni non consiglia l asportazione del rinfianco. Per quanto riguarda i solai con struttura in legno, l intervento può mirare al rinforzo ed all irrigidimento dei singoli elementi nel piano verticale come anche alla formazione di un elevata rigidezza d insieme nel piano orizzontale: rispettivamente in rapporto ai carichi verticali agenti, permanenti e d esercizio, ed al collegamento delle pareti murarie sotto l azione del sisma. In rapporto ai carichi verticali, il rinforzo può essere effettuato per via diretta o indiretta. In questo secondo caso l operazione è affidata ad elementi strutturali aggiuntivi che, assorbendo una parte delle sollecitazioni, riducono lo stato di sollecitazione negli elementi lignei esistenti. Gli elementi aggiuntivi possono essere disposti in affiancamento od a rinforzo agli esistenti; disposti invece trasversalmente ne riducono la luce libera: operando però, in generale, un alterazione qualitativa o quantitativa nella distribuzione dei carichi sui muri perimetrali. Elementi aggiuntivi trasversali sono costituiti da una o più travi rompitratta, un tempo materializzate da robuste travi in legno e più recentemente da profilati metallici; le sezioni delle travi rompitratta vanno proporzionate in relazione al rapporto delle rigidezze e in modo da poter acquisire, per mezzo di opportune forzature, funzione attiva e non di presidio. Nel primo caso il rinforzo può essere effettuato ricorrendo all inserimento nel corpo ligneo di barre metalliche sigillate con malte a base di resine oppure all esecuzione di iniezioni di resine epossidiche, volte anche alla ricostituzione di intere parti lignee (ad esempio, le testate deteriorate per umidità). Meno frequenti, ma possibili, sostituzioni di parti con nuovi elementi in legno, se non la sostituzione completa dell elemento strutturale degradato. Una disposizione tradizionale a rinforzo è costituita dall eliminazione di parti deteriorate con inserimento di parti di nuova costituzione, chiodate o staffate alla trave esistente; oppure dal montaggio, per un adeguata lunghezza, di un sottotrave fissato alla trave mediante fasciature trasversali poste a contrasto mediante cunei di forzatura. Ancora tradizionale, anche come intervento provvisorio, è l inserimento a contrasto, con cunei di legno, di sottocavalletti lignei a puntoni inclinati; i puntoni devono avere un inclinazione ottimizzata fra le due opposte esigenze di non determinare forti valori di spinta e di non determinare forti ingombri nell ambiente sottostante. Nelle immagini della figura e della figura sono riportati due casi di sottocavalletti: il primo, nel borgo di Tragliata (Roma), facente parte di un articolato sistema di rinforzo del solaio, il secondo nel Comune 304

304 Fig Fig di Preci (Perugia) in località Roccanolfi; in entrambi i casi è rilevabile l esiguità della sezione dei due puntoni inclinati. In rapporto alle azioni orizzontali, quindi alla necessità di dotare il solaio tanto di un efficace funzione di collegamento delle pareti perimetrali quanto di un irrigidimento nel proprio piano, il rinforzo del solaio può essere effettuato con sistemi di crociere in piatti di acciaio da collocare sotto il pavimento e da ancorare alle pareti: ciò senza fare necessariamente ricorso a pesanti interventi con solette armate. Un esempio è fornito nelle immagini della figura che si riferisce ad un ala del Palazzo del Podestà a Gubbio per il rinforzo di un solaio in legno effettuato nel corso delle operazioni di consolidamento del periodo Le crociere sono ancorate, entro appositi incassi, ai muri mediante saldatura a barre d acciaio predisposte entro apposite perforazioni; la stesa di rete elettrosaldata è stata resa necessaria per la ricostituzione di un massetto sotto pavimento abbastanza spesso per compenso di dislivelli presenti con le zone adiacenti. Il rinforzo di solai a struttura metallica può essere effettuato, con le incongruenze logiche segnalate per i solai in legno, mediante inserimento di travi rompitratta. Nel caso di profilati con acciaio sicuramente saldabile (i profilati di produzione fine ottocento, i profilati della serie NP) il rinforzo può essere effettuato operando dal calpestìo sovrastante mediante: Fig

305 asportazione di pavimento e allettamento e di un conveniente strato di spianamento; saldatura di opportuni elementi metallici (spirale; perni; basette a L) sull ala superiore del profilato a I del solaio; stesa di rete elettrosaldata sull intera superficie del solaio (diametro da 4 a 8 mm; maglie da 10 a 20 cm); getto di soletta di calcestruzzo sull intera superficie del solaio, per uno spessore da 4 a 6 cm. La rete può essere risvoltata sui muri perimetrali e ad essi ancorata mediante perforazioni armate con barre saldate per punti ai ferri della rete, per migliorare il collegamento del solaio ai muri e per realizzare un efficace piano rigido nei confronti delle azioni sismiche orizzontali; nella figura sono riportati gli schemi costruttivi dell intervento. Si osserva che questa tecnica rende il solaio meno deformabile nella fase di esercizio per i carichi verticali, stante la collaborazione acciaio/calcestruzzo fra trave e soletta rese solidali fra loro per mezzo degli elementi metallici saldati alla trave ed inglobati nel getto; può essere opportuno esaltare questo effetto puntellando provvisoriamente le travi, ad avvenute operazioni di asportazione di pavimento, allettamento e riempimento, per tutte le fasi di getto e indurimento della soletta. Eventuali travi presenti negli orizzontamenti possono essere rinforzate più che con interventi diretti, sulle travi stesse (non sempre possibili) a mezzo di integrazioni e saldature, con procedimenti indiretti inserendo nuove travi di minore ingombro e di immediata riconoscibilità volte a ridurre i carichi applicati sulle travi esistenti. Il rinforzo di elementi di orizzontamento in cemento armato può essere agevolmente eseguito, nel caso di calcestruzzo integro anche negli strati più superficiali (copriferro), mediante incollaggio di piatti metallici con resine epossidiche o di strisce di fibre aramidiche o di carbonio: elementi tutti facilmente ricopribili dall intonaco, anche se di contenuto spessore. Nel caso di copriferro degradato e barre ossidate, ma in quantità sufficiente, l intervento può consistere nell asportazione completa del copriferro, nella messa a nudo e nella pulitura e verniciatura delle barre ossidate, nella ricostituzione del copriferro mediante applicazione di malte o microconglomerati reoplastici. Per solai a struttura mista, di elementi resistenti in calcestruzzo armato e di elementi di alleggerimento, l intervento di rinforzo può essere eseguito all interno della struttura del solaio, utilizzando alcuni filari di cavità degli elementi di alleggerimento stessi. Fig

306 Fig

307 A titolo esemplificativo, nella figura sono riportati i dettagli costruttivi dell intervento di rinforzo effettuato sul solaio di calpestìo di alcuni ambienti in un fabbricato a struttura muraria, adibito a biblioteca, per l adeguamento strutturale ai carichi d esercizio; la struttura del solaio è ad elementi cementizi prefabbricati, cavi, affiancati. Si osserva che l intervento indicato non comporta ingombri definitivi al piano sottostante (precauzionalmente interessato soltanto da alcuni puntellamenti di salvaguardia) in quanto le operazioni proposte, e realmente eseguite, non riguardano la superficie d intradosso del solaio ma sono effettuate dal piano di calpestìo sovrastante Interventi sulle coperture Per coperture a struttura in legno gli interventi di rinforzo si sostanziano, in definitiva, negli stessi esaminati per i solai. Specifici, e frequenti, per le capriate gli interventi riguardano le testate: spesso deteriorate da infiltrazioni d acqua o deficitarie per quanto riguarda gl innesti puntone-catena; in questi casi sono frequenti interventi di sostituzione omogenea con nuove parti lignee fissate alle esistenti con fasciature metalliche in forza o con chiodature, come mostrato nella figura 17.20, oppure con impiego di resine e barre di rinforzo, come indicato per i solai. Fig

308 Quest ultima tecnica consiste, come la corrispondente eseguita con staffatura orizzontale a [ posta ad abbracciare la testata ed ancorata alla catena, con bulloni passanti, nel riportare la componente orizzontale, esercitata dal puntone, alla catena oltrepassando il nodo puntone-catena. L intervento può essere agevolmente eseguito senza smontare parte della copertura. L inserimento di diagonalature metalliche di falda, fra i puntoni delle capriate, unitamente ad una bonifica di sommità delle pareti murarie (eventualmente a mezzo di cordoli), consente di realizzare un piano rigido ed efficaci collegamenti alla quota della copertura. Per coperture a struttura metallica o di cemento armato, valgono i criteri descritti per i corrispondenti solai Riepilogo I precedenti paragrafi mostrano, in generale, una pluralità di risposta alla richiesta di rinforzo. Infatti il progredire continuo delle tecniche d intervento consente di risolvere in più modi lo stesso problema: ad esempio la connessione affidabile fra pareti murarie può essere ottenuta con operazioni progressive di scuci e cuci, oppure mediante esecuzione di perforazioni armate degli innesti, o ancora attraverso apposizione di catene o di tirantature di piano, come anche infine attraverso operazioni combinate con altri effetti (come irrigidimenti di piano). La scelta fra l una o l altra tecnica va effettuata prima di tutto in rapporto alle caratteristiche dell opera architettonica sulla quale si deve intervenire, in particolare, in rapporto alle caratteristiche della muratura, e successivamente in rapporto ad una serie di parametri riconosciuti alla base di ogni operazione di restauro (del quale il consolidamento è parte) ed esaminati in dettaglio nel paragrafo Si tratterà pertanto di stabilire un peso da attribuire a tali parametri, ad esempio assumere come fondamentale la durata nel tempo oppure il minimo impatto visivo; oppure privilegiare il carattere tradizionale rispetto all innovativo ecc., mediante il quale eseguire la scelta delle tecniche che meglio lo rispettano. La definizione progettuale complessiva è, infine, effettuata nel contesto dell intervento nel suo insieme, degli obiettivi proposti, delle caratteristiche anche storiche dell opera architettonica ASPETTI DI MODELLAZIONE STRUTTURALE A completamento ed a conferma delle operazioni di consolidamento proposte, vanno eseguite le verifiche di sicurezza e funzionalità previste dalla vigente normativa tecnica. Trattasi di un operazione da condurre con le stesse modalità previste per le nuove costruzioni, tenendo sempre conto, però, che diverso è il corpo murario e diversa è l ossatura strutturale, ancorché rinforzata, ai quali si riferiscono. Nella formulazione del modello geometrico (vincoli, linee d asse o superfici medie), del modello di comportamento e del modello di carico, speciale attenzione va posta per i primi due. In particolare va controllata la reale concretezza della condizione di collegamento a piano rigido delle pareti murarie operata dai solai alle quote di piano e, in seconda istanza, del collegamento delle pareti fra loro; in caso contrario occorrerà procedere con verifiche a striscia per striscia (si veda il paragrafo 18.1) previo controllo di un sufficiente collegamento dei solai con le pareti murarie e delle pareti murarie fra loro. Nella formulazione del modello di comportamento vanno bene stimate le caratteristiche delle murature nelle condizioni originarie e dopo l eventuale miglioramento introdotto dalle operazioni di consolidamento previste nel progetto. 309

309

310 18 Modellazione ed analisi PREMESSE Nella parte relativa alle nuove costruzioni sono stati definiti i modelli e le modalità di analisi della sicurezza che rimangono nell insieme validi anche per le costruzioni esistenti. Tuttavia in tale tipo di costruzioni si possono evidenziare le problematiche specifiche che di seguito vengono prese in considerazione. Un primo aspetto è relativo alle connessioni tra pareti ortogonali (innesti murari) e tra pareti ed orizzontamenti. La tipologia di danno osservata con maggiore frequenza è relativa a meccanismi detti di I modo che riguardano il collasso, parziale o totale, di pareti investite da un sisma ortogonale al piano medio delle pareti stesse. Un secondo aspetto consiste nella valutazione dell efficacia degli orizzontamenti nel proprio piano in termini di rigidezza e di capacità di collegamento delle pareti dell edificio. Tali ultimi aspetti si presentano, in generale, di problematica caratterizzazione numerica considerata la varietà delle situazioni riscontrabili e la difficile valutazione delle reali condizioni di connessione tra gli elementi costruttivi. Per quanto riguarda gli aspetti di rigidezza nel piano, sono individuabili due condizioni estreme: a) orizzontamenti indeformabili; b) orizzontamenti privi di rigidezza. Il primo caso, specifico della tipologia dei solai in calcestruzzo armato, è raramente presente nella edilizia storica mentre è ricorrente nell edilizia recente. In questa eventualità sono applicabili le modellazioni a piano rigido ed i metodi di analisi visti in precedenza. Anche in assenza di indeformabilità dei piani, la normativa prevede l analisi globale dell intero organismo. Tale analisi globale si può effettuare solo con una determinazione dell effettivo valore di rigidezza ai piani che di solito risulta incerta e poco affidabile. È quindi giustificato, almeno in alcuni casi, riferirsi al secondo caso limite che porta ad una modellazione piana per pareti singole: quelle disposte nella direzione del sisma e soggette, ciascuna, ai carichi verticali ed alle masse di competenza. In tal senso si è espresso il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici con parere, che seppure datato (adunanza del ), resta concettualmente attuale: l analisi sismica globale prevista dalle norme va intesa nel senso che la globalità dell edifico deve essere passata in rassegna per individuare i possibili meccanismi di dissesto che l azione sismica può provocare in ogni sua parte. Resta comunque possibile una modellazione tridimensionale a telaio spaziale equivalente, per la quale i nodi della singola parete sono rigidamente collegati tra loro piano per piano, mentre rimangono praticamente indipendenti rispetto ai nodi delle altre pareti. 1 L aggiornamento alle NTC 2008 è riportato ai paragrafi B.9.1, B.9.3 e B.9.4.

311 Con tale modellazione risulta in genere elevato il numero degli incogniti spostamenti. Viene poi a mancare ogni ridistribuzione del taglio tra parete e parete: ciò delinea un possibile indirizzo di intervento consistente nell introdurre, se possibile, artificialmente (croci di diagonali, solette di calcestruzzo armato) una aliquota più o meno grande della mancante rigidezza nonché un effetto più o meno marcato di connessione alle pareti. Un terzo aspetto infine, specifico delle murature esistenti, consiste nel riferire la crisi da taglio di un elemento murario alla rottura diagonale, più frequente in questi casi, rispetto alla rottura per scorrimento. In definitiva gli aspetti elencati mostrano una gerarchia delle analisi che pone in primo piano lo studio dei meccanismi di primo modo. Tale studio, basato sull analisi cinematica, verrà sviluppato di seguito. L analisi cinematica, riferita alle singole pareti, può essere utilizzata con diverse finalità anche per i meccanismi detti di secondo modo relativi alle azioni nel piano. Tali ultimi meccanismi verranno analizzati in un successivo paragrafo. Infine verranno riprese le metodologie di analisi presentate nella prima parte al fine di stabilire se e come tali metodologie sono applicabili agli edifici esistenti. Pare opportuno evidenziare che per gli edifici esistenti le analisi, qualunque sia la metodologia prescelta, vanno riferite in primo luogo allo stato di fatto, con un approfondimento sufficiente, al fine di individuare il livello di sicurezza in tale stato e gli interventi più opportuni da effettuare. Le analisi vanno poi ripetute nello stato consolidato, in modo da determinare il livello di sicurezza raggiunto ANALISI CINEMATICA LINEARE E NON LINEARE Analisi cinematica lineare Dall esperienza derivante dall osservazione dei danni provocati da sisma, si è visto che di frequente avvengono danni dovuti a collassi parziali per perdita di equilibrio di pareti o porzioni di pareti. Tali collassi sono in genere riferiti a pareti investite ortogonalmente al proprio piano medio (meccanismi di I modo), ma possono avvenire anche per azioni sismiche agenti nel piano delle pareti (meccanismi di II modo). Le verifiche di danno e collasso per i meccanismi locali ritenuti significativi per l edificio, sulla base dell esperienza, possono essere condotte con l analisi limite dell equilibrio secondo la metodologia cinematica. Tale analisi limite si sviluppa in sintesi con la scelta del meccanismo di collasso e la determinazione dell azione orizzontale in grado di innescare il cinematismo previsto. La procedura si basa sulla suddivisione in blocchi del sistema murario considerato, caratterizzato dalle seguenti ipotesi: resistenza a trazione nulla della muratura; assenza di scorrimento tra i blocchi; resistenza a compressione infinita della muratura. La seconda ipotesi è strettamente legata alla qualità della muratura, intesa come accuratezza di concezione e di esecuzione. La presenza di diatoni ad esempio è indicazione sicura di buona qualità. In definitiva quindi il meccanismo prevede la schematizzazione della muratura come uno o più blocchi rigidi collegati da cerniere in modo da formare una catena cinematica. 312

312 Modelli più sofisticati consentono di considerare in via approssimata: a) gli scorrimenti tra i blocchi, in presenza dell attrito; b) le connessioni tra le pareti sia pure con resistenza limitata; c) l eventuale presenza di catene metalliche; d) la resistenza a compressione limitata che si traduce, come verrà mostrato in seguito, in un adeguato spostamento delle cerniere dallo spigolo della sezione verso l interno della sezione stessa; e) la schematizzazione di pareti con paramenti non collegati. L analisi cinematica lineare consente di valutare il moltiplicatore orizzontale α o dei carichi che attiva il previsto meccanismo. Ai blocchi rigidi formanti la catena cinematica vanno applicati i seguenti carichi: i pesi propri dei blocchi, applicati nei rispettivi baricentri; i carichi verticali portati dai blocchi e dovuti ai carichi dei solai nonché i pesi di eventuali altri elementi murari non considerati nel modello; un insieme di forze orizzontali proporzionali ai carichi verticali considerati; forze esterne trasmesse ad esempio da catene, se presenti; azioni interne dovute ad esempio all ingranamento tra i conci murari, se previste. Partendo da una rotazione virtuale θ k assegnata ad un generico blocco k, si possono determinare gli spostamenti delle forze applicate nelle corrispondenti direzioni, che risulteranno funzione di θ k e della geometria della struttura. Il principio dei lavori virtuali, in termini di spostamenti, consente di ricavare il moltiplicatore α o attraverso l eguaglianza del lavoro complessivo eseguito dalle forze esterne ed interne sul sistema, in corrispondenza dell atto di moto virtuale: n n+ m ( ) i i1 = n1 + n o αo P δxi + P j δxj - P δyi - Fh δh = i i1 = h= 1 Lfi (18.1) In tale espressione la simbologia adottata è la seguente: n è il numero complessivo delle forze peso applicate ai blocchi della catena cinematica; m è il numero di forze peso non gravanti direttamente sui blocchi le cui masse generano forze orizzontali, a causa del sisma, sugli elementi della catena cinematica in quanto non efficacemente trasmesse ad altre parti dell edificio; o è il numero delle forze esterne applicate ai blocchi, ma non associate a masse; P i e δ xi sono rispettivamente la generica forza peso (peso del blocco applicato nel baricentro o altro peso portato) e lo spostamento virtuale orizzontale del corrispondente punto di applicazione, positivo se concorde con l azione sismica che attiva il meccanismo; P j e δ xj sono rispettivamente la generica forza peso non direttamente applicata ai blocchi la cui massa produce, a seguito dell azione sismica, una forza orizzontale sugli elementi della catena cinematica in quanto non trasmessa ad altre pari dell edificio e lo spostamento virtuale del relativo punto di applicazione, positivo se concorde con l azione sismica che attiva il meccanismo; δ yi è lo spostamento virtuale verticale del punto di applicazione del peso P i, positivo se verso l alto; F h e δ h sono rispettivamente la generica forza esterna, considerata in valore assoluto, applicata ad un blocco, e lo spostamento virtuale del relativo punto di applicazione, nella direzione della forza, considerato positivo se discorde con il verso della forza; è il lavoro delle forze interne, se considerate. L fi Poiché l effetto sismico è un effetto dinamico, l insieme di spostamenti virtuali dei punti di 313

313 applicazione dei pesi, associato al cinematismo, deve essere considerato come una forma modale di vibrazione. Il coefficiente di partecipazione g m è fornito dalla formula (11.34): g m n+ m = i1 = n+ m i1 = P δ P i xi iδ 2 xi In tale ultima espressione la simbologia adottata è la seguente: n+m è il numero delle forze peso P i applicate le cui masse, a causa del sisma, generano forze orizzontali sugli elementi della catena cinematica; δ xi è lo spostamento virtuale orizzontale del peso P i. La massa M * partecipante a tale forma modale di vibrazione si ottiene moltiplicando g m per la n+ m P i δ xi i= 1 e dividendo per l accelerazione di gravità g ottenendo quindi: M n+ m (18.2) L accelerazione sismica spettrale a o * di attivazione del meccanismo si ricava dal prodotto del moltiplicatore α o per l accelerazione di gravità e dividendo tale prodotto per la frazione di massa e * partecipante al cinematismo. Il valore di e * è fornito dall espressione: P δ i xi * i1 = = n+ m 2 g Piδ xi i1 = 2 e quindi: * e = gm* n+ m P i i1 = (18.3) a * o n+ m αo αog = = = * e M i1 * P i (18.4) Determinato a ο *, si procede ad effettuare le verifiche. La verifica per lo SLD è soddisfatta se a ο * è maggiore o al limite eguale all accelerazione del corrispondente spettro di progetto, valutato per T = 0 ed amplificato (lo spettro elastico) per tener conto della quota Z cui è applicata la risultante delle azioni sismiche relative alla porzione di edificio interessata al cinematismo: in cui H è l altezza dell edificio. a o * a g S 2.5 ( Z ) H (18.5) 314

314 Nel caso di meccanismi locali lo SLD coincide con la formazione di fessurazioni che non interessano l intera struttura ma solo una sua parte. Negli edifici esistenti in muratura, per tener conto anche delle esigenze di conservazione, la verifica per tale stato limite è consigliabile ma non è richiesta tassativamente. Al contrario la verifica allo SLU dei meccanismi locali è indispensabile per garantire la sicurezza nei riguardi del collasso. Operando nel campo dell analisi cinematica lineare, la verifica è positiva se l accelerazione spettrale a ο * di attivazione del meccanismo risulta maggiore o eguale all accelerazione del corrispondente spettro di progetto, amplificato come già visto nella (18.5): a o * a g S ( Z q + H ) (18.6) con q fattore di struttura che si assume pari a Analisi cinematica non lineare L analisi cinematica non lineare è una metodologia che, scelto un meccanismo, consente di sviluppare l analisi del comportamento dello stesso meccanismo dall innesco del cinematismo (già studiato con l analisi statica lineare), attraverso configurazioni variate del cinematismo stesso, sino al raggiungimento di una configurazione cui corrisponde l annullamento del moltiplicatore α. L evoluzione del meccanismo è descritta dallo spostamento d k di un opportuno punto di controllo del sistema. Il degrado della capacità portante, relativa a forze orizzontali, è quindi descritto dal valore di α via via decrescente con il crescere dello spostamento d k ; il valore dello spostamento corrispondente ad α = 0 viene indicato con d ko. L analisi si sviluppa quindi attraverso una successione di rotazioni virtuali finite, cui corrispondono configurazioni variate del sistema. In generale il legame α - d k è descritto da una curva che può essere assunta lineare a tratti. Tuttavia se le diverse azioni agenti sul cinematismo (forze peso, azioni esterne od interne) sono ipotizzate costanti all evolversi dello stesso cinematismo, la curva diviene approssimativamente lineare e può essere definita dalla relazione: α= α o ( 1 - d d In figura 18.1 si riporta la rappresentazione grafica di tale relazione. k ko ) (18.7) Fig

315 Lo scopo ultimo di una analisi cinematica non lineare è di valutare la capacità di spostamento della struttura sino al collasso. Tale obiettivo si persegue attraverso la definizione della curva di capacità di un oscillatore equivalente. Tale curva di capacità si definisce come relazione tra accelerazione spettrale a * e spostamento d *. La massa M* partecipante al cinematismo si determina con la (18.2), mentre l accelerazione spettrale di attivazione del meccanismo è definita dalla (18.4). Lo spostamento spettrale d * dell oscillatore equivalente si valuta come spostamento medio dei diversi punti cui sono applicati i pesi P i, pesato sui pesi stessi. Con sufficiente approssimazione, noto lo spostamento d k del punto di controllo, lo spostamento spettrale equivalente si definisce riferendosi agli spostamenti virtuali relativi alla configurazione iniziale: d * = = d k n+ m δ i1 xk P i δ n+ m i1 = xi P i (18.8) in cui n, m, P i δ xi sono stati definiti in precedenza mentre con δ xk si indica lo spostamento virtuale orizzontale del punto di controllo, assunto come riferimento per lo spostamento d k. Se la curva di capacità presenta un andamento lineare, la curva stessa assume l espressione: * o a * = a ( 1 - d d ) * * o (18.9) in cui con d * 0 si indica lo spostamento spettrale equivalente relativo allo spostamento d ko. La capacità di spostamento per lo SLD è valutata in corrispondenza dell accelerazione spettrale a * 0, corrispondente all attivazione del meccanismo. Quindi tale verifica coincide con la omologa verifica definita attraverso la (18.5) per l analisi cinematica lineare. La verifica dei meccanismi locali allo SLU è un confronto tra lo spostamento ultimo d * u del meccanismo locale e la domanda di spostamento d, valutata attraverso uno spettro definito in analogia allo spettro utilizzato per gli elementi non strutturali, in corrispondenza del periodo secante T s. Lo spostamento d * s si definisce pari al 40% dello spostamento d * u: d * s= 0.4 d * u (18.10) La curva di capacità fornisce il valore della accelerazione a * s corrispondente allo spostamento d * s; se tale curva si può confondere con una retta risulta: a s * = * * s o * a ( 1 - d d ) o (18.11) Il periodo secante è espresso dalla relazione: T s = 2 π * s * s d a (18.12) 316

316 La domanda di spostamento d (T s ) si valuta come segue: T s < 1.5 T 1 d ( T ) s = a S g 2 Ts 4 ( 3(1+ Z/H) (1-T / T ) ) 2 π s 1 (18.13a) 1.5 T 1 T s < T D d ( T s ) a S 1.5 T 1 T s = Z g + (18.13b) 4 π H T D T s d 2 ( ( T s ) a S 1.5 T 1 T D = Z g + 4 π H 2 ( (18.13c) con: a g, S, T D, Z, H definiti in precedenza mentre T 1 è il primo periodo di vibrazione della struttura nella direzione considerata. La verifica di sicurezza è positiva se si realizza la condizione: * d d u ) ) MECCANISMI DI I MODO. ANALISI CINEMATICA LINEARE Ribaltamento di parete monopiano Con riferimento alla figura 18.2, si indichi con: l, t, h le dimensioni geometriche della parete; Q quota di base della parete rispetto alle fondazioni; H altezza dell edificio; P 1 carico sulla sommità della parete, applicato a distanza d dallo spigolo esterno; P 2 peso proprio della parete, applicato nel relativo baricentro; T azione stabilizzante di un eventuale tirante, situato ad altezza h T dalla base della parete. Fig

317 Il possibile ribaltamento della parete avviene con rotazione θ intorno alla cerniera C situata sul suo spigolo esterno; il parametro che caratterizza il cinematismo è quindi l angolo θ. Assegnato l angolo θ = 1, la 18.1 assume nel caso specifico la forma: α o ( P h P h 2 ) - ( P d P t ) - T h T = 0 da cui : α o = ( P 1 d + P t 2 + T h T) 2 ( P h + P h 2 ) 1 2 (18.14) Si vuole poi determinare la rotazione θ u che rappresenta il limite al di sopra del quale l azione dei carichi verticali diviene instabilizzante ed il cinematismo irreversibile. Questa condizione si realizza quando la risultante dei carichi verticali esce dalla sezione. Le coordinate del baricentro dei carichi verticali risultano: x R = (P 1 d P 2 t)/(p 1 + P 2 ); z R = (P 1 h P 2 h)/(p 1 + P 2 ) La ricercata condizione limite si verifica per x R = θ u z R e quindi: θ u = x R /z R Assunto come punto di controllo il baricentro della parete, il suo spostamento ultimo sarà: d ko = x z R R h 2 (18.15) La massa partecipante al cinematismo si valuta con la (18.2) con δ x1 = h ed δ x2 = 0.5h. L accelerazione spettrale a * 0 è fornita dalla (18.4), mentre le (18.5) e (18.6) consentono rispettivamente le verifiche per lo SLD e per lo SLU; in tali formule Z = Q + z R. In caso di assenza di tirante (T=0), molto spesso la verifica allo SLU non risulta positiva. In tal caso il tirante deve essere inserito e può essere interessante trovare il valore del tiro T* (tiro minimo) per il quale la (18.6) risulta soddisfatta sotto forma di eguaglianza. Indicando con a d l accelerazione di progetto richiesta: a d a g S = ( Z ) q H la (18.6), tenendo presente la (18.14), si può porre nella forma: a * o αom = g + * e * T ht g h * (P 1 h + P 2 ) e 2 = a d (18.16) 318

318 dove con α om si è indicato il contributo della sola muratura nell espressione (18.14): α om = ( P d + P t 2 ) 1 2 ( P h + P h 2 ) 1 2 Dalla (18.16) si ricava quindi: T * h (P 1 h + P ) e α 2 om = ( a d - g) 2 * e g h T * (18.17) Si vuole ancora evidenziare che, disponendo di un opportuno programma di calcolo, si può introdurre uno dei dati iniziali in forma parametrica e quindi trovare diagrammi in ciascuno dei quali si mostra la variazione di uno dei risultati in funzione del parametro prescelto. Tale possibilità è illustrata nell esempio numerico che segue. Una variante alla procedura esposta si può avere se si esclude il contatto puntuale e si impone una limitazione σ m alla tensione di compressione nella muratura (figura 18.3). Fig Come conseguenza a tale limitazione, la cerniera C si sposta verso l interno della parete di una quantità x 1 che si definisce imponendo la condizione di equilibrio alla traslazione verticale: 0.5 σ m x 1 l = Σ P i da cui: x 1 = 2 P i σ m l Tale spostamento della cerniera C è non trascurabile per una muratura di resistenza bassa. L esempio numerico che si presenta in dettaglio è relativo al cinematismo del tipo presentato in figura 18.2 e ad una parete avente le dimensioni geometriche: l = 5.00 ml, t = 0.50 ml, h = 3.5 ml; il peso specifico della muratura è pari a 1600 dan/ mc. La parete ha la sua quota di base 319

319 Q = 3.5 ml, in quanto situata al secondo piano di un edificio di due piani con interpiano di 3.50 ml e quindi altezza totale 7.00 ml. L edificio preso in esame è situato in zona 2, su suolo di categoria C mentre il fattore d importanza è uguale ad 1. La forza in sommità P 1 = 8125 dan è posta a distanza d = 0.40 ml dal bordo esterno della parete. Il peso proprio della parete vale: P 2 = = dan, e quindi risulta: Σ Pi = dan. Si vuole in via preliminare verificare la parete in assenza di tirante. Il moltiplicatore di collasso, utilizzando la (18.14) con T = 0, risulta: α o = = = Le coordinate del baricentro dei carichi verticali sono: x R = 6750/22125 = 0.31 ml = 31 cm; z R = /22125 = 2.39 ml = 239 cm. Risulta quindi Z = = 5.89 ml. La rotazione ultima θ u e lo spostamento ultimo d ko sono ricavati di seguito: θ u = 31/ 239 = ; d ko = = ml = cm. La massa partecipante al cinematismo e la corrispondente frazione di massa si valutano come segue: M * 2 ( ) = 1 2 = 2006 dan sec / m 2 ( ) g * e = = l accelerazione spettrale assume quindi il valore: l accelerazione sismica di progetto è: a d a g S ( Z = + ) = ( )g = g q H Risultando a * 0 < a d la verifica non è positiva e quindi è necessario un tirante in sommità, che viene disposto a 50 cm dal bordo superiore della parete, in modo che risulti h T = 3.00 ml. Si vuole ora determinare il valore T*, valore di T per il quale la (18.6) è soddisfatta come eguaglianza. Applicando la (18.17), risulta: h * (P 1 h + P ) e * α 2 om T = ( a d - g) = ( ) = 3301 dan * e g 3.00 h T * a = o g = g 320

320 a* 0 /a d SLU Fig Diagramma a* g /g - a* 0 /a d a* g /g T* SLU a g /g Fig Diagramma a g /g - T* 321

321 Infine si vuole controllare la variazione del rapporto a * 0/a d e di T* al variare del parametro a g. Un opportuno programma di calcolo consente questo controllo, riportato nelle figure 18.4 e Dal diagramma di figura 18.4 si nota che il rapporto a * 0/a d assume un valore > 1 solo in zona 4, mentre dal diagramma di figura 18.5 si può constatare che il rapporto a g /g = rappresenta un limite oltre il quale è necessaria la presenza di un tirante. In effetti il valore di a g che corrisponde a a d = a * 0 in assenza di tirante, valutato analiticamente, risulta: a g = g Cinematismo per rottura interna in parete incatenata Verificato che per la parete in esame, opportunamente tirantata, non si possa innescare il cinematismo di ribaltamento, occorre verificare la sicurezza relativa al cinematismo per rottura interna, con formazione di una cerniera ad altezza h 1 incognita rispetto alla sezione di base (figura 18.6). Fig Per ipotesi la risultante dei carichi verticali N è applicata nel baricentro della sezione superiore della parete; la cerniera C 2 si forma nel punto di tangenza della curva delle pressioni (relativa ai carichi distribuiti verticali ed orizzontali dei quali in figura si mostrano le risultanti) con un lembo esterno della parete. La parete risulta suddivisa in due corpi di altezza h 1 ed h 2, collegati dalla cerniera C 2. Le altezze dei due corpi sono messi in relazione con l altezza h della parete, nella forma: h x - 1 = h ; h = x 1 2 h x con x parametro incognito. 322

322 Assegnata una rotazione virtuale θ 1 = 1 al corpo 1, i parametri del cinematismo risultano così definiti: h1 θ2 = = x - 1 ; h2 h1 h x - 1 t δ1x = = ; δ1y = 2 2 x 2 ; h2 x - 1 h δ2x = θ2 = = δ1x 2 x 2 t t t δ2y = θ1 t + θ2 = t + (x - 1) = (1 + x) (18.18) t δny = δ2y = (1 + x) 2 Il peso proprio della parete vale: P = γ m l t h, dove con γ m si indica il peso specifico della muratura e con l la lunghezza della parete. Il peso dei corpi 1 e 2 si può esprimere in funzione del peso P e della incognita x: P 1 x - 1 = P ; P 2 = x P x. La (18.1) in questo caso assume la forma: α o (P 1 δ 1x + P 2 δ 2x ) (P 1 δ 1y + P 2 δ 2y + N δ Ny ) = 0. Si esprimono nella formula precedente i parametri di spostamento del cinematismo in funzione di x con le (18.18) e quindi si ricava α o che risulta funzione di x: α o = α o (x). α o ( x) = P t + (P2+ N) 0.5t (1+ x) 1 (P1 + P2 ) 05. h x x = t h P 1+ (P2+ N)( 1+ x) P (x-1) x Dalle espressioni che legano P 1 e P 2 con P, si ricava: P P x P = (x-1) ; P x = che sostituite nell espressione relativa ad α o (x), consentono di scrivere: (x-1) + (1 + N x) (1+ x) t α o (x) = P h x-1 Tale ultima formula si pone poi nella forma: α o (x) = t h N 2x + P (1 + x)x x-1 (18.19) 323

323 Il valore di x si ricava con la condizione: dα o( x) dx = 0 cui corrisponde α o (x) = min; noto x, si ricava poi la quota h 1 della sezione di frattura. Ricordando la formulazione della derivata del rapporto tra due funzioni: d fx ( ) = dx gx ( ) f '( x) gx ( ) - g '( x) fx ( ) [ gx ( )] 2 con opportuni passaggi si arriva alla conclusione che l annullarsi della derivata prima di α o (x) porta all equazione di secondo grado: x 2-2x - (1 la cui radice positiva fornisce il valore di x: + 2 P ) = N 0 x 1 (2 N + = + P ) N (18.20) Trovato quindi x ed α o (x) con la (18.19), la massa partecipante al cinematismo si determina con la (18.2) tenendo presente che in questo caso risulta δ 1x = δ 2x. L accelerazione spettrale è fornita dalla (18.4) mentre per la verifica allo SLD ed allo SLU si utilizzano rispettivamente le (18.5) e (18.6). Lo sforzo nel tirante T si ottiene dalla condizione di equilibrio alla rotazione del corpo 2 rispetto alla cerniera C 2, da cui si ricava: t P2 T = (N + P 2 ) + αo ( N + (18.21) 2 h 2 ) 2 Da notare che il termine α o N che compare nella (18.21) non è stato evidenziato nella figura 18.6 in quanto direttamente assorbito dal tirante che si trova alla stessa quota. L esempio numerico che si presenta è relativo alla parete del paragrafo precedente che, opportunamente tirantata, è in condizione di sicurezza nei riguardi del meccanismo di ribaltamento. Si vuole controllare se la parete stessa è in condizione di sicurezza anche relativamente al cinematismo che può nascere per rottura interna. Si ricorda che le dimensioni geometriche della parete sono: l = 5.00 ml, t = 0.50 ml, h = 3.50 ml; il peso specifico della muratura è pari a 1600 dan/mc. La parete ha la sua quota di base Q = 3.50 ml ed è un elemento strutturale di un edificio di altezza H =7.00 ml,in zona 2, su suolo di categoria C. La parete è soggetta ad un carico verticale in sommità, che in questo esempio viene indicato con N, concentrato nel baricentro di tale sezione; risulta N = 8125 dan. Oltre a tale carico, la parete è soggetta al peso proprio ed alle azioni sismiche orizzontali. Il peso proprio P = dan e quindi N + P = dan. La (18.20) consente di trovare il valore di x = Le altezze h 1 ed h 2 dei due corpi si valutano con le relative formule presentate in precedenza: h 1 = = ml. ; h = = ml. 324

324 I pesi propri dei due corpi sono quindi: P 1 = = dan ; P 2 = = 4200 dan La (18.19) consente di valutare il moltiplicatore α o (x): α o ( x)= = I parametri del cinematismo, tenendo presente le (18.18), sono: δ1x = δ2x = = La massa partecipante al cinematismo e la relativa frazione di massa si determinano come segue: M * 2 ( ) 1 2 = = 1427 dan sec /m 2 2 ( ) g * e g = L accelerazione spettrale assume quindi il valore: = 1 a o * αo = g = * e g Per determinare l accelerazione sismica di progetto, occorre calcolare in precedenza la quota z R, rispetto alla base della parete, della risultante dei carichi verticali che generano azioni sismiche: ( ) z R = = 1.75 ml Risulta quindi Z = = 5.25 ml. L accelerazione sismica di progetto si valuta come segue: a d = g = g Risultando a * 0 > a d, la parete è in condizioni di sicurezza relativamente ad un cinematismo per rottura interna. Lo sforzo T nel tirante si determina con la (18.21): T = ( ) ( ) = dan Il meccanismo illustrato si può presentare anche nel caso di una parete pluripiano a spessore costante vincolata alla base nella struttura di fondazione ed in sommità con tirante o cordolo, mentre ai piani intermedi i solai non sono in grado di costituire vincolo. In tale situazione valgono le formulazioni precedenti, con h pari all altezza totale H dell edificio. 325

325 Cinematismo per ribaltamento composto di parete monopiano Quando la parete ortogonale all azione sismica è irrigidita da una parete trasversale, con ammorsatura efficace tra le due pareti, il meccanismo di ribaltamento coinvolge anche una parte della parete trasversale. La dimensione del cuneo di distacco è funzione della qualità della muratura, della eventuale presenza di aperture nel muro trasversale e della posizione di tali aperture. In mancanza di aperture, l osservazione dei danni provocati dal sisma su pareti che si sono trovate in tale situazione porta a concludere che l angolo β che definisce il cuneo di distacco può variare tra i 15 ed i 30 in funzione della qualità della muratura (figura 18.7). In tale figura si è indicata anche la presenza di un eventuale tirante. Fig Nel caso presentato il cinematismo si definisce ribaltamento composto. I carichi verticali agenti sull insieme parete cuneo di distacco sono il peso proprio della parete P, il peso del cuneo P 1, gli sforzi normali N ed N 1 applicati in sommità rispettivamente alla parete ed al cuneo. Le notazioni di figura definiscono le dimensioni geometriche di parete e cuneo, nonché la posizione delle forze N ed N 1 e la quota di base della parete. Il possibile ribaltamento dell insieme parete cuneo avviene con rotazione θ intorno alla cerniera C. Assegnata quindi una rotazione virtuale θ = 1, i parametri del cinematismo che interessano sono gli spostamenti virtuali orizzontali δ 1x e δ cx rispettivamente del baricentro della parete e del baricentro del cuneo di distacco e lo spostamento virtuale orizzontale δ Nx in testa alla parete. Tali spostamenti risultano essere: h δ1x δ h δ 2 ; 2 = cx = 3 ; Nx = h 326

326 La (18.1) nel caso in esame assume la forma: α o P h 2 P 2 3 h (N N ) h - P t l c P 1 (t + + ) + N d + N 1(t + d c) -T ht 2 3 = 0 da cui: α o P t 2 = lc + P 1 ( t + 3 ) + N d + N 1 ( t + d c) T h + P h 2 + P h + ( N + N 1 ) h (18.22) In assenza di tirante, nella (18.22) si pone T = 0. La massa partecipante al cinematismo e la relativa frazione di massa si valutano con le (18.2) e (18.3), che in questo caso assumono la forma: T M * = P h 2 P 2 3 h (N N ) h g P h P h (N N 1 ) h (18.23) e * = g M ( P + P + N + N ) * 1 1 L accelerazione spettrale si determina quindi con la (18.4). La quota z R cui è applicata la risultante delle azioni orizzontali vale: z R = P h P 1 3 h + (N + N 1 ) h P + P + N + N 1 1 Il valore Z da inserire nella formula di regolamento che consente di determinare l accelerazione sismica di progetto a d, sarà quindi: Z = Q + z R. La verifica consiste nel controllare che risulti soddisfatta la (18.6): a o * a d Se in assenza di tirante la verifica precedente non è soddisfatta, occorre prevedere la presenza di un tirante. In tal caso è interessante trovare il valore del tiro T * (tiro minimo) che soddisfa la (18.6) sotto forma di eguaglianza. Con ragionamento simile a quello che ha portato a ricavare la (18.17), ma adattato all insieme di forze orizzontali presenti nel cinematismo di figura 18.7, si perviene alla formula: T * = (a - d h 2 P + P 1 h + (N + N1) h α om 2 3 e g) * e g h T * (18.24) 327

327 Si presenta, come esempio numerico, la parete già proposta al paragrafo , ma in questo caso irrigidita da una parete ortogonale ben ammorsata di spessore t c = 0.70 ml. Si ricorda che le caratteristiche geometriche della parete sono: l = 5.00 ml; t = 0.50 ml; h = 3.50 ml. Ipotizzando un angolo β = 20, la lunghezza l c risulta: l c = 3.50 tg β = ml. La muratura ha peso specifico pari a 1600 dan/ mc. I carichi agenti sono: P = = dan; P 1 = = 2497 dan; N = 8125 dan applicato a distanza d = 0.40 ml; N 1 = 0 Il totale dei carichi verticali risulta pari a (P + P 1 + N + N 1 ) = dan. Il moltiplicatore α o in assenza di tirante si valuta con la (18.22), ponendo T = 0: α o = ( /3) = = La massa partecipante al moto si determina con la (18.23): ( ) M * = 3 g ( ) La frazione di massa partecipante al moto risulta: e * g = = L accelerazione spettrale si determina con la (18.4): a o * g = = g = dan sec 2 /m La quota z R è definita come segue: z R = La quota Z è quindi pari a: Z = = 5.89 ml. L accelerazione sismica di progetto si valuta come segue: = 2.39 ml a d = g ( ) = g a o * Risultando < a d la verifica risulta negativa. Per impedire l innesco del cinematismo si rende necessario un tirante che viene posto alla quota h T = 3.00 ml. Il tiro minimo T*, che soddisfa la (18.6) sotto forma di eguaglianza, si determina con la (18.24): T * (0.353 g = g) g = 3204 dan 328

328 Ribaltamento di parete con due piani Nel caso di parete con due piani come quella di figura 18.8, in assenza di tiranti, possono innescarsi due distinti tipi di cinematismi: a) ribaltamento dell intera parete di altezza h 1 + h 2, intorno alla cerniera C 1 che può formarsi nello spigolo inferiore situato a quota Fig b) ribaltamento della parte superiore della parete di altezza h 2 intorno alla cerniera C 2 che può formarsi nello spigolo a quota h 1. Il meccanismo più pericoloso sarà naturalmente quello cui corrisponde la più piccola accelerazione spettrale a * 0. Si consideri per primo il cinematismo di ribaltamento dell intera parete intorno alla cerniera C 1. Assegnata una rotazione virtuale unitaria θ = 1 in tale cerniera, i parametri del cinematismo che interessano sono così definiti: h1 h2 δ1 x = ; δn1x = h 1 ; δ2x = h La (18.1) in questo tipo di cinematismo assume la forma: α o P h h P 2(h1+ + N1 h1+ N 2(h1+ h ) ) + - P t P t N d + N d + T h + T h 2 2 ; δ = h + h T1 2 T2 N2x 1 2 = 0 329

329 e quindi: α o = t P P t N1 d1 + N2 d2 + T1 ht1 + T2 ht2 2 2 P1 h 1 2 h 2 + P 2 (h1 + ) + N1 h1 + N 2 (h 1 + h2 ) 2 (18.25) Il cinematismo in esame si verifica in assenza di tiranti, quindi nella (18.25) si deve porre T 1 = T 2 = 0. La massa partecipante al cinematismo e la frazione di massa si determinano con le (18.2) e (18.3) che per questo tipo di cinematismo assumono la forma: h h 1 2 P1 + P 2 (h1 + ) + N1 h1 + N 2 (h 1 + h2 ) 2 2 M * = 2 2 h1 + + g h2 2 P1 P2 h1 + N1 h1 + N h + h ( ) (18.26) L accelerazione spettrale di attivazione del cinematismo si determina quindi con la (18.4). La quota z R cui è applicata la risultante delle azioni orizzontali risulta: h h 1 2 P1 + P 2 (h1 + ) + N1 h1 + N 2 (h 1 + h2 ) 2 2 z R = e * = g M ( P + P + N + N ) ( P1 + P2 + N1 + N 2 ) Il valore Z da inserire nella formula di regolamento che porta alla determinazione dell accelerazione di progetto a d, risultando Q = 0, sarà: Z = z R. La verifica è positiva se, in assenza di tiranti, risulta verificata la (18.6): * a o * a d Nel caso di verifica non positiva, è necessaria la presenza dei tiranti. In tale caso il tiro nel tirante T 2 si determina con la condizione di sicurezza relativa al cinematismo b) di ribaltamento della porzione superiore di parete di altezza h 2 intorno alla cerniera C 2. Tale cinematismo coincide con quello preso in esame al paragrafo quindi, considerando la simbologia di figura 18.8, sono valide ancora le formule trovate in tale paragrafo. In particolare il tiro minimo T * 2 si determina con la (18.17). Noto T * 2, il valore del tiro nel tirante T 1 si determina con la condizione di sicurezza relativa al cinematismo a) di ribaltamento dell intera parete intorno alla cerniera C 1. Il valore minimo di tale tiro corrisponde a soddisfare la (18.6) sotto forma di eguaglianza. Se si indica con α 01 il moltiplicatore dei carichi ricavabile dalla (18.25) con le posizioni si ottiene: * 2 2 T 1 = 0 T = T 330

330 (18.27) L accelerazione spettrale si può considerare somma dell accelerazione spettrale corrispondente ad α 01 e del contributo per ora incognito del tirante 1. La (18.6) scritta come eguaglianza assume la forma: a * o Tale ultima relazione consente di ricavare l incognita: * 1 T α o1 = = g + * e P αo1 = (a g) e d P t 1 + P h 2 * N1 d1 + N2 d2 + T2 ht2 2 2 ) h 1 h2 P1 + P 2 (h1 + ) + N1 h1 + N 2 (h 1 + h2 ) 2 2 * 1 h 1 2 h2 + P 2 (h1 + ) + N1 h + N (h + h 2 (18.28) Si propone, come esempio numerico, una parete a due piani del tipo di figura 18.8, con le seguenti dimensioni geometriche: l = 5.00 ml; t 1 = 0.70 ml; t 2 = 0.50 ml; h 1 = h 2 = 3.50 ml. La posizione dei tiranti è così definita: h T1 = 3.00 ml; h T2 = 6.50 ml. Il peso specifico della muratura è: γ m = 1600 dan/mc. I valori del peso proprio per i due elementi di parete di altezza h 1 ed h 2 sono rispettivamente: P 1 = = dan; P 2 = = dan. I carichi verticali N 1 ed N 2 sono: N 1 = N 2 = 8125 dan mentre le distanze d 1 e d 2 sono: d 1 = 0.60 ml; d 2 = 0.40 ml. L edificio, di cui la parete presa in esame è uno degli elementi strutturali, è situato in zona 2 su suolo di categoria C mentre il fattore d importanza è uguale ad 1. Con queste caratteristiche, il tronco di parete di altezza h 2 viene a trovarsi nella stessa situazione della parete monopiano presentata come esempio al paragrafo La somma dei carichi verticali agenti risulta: P 1 + P 2 + N 1 + N 2 = dan. In assenza di tiranti, applicando la (18.25), risulta: h * αo1 T1 T 1 P1 h 1 2 h2 + P 2 (h1 + 2 ) + N1 h1 + N 2 (h 1 + h 2 ) e h T1 g * g = ) e a * d ( ) α o = ( ) La massa partecipante al cinematismo si determina con la (18.26): = = M * 2 ( ) = g ( = dan sec /m ) 2 331

331 La relativa frazione di massa è: e * g = = L accelerazione spettrale assume quindi il valore: a o * g = = g La quota z R di applicazione della risultante delle azioni orizzontali è valutata di seguito: z R = = ml. Essendo Q = 0, risulta Z = z R. L accelerazione a d di progetto viene determinata con la formula di normativa: a d = g = g * Risultando a 0 < a d, in assenza di tiranti la verifica è negativa e quindi la presenza dei tiranti è necessaria. Il valore minimo T * 2 del tiro nel tirante 2 si determina con la condizione di sicurezza per il cinematismo b). Tale cinematismo, studiato al paragrafo , fornisce con gli stessi dati di progetto del caso ora in esame: T * 2 = 3301 dan. Il moltiplicatore dei carichi α o1 si determina con la (18.27): Il valore minimo del tiro T * 1 nel tirante 1, con la (18.28), risulta: T 1 * α o1 = = ( ) g = 1274 dan 3 g Volendo operare un controllo sui risultati trovati, si può con la (18.25) determinare un valore di α o che tenga conto dei valori trovati per T * 1 e T * 2; a tale moltiplicatore deve corrispondere * una accelerazione spettrale a o = a d. = MECCANISMI DI II MODO Generalità I meccanismi di II modo sono quelli che possono innescarsi in pareti soggette ad azioni orizzontali agenti nel piano delle pareti stesse. Tali meccanismi si possono innescare generalmente dopo quelli di primo modo quando le pareti disposte nella direzione dell azione orizzontale sono efficacemente collegate, anche a mezzo di tiranti, alle pareti soggette ai possibili meccanismi di I modo. In generale i meccanismi di II modo sono caratterizzati da moltiplicatori α o e quindi, nel caso di azione orizzontale dovuta a sisma, da accelerazioni spettrali di innesco del meccanismo più elevate rispetto alle analoghe grandezze relative ai meccanismi di primo modo. 332

332 Direzione dell azione orizzontale Fig Si consideri quindi una parete muraria di lunghezza l, altezza h e spessore t, soggetta ad azioni orizzontali sismiche nel piano; l osservazione sperimentale rileva tre possibili meccanismi di collasso, dipendenti evidentemente dalla resistenza a trazione della muratura (figura 18.9). I tre possibili meccanismi sono descritti di seguito: a) formazione di una lesione poco inclinata rispetto alla verticale, con conseguente distacco di una limitata porzione di parete (figura 18.9a); b) formazione di una lesione diagonale che corre dallo spigolo compresso in basso allo spigolo opposto in alto con conseguente distacco di una porzione di parete di forma triangolare (figura 18.9b); c) formazione di una lesione a 45 che parte dallo spigolo compresso della base e giunge sino all opposto bordo verticale e conseguente distacco di una porzione di parete formata da un rettangolo ed un triangolo (figura 18.9c). Dovendo operare una scelta tra i tre meccanismi, occorre considerare che, per la stabilità della parete ortogonale a quella in esame è quasi sempre necessario un tirante orizzontale sulla sommità della parete; tale considerazione porta a concludere che il meccanismo a) deve essere scartato. La scelta tra i meccanismi b) e c) è intuitivamente comprensibile se si osserva che il meccanismo c) coinvolge nel ribaltamento una maggiore porzione di parete, mentre lo spostamento virtuale (verticale) del punto di applicazione della forza verticale N sulla sommità del muro e lo spostamento virtuale (orizzontale) del punto di applicazione dello sforzo T nel tirante risultano eguali nei due meccanismi. I due meccanismi forniscono in definitiva lo stesso moltiplicatore α o per h/l = 1 mentre per h/l > 1 il meccanismo b) fornisce valori di α o minori rispetto a quelli forniti dal meccanismo c). Bisogna quindi concludere che, a vantaggio di sicurezza, deve essere scelto il meccanismo b) come cinematismo di base per i meccanismi di II modo Pannello murario soggetto a forze complanari Si consideri un pannello murario soggetto a forze complanari e si prenda in esame un cinematismo di tipo b). In figura è presentato il cinematismo e sono evidenziate le forze agenti e gli spostamenti virtuali dei relativi punti di applicazione. La forza N agente in sommità andrebbe teoricamente concentrata nello spigolo B in considerazione del fatto che nel cinematismo la porzione del muro che si distacca rimane in contatto 333

333 Fig con le murature superiori solo in tale punto. In pratica è buona norma, a vantaggio di stabilità, considerare la forza N applicata a distanza k l dal bordo destro, con k compreso tra 0.75 ed 1.0. Lo sforzo T nel tirante che sostiene le pareti ortogonali alla parete di figura, si pone nella forma: T = α 0 q - q con α 0 q e q che si definiscono come segue. Il termine α 0 q rappresenta il rapporto tra il momento ribaltante M R delle pareti sostenute dalla parete in esame e l altezza h del tirante rispetto al centro di rotazione del cinematismo; il termine q rappresenta il rapporto tra il momento stabilizzante M SM della sola muratura relativo alle pareti sostenute e l altezza h. Si ha quindi: MR T - q" h - M SM = αoq' = h Assegnata una rotazione θ virtuale unitaria, i parametri del cinematismo che interessano sono: La 18.1 assume quindi la forma: 2 δxp δyp δ 3 h ; 1 = = 3 l ; x = h ; δ N = k l α o ( P 2 3 h + N h + q' h ) - ( P 1 3 l + N k l + q" h ) = 0 in cui P è il peso di mezza parete; risulta quindi: α o = ( P 1 h 3 l + N k l + q" ) ( P 2 3 h + N h + q' h ) (18.29) La massa partecipante al cinematismo si valuta con la (18.2) che in questo caso si presenta nella forma: 334

334 M * = P 2 3 h N h P 3 h + N 2 h 2 1 g (18.30) Determinata la massa partecipante, la frazione di massa partecipante deriva dalla (18.3), con ΣP i = P + N. L accelerazione spettrale di attivazione del meccanismo si valuta poi con la (18.4). La quota z R di applicazione della risultane delle azioni sismiche sarà: ( P 2 z 3 h + N h ) R = P + N La quota Z è pari a Q + z R, mentre la verifica è fornita dalla (18.6). Fig Come esempio numerico, si presenta l insieme delle due pareti di figura 18.11, site al 2 piano di un edificio di due piani, ubicato in zona 2, fondato su suolo di categoria C e con fattore d importanza pari a 1. Il peso specifico della muratura è pari a 1600 dan/mc. La parete 1, investita dal sisma ortogonalmente al proprio piano, è stata analizzata al paragrafo per il cinematismo di I modo. Per la sicurezza rispetto ad un tale cinematismo è risultato necessario inserire un tirante. Si vuole ora controllare la sicurezza della parete 2 rispetto al cinematismo di II modo. Adottando per la parete 1 la simbologia di figura 18.2, si determina in via preliminare l azione T trasmessa dalla parete 1 alla parete 2, tenendo presente che P 1 = 8125 dan e P 2 = dan. Si ha quindi: (P 1 h+ P2 05. h) αo q' = αo = αo ; h q" = (P 1 d+ P2 05. t) h =

335 La parete 2 presenta le dimensioni geometriche che si rilevano in figura. La parete stessa ha un carico in testa N = 5000 dan, situato a distanza kl = = 3.15 ml. Il peso P della mezza parete interessata al cinematismo risulta P = 5880 dan. Il valore di α o si determina con la (18.29): α o = / = La (18.30) fornisce il valore della massa partecipante al cinematismo: ( ) M * = g = 2 / 1065 dan sec m La frazione di massa partecipante al cinematismo è quindi: e * = ( ) = L accelerazione spettrale di attivazione del meccanismo assume quindi il valore: a o * g = = g La quota z R di applicazione della risultante delle azioni sismiche è data da: z R = ( ) = 2.87 ml e quindi Z = = 6.37 ml. l accelerazione sismica di progetto risulta: a d = g = g La verifica di sicurezza è quindi positiva Parete con aperture Se nella parete interessata al cinematismo di secondo modo sono presenti delle aperture, essa stessa risulta costituita da n maschi murari che lavorano in parallelo. In generale tali maschi murari presentano la sommità alla stessa quota, mentre la quota di base può essere differente. Inoltre la fascia muraria al di sopra dei maschi, munita di tirante che impedisce il formarsi 336

336 δ = δ = δ x1 x2 x3 Fig a/b nella fascia stessa di lesioni che porterebbero a separare i diversi maschi murari, impone a tali maschi uguale spostamento orizzontale in sommità. In figura 18.12a si presenta, come esempio, una parete composta da tre maschi murari. Assegnata una rotazione virtuale θ 1 unitaria al maschio 1, la condizione di congruenza δx1 = δx2 = δx3 si traduce nell espressione: quindi risulta: θ h = θ h = θ h h1 h1 θ2 = θ1 ; θ3 = θ h h Il cinematismo viene presentato in figura 18.12b. I parametri significativi di tale cinematismo sono: 2 δxp1 = δyp1 = δxp2 = δ 3 h ; 1 3 l ; 2 3 h ; yp2 = 2 δxp 3 = 1 δyp3 = h2 δ = δ = δ = h ; δ =k l ; δ x1 x2 x3 1 N1 1 N2 h 1 3 l ; 2 3 h ; h h h1 h k l ; h1 = 2 δn3 = h k l l; 3 337

337 La (18.1) in questo caso si presenta nella forma: P 1 + l + l + 3 l P h 1 P h N1 kl1 + N h 1 kl + N h kl3 + q" h1 h2 3 h3 3 h2 h3 α o = (P1 + P2 + P3 ) 2 h 1 (N1 N2 N 3 h1 q' h ) + in cui P 1, P 2, P 3 sono i pesi delle rispettive mezze pareti; risulta quindi: P 1 + l + l + 3 l P h 1 P h N1 kl1 + N h 1 kl + N h kl3 + q" h1 h2 3 h3 3 h2 h3 α o = (P + P + P (18.31) ) 2 h 1 (N1 N2 N 3 h1 q' h ) + La massa partecipante al cinematismo si determina con la (18.2) che, nel caso in esame, si presenta nella forma: (P P P ) ) M * 3 h 1 (N 1 N 2 N h 1 = 2 2 (P 1 + P 2 + P 3 3 h ) 1 + ( 2 N 1 + N2 + N3 ) h1 2 1 g (18.32) Determinata la massa partecipante al cinematismo, la relativa frazione di massa si ottiene dalla (18.3) con P i = (P L accelerazione spettrale di 1 + P 2 + P 3 + N 1 + N 2 + N 3 ). attivazione del meccanismo si valuta con la (18.4). La quota z R di applicazione della risultante delle azioni sismiche è definita come segue: z R P1 h1 + P2 h2 + y2 + P3 h3 + y3 + ( N1 + N2 + N3) h = (P + P + P + N + N + N ) La quota Z è pari a Q + z R. Per mostrare un esempio numerico, si riprende da [39] la parete formata da tre maschi murari di pag. 186 e si verifica tale parete con le prescrizioni della {4}. I dati geometrici dei maschi sono riportati di seguito: a) maschio 1: l 1 = 2.00 ml, h 1 = 3.00 ml; b) maschio 2: l 2 = 1.50 ml, h 2 = 1.50 ml, y 2 = 1.50 ml; c) maschio 3: l 3 = 1.00 ml, h 3 = 2.00 ml, y 3 = 1.00 ml. Si assume k = I carichi agenti sono: P 1 = 2500 dan, P 2 = 940 dan, P 3 = 830 dan, P 1 + P 2 + P 3 = 4270 dan; N 1 = 8000 dan, N 2 = 9500 dan, N 3 = 6500 dan, N1 + N2 + N3 = dan; q = 15000; q =

338 La (18.31) fornisce il valore di α o : α o = [ ] Lo sviluppo di tale espressione conduce al valore di α o : α o = La (18.32) consente di determinare la massa partecipante al cinematismo: M * 3 = ( ) 2 1 g = dan sec / m 2 La frazione di massa partecipante al cinematismo si valuta come segue: e * = g = ( ) L accelerazione spettrale di attivazione del cinematismo assume il valore: * a = o g = g L accelerazione sismica di progetto, ipotizzando che la parete sia un elemento strutturale posto al piano terra (Q = 0) di un edificio di due piani alto 7.00 ml complessivamente, viene valutata dopo aver determinato Z = z R. Risulta: ( ) z R = I dati necessari per valutare a d sono: a g = 0.25 g, S = 1.25 e γ I = 1. Si ottiene quindi: La verifica risulta quindi positiva. a d g = + = g = 2.88 ml 339

339 18.5. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE SULL ANALISI CINEMATICA I meccanismi di I e II modo presentati non sono ovviamente esaustivi rispetto a tutti quelli ipotizzabili negli edifici in muratura. Tuttavia la presentazione fatta nei paragrafi precedenti consente di individuare una metodologia generale di analisi che volta per volta deve essere specificata per il tipo di cinematismo che si prende in esame. È opportuno sottolineare che in mancanza del piano rigido, come spesso accade per gli edifici esistenti ed in particolare per gli edifici storici, l analisi strutturale si può configurare in alcuni casi come una analisi per singole pareti eventualmente costituite da più maschi murari. A conferma di tale affermazione la normativa prevede, sempre in assenza del piano rigido, la ridistribuzione del taglio fra i maschi complanari collegati da cordoli o catene ovvero facenti parte di una stessa parete. In tal caso, nella valutazione dei limiti consentiti per la ridistribuzione, V piano si deve intendere come somma dei tagli nei maschi complanari ovvero appartenenti ad una stessa parete. Si è voluto ricordare quanto sopra per legittimare l uso di modelli piani parziali, in presenza di solai deformabili, circostanza che spesso si verifica nell analisi dello stato di fatto. Inoltre le verifiche, per pareti investite dal sisma ortogonalmente al proprio piano medio, possono essere effettuate separatamente. Il concetto di analisi globale va considerato nello spirito espresso nel paragrafo Resta comunque da garantire l assenza di spostamenti relativi tra le pareti tali da provocare sfilamenti delle travi di solaio o dissesti dovuti ad eccesso di deformazione. Contro questi effetti possono essere assunti specifici provvedimenti come cordolature, ancoraggi, ecc. L analisi cinematica lineare, con i suoi modelli piani semplici, rappresenta quindi in molti casi un valido strumento di analisi sia per gli edifici esistenti nel loro complesso nello stato di fatto, sia per la verifica di vulnerabilità nei confronto di meccanismi di I o II modo che si possono ipotizzare VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA PER EDIFICI IN MURATURA ESISTENTI Generalità La valutazione della sicurezza in un edificio esistente consiste nell analizzare, attraverso una procedura quantitativa, se l edificio stesso è in condizioni tali da resistere alla combinazione sismica di progetto prevista ovvero se esso entra in crisi. L analisi del comportamento dell edificio deve essere di tipo globale, se realisticamente possibile, ma si possono considerare anche meccanismi locali se ipotizzabili. Le verifiche sono da riferire sia allo SLD che allo SLU; convenzionalmente si ritiene che la verifica allo SLU comporti anche la sicurezza nei riguardi del collasso. Per la determinazione delle capacità degli elementi, si utilizzano i valori medi delle proprietà dei materiali in opera, così come risultano da prove in sito e da eventuali altre notizie aggiuntive disponibili, divisi per il fattore di confidenza precedentemente definito. Solo per il livello di conoscenza LC1 si deve fare riferimento ai valori minimi della tabella Per la valutazione dell azione sismica, si devono osservare i criteri esposti di seguito. 1) Per quanto riguarda i livelli di protezione sismica ed i fattori d importanza, gli spettri di progetto, resta valido quanto già presentato per gli edifici nuovi. 2) Nel caso di analisi lineare statica o dinamica ed utilizzazione del fattore q, per esso deve essere assunto il valore: q = 2.0 αu / αl per edifici regolari in elevazione q = 1.5 αu / α l negli altri casi con α u ed α 1 già definiti in precedenza. In mancanza di più precise valutazioni, si assume α u /α l =

340 La definizione di regolarità di un edificio esistente resta quella già vista per gli edifici nuovi, salvo che per il requisito relativo ai solai che viene così sostituito: i solai sono ben collegati alle pareti e dotati di una sufficiente rigidezza e resistenza nel loro piano. Quanto sopra esposto circa la valutazione dell azione sismica è valido in generale. È tuttavia data facoltà alle Regioni per gli interventi di adeguamento, di ridurre fino al 65 % i livelli di protezione sismica e quindi le azioni di progetto. In tal modo si ottiene un miglioramento controllato della vulnerabilità che tenga conto della specificità delle tipologie costruttive del proprio territorio. Inoltre per i beni culturali tutelati è sempre possibile limitarsi a soli interventi di miglioramento; è in ogni caso richiesta la valutazione dell accelerazione al suolo corrispondente a ciascuno degli stati limite previsti, sia nello stato di fatto che dopo l esecuzione di eventuali interventi. La modellazione della struttura ai fini della valutazione della sicurezza, per la normativa, deve far riferimento ad un comportamento sismico globale e quindi seguire le stesse modalità esposte per gli edifici di nuova costruzione. Tuttavia la normativa sismica, a proposito degli aggregati edilizi, afferma tra l altro quanto segue: occorre definire una unità strutturale oggetto di studio, mettendo in evidenza le azioni che su di essa possono essere trasmesse da unità strutturali prossime ad essa ovvero in aderenza; per individuare l unità strutturale da studiare, si deve considerare in modo preminente il comportamento strutturale unitario di tale parte di aggregato in relazione ai carichi agenti sia statici che dinamici; è quindi essenziale rilevare la tipologia costruttiva e mettere in evidenza gli elementi costruttivi comuni e ricorrenti nella unità strutturale, al fine di operare una scelta degli interventi che risulti congruente (per quanto possibile) con l originario assetto strutturale; l unità strutturale dovrà in ogni caso presentare continuità dalla copertura al piano terra nei riguardi del flusso dei carichi verticali e risulterà delimitata da spazi aperti, da giunti strutturali ovvero da edifici adiacenti realizzati con diverse tipologie strutturali o con materiali diversi o anche in epoche diverse. Lo studio di una unità strutturale con i metodi utilizzati per gli edifici isolati, con una modellazione approssimata dell interazione derivante dagli edifici adiacenti, assume significato convenzionale, quindi si ritiene ammissibile una valutazione delle prestazioni sismiche che essa può fornire con procedure approssimate. Le procedure semplificate individuate dalla normativa sono descritte di seguito. In presenza di solai sufficientemente rigidi, la verifica convenzionale dell unità strutturale allo SLU e allo SLD può essere sviluppata, anche per edifici con più di due piani, a mezzo dell analisi statica non lineare riferita a ciascun interpiano dell edificio considerato separatamente dagli altri e trascurando inoltre la variazione dello sforzo assiale nei maschi derivante dall azione sismica. Escludendo le unità strutturali d angolo o di testata ed anche le parti di edificio non vincolate o non adiacenti ad altre unità strutturali, gli effetti torsionali possono essere trascurati, considerando che i solai abbiano solo possibilità di traslare nella direzione sismica. In presenza di solai deformabili, la procedura si può sviluppare attraverso l analisi delle singole pareti o sistemi di pareti complanari costituenti l edificio, soggette ai carichi verticali agenti su di esse ed all azione sismica nella direzione parallela alla parete. In tale metodologia, l analisi e verifica di ciascuna parete o sistema di pareti si effettua con le stesse modalità 341

341 esposte per gli edifici in muratura ordinaria di nuova edificazione; la verifica a taglio diagonale sostituisce la verifica a taglio per scorrimento. Quanto sopra esposto nel caso di edifici con solai deformabili legittima, a giudizio degli autori, l impiego di modelli semplificati anche per edifici isolati, almeno in alcuni casi. Così ad esempio nell analisi dello stato di fatto i modelli semplificati 2D possono essere adottati se non è realistico ipotizzare un comportamento globale della struttura. Al contrario nell analizzare lo stato di progetto degli interventi, che devono tendere tra l altro a realizzare per quanto possibile un comportamento d insieme dell edificio, sono opportuni modelli globali dell edificio stesso. Resta compito del progettista giudicare se l ipotesi di piani rigidi è realistica Analisi e verifiche Si premette che una modellazione globale della struttura è sempre possibile, con elementi finiti bidimensionali o tridimensionali ovvero con la schematizzazione a telaio spaziale equivalente, anche in assenza dei piani rigidi. Si ricorda ancora una volta che per piani rigidi si intendono i piani assialmente indeformabili, mentre per piani deformabili si intendono i piani assialmente deformabili. Nelle analisi, occorre distinguere tra analisi dello stato di fatto ed analisi dello stato di progetto (dopo gli interventi previsti). Gli edifici si possono poi classificare in una delle seguenti categorie: 1) edifici regolari (con piani rigidi); 2) edifici non regolari con piani rigidi; 3) edifici non regolari con piani deformabili; 4) edifici non regolari con uno o più piani rigidi ed altri piani deformabili. Nell analisi dello stato di fatto si presentano le possibilità esposte di seguito. a Edifici categoria 1) Il modello 3D dell edificio può essere analizzato con l analisi statica lineare, non lineare ovvero con l analisi dinamica modale. In alternativa, nell analisi, si possono utilizzare due modelli piani separati, uno per ciascuna direzione principale. b Edifici categoria 2) Il modello 3D dell edificio può essere analizzato con l analisi statica non lineare ovvero con l analisi dinamica modale. Nel caso di analisi statica non lineare al sistema di forze 2 definito al paragrafo è opportuno sostituire modelli più sofisticati (metodi evolutivi). Un primo modello può essere costituito da forze proporzionali alla prima forma modale, ma modificando tale forma modale ad ogni step in cui si modifica la matrice di rigidezza per il progressivo degrado della struttura. Un secondo può essere costituito da forze proporzionali alla forma modale equivalente, valutata considerando tutti i modi la cui massa partecipante complessiva nella direzione del sisma sia superiore all 85% della massa totale. Al piano i, l ampiezza della forma modale equivalente si valuta con l espressione: φ n m 2, = ( φki g k ) eq i k= 1 342

342 dove n m è il numero di modi considerato; φ ki è l ampiezza del modo k al piano i; g k è il fattore di partecipazione al modo k. Anche in questo secondo caso le forme modali si modificano con il progressivo degrado della struttura. c Edifici categoria 3) Si possono utilizzare modelli 2D di tutte le pareti o insiemi di pareti giacenti in uno stesso piano, la cui dimensione maggiore è nella direzione considerata per il sisma, soggette a forze derivanti dai pesi relativi all area d influenza del modello. I modelli 2D sopra definiti possono essere analizzati con l analisi statica lineare con una sufficiente approssimazione se regolari in altezza. In ogni caso sono da preferire l analisi statica non lineare o l analisi dinamica modale. Nel caso di analisi statica non lineare e modelli non regolari in altezza, sono da preferire i metodi evolutivi. d Edifici categoria 4) La presenza di uno o più piani rigidi impone un modello 3D. Le forze vanno applicate nei baricentri delle singole pareti. Si può utilizzare l analisi statica non lineare o l analisi dinamica modale. Nel caso di analisi statica non lineare sono da preferire i metodi evolutivi. Una sintesi di quanto esposto è contenuta nella tabella di figura Tipologia edificio Analisi statica lineare Analisi statica non lineare Analisi dinamica modale Note Edifici regolari con piani rigidi Edifici non regolari con piani rigidi sì sì sì no sì sì Gli edifici regolari in pianta possono essere analizzati con un modello 3D o, in alternativa, con due modelli piani separati, uno per ciascuna direzione principale La non regolarità innesca moti torsionali per cui nella analisi statica non lineare è opportuno riferirsi a sistemi di forze fisse o adattative che tengono conto di tutti i modi significativi Edifici non regolari con piani fortemente deformabili sì solo se regolari in altezza sì sì Si possono utilizzare modelli 2D di tutte le pareti, soggette a forze derivanti dai pesi relativi all area d influenzza del modello (1) Edifici non regolari con uno o più piani rigidi e altri piani deformabili no sì sì Modello 3D, (1) (1) Le forze sono applicate nei baricentri delle masse delle singole pareti. Vale quanto riportato nelle note alla riga 2. Fig Edifici esistenti - Stato di fatto 343

343 Nell analisi della fase di progetto si possono avere le possibilità presentate di seguito. a Edifici categoria 1) Vale quanto detto per l analisi dello stato di fatto. b Edifici categoria 2) Vale quanto detto per l analisi dello stato di fatto. c Edifici categoria 3) e 4). Il modello 3D deve comprendere gli elementi deformabili di piano presenti in origine o inseriti nella fase di progetto per migliorare il comportamento d insieme dell edificio (ad esempio croci di S. Andrea nel piano orizzontale). Le forze sono applicate nei baricentri delle masse delle singole pareti. La non regolarità innesca moti torsionali per cui nella analisi statica non lineare è opportuno riferirsi a sistemi di forze fisse o adattative che tengono conto di tutti i modi significativi. Una sintesi di quanto esposto è presentata nella tabella di figura Tipologia edificio Analisi statica lineare Analisi statica non lineare Analisi dinamica modale Note Edifici regolari con piani rigidi Edifici non regolari con piani rigidi sì sì sì no sì sì Gli edifici regolari in pianta possono essere analizzati con un modello 3D o, in alternativa, con due modelli piani separati, uno per ciascuna direzione principale La non regolarità innesca moti torsionali per cui nella analisi statica non lineare è opportuno riferirsi a sistemi di forze fisse o adattative che tengono conto di tutti i modi significativi Edifici non regolari con piani deformabili no sì sì (1) Edifici non regolari con uno o più piani rigidi e altri piani deformabili no sì sì (1) (1) Il modello deve comprendere gli elementi deformabili di piano (ad esempio croci di S. Andrea nel piano orizzontale). Le forze sono applicate nei baricentri delle masse delle singole pareti. Vale quanto riportato nelle note alla riga 2. Fig Edifici esistenti: modelli 3D - Stato di progetto Per quanto riguarda le verifiche, viene stabilito quanto segue: si ribadisce il riferimento ai valori medi di resistenza divisi per il fattore di confidenza; la verifica a pressoflessione nel piano non differisce metodologicamente da quanto visto per gli edifici nuovi; la verifica a taglio è riferita alla rottura diagonale, come già precisato; per verifiche di pareti investite da azione sismica ortogonale al proprio piano medio è opportuno riferirsi all analisi cinematica sviluppata in sede locale, ma sono anche applicabili le procedure illustrate ai paragrafi (muratura ordinaria) e (muratura armata). 344

344 19 Il progetto di consolidamento CRITERI D IMPOSTAZIONE Come anticipato nei precedenti capitoli, gli obiettivi generali di un intervento di consolidamento, in particolare antisismico, si sostanziano in operazioni sugli elementi strutturali che comportano: aumento della resistenza, ottenibile col miglioramento delle prestazioni o con l inserimento di nuovi elementi resistenti; riduzione delle sollecitazioni, ottenibile mediante redistribuzioni delle forze orizzontali, diminuzione dei carichi operate con demolizioni, isolamento ottenuto con inserimento di elementi smorzanti o isolanti; e che presentano carattere attivo o di presidio a seconda che esplichino la propria funzione (si veda il paragrafo ) all atto dell esecuzione oppure in tempi differiti e determinati dalla prosecuzione del dissesto. In quest ultimo caso la scelta fra un tipo e l altro dev essere fatta anche in rapporto alla cronologia dell intervento, che può comportare attese molto lunghe con conseguente mantenimento della condizione dissestata dell opera in studio e quindi con convenienza a non effettuare operazioni forti che potrebbero innescare ulteriori dissesti. Quale che sia il percorso tecnico scelto per raggiungere gli obiettivi posti, l intervento di consolidamento deve garantire in tutte le fasi operative, dalla diagnostica all esecuzione, il rispetto di alcuni attributi fondamentali che consentono di effettuare la scelta, caso per caso, delle operazioni esecutive più adatte, individuate nella pluralità generale mostrata dalle descrizioni del precedente paragrafo e commentata in dettaglio nel paragrafo Qui di seguito si presentano i singoli attributi, o requisiti, sopra introdotti. 1. Minimo intervento. La denominazione è di per sé espressiva dell attributo e non richiede ulteriori specificazioni, se non che riguarda non solo le operazioni in se stesse (da questo punto di vista, ad esempio, l inserimento di catene per collegare pareti murarie è certamente la tecnica che meglio presenta questo attributo) ma anche l estensione prevista nelle varie parti dell opera architettonica in esame. 2. Durabilità. La tenuta nel tempo garantisce da successivi prematuri interventi di sostituzione o di rifacimento per avvenuta alterazione o degrado; sotto certi aspetti questo attributo si può intendere parte del precedente, in quanto rende minima l invadenza degli eventuali successivi interventi. 3. Affidabilità. Rappresenta la provata efficacia della specifica operazione e quindi la certezza del beneficio introdotto, sancita dall uso nel tempo oppure da una congrua sperimentazione di laboratorio. 4. Reversibilità o, con maggiore aderenza alla concretezza operativa, rimovibilità. Sotto certi aspetti può ricomprendere l attributo precedente, 1; rappresenta l attitudine dell intervento alla possibile eliminazione o rimozione in un futuro anche prossimo per essere sostituito da una o da un insieme di tecniche dimostratesi più efficaci e meno invasive.

345 5. Compatibilità fisica, chimica e meccanica con i materiali dell organismo architettonico su cui si deve intervenire, per evitare la formazione di nuovi composti o l insorgere di coazioni dovute a diverso comportamento oppure a mutazioni di questo nel tempo (ne sono un esempio la formazione di sali alla superficie di pareti affrescate oppure i composti del cemento a contatto con componenti murari che contengono cloruri e solfati). 6. Rispetto della concezione strutturale d origine, in quanto caratterizzante l architettura dell opera specifica in studio. Il requisito può essere disatteso solo quando l opera si riveli sguarnita rispetto ad eventi attesi non considerati in origine (la resistenza al sisma è l esempio tipico di tale situazione). A commento generale appare utile specificare che, fatti salvi casi particolari, le tecniche mutuate dalla tradizione presentano in elevata misura gli attributi sopra definiti: naturali, in epoche di scarsa o modesta industrializzazione. Ciò porterebbe a privilegiare sempre ed ovunque le tecniche tradizionali, in realtà da intendere sempre come guida di riferimento al progettista e non come logica esclusiva a discapito delle tecniche attuali o innovative: tenendo sempre ben presenti le caratteristiche dell opera su cui si deve intervenire. Ad esempio, i primi tre requisiti acquisiscono importanza fondamentale per interventi da effettuare in zone non facilmente accessibili dell opera architettonica da consolidare; infatti il raggiungimento di tali zone comporterebbe l installazione di costosi impianti provvisionali e complesse operazioni di installazione delle apparecchiature d esecuzione. Per converso il secondo ed il terzo requisito appaiono meno importanti rispetto al primo ed al quarto quando si debba operare su un organismo architettonico fortemente rappresentativo di valori storici ed artistici; in questo caso, infatti, l elevato valore dell opera giustificherebbe, a differenza di una costruzione di modesto valore, l eventuale parziale insuccesso di una tecnica innovativa non sufficientemente sperimentata e la conseguente necessità di un nuovo intervento a sostituzione e correzione di quanto eseguito in precedenza. Sulla base di quanto esposto, per un intervento di consolidamento antisismico, è possibile rispondere a quanto stabilito specificatamente dalla normativa che richiede: la motivazione della scelta del tipo d intervento e delle tecniche e dei materiali impiegati; il dimensionamento preliminare dei rinforzi e degli eventuali elementi strutturali aggiuntivi; l analisi strutturale, con i metodi precedentemente specificati, nelle condizioni post-intervento; le verifiche degli elementi esistenti, riparati o rinforzati e degli eventuali elementi di nuova costruzione, in accordo con quanto specificato rispettivamente per le costruzioni esistenti o di nuova esecuzione 1 ; di seguire le prescrizioni appositamente stabilite, sia per l analisi che per le verifiche, per interventi consistenti in isolamento alla base. Ad esemplificazione dei concetti esposti, nel paragrafo 19.3 si descrive un intervento di restauro e miglioramento antisismico, particolarmente significativo per la natura storica dell opera architettonica interessata. La descrizione, necessariamente sintetica, non è esaustiva dell intero percorso progettuale ed esecutivo dell intervento e ne prende in considerazione gli aspetti principali. 1 In particolare la resistenza a taglio di una parete esistente nel proprio piano è fornita dalla relazione: ftd σ 0 Vt = l t 1+ b f in cui l e t sono lunghezza e spessore della parete, σ 0 è la tensione normale media di compressione, f td è il valore di calcolo della resistenza a trazione diagonale, b è un coefficiente che dipende dalla snellezza della parete (pari a h/l, con valori compresi fra 1 e 1,5). Si veda anche il capitolo 12. La resistenza a trazione diagonale f t è legata alla resistenza a taglio della muratura, τ 0, mediante la f t =1,5τ 0 (si veda la tabella 16.3). td 346

346 19.2. INTERVENTI PROVVISORI DI SALVAGUARDIA DELLA SICUREZZA Opere provvisorie a salvaguardia della sicurezza di un organismo architettonico possono essere effettuate con funzione: precauzionale, in attesa dell intervento di consolidamento, prima che si manifesti l evento temuto (in particolare l evento sismico); preliminare di riparazione provvisoria e salvaguardia della sicurezza, dopo un evento sismico (o di diversa natura) e la conseguente manifestazione di danno; preliminare di salvaguardia della sicurezza in corso d esecuzione dell intervento di consolidamento stesso. Occorre specificare che, con riguardo al sisma, le funzioni indicate possono coesistere o sovrapporsi in relazione alla eventualità di repliche ravvicinate del fenomeno sismico (ciò che rende l intervento provvisorio quasi equivalente ad un intervento di consolidamento). I mezzi impiegati sono, da un punto di vista logico, gli stessi ai quali fare ricorso 2 per l intervento di consolidamento ma con le varianti rese possibili o necessarie da: maggiore libertà di azione, per il carattere di provvisorietà (peraltro talora pressoché definitivo!) e di urgenza; immediatezza di reperimento e semplicità di installazione di materiali e mezzi d opera, stante la rapidità d esecuzione quasi sempre richiesta dalle condizioni di rischio e dalla possibilità di repliche (nel caso di eventi sismici) o di progressione del dissesto. Si provvederà pertanto alla posa in opera o all esecuzione di: puntelli, in legno o metallici, di sostegno (disposti verticalmente a sostenere pesi di parti costruttive) oppure di contrasto (inclinati oppure orizzontali, ad assorbire le spinte presenti o previste) oppure a funzione mista; tiranti metallici o catene, per collegare elementi murari o per assorbire le spinte esercitate da archi e volte; cerchiature metalliche, per collegare le pareti dell intero fabbricato o per rinforzare singoli elementi strutturali; speroni e contrafforti murari, per contrastare la tendenza al ribaltamento di singole pareti o di spigoli e cantonali esterni; tamponatura, per intasamento, di vani nella muratura per aumentare le sezioni resistenti; avendo, ovviamente, cura di riportare le azioni di contrasto su elementi di provata solidità: pareti murarie in buone condizioni o il terreno stesso, opportunamente preparato. Si osserva, ad esempio, che nel caso illustrato in figura i contropilastri di rinforzo poggiano sul muro perimetrale del cortile sul quale poggiano le stesse colonne originarie; il principio è valido tanto per interventi provvisori quanto per quelli definitivi. Un esempio di opere provvisionali è riportato nella foto della fig relativa ad un centro urbano del Salento; la salvaguardia contro il ribaltamento delle pareti di facciata è effettuata mediante una coppia di contrafforti murari, in blocchi di calcestruzzo e malta cementizia, disposti su soletta di fondazione unica e localizzati sul fronte di un ampio slargo e mediante sistemi di puntelli, in legno o metallici, a contrasto col fabbricato antistante sul fronte stradale. Si osserva che quest ultimo sistema chiama in causa un organismo edilizio non coinvolto 2 La stessa interdizione all uso può costituire di per sé un intervento di salvaguardia. Spesso infatti i sovraccarichi d esercizio costituiscono una parte preponderante dei carichi totali (ad esempio, per un solaio in legno oppure per volte murarie ribassate e leggere) su strutture di orizzontamento in grado di soddisfare la sicurezza per i soli carichi permanenti. 347

347 dai dissesti, del quale va accertata l attitudine a sopportare le eventuali forze addizionali provenienti dal contrasto in atto: un metodo tanto più delicato in zona sismica in quanto può comportare rilevanti interazioni per diverso comportamento dinamico dei due organismi collegati dai puntelli. La configurazione statica di una puntellatura deve essere, per quanto possibile, riconducibile ad una struttura reticolare: una struttura soggetta ad un regime di sforzi assiali e dotata di una rigidezza elevata con pesi modesti. Come precauzione antisismica, pertanto, la puntellatura deve presentarsi come una struttura reticolare spaziale o comunque configurata in modo da risultare efficace per azioni sismiche comunque dirette. Per ottenere il risultato detto, i punti di contrasto con l opera da proteggere devono essere localizzati nei nodi di giunzione degli elementi costituenti la puntellatura. Gli elementi compressi, poi, non devono risultare troppo lunghi. L immediata efficacia della puntellatura si ottiene con un opportuna messa in tensione inserendo, nei punti di contatto, elementi di forzatura (cunei di legno, ancoraggi a vite, ecc.) dotati di adeguate piastre di ripartizione al contatto con la muratura. Nella foto della figura 19.2 è riportato un sistema di puntellamento di un arco in muratura di mattoni, costituito da una rudimentale capriata triangolare in legno posta a contrasto di sommità con la sezione di chiave dell arco ed intestata nei muri d imposta dell arco stesso. La struttura muraria è ulteriormente puntellata sul quarto di sinistra mediante contrasto al centro del puntone e rinvio sulla catena (Borgo di Tragliata, Roma). Si osservino l efficacia e l elementarità dell intervento, effettuato con rozze travi di legno anche incurvate e non complanari tra loro. Nella figura 19.3 è infine riportato il sistema di cerchiatura apposto su un fabbricato di modeste proporzioni sito in frazione di Preci (Perugia) dopo il sisma del La cerchiatura è effettuata con fune in trefoli Fig Fig Fig

348 d acciaio, morsetti, tenditori; agli spigoli, tavole in legno provvedono alla necessaria funzione di ripartizione dell azione di contrasto esercitata dalla fune. Si rileva anche l effetto locale, verticale ed orizzontale, operato dal travetto di copertura INTERVENTO DI RESTAURO E PROTEZIONE ANTISISMICA DEL PALAZZO PRETORIO A GUBBIO Introduzione Il complesso dell edilizia pubblica trecentesca eugubina è costituito dai due palazzi comunali: del Popolo, o dei Consoli, e del Podestà, o Pretorio. Edificati uno di fronte all altro delimitano una vasta piazza pensile all incirca rettangolare posta ad una quota intermedia del tessuto urbano e dominante, su un dislivello di circa 16 m, il sottostante piano stradale dell attuale via Baldassini (si veda la rappresentazione di figura 19.4, tratta da un pieghevole dell Ente turistico di Gubbio, nella quale i due palazzi sono contraddistinti con i numeri 11 e 12). Ciascuno dei due palazzi si sviluppa, lungo uno dei lati minori della piazza, nella direzione ortogonale all asse stradale detto, che si svolge secondo una linea di livello del terreno: stante quindi la marcata acclività del sito, a questa disposizione consegue lo sfalsamento in quota, per complessivi 10 m circa, del piano di fondazione della parte di fabbricato rivolta verso la strada rispetto al piano di fondazione della parte verso monte. Specifico riferimento verrà fatto, nel seguito, al Palazzo del Podestà: oggetto di un ampio Fig Il progetto esecutivo è stato eseguito nel 1998 da Benedetti, Boscotrecase, Miarelli Mariani, Piccarreta. I lavori sono stati ultimati nel settembre

349 intervento, di protezione antisismica e di adeguamento impiantistico, conseguente alle manifestazioni sismiche del 1997 e completato nel settembre del Le caratteristiche di questo palazzo risultano dalla compenetrazione di più corpi di fabbrica, edificati, o completati, in epoche diverse; di maggiore spicco, fra questi, il corpo trecentesco prospettante sulla via Baldassini, riprodotto nel disegno di figura Conformato a torre a pianta all incirca quadrata, il corpo trecentesco si eleva da una sorta di basamento longitudinale sottostante la piazza che unisce, su questo fronte, i due palazzi e si prolunga verso l alto con una struttura perimetrale muraria, di forte spessore, in pietra squadrata e con un pilastro centrale in pietra da taglio. I muri perimetrali ed il pilastro centrale costituiscono il sostegno per le strutture di orizzontamento composte, per ciascuno dei tre livelli successivi, da sistemi di volte a crociera nervate organizzate su quattro campi e con costituzione in pietra squadrata per il primo di tali livelli ed in mattoni agli altri due 4. Il pilastro risponde con sezioni via via crescenti al progressivo aumento dei carichi dal piano della copertura all imposta sulle massicce strutture murarie del primo livello. La figura 19.6 mostra l organizzazione del corpo trecentesco al livello di sommità (intradosso delle volte di sottotetto) ed al sottostante terzo livello (figura 19.7): è rilevabile il diverso respiro negli ambienti, conseguente all avvenuta suddivisione del terzo livello. L altezza complessiva del corpo a torre è di 35 m circa dal piano stradale; la copertura è a tetto a due falde, con linea di colmo longitudinale, cioè parallela all asse stradale detto, e con terminazione a timpano delle due pareti trasversali. Lungo i due spigoli che prospettano sulla piazza, la muratura presenta la conformazione a pettine per una ripresa costruttiva mai realizzata. Gli altri corpi di fabbrica, variamente conformati, sono siti più a monte rispetto al corpo a torre e, stante l acclività del sito si estendono a minore profondità nel terreno. Quest ultimo consiste in una formazione di conglomerato di ottime caratteristiche al punto da essere stato utilizzato come materiale da cava: ciò ha portato, nel tempo, alla formazione di un ampia rete di cunicoli nel sottosuolo urbano a tutt oggi in parte non conosciuta. La figura 19.8 mostra la sommità del corpo trecentesco a torre del palazzo; la figura 19.9 riporta il prospetto laterale dei corpi di fabbrica siti più a monte, che presentano conformazione e costituzione diverse; sulla sinistra sono visibili i ponteggi addossati all edificio a torre, durante i lavori. La figura mostra la torre trecentesca al piano della piazza, con la caratteristica disposizione a pettine, di attesa, dei blocchi di spigolo. L organizzazione complessiva del palazzo è illustrata nelle planimetrie di rilievo ante operam di figura e di figura che si riferiscono, nell ordine, al piano posto alla quota di via Baldassini (primo livello) ed al piano della piazza (terzo livello). La struttura muraria del primo livello prosegue su tutto il fronte stradale fino a terminare, in maniera speculare, sotto il Palazzo dei Consoli ove si ripetono le stesse massicce strutture murarie del Palazzo Pretorio. La planimetria al piano della piazza evidenzia la presenza, nella torre trecentesca, delle strutture murarie poste a sostegno degli orizzontamenti a volta inseriti nel terzo livello originario. Il pilastro ottagonale rimane inglobato, nella parte inferiore, nella intersezione muraria delle nuove strutture. 4 Nel seguito l organizzazione altimetrica del corpo trecentesco farà riferimento alla seguente nomenclatura: primo e secondo livello, la parte che si sviluppa fra il piano di via Baldassini ed il piano della piazza, per circa 16 m di altezza; terzo e quarto livello, la parte che si sviluppa al di sopra del piano della piazza, per circa 19 m di altezza. Come descritto nel seguito, il terzo livello è stato ulteriormente suddiviso, mediante orizzontamenti a volte murarie a botte e muri intermedi inglobanti la parte inferiore del pilastro centrale. La foto di figura 19.7 si riferisce alla parte superiore del terzo livello; il prospetto di figura 19.5 mostra il successivo inserimento di finestre nel tessuto murario originario. 350

350 Fig

351 Fig Fig

352 Fig Fig Fig

353 Fig Via Baldassini Il complesso monumentale della Piazza Grande e le vicende costruttive del Palazzo Pretorio La configurazione attuale dell intero complesso monumentale è il risultato di un incessante attività edilizia basata su una successione di modifiche, anche volumetriche e più o meno consistenti, protratta, segnatamente per il Palazzo del Podestà, tradizionale sede dell Amministrazione Comunale, praticamente fino a tutto il Novecento. Quale fosse l originaria ideazione del complesso non è noto, ma è certo che dovesse essere marcatamente diversa dall attuale configurazione. Un ipotesi ricostruttiva, certamente rappresentativa, se non del reale, delle variazioni intervenute nel tempo, è stata avanzata da Gurrieri e qui riportata, a scopo puramente illustrativo, nella figura che evidenzia uno sviluppo più marcatamente longitudinale dell intero complesso. Basata su corrispondenze geometriche, formali e costruttive (posizione ed allineamenti di vani porta e finestra e di scale e gradinate, presenza di ammorsature murarie in vista, ecc.) tale ipotesi accenna, per entrambi i palazzi e più marcatamente per il Palazzo del Podestà, allo scostamento della conformazione attuale dall originaria concezione. Allo stato attuale i due palazzi presentano, come fattori comuni, il basamento al piano di via Baldassini e la costituzione muraria di base in pietra calcarea squadrata. Più articolato, in termini sia volumetrici sia costitutivi di dettaglio, il Palazzo del Podestà: impostato all origine su un fabbricato a torre localizzato sul fronte stradale ed organizzato su 354

354 Fig (Via Baldassini) 355

355 Fig quattro livelli altimetrici complessivi, due al di sopra del piano della piazza ed altri due al di sotto; caratteristica è la configurazione costruttiva del secondo, terzo e quarto livello consistente in quattro pareti perimetrali di forte spessore ed un pilastro centrale, tutti sorreggenti ad ogni orizzontamento un sistema di quattro volte a crociera nervate impostate sulle pareti e convergenti sul pilastro. A tale fabbricato a torre corrispondeva, in posizione più a monte e planimetricamente sfalsata, un secondo fabbricato, a pianta marcatamente allungata e disposta ortogonalmente all asse stradale detto. Probabilmente più antico rispetto alla torre trecentesca e risultato di modifiche ed aggiunte varie, tale fabbricato venne accorpato ad essa con una successione di opere aggiuntive: identificabili in una struttura muraria ad arco rivolta verso valle, figura 19.9, inserita fra gli spigoli contrapposti dei due fabbricati ed in un loggiato angolare sul fronte rivolto verso la piazza ed in quota con questa (riportato nella planimetria settecentesca del Ghelli), poi tamponato a costituire un fabbricato addossato ai precedenti (catasto gregoriano del primo ottocento), completato infine successivamente. Il loggiato, dissimmetrico, comprendeva: tre arcate sul fronte della torre, un arcata d angolo, una sola arcata sul fronte del palazzo di 356

356 Fig b Fig Fig b Fig a 357

357 Fig a 358

358 Fig b 359

359 Fig

360 monte; il completamento consistette nella parte corrispondente ad altre due arcate (cieche) a proseguire sul fronte di monte e nel proseguimento in altezza. La figura mostra le caratteristiche dei due fronti sulla piazza (si veda anche la planimetria di figura 19.12), prima dell esecuzione dell intervento, in particolare prima della riapertura delle due arcate tamponate poste ai lati della scalinata centrale. Si distinguono le caratteristiche del loggiato originario rispetto alla parte di completamento, che ne riproduce la conformazione. Il risultato di questa progressione costruttiva è, dunque, un vero e proprio complesso edilizio, articolato sia volumetricamente che in rapporto ai materiali ed alle epoche costruttive. All interno del palazzo si rilevano numerose modifiche: dall inserimento, nell ambiente del terzo livello, di pareti e di un nuovo orizzontamento intermedio, a quota +5,00 m in figura 19.16a, su volte murarie (disposto a ridurre l altezza complessiva del pilastro, rimasto inglobato all interno di una delle pareti), a tamponatura di porte e finestre esistenti ed apertura di nuove nel tessuto murario, a sostituzioni di orizzontamenti esistenti con nuove strutture, all inserimento di catene a soffitto ed a pavimento dell ambiente al quarto livello della torre trecentesca, al rinforzo di parti strutturali con elementi di cemento armato. Quanto a questi ultimi, tutti eseguiti nel secolo scorso, i più rilevanti sono così costituiti; al piano della piazza, un consistente sistema di travi sorrette da un pilastro e poste a sostegno della rampa muraria di accesso ai piani superiori (localizzati in figura sono riprodotti in figura 19.15a); al piano di copertura della torre trecentesca, una robusta trave di colmo poggiata sulla sommità del pilastro centrale e dei due timpani murari contrapposti a sorreggere il sistema di falsi puntoni delle due falde del tetto (mostrata, durante una delle fasi di intervento in copertura, nella foto di figura 19.15b); al piano di copertura dell edificio di monte e del corrispondente fabbricato accostato, un sistema di solai latero-cementizi per le falde del tetto. La configurazione raggiunta nel secolo scorso è sinteticamente rappresentata nella sezione verticale trasversale schematica di figura 19.16a e nella planimetria di riferimento della figura 19.16b, relativa al piano sopra la piazza (cioè al calpestìo della parte superiore del terzo livello del palazzo), che mostra qualitativamente la consistenza delle pareti murarie dei vari corpi di fabbrica. Per l edificio di monte, si evidenzia la forma allungata planimetricamente, con la presenza di una sola parete trasversale intermedia (figura 19.16b), interessata da porte e rientranze tamponate; la parete termina al sottostante piano della piazza, ove è sostenuta da un arco a conci di pietra squadrata (figura 19.12), e manca completamente al piano sottostante. L edificio di collegamento, addossato agli altri due, privo di significative pareti trasversali, presenta orizzontamenti a volta, oppure in legno, ed ancora in profilati metallici e tavelloni o in c.a. Nelle tre immagini di figura sono visibili (in alto) la sommità della torre trecentesca, ripresa dai giardini del Palazzo Ducale siti più a monte, con le falde di copertura dei due altri edifici costituenti il Palazzo Pretorio ed un particolare (in basso) della riapertura e restauro di una delle finestre ogivali del corpo di fabbrica sito più a monte, mostrata prima e dopo i lavori. La sezione verticale e la planimetria delle figure evidenziano le diverse profondità delle fondazioni dei vari corpi di fabbrica. Al piano della piazza l originario loggiato angolare, poi sopraelevato; al piano di via Baldassini (cioè 16 m più in basso) la torre trecentesca; ad una quota intermedia (circa 6 m dal piano della piazza) l edificio di monte Il sisma umbro-marchigiano del 1997 e la perizia di agibilità del Palazzo. Manifestazione e carattere dei dissesti La funzione pubblica dell intero complesso architettonico costituente il Palazzo Pretorio, cuore amministrativo della città, conferì carattere di immediatezza alle analisi di agibilità, effettuate all indomani stesso della manifestazione sismica del 27 settembre

361 Il quadro generale dei dissesti, estensione e conferma dei danni, più lievi, subiti all epoca del precedente sisma del 1984, si presentò subito chiaro nella sua formazione qualitativa ma anche di non immediata interpretazione nella sua consistenza quantitativa, in rapporto alla marcata articolazione costruttiva del complesso architettonico nel cui ambito assume specifica rilevanza il corpo trecentesco a torre: a pianta quasi quadrata (lati di 19 m sul fronte stradale e 17 m circa in direzione controterra), impostato su un massiccio basamento (3 m di spessore delle pareti), sviluppato su tre successivi livelli caratterizzati tutti dal sistema costruttivo precedentemente descritto. Le pareti perimetrali, a partire dal secondo livello, sono in pietra squadrata con spessore di 1,40 m; il pilastro centrale è in pietra da taglio con sezione ottagonale di forma e dimensioni crescenti verso il basso (fino a risultare inscritta in un quadrato di lato pari a 1,10 m circa). A fronte di questa complessità di costituzione si pone l apparente semplicità di conformazione dell edificio più a monte, di forma compatta e pianta allungata (all incirca un rettangolo con lati di 8 m e di 18 m), sviluppato su quattro livelli complessivi: tre sopra il piano della piazza, per circa 14 m di altezza, uno al di sotto, per circa 6 m. Le pareti, in pietra squadrata, sono disposte lungo il perimetro e solo ai due livelli superiori sono (male) collegate da una parete trasversale intermedia, fortemente manomessa e sorretta da un arco in pietra alla quota del primo livello sulla piazza. Per quanto riguarda il quadro fessurativo generale risultava quasi indenne il corpo trecentesco a torre che, al di là di isolate formazioni fessurative e di una consistente e continua caduta di granuli di malta dai giunti d intradosso delle volte a crociera al terzo e quarto livello, potè proseguire la propria utilizzazione relativamente agli ambienti situati nel primo e secondo livello e nella parte più bassa del terzo, tutti dotati di autonomo accesso dai corrispondenti piani stradali o dalla piazza. Viceversa lesioni, fratture e distacchi si erano manifestati, numerosi e marcati, nell edificio più a monte e nelle parti a ridosso dei fabbricati più antichi, in cui erano disposte le scale di accesso ai piani superiori (corpi di monte e di collegamento). Alle localizzazioni e distribuzioni tipiche degli effetti da sisma (lesioni e distacchi agli innesti delle pareti murarie, fratture localizzate nei maschi murari di ridotta estensione, lesioni e sconnessioni a pavimento ed a soffitto di solai, volte e controsoffittature nonché nei muri divisori, talora, questi, a consistenza di tavolato) erano sovrapposte formazioni più fantasiose sulle facce intonacate di alcune pareti, frutto della sottostante tessitura muraria. La specifica situazione del palazzo presentava pertanto una notevole complessità d approccio, non tanto in termini di valutazione del danno quanto in merito all interpretazione completa del quadro fessurativo ed alla valutazione dei residui margini di resistenza delle strutture murarie, in rapporto a: costituzione in più corpi di fabbrica, scarsamente collegati fra loro e dalle caratteristiche fortemente differenziate; diversità tipologiche, con presenza di volte a crociera anche nei livelli più alti del corpo trecentesco a torre e di arcate murarie ed orizzontamenti in legno nel corpo più a monte; effetti delle spinte prodotte dalle strutture a volta, sia dai pesi sia dalle componenti di accelerazione da sisma; forti differenze nelle quote d imposta delle fondazioni sul terreno: al piano della piazza per il corpo di collegamento, al piano stradale di via Baldassini per la torre trecentesca, a quota intermedia per il corpo più a monte; diversa costituzione delle strutture di copertura dei vari corpi di fabbrica: in legno, fortemente deteriorate, per la torre, in solai di cemento armato o in travi metalliche per gli altri corpi di fabbrica; 362

362 disomogeneità costitutive, più o meno marcate, delle pareti murarie conseguenti alle successive operazioni di apertura e chiusura di vani, nonché di ampliamento dei corpi di fabbrica con tecniche e materiali costruttivi anche differenti. Particolarmente vulnerabile si presentava il fabbricato più a monte, insieme con la corrispondente parte di fabbrica costruita a ridosso, frutto di esecuzione a più riprese e di variazioni (apportate anche in tempi relativamente recenti, per migliorare la funzionalità degli uffici comunali). Trattasi peraltro della parte più interessante, dal punto di vista delle emergenze storiche, appena individuate sotto l intonaco durante le varie fasi di indagine e rimesse interamente in luce all atto esecutivo, sinteticamente consistenti nella presenza di una serie di arcate successive inglobate nella parete muraria sul fronte di via XX settembre, al piano della piazza, e di un camino, al piano sovrastante, tra le due finestre ogivali tamponate; di una scala a spessore di muro fra la scalinata laterale ed il piano della piazza, nella parete di facciata longitudinale; della tessitura in blocchi di pietra della volta a soffitto del livello sotto la piazza, con esecuzione in due distinte fasi cronologiche evidenziate da un giunto in conci squadrati. Dichiarato parzialmente inagibile e spostate in buona parte le funzioni amministrative in altra sede, il complesso architettonico del Palazzo del Podestà evidenziò non solo i limiti della propria funzionalità strutturale, ma anche i contenuti storico-costruttivi puntualmente portati alla luce parte nella successiva fase progettuale e, soprattutto, in corso d opera L intervento di restauro e miglioramento antisismico: scelte progettuali, variazioni in corso d opera, analisi e valorizzazione delle emergenze architettoniche La protezione dal sisma di un opera architettonica in muratura si esplica, con riferimento alle specifiche caratteristiche dimensionali e costitutive del costruito (in generale due sistemi di pareti variamente costituite e fra loro ammorsate agli spigoli, che sorreggono a vari piani una serie di orizzontamenti), in rapporto alle azioni indotte nella compagine muraria dalle componenti di accelerazione, orizzontale e verticale, imposte dal moto del suolo. Alle prime fanno fronte essenzialmente le pareti murarie della serie disposta nella direzione della componente orizzontale di accelerazione; a queste pareti devono risultare efficacemente collegati sia gli orizzontamenti sia le pareti dell altra serie (pronte, queste ultime, a scambiare la funzione resistente con le altre, non essendo prefigurabile la direzione del sisma). Alle seconde fanno fronte tutti gli elementi portanti verticali: pareti e pilastri, già impegnati per sopportare i pesi degli elementi costruttivi in un regime di sforzi essenzialmente di compressione. Da queste prime considerazioni si individuano i punti fondamentali sui quali operare per ridurre la vulnerabilità sismica del complesso in studio. Per la torre trecentesca, caratterizzata dai sistemi di volte ripetuti ai vari piani e dal pilastro centrale, stante la sostanziale integrità delle pareti e degli spigoli murari, si tratta di operare con riguardo all accelerazione orizzontale per il comportamento d insieme (riferito specialmente alle fondazioni) ed all accelerazione verticale effettuando: il completamento dell incatenamento delle volte ai vari piani; il rinforzo del corpo murario delle volte stesse, la legatura perimetrale delle volte del sottotetto (con particolare riguardo alle due zone delle pareti sopraelevate a timpano); la riduzione del carico gravante sul pilastro centrale. Per l edificio di monte, di forma allungata, si tratta di operare con riguardo all accelerazione orizzontale, in specie alla componente trasversale, intervenendo a: migliorare le connessioni murarie lungo gli spigoli ed in corrispondenza degli orizzontamenti; 363

363 assorbire la spinta della volta a botte al calpestio del piano della piazza; interrompere lo sviluppo delle due pareti longitudinali prolungando verticalmente il muro trasversale intermedio fino al piano di fondazione. Linee-guida dell intervento generale sono state, pertanto: analisi del rapporto fra quadro dei dissesti, tessitura degli organismi a struttura muraria e possibili fasi costruttive; identificazione dei punti deboli dell organismo costruttivo, per l indirizzo quantitativo degli interventi, attraverso il raffronto del quadro dei dissesti con il comportamento strutturale dei singoli corpi di fabbrica; scelta delle tecniche d intervento in rapporto sia al rischio sia al carattere monumentale dei vari corpi di fabbrica, con muratura lasciata a vista in numerose pareti. Sotto quest ultimo punto di vista occorre rilevare che, nell ambito di una generale utilizzazione pubblica dell intero complesso architettonico, si specifica una destinazione ad uffici con accesso al pubblico prevalente nell intero edificio di monte; ciò ne impone una più accentuata protezione dal sisma così come la presenza più numerosa di emergenze ed affioramenti architettonici ne impone una specificità di interventi, tesi alla restituzione ed alla valorizzazione. Pertanto, in generale, ove possibile sono stati privilegiati, per la ricostituzione delle malte e per la risarcitura delle lesioni, interventi locali con scarnitura e successiva ricostituzione dei giunti mediante malta di caratteristiche analoghe all esistente o con rifacimenti a scuci e cuci, in luogo di estese operazioni di iniezione. Invece nello specifico dei singoli corpi di fabbrica si è operato anche con tecniche forti e relativamente estese. Nell edificio di monte, ad esempio, a fronte di semplici irrigidimenti di piano dei solai in legno effettuati con diagonalature in piatti d acciaio sotto-pavimenti ancorate ai muri, figura 17.17, o di sigillatura di giunti di malta nelle apparecchiature murarie a vista, è stato fatto ricorso a cuciture armate degli spigoli murari, a getto di solette armate sulle volte, a sottofondazione con micropali, figura 17.3, ad inserimento di nuove pareti trasversali resistenti al sisma. Sono state privilegiate, per converso, tecniche poco invasive e di accentuata reversibilità, moderatamente estese (inserimento di catene metalliche sotto-pavimento, sigillatura di giunti di malta nelle apparecchiature murarie degradate di pareti e di volte, applicazione nell estradosso di volte di fibre aramidiche), per la torre trecentesca. Per quest ultima, in particolare gli interventi di legatura di sommità e di riduzione del carico sul pilastro centrale sono stati effettuati, in combinazione, ai piani di copertura e di sottotetto, con la seguente articolazione: a) sostituzione dell esistente struttura lignea della copertura (correnti e terzere su falsi puntoni impostati ad un estremo su una parete di perimetro ed all altro poggianti sulla trave di colmo in cemento armato, in avanzato stato di degrado e malaccortamente puntellati contro l estradosso delle sottostanti volte di sottotetto, figure ) con una nuova ossatura di acciaio e legno, poggiante soltanto sulle sole pareti di perimetro e costituita in modo da realizzare un elemento quasi indeformabile nel piano di ogni falda, figura 19.18; b) inserimento, nella sommità delle pareti perimetrali, di una cordolatura continua a parziale spessore di muro, in grado sia di operare un efficace collegamento delle pareti e dei timpani murari sia di ripartire i carichi e le azioni sismiche della copertura; c) rinforzo delle volte di sottotetto mediante applicazione all estradosso di fasciature in fibre aramidiche ben collegate anche ai muri e sigillatura d intradosso dei giunti di malta, in corso di applicazione nella foto della figura

364 La serie sopra descritta di operazioni ha poi consentito di eliminare sia la pesante trave di colmo gravante anche sul pilastro centrale (figura 19.15b) sia l esistente rinfianco di spianamento al sottotetto; tenuto anche conto dell avvenuta redistribuzione del peso della copertura (con effetti insignificanti sulle massicce pareti perimetrali, ma non esigui per il pilastro centrale), la riduzione del carico alla sommità del pilastro è risultata pari a circa il 10% del carico totale all imposta sulle strutture murarie del primo livello: quindi con incidenza ancora più marcata ai livelli superiori, ove più ridotta è la sezione del pilastro. Per quanto riguarda l imposta del palazzo sul terreno, al maggiore collegamento dei vari corpi di fabbrica, a tutti i piani al di sopra della piazza, sono stati fatti corrispondere la unificazione altimetrica ed il rinforzo generale delle fondazioni, tutte portate alla quota di base della torre trecentesca mediante micropali, figura La figura 17.2 mostra l intervento al piano fondale della torre consistente in un solettone armato. Infatti alle buone caratteristiche del terreno facevano riscontro da un lato elevati valori delle pressioni di contatto già per soli carichi verticali e dall altro la probabile presenza, puntualmente riscontrata in corso d opera, di cavità di varia estensione ed ampiezza: frequenti nel sottosuolo del centro storico, ma ad oggi individuate solo parzialmente. Rispetto al progetto, le variazioni in corso d opera resesi necessarie sono consistite in adattamenti qualitativi di talune operazioni previste (essenzialmente riguardanti la costituzione e gli ancoraggi delle catene sotto-pavimento nella torre trecentesca) o anche, ma limitatamente, quantitativi. Ulteriori variazioni sono necessariamente conseguite a quelle emergenze architettoniche frutto degli interventi stessi, quindi non prevedibili, in tutto o in parte, nella fase progettuale. Tali risultano le operazioni effettuate, al piano seminterrato dell edificio di monte ed al sovrastante piano della piazza, in merito a: restituzione dell accesso alla scala, entro lo spessore del muro di facciata longitudinale, di comunicazione fra il primo tratto di via Lucarelli e gli ambienti al piano della piazza; restituzione a vista d intradosso della volta di soffitto nel piano seminterrato, con messa in evidenza dell apparecchiatura a spigoli vivi nel giunto trasversale; restituzione a vista, nell ambiente al piano della Piazza, dell apparecchiatura muraria ad arcate tamponate nel muro di facciata su via XX Settembre; operazioni tutte indirizzate alla lettura diretta dell organismo costruttivo e quindi finalizzate ad una possibile definizione storica di trasformazioni edilizie non ancora documentate. L eliminazione dall ambiente seminterrato dell edificio di monte della vecchia centrale termica a gasolio, portata nel sottotetto e trasformata in una nuova centrale tecnologica, ha consentito di recuperare l intero locale seminterrato, reso a doppia altezza e con accesso a tre distinti livelli: dal palazzo stesso, al piano della piazza, e, dall esterno, nel primo tratto ed a metà sviluppo della scalinata di via Lucarelli. Operazioni viceversa previste già in fase progettuale sono state: sul fronte di via XX Settembre, al primo piano, la riapertura delle due originarie finestre ogivali con reintegrazione dei conci asportati per eseguire una prima architravatura e conferire la forma rettangolare alle due finestre, comunque poi richiuse (figura 19.17); al piano della piazza, riapertura, in posizione simmetrica rispetto alla scalinata di accesso ai piani superiori del palazzo, di due delle quattro arcate tamponate dell originario loggiato in muratura di mattoni (figura 19.20). Quest ultima operazione, frutto anche di un precedente intervento, teso ad abbattere le barriere architettoniche mediante un collegamento meccanizzato fra la piazza e la sottostante via Baldassini, ha comportato il rinforzo dei corrispondenti massicci pilastri, costituiti a sacco, sui 365

365 Fig Fig quali s impostano direttamente le volte murarie a crociera a copertura dell originario loggiato. Iniziato dall alto, ad avvenuta asportazione di pavimentazione e rinfianco al calpestìo delle volte a crociera del primo piano, tale rinforzo è consistito nell iniezione, entro fori verticali, di malte additivate ed è proseguito con una serie di cuciture con barre metalliche sub orizzontali. Nel successivo capitolo si prendono in esame alcuni aspetti dei problemi relativi al rinforzo di pilastri mediante contenimento esterno (con fasciature) o interno (con perforazioni trasversali armate). Fig

366 20 Cerchiature e contenimenti di pilastri: analisi del beneficio INTRODUZIONE L attitudine di un pilastro murario (non snello) a sopportare carichi verticali, nello stato monoassiale di tensione da essi indotto, è determinata dalla resistenza a compressione dello specifico materiale che lo costituisce. Tale resistenza è rappresentata dalla tensione di rottura definita come visto in precedenza nel paragrafo , al termine delle tre fasi di comportamento: lineare, con accorciamento verticale e dilatazione trasversale all incirca proporzionali al carico agente, non lineare, con innesco di lesioni verticali e con deformazioni assiali e trasversali via via più pronunciate, a rottura, con esasperazione sia delle lesioni che delle deformazioni 1. Un sistema di contenimento trasversale applicato ad un pilastro murario, per parte o per l interezza della sua estensione verticale, introduce, nel materiale della struttura rinforzata, uno stato triassiale di tensione che innalza la resistenza a compressione propria del materiale stesso 2. Gli elementi di contenimento esplicano la propria funzione attraverso pressioni trasversali sulla superficie di contatto con la muratura (oppure per aderenza, se operanti dall interno per mezzo di perforazioni armate) e sono soggetti a sforzi di trazione. In queste condizioni il limite di resistenza del pilastro viene raggiunto per: esaurimento della resistenza a compressione, ancorché maggiorata, del materiale murario che perviene alla rottura per schiacciamento con sistema di contenimento integro (in generale è il caso di sistemi rigidi di cerchiatura, in barre e fasciature metalliche); esaurimento della resistenza del materiale murario alle pressioni di contatto localmente esercitate dagli elementi cerchianti, per eccessiva concentrazione in corrispondenza degli spigoli del pilastro; esaurimento della resistenza a trazione degli elementi cerchianti, con conseguente schiacciamento della muratura del pilastro (in generale è il caso di fasciature fibrorinforzate, con unico o doppio avvolgimento sul pilastro). Il consolidamento a mezzo di cerchiature costituisce un provvedimento di tipo attivo oppure di presidio a seconda che l effetto cerchiante si esplichi all atto del montaggio (mediante messa in forzatura di tipo meccanico o termico) oppure si manifesti a seguito delle espansioni laterali sotto carico del materiale cerchiato: espansioni, come visto, quantitativamente rilevanti nella fase non lineare di comportamento. Nel seguito ci si riferisce specificamente al contenimento operato a mezzo di cerchiature o fasciature esterne. 1 Secondo tale definizione il materiale muratura viene ad essere rappresentato da un materiale ideale (continuo, omogeneo, isotropo) equivalente: a questa rappresentazione si farà riferimento anche nel seguito. 2 Trattasi di un sistema di rafforzamento tradizionalmente impiegato nella conformazione di cerchiature metalliche disposte a forzare e distribuite, con un conveniente interasse, lungo il pilastro per l estensione voluta. Si vedano gli esempi riportati in

367 20.2. APPROCCIO SPERIMENTALE L effetto di contenimento è stato studiato sperimentalmente su campioni cilindrici o prismatici di varie natura e dimensioni, soggetti a carico assiale e rinforzati con fasciature in FRP avvolte a tutta altezza. Nel caso di elementi in conglomerato cementizio semplice o armato, provini cilindrici con altezza doppia del diametro, i risultati delle prove sono qualitativamente mostrati nei diagrammi comparativi della figura che si riferisce alle deformazioni assiali e trasversali in funzione della tensione agente. Sono state considerate tre serie di campioni, rispettivamente: (a) non rinforzati, (b) rinforzati con fasciature su unico strato di avvolgimento, (c) rinforzati con fasciatura su tre strati. Nei due casi indicati di rinforzo, la resistenza a compressione aumenta rispettivamente del 10% e del 100% circa con aumento di duttilità. Lo stato ultimo è determinato dalla rottura per trazione della fasciatura oppure dal distacco della sovrapposizione dei nastri di rinforzo. Il comportamento di elementi murari è stato analizzato su campioni prismatici a base quadrata, in mattoni pieni, semplici o rinforzati. Per altezza doppia della dimensione di base e per fibre disposte in doppio strato sull intera altezza, lo stato ultimo è stato raggiunto rispettivamente per schiacciamento della muratura o per strappo della fasciatura in corrispondenza degli spigoli; l aumento di resistenza ottenuto mediante fasciatura con FRP è valutabile fra il 50% ed il 70% circa a seconda delle caratteristiche della fasciatura. Maggiori aumenti di resistenza si possono ottenere operando un raccordo degli spigoli, per evitare le concentrazioni di tensioni nella fasciatura in corrispondenza delle piegature ad angolo retto; ad esempio, ricoprendo gli spigoli con angolari di acciaio dotati di opportuna curvatura si può ottenere un ulteriore aumento del 20% circa. Fig La figura è stata estratta e rielaborata da [1], quarto volume. 368

368 20.3. IMPOSTAZIONE ANALITICA Lo studio dell effetto di contenimento trasversale (confinamento) sulla resistenza di colonne e pilastri murari, soggetti essenzialmente a compressione, può essere svolto 4 a partire dalle capacità portanti ultime nelle due condizioni, attuale e rinforzata, espresse come in figura 20.2: Nuo = Ao fmdo Nuc = Ao fmdc Fig in cui Ao è l area della sezione trasversale, fmdo è la resistenza ultima di progetto a compressione monoassiale ed fmdc è la resistenza ultima di progetto dell elemento confinato, soggetto a tensioni orizzontali di compressione F 1. Risulta: fmdc = fmdo + K 1 F 1 relazione di dipendenza della resistenza dell elemento confinato in funzione del valore assunto da F 1, tensione efficace di contenimento. Il coefficiente K 1 di incremento della resistenza assume valori variabili in rapporto a: qualità del materiale da contenere; tipologia di rinforzo applicata; valore della tensione efficace di confinamento. Ad esempio, per provini cilindrici di conglomerato cementizio rinforzati con fasciature di FRP si può porre: K 1 = 3,5 (F 1 /fc) exp (-0,15) Per la muratura, in analogia, si può porre K 1 = 2,4 (F 1 /fmdo) exp (-0,17) Queste relazioni mostrano che il beneficio ottenibile con questo tipo di rinforzo è leggermente meno che proporzionale al valore assunto dalla tensione efficace F 1. L effetto di contenimento è pieno per sezioni di forma circolare e per fasciature a tutt altezza e perde efficacia per sezioni diverse dalla circolare, in particolare per sezioni quadrate o rettangolari: infatti l effetto di contenimento si manifesta soltanto in corrispondenza degli spigoli cioè dove è presente una curvatura trasversale della fasciatura e si estende su una parte, di area Ac, della sezione effettiva (figura 20.3). 4 Nella formulazione presentata in: A. Borri A. Grazzini, Criteri e metodologia per il dimensionamento degli interventi con FRP nel miglioramento sismico degli edifici in muratura. Atti del XI Congresso nazionale ANIDIS, Genova,

369 Per rappresentare questo effetto si può introdurre il rapporto: Ke = Ac/Ao minore dell unità e considerare una pressione trasversale equivalente: f 1 = Ke F 1 Le aree Ac sono delimitate da parabole uscenti dagli spigoli con tangente a 45 e sono definite in funzione di un rapporto di forma r f che è il rapporto fra i due lati. I valori calcolati sono riportati nella tabella 20.1 che mette in evidenza: la pratica perdita di effetto del contenimento per sezioni rettangolari troppo allungate (rapporto fra i lati maggiore di 3); il vantaggio, sempre più marcato quanto più la sezione è allungata, del ricorso all arrotondamento degli spigoli. Fig Tabella 20.1 Sezione a Valori di K e K r e,c f Sezione b Sezione c K,b e Per quanto riguarda la valutazione della tensione di confinamento f 1, si addebita lo stato ultimo alla rottura della fasciatura; considerata quindi una sezione circolare rinforzata con fibre di resistenza a trazione f u e spessore t (fig. 20.4) si ha 5 : 2F u = f 1 b ovvero f 1 = 2tf u /b 5 Se la fasciatura non è estesa a tutta l altezza del pilastro ma è costituita da singole strisce larghe s e poste ad interasse i v l espressione va modificata introducendo a secondo membro il rapporto s/i v. Non si hanno perdite di zona confinata se tale rapporto assume valori pari ad almeno 0,4-0,

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